IL GRANELLO di senape Via del Seminario, 61 57122 Livorno tel. e fax 0586/210217 lasettimana.livorno@tiscali.it Notiziario locale
Direttore responsabile Andrea Fagioli Coordinatore diocesano Nicola Sangiacomo Reg. Tribunale Firenze n. 3184 del 21/12/1983
21 luglio 2013
«La nostra missione è ASCOLTARE»
di mons. Alberto Ablondi
Come un fratello, soprattutto, cerco di comprendere, ma son sicuro che non vi riesco totalmente, la Vostra sofferenza nell’essere privati di tante espressioni di libertà; e penso anche al tormentante dolore nel sapere che la vostra detenzione ha coinvolto nelle sofferenze le Vostre famiglie. Eppure a loro, a Voi, a tanti che le debbono sostenere voglio dire che, proprio alle Vostre famiglie, ora e nel futuro, potete ricevere grande aiuto, perché esse Vi conservano nella libertà più preziosa, quella del cuore, quando si può amare qualcuno e ci si sente amati. Visita Pastorale alla “Casa circondariale” di Livorno 1988, Una missione di accoglienza
Mondo CARCERE
I PROGETTI CARITAS 2013 Varie le attività e i progetti già svolti e in corso di attuazione. INCONTRI FRA DETENUTI E FAMIGLIE: PRANZO per i padri detenuti, figli minori e altri componenti la famiglia, in occasione delle festività natalizie, della festa del Papà e per altre feste CORSI DI BIOETICA: condotti dalla dott.ssa Carla Valtriani , sono rivolti alle classi della Scuola Media Superiore ed inferiore durante le ore scolastiche ed in accordo con gli insegnanti, con lavori di gruppo e le relazioni fatte dagli alunni su argomenti di bioetica. Lo stesso tipo di corsi sono tenuti dalla dott.ssa Valtriani agli alunni delle scuole superiori cittadine presso il LEM. Dibattiti sul "CODICE ETICO DEL CARCERE" (c.d. Carta di Milano). CORSO DI SCRITTURA CREATIVA: rivolto ai detenuti comuni, ha come finalità ultima quella della stesura di un libro che verrà redatto con la collaborazione dei partecipanti al corso, stampato, arricchito di immagini e pubblicato con la collaborazione di Enti Pubblici e privati, associazioni e fondazioni. CORSI DI PRIMO SOCCORSO CROCE ROSSA ITALIANA: erogati con personale qualificato e specializzato, con possibilità di svolgimento anche nel Carcere di Gorgona
I volontari della «commissione carcere» della Caritas accolgono ex detenuti e familiari di questi, e operano attivamente ogni giorno all’interno del penitenziario livornese DI FABIO
FIGARA
l nostro sistema penitenziario versa ancora in una situazione drammatica quanto "esplosiva": circa 65mila detenuti quando le carceri possono ospitarne poco più di 40mila, e molti di loro si trovano rinchiusi perché in attesa di giudizio. E nel territorio livornese la situazione non è certo più rosea. Ma pur in mezzo a tali difficoltà, decine di volontari operano quotidianamente per stare vicino a coloro che vivono queste realtà. «La nostra missione principale è dare ascolto, porgere la nostra attenzione a coloro che vivono l’esperienza detentiva, alle persone che l’hanno vissuta e cercano di reintegrarsi nel tessuto sociale, oppure ai loro familiari, che soffrono a loro volta. Cerchiamo di offrire loro anche aiuto legale, nella ricerca di un lavoro, nei problemi con la casa e nell’ottenimento di documenti.» A parlare è Maurizio Ulacco, sociologo con varie specializzazioni, responsabile della commissione carcere della Caritas diocesana, consigliere volontario nella “commissione carcere” e consigliere regionale dell’AIDO (Associazione Italiana Donatori di Organi). Maurizio inizia a frequentare la Caritas seguendo l’esempio di Wally Seller Sgherri, che già conosceva in quanto sua insegnante di diritto alle scuole superiori, e alla quale è stato dedicato il Centro di ascolto, aperto ogni lunedì pomeriggio nei locali della Caritas diocesana, in via delle Cateratte 13.
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Dietro ordinanza del giudice, ci occupiamo anche di accompagnare i detenuti durante la libera uscita, assumendoci ogni responsabilità pur di permettere loro di riabbracciare i propri cari, anche se per breve tempo, e di vedere nuovamente il mondo esterno.» Oltre a queste attività, numerosi sono i progetti Caritas attivi o in fase di avviamento per «Ma le nostre attività si svolgono quest’anno: dal corso di primo anche all’interno del carcere de soccorso, di concerto con la “Le Sughere” - continua - dove ci Croce Rossa Italiana, al corso per occupiamo di dare conforto ai l’ottenimento dell’Haccp, dai detenuti, scambiando due parole corsi di lettura ai momenti di con loro, ascoltando i loro incontro con le famiglie. problemi personali e quelli L’Unione Europea ha già esistenti all’interno del carcere condannato varie volte l’Italia stesso, tutta una serie di per la situazione delle carceri, ma situazioni che affrontiamo ciò non è stato sufficiente. giornalmente Recentemente insieme agli solo il Ministro «A causa del operatori socioCancellieri ha sovraffollamento sanitari e al proposto una personale di riforma per il assistiamo controllo. E in reinserimento a situazioni carcere, è bene anticipato di precisare, soffrono alcuni detenuti degradanti della tutti, anche le tramite dignità umana: guardie, che sono le l’estensione di come vedere sei prime a dover misure alternative, affrontare di lavori di detenuti rinchiusi emergenze di ogni pubblica utilità e in una cella con genere. A causa del di maggiori un unico bagno sovraffollamento misure assistiamo a rieducative. alla turca, situazioni «Purtroppo non ci o disporre degradanti della rendiamo conto dignità umana: che senza un di poche docce come vedere sei progetto di per un alto detenuti rinchiusi in recupero, il numero una cella con un carcere da sé unico bagno alla rappresenta una di utenti» turca, o disporre di situazione di poche docce per un peggioramento. alto numero di utenti. E poi ci Attualmente è una realtà sono gli stranieri, che complessa e “abbandonata” provengono da altre culture, che dall’attenzione comune e dalle hanno altri usi e costumi, e che istituzioni. La mancanza spesso non parlano bene la d’interesse generale verso il nostra lingua. Molti di loro problema è un sintomo arrivano in carcere senza d’inadeguatezza culturale e di indumenti di ricambio, senza mancanza di maturità della prodotti per lavarsi, a volte senza nostra Nazione». scarpe: proprio per questo noi Per ogni informazione sulle della Caritas cerchiamo di attività del Centro Ascolto fornire ai meno abbienti anche Carcere si può visitare il sito qualche aiuto materiale in ufficiale della Caritas diocesana questo senso. http://www.caritaslivorno.it/
ATTIVITA’ DI ORGANIZZAZIONE E SOSTEGNO AI DETENUTI UNIVERSITARI è effettuata dalla sig.ra Luciana Baldasseroni che si occupa di iscrizioni, pratiche e libri. INCONTRI DI ANIMAZIONE MUSICALE destinati ai detenuti sono organizzati nel corso dell’anno con la collaborazioni di animatori volontari. ATTIVITA’ TEATRALE Qualora sia disponibile all’interno della struttura uno spazio idoneo, saranno realizzati incontri teatrali a cura della Compagnia teatrale degli Sciagattati, specializzata in commedie e sketch in vernacolo livornese. Qualora sia possibile avere e disposizione uno spazio idoneo all’interno della struttura il CORO GOSPEL SPRING TIME diretto dal maestro Cristiano Grasso farà una esibizione, come avvenuto in passato. GLI INCONTRI SU "IL DONO ED IL CONCETTO DI SÉ", condotti dal dott. Maurizio Ulacco e dalla sig.ra Maria Lina Cosimi, presidente prov. le AIDO, verteranno non solo la donazione di organi, tessuti e cellule, ma sulla donazione in sé , relativamente alle proprie motivazioni, responsabilità e ruolo della vita di tutti i giorni, il parlare e relazionarsi in pubblico, al fine di riconoscere e mettere a frutto in modo consapevole le risorse personali. GLI INCONTRI SULLA LETTURA DI TESTI sono condotti dal prof. Carlo Gandolfi e sono rivolti ad un gruppo di detenuti al fine di favorire lo sviluppo della conoscenza di sé. Gli incontri tratteranno le tematiche della : conoscenza, consapevolezza, giustizia, volontà. RAPPORTO SULLE POVERTA’ IL CORSO HACCP , condotto dalla Confocommercio, permette di acquisire un attestato riconosciuto dalla Regione Toscana, per potere lavorare come addetti alle attività alimentari semplici e complesse. Questo può fornire un titolo di accesso a molti lavori, una volta usciti dal carcere. Per ottenere agevolazioni economiche il corso deve avere una popolazione di almeno dieci detenuti. L’ATTIVITA’ DI BRICOLAGE è rivolta alle detenute con la finalità di insegnare loro a realizzare lavori vari utili alle detenute stesse. LA PASTORALE CARCERE è effettuata da volontari sotto la sovrintendenza del Cappellano padre Michele Sigillino. IL MAGAZZINO CARITAS è gestito da volontari, fornisce ai detenuti non abbienti indumenti ed altri accessori quali scarpe, ciabatte, berretti, e altro, oltre ad asciugamani, accappatoi, ecc. Sono forniti, sempre ai detenuti non abbienti, I CONTRIBUTI A DETENUTI/E sono versati settimanalmente previa verifica accurata della veridicità delle loro condizioni economiche ad esempio per telefonate ,per spese rinnovo patente, per visite mediche specialistiche,ecc… L’ACCOGLIENZA DI DETENUTI IN PERMESSO, AGLI ARRESTI DOMICILIARI E PER DETENUTI A FINE PENA "Progetto Sperimentando": Percorsi di ospitalità ed accompagnamento per favorire il reinserimento sociale di persone senza dimora, in misura alternativa o dimittendi, tramite segnalazione dall’Uepe, dagli Istituti penitenziari, Enti locali e Terzo settore. Il Progetto è finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno. PRATICHE PER LA RICHIESTA DI PENSIONI DI INVALIDITA’,VECCHIAIA E DEI CONTRIBUTI DI DISOCCUPAZIONE E PER LA RELATIVA RISCOSSIONE PRATICHE PER RINNOVO PATENTE
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TOSCANA OGGI
LA SETTIMANA DI LIVORNO
21 luglio 2013
La parola alla... CARITAS
Unione stampa cattolica news
Non lasciatevi rubare la speranza
I giovani comunicatori fanno rete
tratti sono quelli tipici dell’Italia del Sud, ma appena inizia a parlare l’accento porta all’estremo opposto dello stivale. P., 30 anni, ne ha di cose da raccontare e lo fa con una serenità disarmante nonostante la storia che sembra quella uscita da un film che ti lascia l’amaro in bocca. La maggior parte della vita l’ha passata nella città dove è nata, da cui un giorno, per una scelta non sua, se n’ è andata. Ma quella era la sua prima vita. Aveva quattro anni quando suo padre ha abusato di lei per la prima volta. «E’ stato l’inizio di un calvario durante il quale pian piano, mio malgrado, ho preso il posto di mia madre trasformandomi da figlia a moglie di mio padre». Una vita spesa tra il negozio di famiglia e lo studio, ma sempre sotto il controllo di un uomo malato e perverso che un giorno le presenta un amico del Nord Italia. «Doveva estinguere un debito e fu deciso che la mia vita, che da quel momento andava nelle mani dell’amico, valeva circa 50 mila Euro». Tutto questo faceva parte di un disegno ben più tristemente incredibile. «Il mio compito era quello di avvicinare suo figlio per convincerlo a tornare a casa dove lui avrebbe potuto esercitare tutto il suo potere per renderlo uguale a sé». P. parte per il Nord e, costantemente sotto controllo, non solo si avvicina al ragazzo, ma dopo circa due anni insieme, ci si affeziona. «Lavoravo e mandavo i soldi guadagnati a casa, ma mi accorgevo che vivevo una vita che non era mia, che era programmata da qualcun altro». Mentre cresce l’amicizia anche con le sorelle del ragazzo, P. sente che non riesce più ad andare avanti mentendo e, confessata la sua “missione”, trova insieme a loro un modo perché lui possa costruirsi una vita altrove, lontano dal padre. La storia sembrerebbe finita. E invece no. P. inizia a frequentare l’associazione di comunicazione umana delle sorelle del ragazzo. Situazione perfetta, pensa il padre di loro, per provare a rovinare le altre figlie dall’interno di essa. «Mi piaceva quello che facevo nell’associazione, ma mio padre continuava a minacciarmi che se non avessi portato a termine quello che mi era stato chiesto, sarebbe potuto accadermi qualcosa». La cosa comincia a farsi pericolosa per lei e quelle persone e così, per la seconda volta P. confessa. La accoglie una reazione di rabbia e frustrazione, ma una volta superata, la aiutano a capire che è arrivato il momento di denunciare quelle persone. E qui entra in gioco la nostra città e Suor Raffaella Spiezio. «Sono arrivata a Livorno alle 5 del mattino con due vestiti e nient’altro. Pensavo che dopo la denuncia sarebbe cambiato
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SABATO 7 SETTEMBRE DALLE 10 ALLE 17 L’INCONTRO AD ANTIGNANO iniziativa “immaginaLavoro” L’ prende corpo e il primo appuntamento sarà già alla fine dell’estate. Una giornata insieme, creata e gestita dal "gruppo giovani" dell’Ucsi Toscana, ma destinata a tutti i giovani comunicatori. Ci saranno cinque brevi testimonianze su altrettanti temi: lo scenario lavorativo possibile, come cambiano le regole della professione, problemi e prospettive del giornalismo digitale, fattori di crescita e di successo, la questione etica nel lavoro di giornalisti e comunicatori. La formula sarà un po’ diversa dal solito: ogni ora sono previsti 15 minuti di intervento dell’esperto, 15 di confronto, 20 di laboratorio dei giovani e una breve pausa per cambiare argomento. Il programma sarà definito entro pochi giorni, saranno invitati a Livorno anche i membri del direttivo regionale, che in parallelo terranno la loro riunione. E ci sarà spazio, eventualmente, anche per chi arriverà da altre regioni. Il posto è incantevole, la villa "Alma Pace" è direttamente sul mare, ed è ben collegata alla stazione ferroviaria. Per questo dopo il pranzo ci sarà anche il tempo di un tuffo! Vuoi essere informato tempestivamente del programma? Vuoi già dare la tua adesione? Scrivi a ucsitoscana@tiscali.it. Non ci sono costi di partecipazione per i giovani, per il pranzo il contributo è di 15 euro. Ai "senior" (gli "over 30") chiederemo in aggiunta un piccolo supplemento di 5 euro per le spese organizzative. In concomitanza con l’iniziativa del 7 settembre, è convocato nella stessa sede alle 11 il direttivo regionale dell’associazione, allargato alla partecipazione di chi ha cariche nazionali e di chi è già stato designato per la "Consulta delle competenze".
«Lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell’ospitalità». Storia di chi ha vissuto queste parole
qualcosa e la strada sarebbe stata più facile, invece mi sono ritrovata sola e senza niente». Da quel profondo dolore però è iniziata la sua seconda vita. Come in una gravidanza, in questi 9 mesi passati dal suo arrivo a Livorno, la vita di P. ha iniziato a prendere forma. «Ho conosciuto Suor Raffaella e sono stata accolta in una delle case della Congregazione. Non è stato facile per nulla. Mi sono ritrovata in un mondo sconosciuto dove ho scoperto suore amiche, madri, sorelle, donne. Sono state loro a credere per me anche quando io non riuscivo a farlo». Con il loro silenzio, le loro preghiere, senza chiedere niente in cambio, P. ha riscoperto la fiducia in se stessa.
Oggi P. lavora in una struttura alberghiera grazie a una Borsa Lavoro messa a disposizione dalla Caritas tramite la Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno per aiutare persone con particolari disagi economici e personali. «All’inizio è stato traumatico anche solo prendere l’autobus e rispondere a chi mi chiedeva cosa ci facevo a Livorno, ma questo mi ha spronato a trasformare il lavoro in una crescita umana". Scoprire di essere liberi, liberi di pensare, liberi di avere un sogno da realizzare, di avere tante cose da fare e da vedere ha trasformato il suo quotidiano "andare avanti" nel vivere il suo presente con la speranza nel futuro. "Sono
stata aiutata da tante persone. Adesso non ho più paura perché ho ricevuto tanto amore incondizionato da chi neanche mi conosceva». Ora P. è fiduciosa e ha voglia di costruirsi un futuro, anche se non sa ancora dove né come. «Quando ho capito di aver avuto una seconda possibilità, ho pensato che devo in qualche modo aiutare gli altri ad avere quello che a me è mancato, fosse solo dare la speranza che se ce l’ho fatta io, tutti possono farcela se solo hanno la volontà, a prescindere da quello che c’è stato prima. Mi hanno suggerito di scrivere un libro sulla mia storia e ogni tanto butto giù qualcosa perché mi aiuta a dare forma a quel dolore e a farmi affrontare il passato in modo diverso». E per suo padre cosa prova?Non sente almeno un senso di ingiustizia nei suoi confronti per qualcuno che non pagherà i suoi errori? «Non sono mai riuscita ad odiarlo e vederlo in galera non risolverebbe i miei problemi. Per tanto tempo mi sono sentita come se dovessi scontare la pena per non aver fatto niente perché tutto quello che mi è successo accadesse. Ora so di essere responsabile della mia vita e anche se non posso cancellare il danno fisico e interiore, mi voglio dare tempo per mettere tutto a posto. Mia madre e mia sorella non hanno condiviso la scelta di andarmene, ma magari un giorno capiranno. In ogni modo credo che per mio padre aver perso una figlia sia già una prezzo da pagare». Per il momento P. sente che potrebbe vivere in qualunque posto, ma nessuno ancora le apparterrebbe, ma sa che dovunque andrà, ci sarà un luogo e delle persone qui a Livorno pronte ad accoglierla. E questo la rasserena. Giulia Sarti
IN CARITAS 10 BORSE LAVORO ATTIVATE DAL FEBBRAIO 2013
UN AIUTO POSSIBILE GRAZIE ALLA GENEROSITÀ DI TANTI Le borse lavoro Caritas sono finanziate grazie al Fondo di solidarietà famiglia e lavoro, sostenuto dalla Fondazione Livorno e dalla generosità di tanti. Vengono attivate in aziende che hanno aderito al progetto e retribuite grazie al Fondo. Si rivolgono a persone che arrivano al Centro di ascolto Caritas a chiedere aiuto e che hanno un progetto definito di come potrebbero “investire” sul loro futuro, oppure hanno bisogno di un aiuto temporaneo per lavorare e sopravvivere in un momento di crisi, magari aggravato dalla depressione per non riuscire a trovare un’occupazione. Dal febbraio scorso la Caritas diocesana ha già attivato 10 borse lavoro: di queste tre sono terminate e fortunatamente si sono concluse con l’assunzione, altre invece devono ancora concludersi. In questo sistema le aziende hanno solo il compito di accogliere la persona, al resto sia a livello fiscale che economico pensa la Caritas. Alle borse lavoro si accede solo attraverso il Centro di Ascolto Caritas e le borse sono limitate sia nel numero (se la generosità aumentasse, aumenterebbero anche le possibilità di borse lavoro) , sia nelle assegnazioni perché per ottenerle occorre un impegno ed un progetto attuabile.
TOSCANA OGGI
LA SETTIMANA DI LIVORNO
21 luglio 2013
Pianeta ONLUS
Una donazione per l’Unicef
10 anni di cure più che palliative
DI
GIULIA SARTI
l reparto ti accoglie con il silenzio e la tranquillità che il colore del mare, che Qui sopra: l’hospice; in alto: l’ospedale di Livorno. Al centro: Rosamaria Santini, domina nell’arredamento, responsabile dei volontari dell’Associazione Cure Palliative e in basso: suor Costanza Galli è capace di trasmettere. Dietro ognuna di quelle porte c’è qualcuno che sta lottando e che sta soffrendo. tutto quello cioè di cui un dalle donazioni, dal 5 per Ma non da solo. paziente e la sua famiglia mille e dalla convenzione Siamo nel I padiglione può aver bisogno quando con l’USL. Ma qui non si dell’ospedale di Livorno, 2° viene colpito dalla malattia». tratta di “lavoro”. Quello che piano: è il reparto diretto «Al nostro call cantersi instaura in modo sempre dalla dottoressa Costanza continua la signora Santininaturale tra paziente, Galli, è il reparto di Cure si chiama per richiedere famiglia e personale è un Palliative. assistenza gratuita a casa, per rapporto che La stanza 23, vicino ad altre, la consegna dei medicinali a definirei di tra cui quella di volontari domicilio, ma anche amicizia. Tante buddisti, è la sede dell’ semplicemente per essere lettere di Associazione Cure Palliative ascoltati da qualcuno. Noi lo ringraziamento ci Livorno Onlus. Era il gennaio chiamiamo il “telefono arrivano tutti i del 2003 quando sotto la amico”». giorni dai spinta dell’allora direttrice L’Associazione si compone in familiari dei sanitaria Antonella Mazzoni, pratica di due equipe: quella malati, tante i soci fondatori Valdo Del dell’assistenza sanitaria volte ho visto un Lucchese, dott. Sirio Malfatti, professionale e quella dei medico o un dott. Beppe Logi e Massimo volontari. Per entrambi il infermiere Nannipieri firmavano l’atto percorso di formazione da partecipare al che dava vita seguire è specifico per le cure funerale di all’Associazione. palliative. qualcuno di loro. Sono gesti «Palliative deriva dal pallio, Fanno parte che danno forza anche alla il telo usato nell’antica dell’Associazione 6 medici, 6 famiglia che resta, perché Grecia e Roma- spiega infermieri, 4 operatori socio capisce che gli ultimi Rosamaria Santini, sanitari, 2 psicologi, 1 momenti di vita del proprio responsabile dei volontari fisioterapista e 1 caro sono stati vissuti dell’Associazione e musicoterapista. «A loro circondato da persone che a segretario- e significa coprire, spetta tutta l’assistenza lui ci tenevano». I livornesi cioè proteggere qualcuno che professionale e tecnica a sembrano apprezzare il non può più ricorrere a cure casa. Accanto, operano più di lavoro dell’Associazione che per guarire, ma a cui, per 50 volontari che ogni giorno nell’ultimo anno è risultata questo motivo, si cerca di prestano il loro servizio di la prima per donazioni alleviare la sofferenza». supporto non sanitario anche tramite 5 per mille. «Il lavoro «La nostra Associazioneai pazienti qui in hospice». dei volontari è un valore continua la vicepresidente Per gli assistiti non c’è niente aggiunto al servizio sanitario, Luigia Catte - nasceva per da pagare: «Il personale e spesso si risolve a una completare il servizio di sanitario viene stipendiato semplice presenza. Non è assistenza offerto dall’USL dall’Associazione attingendo facile e periodicamente si con un supporto partecipa a incontri professionale e con lo psicologo, volontario». Scopo perché non tutti «Spesso non si tratta di “lavoro”: specifico è infatti riescono a reggere al quello che si instaura in modo quello di fornire peso di tanto dolore, naturale tra paziente, famiglia e l’assistenza ma alla base c’è domiciliare ai personale è un rapporto di amicizia; comunque una forte pazienti, sia di spinta interiore» tante lettere di ringraziamento ci carattere sanitario che conclude Rosamaria. arrivano tutti i giorni…» sociale e psicologico, «Il rapporto tra
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QUALCHE DOMANDA A SUOR COSTANZA GALLI
Due volte a servizio degli altri on esiste Suor Costanza, qui c’è Co«zione. Nstanza, punto» dicono dall’AssociaMa come è vivere questa “doppia” e particolare vita? Lo abbiamo chiesto a Suor Costanza. E’ mai stato un problema vivere il tuo essere suora in questo ambiente? «Direi di no. A volte c’è un po’ di scetticismo più per colpa degli stereotipi, ma qui per gli altri sono la dottoressa Galli». Come vivi questo tuo particolare servizio? «Quello che mi dà la forza è essere figlia della Carità inviata per aiutare chi soffre. Non è un lavoro il mio, ma un servizio che oggi svolgo qui, ma che un giorno potrei svolgere altrove. Questo mi dà libertà di cercare la verità e andare incontro ai bisogni spirituali della gente oltre a quelli “sanitari”». Qui vedi molte persone che soffrono. Credi che ci sia differenza nel vivere il dolore per chi crede e chi no? «Più che tra credente e no, mi accorgo che la differenza è tra chi ha vissuto con dei valori
di riferimento anche laici e ha vissuto per qualcosa o qualcuno e chi invece si è attaccato alle cose materiali e arrivato qui non sa a cosa ad aggrapparsi». Hai visto persone avvicinarsi a Dio? «Non ho mai assistito a conversioni miracolose, ma tutti qui fanno una revisione della propria vita, qualcuno con gesti concreti come sposarsi o riappacificarsi con qualcuno». La tua vita non prevede orari determinati. Riesci a dare spazio sufficiente alla preghiera? «Con fatica, ma trovo sempre il tempo per farlo. Senza quei momenti di meditazione, senza partecipare alla messa mi mancherebbe il carburante per andare avanti. Ma soprattutto cerco di vivere il mio servizio come preghiera concreta». Preghi mai con i tuoi pazienti? «È raro, ma molti mi chiedono di pregare per loro. E in ogni momento cerco di trasformare il solo parlare insieme in una preghiera». g.s.
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DALLA PARTE DEI BAMBINI A colloquio con Rosamaria Santini, responsabile dei volontari dell’Associazione livornese e suor Costanza Galli, primario del reparto ospedaliero delle Cure Palliative Associazione e reparto- ci dice la dottoressa Costanza Galli, suor Costanza Galli- è ottimo. Si caricano di un gran lavoro e lo fanno in modo professionale. Quando infatti nel 2010 entrò in vigore la legge che rendeva la presenza di un reparto di cure palliative diritto del cittadino, così come lo è la presenza di un pronto soccorso ad esempio, i requisiti da rispettare erano di alto livello, quello più importante di essere presente 24 ore su 24 per assistere il paziente e la famiglia. E questo riescono a farlo». L’associazione a settembre festeggerà il suo decennale con un programma di festa e convegni. Nel frattempo, fino al 29 luglio c’è un modo facile e completamente gratuito per aiutare l’Associazione collegandosi al sito www.ilmiodono.it. «È un’iniziativa-spiega Rosamaria- della Banca UniCredit che mette a disposizione un contributo di 100.000 euro da suddividere tra le organizzazioni che saranno più votate semplicemente dando il proprio voto telematico». Per tutte le altre informazioni è possibile consultare il sito dell’Associazione, la Pagina Facebook o chiamare la segreteria allo 0586/223363.
«Ogni giorno, nelle zone più povere del mondo, muoiono 19mila bambini - spiega Marrucci - per malattie come diarrea, polmonite, malnutrizione, morbillo, raffreddore, malaria e AIDS. Non possiamo più permetterci di “stare a guardare”»
resso il complesso “A. Picchi” di Pcalcetto Banditella, si sono svolte le finali di del “Torneo dei Mille per Unicef”, organizzato dall’associazione “Palla al Centro” di Hassen Chebbi (Granducato Tv). Presenti per l’occasione Paola Bachini e Franco Marrucci, rispettivamente presidentessa e responsabile delle attività sportive del comitato provinciale dell’Unicef, l’Assessore allo sport Maurizio Bettini e il presidente dell’ACSI provinciale Sergio Di Ninno. L’iniziativa si è svolta nell’ambito del progetto nazionale “Vogliamo Zero”, una campagna promossa dall’Unicef per ridurre drasticamente la mortalità infantile. «Ogni giorno, nelle zone più povere del mondo, muoiono 19mila bambini - spiega Marrucci - per malattie come diarrea, polmonite, malnutrizione, morbillo, raffreddore, malaria e AIDS. Non possiamo più permetterci di “stare a guardare”: pur sapendo di avere delle soluzioni concrete per risolvere questi problemi, il nostro mondo occidentale sembra ignorare il problema. Il progetto “Vogliamo Zero” è partito da un paio d’anni, e con esso l’Unicef ha già contributo a diminuire il numero delle morti, ma ciò non è sufficiente. Ringraziamo tutti gli enti e gli organizzatori di manifestazioni come questa che ogni anno ci coinvolgono in queste iniziative, permettendoci di raccogliere fondi per la nostra campagna.» Per ogni gara del torneo sono stati infatti devoluti 3 euro al comitato Unicef di Livorno. «Siamo orgogliosi di dare il patrocinio del Comune di Livorno per manifestazioni di alto contenuto sociale come questa - spiega l’assessore allo sport Maurizio Bettini - nonostante le difficoltà di questo periodo, ci sono ancora molte attività sportive e culturali che funzionano, come un “anticorpo” all’interno di questo male generale che è la crisi economica.» Per saperne di più sul progetto “Vogliamo Zero” si può visitare la pagina internet ufficiale www.unicef.it/web/vogliamozero Dal sito Unicef: “non c’è tragedia più grande della morte di un bambino”
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LA SETTIMANA DI LIVORNO
21 luglio 2013
Agenda del VESCOVO VENERDÌ 19 LUGLIO 12.00 in cattedrale, S.Messa in ricordo dei giudici Falcone e Borsellino SABATO 20 LUGLIO 8.00 pellegrinaggio mensile diocesano al Santuario di Montenero, a seguire S. Messa 11.00 a Cascine di Buti, commemorazione dell’anniversario dell’eccidio di Piavola Nel pomeriggio il Vescovo partirà per la Giornata mondiale della Gioventù a Rio de Janeiro Dal 20 al 30 luglio il Vescovo parteciperà alla GmG di Rio de Janeiro
Un consiglio per la lettura
IL PONTIFICATO INTERROTTO ldo Maria Valli è un noto giornalista e A vaticanista del Tg 1 che da anni segue i momenti salienti e gli incontri del Papa sia in Italia che all’estero. Recentemente ha dato alle stampe, per la collana Le Scie della Mondadori, il volume "Benedetto XVI- Il pontificato interrotto". Il volume è una minuziosa e dettagliata descrizione dell’impegno pastorale del Papa, autodefinitosi come "un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore", dal 2005 al 2013, fino cioè a quella fatidica mattina dell’11 febbraio 2013 in cui Papa Ratzinger rivolgendosi ai cardinali riuniti in concistoro comunicava la sua decisione di rinunciare al trono pontificio "dopo aver pregato a lungo e aver esaminato davanti a Dio la mia coscienza". Per ogni anno di pontificato Aldo Maria Valli ne suggerisce il tema principale, e così i vari argomenti vengono declinati partendo da: "Contro il relativismo", poi "Che cos’è la ragione?", "Conoscere la verità", "Il posto della fede", "Carità e bene comune", "Nel mare in tempesta", "Il dono della libertà", "Dentro il mistero di Dio", per finire con "La scelta dell’umiltà". Nella prima parte di questo resoconto temporale che lo stesso autore definisce "diario", vengono tracciate le linee guida di Papa Benedetto XVI° ed esprime la certezza che specialmente negli ultimi tempi, oltre che dalla decadenza fisica, sia stato logorato "da una curia litigiosa e molto spesso poco collaborativa". Ma quali sono state queste linee d’azione? Papa Ratzinger è stato un fautore dell’incontro tra ragione e fede, egli dice che lo spazio della razionalità non si esaurisce con ciò che è sperimentabile, ma va al di là e comprende la sfera trascendente. Ha poi individuato il grande avversario da combattere nel relativismo etico che nasce dall’abbandono della ricerca della verità che lascia perciò l’uomo senza punti di riferimento, mentre è la legge naturale su cui si deve fondare ogni cosa. Infatti è dalla legge naturale che ci provengono i principi non negoziabili, i veri valori, come: la dignità della persona umana indipendentemente dalla razza e dalla cultura; il valore di ogni vita, dal concepimento alla morte naturale; il ruolo della famiglia fondata sul matrimonio; la libertà religiosa. In campo dottrinale il Papa ha riproposto con vigore la centralità di Gesù perché "Gesù è Dio presente in ogni uomo" e "chi è con Cristo non teme niente e nessuno". Un altro tema fondamentale è quello della libertà e della verità, "insieme dobbiamo impegnarci nella lotta per la libertà e nella ricerca della verità: o le due cose vanno insieme, mano nella mano, oppure insieme periscono miseramente". E aggiunge: "La libertà non è autodeterminazione, la libertà ha senso solo se vissuta in comune, non come fatto individualistico".Valli precisa ancora che Benedetto XVI° "ha seguito un suo percorso. Dove abbia portato la Chiesa attraverso questo cammino, dovrà dirlo la storia (pag. 17)". Leggendo le pagine del libro ci siamo resi conto che tanti argomenti trattati da Papa Ratzinger si ritrovano in quelli esposti, forse in modo più dinamico, da Papa Bergoglio. Ecco un esempio: ai giovani, incontrati nello stadio Dos Coqueiros di Luanda in Angola, chiede di rifiutare i richiami della cultura dominante (libertinismo, sfruttamento sessuale, droga, relativismo morale) per scegliere la via indicata da Gesù, la sola che può assicurare riscatto, giustizia e autentica fratellanza. In tale contesto, dice, la Chiesa ha il dovere di dare una testimonianza coerente rispetto al vangelo, scegliendo senza compromessi di stare dalla parte di chi soffre e che non ha neppure la possibilità di esprimere il proprio dolore, e non manca di stigmatizzare nella Chiesa comportamenti e stili di vita che, in quanto a coerenza evangelica, lasciano a desiderare (pag. 202). Struggenti sono le parole del Papa pronunciate nell’udienza generale del 27 febbraio 2013 che l’autore riporta nelle ultime pagine del libro (pag. 374): "in questo momento c’è in me una grande fiducia, perché so, sappiamo tutti noi, che la Paola di verità del Vangelo è la forza della Chiesa, è la sua vita. Il vangelo purifica e rinnova, porta frutto dovunque la comunità dei credenti lo ascolta e accoglie la grazia di Dio nella verità e nella carità. Questa e la mia fiducia, questa è la mia gioia". Gianni Giovangiacomo
Diocesi informa Uno sguardo a SETTEMBRE
Un’occasione per tutti i catechisti dal 6 al 7 settembre
«Cristiana Jones: Alla ricerca del Catechista Perduto 2» iniziato ormai il tempo estivo, e con esso i numerosi campeggi, campi e gruppi estivi, che vedono impegnati nella Diocesi tanti animatori e catechisti. E proprio a loro vogliamo proporre un piccolo tempo ad inizio settembre, per poterci incontrare e riprendere il via, magari vivendo insieme e condividendo le esperienze e i progetti. Dal 6 al 8 settembre averemo l’occasione di fare tutto questo con "Alla Ricerca del Catechista Perduto 2". Dopo lo scorso anno, infatti, abbiamo deciso con la Diocesi di Massa Marittima - Piombino, di ripetere la bella esperienza vissuta, proponendo quest’anno il campo di formazione a tutti i catechisti e animatori delle nostre Diocesi. Quest’anno vorremmo confrontarci sulle nostre attività iniziando a imparare a progettare e programmare la catechesi nelle nostre parrocchie … ma tutto questo alla luce del divertimento e della scoperta di un testo importante per la nostra vita di cristiani la Bibbia, vorremo in questi giorni scoprire alcune cose sulla Sacra Scrittura, elemento importante per la nostra catechesi ma soprattutto per la nostra vita. Quindi cosa aspettare! Iscrivetevi velocemente perché i posti sono limitati, così come esposto nel volantino, che è già stato inviato a metà giugno a tutti i catechisti, Presbiteri e Diaconi della Diocesi. In ogni caso per qualsiasi informazione potrete sempre contattare Don Fabio Menicagli.
È
Riepilogando: 6-8 settembre a Quercanella presso la Casa S. Giuseppe "Alla ricerca del Catechista Perduto 2" al modico costo di € 80. VI ASPETTIAMO
CHIAMATI A CUSTODIRE Gli ultimi due incontri per riflettere e pregare insieme la Scrittura e il Concilio 18 luglio: Custodire Cristo nella nostra vita Franco Miano (Azione Cattolica) Luca 2, 41-51 / Gaudium et Spes 45 25 luglio: Custodire noi stessi Salvatore Nasca (Movimento dei Focolari) Matteo 19, 16-22 / Gaudium et Spes 14 I GIOVEDì NEL CHIOSTRO 2013 Chiostro del Vescovado, via del Seminario 61, dalle ore 21.15 alle 23.00
TOSCANA OGGI
LA SETTIMANA DI LIVORNO
21 luglio 2013
Soltanto Dio può perdonare i peccati Papa Francesco: siamo figli di Dio, nessuno ci può rubare questa carta d’identità oi siamo figli di Dio grazie N a Gesù, nessuno ci può rubare questa carta d’identità: è quanto ha affermato stamani Papa Francesco durante la Messa a “Casa Santa Marta. Al centro dell’omelia del Papa il Vangelo della guarigione di un paralitico. Gesù all’inizio gli dice: “Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati”. Forse – afferma Papa Francesco - questa persona è rimasta un po’ “sconcertata“ perché desiderava guarire fisicamente. Poi, dinanzi alle critiche degli scribi che fra sè lo accusavano di bestemmiare “perché soltanto Dio può perdonare i peccati“ - Gesù lo guarisce anche nel corpo. In realtà – spiega il Pontefice – le guarigioni, l’insegnamento, le parole forti contro l’ipocrisia, erano “soltanto un segno, un segno di qualcosa di più che Gesù stava facendo“, cioè il perdono dei peccati: in Gesù il mondo viene riconciliato con Dio, questo è il “miracolo più profondo”: “Questa riconciliazione è la ricreazione del mondo: questa è la missione più profonda di Gesù. La redenzione di tutti noi peccatori e Gesù questo lo fa non con parole, non con gesti, non camminando sulla strada, no! Lo fa con la sua carne! E’ proprio Lui, Dio, che diventa uno di noi, uomo, per guarirci da dentro, a noi peccatori“. Gesù ci libera dal peccato facendosi Lui stesso “peccato“, prendendo su di sé “tutto il peccato“ e “questa – ha detto il Papa - è la nuova creazione“. Gesù “scende dalla gloria e si abbassa, fino alla morte, alla morte di Croce“ fino a gridare: “Padre, perché mi hai abbandonato!”. Questa “è la sua gloria e questa è la nostra salvezza“: “Questo è il miracolo più grande e con questo cosa fa Gesù? Ci fa figli, con la libertà dei figli. Per questo che ha fatto Gesù noi possiamo dire: ’Padre’. Al contrario, mai avremmo potuto dire questo: ’Padre!’. E dire ’Padre’ con un atteggiamento tanto buono e tanto bello, con libertà! Questo è il grande miracolo di Gesù.
«Quella è la radice del nostro coraggio. Sono libero, sono figlio… Mi ama il Padre e io amo il Padre! Chiediamo al Signore la grazia di capire bene questa opera sua, questo che Dio ha fatto in Lui: Dio ha riconciliato con sé il mondo in Cristo, affidando a noi la parola della riconciliazione e la grazia di portare avanti con forza, con la libertà dei figli, questa parola di riconciliazione. Noi siamo salvati in Gesù Cristo! E nessuno ci può rubare questa carta di identità. Mi chiamo così: figlio di Dio! Che bella carta di identità! Stato civile: libero! Così sia»
momento Gesù lo guarda e quest’uomo sente qualcosa di nuovo, qualcosa che non conosceva - quello sguardo di Gesù su di lui - sente uno stupore dentro, sente l’invito di Gesù: ‘Seguimi! Seguimi!’. In quel momento, quest’uomo è pieno di gioia, ma è anche un po’ dubbioso, perché è tanto attaccato ai soldi. E’ bastato un momento soltanto - che noi conosciamo come è riuscito ad esprimerlo il Caravaggio: quell’uomo che guardava, ma anche, con le mani, prendeva i soldi - soltanto un momento nel quale Matteo dice di sì, lascia tutto e va con il Signore. E’ il momento della misericordia ricevuta e accettata: ‘Sì, vengo con te!’. E’ il primo momento dell’incontro, un’esperienza spirituale profonda”. “Poi viene un secondo momento: la festa”, “il Signore fa festa con i peccatori”: si festeggia la misericordia di Dio che “cambia la vita”. Dopo questi due momenti, lo stupore dell’incontro e la festa, viene “il lavoro quotidiano”, annunciare il Vangelo:
Noi, schiavi del peccato, ci ha fatto tutti liberi, ci ha guarito proprio nel fondo della nostra esistenza. Ci farà bene pensare a questo e pensare che è tanto bello essere figlio, è tanto bella questa libertà dei figli, perché il figlio è a casa e Gesù ci ha aperto le porte di casa… Noi adesso siamo a casa!“. Adesso – ha concluso il Papa si capisce quando Gesù dice: “Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati!”. “Quella è la radice del nostro coraggio. Sono libero, sono figlio… Mi ama il Padre e io amo il Padre! Chiediamo al Signore la grazia di capire bene questa opera sua, questo che Dio ha fatto in Lui: Dio ha riconciliato con sé il mondo in Cristo, affidando a noi la parola della riconciliazione e la grazia di portare avanti con forza, con la libertà dei figli, questa parola di riconciliazione. Noi siamo salvati in Gesù Cristo! E nessuno ci può rubare questa carta di identità. Mi chiamo così: figlio di Dio! Che bella
carta di identità! Stato civile: libero! Così sia“.
La misericordia, il cuore del messaggio di Dio Il cuore del messaggio di Dio è la misericordia: è quanto ha affermato Papa Francesco nella Messa a Santa Marta commentando il Vangelo della chiamata di Matteo. “Misericordia io voglio e non sacrifici”: il Papa ripete le parole di Gesù ai farisei che criticano il Signore che mangia con i peccatori. E i pubblicani – spiega - “erano doppiamente peccatori, perché erano attaccati al denaro e anche traditori della patria” in quanto riscuotevano le tasse dal loro popolo per conto dei romani. Gesù, dunque, vede Matteo, il pubblicano, e lo guarda con misericordia: “E quell’uomo, seduto al banco delle imposte, in un primo
“Questo lavoro si deve alimentare con la memoria di quel primo incontro, di quella festa. E questo non è un momento, questo è un tempo: fino alla fine della vita. La memoria. Memoria di che? Di quei fatti! Di quell’incontro con Gesù che mi ha cambiato la vita! Che ha avuto misericordia! Che è stato tanto buono con me e mi ha detto anche: ‘Invita i tuoi amici peccatori, perché facciamo festa!’. Quella memoria dà forza a Matteo e a tutti questi per andare avanti. ‘Il Signore mi ha cambiato la vita! Ho incontrato il Signore!’. Ricordare sempre. E’ come soffiare sulle braci di quella memoria, no? Soffiare per mantenere il fuoco, sempre”. Nelle parabole evangeliche si parla del rifiuto di tanti invitati alla festa del Signore. E Gesù è andato a “cercare i poveri, gli ammalati e ha fatto festa con loro”: “E Gesù, continuando con questa abitudine, fa festa con i peccatori e offre ai peccatori la grazia. ‘Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto, infatti, a chiamare i giusti, ma i peccatori’. Chi si crede giusto, che si cucini nel suo brodo! Lui è venuto per noi peccatori e questo è bello. Lasciamoci guardare dalla misericordia di Gesù, facciamo festa e abbiamo memoria di questa salvezza!”.
S. MARTA
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dalla CASA
LE OMELIE DI...PAPA FRANCESCO.....
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LA SETTIMANA DI LIVORNO
21 luglio 2013
Un nuovo gruppo a Luciana
CRESCE LA VOGLIA DI CIF Il Centro Italiano Femminile, associazione di volontariato a carattere nazionale, con sedi in novanta Province e cinquecento comuni di tutta Italia si espande
Giugno 2013 si è costituito a A Luciana, frazione del Comune di Fauglia, un nuovo gruppo del Centro Italiano Femminile, associazione di volontariato a carattere nazionale, con sedi in novanta Province e cinquecento comuni di tutta Italia. Questa associazione, attraverso una "missione" comune, persegue finalità di formazione ed aggiornamento professionale, ricerca e sperimentazione, impegnandosi nella promozione dell’apporto femminile in ambito socio-culturale ed economico. L’impegno delle aderenti spazia da attività educative post-scolastiche ad attività formative per adulti, stranieri e volontari, da attività culturali ad attività ricreative per adulti e ragazzi ed ad altri simili interventi. A Luciana il centro Italiano Femminile si è costituito con l’intento di valorizzare il territorio mediante la promozione di attività sociali, mettendo in atto iniziative per il bene comune. L’Associazione ha sede presso la Parrocchia di Santa Lucia in Luciana dove il Parroco Don Edward Domagala ne ha incoraggiato la nascita e ha creato le condizioni affinché essa si potesse costituire. Il CIF di Luciana nasce dall’esigenza di riportare quell’entusiasmo e quello spirito partecipativo, di cui ormai si sente sempre più la necessità, mediante la realizzazione di attività a sostegno del territorio e per realizzare questo scopo collaborerà in stretto rapporto con la con la Parrocchia di Luciana. Il gruppo sta lavorando su alcune proposte operative con lo scopo di movimentare il territorio e con l’idea di valorizzare l’unione e la cooperazione, per una sempre maggiore collaborazione e comunanza di intenti, anche coinvolgendo altri movimenti associativi. Tra gli scopi dell’associazione non ci sarà unicamente la realizzazione di eventi, ma saranno portate avanti anche tutta una serie di attività collaterali di utilità sociale ed educativa che sono in fase di progettazione. Attualmente sono in programmazione alcune iniziative in collaborazione con il CIF di Livorno, con i Cooperatori Paolini e con strutture pubbliche e private. Nel mese di luglio si tiene la prima esperienza di “Laboratorio Estivo” con i bambini delle elementari coordinati da Giulia Biagioni, volontaria aderente all’associazione. Nel corso della riunione fondativa, è stata eletta Presidente Comunale del CIF di Luciana la Sig.ra Valeria Scutti, Vicepresidente la Sig.ra Lucia Galeassi e Segretaria la Sig.ra Antonella Granchi. Mo.C.
■ GIOVEDÌ 25 LUGLIO alle 19.00 la Messa presieduta dal card. Francesco Coccopalmerio
La chiesa che ha visto nascere la città an Jacopo: una chiesa, un Smequartiere di Livorno, il nodi uno dei pellegrini più imitati, il nome di un gozzo della città; un nome legato ad una storia passata, una storia che risale al 1187, anno a cui risale il primo documento. Se qualche cenno storico nella nostra mente torna a galla e ci soffermiamo a riflettere, probabilmente scopriremo che la chiesa di San Jacopo in Acquaviva ha visto nascere la città di Livorno. Un gioiello che si affaccia sul mare, un punto strategico che ha accolto figure importanti di santi come san Giacomo, Sant’Agostino e Santa Monica, San Francesco d’Assisi, Santa Elisabetta Anna Seton, san Escriva de Balaguer, Beato Federico Ozanam, Beata Savina Petrilli, Beato John Henry Newman; la chiesa di San Jacopo è una tra le più antiche della città, una fonte di ricchezza culturale e storica che oggi vuole essere esaltata grazie anche ai lavori di restauro che sono partiti qualche mese fa e che dureranno fino a Natale «sempre che non si facciano scoperte archeologiche che potrebbero allungare i tempi» come tiene a precisare il parroco, don Alberto Vanzi; la cripta, risalente alla fine del tredicesimo secolo sarà infatti resa accessibile ai visitatori dopo la ristrutturazione del pavimento e dell’impianto elettrico. La storia di San Giacomo, negli ultimi anni è tornata alla
In occasione della festa patronale ci siamo fatti raccontare dal parroco, don Alberto Vanzi, qualcosa in più sulla chiesa di San Jacopo ribalta, per così dire, grazie alle migliaia di persone che ogni anno si mettono in cammino sulle orme del santo, fino ad arrivare a Santiago de Compostela in Spagna. «Molti pellegrini, che partono qui da Livorno, o che sono partiti nel passato per affrontare il cammino di Santiago - ci spiega don Alberto- partecipano alla celebrazione eucaristica e ricevono la benedizione, proprio come augurio di un buon cammino» La chiesa di San Jacopo festeggerà il suo patrono giovedì 25 luglio, la festa, come ogni anno, non sarà soltanto una festa parrocchiale ma coinvolgerà tutto il rione (se ci si pensa bene, è l’unica chiesa di Livorno che dà il nome ad un
nelle foto qui sopra: la chiesa di S. Jacopo a fianco: un’immagine del santo tratta da un dipinto di Caravaggi
quartiere); le iniziative proposte dalla ProLoco, le cene e le varie attività organizzate dai diversi circoli che gravitano sul territorio faranno da cornice alla festa del santo. Il clou dei festeggiamenti però, rimane la Santa Messa alle 19.00 che quest’anno sarà presieduta da Sua Eminenza cardinale Francesco Coccopalmerio, Presidente del Pontificio Consiglio dei Testi Legisla-
tivi della Santa Sede. «Dopo la messa alle 21.15, ci sarà il concerto delle corali della parrocchia e per concludere intorno alle 22.30, dal mare, la processione fino alla chiesa con un omaggio floreale. Una festa non solo per ricordare il patrono della parrocchia- aggiunge il parroco -ma anche per festeggiare con tutto il quartiere e salutare don Federico Locatelli, nominato parroco alla chiesa di San Giovanni Battista e Ilario a Rosignano Marittimo ed accogliere il nuovo vice parroco don Valerio Barbieri». Un appuntamento da non perdere! Martina Bongini
Don Emilio NUOVO PARROCO DI «CROCETTA»
Dalla Polonia la «spiritualità che redime» a parrocchia dei Padri Trinitari dedicata a San Ferdinando re di Castiglia e Leon, conosciuta dai livornesi e dagli abitanti del quartiere della Venezia con il nome di Crocetta, ha oggi un nuovo parroco, infatti Padre Lorenzo Moretti è stato chiamato a Roma nella chiesa che i Padri Trinitari possiedono all’ingresso di Trastevere, uno dei quartieri romani più popolari. Abbiamo voluto incontrare padre Emilio per conoscerlo meglio, per sapere dei suoi studi e delle sue attività. Padre Emilio (in verità si chiama Emil Tadeusz) Kolaczyk, è di origini polacche, è nato nella città e diocesi di Radom, una grande città ricca di industrie petrolchimiche e meccaniche, situata a soli 100 km da Varsavia. Il Patrono della città è San Casimiro, e combinazione ha voluto che una statua di questo Santo sia presente nella chiesa di San Ferdinando. Padre Emilio è nato il 1° marzo 1984, ha solo ventinove anni, uno dei sacerdoti più giovani della nostra diocesi, i suoi genitori vivono in Polonia, ha un fratello maggiore e una sorella. Ha condotto gli studi di teologia e filosofia all’Università Pontificia Giovanni Paolo II a Cracovia e ha svolto la tesi in Antropologia Teologica.
L
Come mai padre Emilio ha scelto l’Ordine Trinitario? «Ho fatto parte del movimento “Luce e Vita”, fondato dal servo di Dio Franciszek Blachmiki, con questo movimento, durante le vacanze estive, ho fatto un ritiro nella città dove si trova il Santuario della Madonna della Misericordia, lì ho conosciuto due Padri Trinitari che erano impegnati nelle carceri a contatto con chi aveva a che fare con le nuove schiavitù: la droga e l’alcool, infatti l’abuso di alcool in
Ha solo 29 anni e ama l’antropologia: don Emilio ha studiato per dedicarsi alle persone con problemi di alcool e droga
tramite l’associazione degli Alcolisti Anonomi». La scelta di Livorno come è avvenuta? «La mia prima attività l’ho svolta nella cittadina di Budziska ed è consistita nell’aiuto alle famiglie bisognose, in special modo a quelle che presentavano problemi con l’alcool, da lì sono venuto a Livorno e il mio arrivo è dovuto all’obbedienza alla richiesta che mi è stata rivolta dai miei Superiori Provinciali». Quali sono gli argomenti e le attività che le interessano di più? «Mi interessa l’antropologia, conoscere cioè la persona umana nelle sue più varie sfaccettature, ho fatto una tesina sull’antropologia espressa da filosofo Romano Guardini, uno dei maestri del pensiero cattolico contemporaneo. Mi interessa avere un dialogo con le persone e di saperle ascoltare, ma nel nostro Ordine è importante anche la spiritualità, ho fatto perciò anche un corso di direzione per padri spirituali sempre volto alla conoscenza delle persone per essere di loro aiuto».
Polonia rende schiave molte persone. Mi sono avvicinato alla spiritualità Trinitaria e ho fatto l’intenzione e il dono di “non bere” pensando a loro, perché potessero uscire dal loro problema. Ho incominciato a fare questa offerta devozionale già a 19 anni, in seguito ho fatto un corso per chierici che si dedicavano alla pastorale di aiuto verso coloro che avevano problemi con l’alcool
Come sono stati i primi incontri con le persone e con il territorio? «In questi primi incontri mi sono accorto che i Veneziani sono molto aperti e accoglienti. Mi hanno aiutato a conoscere la storia della parrocchia, mi stanno aiutando a conoscere questo quartiere e i suoi problemi, e anche … ad imparare l’italiano! Da parte mia per affrontare il futuro ho fiducia in Dio che so che mi aiuta e che mi manda persone che mi aiutano. Come Trinitario spero di saper donare a tutti quella “spiritualità redentiva” che è tipica del mio Ordine». Gianni Giovangiacomo
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LA SETTIMANA DI LIVORNO
21 luglio 2013
■ TRE parroci raccontano
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Le conferenze dell’Associazione Borsi nella foto: da sinistra don Gino Berto, don Raffaello Schiavone, Don Luciano Musi e Alessandro Latorraca moderatore dell’incontro
Giorgio Mandalis e la Madonna di Montenero ell’accogliente sede della Biblioteca N Labronica per le conferenze dell’Associazione Borsi appuntamento con:
Evangelizzare è la missione della chiesa a serata conclusiva del ciclo di incontri svoltosi alla parrocchia dei salesiani riguardo alla nuova evangelizzazione si è concretizzata nell’incontro decisivo fra tre parroci: don Gino Berto, parroco del Sacro Cuore, don Raffaello Schiavone che guida l’unità pastorale dei Tre Arcangeli e don Luciano Musi, parroco della parrocchia di San Giovanni Bosco in Coteto. Un incontro decisamente arricchente, nato da una scelta non casuale: queste tre parrocchie rappresentano infatti delle porzioni di territorio pari a un terzo della popolazione di Livorno. Dopo due incontri in cui dell’evangelizzazione si parlato in senso astratto ecco che adesso quest’ultima diventa concreta, prende corpo nell’esperienza quotidiana di questi tre sacerdoti.
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Evangelizzare è la missione della Chiesa, l’apostolo Paolo con il suo consueto ardore sottolineava la necessità di evangelizzare soprattutto con la propria vita. Ma qual è la misura dell’evangelizzazione al giorno d’oggi? DON GINO: Siamo una comunità che cerca di tradurre il Vangelo perché bisogna aiutare chi è lontano a trovare il Signore. C’è però un tessuto sociale che è venuto meno all’interno delle realtà sociali. Il contesto in cui si trova la Chiesa di oggi è secolarizzato e in continuo mutamento, con scenari migratori, scientifici e tecnologici che cambiano a velocità vertiginosa. Nuova evangelizzazione, perché? Nuova per l’ardore e le espressioni con cui vogliamo trasmettere le convinzioni che abbiamo; evangelizzazione perché la trasmissione di queste convinzioni non è un problema di strategie quanto di testimonianza. DON RAFFAELLO: Ammetto di non avere risposte specifiche da dare, in quanto la fatica quotidiana di mettere assieme tre comunità diverse, nate nel contesto di un quartiere dormitorio, si fa sentire. C’è
Don Gino, don Luciano e don Raffaello: tre caratteri diversi e tre differenti approcci nel riuscire a portare in modo convincente e coinvolgente la parola di Dio all’uomo di oggi però un’icona di riferimento: nel capitolo 10 del Vangelo di Marco si parla del cieco Bartimeo, il quale a gran voce richiamò l’attenzione di Gesù, chiedendogli di aver pietà di lui e di ridargli la vista, nonostante in molti lo rimproverassero affinché tacesse. Ecco, la comunità intorno a Gesù non si preoccupa degli altri, si può camminare con Lui ma non avere il Suo sguardo. Al giorno d’oggi emergono nuove dipendenze e assistiamo ad uno scoraggiamento generalizzato: bisogna risvegliare le coscienze con la nostra testimonianza. Purtroppo noi siamo comunità chiuse e non siamo testimoni. In ogni cuore c’è il germe della ricerca di senso, solo dobbiamo trovare i modi per avvicinare queste persone, semplicemente svolgendo bene il nostro ministero e nella pastorale ordinaria, spronando così le persone ad andare oltre la sacrestia. DON LUCIANO: Sono parroco in coteto ormai da 29 anni. Non ho uno schema pastorale e lavoro senza l’ausilio delle commissioni. La chiesa è ancora ferma a 200 anni fa, la pastorale è una pastorale del sole, senza alcun valore. Anticamente la chiesa battezzava i convertiti, oggi è necessario convertire i battezzati. In chiesa c’è poca affluenza, ma il maggior fallimento è la mancanza dell’adorazione. L’Adorazione che rappresenta il fondamento del cristiano: senza l’adorazione non si sa neanche di cosa si parla. Il cristiano del terzo millennio deve essere un contemplativo, ma noi passiamo del tempo davanti al Santissimo? Stiamo attenti durante la Messa? Dio è amore e l’amore si incontra soltanto attraverso l’adorazione. Io credo che l’evangelizzazione odierna debba avere il carattere di
quella francescana: un’evangelizzazione, questa, in cui si parla esclusivamente di Gesù, togliendo ogni altro inutile orpello. Del resto non serve spendere molte parole, leggendo il Vangelo vediamo che neanche Gesù lo fa con l’adultera, mentre di contro le attuali confessioni hanno solo un carattere psicologico. Non siamo veramente innamorati di Cristo, perché l’adorazione è in fondo, la pura perdita di sé davanti a Dio. Riuscire a portare in modo convincente e coinvolgente la parola di Dio all’uomo di oggi. Il Dalai Lama afferma che il mondo si salverà solo con la compassione. DON RAFFAELLO: Bisogna partire dall’Eucaristia e tornare ad essa. È necessario entrare in comunione piena con Gesù e poi volgere lo sguardo verso gli altri, cercando di svegliare in loro un’ansia di assoluto. Dobbiamo fare da tramite, soffrendo con gli altri. Bisogna incontrare le persone là dove si trovano, dobbiamo uscire come ci ricorda sempre papa Francesco, per portare la consapevolezza che seguire Cristo ci salva dalla paura e fa diventare più uomini. Dobbiamo immaginare una Chiesa che rassicuri meno, perché andare verso le periferie significa fondamentalmente perdere le proprie sicurezze. Non a caso Gesù manda i suoi apostoli a due a due, sia per avere uno sguardo universale, sia per vivere la comunione ed amarsi l’un l’altro. Dobbiamo fare in modo che anche i laici maturino, poiché siamo tutti corresponsabili, come dice il capitolo 19 della Gaudim et Spes. Dobbiamo dare spazio ai diversi talenti e carismi: è faticoso camminare insieme ma è l’unico modo per affrontare la sfida. DON GINO: Attualmente
proponiamo la fede al piccolo gruppo presente in parrocchia: è la pastorale della cura della conservazione. Dobbiamo invece passare a una pastorale missionaria perché la maggior parte delle persone si trova nelle periferie. In altre parole si deve passare da una pastorale del bonsai, nella quale dico molto a poco e poco ai molti, alla pastorale delle frontiere, rappresentate da persone che arrivano da altre esperienze religiose o che hanno abbandonato la fede. Esistono anche frontiere etiche, poiché assistiamo a uno scisma etico strisciante. Quindi è necessario incontrare Dio e coltivare la bellezza per poi trasmetterla, ricordandoci che, per andare alle frontiere è necessario essere attrezzati e quindi è fondamentale una continua formazione che ci faccia superare la debolezza della nostra esperienza cristiana. DON LUCIANO: In chiesa mancano principalmente le mamme e le nonne, in pratica le generazioni delle quarantenni e delle sessantenni: le prime impegnate a lavorare fuori casa e le seconde impegnate ad accudire i nipotini. Ribadisco che non serve una pastorale del sole, bensì della luna:le chiese devono essere aperte notte e giorno, in modo da poter agevolare la frequenza da parte di persone oberate dagli impegni. Ed è necessario pregare, occorre anche eliminare un sacco di cose che i giovani non seguono, sarebbe ideale una spiritualità tipo Taizè. La conclusione del vivace e fruttuoso dibattito è di don Gino Berto: primo annuncio significa coinvolgere emotivamente una persona. Bisogna farlo tutti, è un impegno di ogni battezzato. È importante suscitare la voglia di Dio: servono dei credenti che portino agli altri ciò che hanno nel cuore. Bisogna quindi maturare un maggiore senso di appartenenza, le altre persone non sono indifferenti, sono solo altrove, sta a noi intercettarli. Benedetta Agretti
“La Madonna di Montenero: dalla leggenda alla storia”. Relatore dell’incontro il professor Giorgio Mandalis, livornese, laureato in Lettere moderne e in Conservazione dei beni culturali, attualmente insegnante di italiano e latino al Liceo Cecioni. Mandalis ha iniziato dicendo che la storia del Santuario e dell’immagine sacra che ospita è più nota grazie alle copie che ne sono state fatte, tra cui pregevoli stampe e immagini devozionali. Il quadro -ha aggiunto- è piuttosto complicato da spiegare anche per uno «Le leggende su studioso d’arte, sono presenti infatti come il quadro dettagli e particolari della Madonna che qualche volta sfuggono sia arrivato a più Montenero sono all’osservatore avveduto. Intanto Maria è seduta su un diverse e cuscino il cui tessuto contrastanti, è inframezzato da alcune parlano fiori di cardo, questo fatto non ha di un giovane un semplice valore storpio, altre decorativo ma racchiude un di un vegliardo significato che viene simbolico come lo è guarito durante il cardellino, il cardo e il cardellino il trasporto sono due dell’immagine» infatti elementi che si possono collegare alla Passione di Cristo. Il cardellino si nutre di semi di cardo e si dice che questo uccellino si sia prodigato per togliere le spine che sono numerose nella corona del Cristo morente, un simbolo dunque della testimonianza della devozione al Signore. Per quanto riguarda il quadro -ha continuato il professor Mandalis- lo dobbiamo considerare secondo la tradizione sacra come “un mezzo sensibile per approdare all’invisibile”, non è datato e non è firmato, e per rispondere a questi dilemmi sono state fatte numerose ipotesi, anche le più inverosimili, qualcuno infatti ha affermato che sono stati gli angeli a dipingere la Madonna. Però, già nella seconda metà dell’800, lo storico livornese Pietro Vigo, inserisce il quadro nell’ambito della Scuola giottesca, il critico d’arte Barenson propone il senese Andrea Vanni,
l’influenza della Scuola senese è certa e nel 1928 il Salmi sulla rivista Liburnia Civitas ne attribuisce l’opera a Jacopo di Michele, pittore attivo a Pisa alla fine del 1300, un opera simile è conservata a Palermo, il motivo iconografico è evidente e deve essere stata eseguita sul medesimo tipo di cartone. Le leggende su come il quadro della Madonna sia arrivato a Montenero sono diverse e contrastanti, alcune parlano di un giovane storpio, altre di un vegliardo che viene guarito durante il trasporto dell’immagine. Molte fanno provenire il quadro dal Negroponte, cioè dall’Isola di Eubea, e in Eubea sono state condotte delle ricerche per scoprirne le origini in un vecchio monastero, si parla di una nicchia vuota della stessa dimensione del quadro e che sia stato portato a Livorno da un monaco. Il relatore ha concluso dicendo che comunque si tratta di un opera di devozione e certamente non fatta per ingannare i fedeli, spiritualità e devozione non devono però essere confuse con il mito. Gianni Giovangiacomo
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