La Settimana - n. 3 del 24 gennaio 2010

LA SETTIMANA PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI Via del Seminario, 61 57122 Livorno tel. e fax 0586/210217

Le ultime iniziative in programma i chiudono in questo fine settimaSsettimana na le iniziative di preghiera per la dell’unità dei cristiani.

lasettimana.livorno@tiscali.it

Questi gli ultimi appuntamenti:

SABATO 23 GENNAIO ore 19.00 presso la chiesa Avventista (Piazza del Luogo Pio) Preghiera Ecumenica

Notiziario locale

VENERDÌ 22 GENNAIO ore 18.30 presso la Comunità S. Egidio (chiesa S. Giovanni Battista Preghiera Ecumenica per i giovani organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio e dalla Chiesa Armena

DOMENICA 24 GENNAIO ore 10.30 presso la Chiesa Valdese (Via G. Verdi, 15) Culto Ecumenico e a seguire Agape comunitaria

Direttore responsabile Andrea Fagioli Reg. Tribunale Firenze n. 3184 del 21/12/1983

24 gennaio 2010

Livorno e Haiti: tra memoria e attualità Mercoledì 27 gennaio la festa del Voto a Maria di Montenero ue paesi lontani: Livorno e Haiti; due epoche lontanissime: il 1742 e il 2010; un unico tragico evento: il terremoto.

Proprio nei giorni in cui la città ricorda il dramma vissuto dai suoi antenati tanto tempo fa, ed il Voto che essi fecero alla Madonna di Montenero, negli occhi scorrono le immagini di una drammatica attualità: la distruzione di un’intera popolazione scossa dall’infausta calamità naturale.

Per questo la celebrazione del Voto di quest’anno sarà dedicata proprio alle vittime del terremoto haitiano e a tutti coloro che sono sopravvissuti e dovranno faticosamente far ripartire la loro esistenza dal niente.

Caritas Italiana, in

D

collegamento costante con l’intera rete Caritas, ha subito lanciato un appello per poter contribuire alla realizzazione del piano d’emergenza ed ha messo a disposizione centomila euro per i bisogni immediati. Un team Caritas di circa 10 persone è in partenza per Haiti, mentre sono già presenti sul posto alcuni operatori di Caritas europee. Dalle informazioni ricevute le diocesi a nord e a

sud del Paese sembra non siano state colpite in modo grave e possono essere utilizzate per l’accoglienza degli sfollati, oltre che come base per lo stoccaggio degli aiuti.

La Chiesa italiana ha espresso la propria vicinanza alla popolazione e ha invitato le comunità ecclesiali "a pregare per quanti sono stati colpiti dal tragico evento e a sostenere le

iniziative di solidarietà promosse dalla Caritas italiana con l’obiettivo di alleviare le sofferenze di quella popolazione. La Presidenza della CEI, per far fronte alle prime emergenze e ai bisogni essenziali delle persone colpite dal terremoto, ha stanziato due milioni di euro dai fondi derivanti dall’otto per mille. E l’invito è quello di promuovere in tutte le parrocchie di tutte le

In aiuto di Haiti tramite Caritas Italiana Per sostenere gli interventi in corso si possono inviare offerte a Caritas Italiana tramite C/C POSTALE N. 347013 specificando nella causale: «Emergenza terremoto Haiti».

Offerte sono possibili anche tramite altri canali, tra cui: * UniCredit Banca di Roma Spa, via Taranto 49, Roma - Iban: IT50 H030 0205 2060 0001 1063 119 * Intesa Sanpaolo, via Aurelia 796,

Roma - Iban: IT19 W030 6905 0921 0000 0000 012 * Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma - Iban: IT29 U050 1803 2000 0000 0011 113 * CartaSi e Diners telefonando a Caritas Italiana tel. 06 66177001 (orario d’ufficio) Per ulteriori informazioni consultare il sito caritas italiana - www.caritasitaliana.it

diocesi una raccolta straordinaria, a favore della popolazione di Haiti, domenica prossima 24 gennaio.

Le offerte raccolte saranno consegnate direttamente al Vescovo mercoledì 27 gennaio in Cattedrale, durante la Concelebrazione Eucaristica della Festa del Voto e saranno inviate integralmente alla Caritas Italiana.

Alle 18.00 in cattedrale la città si unirà in preghiera per rinnovare il Voto alla Madonna di Montenero (l’offerta della cera per la lampada accesa al Santuario e la promessa di non iniziare il Carnevale se non dopo il 27 gennaio) e ricordare quel tragico evento del 1742, sarà l’occasione per affidare ancora Livorno a Maria, e con essa tutta popolazione di Haiti.

L’ammissione all’Ordine di Francesco Morosi «Facciamoci pazzi per amore di Colui che per nostro amore fu chiamato tale!» on le parole di Santa Teresa d’Avila: C «facciamoci pazzi per amore di Colui che per nostro amore fu chiamato tale!», il vescovo Simone si è rivolto al seminarista Francesco Morosi, nel giorno della sua ammissione all’Ordine sacro del Sacerdozio: «Tu carissimo Francesco, che stai per scegliere uno stato di servizio, per rispondere alla vocazione ricevuta con un: "sì, lo voglio"; scegli, senza dubbio, con volontà libera e spontanea, ma in realtà sei prescelto.

Proprio cosi: Dio ci hai amati per primo, perché noi lo amassimo; non perché lui avesse bisogno del nostro amore, ma perché noi non potevamo essere ciò per cui ci hai creati se non amandolo.

Noi ignoriamo i disegni di Dio e dobbiamo lasciare che sia lui a guidarci.

Se vuoi giudicare quel che accade in base a ragionamenti umani invece di gettare in Dio il tuo affanno, non farai altro che soffrire.

Dio non fa nessuna violenza all’uomo, ma con pazienza sta alla porta del suo cuore ed attende umilmente il momento in cui esso si aprirà a lui. È Dio stesso che cerca l’uomo, ancor prima che l’uomo cerchi Dio. Solo quando il Signore si rivela all’uomo, nel momento opportuno, l’uomo conosce Dio nella misura da lui accordatagli e da quel momento si mette a cercare Dio che si nasconde di nuovo al suo cuore.

La scelta non è tua ma di Gesù che ti chiede tramite il vescovo: Vuoi? Consenti?

Sta a te consentire, dire di «sì» al Signore.

Accettando l’invito, devi liberamente porti in cammino con Lui».

Durante la celebrazione in duomo, davanti ad amici, parenti, compagni di studio e sacerdoti diocesani, Francesco ha espresso la sua volontà di continuare il cammino per diventare ministro di Cristo a servizio della Chiesa livornese.

L’annuncio del Vescovo all’assemblea del Progetto Culturale

Un modello che potrebbe diventare toscano Alla Settimana della Vita anche il giornalista Boffo e l’astronomo Benvenuti uello del Progetto Culturale livornese è un modello di dialogo che potrebbe essere esportato in tutta la Toscana, è quanto ha annunciato monsignor Giusti nel corso della seconda assemblea dei referenti del percorso diocesano. Un modello che è stato avviato da un paio d’anni con il tavolo dell’oggettività, che ha visto incontrarsi il Vescovo con i Primari dell’ospedale di Livorno, e che sta ampliandosi sempre di più nei diversi ambiti, come richiesto con insistenza dal Vescovo. Ne è stata una dimostrazione evidente il secondo incontro assembleare del Progetto Culturale che, dopo l’intervento introduttivo di monsignor Giusti sull’enciclica «Caritas in Veritate», ha proposto numerosi interventi su economia, etica, scienza e politica, rilette in chiave di attualità alla luce della fede.Tra le tante questioni aperte il Vescovo Simone ha voluto rilanciare quello dell’«utilità sociale complessiva», già enunciato nell’enciclica di Papa Benedetto XVI, e quello della ricerca di un nuovo equilibrio sostenibile.Temi che certamente impegneranno la riflessione delle diverse commissioni nei prossimi mesi.

All’interno del percorso del Progetto Culturale si colloca anche la Settimana della Vita che si svolgerà a febbraio in Diocesi, secondo il programma che proponiamo qui sotto.

Molti gli appuntamenti importanti e particolarmente autorevoli i relatori: tra tutti segnaliamo, fin da ora, per il 6 febbraio la presenza di Dino Boffo, già direttore di Avvenire, alla sua prima uscita pubblica dopo la nota vicenda che lo ha coinvolto nell’agosto scorso in seguito alla pubblicazione, da parte di un giornale nazionale, di notizie che lo hanno gravemente diffamato, salvo poi venire ritrattate qualche mese dopo.

Molto significativo anche l’intervento dell’astronomo Piero Benvenuti, uno dei più autorevoli scienziati del settore a livello mondiale, impegnato anche nella riflessione sul rapporto Scienza e Fede. n.s.

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SETTIMANA DELLA VITA 2010

«La forza della vita: una sfida» SABATO 6 FEBBRAIO Ore 21.00 Centro culturale diocesano (Via delle Galere 35) Incontro dibattito «La forza della vita: una sfida» Intervengono: dr. Dino Boffo, giornalista, già direttore di Avvenire; dr. Antonio Oriente medico ostetrico ginecologo Ospedale di Messina; dr. Edoardo Micheletti primario Pediatra Ospedale di Livorno; modera: dott.ssa Chiara Domenici, giornalista DOMENICA 7 FEBBRAIO Ore 18.30 in Cattedrale - Giornata per la vita; S. Messa presieduta dal Vescovo MERCOLEDÌ 10 FEBBRAIO Ore 18.00 nell’auditorium dell’Accademia Navale (viale Italia) Tavola rotonda sul tema: «Dalla stalla alle stelle.

Riflessioni nell’Anno Internazionale dell’Astronomia».

Relatore Prof. Piero Benvenuti - Università di Padova Tavola rotonda con: Prof. Ludovico Galleni, Università di Pisa; Ing.Valfredo Zolesi, Kaiser Italia; Mons. Simone Giusti, vescovo di Livorno; Amm. Pierluigi Rosati, Accademia Navale di Livorno; Modera: dott. Nicola Sangiacomo, responsabile Progetto culturale diocesano GIOVEDÌ 11 FEBBRAIO Ore 16.00 cappella dell’Ospedale - Giornata diocesana del malato; S. Messa e adorazione eucaristica presieduta dal Vescovo VENERDÌ 12 FEBBRAIO Ore 21.00 alla parrocchia dei Salesiani conferenza del dr.

Renzo Puccetti medico internista, docente Pontificio Ateneo Regina Apostolorum per la bioetica, sul tema «L’uomo indesiderato», incontro aperto alle giovani coppie

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TOSCANA OGGI

LA SETTIMANA DI LIVORNO

24 gennaio 2010

«Che si fabbrichi una nuova chiesa» La genesi della parrocchia di San Matteo in un libro

L’incontro davanti alla sinagoga e la conferenza

Ebrei e cristiani in un’unica preghiera brei e cristiani si incontrano per accendere insieme la luce che salva il mondo dalle tenebre: questo il senso della giornata di amicizia ebraico - cristiana ricordata e vissuta a Livorno mercoledì 13 gennaio (invece che il consueto 17 gennaio, giornata in cui si incontreranno il Papa ed il rabbino capo a Roma) davanti alla Sinagoga di piazza Benamozegh sotto un cielo che ha accolto la preghiera congiunta dei Salmi recitata in diverse lingue e dai diversi rappresentanti cristiani ed ebrei. Verso la hannukkià (candelabro a nove braccia presente davanti all’ingresso della Sinagoga) hanno sfilato il Rabbino capo, il Vescovo di Livorno, il rappresentante della comunità ebraica livornese, un pastore protestante, il rappresentante ortodosso della chiesa rumena, una rappresentante della comunità di Sant’Egidio ed altri uomini e donne impegnati nel mondo dell’ecumenismo accendendo ciascuno una fiamma della hannukkià. In mezzo alla comunità radunata in preghiera spiccava la presenza del Vescovo emerito di Livorno, monsignor Alberto Ablondi accolto con grande gratitudine da tutti in quanto primo fautore del dialogo ebraico – cristiano, non solo a Livorno, ma anche

E

stato l’entusiasmo di don Matteo Gioia, parroco di San Matteo, ad aprire la serata dedicata alla presentazione del libro «Che si fabbrichi una nuova chiesa»: l’amore dimostrato da Bruno Ferri e da Vittorio Passetti (questi i nomi degli autori) nel portare avanti l’impegnativo lavoro, durato ben 5 anni, è davvero significativo ed esemplare così come lo è vedere il popolo livornese chiedere una casa per incontrare Dio e ottenere ciò che chiede da un’autorità attenta ai bisogni del suo popolo. Attorno a lui una comunità in festa per la riuscita di un progetto al quale, in fondo, tutti hanno partecipato mantenendo vivo quell’anelito religioso che ha portato alla fondazione della loro chiesa. L’edificio si è riempito di parrocchiani, di fedeli, ma soprattutto di persone desiderose di riscoprire le proprie radici, di ricordare i tempi ed il clima dell’infanzia. Ed infatti, subito, l’intervento del vescovo Simone Giusti ha posto l’accento sulla necessità fondamentale di conoscere la storia ed il territorio su cui si sviluppa la vita di un popolo per poter comprendere le persone che lo costituiscono e per intervenire in tutti i campi in maniera adeguata; in questo senso il libro si pone, ha concluso il Vescovo, come uno strumento utilissimo per le parrocchie di questa zona e non solo- per poter attivare servizi sociali e pastorali adeguati.

A seguito l’intervento dell’assessore ai Beni culturali del Comune Mario Tredici il quale ha sottolineato il valore storico di questo libro ricchissimo di informazioni soprattutto per la parte relativa ai secoli XVIII e XIX invitando, poi, gli autori a proseguire ed approfondire le ricerche relative al ‘900. L’architetto Riccardo Ciorli, direttore dell’archivio di Stato di Livorno, ha proseguito indicando l’importanza di costruire una chiesa in quanto espressione della comunità che rappresenta ed, in tal senso, ha continuato, il libro fornisce un valido aiuto per sviluppare in ognuno il rispetto degli edifici che sono monumento della nostra storia.

Anche il presidente della circoscrizione 1, Daniela Bartalucci, ha lodato il lavoro degli autori e, puntando sulla tradizione dei valori, ha auspicato che questo libro possa essere inviato alle scuole della zona e non solo. L’emozione degli autori del libro, affatto ricercatori di professione bensì semplici parrocchiani di San Matteo che hanno minuziosamente indagato negli archivi di tutta la Toscana, la consapevolezza di aver svolto un lavoro per gli altri e la partecipazione della comunità sono state davvero la cifra della serata. I segreti della nostra Livorno dei secoli passati hanno fatto capolino qua e là nei discorsi dei relatori svelando luoghi, situazioni, caratteristiche di una città e di livornesi così lontani da noi e, nello stesso tempo, così familiari. È davvero un libro popolare, come aveva sottolineato il parroco don Matteo, nel senso che ha il potere di riavvicinare il popolo che fu con quello attuale e, attraverso questa unione, di farli rivivere entrambi forti per aver affondato le radici nella fede e nella storia.

Flavia Marco

È

all’interno del Concilio Vaticano II. L’incontro di preghiera è stato concluso dal canto del Salmo 132 in una melodia tipica ebraica che anche qualche cristiano cantava, segno della continuità che, anche dal punto di vista della tradizione, lega ebrei e cristiani.

La giornata di amicizia ebraico – cristiana non si è fermata qui: tutti i partecipanti si sono incamminati per le vie del centro verso la sala conferenze di via delle galere mostrando alla cittadinanza livornese quello spirito di accoglienza e di dialogo che tanto la contraddistingueva alle sue origini e soprattutto quella continuità che lega particolarmente le due confessioni che pregano il “Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe”. La conferenza, organizzata da don Piotr Kownacki, parroco della Sacra Famiglia, nonché direttore del CeDoMEI (Centro di Documentazione Movimento Ecumenico Italiano) e delegato diocesano per l’ecumenismo, ha visto il rabbino capo Yair Didi e don Piergiorgio Paolini, docente allo STI, approfondire, rispettivamente nell’ottica ebraica e nell’ottica cristiana, il tema “Ricordati del giorno di sabato per santificarlo”. Interessante vedere l’attenzione e

l’interesse mostrato reciprocamente tra i relatori . Il rabbino capo ha spiegato molto sinteticamente come il rispetto del giorno di sabato sia fondamentale per i Figli di Israele sia dal punto di vista universale, in quanto segno della loro fede nel Dio della creazione, il loro sposo, sia dal punto di vista nazionale, in quanto giorno della liberazione del popolo ebreo dalla schiavitù dell’Egitto. Ha precisato anche su che cosa si basano le norme che stabiliscono lo svolgersi del sabato sottolineando che il giorno di riposo riguarda tutte le creature di Dio e che è quindi anche portatore di un messaggio di uguaglianza.

Don Piergiorgio Paolini ha poi inquadrato la celebrazione del giorno santo nell’ottica cristiana mostrando

puntualmente come Gesù abbia agito in relazione ad esso: per noi cristiani il giorno di riposo è quello dell’annuncio della liberazione, della liberazione stessa ed il giorno della risurrezione inteso come ingresso in una nuova dimensione, quella del riposo eterno di Dio, presente e futuro.

Chiaro poi è stato l’invito rivolto a tutti i cristiani, come ha precisato don Piotr Kownacki, a porre più attenzione al riposo ed alla santificazione del giorno Santo inteso come vero momento della presenza di Dio sull’esempio e l’insegnamento dei nostri fratelli ebrei.

Al termine delle due relazioni monsignor Ablondi ha voluto personalmente ricordare i 20 anni trascorsi dalla prima giornata dell’amicizia tra ebrei e cristiani e ringraziare tutti

i partecipanti a questo incontro sperando che in futuro la fiamma accesa ed alimentata in questi anni possa accrescersi ed illuminare il mondo intero. Ha poi presentato il suo ultimo libro, «A passo d’uomo verso il Divino… oggi!», invitando tutti a leggerlo come strumento di catechesi. Il rappresentante della comunità ebraica livornese, Samuel Zarrugh ha ringraziato calorosamente monsignor Ablondi per il ruolo che ha sempre svolto per favorire l’integrazione e la valorizzazione della comunità ebraica a Livorno. La conclusione dell’incontro ha segnato un nuovo punto di partenza per continuare tutti insieme sulla via del dialogo tra ebrei e cristiani e dell’ecumenismo.

Flavia Marco

Vivere insieme si può: la cultura dell’accoglienza Testimonianze di immigrati nell’incontro promosso da Sant’Egidio n occasione della giornata mondiale dei migranti ed all’interno di un’ampia iniziativa nazionale promossa dalla Comunità di Sant’Egidio, si è tenuto a Livorno un momento di riflessione per promuovere una cultura dell’accoglienza e del dialogo, anche alla luce dei fatti di Rosarno. Nei saloni attigui alla Chiesa di San Giovanni Battista alla presenza di più di 150 persone si sono susseguiti interventi di stranieri adulti, giovani e bambini e del pastore valdese Langeneck, oltre a quello della Comunità di Sant’Egidio promotrice dell’iniziativa.

Molti i temi toccati, a partire da Mamadou, studente della scuola Louis Massignon, che ha lavorato come bracciante nei campi.

Mamadou ha illustrato le condizioni inaccettabili di lavoro ed ha aggiunto: «il cibo, il lavoro, la casa sono ciò che serve per vivere bene... io sono venuto in Italia alla ricerca di una vita migliore per me e per le persone che ho lasciato a casa, i miei genitori» ed ha poi concluso «la paura rende violenti!...ma credetemi c’è chi soffia sul fuoco…c’è chi vuole la violenza». Attraverso il suo racconto Mamadou è emersa la mitezza e il coraggio con cui lui, come tanti altri, hanno affrontato difficoltà ed umiliazioni nel mondo del lavoro e che gli stranieri, più che rubare un lavoro, sono costretti ad accettare condizioni inumane e mal pagate per poter mangiare. Nelle sue parole

I

c’era anche un seme di speranza che nasce dal valore di un gesto, di una parola amica, quando si vive in una situazione ostile.

Tra il pubblico erano presenti anche due ragazzi senegalesi che erano a Rosarno durante gli scontri delle scorse settimane.

Hanno raccontato della paura provata durante i disordini. Oltre a Rosarno si è parlato anche del tema della cittadinanza.

Majida, musulmana dal Marocco, attualmente studente in una scuola superiore cittadina, vive da 10 anni in Italia ed ha raccontato: «per vivere insieme è necessario modificare la legge sulla cittadinanza… pur vivendo qui da tanto mi manca il diritto della cittadinanza!» Sono infatti 520.000 su 900.000 complessivi i bambini stranieri nati in Italia, ma non riconosciuti come italiani. Proprio su questo punto la Comunità di Sant’Egidio in questi anni ha promosso una legge

finalizzata ad attribuire la cittadinanza a coloro che nascono in Italia, a facilitarla per chi, come Majida, raggiunge la maggiore età e per i bambini che vivono in Italia fin dalla tenera età. Tra gli intervenuti anche il pastore valdese Klaus Langeneck, che ha ricordato che «Dio è amore…accoglie le differenze e ne fa la ricchezza dell’umanità».

Erano presenti tra gli altri anche padre Cipriano responsabile della Comunità ortodossa rumena e don Piotr Kownacki per la Chiesa Cattolica. La loro presenza all’inizio della settimana per

l’unità dei cristiani vuole essere segno di un cristianesimo che nell’unità può essere risorsa per costruire accanto a chi soffre ed è straniero una società più giusta.

Grazie ad Alessia, della Scuola della Pace, è stato ricordato efficacemente quanto ormai i bambini vivano in un mondo multiculturale, hanno scritto anche un libro «Convivere …secondo i bambini» pubblicato e presentato per sensibilizzare piccoli e grandi al tema della convivenza e per sostenere un progetto di cura dell’AIDS in Africa promosso dalla Comunità di Sant’Egidio. Con Alessia è stata ricordata anche l’isola di Haiti, le vittime del terremoto, quanti vivono in condizioni disperate in queste ore e le persone della Comunità di Sant’Egidio che lì vivono.

Infine Anna Ajello della Comunità di Sant’Egidio ha ripercorso questo anno facendone emergere l’odio veicolato dai media, che fa diventare normale dare la caccia agli stranieri. «Città dove si alzano muri e la gente vive impaurita, incattivita e chiusa….un clima di guerra.. ma italiani e stranieri oggi hanno lo stesso problema… avere una vita migliore .. e allora perché combatterci se abbiamo lo stesso problema?».

S.C.

TOSCANA OGGI

LA SETTIMANA

24 gennaio 2010

Viaggio nelle Parrocchie

IL CONVEGNO DELLE ACLI

La comunità di S.Ferdinando

L’economia del sociale

Da più di un secolo la Congregazione dei Padri Trinitari cura la pastorale della parrocchia di San Ferdinando nel quartiere di Venezia

adre Lorenzo Moretti, Trinitario, 70 anni, romano, dopo aver prestato la propria opera a Roma e Anagni, dal 1° gennaio 1983, cioè da 27 anni, è il parroco di San Ferdinando, «Crocetta» come la chiamano i vecchi livornesi a causa della croce che è presente sugli abiti talari dei Padri Trinitari. La comunità sacerdotale oltre che da padre Lorenzo è formata da padre Michele Siggillino, Cappellano del carcere, e da padre Cosimo Bleve che aiuta don Felice Munaro alla Rosa. Non ci sono diaconi, ma Andrea Zargani cura il Centro culturale San Giovanni de Matha incentrato sul dialogo interreligioso, al quale ha partecipato con una conferenza anche il padre Giulio Cipollone, ordinario di Storia alla Gregoriana, un intellettuale Trinitario molto noto negli ambienti culturali italiani.

Cosa ci può dire padre Lorenzo della sua parrocchia?

«Dopo la guerra molti abitanti del quartiere Venezia sono andati a vivere in altre zone della città, ma sono rimasti legati alla chiesa grazie all’esperienza con il padre Saglietto (di lui diamo notizie a parte).

Questa chiesa è frequentata anche da persone legate alla nostra spiritualità e alle attività che svolgiamo, così che la Messa domenicale è molto frequentata.»

Cosa fate in particolare?

«Una Messa annuale è dedicata agli ex combattenti e reduci, da essi organizzata, dove intervengono le maggiori autorità della città e il Vescovo. A giugno viene svolta una processione in onore della Madonna del Buon Rimedio, è una devozione che parte dal nostro fondatore, San Giovanni de Matha, che quando era a Tunisi, la Madonna gli fece il miracolo di fargli trovare una consistente somma di denaro che servì alla liberazione degli schiavi.

La Madonna è anche chiamata Madonna del Riscatto ed è venerata in alcune zone della Sardegna perché nell’isola i Padri Trinitari sono rimasti per molto tempo. La tradizione antica della processione è stata ripresa a Livorno grazie al Vescovo Coletti, la processione si snoda per il quartiere e durante le soste si prega per la

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Padre Saglietto: un «mito» della chiesa di «Crocetta» ra il 20 ottobre 1898 quando Padre Giovan Battista Saglietto venne a Livorno dalla E sua Imperia a guidare la Parrocchia di Crocetta in Venezia, da lì ebbe inizio l’intesa umana, in principio molto difficile, tra il Padre Trinitario e i veneziani. Nella chiesa di San Ferdinando il parroco diede vita nel 1900 alla Congregazione di San Michele dei Santi per la salvezza della gioventù, posta sotto la protezione di sua maestà la Regina Margherita.

La Congregazione, dotata di una biblioteca, di una scuola di canto e di musica, di un oratorio e di una palestra ginnica, si proponeva di togliere i giovani dall’insidie della strada. Nel 1905 Padre Saglietto, sempre con l’aiuto della Regina, condusse una vasta opera di risanamento delle strade vicine alla chiesa, strade con case fatiscenti e pericolanti, ricettacolo di immondizie e fonti di malattie come la tubercolosi e la congiuntivite cronica. Queste realizzazioni non ebbero un riscontro positivo da parte dei veneziani in quanto vedevano in lui lo stereotipo del prete conservatore contrario ad una società più giusta e umana. Ma dovettero ricredersi quando fu loro vicino trasformando il convento in un lazzaretto durante il colera del 1911 e si prodigò nel curare quelli che erano stati colpiti dal male. Fu però durante la guerra del 1915/18 che Padre Saglietto riuscì ad entrare nel cuore dei veneziani, agli uomini che erano al fronte, fossero essi interventisti o militari di leva, mandava delle piccole somme di denaro, nello stesso tempo dava aiuto a coloro che disertavano rifugiandoli nella chiesa. Anche il porto in quegli anni subì una profonda crisi per cui Saglietto, conoscendo la miseria dei marinai senza lavoro, lasciava nelle loro abitazioni un po’ di denaro che, oltre al suo, andava a raccogliere dagli operatori più ricchi del porto. Con l’avvento del fascismo Padre Saglietto si adoperò per aiutare gli antifascisti perseguitati, tra questi l’ex assessore socialista Adolfo Minghi e l’anarchico Colombo Raiola. La catastrofe della seconda guerra mondiale arrivò anche in Venezia e la chiesa venne lesionata da un bombardamento, il parroco, straziato dal dolore, cominciò l’opera di ricostruzione ma ormai vecchio venne richiamato a Roma a ricoprire incarichi superiori. Nell’ottobre del 1947 tornò tra i suoi veneziani per celebrare le sue nozze d’oro sacerdotali, tutti si strinsero a lui con gioia e commozione. Padre Saglietto, fisicamente provato, tornò ancora a Livorno il 2 ottobre 1955, attorniato dall’affetto dei suoi veneziani, per inaugurare il campanile di Crocetta finalmente restaurato. Nel 1957 muore a Roma e una larga rappresentanza dei suoi popolani partecipa alle esequie, poi, a Libvorno, la salma viene portata dai suoi diletti portuali al cimitero della Purificazione.

Gi.Gi.

famiglia, per la gente del mare, per i caduti della Meloria e del Moby Prince, e naturalmente anche per i Padri Trinitari che hanno perso la vita in mare compiendo la loro missione.

Inoltre da più di dieci anni in parrocchia, il 6 gennaio, si fa la rappresentazione di un Presepe Vivente, circa 100 persone si vestono con costumi particolari

cuciti da Caterina Vaccaro, come cornice al Presepio hanno partecipato l’orchestra Ensamble diretta da Rita Bacchelli, il coro dell’Associazione sarda diretto dal maestro Mauro Ermito, la corale Diapason del maestro Giannetti, mentre il tenore Giancarlo Dari ha cantato la Ninna nanna di Schubert. In particolare l’Aptatur Musica , che esegue brani

con strumenti antichi, hanno espresso il desiderio di seguire la Messa in latino e partecipano all’adorazione del Santissimo. Penso che intorno a loro si possa sviluppare un gruppetto giovanile, così come stiamo cercando di lavorare sulle nuove famiglie che si sono inserite nel quartiere.»

Ci sono altre attività? «È presente

III

l’Associazione Lepanto della dottoressa Vanda Bucci che si ripromette di portare in luce i valori storici cristiani, in questo senso è stato rappresentato il dramma «Gli schiavi redenti» tratto da un manoscritto del padre Trinitario Donato Ricci morto a Livorno nel 1769. I membri dell’Associazione si riuniscono ogni sabato per la lettura insieme di brani della Divina Commedia e dei Cori della roccia di Eliot. Per quanto riguarda la carità ogni mese il Gruppo Caritas fornisce un pacco viveri ai parrocchiani indigenti, questo Gruppo esiste da 25 anni ed è nato grazie ad Olimpia Sgherri e, come lei faceva, i pacchi vengono distribuiti dopo la lettura di un brano del Vangelo e un momento di preghiera.

Nella carità è impegnata anche l’Opera S.Caterina, guidata dal dottor Salvatore Geraci, i membri seguono una cinquantina di famiglie povere e si prodigano in favore dei carcerati, nello stesso tempo promuovono le adozioni a distanza con alcune comunità africane».

Gianni Giovangiacomo Parrocchia di San Ferdinando Parroco: Padre Lorenzo Moretti Piazza Anita Garibaldi 1 - 57123 – Livorno –Tel. 0586/888541 0586/896508 (Convento)

e Acli di Livorno hanno indetto per LChiostro venerdì 22 gennaio nell’auditorium del della Madonna in Via delle Galere un Convegno nazionale sul tema «L’economia nel sociale: lo sviluppo sostenibile e le opportunità di avanzamento culturale grazie al non profit». Il Convegno tratterà di argomenti molto attuali che trovano un riscontro oggettivo anche nella recente enciclica papale «Caritas in veritate»; si propone inoltre di individuare i punti critici e i punti di forza di coloro che operano nel sociale per meglio finalizzarne l’azione e per arginare l’attuale congiuntura economica negativa.

I lavori che avranno inizio alle ore 15 si concluderanno nel pomeriggio inoltrato, è prevista la presenza dell’Assessore regionale al Diritto alla salute, Enrico Rossi, del Vescovo di Livorno, Monsignor Simone Giusti, del Presidente della Provincia, Kutufà, e dei sindaci dell’area vasta. Tra i relatori si alterneranno il Professor Marco Allegrini dell’Università di Pisa, Maurizio Trefilidis, Direttore superiore della Banca d’Italia, e il dottor Luca Peyrano, Responsabile dei Mercati azionari per l’Europa di Borsa Italiana.

Gi. Gi.

AGENDA DIOCESANA VENERDÌ 22 GENNAIO - 15.30 presso il Centro Culturale di Via delle galere, incontro promosso dalle Acli sul tema “L’economia nel sociale, lo sviluppo sostenibile e le opportunità di avanzamento culturale grazie al no profit”.

-21.00 presso la parrocchia di S. Andrea il Vescovo incontra i consigli pastorali parrocchiali del II vicariato SABATO 23 GENNAIO - 18.00 il Vescovo celebra le Cresime nella parrocchia di San Giovanni Battista Ilario a Rosignano Marittimo DOMENICA 24 GENNAIO - 9.30 il Vescovo celebra la Messa all’istituto delle suore Paoline (Via Corcos) in occasione del patrono dei giornalisti San Francesco di Sales - 11.00 il Vescovo celebra le Cresime nella parrocchia di San Benedetto - 14.30 il Vescovo celebra la Messa al convegno regionale di pastorale giovanile a Quercianella - 15.30 presso l'Istituto Immacolata (via dei tivoli) incontro delle religiose diocesane con don Gino Berto, sul tema “Il servizio dei carismi nella chiesa locale” LUNEDÌ 25 GENNAIO - 16.30 nella chiesa S. Lucia incontro dell'Apostolato della preghiera e S. Rosario MARTEDÌ 26 GENNAIO - 18.00 il Vescovo incontra i genitori della scuola Immacolata (Via de’ Tivoli) - 20.00 il Vescovo partecipa all’incontro sull’architettura sacra organizzato dal Lions Club di Livorno

CENNI STORICI SULLA CHIESA E SULLA CONGREGAZIONE DEI PADRI TRINITARI

MERCOLEDÌ 27 GENNAIO - FESTA DEL VOTO -10.00 - Santuario di Montenero, OFFERTA DELLA CERA VOTIVA da parte dell’Arciconfraternita di S. Giulia a nome della cittadinanza livornese, a seguire Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vicario generale mons. Ezio Morosi - 17.30 - Piazza Grande, recita del Rosario e omaggio floreale all’immagine della Beata Vergine Maria (con la collaborazione dei Vigili del Fuoco) - 18.00 - Cattedrale, CELEBRAZIONE EUCARISTICA presieduta dal Vescovo

Trinitari hanno dietro di sé singolari vicende storiche: «sonoIpensate quante traversie hanno passato; si direbbe, dei superstiti, dei sopravvissuti a tutte le valanghe e a

GIOVEDÌ 28 GENNAIO - 18.00 Il Vescovo incontra i genitori della scuola Maria Ausiliatrice (Via don Bosco)

tutte le tempeste della storia. Oggi in tutto il mondo una delle parole più di moda è: liberazione…Voi perché siete sorti? Siete sorti per la liberazione delle persone, delle classi, degli ambienti che non godevano la libertà». Così si esprimeva Paolo VI in un incontro con i Padri Trinitari ricordando la fondazione dell’Ordine, voluto dal provenzale San Giovanni de Matha, da parte del Papa Innocenzo III nel 1198. L’Ordine si propone la glorificazione della Trinità, di condurre la vita religiosa al servizio della carità liberatrice, di dare aiuto ai bisognosi e di liberare gli schiavi.

A questo proposito la chiesa di San Ferdinando, così chiamata in onore di Ferdinando Re di Castiglia figlio di Cosimo III dei Medici, ha nel suo interno un gruppo marmoreo, opera scultorea del Baratta, che raffigura un Angelo che con la spada spezza le catene a un prigioniero bianco e a uno di colore, palese condanna della schiavitù senza distinzioni di sorta.

I Padri Trinitari giunsero a Livorno nel 1652, la chiesa,

opera del Foggini, venne inaugurata nel 1717. Livorno è ricordata perché il Trinitario francese padre Francesco di Lorenzo il 24 giugno 1653 partì dalla nostra città per Tunisi dove, dopo tanti patimenti, riuscì a liberare 33 schiavi di cui cinque francesi, quest’ultimi vennero subito imbarcati per Marsiglia, mentre gli altri salparono il 17 settembre per Livorno e vi approdarono il 24 dopo essere scampati a un naufragio. Gli schiavi liberati, vestiti con gli stessi stracci della prigionia e con una catena sulle spalle, parteciparono ad una processione di ringraziamento fino al Duomo dove furono accolti dal Monsignor Vicario di Pisa tra il tripudio della popolazione livornese che fece loro una gran festa. Il giorno seguente i festeggiamenti si spostarono a Pisa dove Padre Francesco potè visitare la Cappella della Confraternita della Santissima trinità. Il giorno successivo proseguì poi per Firenze per rendere omaggio al Granduca, quindi partì per Roma dove trovò ad attenderlo il Papa con alcuni Cardinali. La cronaca di questi avvenimenti è tratta da un vecchio manoscritto che Padre Lorenzo Moretti custodisce.

Gi. GI.

VENERDÌ 29 GENNAIO - 9.00 il Vescovo celebra la messa in cattedrale in occasione della festa di don Bosco - 17.00 il Vescovo partecipa all’ incontro degli uffici catechistici regionali a Lucca SABATO 30 GENNAIO - 16.30 nel salone parrocchia S. Teresa Rosignano Solvay incontro dei diaconi permanenti sul tema "Il diacono: uomo di relazioni di comunione" relatore monsignor Giusti DOMENICA 31 GENNAIO - 10.30 il Vescovo celebra la messa a San Giovanni Bosco (Coteto) - 16.00 il Vescovo partecipa all’incontro con la comunità neocatecumenale a Casciana Terme

IV

TOSCANA OGGI

SPIRITUALITÀ

24 gennaio 2010

leggere LA PAROLA

di Giancarlo Bruni*

L’OGGI DI GESÙ TRASFORMA L’OGGI DEL POVERO Terza Domenica del tempo ordinario: z

Nm 8,2-4a; 5-6; 8-10; 1Cor 12,12-31; Lc 1,1-4; 4,14-21

Ogni Teofilo, che vuol dire «amato 1a .entrare da Dio» e tutti lo sono, è chiamato nella Scrittura lucana che può essere paragonata al giardino dell’in principio, luogo in cui Dio in Cristo passeggia con l’uomo raccontandogli buone notizie (Lc 4,18) e suonandogli la dolce musica del flauto (Lc 7,32). Un camminare fianco a fianco con le sue soste, oggi a Nazaret.

Osserviamone il movimento: 2 . l’itinerante Gesù (Lc 4,14-15) giunge a Nazaret, qui secondo il suo solito entra di sabato nella sinagoga, si alza a leggere e tiene l’omelia.

Atti 13,15 informa che era questa l’ossatura della liturgia sinagogale sabbatica: alla lettura di un brano della Legge succedeva, sempre a voce alta, la lettura di un testo complementare dei profeti a cui seguiva l’esortazione.

Quel sabato toccava a Gesù, di cui si dice che era sua consuetudine la fedeltà settimanale alla comune liturgia, una ripetitività a ricordare che è nel tempo e nello spazio del solito e dell’ordinario che la novità si fa incontrare. Nel suo caso nella pericope profetica di Isaia 61,1-2 e 58,6, che al suo cuore suona così: oggi questa Scrittura si è adempiuta nei vostri orecchi, in me Gesù adesso da avvio a un oggi storico non solo in termini di promessa ma di adempimento.

Un lieto annuncio per l’orecchio dei poveri, di quanti cioè aspettavano e aspettano con fiducia l’anno di grazia del Signore, il suo venire a guarire l’uomo dalle sue molteplici prigioni, cecità e oppressioni (Mt 11,28-30).

A questo punto l’attenzione si 3 . sposta sugli uditori, su noi e su quanti oggi ascoltano la sua omelia.

Con quali occhi lo guardiamo? «Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui», e con quali orecchi lo ascoltiamo? Non resta che lo sguardo e l’udito teologali del povero che nella fiducia, nella speranza e nell’amore apre se stesso al dono di liberazione che gli proviene da «JHWH salva» (Mt 1,21; 3,16), al dono della luce - illuminazione che gli proviene da «Io sono la Luce» (Gv 8,12) e al dono del sollievo che gli proviene dall’«Io sono Risorto» (Mt11,29). Ove ciò accade lì l’oggi del Signore trasforma l’oggi dei suoi poveri e, come già al tempo di Neemia, «Il popolo che porgeva l’orecchio…piangeva, mentre ascoltava le parole della Legge».

Lacrime di gioia. *Eremo delle Stinche - Panzano in Chianti

AGENDA liturgica z

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Lunedì 25 gennaio Conversione San Paolo «Àlzati, fatti battezzare e purificare dai tuoi peccati, invocando il nome di Gesù» (At 22,3-16); «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo» (Mc 16,15-18) Martedì 26 gennaio Santi Timoteo e Tito «Mi ricordo della tua schietta fede» ( 2Tm 1,1-8); «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai» ( Lc 10,1-9) Mercoledì 27 gennaio Sant’Angela Merici «Io susciterò un tuo discendente dopo di te e renderò stabile il suo regno» (2Sam 7,4-17); «Il seminatore uscì a seminare» (Mc 4,1-20) Giovedì 28 gennaio San Tommaso d’Aquino «Chi sono io, Signore Dio, e che cos’è la mia casa?»

(2Sam 7,18-19.24-29); «La lampada viene per essere messa sul candelabro» (Mc 4,21-25) Venerdì 29 gennaio Feria. A Pisa Beato Bartolomeo Aiutamicristo «Mi hai disprezzato e hai preso in moglie la moglie di Urìa l’Ittita» (2Sam 11,1-4.5-10.13-17); «L’uomo getta il seme e dorme; il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa» (Mc 4,26-34) Sabato 30 gennaio Beata Vergine Maria in Sabato «Ho peccato contro il Signore» (2 Sam 12,1-7.1017); «Chi è costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?» (Mc 4,35-41)

GLI «ORDINI MENDICANTI»: UN ANNUNCIO DEL VANGELO SEMPLICE E PROFONDO

la parola del PAPA di Andrea Drigani

urante l’udienza generale di mercoledì 13 genD naio, Papa Benedetto XVI ha ricordato che nel secolo tredicesimo nascono e si sviluppano gli Ordini Mendicanti. Essi furono così chiamati - ha osservato il Pontefice - per la loro caratteristica di «mendicare», di ricorrere, cioè, umilmente al sostegno economico della gente per vivere il voto di povertà e svolgere la propria missione evangelizzatrice.

Degli Ordini Mendicanti che sorsero in quell’epoca, i più noti e i più importanti sono i Frati Minori e i Frati Predicatori, conosciuti come Francescani e Domenicani dal nome dei loro Fondatori, rispettivamente Francesco d’Assisi e Domenico di Guzman.

Gli Ordini Mendicanti seppero felicemente venire incontro alla necessità di annunciare il Vangelo in modo semplice e profondo. Con grande zelo, infatti, si dedicarono alla predicazione, trattando argomenti vicini alla vita delle persone, soprattutto la pratica delle virtù teologali e morali. Non sorprende allora - ha proseguito il Papa - che fossero numerosi i fedeli, uomini e donne, che sceglievano di farsi accompagnare nel cammino cristiano dai frati

PENSIERI scelti a cura della Fraternità di Romena

Francescani e Domenicani. Nacquero, così, associazioni di laici che s’ispirarono alla spiritualità di san Francesco e di san Domenico. Si tratta del Terzo Ordine, sia francescano che domenicano. In altri termini - rileva il Pontefice - la proposta di una «santità laicale» conquistò molte persone. Come ha rammentato il Concilio Vaticano II, la chiamata alla santità non è riservata ad alcuni, ma è universale.

Anche oggi - ha affermato Benedetto XVI - ogni cristiano deve tendere alla «misura alta della vita cristiana», a qualunque condizione appartenga.

Davanti alle trasformazioni culturali di quel periodo, i Minori ed i Predicatori non esitarono ad entrare, come studenti e professori, nelle università più famose del tempo, producendo testi di grande valore e dando vita a scuole di pensiero. L’impegno profuso dai Francescani e dai Domenicani nelle università medievali è un invito - ha concluso il Pontefice a rendersi presenti nei luoghi di elaborazione del sapere per proporre, con rispetto e convinzione, la luce del Vangelo sulle questioni fondamentali che interessano l’uomo, la sua dignità, il suo destino.

La fede è un cammino di spogliamento, un cammino di semplificazione; bisogna proseguire il cammino armato alla leggera, portando dietro soltanto una cosa che è il nostro ideale, che è la ricerca della nostra vera identità.

Arturo Paoli

Quelle domande che nascono dalla tragedia di Haiti: «Perché?»

DI

DANTE CAROLLA*

l catastrofico terremoto che si è verificato in questi giorni nell’isola di Haiti con le migliaia di morti che ha causato e gli infiniti danni e devastazioni che ha determinato, i cui effetti drammatici si potranno valutare a pieno solo fra qualche tempo, provoca sicuramente in tutti noi il riemergere di domande forse mai del tutto affrontate e tanto meno risolte. Le domande cioè relative al problema del male, del male «ingiusto», almeno ai nostri occhi, del dolore innocente. Perché? Perché una catastrofe così immane? Perché la terra si ribella all’uomo e sembra quasi, proditoriamente e improvvisamente, tendergli un’insidia così micidiale? E sopratutto perché Dio permette tutto questo? Perché sembra assistere impotente a una così grande tragedia? Perché Dio non interviene? Allora è un Dio crudele? O forse è un Dio impotente? Ma se è un Dio impotente, contraddizione in termini, è un Dio inesistente.

Allora la fede è davvero solo l’oppio dei popoli, un mito per addormentare le coscienze?

Possiamo ancora credere di fronte a queste tragedie che si susseguono a ritmo anche abbastanza frequente?

Sì possiamo e dobbiamo ancora credere, anzi più che mai.

Questi tragici eventi che ci lasciano sgomenti, in un certo senso, non portano in sé niente di nuovo, nel senso che non

I

lo SCAFFALE

Drammi come questo mettono in evidenza la limitatezza e l’insufficenza della condizione umana. La risposta a questo mistero ce la danno l’atteggiamento umile e fiducioso di Giobbe e il sacrificio di Gesù, che trasforma la morte in un nuovo inizio implicano interrogativi che già non conosciamo, se non riguardo alle proporzioni.

Questi fatti mettono in evidenza la finitezza della realtà visibile, la limitatezza costituzionale della condizione umana e l’insufficienza della realtà cosmica tutta. Da questa finitezza, da questa limitatezza derivano tutti i mali e tutto il dolore. Che cos’è il cancro che spenge magari una giovane vita? È la limitatezza di un organismo, di un meccanismo che non riesce a funzionare come dovrebbe. La malattia è un segno di questo limite e in questo senso siamo tutti malati, fin da quando nasciamo, perché prima o poi l’organismo, come qualsiasi altra macchina, si deteriorerà.

In un certo senso il problema non è neppure il male, ma è la condizione umana limitata e limitante. Noi siamo avvolti in un mistero, siamo da una parte grandi di una grandezza sconfinata, sperimentiamo in noi stessi l’infinito e siamo in qualche modo un infinito, ma dall’altra siamo piccoli, limitati, condizionati da mille fattori. Il male che ci insidia è un mistero,

ma anche il bene in cui siamo immersi, di cui siamo fatti, è un Mistero. È una realtà il male, ma è una realtà incontestabile anche il bene. È una realtà la morte ma anche la vita, la distruzione ma anche la creazione, il nulla in cui l’uomo sembra cadere, ma anche l’essere in cui abita. Che la realtà ci sia anche questa è una verità incontrovertibile ed esige una spiegazione. Allora qual’è l’atteggiamento ragionevole di fronte a queste tragedie e agli interrogativi che esse pongono?

Non è né quello degli amici di Giobbe caratterizzato da spiegazioni troppo facili, da una teologia molto proclamata, ma poco vissuta, né quello della ribellione, della contestazione e della disperazione del primo Giobbe. L’atteggiamento ragionevole è quello dell’ultimo Giobbe, l’atteggiamento di umiltà, di fronte alla realtà più grande di noi che noi non possiamo misurare, quello di

chi riconosce il Mistero e vi si apre fiducioso anche se non comprende tutto.

Tutto il mistero pasquale di Gesù ci rivela proprio questo.

Gesù non ha eliminato il male ma ha preso su di sé il male del mondo. Gesù, come dice il Catechismo degli Adulti, ha dato un senso anche a ciò che non ha senso. Particolarmente nel quarto vangelo Gesù parla spesso della sua ora identificando in essa sia l’ora della sua passione e morte sia l’ora della sua risurrezione. La sua morte coincide, dunque, con la sua gloria e la gloria nella Bibbia è la manifestazione della presenza salvifica di Dio. Egli così ha trasformato la fine in un inizio, anzi, come afferma Gesù sulla croce, in un compimento glorioso. Sulla croce Gesù morente dice, infatti: Tetelestai, tutto è compiuto, che però forse si potrebbe tradurre meglio: «Tutto ha raggiunto il suo télos», il suo fine, il suo scopo cioè la salvezza. Gesù dunque, proprio mediante la sua morte, trasforma la morte in vita, l’ora della croce nell’ora della gloria, la massima tragedia della crudeltà e dell’odio nella manifestazione suprema dell’amore. Egli, ed egli solo ha il potere, come dice S. Giovanni Crisostomo, di trasformare la croce in una festa. *Direttore dell’Ufficio catechistico dell’Arcidiocesi di Firenze

Restaurarte s.n.c.

di Maurizio Schoepflin

Da San Paolo al cardinal Newman, contributi sulla fede e la cultura cristiana rmai da tempo l’Urbaniana University Press, la casa editrice delO l’omonima Università Pontificia (www.urbaniana.edu/uu), si sta rivelando una realtà molto presente nel panorama dell’editoria religiosa. Numerose pubblicazioni attestano tale vivacità, che si collega alla multiforme attività dell’Ateneo. Indicativo è il caso del volume, curato dal professor Andrzej Gieniusz, Paolo di Tarso. Figura, opera, ricezione (pp. 256, euro 19), che trova la sua origine in un convegno organizzato in occasione dell’Anno Paolino. Si tratta di un bel libro che accoglie vari contributi di qualificati studiosi che vanno a disegnare un ritratto intenso e suggestivo dell’Apostolo delle genti, tenendo in particolare considerazione l’accoglienza riservata al messaggio paolino lungo i due millenni di storia del cristianesimo.

A un altro grande protagonista della fede e della cultura cristiana è dedicato un interessante volume, anche questo a più voci, curato dal professor Luca Tuninetti: si intitola John Henry Newman. Un cristiano che interroga la modernità (pp. 208, euro 16), e pone al centro la splendida figura del celebre cardinale inglese, convertito dall’anglicanesimo, autore di opere ritenute ormai dei veri e propri classici della spiritualità e del pensiero del cattolicesimo contemporaneo. Il titolo del libro fa risaltare una convinzione oggi sempre più diffusa, ovvero che le idee e la testimonianza di Newman siano un ottimo esempio di sapiente dialogo con la modernità, il dialogo di un credente che non sacrifica le proprie ragioni, ma sa proporle con rispetto e fermezza.

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VI

TOSCANA OGGI

INFORMAZIONE RELIGIOSA

24 gennaio 2010

Il presepe dell’Abbazia di Monte Oliveto, una vera opera d’arte da visitare in ogni tempo l Natale è ormai passato e, dopo Ismantellati l’Epifania, tutti i Presepi sono stati e riposti con cura nel solito scatolone a raccogliere polvere fino al nuovo anno quando, ancora una volta, torneremo a sentirci: «il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce perché hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia.

Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta

quando si divide la preda» (Is 9, 1-3).

Ma salire ogni volta i tornanti, che tracciano come una ferita fra le suggestive e millenarie crete senesi, per raggiungere l’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore, avvolta dal verde intenso degli alberi secolari ed immersa nel silenzio profondo, e fermarsi ad ammirare il Presepe allestito nella cripta, è doveroso. La vita stessa è un grande cammino, per tutti. Può essere un cammino al buio senza meta, oppure nel chiarore verso una felicità senza fine. Camminare è la nostra condizione normale e c’è bisogno di luce per rinfrancarci, quindi, indirizzare bene i passi incontro a Gesù, la grande luce che illumina la storia dell’umanità, perché il mondo è salvato da un Diobambino.

Davanti al Presepe dell’Abbazia ci sentiamo «toccati» da quel Bambino nel nostro agire personale e sociale; lo accogliamo nel silenzio e nello stupore del nostro cuore rievocando il mistero del suo amore che si dona; sentiamo di dover scoprire il suo volto in quello di coloro con i quali egli stesso ha voluto identificarsi: gli affamati, gli assetati, gli oppressi, dietro il volto devastato degli uomini schiacciati dal male e dal dolore.

Cerchiamo, per pochi minuti preziosi, di imitare le bianche figure dei monaci che nel silenzio e la meditazione intraprendono la strada maestra per giungere alla pace e, soprattutto, creano la condizione per ascoltare la parole di Dio e farle scendere nella propria vita.

Infatti, solo in un clima di silenzio, riflessione e preghiera è possibile dire le cose che si hanno nel cuore ed ascoltare l’altro fino a capire le sue ragioni, accogliere la sua verità, segnalare le differenze che ci distinguono senza per questo essere dei nemici; il rumore e la frenesia sono spesso occasione e causa di conflitti. Gesù, che viene offerto bambino nel tempio, sottomettendosi in tutto alla legge del Signore, esprime già la piena adesione alla volontà di Dio, che caratterizzerà la sua vita di adulto. E lo Spirito Santo che guida la storia della salvezza ed i gesti che la caratterizzano, come i gesti e le parole suggerite a Simeone, è già presente con la Croce perchè il bambino che entra nel tempio è già il Crocifisso ed il Risorto che addita ai discepoli, ed a Maria per prima, la via della croce e la sofferenza della spada, intesa come immagine della lotta per la fede. I Magi sono ogni giorno accanto a noi, forse un poco più avanti, per aiutarci ad alzare lo sguardo da noi stessi e dirigerlo verso la luce della stella; sono accanto a noi per guidarci verso le tante mangiatoie di questo mondo ove giacciono i piccoli ed i deboli; accanto a noi per farci gustare la gioia di coloro che difendono ed amano i poveri. Scendendo in silenzio, attenti ed assorti nella cripta dell’Abbazia, seguendo l’evolversi della notte e del giorno, dal buio delle tenebre alla luce della salvezza, ci facciamo, con i Magi, pellegrini verso quel bambino promettendogli, ancora una volta, che con lui nel cuore non percorreremo più la stessa strada di prima e con affetto gli sorridiamo e ci prendiamo cura di lui: in verità, sarà lui a prendersi cura di tutti noi!

Ad un artista, Gennaro Migliaccio di Buonconvento, dipendente delle Ferrovie ed appassionato artigiano di presepi, sono state affidate modifiche ed aggiunte, compresa una riproduzione fedele in scala della stessa Abbazia, che rendono quello di Monte Oliveto una vera opera d’arte da visitare in ogni tempo ma, naturalmente, in particolare durante le festività natalizie.

Mietta Brugnoli

Le suore «Visitandine» in festa: quattrocento anni di spiritualità L’Ordine della Visitazione di Maria, fondato da San Francesco di Sales e di Santa Giovanna De Chantal, celebra quattro secoli di storia.

Alla base del suo carisma, la santificazione della quotidianità DI SIMONE SCATIZZI*

uattrocento anni.

Qattrocento anni di storia. Venti, venticinque generazioni che assumono in proprio un tipo di spiritualità che non è, e non può essere, identico per tutte le migliaia di monache: non può essere una identica storia, un’identica vicenda. Quando si accosta una storia così complessa come quella di un Ordine religioso, soprattutto se orientato alla vita contemplativa, è impossibile avere presenti solo i binari delle regole e gli stessi orientamenti della comune spiritualità.

Le vicende, che si inseriscono nel cammino di una vita, nascono dalla intensa vita mistica di ciascun membro ma anche dalle vicende storiche che non dipendono più solo dai soggetti interessati ma anche da un contesto culturale e politico.

Sfogliando la storia dell’Ordine della Visitazione di S. Maria, si incontrano esperienze totalmente diverse e, tanto per fare un esempio, l’estatica S. Maria Margherita Alacoque, con le sue rivelazioni sulla devozione al Sacro Cuore di Gesù, monaca diretta spiritualmente dal Beato De La Colombier, gesuita, e la carretta che conduceva al martirio sette visitandine in occasione della rivoluzione comunista spagnola del 1936.

Dentro, un fiume di spiritualità con le proprie fatiche, i silenzi, le interiori implorazioni, i sussulti del cuore e della mente, l’apertura al Mistero della Chiesa, l’ansia della salvezza per tutti...

Non potremo, quindi, dopo aver fatto cenno alla spiritualità di S. Francesco di Sales e di Santa Giovanna Francesca Fremiot de Chantal, che tentare di cogliere i binari di una spiritualità, che ha attraversato quattrocento anni, e i pilastri su cui si sono costruiti, con l’accoglienza dello Spirito Santo, tanti eroismi noti e sconosciuti, visibili e invisibili.

Bisogna subito affermare che la spiritualità visitandina punta, per natura sua, per quella impronta lasciata da S. Francesco di Sales, non su grandi penitenze, faticose pratiche di pietà, digiuni estenuanti...., ma su la santificazione della quotidianità. La «Visitazione» non parte da forme esterne, eclatanti, esorbitanti le stesse forze umane. Non esaspera neppure la solitudine!

La spiritualità visitandina parte dalla mente e dal cuore.

Tende a pacificare, in una lenta maturazione della personalità, il profondo dell’essere umano,

Q

Tre monasteri in Toscana ttualmente sono ben 160 le Comunità visitandine A presenti nel mondo. Nonostante il calo vocazionale, l’Italia annovera ancora ben 30 monasteri della Visitazione suddivisi in due federazioni che delimitano il nord con il centro-sud: sedici si trovano nel nord e gli altri quattordici nel centro sud. A questa seconda Federazione è subordinato il Monastero di Zouk-Mikael. (Libano). In Toscana le Visitandine sono presenti con tre case: la presenza più antica è quella di Pistoia, che risale agli inizi del ’700. La Comunità, in via delle Logge, è aperta all’accoglienza di giovani o donne che desiderano fare un’esperienza di preghiera e di discernimento vocazionale all’interno della clausura, condividendo in tutto o in parte la vita della Comunità. Per informazioni, tel. 0573 24389. Un altro monastero della Visitazione è presente a Lucca dagli inizi dell’800, per volere del canonico Domenico Antonio Paoli; fu Maria Domenica Brun Barbantin, donna dedita alle opere di carità e religiose, a far avere alla comunità una casa accogliente e spaziosa. Il Monastero della Visitazione di S. Pancrazio, vicino Lucca (nella foto) risale invece al 1941 quando una comunita di Visitandine che, dal 1827, si era formata in diocesi di Pisa si trasferì in questa nuova sede acquistata dai Certosini. Oggi accoglie ritiri e incontri di preghiera di parrocchie, movimenti, associazioni.

là dove si annidano le ferite del passato fin dalla prima fanciullezza dove talvolta una male impostata vita spirituale ha fatto intravedere grandi vette di santità, quasi cime innevate su cui non si è posato mai piede umano, ma con le conseguenti delusioni.

Il continuo ritornello di una certa formazione cristiana era costituito, un tempo, da un errore d’impostazione: «grande santa, presto santa» per non dire subito santa, senza tener conto che la santità vera non è quella pensata ma quella vissuta che parte, inevitabilmente, dall’umile accettazione di un cammino nel tempo, con docilità allo Spirito Santo.

La saggezza di Francesco e della Chantal, invece, partiva da piccole osservanze: il silenzio interiore ed esteriore, il distacco anche dalle piccole cose di uso quotidiano – ogni anno, per esempio, si cambiavano tutti quei piccoli attrezzi (forbici, croci, corone, ecc.) che servivano per le attività quotidiane...

La «Visitazione» insegna una santificazione dei piccoli passi, in uno stile di serenità, di umiltà, di fiducia, di abbandono alla tenerezza del Padre del Figlio e dello Spirito Santo. La vera cella è quella interiore.

Ma, giustamente, qualcuno potrebbe domandare: «Quali sono i pilastri su cui certi atteggiamenti che prediligono la mitezza, la dolcezza, la pace del cuore e della mente... si vanno costruendo di giorno in giorno?».

Il primo pilastro è la preghiera. Non tanto fatta di

parole quanto di un atteggiamento interiore: del senso della Presenza, della effusione del cuore. Se la spiritualità visitandina non esclude la meditazione discorsiva, tuttavia l’orientamento non è quello intellettuale e della ricerca colta ma è piuttosto quello affettivo.

Sono significative di uno spirito le parole che Francesco scriveva in una lettera alla Chantal: «Preoccupatevi solo di essere fedele nel restare vicino a Dio in questa dolce e tranquilla attenzione del cuore, in questo soave riposo tra le braccia della sua provvidenza, in questa dolce acquiescenza alla sua santa volontà, perché tutto questo gli torna gradito. Guardatevi dalle intense applicazioni dell’intelletto, perché sono un danno, non solo al resto ma anche all’orazione...». E dava, come criterio generale, anche contro possibili distrazioni, questo consiglio: «Con la maggiore dolcezza possibile, riconducete il vostro spirito a questa unità e semplicità di presenza e di abbandono a Dio».

Certo, per la spiritualità visitandina la preghiera o, come si diceva, l’orazione, conserva un aspetto personalistico fortemente accentuato. È la strada per giungere alla mistica con la normale mediazione della Grazia. «Mistica, diceva San Francesco, perché la conservazione vi è tutta segreta e nulla si dice tra Dio e l’anima che non sia da cuore a cuore, con una comunicazione che non può essere partecipata se

non da coloro che lo fanno».

Il secondo pilastro è la vita fraterna. La spiritualità visitandina ha una viva attenzione alla persona alla sua salute, alle sue difficoltà, ma esige una grande attenzione alla fraternità. La vita in comune è veramente un grande dono ma se lo si vive in quello spirito evangelico che è l’amore fraterno, con quella gratuità che si fa sole reciproco, con quella benevolenza che il segno della vera maturità umana e cristiana. Questo stile semplice, che trabocca dalla preghiera affettiva e dalla Parola di Dio, accolta e tradotta nel vivere comune, è una tipica caratteristica della «Visitazione».

Vi è, infatti, un principio espresso da Gesù, che Francesco e la Chantal non si stancavano di raccomandare alle monache.

«Amatevi cole Lui ci ha amato.

Non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici». Perciò la lavanda dei piedi, nei suoi valori simbolici, diviene un’icona a cui fare mentalmente riferimento. Gli altri vengono prima del proprio io e, a imitazione del Padre, la misericordia, tenera e benevolente, diviene il tessuto che ingloba anche i limiti di ciascuno, nel perdono e nella pace.

Il terzo pilastro è la volontà di Dio. È nello spirito della «Visitazione» questo umile fidarsi di Dio, lasciarsi portare e rispondere, col Vangelo alla mano alle varie provocazioni che la vita ci offre, ogni giorno, a chi la sa ascoltare e riconoscere. In questo semplice abbandono, la persona ritrova sempre la pace e, quindi, la gioia.

Quello che Francesco di Sales scrive nella «Introduzione alla vita devota», diviene normativo. «La cattiva tristezza turba l’anima, la rende inquieta, ispira timori eccessivi, dà il disgusto dell’orazione, assopisce ed opprime il cervello, priva l’anima della saggezza: di risoluzione, di giudizio e di coraggio e prostra le energie...

Essa, infatti, toglie ogni dolcezza dall’anima e la rende quasi rattrappita e impotente in tutte le sue facoltà!».

La spiritualità visitandina è, dunque, una vera ricchezza e una strada praticabile, non solo per le monache, ma per tutta la Chiesa e, perciò, per ogni fedele, perché lo stile di vita, la pace del cuore, la semplicità della persona, la benevolenza e la fraternità evangelica hanno la capacità e la forza di superare anche le grate della clausura. *Vescovo Emerito di Pistoia

TOSCANA OGGI

CHIESE TOSCANE

24 gennaio 2010

La teologia oggi, un antidoto all’«analfabetismo religioso» Intervista al nuovo Preside della Facoltà teologica dell’Italia centrale, don Stefano Tarocchi: «Il nostro scopo è offrire gli strumenti per una formazione adeguata ai futuri presbiteri, ma anche a tutti coloro che operano nella pastorale, aiutandoli a essere saldi nei fondamenti della fede che sono la Parola di Dio e la tradizione della Chiesa» DI

RICCARDO BIGI

rrivando alla sede della Facoltà teologica dell’Italia centrale in via Cosimo il Vecchio, sulle colline di Careggi a Firenze, si ha già l’impressione di un luogo vivo, in crescita: nella nuova sala della biblioteca fervono i lavori per sistemare i libri sugli scaffali, offrendo agli studenti un ambiente piacevole e accogliente per la lettura e lo studio. Anche l’ala che ospita gli uffici della presidenza appare appena ristrutturata: è qui che incontriamo il nuovo Preside, don Stefano Tarocchi, professore di Sacra Scrittura e fino a pochi giorni fa vicepreside della Facoltà. È stato chiamato a sostituire don Andrea Bellandi, che ha concluso il suo secondo mandato.

Qual è, oggi, il ruolo di una facoltà di teologia?

«Lo troviamo espresso nella Dei Verbum, che al numero 24 parla dello studio delle Sacre Scritture come dell’"anima della sacra teologia": il Concilio, riprendendo una concezione che già prima ritroviamo nel magistero di Leone XIII o Benedetto XV, ci insegna che la teologia si basa “sulla parola di Dio scritta, inseparabile dalla sacra Tradizione; in essa vigorosamente si consolida e si ringiovanisce sempre, scrutando alla luce della fede ogni verità racchiusa nel mistero di Cristo”. Il ruolo di una Facoltà teologica, all’interno della Chiesa, allora è quello di contribuire a dare una formazione adeguata ai futuri presbiteri, ma anche a tutti coloro che operano nella pastorale, aiutandoli a essere saldi nei fondamenti che sono, appunto, la Parola di Dio e la tradizione della Chiesa. Quella del diacono permanente, ad esempio, è una figura che richiede una formazione ben precisa. In generale, chiunque comunica agli altri le verità della fede deve avere delle basi teologiche forti. Noi offriamo questo tipo di servizio a tutte le diocesi della Toscana, attraverso anche la collaborazione con studi teologici e istituti collegati come quelli di Siena, Camaiore, Pisa, Arezzo».

Un servizio importante se pensiamo, ad esempio, a quanti interrogativi si trovano oggi a dover rispondere i preti: in un mondo dominato dalla mutevolezza delle opinioni, il prete è anche colui che deve offrire delle certezze… «È vero: per questo è

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Pastorale e contemplazione: a Firenze un incontro con la Badessa di Valserena a diocesi di Firenze organizza, in Lserieoccasione dell’Anno sacerdotale, una di incontri per sacerdoti e religiosi nell’aula magna del Seminario arcivescovile (Lungarno Soderini, 19) ai quali sarà presente anche l’Arcivescovo Giuseppe Betori. Il primo appuntamento si svolge venerdì 29 gennaio: madre Monica della Volpe, Badessa delo monastero Trappista di Valserena, parlerà su «Benedetto e Gregorio Magno: il rapporto tra pastorale e contemplazione». L’incontro inizia alle 10 e si conclude con il pranzo: per informazioni rivolgersi all’Ufficio catechistico diocesano, tel.

055.2763748, catechistico@diocesifirenze.it

«Giovani on air»: il convegno regionale di pastorale giovanile omenica 24 gennaio si svolge a D Quercianella l’annuale Convegno Regionale di Pastorale Giovanile. Il titolo è «Giovani on air alle prese con i mass-media»: la presentazione della giornata è affidata all’animazione di Giacomo Guerrini e Alessandro Masti di Radio Toscana, mentre i gruppi di studio approfondiranno temi come web e telefonia, cinema, pubblicità e fotografia, carta stampata (giornali e riviste), radio e musica, reality tv e talk show, teatro, videogames e carte. Per informazioni e iscrizioni è possibile consultare il sito www.giovanionair.it, attivato per l’occasione. Entrando nella pagina web è possibile anche iscriversi al forum, che al momento ha la semplice funzione di lanciare l’evento e coordinarne la preparazione, ma che in futuro sarà proposto come una sorta di casa comune per i giovani della Toscana che vorranno incontrarsi e dialogare sul tema dei linguaggi e della comunicazione. La sede dell’incontro è Villa Maris Stella delle Figlie della Carità.

Presto un «dies academicus» per l’inaugurazione della nuova sala della biblioteca ra le prime iniziative che il nuovo preside don Stefano Tarocchi sta pensando di T organizzare c’è un «Dies academicus» durante il quale sarà inaugurata la nuova sala della biblioteca, realizzata al posto della evcchia aula magna. Uno spazio accogliente per lo studio, la lettura, la consultazione. La biblioteca raccoglie vari fondi librari: l’ultimo è quello di Fioretta Mazzei, che la Fondazione che conserva la memoria di questa laica cristiana protagonista della storia fiorentina del Novecento ha voluto mettere a disposizione di tutti. Sono presenti in biblioteca anche numerose collezioni di periodici italiani e stranieri e di prestigiose riviste teologiche.

Attualmente gli studenti iscritti alla Facoltà Teologica dell’Italia Centrale sono 440, di cui 160 frequentano i corsi del collegato Istituto Superiore di Scienze Religiose. Nel numero non figurano i circa 70 studenti che dovranno iscriversi fuori corso entro fine gennaio. Degli studenti, il 67% è iscritto al primo ciclo mentre il restante è diviso tra secondo ciclo (17%) e dottorato (16%).

Più di un quarto (il 27%) sono donne: la percentuale sale notevolmente all’Istituto, dove le donne raggiungono il 69% degli iscritti.

Ben il 17% degli iscritti alla Facoltà ha già conseguito una laurea, non soltanto in discipline umanistiche ma anche scientifiche (informatica, ingegneria, fisica).

All’Istituto i laureati rappresentano il 48,6% del totale.

Circa il 30% degli iscritti proviene da paesi esteri: prevale l’Africa con il 38% (la maggior parte di nazionalità congolese), seguono i paesi europei (Polonia e Bulgaria soprattutto), l’America Latina (in maggioranza Ecuador e Brasile) e infine l’India (in particolare dallo stato del Kerala). Tra gli studenti stranieri, il 6% è in possesso di una laurea coneguita nel Paese di origine.

Rispetto allo scorso anno, infine, è raddoppiato il numero di immatricolati al quinquennio (40 studenti in totale). Da considerare comunque che le iscrizioni al secondo semestre sono aperte per tutto il mese di gennaio.

importante vincere quel pregiudizio che c’è tra i sacerdoti, secondo cui lo studio della teologia è un dazio da pagare prima dell’ordinazione e dopo può essere abbandonato per dedicarsi ad altro. Esiste un fenomeno che si chiama analfabetismo teologico di ritorno: a questo si risponde solo con un aggiornamento sistematico, e non affidato a momenti sporadici. Veniamo da tempi in cui il prete era spesso una persona di cultura, in cui anche il più umile parroco di campagna poteva rivelare competenze e conoscenze sorprendenti. Oggi forse questo aspetto è stato trascurato: eppure il parroco, dico sempre, deve essere un po’ come il medico di famiglia capace di dare una prima risposta a qualsiasi richiesta.

Senza per questo dover essere un "tuttologo" ma avendo anche l’umiltà, quando è necessario, di rimandare a uno "specialista", a qualcuno che ha

una preparazione specifica sui vari argomenti. Questo ad esempio si nota nell’ambito di cui mi occupo più da vicino, che è quello della Bibbia: il prete ha la responsabilità di parlare ogni domenica a tanta gente commentando la Parola di Dio e non può improvvisare.

A volte invece vedo che non si insiste abbastanza sul tasto della formazione teologica, sia per quanto riguarda i preti che per altre figure fondamentali come i catechisti o gli insegnanti di religione».

A Firenze l’arcivescovo Betori, che è anche il Gran Cancelliere della Facoltà, sta pensando alla possibilità di trovare degli spazi nel centro della città perché la Facoltà possa avere una presenza più viva nel cuore della vita cittadina: anche questo è un modo per rispondere a queste esigenze?

«Dare alla Facoltà teologica una presenza centrale e visibile nella vita della città è un

Le reliquie dei genitori di S. Teresa di Lisieux l gruppo di preghiera «Santa Teresa del Ipossibilità Bambin Gesù» di Firenze offre la a parrocchie e istituti religiosi obiettivo che risponde proprio a questa necessità di offrire strumenti di riflessione sui fatti e gli avvenimenti ai quali ci troviamo di fronte. A volte capita, anche tra i cristiani, di lasciarsi trascinare dall’opinione corrente, da ciò che si sente nei salotti televisivi: a fronte di questo serve una crescita di tutta la comunità cristiana» Quali sono i rapporti della Facoltà teologica con il mondo culturale e accademico?

«In Italia le Facoltà di teologia non hanno cittadinanza all’interno degli atenei statali, come invece avviene ad esempio in Germania: per questo a volte vengono viste come se avessero uno "status" minore. Anche in Italia alcune università riconoscono gli esami delle facoltà teologiche: qui in Toscana purtroppo questo è difficile, anche se sussistono relazioni sia a livello personale che istituzionale».

A fronte di queste difficoltà, possiamo dire comunque che in generale l’interesse per la teologia non diminuisce, anzi è in crescita?

«I dati parlano di iscrizioni in aumento: il numero degli immatricolati al Quinquennio è raddoppiato rispetto allo scorso anno. In totale risultano iscritti 440 studenti, di cui 160 frequentano il collegato Istituto superiore di scienze religiose: e le iscrizioni sono ancora aperte per il mese di gennaio. È interessante notare che circa il 30% proviene da paesi stranieri: segno di stima verso la nostra Facoltà, dove si viene a studiare volentieri anche perché rispetto alle università romane offre un rapporto più diretto con i docenti. Molte anche le donne, il 27%: una percentuale che all’Istituto raggiunge quasi il 70%».

della Toscana di ospitare le reliquie dei Beati genitori di Santa Teresa di isieux.

Un’occasione per pregare e meditare sul valore della famiglia e sul sacramento del matrimonio come strada per la santità. Per informazioni ci si può rivolgere ai numeri 339.2146803 e 338.2521053 oppure al telefono-fax 055.2344519.

Madre Maria Pierina e la medaglia del Santo Volto

l prossimo 30 maggio nella chiesa di Ibeatificata Santa Maria Maggiore a Roma verrà Madre Maria Pierina de Micheli, Figlia dell’Immacolata Concezione. Nata a Milano, diventata suora all’età di 23 anni, è morta nel 1945 mentre si recava a Milano per fare visita alle consorelle dopo la Guerra. A partire dal 1938 ha contribuito, in modo particolare, a diffondere la devozione al Santo Volto di Gesù facendo coniare e distribuire una medaglietta che potesse fortificare nella fede chi la portava, aiutandolo ad affrontare tutte le difficoltà e a trovare una morte serena. «Ciò che conta - era il suo motto - è amare Gesù». Chi volesse informazioni su Madre Maria Pierina de Micheli e sulla medaglia del Santo Volto può rivolgersi a Anna Celenza, terziaria francescana, allo 055.2344519.

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TOSCANA OGGI

INFORMAZIONE RELIGIOSA/DOSSIER

24 gennaio 2010

SETTEGIORNI nella Chiesa di Riccardo Bigi

Presentati i «Lineamenta» verso il Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente «essenziale che i cristiani rimangano nel Medio Oriente e È continuino ad offrire il loro contributo specifico alla costruzione di una società giusta, pacifica e prospera». Lo ha detto mons. Nikola Eterovic, segretario generale del Sinodo dei vescovi, presentando martedì scorso i Lineamenta del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente che si svolgerà in Vaticano il prossimo ottobre.

«Confermare e rafforzare i cristiani nella loro identità mediante la Parola di Dio e i Sacramenti» e «ravvivare la comunione ecclesiale tra le Chiese particolari, affinché possano offrire una testimonianza di vita cristiana autentica, gioiosa e attraente», si legge nei Lineamenta, è lo scopo dell’Assemblea sinodale. Dalle risposte ai Lineamenta verrà tracciato l’Instrumentum laboris, documento di lavoro dell’Assise sinodale che Benedetto XVI consegnerà ai rappresentanti delle Chiese orientali cattoliche durante la sua visita a Cipro dal 4 al 6 giugno prossimo.

Diversi i punti toccati dal documento, tra cui i conflitti politici, la libertà di religione, il dialogo ecumenico, interreligioso, l’emigrazione, vere sfide per le Chiese del Medio Oriente. «I conflitti nella regione - si legge nel testo - hanno una grande influenza sui cristiani locali, sia come cittadini sia come fedeli. L’occupazione israeliana, la guerra in Iraq, la divisione cristiana in Libano, la crescita del fondamentalismo in Egitto, la mancanza di piena libertà religiosa in Turchia», sono problemi che provocano nei cristiani reazioni diverse: «Chi resta fermo nella propria fede e nell’impegno nella società; chi si scoraggia e non mostra più fiducia nella società e nella legalità e c’è chi abbandona ogni impegno e si ritira nella Chiesa vivendo come isolato dalla società». Tutto ciò, sottolineano i Lineamenta, «esige una conversione personale dei cristiani che comincia dai pastori impegnati per la solidarietà, la giustizia, il rispetto, l’onestà». Altro punto critico è la libertà di religione, che in Oriente, vuol dire abitualmente libertà di culto.

Sul dialogo interreligioso i Lineamenta ravvisano il bisogno di «leader religiosi sinceri e servitori del loro popolo» ed auspicano la creazione di «gruppi di amicizia tra ebrei, cristiani e musulmani che facciano cadere il muro di paura e di sfiducia». In particolare, i rapporti con l’Islam, si legge, risentono del fatto che i musulmani «non separano religione e politica e ciò mette i cristiani in condizioni delicate di noncittadinanza». «Ai cristiani spetta, quindi, lavorare per stabilire una uguaglianza tra cittadini a livello politico, economico, sociale, culturale e religioso» nonostante l’avanzata del «fondamentalismo in molti Paesi».

Famiglia e povertà al centro della prossima Giornata per la Vita e c’è una cultura della vita, c’è «famiglia, Sanche uno spazio possibile per la per i più piccoli, per gli anziani, per la vita fragile, e quindi anche per le famiglie in situazione di crisi economica»: così don Paolo Gentili, prete grossetano e direttore dell’Ufficio di pastorale familiare della Cei, commenta il documento «La forza della vita, una sfida nella povertà» che il Consiglio episcopale permanente ha diffuso nei mesi scorsi in vista della 32ª Giornata nazionale per la vita che verrà celebrata il 7 febbraio. «I due temi - afferma don Gentili - sono legati e se si mette la persona al centro, c’è anche solidarietà tra famiglie che vivono la crisi, scoprendo che il vero benessere non è la ricchezza economica, ma è dato da una relazione rinnovata tra persone che possono entrare in comunione. È quindi possibile cogliere l’occasione della crisi economica per una nuova solidarietà tra le famiglie, capace di arricchire tutti pur in un momento di difficoltà e di penuria di beni e risorse materiali». Secondo don Gentili, «che cosa riempie di vita nuova le famiglie sono i rapporti e le relazioni umane che danno pienezza di vita tra le famiglie stesse e tutti i loro componenti».

La settimana di preghiera per l’unità dei cristiani

L’ecumenismo piace ai giovani: «Cerchiamo ciò che ci unisce» Tra i vari appuntamenti organizzati in questi giorni, a Livorno anche un incontro tra le comunità giovanili: «Stare insieme aiuta ciascuno a fortificare le ragioni della propria fede» DI

FLAVIA MARCO

cento anni dalla nascita del movimento ecumenico ad Edimburgo la necessità di pregare per l’unità dei cristiani conserva ed anzi aumenta il suo valore. Sul tema «Cristo oggi: Voi sarete testimoni di tutto ciò» anche a Livorno, storicamente crocevia di culture e religioni diverse, sono stati organizzati una serie di incontri di preghiera, di riflessione e di approfondimento per poter camminare nella direzione dell’unità.

La speranza che questo progetto possa compiersi ci ha spinto ad intervistare qualche giovane appartenente alle diverse comunità cristiane presenti sul territorio livornese. È stato sorprendente scoprire come davvero la mancata unità dei cristiani sia sentita come una mancata adempienza della volontà del Signore e, dunque, quanto importante sia per tutti l’appuntamento annuale della settimana di preghiera ecumenica. Manuel, appartenente alla Chiesa battista, ha espresso il suo rammarico per non aver potuto ospitare alcun incontro nelle loro sedi per problemi di tipo organizzativo ma ricorda con orgoglio come questo sia stato fatto, invece, gli anni passati e come il loro impegno a favore dell’unità dei cristiani non si limiti a questa settimana ma prosegua tutto l’anno attraverso l’organizzazione di occasioni di ritrovo e di confronto, quali la mostra della Bibbia avvenuta lo scorso settembre, per tutti i cristiani. Ha ricordato anche l’impegno del vecchio pastore Mauro Del Nista che, accanto a monsignore Ablondi, vescovo emerito di Livorno, promosse il dialogo ecumenico; per questo motivo e per il fatto che il cammino nella fede procede

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Un incontro di preghiera della comunità ecumenica di Taizé

Gli incontri in Toscana, tra preghiera e dialogo roseguono fino al 25 gennaio gli incontri della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che ogni anno si celebra per iniziativa congiunta del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani e del Consiglio mondiale delle Chiese. «Voi sarete testimoni di tutto ciò»: il versetto del Vangelo di Luca offre quest’anno il tema della Settimana, che si collega al ricordo della Conferenza missionaria internazionale di Edimburgo che viene riconosciuta come l’inizio ufficiale del Movimento ecumenico moderno. Nei giorni 1423 del giugno 1910, oltre mille delegati, appartenenti ai diversi rami del protestantesimo e dell’anglicanesimo, a cui si unì anche un ortodosso, si incontrarono nella città scozzese per riflettere insieme sulla necessità di giungere all’unità al fine di annunciare credibilmente il Vangelo di Gesù.

Anche in Toscana si sono già svolti molti incontri, altri sono previsti ancora nei prossimi giorni. Per la diocesi di Fiesole, è previsto un incontro ecumenico lunedì 25 gennaio alle 21 all’auditorium di Loppiano, con la presenza del vescovo Luciano Giovannetti. A Pisa, sono previsti una veglia di preghiera per la pace venerdì 22 gennaio alle 21,30 a Fossabanda; un incontro ecumenico di preghiera sabato 23 gennaio alle 17 a Pietrasanta; un incontro, con la presenza dell’Arcivescovo Benotto, domenica 24 gennaio alle 18 nella chiesa di San Paolo a Ripadarno; e lunedì 25, alle 21 nella chiesa di Santa Maria Madre della Chiesa, una rassegna di cori dal titolo «Pregare cantando».

A Volterra, nella chiesa di San Michele, ogni sera viene celebrata una Messa con intenzioni di preghiera per l’unità dei cristiani. A Livorno è previsto un fitto calendario di incontri che comprende, venerdì 22 gennaio alle 18,30 anche una preghiera ecumenica per i giovani promossa dalla comunità di Sant’Egidio. Mol-

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dai padri verso i figli, egli non crede che vi sia uno scarto generazionale: l’entusiasmo ed il desiderio animano egualmente anziani e giovani.

La gioia di Giovanni, ragazzo ortodosso da poco in Italia, per aver trovato una chiesa ortodossa in città nella quale riunirsi e celebrare con i suoi fratelli e per poter vivere un periodo di tempo dedicato particolarmente alla preghiera per l’unità dei cristiani, è stata davvero l’emblema del desiderio dei giovani di sentire una cristianità unita, accogliente. Forte il ringraziamento da parte sua anche alla comunità di Sant’Egidio per averli coinvolti nella preparazione dell’incontro di preghiera che si svolgerà venerdì alle ore 18,30 nella chiesa di San Giovanni e che si rivolge in particolare ai giovani.

Anch’egli subito ha ricordato l’impegno della comunità ortodossa che giovedì pregherà in special modo proprio per

ti anche gli appuntamenti ecumenici a Firenze. Tra gli altri, la tavola rotonda che si è svolta martedì scorso all’Istituto Stensen, dedicata a Pier Valdo e Francesco d’Assisi. Altri incontri si terranno nella chiesa Ortodossa greca (venerdì 22 gennaio, ore 18), nella chiesa Anglicana (domenica 24 gennaio, ore 18) e nella chiesa Episcopale americana (lunedì 25 gennaio, ore 18, con cena conclusiva).

A Prato, lunedì 25 gennaio alle 21 nella chiesa della Regina Pacis a Santa Lucia sarà il Vescovo Gastone Simoni a presiedere il momento di preghiera al quale parteciperanno i pastori evangelici Mario Affuso e Ruben Bulleri e il sacerdote ortodosso rumeno Saghin Dioan.

A Massa Marittima, gli appuntamenti sono per il 21 gennaio, a Portoferraio, e il 22, a Piombino, presso la parrocchia di S. Antimo con il Vescovo Santucci, Elizabeth Green e don Nikola Dzudzar.

Per la diocesi di Pescia, una veglia di preghiera per l’unità dei cristiani si è svolta martedì 19 nella chiesa di Borgo a Buggiano, presieduta dal Vescovo Giovanni De Vivo e da padre Liviu Marina della Chiesa ortodossa Rumena di Lucca. A Siena, una preghiera ecumenica si è svolta lunedì 18 nella chiesa di San Vigilio, con la partecipazione dell’Arcivescovo Antonio Buoncristiani e dei rappresentanti delle altre Chiese, mentre il vespro ortodosso sarà celebrato domenica 24 alle ore 16 nella chiesa di Sant’Andrea, dove la comunità rumena si riunisce ogni settimana per la sua preghiera.

Ad Arezzo una liturgia ecumenica si è svolta mercoledì 20 gennaio nella chiesa del Sacro Cuore con l’arcivescovo Riccardo Fontana, il pastore Mario Affuso (Chiesa Apostolica d’Italia) e padre Octavean Tomuta (Chiesa Ortodossa Rumena). A Grosseto, lunedì 25 gennaio alle 16 incontro in Cattedrale sulla testimonianza cristiana.

l’unità dei cristiani. Chiaro e deciso è stato, poi, il riferimento ai motivi che legano l’ortodossia al cattolicesimo ed il richiamo fondamentale a questi per poter costruire la necessaria unità: l’ecumenismo ha il compito di cercare il bene e se si muoverà in questa direzione è chiaro che nei giovani si manifesteranno sempre più i segni dell’unità.

Anna, appartenente alla comunità di Sant’Egidio e, dunque, organizzatrice dell’incontro di preghiera di venerdì, ha spiegato come le sfide che il mondo pone oggi al cristiano facciano sì che le diverse confessioni possano riavvicinarsi facendo leva sui molti punti in comune per poter dare una risposta più forte e, soprattutto, più credibile. Questo rende veramente attuale il tema dell’ecumenismo anche agli occhi di un giovane che potrebbe non avere quella sensibilità data da molti anni

di cammino ecumenico. In realtà Anna ha scoperto come, proprio fra i giovani, la diversità non sia avvertita come un motivo di divisione: i ragazzi ortodossi che hanno partecipato all’organizzazione dell’incontro insieme ai cattolici della comunità di Sant’Egidio si sentivano fortemente cristiani, fratelli, insieme sulla stessa strada. Il problema che riguarda i giovani, ha spiegato più precisamente, è piuttosto quello di scoprire e fortificare le ragioni della propria fede, qualunque essa sia; quando questo sia stato raggiunto è facile e ben accetto unirsi per costruire la pace, per contrastare gli episodi di razzismo - in particolare quest’anno l’attenzione sarà puntata sui fatti di Rosarno - e questa possibilità di riunirsi attorno ad obiettivi comuni in nome della fratellanza in Cristo, ha concluso Anna, è il tratto che distingue questa generazione dalla precedente.