IL GRANELLO di senape di mons. Alberto Ablondi
Via del Seminario, 61 57122 Livorno tel. e fax 0586/210217
principio costante dell’ecumenismo "il fare insieme tutto ciò che È non si è costretti a fare separatamente". Credo che uno degli orizzonti più vasti che si apre per la collaborazione dei cristiani è offerto proprio dai problemi e dalle mète della pastorale biblica. È purtroppo una esperienza comune per tante Chiese la sordità di fronte alla Parola di Dio. In esse la Parola è largamente annunciata, ma tocca solo superficialmente l’orecchio senza giungere al cuore e senza trasformarsi in vita e testimonianza dei credenti. È una comune e triste esperienza dei cristiani che dovrebbe vederli impegnati in una azione educatrice di apertura all’"ascolto": ascolto della attenzione, ascolto della mente, ascolto del cuore e ascolto della vita. Parola: Speranza, cammino, maestra di unità, 1990 - Una Missione d’accoglienza
lasettimana.livorno@tiscali.it Notiziario locale
Direttore responsabile Andrea Fagioli Coordinatore diocesano Nicola Sangiacomo Reg. Tribunale Firenze n. 3184 del 21/12/1983
19 gennaio 2014
Insieme per fare la differenza
UNITÀ DEI CRISTIANI In occasione della Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani, l’intervista alla pastora della Chiesa avventista Stefania Tramutola Presentato il libro «Il cielo e la terra» che contiene il colloquio amichevole tra Papa Francesco quando ancora era arcivescovo di Buenos Aires e Abraham Skorka, rettore del seminario rabbinico della capitale argentina
Ebrei e Cristiani: amici che dialogano come in un libro Nella foto: la pastora avventista StefaniaTramutola insieme a padre Ciprian Catalin Calfa, padre della Chiesa ortodossa romena e don Piotr Kownacki, direttore del Ce. Do.MEI e dell’Ufficio per l’Ecumenismo e il dialogo interreligioso
ome ogni anno, il mese di Gennaio, è dedicato alla Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani; nel nostro territorio livornese sono presenti diverse chiese cristiane, tra cui la Chiesa Avventista del 7° giorno, guidata dalla pastora Stefania Tramutola. A lei, abbiamo chiesto di raccontarci la storia di questa comunità.
C
Come nasce la Chiesa Avventista a Livorno? Da quanto tempo è presente? «Tutto ebbe inizio nel 1956 da un vestito lavato, messo ad asciugare e macchiato dal piano superiore…Marceglia Nada in Granzotto si lamenta con gli inquilini del piano superiore che le hanno macchiato un vestito messo fuori ad asciugare. Il marito della responsabile dell’atto dice che riferirà alla moglie. Il sabato successivo questa donna di origine rumena viene a scusarsi con Nada e giustifica il fatto di non averlo fatto prima perché lavora ed ha solo il sabato libero, in quanto professa la fede cristiana avventista del 7° giorno. Nada si interessa al messaggio e questa sorella rumena la mette in contatto con il pastore Capparelli di Pisa. Alla fine dell’anno la sor Nada si battezza a Pisa (pratichiamo il battesimo da adulti come riportato nella Sacra Scrittura), nella chiesa di Lungarno Pacinotti e diventa la "Prima Avventista di Livorno". A settembre dell’anno successivo si battezza, sempre a Pisa, anche la figlia. Nel 1962 la moglie del Pastore ritrova una signora conosciuta a Milano ed ora residente a Livorno che si
battezza. Il gruppo affitta un fondo in Via Serafino Tivoli per le riunioni sabbatiche che vengono frequentate anche da altre persone: amici, conoscenti o colleghi di lavoro. Il 31 agosto 1963 viene ufficializzata e fondata la Chiesa Cristiana Avventista del 7° Giorno di Livorno, sempre con il pastore Capparelli che nei suoi vari trasferimenti era ritornato a Livorno». Come descriverebbe la sua comunità? Quanti sono i suoi membri? Adulti, anziani, bambini…. «Attualmente la comunità conta 25 membri battezzati tra adulti e giovani, a cui vanno aggiunti poi interessati che ci frequentano e altri giovani che sono in via di decisione. Non ci sono molti bambini, perché l’età media è comunque intorno ai 45 anni. Il nostro servizio di adorazione si svolge prevalentemente il sabato mattina presso la chiesa evangelica Valdese di Livorno, che da circa un anno ci ospita. Nel passato avevamo un locale che il Comune aveva messo a disposizione in Luogo Pio, poi ci è stato richiesto e l’altro locale messoci a disposizione necessitava di notevoli spese di ristrutturazione e messa a norma, nonché un contributo annuale troppo alto per le nostre finanze. Ecco spiegata la nostra presenza presso la comunità valdese». Quali sono, se ci sono, le difficoltà che riscontra la sua comunità? «La comunità Avventista livornese può essere definita di "diaspora" in quanto conta pochi membri residenti a
Livorno mentre gli altri provengono soprattutto da Pisa, Ponsacco, Pontedera e Isola d’Elba. Ciò determina una difficoltà a frequenti attività extra sabatiche. Inoltre a ciò si aggiunge l’impossibilità ad avere oggi un locale nostro, non volendo con questo sminuire o denigrare la grande disponibilità e accoglienza dei fratelli valdesi, che è ineccepibile. Aver trascorso un anno senza un locale adatto ha un po’ disorientato i membri, perché oltre i servizi sabatici essenziali non abbiamo avuto la possibilità di promuovere altro: siamo stati senza energia elettrica e riscaldamento adeguato. Nonostante tutto il Signore ci sta sostenendo e abbiamo in fase di studio qualche attività di intervento sociale e di servizio, che riteniamo fondamentale alla nostra missione di cristiani». Che significato ha per la Chiesa Avventista la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani? «La settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è un appuntamento importante a cui partecipiamo e durante il quale, nel passato, la nostra Chiesa ha messo a disposizione il proprio luogo di culto. Per le difficoltà di distanza dei membri non è sempre possibile una partecipazione massiccia, ma questo non intacca il desiderio di incontro, preghiera e collaborazione con gli altri cristiani». Com’è il dialogo con le altre Chiese cristiane e con le altre religioni presenti a Livorno? Come riuscite a collaborare?
«Il dialogo con le realtà religiose della città è buono, come anche con quelle civili. Una delle dichiarazioni ufficiali della Chiesa Avventista del 7° giorno mondiale in merito al rapporto con le altre chiese cristiane è: "Noi riconosciamo le organizzazioni che presentano Cristo agli uomini come parte del piano divino di evangelizzazione del mondo e teniamo in grande considerazione uomini e donne di altre confessioni che si impegnano a portare gli uomini a Cristo". Come piccola realtà livornese cerchiamo sempre di rifarci a questo fondamentale principio. Ed ecco perché collaboriamo attivamente alle iniziativà ecumeniche della città attraverso il CeDoMEI. Inoltre partecipiamo alla Giornata dell’amicizia EbraicoCristiana e facciamo parte del "Tavolo delle Religioni", a cui si è dato vita insieme alle altre realtà religiose presenti nella città, con il contributo dell’Assessorato alla Cultura del Comune». C’è qualcosa che sogna per il futuro? «Il mio sogno, ma penso quello di ogni credente, è che davvero come comunità cristiana si riesca a fare la differenza nella nostra società per riportare valore e dignità all’essere umano e alla famiglia. In modo particolare che si riesca a trovare un progetto di riqualificazione della dignità umana che ci veda tutti uniti, abbattendo ogni barriera denominazionale, su un piano non semplicemente di parole ma di intervento concreto nei vari ambiti della vita». Martina Bongini
«Tra cielo e terra» dell’Amicizia Ebraico-Cristiana di Livorno, unitamente CeDoMEI (Centro di Documentazione del Movimento Ecumenico LItaliano) ’alassociazione ha ritenuto quanto mai opportuno presentare presso la affollatissima “Sala degli Specchi” della Villa Mimbelli il libro «Il cielo e la terra» che contiene un colloquio amichevole e appassionato tra Papa Francesco quando ancora era arcivescovo di Buenos Aires e Abraham Skorka, rettore del seminario rabbinico della capitale argentina. Su questo colloquio hanno apportato le loro riflessioni il Dr. Guido Guastalla della Comunità ebraica livornese e don Angelo Colacrai curatore delle traduzioni della Scrittura dalle lingue originali della Società San Paolo, residente a Roma. Guido Guastalla, dopo aver presentato la varietà delle riflessioni sui temi fondamentali della vita dell’uomo-la nascita, la morte, le forme della convivenza civile, le insidie del potere, la possibilità di un’etica condivisa tra laici e credenti, l’omosessualità, l’eutanasia- ha sottolineato come questo dialogo non sia una disputa teologica, ma un convergere dove al centro di tutto c’è l’uomo. Certe espressione di entrambi gli interlocutori contengono quanto già andavano sollecitando Elia Benamozegh fin dall’800 e monsignor Ablondi negli ultimi decenni, riguardo quella metodologia del dialogo che vede all’interno della propria religione quegli elementi che aiutano a camminare e ad andare “a passo d’uomo verso il Divino”. Don Colacrai, spiegando in modo molto netto come il dialogo non sia proselitismo, ma un annuncio di una novella che si “propone e non impone”, ha sottolineato come la parola sia quel mezzo così efficace affinché le persone si mettano in relazione perché quando due persone dialogano ecco che “abbiamo un trialogo dove Ashem (Dio) è presente”. Dio mai nessuno l’ha visto, ma quando ci incontriamo c’è la Shekinah, la Parola che unisce. La lettura e il confronto con il libro stesso, ha suscitato tra i presenti molte riflessioni. Il Rabbino Capo di Livorno Yair Didi, pur non essendo potuto essere di persona a questo incontro, proprio per l’importanza dell’iniziativa, avendo conosciuto personalmente Bergoglio e Skorka, ha mandato un messaggio nel quale ha descritto come nelle relazioni molto spesso vi sia un’amicizia di interesse dove le parti traggano beneficio dall’amicizia. Quando però finisce l’interesse per entrambe finisce l’amicizia. Così pure vi è l’amicizia di relax che si basa sulla fiducia, necessità psicologica umana, che è una cosa positiva ma non vi è la sicurezza che duri nel tempo. Al vertice della scala c’è invece l’amicizia che innalza, perché è l’amicizia che “il Maimonide" definisce come comune volontà e desiderio verso la bontà. Entrambi gli amici vogliono aiutarsi a raggiungere questa bontà. Il libro che è stato scritto dai due amici Bergoglio e Skorka ci presenta la loro volontà di arrivare a questo livello di amicizia, conservatosi così alto fino ad oggi. La presidente dell’Associazione Caterina Meucci, insieme al coordinatore Gadi Polacco hanno visto in questo testo una riproposta di uno stile che a Livorno viene attuato negli incontri e nelle iniziative: «nel dialogo con il prossimo le parole sono meri veicoli di comunicazione, il cui senso non è sempre lo stesso, in alcuni casi nemmeno per i membri di una società che parla la stessa lingua. Ognuno conferisce ai vocaboli che costituiscono l’intricato labirinto linguistico, sfumature proprie. Il dialogo chiede ai suoi attori di rivelarsi reciprocamente». Don Piotr Kownaki, direttore del CeDoMEI e dell’Ufficio diocesano ecumenico e del dialogo interreligioso ha quindi concluso che facendo propri questi atteggiamenti per cui le distanze non sono più muri, ma ponti, diventiamo capaci anche qui a Livorno di essere attori e scrittori di un "nostro" libro sul dialogo, proprio come Bergoglio e Skorka. Mo.C.
II
TOSCANA OGGI
LA SETTIMANA DI LIVORNO
19 gennaio 2014
TESTIMONI: Natuzza Evolo
L’impegno DEI CATTOLICI
La pedagogia dell’amore
LE PAROLE E LE OPERE
oberto Italo Zanini, giornalista di R Avvenire e noto scrittore di numerosi libri, tra i quali quello sulla vita di Annalena Tonelli e un altro sul Padre Semeria, ha dato recentemente alle stampe, il volume «Natuzza Evolo - Come Bibbia per i semplici». Ma chi era Natuzza Evolo? Chi scrive questa nota non ne aveva mai sentito parlare ed è grato a Zunini che nel corso della sua esposizione ne spiega la sua personalità di mistica e la sua opera di proselitismo cristiano. Natuzza è il diminutivo di Fortunata, è una donna povera, analfabeta, sposa e madre di cinque figli, interprete e portatrice di una spiritualità antica e di piaghe sanguinolente dovute alle stigmate. Fortunata, potremmo dunque dire solo nel nome! Ma Natuzza è, per i tanti che corrono da lei a chiederle consigli e conforto, una catechesi viva, fatta di segni e di testimonianze dirette, capace di parlare al popolo di Dio, di metterlo a contatto con Dio. Natuzza è un insistente rimando a duemila anni fa. La sua sofferenza è quella di Gesù, così come la sofferenza di Gesù ha assunto in se stessa quella di ognuno di noi. L’autore trae la documentazione dei colloqui che Natuzza ha con la Madonna, con Gesù, e qualche volta anche con il diavolo, dai Dialoghi Spirituali e dai Dialoghi Mistici riportati nella biografia stesa da Valerio Marinelli. Questi Dialoghi, dei quali i più significativi riguardano i periodi della Quaresima che si sono succeduti nel tempo fino alla sua morte, vengono spiegati e approfonditi dall’autore, con testi biblici, della vita degli Apostoli, soprattutto del Vangelo di San Giovanni, degli Atti, delle lettere di San Paolo, per arrivare al Catechismo della Chiesa Cattolica, a Benedetto XVI e a Papa Francesco. Fin da bambina Natuzza, tra lo sconcerto di tutti, ha contatti personali con la Madonna che durante gli incontri la invita a pregare e a far pregare, così il piccolo paese in cui Natuzza vive, Paravati, vicino a Mileto in Calabria, diventa la meta di tanti pellegrini anche al di fuori della Calabria. La conoscenza delle sue apparizioni travalica la Regione, sorgono dei dubbi, dell’intera faccenda viene interessato Padre Agostino Gemelli che dirà che si tratta di una caso di "isteria", Padre Gemelli dirà più o meno la stessa cosa di Padre Pio. La sofferenza delle stigmate accomuna Natuzza a Padre Pio, del quale avrà una apparizione, a San Francesco, e anche, ricorda Zunini, a Santa Faustina Kovalska, a Anna Katharina Emmerick, alla vivente boliviana Catalina Rivas. L’autore rammenta anche la beata Giuseppina di Gesù Crocifisso, Santa Gemma Galgani, Domenichina Lazzeri della quale riporta uno scritto di Don Divo Barsotti. Cosa vogliono dire le stigmate? Spiega l’autore:«Un cristiano con le stigmate fa presente e visibile nel suo corpo la sua unità col Corpo di Cristo, così come fa presente e visibile nella luminosità del corpo il Corpo glorioso del Risorto». Soffro per amore così genero amore -diceva Natuzza- il soffrire vuol essere un offrire a Gesù e a Dio le proprie pene per il riscatto dei peccati di tutti. Uno stimato antropologo come Luigi Lombardi Satriani, interrogato dall’autore, ha detto «dobbiamo ammettere che alcune realtà non possono essere spiegate dal sapere scientifico». Un’altra indicazione che Natuzza ci dà è quella della preghiera, invita tutti coloro che la incontrano a pregare: «Non c’è vita cristiana senza preghiera. Non c’è salvezza, non c’è libertà dalle tentazioni del maligno senza preghiera» . Nei suoi Dialoghi con Gesù, il Salvatore le dice: «chi prega genera amore» e «la preghiera non ha valore senza la carità e la carità senza la preghiera». Ed è proprio la Madonna a dire a Natuzza di formare dei «Cenacoli di preghiera», luoghi per incontrarsi e per generare e trasmettere amore, secondo quella che Zunini chiama la «pedagogia dell’amore» che è stata il nucleo dell’opera di Natuzza Evolo. Gianni Giovangiacomo
L’incontro con il card. Betori, alla presenza del sindaco Cosimi
Il Progetto culturale diocesano in collaborazione con il Serra club ha offerto un’occasione di approfondimento sul tema dell’impegno socio politico dei cattolici ull’argomento dell’impegno sociale e politico per i poveri, in vista delle prossime elezioni amministrative, alla luce della Evangelii Gaudium e nell’attesa del 5° Convegno Nazionale della Chiesa Italiana sul tema: «In Gesù Cristo il nuovo umanesimo», la Diocesi di Livorno ha offerto un momento di approfondimento chiamando a parlarne il sindaco Alessandro Cosimi e il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze. L’incontro, organizzato in collaborazione con il Serra, ha visto anche la presenza del Presidente Nazionale di Serra Italia, Antonio Ciacci, che ha illustrato il loro impegno nel sostenere, nel far nascere e assistere le vocazioni sacerdotali. Il sindaco Cosimi ha sottolineato come l’incontro fosse un’occasione importante a livello culturale e formativo per la città. L’Evangelii Gaudium -ha dettoriapre uno spaccato che riporta al Concilio Vaticano II proponendo delle occasioni positive per il genere umano, quelle cioè di un “umanesimo edificante” nel ricostruire una comunità su elementi positivi. Ecco il dialogo tra Dio e l’uomo e il dialogo in senso lato da cui scaturisce l’impegno sociale e politico in favore dei poveri. Bisogna che ci sia una “alleanza di valori”, ecclesiali e laicali, per sconfiggere le disparità.
S
Il cardinale Betori ha esordito dicendo che l’argomento del 5° Convegno Nazionale era un tema “non facile” e che era in continuità con le Settimane Sociali dei cattolici italiani. Il Cardinale ha fatto un
L’omelia del Papa PER INTRODURRE L’INCONTRO
L’amore cristiano è qualcosa di concreto roprio nel giorno in cui la diocesi approfondisce Pa Santa l’impegno sociale e politico le parole di Francesco Marta sono state: «Gesù ci parla di cose concrete: dare da mangiare agli affamati, visitare gli ammalati. Amare con le opere. Le parole le porta via il vento!» L’amore cristiano è «concreto», è «più nelle opere che nelle parole», «più nel dare che nel ricevere». «Guardate che l’amore cristiano (di cui parla Giovanni) non è l’amore delle telenovele! No, è un’altra cosa. L’amore cristiano ha sempre una qualità: la concretezza. L’amore cristiano è concreto. Lo stesso Gesù, quando parla dell’amore, ci parla di cose concrete: dare da mangiare agli affamati, visitare gli ammalati e tante cose concrete. L’amore è concreto. La concretezza cristiana». E se manca «questa concretezza, si può vivere un cristianesimo di illusioni, perché non si capisce bene dove è il centro del messaggio di Gesù. Non arriva questo amore ad essere concreto: è un amore di illusioni, come queste illusioni che avevano i discepoli quando, guardando Gesù, credevano che fosse un fantasma». E la concretezza ha due criteri, che sono i due “pilastri portanti”: «Primo criterio: amare con le opere, non con le parole. Le parole le porta via il vento! Oggi sono, domani non sono». Poi, «secondo criterio di concretezza è: nell’amore è più importante dare che ricevere. Quello che ama dà, dà... Dà cose, dà vita, dà se stesso a Dio e agli altri. Invece chi
riferimento storico a Giuseppe Toniolo e al Cardinale Maffi per dire che la “radice” delle Settimane Sociali è il rapporto con Cristo mentre il “fine” è l’uomo inteso nella sua integrità, verità, libertà giustizia e amore. Scopo delle Settimane Sociali ha continuato- è di “anticipare le sfide” proposte dall’evoluzione della società. La Settimana Sociale Toscana -ha aggiuntoha elaborato una “agenda di speranza” per la comunità per cui bisogna “spendersi” per rigenerare comunità contro l’individualismo, nella collaborazione con gli altri e tesa al bene comune. Nell’agenda c’è anche “l’impegno educativo” mirato ad un nuovo protagonismo dei cattolici, il primato educativo alla fede deve trovare sviluppo nella visione antropologica del Vangelo, nell’unione della città divina con la città terrena, nella ricerca di un nuovo umanesimo capace di generare cultura. Per il “nuovo umanesimo” bisogna avere il coraggio di confrontarci con la realtà umana e sociale, elaborare proposte senza abdicare alla specificità cristiana, immaginare soluzioni nuove, essere “custodi”, come ha detto il Papa,
della persona, della creazione, dell’ambiente, e bisogna avere “cura” di noi stessi, ed è ancora il Papa a dirlo, non dobbiamo aver paura della bontà e della tenerezza. Quali sono le tematiche essenziali? L’arcivescovo le ha espresse così: Il lavoro, al centro di tutto e al di fuori del deleterio aspetto finanziario; l’economia, per la quale bisogna saper coniugare le risorse; la politica, come esperienza alta della carità, e poi la responsabilità educativa. Il lavoro e la famiglia sono al centro del “vivere sociale” ed economico; il lavoro “è il bene fondamentale per la dignità della persona”, la famiglia è “la speranza e il futuro per la società italiana”, palestra essenziale per una società davvero
non ama, chi è egoista, sempre cerca di ricevere, sempre cerca di avere cose, avere vantaggi». È proprio alla concretezza dell’amore cristiano che vogliamo fare riferimento con questo convegno. Lo abbiamo fatto in numerose occasioni in questi anni nelle iniziative che il Progetto Culturale diocesano ha promosso in città soprattutto nell’ambito sociale e politico. Abbiamo proposto una riflessione che, partendo da solidi principi culturali avesse una ricaduta concreta nella vita della città. Abbiamo guardato alla crisi demografica, alla necessità di un nuovo welfare amico della famiglia, alla questione sempre più critica della mancanza di lavoro, all’emergenza casa che costringe tanti nostri concittadini a vivere in situazioni davvero drammatiche. Siamo contenti di proseguire in questo percorso accogliendo l’intervento del cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, un testimone autorevole di questo periodo così appassionante per la Chiesa mondiale reso visibile nella figura sempre più popolare di Papa Francesco. Vorrei ringraziarlo per la sua presenza tra noi e ricordare a tutti noi che il cardinale Betori era nella Cappella Sistina nel Marzo scorso tra i 115 cardinali elettori che, ispirati dallo Spirito Santo, hanno eletto Papa Francesco aprendo una stagione così importante per tutta la cristianità. Nicola Sangiacomo
libera. La famiglia, “formata da un uomo e da una donna”, umanizza anche il lavoro. Tutti i cristiani sono chiamati “a moltiplicare il pane” e questo vuol dire “una società più fraterna nella condivisione della speranza”. Il presule ha ancora sottolineato due emergenze significative: la prima, l’inclusione sociale dei poveri; la seconda, la pace e il dialogo sociale. [La relazione integrale di mons. Betori è disponibile sul sito http://www.diocesilivor no.it/news/articoli/luom o-non-si-realizza-dasolo-0ndr] Al termine ci sono stati alcuni interventi significativi: quello del magistrato De Carlo, del presidente della
Fondazione Cassa di Risparmi, Barsotti, del Prefetto Costantino, del prof. Lischi del Progetto Culturale diocesano. Il Vescovo ha concluso l’incontro con una riflessione sulle prossime elezioni amministrative rilevando che la grande frammentazione porta alla “insignificanza della rappresentanza”. E’ necessario -ha ribaditoche si trovino punti d’accordo per un nuovo patto sociale e per il governo del territorio. Si devono trovare punti di intesa per trovare soluzioni concrete e veloci ai problemi della città. [L’intervento di monsignor Giusti è disponibile sul blog La Settimana tutti i giorni http://www.diocesilivor no.it/news/articoli/unpatto-livorno] Gianni Giovangiacomo
TOSCANA OGGI
LA SETTIMANA DI LIVORNO
19 gennaio 2014
Sui nuovi cardinali
IN VESCOVADO un ospite con la berretta rossa
COME COLUI CHE SERVE
La sorpresa Papa Francesco
he la porpora cardinalizia indichi la C chiamata più esplicita al servizio - uomini disposti a spargere il proprio sangue pur di non abbandonare il gregge - è un fatto che con tutta la forza del simbolismo sta al cuore stesso della Chiesa e della sua presenza nel mondo. Chi nella gerarchia è più vicino al Vicario di Cristo più lo deve testimoniare nel modo in cui Cristo stesso si è mostrato come esempio. "Io sto in mezzo a voi come colui che serve", si legge nel Vangelo. "Siate pastori, non funzionari; siate mediatori, non intermediari aveva detto il Papa ai nuovi sacerdoti un mese dopo la sua elezione -. Abbiate sempre davanti agli occhi l’esempio del Buon Pastore che non è venuto per essere servito, ma per servire". È la logica paradossale che il cristianesimo ha insegnato al mondo dove ha attecchito il suo seme: il primo è l’ultimo, chi guida serve, la vita vera si ottiene arginando al proprio ego. Un grembiule color sangue, memoria dei martiri, dei cristiani perseguitati in ogni tempo, richiamo trasparente alla Croce.
La testimonianza del neo cardinale Lorenzo Baldisseri che aveva conosciuto Bergoglio da Vescovo Le parole del Pontefice ai residenti di Santa Marta: «Mi perdonerete se, rimanendo qui, posso essere di ingombro» apa Francesco? Una vera sorpresa anche per chi aveva conosciuto il cardinale Bergoglio. Lo testimonia con chiarezza il neo cardinale Lorenzo Baldisseri, intervistato da «La Settimana» in occasione della sua recente visita a Livorno. L’alto prelato, originario della Garfagnana, diocesi di Pisa, ha alle spalle un lunga carriera nella diplomazia vaticana che lo ha fatto stare lontano dall’Italia per 39 anni svolgendo le funzioni di nunzio apostolico in tanti paesi diversi (Haiti, Paraguay, Nepal, India, Brasile). Negli ultimi anni, come Nunzio in Brasile, ha conosciuto da vicino il cardinale Bergoglio, allora vescovo di Buenos Aires, uno dei protagonisti del grande Convegno delle Chiese del Sudamerica che si svolse nel 2007 proprio ad Aparecida. Ma Papa Francesco e la sua capacità di assumere il ministero di successore di Pietro ha sorpreso anche l’esperto nunzio italiano che ammette: “ Francamente non mi sarei aspettato che il cardinale Bergoglio potesse fare il Papa così. Bergoglio era l’espressione maggiore di un modo di essere vescovo tipico dei vescovi latinoamericani ( che stanno con il popolo e vivono in mezzo al popolo, anche se in contesti diversi dall’Europa) e si è rivelato in modo straordinario ora come Papa. La mia sorpresa riguarda intanto il fatto che non pensavo che un vescovo latinoamericano potesse diventare Papa e poi che Bergoglio potesse riproporre lo stile tipico del vescovo sudamericano da Papa”.
1963 dentro il Concilio Vaticano II e che ho conosciuto Papa Giovanni XXIII».
P
Questa sorpresa è emersa subito dai primi gesti? «In effetti fin da primi giorni si è capito che lo stile con cui voleva svolgere il ruolo di Papa era completamente nuovo: uno dei primi che ha avuto modo di rendersene conto sono stato io che, vivendo a Santa Marta dove aveva deciso di rimanere ad abitare il Papa dopo l’elezione, ho avuto l’opportunità di poterlo conoscere da vicino. Uno dei primi segnali del nuovo stile è stata la Messa quotidiana nella cappella di Santa Marta: i primi giorni lo vedevamo scendere un quarto d’ora prima dell’inizio, raccogliersi in meditazione in sacrestia prima di cominciare la celebrazione; qualche volta addirittura si alzava per chiedermi se la parola che diceva era corretta in italiano con un senso di umiltà sorprendente; umiltà che è
emersa anche quando, tornati coloro che erano abituati a vivere a Santa Marta prima del Conclave, si è quasi scusato con loro per aver deciso di rimanere lì ad abitare sperando di non essere di ingombro». Con Papa Francesco è
III
cambiato il suo modo di vivere in Vaticano? «In questi mesi ho potuto constatare una nuovo stile di governare la Chiesa, estremamente bello, con orizzonti ampi in cui si sente un respiro conciliare, lasciatelo dire a me che sono stato ordinato prete nel
Tra le novità di questo pontificato l’omelia quotidiana in Santa Marta... «Sì, una novità che si è manifestata subito nei primi giorni e che ha colpito molto chi era presente a quelle prime Messe feriali. L’omelia è per il Papa uno strumento fondamentale di evangelizzazione tanto che nella recente esortazione apostolica Evangelii Gaudium dedica una parte importante proprio a come fare un’omelia. E’ stata una scelta precisa come ci ha confidato nel corso di una riunione del consiglio della Segreteria del Sinodo dei Vescovi che presiedo. Le omelie che fa ogni giorno sono proprio quelle che lui descrive nel documento: in pochi minuti commenta le letture del giorno con un’idea, un sentimento ed un’immagine. E’ una lezione permanente per tutti, per vescovi, sacerdoti, laici impegnati su come si deve fare la pastorale, con le parole e con i gesti». Nicola Sangiacomo
DALLA EVANGELII GAUDIUM (157)
Le immagini nelle omelie olo per esemplificare, ricordiamo alcuni strumenti pratici, che possono arricchire una predicazione e renderla più attraente. Uno degli sforzi più necessari è imparare ad usare immagini nella predicazione, vale a dire a parlare con immagini. A volte si utilizzano esempi per rendere più comprensibile qualcosa che si intende spiegare, però quegli esempi spesso si rivolgono solo al ragionamento; le immagini, invece, aiutano ad apprezzare ed accettare il
S
Dal Papa un invito alla sobrietà
Il nostro augurio al nuovo cardinale in questi giorni il Papa ha annunciato i nomi di nuovi cardinali che entreranno a far parte del PSacro19roprioCollegio.Tra questi c’è anche IL SEGRETARIO GENERALE DEL SINODO DEI VESCOVI, LORENZO BALDISSERI, già segretario del Conclave che ha eletto Papa Francesco. Per il Vescovo Lorenzo un’altra straordinaria sorpresa da Papa Bergoglio, forse la più impegnativa tra le tante che ha avuto negli ultimi dieci mesi. La Chiesa di Livorno lo accompagna nella preghiera in questa nuovo servizio alla Chiesa perché lo possa vivere nel senso che ha specificato il Papa nella lettera che gli ha inviato appena nominato: «Il cardinalato – ha scritto il Papa - non significa una promozione, né un onore, né
messaggio che si vuole trasmettere. Un’immagine attraente fa sì che il messaggio venga sentito come qualcosa di familiare, vicino, possibile, legato alla propria vita. Un’immagine ben riuscita può portare a gustare il messaggio che si desidera trasmettere, risveglia un desiderio e motiva la volontà nella direzione del Vangelo. Una buona omelia, come mi diceva un vecchio maestro, deve contenere “un’idea, un sentimento, un’immagine”.
una decorazione; semplicemente è un servizio che esige di ampliare lo sguardo e allargare il cuore. E, benché sembri un paradosso, questo poter guardare più lontano e amare più universalmente con maggiore intensità si può acquistare solamente seguendo la stessa via del Signore: la via dell’abbassamento e dell’umiltà, prendendo forma di servitore». «Perciò ti chiedo, per favore continua Francesco - di ricevere questa designazione con un cuore semplice e umile. E, sebbene tu debba farlo con gaudio e con gioia, fa’ in modo che questo sentimento sia lontano da qualsiasi espressione di mondanità, da qualsiasi festeggiamento estraneo allo spirito evangelico di austerità, sobrietà e povertà». n.s.
Se non ci si colloca in quest’ordine di idee, diventa impossibile leggere correttamente non solo le nomine che il Papa ha annunciato domenica, ma anche il passo della Chiesa lungo la storia. Lo stesso Francesco ieri ha voluto sottolineare in una lettera ai 19 cardinali che saranno creati nel Concistoro del 22 febbraio come il loro nuovo e oggettivamente prestigioso status non sia né "promozione" né "onore" né "decorazione", ma "semplicemente un servizio" che prevede "la via dell’abbassamento e dell’umiltà". Al centro della lettera papale, un’espressione che non è solo di garbo umano: "per favore". È così, con l’atteggiamento più disarmato, che Francesco chiede ai primi cardinali del suo pontificato di ricevere la berretta "con un cuore semplice e umile". Lo dice come chiedesse una cortesia personale, segno di un’accoratezza nella quale c’è l’indicazione forte di uno stile che vale per tutti. Più che ai diretti interessati, per i quali parla il curriculum umano e pastorale, il messaggio sembra risuonare per tutti coloro che nelle nomine cardinalizie cercano sempre di leggere promozioni e bocciature, carriere al vertice e altre stroncate, ambizioni e invidie. Lo spirito della Chiesa di Bergoglio non è nel noir allestito a ogni Concistoro ma nel rosso porpora simbolo del servizio, dell’ultimo posto. Ed è soprattutto nel Sud del mondo che il Papa è andato a cercare i nuovi cardinali, indicando uno dei Paesi più poveri (Haiti) e un’isola tormentata dagli attacchi ai cristiani (Mindanano, nelle Filippine) come paradigma della voce che la Chiesa porta alla ribalta internazionale. Dato alla Curia romana solo ciò che le compete per dignità d’ufficio, la bussola di Pietro ha puntato sul pianeta globale senza badare a pronostici e leggi non scritte, indicando anche l’Italia per mostrare con Gualtiero Bassetti il profilo del pastore che cammina insieme alla sua gente. Al nostro Paese - che qualcuno ritiene "penalizzato" dalle scelte papali - ha donato anche le porpore del segretario di Stato Pietro Parolin, del prefetto della Congregazione per il clero Beniamino Stella e del segretario generale del Sinodo Lorenzo Baldisseri, ovvero alcune tra le figure che gli sono oggi più vicine e che per questo più sono chiamate a esprimere il senso del servizio. Ma è italiano anche il neo-cardinale scelto come trasparente richiamo al Vaticano II, il segretario di Giovanni XXIII Loris Capovilla, che il Concilio non solo vide celebrare ma assai prima nascere nel cuore di Roncalli. Per la Chiesa italiana, una gioia e una responsabilità. Proprio nei nomi del più anziano - Capovilla, 98 anni - e del più giovane dell’elenco l’haitiano Langlois, 55enne - c’è la sintesi del messaggio che giunge da queste prime nomine bergogliane: la Chiesa di oggi vive dentro un cammino storico che non conosce "rivoluzioni" ma passi decisi lungo una mappa che si va chiarendo e che la porta a incontrare l’uomo così com’è in ogni sua "periferia". È libera, perché serve. Francesco Ognibene (Da Avvenire del 14 Gennaio)
IV
TOSCANA OGGI
LA SETTIMANA DI LIVORNO
19 gennaio 2014
Agenda del VESCOVO
VENERDÌ 17 GENNAIO Giornata dell’Amicizia Ebraico Cristiana Nella mattina, udienze laici in vescovado 20.00 a Calcinaia, il Vescovo partecipa ad un’iniziativa per la raccolta fondi per gli arredi del nuovo Centro Caritas "Sorgenti di Carità" SABATO 18 GENNAIO 8.00 pellegrinaggio mensile diocesano al Santuario di Montenero, a seguire S. Messa 18.00 apertura della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani alla chiesa di San Giovanni DOMENICA 19 GENNAIO 11.00 S. Messa alla chiesa Beata Madre Teresa di Calcutta, in occasione della quindicesima giornata internazionale del Migrante 16.00 il Vescovo partecipa al primo scrutinio della comunità neocatecumenale a "La Vedetta" a Montenero
Diocesi informa Migranti e Rifugiati …per essere di più * DOMENICA 19 GENNAIO 2014
GIORNATA MONDIALE DEI MIGRANTI
MARTEDÌ 21 GENNAIO Nella mattina, udienze clero in vescovado 21.15 in occasione della visita pastorale al VI vicariato; consiglio pastorale vicariale alla parrocchia di S. Luca a Stagno MERCOLEDÌ 22 GENNAIO 10.00 consiglio dei vescovi all’istituto teologico interdiocesano a Camaiore GIOVEDÌ 23 GENNAIO 9.30 incontro con il clero giovane in vescovado VENERDÌ 24 GENNAIO Nella mattina, udienze laici in vescovado 12.00 S. Messa in ricordo del dr.Massimo Ceccarini alla chiesa di S. Giuseppe in ospedale 15.30 a Pistoia, convegno catechistico regionale SABATO 25 GENNAIO 9.00 a Pistoia, convegno catechistico regionale DOMENICA 26 GENNAIO 10.00 S. Messa e ingresso di don Rosario Esposito a nuovo parroco della chiesa di S. Maria Assunta a Castell’Anselmo 16.00 incontro con la comunità figli di Dio alla chiesa dei Sette Santi
Libri da LEGGERE
di Mo.C.
Crociata M. - Pensare da credenti. Sfide e prospettive pastorali per la Chiesa d’Italia.- Ed. San Paolo. pp. 222, euro 15,00 Oggi più che mai siamo chiamati a coniugare insieme, in una situazione complessa, presenza sociale, percorsi di comunità e di gruppi, accompagnamento personale. Monsignor Crociata, segretario della CEI, ci invita a sentirci parte in causa come marinai che devono riparare la nave mentre è in navigazione e raddrizzare la rotta. Nella prima parte del libro ci aiuta a comprendere la Chiesa presentandone l’aspetto sociologico e teologico. Nella seconda parte si sofferma sulla famiglia trattando l’aspetto della responsabilità e missione e i problemi ad essa legati quale la paternità oggi, l’identità di genere, maschile e femminile, solo un dato culturale? La terza parte sviluppa alcune tematiche di frontiera come la sfida della comunicazione, etica pubblica e privata nel rapporto tra cattolici e politica, la custodia del creato per un autentico sviluppo umano. L’ultima parte è dedicata alle comunità cristiane e alle persone in ricerca.
11.00 Parrocchia Beata Madre Teresa di Calcutta (Via della Padula 80) Santa Messa presieduta da S.E. Mons. Simone Giusti, Vescovo di Livorno, con le comunità presenti in Livorno *Il nostro cuore desidera un "di più" che non è semplicemente un conoscere di più o un avere di più, ma è soprattutto un essere di più (dal Messaggio di Papa Francesco per la Giornata delle Migrazioni)
FESTA DEL VOTO Dal 1742 ad oggi il 27 Gennaio Livorno fa memoria del voto che gli antenati livornesi fecero alla Madonna di Montenero perché li proteggesse da un forte e lungo terremoto. Anche quest’anno in questa data sarà ricordata la Festa del voto con l’omaggio floreale alla Madonna in Piazza Grande alle 17.30 e la Santa Messa alle 18.00 in cattedrale celebrata da monsignor Giusti. Questo appuntamento darà inoltre inizio ai festeggiamenti per il 450° anniversario della proclamazione della beata Vergine di Montenero a patrona principale di Livorno che si concluderanno l’8 settembre.
BREVI DALLA DIOCESI
Serra Club LUNEDÌ 20 GENNAIO ALLE 19,30 Presso la Parrocchia di S. Jacopo, Don Valerio Barbieri terrà una conferenza sul tema: "La Terra santa e la fede". L’ incontro è organizzato dal Serra Club presieduto da Paolo Lugetti
TOSCANA OGGI
LA SETTIMANA DI LIVORNO
19 gennaio 2014
V
Comunicare la gioia del Vangelo a gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia. In questa Esortazione desidero indirizzarmi ai fedeli cristiani, per invitarli a una nuova tappa evangelizzatrice marcata da questa gioia e indicare vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni. I. Gioia che si rinnova e si comunica 2. Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata. Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene. Anche i credenti corrono questo rischio, certo e permanente. Molti vi cadono e si trasformano in persone risentite, scontente, senza vita. Questa non è la scelta di una vita degna e piena, questo non è il desiderio di Dio per noi, questa non è la vita nello Spirito che sgorga dal cuore di Cristo risorto. 3. Invito ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta. Non c’è motivo per cui qualcuno possa pensare che questo invito non è per lui, perché «nessuno è escluso dalla gioia portata dal Signore».[1] Chi rischia, il Signore non lo delude, e quando qualcuno fa un piccolo passo verso Gesù, scopre che Lui già aspettava il suo arrivo a braccia aperte. Questo è il momento per dire a Gesù Cristo: «Signore, mi sono lasciato ingannare, in mille maniere sono fuggito dal tuo amore, però sono qui un’altra volta per rinnovare la mia alleanza con te. Ho bisogno di te. Riscattami di nuovo Signore, accettami ancora una volta fra le tue braccia redentrici». Ci fa tanto bene tornare a Lui quando ci siamo perduti! Insisto ancora una volta: Dio non si stanca mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere la sua misericordia. Colui che ci ha invitato a perdonare «settanta volte sette» (Mt18,22) ci dà l’esempio: Egli perdona settanta volte sette. Torna a caricarci sulle sue spalle una volta dopo l’altra. Nessuno potrà toglierci la dignità che ci conferisce questo amore infinito e incrollabile. Egli ci permette di alzare la testa e ricominciare, con una tenerezza che mai ci delude e che sempre può restituirci la gioia. Non fuggiamo dalla risurrezione di Gesù, non diamoci mai per vinti, accada quel che accada.
L
Da questo mese, in questo spazio di approfondimento, vogliamo proporvi, la lettura di alcuni brani dell’esortazione di Papa Francesco «Evangelii Gaudium»
Nulla possa più della sua vita che ci spinge in avanti! 4. I libri dell’Antico Testamento avevano proposto la gioia della salvezza, che sarebbe diventata sovrabbondante nei tempi messianici. Il profeta Isaia si rivolge al Messia atteso salutandolo con giubilo: «Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia» (9,2). E incoraggia gli abitanti di Sion ad accoglierlo con canti: «Canta ed esulta!» (12,6). Chi già lo ha visto all’orizzonte, il profeta lo invita a farsi messaggero per gli altri: «Sali su un alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme» (40,9). La creazione intera partecipa di questa gioia della salvezza: «Giubilate, o cieli, rallegrati, o terra, gridate di gioia, o monti, perché il Signore consola il suo popolo e ha misericordia dei suoi poveri» (49,13). Zaccaria, vedendo il giorno del Signore, invita ad acclamare il Re che viene umile e cavalcando un asino: «Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso!» (Zc 9,9). Ma forse l’invito più contagioso è quello del profeta Sofonia, che ci mostra lo stesso Dio come un centro luminoso di festa e di gioia che vuole comunicare al suo popolo questo grido salvifico. Mi riempie di vita rileggere questo testo: «Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente. Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia» (Sof 3,17).
È la gioia che si vive tra le piccole cose della vita quotidiana, come risposta all’invito affettuoso di Dio nostro Padre: «Figlio, per quanto ti è possibile, tràttati bene … Non privarti di un giorno felice» (Sir 14,11.14). Quanta tenerezza paterna si intuisce dietro queste parole! 5. Il Vangelo, dove risplende gloriosa la Croce di Cristo, invita con insistenza alla gioia. Bastano alcuni esempi: «Rallegrati» è il saluto dell’angelo a Maria (Lc 1,28). La visita di Maria a Elisabetta fa sì che Giovanni salti di gioia nel grembo di sua madre (cfr Lc 1,41). Nel suo canto Maria proclama: «Il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore» (Lc1,47). Quando Gesù inizia il suo ministero, Giovanni esclama: «Ora questa mia gioia è piena» (Gv 3,29). Gesù stesso «esultò di gioia nello Spirito Santo» (Lc 10,21). Il suo messaggio è fonte di gioia: «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11). La nostra gioia cristiana scaturisce dalla fonte del suo cuore traboccante. Egli promette ai discepoli: «Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia» (Gv16,20). E insiste: «Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia» (Gv 16,22). In seguito essi, vedendolo risorto, «gioirono» (Gv 20,20). Il libro degli Atti degli Apostoli narra che nella prima comunità «prendevano cibo con letizia» (2,46). Dove i discepoli passavano «vi fu grande gioia» (8,8), ed essi, in mezzo alla persecuzione,
«erano pieni di gioia» (13,52). Un eunuco, appena battezzato, «pieno di gioia seguiva la sua strada» (8,39), e il carceriere «fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per aver creduto in Dio» (16,34). Perché non entrare anche noi in questo fiume di gioia? 6. Ci sono cristiani che sembrano avere uno stile di Quaresima senza Pasqua. Però riconosco che la gioia non si vive allo stesso modo in tutte la tappe e circostanze della vita, a volte molto dure. Si adatta e si trasforma, e sempre rimane almeno come uno spiraglio di luce che nasce dalla certezza personale di essere infinitamente amato, al di là di tutto. Capisco le persone che inclinano alla tristezza per le gravi difficoltà che devono patire, però poco alla volta bisogna permettere che la gioia della fede cominci a destarsi, come una segreta ma ferma fiducia, anche in mezzo alle peggiori angustie: «Sono rimasto lontano dalla pace, ho dimenticato il benessere … Questo intendo richiamare al mio cuore, e per questo voglio riprendere speranza. Le grazie del Signore non sono finite, non sono esaurite le sue misericordie. Si rinnovano ogni mattina, grande è la sua fedeltà … È bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore»(Lam 3,17.21-23.26). 7. La tentazione appare frequentemente sotto forma di scuse e recriminazioni, come se dovessero esserci innumerevoli condizioni perché sia possibile la gioia. Questo accade perché «la società tecnologica ha potuto moltiplicare le occasioni di piacere, ma essa difficilmente riesce a procurare la gioia».[2] Posso dire che le gioie più belle e spontanee che ho visto nel corso della mia vita sono quelle di persone molto povere che hanno poco a cui aggrapparsi. Ricordo anche la gioia genuina di coloro che, anche in mezzo a grandi impegni professionali, hanno saputo conservare un cuore credente, generoso e semplice. In varie maniere, queste gioie attingono alla fonte dell’amore sempre più grande di Dio che si è manifestato in Gesù Cristo. Non mi stancherò di ripetere quelle parole di Benedetto XVI che ci conducono al centro del Vangelo: «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva. Solo grazie a quest’incontro – o reincontro – con l’amore di Dio, che si tramuta in felice amicizia, siamo riscattati dalla nostra coscienza isolata e dall’autoreferenzialità. Giungiamo ad essere pienamente umani quando siamo più che umani, quando permettiamo a Dio di condurci al di là di noi stessi perché raggiungiamo il nostro essere più vero. Lì sta la sorgente dell’azione evangelizzatrice. Perché, se qualcuno ha accolto questo amore che gli ridona il senso della vita, come può contenere il desiderio di comunicarlo agli altri?
Evangelii GAUDIUM
LA LETTURA DELL’ESORTAZIONE DI PAPA FRANCESCO.........
VI
TOSCANA OGGI
LA SETTIMANA DI LIVORNO
19 gennaio 2014
PARROCCHIE & Co di Giulia Sarti
SANTA CATERINA Ogni Lunedì alle 16,30 e ogni Venerdì alle 11,00 è possibile fare la visita guidata della chiesa di Santa Caterina in Venezia. Il percorso prevede la Chiesa, coi suoi piccoli tesori, la Sagrestia, i Sotterranei con la Cappella Sepolcrale, il Museo Parrocchiale e la Terrazza, per ammirare una insolita Livorno dall’alto. Per informazioni contattare lo 0586. 894090 o inviare una email aparrocosantacaterina@libero.it.
SANT’ANDREA Ogni giovedì dalle 17.00 alle 18.00 è possibile fermarsi un’ora con Gesù con l’Adorazione del Santissimo La barca dell’Anno della fede che dalla parrocchia di Sant’Andrea gira il quartiere ripartirà Martedì 28 gennaio. Dopo aver visitato Piazza Garibaldi, Piazza della Repubblica e Piazza dei Mille, il suo viaggio proseguirà per le altre strade con una formula molto semplice: un canto, l’annuncio del Vangelo e la parola ai partecipanti che potranno passarsi il microfono per rispondere a domande un po’ fuori dagli schemi classici: chi era Gesù? Come te lo immagini fisicamente? E la sua voce? «Gesù è un mio amico -spiega il parroco Don Edoardo- e sono queste le domande che lo rendono ancora più vero e vicino».La partenza è alle 21 dalla Parrocchia.
SAN BENEDETTO Ogni martedì, mercoledì e venerdì aiutiamo bambini e ragazzi a fare i compiti e a recuperare le materie sulle quali hanno più difficoltà. I pomeriggi all’oratorio Ore. 16.00 Apertura oratorio; Ore 16.00 - 17.00 Compiti e ripetizioni; Ore 17.00 Merenda; Ore 17.15 Giochi e divertimento; Il mercoledì ci dedichiamo maggiormente ai giochi di gruppo e al divertimento più che ai compiti e le ripetizioni!
Gli auguri di Natale alla parrocchia della Seton
Cantiere Giovani i è tenuta presso la Parrocchia Santa ElisaSvolontari, betta Seton la cena natalizia dei ragazzi, operatori e soci del Cantiere giovani. Un’occasione per scambiarsi gli auguri di Natale, ma soprattutto di condivisione e divertimento. Il Cantiere Giovani è il centro di aggregazione dell’associazione Progetto Strada, un’associazione, nata sulla scia del "Sinodo dei giovani", che opera dal 1999, senza scopo di lucro, nel settore dell’attività educative e ricreative a favore di minori e giovani, con particolare attenzione a coloro che versano in condivisioni di svantaggio socio-economico. Il Cantiere Giovani, sito sugli Scali Manzoni, è uno spazio aperto e gratuito dedicato ai giovani. Il nome scelto non è casuale in quanto esprime una realtà, appunto il cantiere, dove si realizzano e si progettano cose nuove. Il Cantiere Giovani è un luogo dove grazie all’impegno di operatori e volontari, i ragazzi possono godere del servizio di sostegno scolastico e di numerose attività ludicoricreative di loro interesse. Tutte le attività sono organizzate e coordinate da un’equipe educativa che, in sinergia con operatori dei servizi sociali, della comunità dei Salesiani e della Caritas diocesana, mira a rendere sempre più fruibile e partecipata l’esperienza. Per info: cantieregiovani@libero.it Caterina Lo Russo
L’intervista a SUOR DANIELA MOSCHETTA
L’asilo in Crocetta
Quell’educazione cristiana che non si dimentica Nel suo 60° anniversario di consacrazione suor Daniela parla della scuola inVenezia d Ottobre di quest’anno compirà sessant’anni di vita consacrata, ma attiva come non mai continua a dirigere da quarantasette anni, la Scuola Materna San Ferdinando. «Vi incoraggio nel vostro lavoro educativo, è molto importante!». Questo il saluto che Papa Francesco ha rivolto nella prima domenica di Gennaio all’Associazione Italiana Maestri Cattolici presenti in San Pietro, in occasione del loro XX Congresso. Al saluto del Papa si è unito quello dell’Arcivescovo Pietro Parolin neo segretario di Stato, «Vi incoraggio, nel solco della lunga tradizione dell’Associazione Italiana Maestri Cattolici, sostenuti dal magistero di Papa Francesco e dell’Episcopato italiano, a continuare ad animare con il lievito del Vangelo e dei valori cristiani l’ambiente scolastico, per la crescita umana, culturale e spirituale delle nuove generazioni, a beneficio della scuola, delle famiglie e dell’intera società italiana». Ebbene questi messaggi provenienti dal Vaticano trovano pieno riscontro nell’attività scolastica delle scuole cattoliche
A
come anche in Venezia dalle suore Trinitarie della scuola Materna San Ferdinando, presente a Livorno dal 24 maggio 1962, per iniziativa di suor Tecla Testa prima suora Trinitaria a giungere nella nostra città. Del resto, l’educazione e l’istruzione della gioventù fanno parte del carisma delle suore della Crocetta, che a Livorno in più di cinquant’anni hanno assistito ed istruito circa 5000 bambini. Attualmente a gestire l’Istituto Scuola Materna San Ferdinando è la direttrice suor Daniela Moschetta, consacrata nell’ottobre 1954 e che quest’anno festeggerà il suo sessantesimo. Dallo sguardo dolce ma ricco di curiosità, come quello dei bambini coi quali è sempre vissuta. Nata ad Andria nel 1936 , dopo aver prestato la sua opera
presso scuole di Crema, Lodi e Milano, nel 1967 giunse a Livorno per gestire assieme ad altre quattro suore la Scuola Materna e seguire i corsi di catechismo dell’annessa parrocchia di San Ferdinando. Assieme a lei altre tre sorelle: suor Margherita, suor Lucia e suor Genoveffa, la coadiuvano nella gestione del convento e della scuola ed assieme ci hanno mostrato con orgoglio, le aule nelle quali si svolgono le attività ludiche che comprendono attività motorie, giochi di fantasia quali disegno, teatrino, bambole e pupazzi e la sala mensa. Suor Daniela che cosa è cambiato nella gestione della scuola, dal suo arrivo nel 1967 ad oggi? «Senz’altro il numero dei bambini, che nell’anno
del mio arrivo a Livorno erano il triplo di quelli che seguiamo attualmente». Quanti bambini sono iscritti? «Sono quarantotto suddivisi in due sezioni: quella dei Ciclamini che comprende bambini di 3 e 4 anni e quella dei Mughetti con bimbi di età fra i 4 e 5 anni». Il quartiere della Venezia non sembra poter avere un così numero elevato di piccoli... «Infatti, la maggioranza sono figli di dipendenti di uffici pubblici e caserme che gravitano nelle vicinanze del nostro asilo. Comunque, se dovessi soddisfare tutte le richieste dovrei fare almeno 4 sezioni, perché per ognuna, in base alle normative vigenti, non possono essere presenti
più di 24 bambini. Pertanto mancano ambienti e personale». Sono quasi cinquant’anni che lei è a Livorno e molti bambini del 1967 saranno oggi genitori, ha ancora contatti con qualcuno? «Assolutamente si, alcuni sono già nonni ma quando vengono a trovarmi li tratto come fossero ancora i miei bambini ed il loro affetto è per me la migliore gratificazione. Molti portano i loro figli da noi, per vederli crescere educati con i loro stessi valori cristiani, nella voce del Vangelo, che purtroppo oggi tante famiglie hanno dimenticato». Roberto Olivato Nella foto da destra verso sinistra: suor Daniela, suor Genoveffa, suor Lucia e suor Margherita
Alla scoperta dei popoli del mondo L’asilo della parrocchia San Luca a Stagno raccontato dalle maestre
lla scoperta dei popoli del mondo in compagnia di Miriam e Simone»: È questo il titolo del progetto educativo della Scuola dell’Infanzia. L’idea nasce da svariate motivazioni: anzitutto ci sembra doveroso che i bambini vengano educati alla scoperta del mondo, di altre culture e popolazioni, persone da amare come Gesù ci insegna. Come scuola sentiamo l’esigenza e la necessità di un intervento educativo che permetta ai nostri bambini di accogliere l’altro, non come un diverso, ma come un proprio amico che arriva da un altro paese, per stare nella pace e nella serenità.
«A
Come Primo Annuncio di Gesù abbiamo degli obiettivi ben definiti da prefiggere, inerenti ai percorsi amicizia, gioia, fiducia, prendersi cura dell’altro e il perdono. Amicizia: in quanto Gesù mi insegna a voler bene. Gioia: nella preghiera, ringraziando Gesù ogni giorno. Fiducia: Dio affida il mondo con il suo cuore. Prendersi cura dell’altro: avviare i bambini a riconoscere nella vita quotidiana il rispetto. Perdono:imparare a perdonare gli altri e a chiedere scusa, capendo che Gesù è sempre con noi! Papa Francesco ci invita a vivere con sincerità le amicizie che sono custodi di confidenza nel rispetto e nel bene. I nostri bambini e noi maestre siamo molto
attenti alle attività parrocchiali e collaboriamo con la comunità: assieme ai genitori prendiamo parte all’animazione della Santa Messa secondo un calendario stabilito, la domenica a Messa i bambini si uniscono al 1° e 2° gruppo di alfabetizzazione e partecipano al Piccolo Coro della parrocchia. Noi maestre seguiamo molto gli insegnamenti di Gesù e siamo sensibili ai segni di Papa Francesco che ci dice "abbiate cura dei doni di Dio", ed ogni bambino che ci viene affidato dai genitori, è un dono da educare, custodire, proteggere e amare. Le insegnanti della Scuola dell’Infanzia S. Luca
TOSCANA OGGI
LA SETTIMANA DI LIVORNO
19 gennaio 2014
La testimonianza di chi ha conosciuto Giada dopo la sua morte
In ricordo di GIADA MENICAGLI
Giada, dono di Dio
In punta di piedi a casa di Giada on ho conosciuto, purtroppo, personalN mente Giada, ma l’ho incontrata nel 2011 in viaggio verso Madrid quando ho let-
Esempio di amore in Cristo risorto, speranza per la gente sabato 4 gennaio 2014. La chiesa della Sacra Famiglia a Shangay è colma di persone venute a pregare per l’undicesimo anniversario della nascita in Cristo di Giada Menicagli: all’entrata ci accolgono Manuela e Roberto, i genitori, con un grosso libro dove lasciare una firma in ricordo; sull’altare don Fabio, per celebrare la santa Messa, riunendo la memoria della sorella e di tutti i giovani, che si trovano nella casa del Padre, nel Signore Eucaristia. Per conoscere oppure ricordare la figura di Giada, basta leggere la presentazione dello stesso don Fabio.
È
hi è Giada Menicagli? Una ragazza normale, nata a Shangay il 19 marzo 1974 e vissuta in parrocchia, svolgendo con devozione e attenzione il suo ministero di catechista, cercando di far comprendere che è Cristo il centro della vita, così come lo viveva lei. Questo lo ha fatto fino alla sua malattia che dà i suoi segni di inizio il 4 settembre 1999, un medulloblastoma multifocale che decretava la sua vittoria fin dall’inizio, ma che ha dovuto combattere contro la voglia di vivere di Giada. La malattia però non l’ha fermata, anzi le ha permesso di continuare il suo ministero di annunciatrice di quel Gesù che amava, ogni giorno tra le corsie dell’Ospedale di Livorno e al Falck di Milano. Per ben due volte sembra che tutto sia finito, il cancro debellato, ma non è così l’ultima volta è stanca e non ce la fa iù, dirà alla mamma: non te la prendere che voglia lasciare te e babbo, ma sono tanto stanca…voglio andare da Gesù! Un Gesù che aveva incontrato a 17 anni durante l’operazione di appendicotomia, dicendo: Se fossi morta durante l’operazione sarei stata felice, perché ho visto il volto di Gesù, era bellissimo tanto da innamorarmene. Ma non voglio mettere in evidenza la sua mistica, tanto fine che il vescovo Diego non sapeva chi affidarle come guida spirituale dicendomi:
Sopra, un’immagine di Giada Menicagli In basso e al centro, due immagini della S.Messa
C
“non voglio che qualcuno possa rovinare la sua spiritualità”. Ma piuttosto voglio parlare della sua semplicità e quotidianità di vivere con Cristo, attraverso la preghiera, quella dei Salmi, e poi soprattutto durante la malattia, con il Rosario che scopre come un aiuto, non per guarire, ma per vivere la malattia, come Gesù! Aveva compreso quanto S. Paolo diceva “io porto sulla mia carne le sofferenze di Cristo” e ha cercato di viverlo sempre, per il bene della sua Chiesa di Livorno, e soprattutto cercando di far comprendere a coloro che facevano parte della Parrocchia della S. Famiglia la bellezza di poter trovare Cristo nei malati senza temere di cosa dire o fare, ma invitandoli ad andare negli ospedali, dove ci sono tanti malati come
lei. Il vescovo Diego rimarrà colpito proprio da questo: quella mattina che la incontrò la prima volta prima di andare al Niguarda a Milano: Non preghi soltanto per me, ma per tutte le persone che sono negli ospedali. Ecco, la Giada che voglio presentare, una ragazza che cercava di far comprendere ai malati che non erano soli; quante volte andava dalle paoline per prendere biglietti e preghiere da portarsi con sé prima di entrare in ospedale, in modo da avere sempre qualcosa da regalare per i momenti di crisi che vivevano i malati della radioterapia e oncologia. Ma anche attraverso la recita del rosario riuscendo a coinvolgere tutte le degenti della stanza, anche chi si professava atea, come Luciana, alla quale ha regalato il suo
VII
rosario, perché il rosario va regalato e non venduto! E soprattutto ha fatto comprendere ai non malati che si doveva vincere la paura di andare a trovare chi è nella sofferenza e nella malattia, perché è il Signore che suggerisce le parole e gli atteggiamenti. Ecco Giada una ragazza che fino all’ultimo ha combattuto per la vita e che ha vinto con Gesù, perché il Cancro è morto insieme con lei, ma lei ha continuato a vivere dopo la sua morte. Si perché quel 4 gennaio 2003 alle 22:10 di sera, dopo 40 mesi esatti, ha terminato il suo esodo in questa terra per nascere in Cristo a vita nuova, una vita nuova che era contraddistinto dal suo sorriso fiero che faceva trasparire: Finalmente Eccomi a Te, ce l’ho fatta Gesù, abbiamo vinto insieme. Un sorriso sul suo volto che la rendeva splendente e che faceva dire “Ecco la Resurrezione”, e a quanti venivano a vederla dal Vescovo Ablondi ai tanti che erano lì “sembra che dorma è bellissima”. Ma il momento più bello è stato il suo funerale, celebrato dal Vescovo Diego durante il quale si è assistito al matrimonio: “E’ presentata al Re in preziosi ricami…in gioia ed esultanza entrano insieme nel palazzo regale”. Questo è stato la sua ultima
testimonianza che abbiamo visto nel suo volto, questa è la testimonianza che molti hanno dato, perché Gesù era lì insieme con Maria, la nostra mamma celeste come la chiamava Giada. Ma tutto qui direte. No perché non finisce il 5 gennaio, è stata accompagnata da tanta gente alla sua ultima dimora terrena, ma da lì è entrata nella sua nuova casa, da dove sta continuando a visitare i malati che si rivolgono a lei e tante persone che vivono malattie spirituali. Ma da lì ha iniziato un nuovo ministero, è entrata in carcere ha incontrato numerose persone, che attraverso gli scritti suoi e le numerosissime testimonianze, hanno trovato un modo nuovo di vivere, hanno compreso che si può cambiare e che è Gesù il senso della vita, che si china su di noi sempre e tende la sua mano per rialzarci. Tutto qui Giada, piccola catechista, piccola ragazza, grande nell’Amore che non smette mai di stupirci nelle parole di numerosissime persone che la incontrano oggi da Cardinali ai carcerati, dalle persone malate a quelle sane. Si perché possiamo affermare che lei ha realizzato ciò che il Signore gli ha chiesto essere semplicemente una cristiana autentica che è andata a trovare chi era carcerato e malato, così come ci ricorda Matteo 25. Vorrei terminare con le parole del vescovo Diego: Incontrare Giada è stato un dono di Dio. Mi ricordo bene come la conversazione mi condusse a ricordarla eppure mi trovai a raccontare di lei, della sua forza, della sua bellezza fisica e spirituale, del dono che stava facendo a me e a coloro che le stavano intorno. Quello che ci stava donando era la fede. Una fede che significa abbandonarsi nelle Braccia del Signore, affidarsi a Lui completamente, confidando che quello che ci accade è la Sua Volontà e quindi la via migliore per noi! Don Fabio Menicagli Potete trovare informazioni su Giada sul blog: giadamenicagli e su facebook
to “La mia Sindone”. L’ho incontrata attraverso l’amore dei suoi familiari, attraverso le lettere dei carcerati, delle persone che la conoscevano e delle persone che hanno scritto ai suoi genitori dopo avere letto “ Schegge”, il libro che raccoglie una serie di testimonianze su di lei, voluto da don Biondi (morto il 3 gennaio 2006 prima della presentazione) e “La tua Sindone” il diario della stessa, ricco di ritagli, immagini e commenti, raccolti dopo la sua visita alla Sindone nel 1998 a Torino. Quando sono andata in casa di Giada ho ascoltato Manuela e Roberto con l’avidità di chi volesse conoscere tutto su di lei e più udivo le testimonianze, specialmente quelle degli “ultimi” e più avvertivo una sensazione di stupore: la presenza di Gesù è stata così forte, da commuovermi e da farmi sentire piccola piccola davanti ad una ragazza che invece è grande grande. Giada è diventata mistica dal momento della sua malattia - dice Manuela e amava Gesù profondamente da volere stare con Lui sempre e da volere trasmettere la sua fede agli altri. Ciò che dà consolazione ai familiari è sapere che la ragazza è con Gesù e Maria e da lassù sta continuando la sua missione. Giada è stata una ragazza carismatica, è stata la forza dei malati che vivevano con lei una situazione di disagio fisico, ha insegnato a pregare a chi non sapeva farlo, ha amato gli altri perché in loro ha visto la sofferenza di Cristo. Giada era amore, un amore forte a tal punto da chiedere a sua madre se l’avesse amata veramente tanto. Giada aveva necessità di un Amore unico e oggi Giada è Amore, è sollievo nella sofferenza, è speranza, è una presenza straordinaria. E di Manuela mi ha colpito la dolcezza e la meraviglia, quando ha tenuto a sottolineare che anche lei è stupita da tutte queste lettere che ogni giorno arrivano per Giada, da tutto questo interesse: è stato un seme caduto in un ottimo terreno, dalla cui pianta stanno arrivando i frutti. E che frutti! Per il padre Roberto, Giada ha oggi 11 anni, perché è nata in Cristo 11 anni fa ed ora è presente più che mai, anche se non fisicamente. Mi ha mostrato molte lettere di cardinali, monsignori, presbiteri e mi ha letto alcune testimonianze dal carcere, luogo in cui stanno avvenendo le maggiori conversioni dopo la nascita in Cristo di Giada. Tutto è iniziato grazie a Suor Teresa Margherita che, in missione presso il carcere di Livorno, essendo in contatto con un detenuto triste e depresso, gli mostrò l’immagine di Giada, che la riproduceva sorridente senza capigliatura, per fargli riempire gli occhi del sorriso della ragazza. Giada è diventata così un faro di luce nella vita dei carcerati che si interessarono sempre di più a lei, leggendo anche il libro “Schegge”. Dopo breve tempo queste persone ebbero il permesso di riunirsi per pregare i Salmi e i misteri della luce, così tanto cari alla ragazza, sotto la guida spirituale di Padre Michele. I carcerati si sono subito sentiti “visitati” da Giada e consolati dalla sua fede in Gesù Cristo: hanno formato un gruppo di preghiera, la Genesi del Gruppo di san Michele Arcangelo, che poi è diventato Rinnovamento nello Spirito ed hanno trovato conforto perché Gesù attraverso Giada ha parlato a loro, agli “ultimi” e li ha convertiti. Ora non possono più fare a meno di Gesù Eucaristia. Molti di loro hanno iniziato a studiare, si sono laureati e stanno continuando il magistero – mi racconta Roberto - perché Giada ha dato loro la speranza che tutto non era perduto. In questo momento questo gruppo di preghiera non può più riunirsi perché i vari detenuti sono stati spostati in diversi “condomini” in Italia, ma individualmente ognuno di loro porta avanti il proprio cammino di fede e di cambiamento. Le persone che hanno conosciuto Giada attraverso i libri hanno scritto e continuano a scrivere le proprie emozioni alla famiglia Menicagli e hanno trovato la speranza, una nuova vita, nuovi amici in Roberto e Manuela che ci tengono a sottolineare che la loro non è un’alienazione in questo, piuttosto una meraviglia. Manuela si chiede spesso: Come mai? La risposta è chiara: Giada è un dono di Dio. Come prima era amore che guardava agli altri prima che a sé stessa, era fede genuina, santità nella quotidianità nell’esempio di san Francesco d’Assisi, così oggi Giada è il riflesso dell’Amore di Dio che coinvolge molti, è coraggio, forza di lottare, che riesce a riunire tutti quanti in Cristo amore. Le sue parole restano impresse nella mente di chi le ha ascoltate o lette: “pregate, pregate sempre, senza stancarvi mai” e così che pregando, ascoltiamo Dio Padre, incontriamo Gesù e colmiamo il cuore di Spirito Santo: ecco il regalo che Giada sta facendo a tutti noi. Monica Calvaruso
VIII
TOSCANA OGGI 19 gennaio 2014
LA SETTIMANA DI LIVORNO