IL GRANELLO di senape di mons. Alberto Ablondi
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Direttore responsabile Andrea Fagioli
Fame di amore, fame di vestiti, fame di farina, fame di medicine, fame di strade e di strumenti di lavoro: forse noi europei abbiamo bisogno di scoprire questa fame per decongestionare un po’ le nostre diete, le nostre giornate, la nostra vita. Forse chi sa che in fondo non sia più grande il nostro bisogno di dare che il loro bisogno di avere. Se non vogliamo essere solo dei nuovi colonizzatori, mentre daremo sul piano dell’intervento personale (ognuno deve fare quello che può) e sul piano della sensibilizzazione dell’opinione pubblica (nella chiesa e nella società) dobbiamo da queste popolazioni anche saper ricevere. Sono tante davvero le ricchezze umane che offrono.
Reg. Tribunale Firenze n. 3184 del 21/12/1983
16 settembre 2012
Speciale TANZANIA
(Da un’intervista, dopo il suo primo viaggio in Africa)
Dodoma: da un nome sulla cartina geografica a un luogo dove vivono molti cari amici In questa e nelle prossime pagine vi proponiamo uno speciale reportage con le foto e le testimonianze del viaggio in Tanzania del Vescovo e dei suoi collaboratori; dodici giorni di incontri, cordialità e progetti per il futuro
AFRICA pazi immensi, un caldo asciutto e gradevole specie se all’ombra di un baobab e soprattutto sorrisi, canti, una gioia diffusa in presenza di beni materiali, specie nei villaggi, quasi inesistenti eccetto il telefonino, faceva una certa impressione vedere un masai nel suo costume tradizionale, bastone compreso, parlare tranquillamente al telefono nel bel mezzo della savana. Case piccolissime, quattro, cinque metri per due ma d’altronde a cosa serve in Africa se non a dormirci di notte al riparo degli animali feroci? Si vive "plen air", si cucina all’aperto, tutto si fa fuori. Solo la scuola o il dispensario sanitario hanno tetto, muri, porte, finestre, le stesse chiese sovente hanno solo una copertura e pareti traforate per far passare il vento che frequentemente rinfresca e rende gradevole la pur alta temperatura. Nella capitale, Dodoma, al centro della Tanzania, 1200m sul mare, una tranquilla agitazione, bambini ovunque. La nuova Università sulla collina, l’antico e colorato Mercato al centro, musulmani e cristiani insieme, fattivamente, positivamente. Le feste sia cristiane che musulmane sono di tutti e tutti partecipano ad esse, al Ramadan come alla Pasqua, anche se troppe feste hanno fatto sì che il Prefetto della Regione (ho avuto modo di udirlo personalmente) dovesse richiamare a un di più di impegno lavorativo.
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UN POPOLO DI CREDENTI Gioia, festa, partecipazione calorosa e attiva anche nelle liturgie domenicali dove all’attento rispetto del mistero liturgico si unisce una sapienza nella inculturazione: canti, balli, rappresentazioni della tradizione, ma sempre volti a dare forza all’atto liturgico e giammai a dare spettacolo o a voler fare del sacerdote un show man, l’attore principale che catalizza su di se con le sue performance creative l’attenzione dell’assemblea, recitando a soggetto e asservendo il mistero liturgico alla sua voglia di essere il “Pippo Baudo” della situazione. Nelle liturgie a cui ho partecipato chi presiede quasi si perde, o meglio, si amalgama nella comunità, nel popolo che celebra il mistero e ne diviene una delle voci, una voce importante, ma non l’unica. È una Comunità che celebra e partecipa al mistero della redenzione senza fretta, né ad iniziare né a finire. La calma di chi celebra una festa di famiglia caratterizza la festa domenicale come le liturgie
Terra benedetta da Dio feriali. È bello stare insieme tra fratelli, è bello stare con Gesù ed allora perché avere fretta? Tutti sono credenti sia pure in diverse religioni e confessioni cristiane, ma profondo è il senso di Dio e lo avverti alla consacrazione, tutti in ginocchio, rapiti dal mistero in un profondo e coinvolgente silenzio, anche i numerosissimi bambini tacevano, ammutoliti dalla forza della Presenza che invadeva la Comunità. Tanto è forte e rasserenante il senso di Dio e della sua provvidenziale presenza che quando ho visitato il luogo dove si radunavano per fame i più poveri fra i poveri, in un lago salato prosciugato, essi mi hanno accolto non solo cordialmente, ma una volta riconosciuta la presenza di un Vescovo, subito mi hanno chiesto di benedire loro e le loro numerose famiglie, e soprattutto di benedire quella terra che comunque li sfamava, terra poverissima, durissima, salata, ma non maledetta, bensì benedetta. Gente povera, poverissima, ma mai maledetta, persone vive in una terra rifiutata, non dei reietti, ma creature con la forza della serenità. Comunque dei benedetti da Dio. Che differenza dagli sconfitti di Germinal di Zola’ o dei Malavoglia di Verga! Poveri, poverissimi, ma gioiosi anche in mezzo alla miseria perché sostenuti da una Forza, una Gioia profonda. Mai soli e abbandonati al
loro destino, ma sempre abbracciati dalla Provvidenza che veglia e salva ogni famiglia. LA RICCHEZZA DELLA FAMIGLIA La famiglia, appunto, altra grande ricchezza del popolo della Tanzania. L’individuo si fonde nel senso profondo della famiglia e tutto ruota intorno a questa grande istituzione di tipo patriarcale, anche i morti. Essa non lascia mai solo nessuno né i vivi, né i defunti, né gli orfani; alta ancora nonostante i molti sforzi compiuti, é la morte delle mamme per parto. Nessuno é mai solo anche se orfano, al villaggio in famiglia, c’é cibo per tutti. UNA CHIESA VIVA A Dar Elsalam, la capitale economica del paese, invece si muore di fame. Le ingiustizie infatti non mancano neppure in quella terra. Grandi ricchezze in mano ad inglesi, cinesi, indiani, americani, israeliani: certo portano lavoro, ma portano via dal Paese grandi ricchezze. La Chiesa reagisce formando un popolo sempre più cosciente, consapevole, laici sempre più attenti alle questioni sociali e politiche della Nazione. Ogni parrocchia è radicata nel territorio attraverso le comunità ecclesiali di base. Trenta, quaranta, cinquanta per parrocchia, ogni comunità è formata da
almeno un centinaio di membri. In ognuna si prega, si medita le Scritture, si prepara ai sacramenti, si vive la Chiesa. Ogni Parrocchia è Comunità di comunità ecclesiali di base. Nonostante le distanze a volte enormi dalla chiesa, tutte da percorrere a piedi,
ogni domenica il cinquanta percento dei fedeli partecipa all’eucarestia e tutti, dico tutti, condividono il poco che hanno con i poveri, nessuno, dal bambino al nonno, resta seduto, tutti si alzano per vivere la colletta e donare con gioia semmai un semplice cesto di banane colto
venendo in chiesa. È la Chiesa di Dodoma: una Comunità giovane, è diocesi da meno di 100 anni e suo primo ordinario è stato un padre Passionista lucchese, padre Giannotti, ma quanto dinamismo e capacità di recepire la lezione del Concilio e di attuarlo con una saggia inculturazione del Vangelo. Che lezione per la nostra Chiesa di Livorno che vive un Sinodo per rinnovare profondamente il suo essere Chiesa e inculturare sempre più il Vangelo e poi fatica non poco ad attuarlo. La Chiesa che è in Dodoma ci sprona non solo a varare riforme ecclesiali, ma soprattutto ad attuarle. Dodoma, una Chiesa con la quale sarà bello e proficuo continuare a collaborare: da fratelli in uno scambio reciproco e arricchente. + Simone, Vescovo
Nelle foto: monsignor Giusti in mezzo ai bambini all’uscita della celebrazione nella cattedrale di Dodoma; : ilVescovo omaggiato dai fedeli del tipico abito degli uomini della tribù Masai