La Settimana n. 37 del 21 ottobre 2012

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IL GRANELLO di senape di mons. Alberto Ablondi

Via del Seminario, 61 57122 Livorno tel. e fax 0586/210217

Da come vi amerete... ra tanti problemi che si agitano oggi nella famiglia, questa missioFrisolti ne di evangelizzazione non è un problema ultimo, che suppone tutti gli altri; non è neppure un problema di lusso o di raffina-

lasettimana.livorno@tiscali.it

tezza religiosa ceh possa essere preso in considerazione solo dai più buoni o dai santi. Le parole del Signore "dal modo con cui vi amerete conosceranno che siete miei discepoli", danno alla evangelizzazione una ampiezza tale da raggiungere e coinvolgere il matrimonio e ogni suo momento per farne un messaggio che traduce Dio e arricchisce l’uomo. Così diventano "messaggio" tutti i momenti della coppia, dal fidanzamento, al matrimonio, all’educazione dei figli.

Notiziario locale

Direttore responsabile Andrea Fagioli Reg. Tribunale Firenze n. 3184 del 21/12/1983

21 ottobre 2012

La veglia di preghiera in Cattedrale per i 50 anni del Concilio e l’inizio dell’Anno della Fede, raccontata da una protagonista d’eccezione!

La Chiesa bella DEL CONCILIO ono la luce di un cero. O meglio, sono qualcosa di più: sono la fiamma di una fiaccola, sono un simbolo, un segno della fede in Dio che anima milioni di persone nel mondo. Sono stata accesa una prima volta 50 anni fa, l’11 ottobre 1962, a Roma. Era una tiepida serata di inizio autunno, io ero tenuta in mano da una bambina tutta occhioni e guance morbidose, aggrappata con l’altra mano al suo babbo. Intorno a noi migliaia di altre fiaccole in processione, da Castel S.Angelo su su fino a S.Pietro, un fiume tremolante di luce che sotto la luna si è raccolto proprio sotto la finestra del papa. Era la sera della prima giornata del Concilio, e tutti speravano in una parola del papa. E papa Giovanni, in modo del tutto improvvisato, si affacciò e parlò: Cari figlioli, sento le vostre voci. La mia è una voce sola, ma riassume la voce del mondo intero; qui tutto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera . . . osservatela in alto, a guardare questo spettacolo . . . Gloria a Dio, e pace agli uomini di buona volontà... Tornando a casa, troverete i bambini. Date una carezza ai vostri bambini e dite: "Questa è la carezza del Papa". Troverete qualche lacrima da asciugare, dite una parola buona. Il Papa è con noi specialmente nelle ore della tristezza e dell’amarezza... La bambina che mi teneva in mano guardava ora il Papa, ora il suo babbo, e non si accorgeva nemmeno che pian piano mi stavo consumando e colavo cera sulla sua manina... Sono passati 50 anni e questa sera, 11 ottobre 2012, mi hanno acceso di nuovo. Il luogo è diverso, certo: mi trovo a Livorno, in piazza della Repubblica, non fa freddo anche se sento un po’ di umido addosso. Rispetto a 50 anni fa ho anche un piccolo paravento bianco intorno a me, per ripararmi dal vento che ogni tanto cerca di spengermi. Mi tiene in mano una donna adulta, non so se è la bambina di allora, di certo le somiglia molto. Si è fatta grande e con l’altra mano si tiene legata al marito. Intorno c’è un po’ meno gente, meno fiaccole accese, ma la fede in Dio è la stessa, i volti illuminati dal basso sono gli stessi, il canto che intonano è lo stesso. Dopo una piccola preghiera iniziale ci incamminiamo in processione verso il Duomo, il tragitto è breve, il gruppo di persone è un piccolo rivolo su un lato della strada, canta in mezzo a portici bui e semideserti, la mano della donna adulta a volte si distrae e rischio di incendiare il mio paravento. Il portone del Duomo è socchiuso e dentro, nel buio della chiesa, intravedo solo il crocifisso illuminato. Il piccolo gruppo di persone

S

Quella fiammella che non si spegne indugia sul sagrato, poi il portone si apre pian piano e finalmente entriamo. Le fiaccole si dirigono tutte verso il Cristo illuminato, come attratte da Lui, poi si sparpagliano di qua e di là nelle panche: è bello non vedere le persone, ma solo queste fiammelle che riempiono tutta la chiesa! Ed ecco, improvvisa dagli altoparlanti, la voce di papa Giovanni che ripete il discorso di 50 fa. Da qua sotto vedo il viso della

donna adulta che si increspa, si commuove, la sua mano mi stringe più forte mentre io lentamente mi consumo di nuovo, ma anche ora la mia cera calda sulla sua mano non sembra farle tanto effetto... Poi le luci del Duomo si accendono: io non servo più e la donna mi spenge con un soffio dolce. Vengo raccolta con le altre fiaccole in un bel cestino, ma anche così sdraiata partecipo alla veglia dedicata alla “Chiesa

bella del Concilio”. All’altare ora è apparso il vescovo Simone che saluta i presenti e dà inizio alla serata. Questa sera – dice è l’anniversario dell’inizio del Concilio Vaticano II e l’inizio dell’anno delle Fede, e noi vogliamo celebrarli entrambi con questa veglia di preghiera organizzata dalle nostre aggregazioni laicali. Mi metto con tutti in ascolto della parola di Dio e della parola del Concilio,

proclamata dai rappresentanti di Azione Cattolica, Agesci, Apostolato della preghiera, Comunione e Liberazione, Comunità di S.Egidio, Cooperatori Paolini, Movimento dei Focolari, Movimento per la vita, Misericordie. Colgo qualche frase: Cristo è la luce delle genti: questo santo Concilio, adunato nello Spirito santo, desidera ardentemente, annunciando il Vangelo ad ogni creatura,

50 anni fa UN EVENTO STORICO

Oggi come ieri i segni della Grazia 11 ottobre 1962 si aprì il più parLmenici. ’tecipato tra tutti i 21 concili ecuA ciascuna delle quattro sessioni del Vaticano II presero parte fino a 2500 vescovi. Fu chiamato primavera della Chiesa. Pietra angolare nella storia della salvezza lo definì Papa Giovanni Paolo II. Eppure, oggi, tanti che furono testimoni di quell’evento fanno fatica a spiegare ai giovani (anche preti e seminaristi) non solo quanto esso abbia inciso sulla loro vita di fede, ma la sua stessa importanza per la chiesa tutta. Credo che il significato del Concilio non stia solo nei 16 documenti che ne sono scaturiti. Il Concilio è importante anche perché è stato momento esemplare di Chiesa; ci ha mostrato ciò che la Chiesa è e dovrebbe essere, almeno sotto due aspetti: 1) Quel gran numero di vescovi, cardinali, preti, teologi – e anche qualche laico, che si incontrarono e discussero in quei tre anni di lavoro, dicono di una Chiesa grande, universale, unita

nelle diversità. Un plastico esempio di cattolicità dialogante, capace di ricomprendere differenti prospettive e punti di vista. Il Concilio ci mostra una Chiesa che dialoga, in cui tutti si sentono discepoli. Il Papa in ascolto dei vescovi, i vescovi in ascolto gli uni degli altri, i pastori in ascolto dei teologi, ministri ordinati e laici in ascolto vicendevole. Il Concilio ci insegna che la precondizione di un vero discernimento è la convinzione che nessuno di noi possiede tutte le risposte. Ogni cristiano è obbligato al dialogo rispettoso con quanti possono pensarla anche molto diversamente, consapevole che ognuno porta un frammento di quella verità che tutta intera si rivelerà nel compimento ultimo delle parole di Dio. 2) Il Concilio ci indica la strada dell’apertura al mondo. Ha guardato e ci dice di guardare al mondo con gli occhi della fede, che non sono quelli dei profeti di sventura, ma quelli di chi sa

leggere i segni dei tempi. I padri conciliari, pur senza arrendersi al male, rifiutano di porsi su un piedistallo di fronte al mondo in atteggiamento di giudizio severo. Oggi, come ieri, ancora ci sono troppi profeti di sventura, troppo ripiegati a vedere dappertutto “cultura di morte”, “un mondo senza fede” , “la scomparsa dei valori” e così via. È vero, il male è presente nel mondo, ma non possiamo chiudere gli occhi verso i segni della grazia presenti dove gli uomini e le donne di questo mondo cercano giustizia e verità, e si interrogano sul senso ultimo della loro esistenza. Ricordare oggi quell’evento non è nostalgia di vecchietti un po’ fissati, prigionieri dei loro giovanili entusiasmi. È testimoniare la volontà di vivere una Chiesa povera di potere, ma ricca della Parola di Dio; una chiesa popolo che valorizza la responsabilità di ciascuno; una chiesa strumento della misericordia di Dio per tutti. Roberto Pini

illuminare tutti gli uomini con la luce del Cristo che risplende sul volto della Chiesa... Il sacro Concilio con viva premura si rivolge ai fedeli laici, dei quali ha già ricordato il ruolo proprio e assolutamente necessario che essi svolgono nella missione della Chiesa... I nostri tempi non richiedono un minor zelo da parte dei laici, anzi le circostanze odierne richiedono assolutamente che il loro apostolato sia più intenso e più esteso... Il mondo che il Concilio ha presente è quello degli uomini, ossia l’intera famiglia umana nel contesto di quelle realtà entro le quali essa vive... Sarà decisivo nel corso di quest’Anno ripercorrere la storia della nostra fede... In questo tempo terremo fisso lo sguardo su Gesù Cristo: in Lui trova compimento ogni travaglio ed anelito del cuore umano. La gioia dell’amore, la risposta al dramma della sofferenza e del dolore, la forza del perdono davanti all’offesa ricevuta e la vittoria della vita dinanzi al vuoto della morte, tutto trova compimento nel mistero della Sua Incarnazione... Poi prende la parola il Vescovo: fa una piccola cronistoria del Concilio, parla di Giovanni XXIII e di Paolo VI, spiega la Chiesa bella del Concilio, che senza deviare dalle verità immutabili della Fede vuole guardare anche al presente, misurarsi con il mondo moderno, operare una lettura dei segni dei tempi per proseguire la missione affidatale da Gesù Cristo. Tutto questo si è poi tradotto nei frutti abbondanti del Concilio, come la riscoperta della Scrittura; una rinnovata visione della Chiesa e del suo legame costitutivo con Cristo, per cui essa è a servizio del disegno salvifico di Dio per tutta l’umanità che in Gesù ha avuto la manifestazione definitiva; l’introduzione della liturgia in lingua corrente; il confronto su tematiche particolari legate al momento storico quali l’economia, la politica, la cultura, la famiglia, la promozione della pace; la valorizzazione del dialogo ecumenico e del confronto con i non credenti. Canti, invocazioni, preghiere, poi la veglia finisce: le persone chiacchierano un po’ fra loro, poi escono di chiesa, anche il Vescovo se ne va, il parroco spenge le ultime luci. Io rimango qui nella cesta, spenta come le altre mie compagne, rivolta con lo sguardo verso il crocifisso rimasto illuminato. Perché io non sono solo la luce di un cero, sono qualcosa di più: sono la fiamma di una fiaccola, sono un simbolo, un segno della fede in Dio che anima milioni di persone nel mondo. E nessuno può spengermi. E quest’anno sarò pronta a riaccendermi tutte le volte che qualcuno vorrà mostrare la sua Fede. Gabriele Maremmani


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