La Settimana n. 42 del 27 novembre 2011

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IL GRANELLO di senape di monsignor Ezio Morosi

Via del Seminario, 61 57122 Livorno tel. e fax 0586/210217 lasettimana.livorno@tiscali.it Notiziario locale

Direttore responsabile Andrea Fagioli Coordinatore diocesano Nicola Sangiacomo Reg. Tribunale Firenze n. 3184 del 21/12/1983

27 novembre 2011

I simboli della nostra tradizione

Ascolterò che cosa dice in me il Signore (SALMO 84,9) Come si ascolta volentieri la persona che si ama! La sua voce rallegra il cuore, illumina il volto. Anche se non ne vedo le sembianze, ascoltarne la voce è già una gioia. Quando ciò avviene tra noi e Dio, diventa un’esperienza stupenda portatrice di pace, di ricchezza interiore, d’intimità. L’ascolto è il primo passo per innamorarci di Dio, per essere attratti da Lui, diventare suoi amici. È la voce del Signore che accende in noi il suo fuoco, questo fuoco acceso da Cristo nel cuore dell’uomo trova nell’ascolto la continuità della sua fiamma. Metterci in ascolto ci predispone all’incontro, per questo nella Messa la liturgia della Parola prepara all’incontro eucaristico. Ma è proprio su questo ascolto che il demonio lavora rendendocelo difficile per i tanti impegni della giornata e le tante distrazioni che prendono tutto il nostro tempo. Il chiasso del mondo impedisce l’ascolto di Dio.

Verso il NATALE

A LIVORNO

Casa, ora è emergenza vera Duecento persone «per strada» prima di Natale DI

NICOLA SANGIACOMO

che arrivano sul fronte dell’emergenza caa Livorno sono davvero drammatiche: sono preLvisti,sae notizie entro il 15 dicembre, settanta sfratti da attuare

Albero, presepe, Babbo Natale: al di là di ogni polemica, le immagini delle festività natalizie sono riconducibili ad una tradizione religiosa asseggiando per le vie della città, pian piano spuntano qua e là luci, alberi, statue e addirittura strani «personaggi» che si arrampicano sui muri delle case; le vetrine si colorano di rosso e ogni cosa assume un’atmosfera magica, da favola. Fin da quando siamo bambini, i nostri occhi sono abituati, anno dopo anno, ad osservare, a vedere e a rapportarsi con tutto quello che in questo periodo natalizio ci circonda. Non facciamo molto caso però al significato di queste «cose», un po’ perché forse non ce lo chiediamo e un po’ perché ormai fa parte della tradizione e lo diamo per scontato. Ma che cos’è la tradizione? Non è altro che una «consegna» che ciascuno di noi fa all’altro, un dono semplice e gratuito. Spesso però le nostre idee si confondono perché non sappiamo bene come spiegare «la tradizione», ma soprattutto i simboli che questa porta con sé. Ad esempio, da piccola ho sempre pensato che il presepe fosse un simbolo religioso mentre l’albero di natale un simbolo laico. In realtà non è così perché entrambi appartengono ad una tradizione culturale di origine religiosa: la piccola differenza è che il presepe è un simbolo religioso di «casa nostra» ovvero italiano, mentre l’albero di Natale è un simbolo religioso nato nel nord Europa.

P

Non tutti sanno infatti che il «fare l’albero» deriva da una consuetudine del XI secolo nata nella Valle del Reno dove per simboleggiare l’albero «della conoscenza del bene e del male» del giardino dell’Eden si ricorreva, data la regione e la stagione, ad un abete al quale si appendevano dei frutti. Da qui è nato l’albero di Natale che negli anni si è «evoluto» sia nella rappresentazione che nel significato; i nostri nonni appendevano sull’albero cioccolatini, dolci, segno che rivela che Dio porta doni all’umanità. Allo stesso tempo anche le luci con cui addobbiamo

l’albero, il puntale che rappresenta la stella cometa, simboleggiano la figura di Gesù, il Salvatore, che ha sconfitto le tenebre (quindi il buio) del peccato. Per ogni albero però c’è sempre un presepe: piccolo, grande, tradizionale, vivente, fatto con materiali impensati…ma sempre presepe è! La tradizione ebbe inizio intorno al 1200 e il primo ideatore e artefice del presepe vivente fu San Francesco che nel 1223 a Greccio, in Umbria, volle far rivivere in uno scenario naturale, la nascita di Betlemme. Se si osserva bene, (in tutti i presepi che ci è capitato e ci

PROPOSTE PER UNA Lobby per i poveri di Luca Lischi

ffrire un tetto, una casa anche piccola, ma un tetto, O recuperando edifici pubblici dismessi e abbandonati all’incuria con una raccolta “ordinaria” di denaro di benefattori. Sì, benefattori. Chi possiede deve donare il suo più, deve lasciare un segno di benevolenza per gli altri meno fortunati e veramente bisognosi! Ciascuno dovrebbe visitare più spesso il Palazzo della Gherardesca a Livorno oggi attuale sede dell’Istituto Mascagni, e salire al primo piano. Lì si trova la “Sala dei Benefattori” che ci richiama a essere, anche oggi, più sensibili al bene della propria città. Allora i commercianti arricchiti grazie alla città di Livorno hanno voluto lasciare un segno tangibile della loro riconoscenza. I ricchi di oggi si facciano benefattori per offrire parte della loro ricchezza per una causa nobile: il restauro di beni immobili che potranno accogliere tanti piccoli bambini e famiglie…. senza tetto!

capiterà di vedere) è possibile accorgersi che ogni elemento racchiude in sé una propria simbologia: la stalla rappresenta la povertà, la miseria, Giuseppe è l’intelletto; egli che anziché ripudiare Maria si inchina a Dio accettandone la volontà. Il bue è simbolo della fertilità mentre l’asino della personalità, della natura inferiore dell’uomo. Entrambi soffiando sul Bambino Gesù lo scaldano con il loro fiato; il soffio è vita e l’immagine dei due animali si riconduce al soffio mediante il quale Dio ha dato l’anima al primo uomo. L’albero di Natale e il presepe sono soltanto due esempi dei tanti simboli che hanno origine dalla tradizione religiosa del Natale; un altro è proprio Babbo Natale! Si, proprio lui la cui origine scandinava lo identifica con la persona di Santa Claus, non è altro che San Nicola, un vescovo, che guarda caso, è vestito di rosso e di bianco, i colori degli abiti pontificali, che vengono utilizzati nelle cerimonie solenni del Natale. Se non ci credete, basta andare in Duomo e partecipare alle celebrazioni natalizie… Non tutto quello che ci circonda dunque è lì per caso e gran parte dei simboli che utilizziamo si rifà ad una tradizione religiosa, perché è la nostra cultura che ha origine proprio da questa memoria. Sta a noi allora scoprire la nostra storia e soprattutto non dimenticarla! Martina Bongini

con la forza pubblica che, di fatto, metterebbero in mezzo alla strada quasi duecento persone, di cui molti bambini. Sono cifre già impressionanti, ma che rischiano di aumentare in modo vertiginoso nei prossimi mesi con l’aggravarsi della crisi economica. Si tratta dei casi più gravi di una situazione di vera emergenza che colpisce una città tra le più ricche di case popolari. Un paradosso da approfondire. La istituzioni cittadine sembrano in grave difficoltà nel dare risposte tempestive a questa emergenza, come è emerso anche dalla recente seduta del Consiglio Comunale. Ma qualche risposta dovrà essere trovata nell’immediato, per evitare che l’emergenza diventi dramma per decine di famiglie livornesi. L’Assessore al Sociale Cantù ha chiesto la convocazione di un Consiglio Comunale straordinario sulla questione, altri esponenti politici hanno chiesto il coinvolgimento di tutte le autorità cittadine nella vicenda, per altri la soluzione sarebbe addirittura di competenza della Protezione Civile. Le ipotesi allo studio sono varie ma il tempo stringe: una strada che si tenta di percorrere è quella dell’acquisizione di beni demaniali come alcune caserme da tempo inutilizzate da ristrutturare in tempi rapidi e destinare all’emergenza abitativa, un’altra, di più rapida realizzazione, potrebbe essere quella di ricorrere ai prefabbricati già utilizzati all’Aquila per i terremotati. Ognuna di queste soluzioni ha delle pesanti controindicazioni e, comunque, sarebbe provvisoria e quasi certamente insufficiente a rispondere a tutte le esigenze dei prossimi mesi. Anche la Chiesa livornese sta esaminando la questione attraverso la Caritas che, da sempre, offre un contributo concreto anche su questo versante e, proprio in questi giorni, anche nel percorso di riflessione del Progetto Culturale verso la costituzione di una “lobby dei poveri”, secondo l’originale definizione di monsignor Giusti. Si vuole far crescere la consapevolezza generale sulla questione per poter formare una coscienza comune, capace di trovare soluzioni concordate ed efficaci. Questo per affrontare l’allarme immediato, ma, dopo l’emergenza, le istituzioni politiche cittadine dovranno programmare una politica della casa più lungimirante ed efficace che riesca a prevenire simili situazioni: a cominciare dalle case popolari che devono essere assegnate, e regolamentate meglio perché possano davvero costituire la risposta stabile delle Istituzioni cittadine alle esigenze abitative delle fasce più deboli della cittadinanza. Ma senza fermarsi a quelle: incentivando, ad esempio, la costruzione o la ristrutturazione di immobili destinati ad essere affittati a tasso concordato da quei cittadini che, non avendo i requisiti per accedere al canone sociale, hanno necessità di poter usufruire di affitti sostenibili.

Occorre trovare soluzioni immediate, ma poi impostare una politica lungimirante


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