La Settimana n. 6 del 9 febbraio 2014

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IL GRANELLO di senape Via del Seminario, 61 57122 Livorno tel. e fax 0586/210217 lasettimana.livorno@tiscali.it Notiziario locale

Direttore responsabile Andrea Fagioli Coordinatore diocesano Nicola Sangiacomo

di mons. Alberto Ablondi

a Chiesa può offrire una garanzia al mondo quando, proponendo Lle ideologie, una fede, offre all’uomo la possibilità di non lasciarsi chiudere neldi non abbandonarsi totalmente ad esse, di non lasciarsi deformare dai loro momenti di crisi. È garanzia la Chiesa per il mondo, quando di fronte alle crisi che sorgono dall’equivoco sulle parole fondamentali della convivenza umana (uomo, pace, libertà, ecc), offre l’univoca e immutabile parola di Dio; quando al mondo che sente la tentazione dell’avere, la Chiesa presenta un Vangelo in cui tutti gli uomini possano capire che se per alcuni l’avere è una questione di vita o di morte, per altri è questione di vita o di morte il condividere.

Reg. Tribunale Firenze n. 3184 del 21/12/1983

(Lettera “Come la Chiesa vede il mondo oggi” 1974)

9 febbraio 2014

L’assemblea dell’Azione Cattolica ha eletto il nuovo Consiglio diocesano. Sarà poi ilVescovo, su proposta del Consiglio ad eleggere il Presidente

Il Vescovo chiede all’AC un impegno di missionarietà nelle parrocchie, nel lavoro e nella scuola

Azione Cattolica, una giornata speciale

LINEA di Pensiero di Luca Lischi

Una nuova solidarietà DI

GABRIELE MAREMMANI

oveva essere una giornata speciale per l’Azione Cattolica diocesana e così è stato. Domenica 2 Febbraio, si è svolta infatti la XV assemblea diocesana dell’associazione, preziosa occasione in cui allo scadere di ogni triennio l’AC vive in forma concentrata alcune scelte tipiche della sua identità, in particolare quella unitaria e quella democratica: adulti, giovani e ragazzi, attraverso i loro rappresentanti e delegati, si ritrovano insieme per verificare il cammino fatto, discutere quello futuro ed eleggere in modo democratico i nuovi responsabili per il triennio successivo. L’assemblea è stata aperta dalla recita dell’Ora Media alla presenza del Vescovo. Nel suo intervento, mons. Giusti ha invitato l’AC a curare in particolare alcuni aspetti di quella "missionarietà educativa" tipica dell’associazione: la fascia dei piccolissimi (0-6 anni); l’ambiente della scuola e del lavoro, attraverso la creazione del MSAC, il Movimento Studenti, e del MLAC, il Movimento Lavoratori; la cura affinché le associazioni parrocchiali siano complete dei 3 settori Adulti, Giovani e Ragazzi, in modo da indicarle come esempio "educativo" efficace per altre realtà; una maggiore capacità di intervento sui media come laici a proposito di tematiche riguardanti il territorio.

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Dopo la presentazione della bozza di documento programmatico ed una sintesi con diapositive di quanto realizzato dai vari settori nello scorso triennio, è stata la volta del presidente diocesano uscente, Antonio Martella,

inequità è la radice dei mali sociali» afferma Papa ’Questa Francesco nella esortazione «Evangelii gaudium». Esortazione apostolica, ci incita, ci induce

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a fare qualcosa per rialzare le nostre città. Occorre mettere in discussione un’economia predatoria, ed occuparsi tutti del bene comune e rivedere le nostre istituzioni estrattive e non più inclusive. C’é bisogno di una nuova solidarietà che favorisca la condivisione, la moltiplicazione e la distribuzione equa dei beni: «questo pane è per tutti!» Cominciamo dalle piccole cose riportando giustizia nella distribuzione dei beni. Stanando i furbi e gli egoisti. Eliminando i privilegi che gridano indignazione e sconforto. Non lasciamo sole le istituzioni malate, abitiamole e favoriamo azioni che assicurino ad ogni persona un tetto, un lavoro. È tempo di osare per costruire una città coesa e solidale.

che nella sua relazione ha anzitutto messo a fuoco la situazione numerica dell’AC diocesana (circa 400 iscritti, presenza in 12 parrocchie ma solo in 4 di queste in modo completo e significativo), si è poi soffermato su alcune criticità associative e del più generale contesto diocesano, e ha concluso con l’indicazione di alcuni atteggiamenti necessari a chi farà parte del nuovo Consiglio: la disponibilità seria ad assumersi una responsabilità associativa,

l’urgenza di dialogare con tutti, la volontà di lavorare insieme, secondo quella che è la caratteristica principale dell’essere associati. Infine, a nome del Centro nazionale, è intervenuta Elena Poser, segretario nazionale del MSAC, Movimento Studenti di AC, che prendendo spunto dal documento dell’assemblea nazionale Persone nuove in Cristo Gesù – Corresponsabili della gioia di vivere, ha indicato soprattutto tre urgenze: la

I membri del nuovo Consiglio diocesano eletti del nuovo Consiglio diocesano di AC per Gilli triennio 2014-2017 sono i seguenti: Settore Ragazzi: Alessio Puccini, Veronica Bolognesi, Michele Roffi, Simone Grimaldi Settore Giovani: Michele Martella, Giacomo Foresi Settore Adulti: Maria De Biasi, Lavinia Bernardini, Leonardo Cavallini, Gabriele Maremmani, Antonio Martella, Serena Godioli, Angelo Gaudio, Mirella Tonini.

famiglia, invitando ad una sempre maggiore collaborazione tra Adulti e ACR; la parrocchia, cercando di portare l’AC laddove non è ancora conosciuta; e la città, con l’impegno ad una maggiore attenzione al territorio e alle sue problematiche. Il dibattito è stato molto partecipato, con numerosi interventi di riflessione e proposta. Ad intervallare il tutto ci sono stati poi alcuni momenti significativi: accompagnati da diapositive raffiguranti le loro raccolte personali di tessere, sono intervenuti con la loro testimonianza alcuni grandi "vecchi" di AC, tra cui Lucia Menga, Zita Falleni e Ugo Canonici, mentre di altri non più presenti sono state ricordati nomi e storie. E’ stato il doveroso e commosso omaggio ai "giganti" sulle cui spalle e grazie ai quali anche oggi l’AC può proseguire la sua storia più che secolare di servizio alla diocesi e alla città di Livorno.


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LA SETTIMANA DI LIVORNO

9 febbraio 2014

TESTIMONI Chiara Corbella Petrillo

Siamo nati e non moriremo mai più er le Edizioni Porziuncola di Assisi, SimoneTroisi Pvolume: e Cristiana Paccini hanno dato alle stampe il «Siamo nati e non moriremo mai più», Storia di Chiara Corbella Petrillo. Un libro particolarmente sentito dagli autori perché Chiara era stata una loro cara amica. PadreVito D’Amato, assistente spirituale di Chiara, scrive che si tratta di «una vicenda che stupisce e, allo stesso tempo, terrorizza, affascina». Nella prefazione il marito Enrico specifica: «questo libro serve semplicemente per testimoniare, a chi vuole aprire il suo cuore, che Dio è buono e che si può morire felici». «Una persona muore -scrivono gli autori- come ha vissuto. Chiara è morta in maniera incredibile, sorridendo in faccia alla morte. Molto più che serena: felice. Stare accanto a lei è vedere vivere e morire un figlio di Dio». Chiara ed Enrico si incontrano nel 2002 a Medjugorje, si frequentano poi a Roma, stanno insieme, il fidanzamento dura sei anni costellato da molte rotture ma anche dall’appoggio di PadreVito, il loro comune consigliere spirituale. Partecipano alla Marcia Francescana per arrivare alla Porziuncola che «per Enrico e Chiara è un cammino di guarigione del cuore». Dicono gli autori: «Forse la storia di Chiara è chiamata proprio a questo, a mostrare la bellezza del matrimonio che con le sue urgenze, i suoi doni e le sue fatiche, è realmente una via che santifica. Gli sposi infatti rivelano al mondo come Dio ama». Dopo un mese dal matrimonio Chiara rimane incinta, ma la bambina che ha in grembo ha una malformazione alla testa: non ha la scatola cranica, potrebbe abortire ma è una scelta che non le passa nemmeno per la testa. Ha timore di dirlo al marito, ma Enrico le dice «Non preoccuparti. E’nostra figlia: la accompagneremo fin dove possiamo». Chiara ed Enrico portano avanti una idea di vita che molti trovano scomoda. Ma è proprio quella professata dalla Chiesa. L’idea di una vita che vale di per sé, a prescindere dall’intelligenza, dalla capacità di ragionare e dalla bellezza. All’avvicinarsi del parto i volti di Enrico e Chiara esprimono una pace che lascia tutti disorientati. Anche i medici. Guardare negli occhi chi, nella sua sofferenza, non si stacca da Dio fa effetto. Conoscere qualcuno che ha Gesù come unica speranza aggiunge qualcosa alla propria vita. La bimba vivrà per 40 minuti e PadreVito ha il tempo di battezzarla con il nome di Maria Grazia Letizia. Grazie a questa figlia silenziosa i due coniugi imparano che la morte non è brutta come sembra. La bimba è passata dalle loro braccia a quelle del Padre e di questo sanno riconoscere la bellezza. Chiara ha una seconda gravidanza e anche questa volta l’ecografia mostra che il bambino, si chiamerà Davide Giovanni, ha una grave malformazione alle gambe. Sarà un disabile, i genitori, ancora una volta diranno «Sì», e si apprestano ad accoglierlo. Si scopre, con una successiva ecografia, che mancano i reni, e quindi anche lui non vivrà, ma chi va a trovarli a casa «sperimenta la pace di chi ha lasciato entrare Dio nel proprio cuore». Padre Vito verrà da Assisi a battezzare il piccolo che vivrà per soli 38 minuti. Chiara rimane di nuovo incinta per la terza volta e il bambino è sano. Il bimbo cresce nel seno della mamma ma a Chiara viene diagnosticato un carcinoma. Sono presenti anche dei linfonodi sul collo, ma la chirurgia oncologica potrebbe danneggiare il bambino e i dottori propongono di farlo nascere prima. Chiara non l’accetta, «il suo unico pensiero è quello di dare a Francesco tutto ciò di cui ha bisogno». Il 30 maggio 2011 nasce un bambino bellissimo. Il 3 giugno Chiara viene operata di nuovo: due linfonodi sono maligni, deve iniziare la chemio e la radioterapia e sospendere l’allattamento. I problemi aumentano: si manifestano delle lesioni ai polmoni, a marzo dell’anno successivo Chiara sta meglio va a Loreto e a Assisi insieme al marito e affidano, alla Porziuncola, il piccolo Francesco nelle mani della Vergine Maria. Il 27 marzo una tac mostra metastasi anche al seno, al fegato e all’occhio. Ma Chiara «sorride anche lì, nell’ospedale, dove indossa una maglietta blu con un brano del Vangelo di Giovanni che parla del Figlio di Dio». Esce dall’ospedale anche se i medici sono contrari. Attua il suo ultimo desiderio: quello di ritornare a Medjugorje dove aveva conosciuto Enrico. Il 2 maggio Enrico e Chiara che ha un occhio chiuso da una benda, durante l’udienza del mercoledì incontrano Papa Benedetto XVI che, sentendo la sua storia, si commuove e l’abbraccia. Gli ultimi giorni li passa nella casa dei genitori in campagna, che diventa il luogo in cui tante persone vengono a trovarla. Il 13 giugno Chiara muore, «Vi voglio bene a tutti», dice. Ha 28 anni. Gianni Giovangiacomo

relatori: PADRE MAURIZIO DE SANCTIS E MAURIZIO SCHOEPFLIN

Sostenere la vita è sempre una vittoria esperienze concrete che vengono riportate e spiegate.

Nel primo incontro della settimana dedicata alla vita si è parlato del dramma dell’aborto visto dalla parte dell’uomo

a Settimana per Vita 2014 incentrata sul tema «Generare futuro» ha avuto inizio nel Salone parrocchiale della Chiesa di S. Rosa con la presentazione del libro di Antonello Vanni «Lui e l’aborto». L’incontro è stato aperto dal Vescovo Giusti che ha chiarito che l’argomento di cui si voleva parlare era l’aborto, un tema sul quale «si pensa sempre alla donna e mai all’uomo», ed è invece opportuno cogliere anche questo aspetto certamente non secondario. Oggi -ha continuato- assistiamo alla crisi del «padre» e la stessa legge 194 lascia molto in ombra la responsabilità del padre, «il figlio è di tutti e due i genitori!». Il Vescovo ha anche ricordato l’apertura del Consultorio Diocesano in Via Donnini per incontrare i bisogni delle coppie, «è un bell’impegno che stiamo portando avanti al fine di sviluppare anche una maternità e una paternità responsabile».

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Daniela Musumeci, responsabile del Movimento per la Vita, ha presentato i due relatori della serata: Padre Maurizio De Sanctis, psicologo e parroco di S. Rosa, e il professor Maurizio Schoepflin, docente di Filosofia alla facoltà di Scienze Religiose a Roma, noto giornalista, pubblica articoli e recensioni su molti periodici cattolici tra cui Avvenire e Toscana Oggi. Schoepflin ha iniziato

dicendo che il testo del Vanni fa riflettere e che lui lo ha voluto interpretare attraverso cinque parole chiave: ideologia –cuore solitudine individualismo –de responsabilità. Su tutte è il fattore ideologico che le sovrasta e la condiziona, infatti l’aborto è un dato ideologico che comprime la realtà vera, l’uomo viene ritenuto fuori dall’aborto ma anche lui vive sempre una situazione di coinvolgimento, ma in nome della ideologia i padri sono costretti al silenzio. Il cuore ha continuato-”ha delle ragioni che la ragione non comprende!”, il grave disagio psicologico che anche l’uomo affronta non deve essere considerato, negando così la sua profonda dimensione umana. L’aborto è poi una vicenda di solitudine, prima di tutto è quella del bambino non nato, poi la solitudine profonda del padre e della madre che “è uno dei drammi della contemporaneità”, donna e uomo si sentono dunque soli, e solo i Consultori

cercano di bucare il muro della solitudine. L’individualismo è poi tipico della società attuale, “ognuno può fare da solo, ognuno è metro per se stesso”, il “secondo me” è diventato una specie di dogma, non c’è una speranza di trovare qualcosa che valga per tutto, una verità, una convinzione comune. La de responsabilità è dovuta al fatto che si preferisce “liberarsi del fardello” perché non si vuole far fronte ai propri impegni, è invece necessario accettare la sfida della responsabilità, per questo è opportuno far nascere “un terreno culturale fertile” educando le nuove generazioni, il libro di Vanni -ha concluso- è importante perché è attento alle

Padre Maurizio ha esordito dicendo che il volume è interessante proprio per forte risvolto psicologico e per la ricchezza delle testimonianze vissute. Si evince che l’assenza del padre è molte volte alla base dell’aborto stesso. La donna ha bisogno del sostegno dell’altro, è fondamentale che l’altro le stia vicino. Padre Maurizio ha poi parlato della sua esperienza vissuta due anni fa con una coppia che aveva già l’appuntamento in clinica per l’interruzione della gravidanza. “Mi sono messo dalla loro parte”, non solo da un punto di vista economico, hanno percepito così che un sacerdote, una comunità, si “erano presi a cuore la loro storia, che li ha fatti sentire non più soli”. L’autore del libro -ha aggiunto Padre Mauriziospiega che noi ci troviamo in una società senza padri, una società dunque che ha creato una sorta di paura nei confronti della paternità. Il rapporto della madre e del padre nei confronti del bambino è essenziale perché con lui si intreccia un rapporto di relazione. Citando infine Hans Jonas e il principio di responsabilità, Padre Maurizio ha terminato dicendo che il libro è dedicato a quei bambini che rischiano di cadere nel nulla. Il nostro pianeta va custodito per le muove generazioni e il problema della “qualità della vita” è una grande bugia: “quello che importa è la vita, non la sua qualità”, “la vita va sempre accettata e amata”. Gianni Giovangiacomo

LA MESSA CON I RAGAZZI DELLE SCUOLE SALESIANE

I superpoteri di San Giovanni Bosco Monsignor Giusti parla ai ragazzi con il loro linguaggio os’hanno in comune don Bosco, le Winx e i Fantastici 4? A prima vista niente, ma se analizziamo le caratteristiche tipiche dei supereroi, scorgiamo un filo rosso che unisce personaggi e mondi apparentemente inconciliabili. È quanto ha detto il Vescovo durante l’omelia per la festa di San Giovanni Bosco, in una chiesa letteralmente gremita. Quali sono dunque le famose caratteristiche dei supereroi? Il coraggio innanzitutto, la forza e poi il voler bene. Tuttavia il rischio è di confinare questi personaggi nel solo mondo della fantasia e di non scorgerli nel mondo reale. Ma nel mondo reale essi esistono… se un uomo è capace di vedere nel futuro, di guarire i malati, persino di leggere nel più profondo del cuore delle persone, allora altro non è che un supereroe, come don Bosco appunto. Don Bosco si trovò solo, nella Torino anticlericale del 1800, e cercò di aiutare i ragazzi che venivano sfruttati per i lavori più pesanti. Don Bosco li accoglieva, creava delle scuole, si adoperava senza sosta per la loro felicità e le decisioni più importanti le prendeva in sogno. Qual è perciò il segreto per diventare un supereroe o, per definirlo in altro modo, un santo? Il segreto è uno solo e monsignor Giusti lo illustra mirabilmente usando il linguaggio tipico dei ragazzi d’oggi: essere sempre connessi con Dio. Don Bosco era sempre in rete, con l’ADSL, con nostro

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Signore … in altre parole aveva sempre campo. E da questo legame con Dio, don Bosco ereditò il dono dell’intelligenza, della furbizia e dell’allegria. La sua vita di preghiera era esemplare, tanto da farlo diventare grande nell’Amore. Quindi per diventare grandi personaggi non è necessario partecipare al Grande Fratello, tutt’altro! Per la piena riuscita della nostra vita è necessario essere sempre connessi con Dio, essere grandi nell’amore e essere sempre contenti, perché la gioia è Dio stesso. E non bisogna aver paura di sognare: don Bosco aveva grandi sogni, era un po’ matto come tutti i santi. Un po’ matto come può apparire agli occhi di

qualcuno anche Papa Francesco, ma la maggior parte delle persone compie viaggi interminabili, affrontando mille disagi pur di vederlo perché in lui vede un uomo completo. L’insegnamento di don Bosco che dobbiamo portarci nel cuore è che non si deve arrivare al successo calpestando tutto e tutti, ma aiutandoci gli uni gli altri. Ricordando che, la cosa che rende bella una persona è il suo cuore … i super poteri sono tutti custoditi là dentro! Benedetta Agretti Si ringrazia Alessandro Solimani per la foto


TOSCANA OGGI

LA SETTIMANA DI LIVORNO

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Don Valerio Barbieri racconta ai Serrani la sua esperienza di studi

L’INTERVISTA ALL’INGEGNER Valfredo Zolesi

La Terra Santa luogo della mia fede l Serra Club ha invitato il giovane IParrocchia sacerdote Valerio Barbieri presso la di San Jacopo per

Sognando... la LUNA! L’ingegner Valfredo Zolesi, alla guida della Kayser Italia, ci racconta come è nata questa azienda e sogna nuovi progetti per la città DI

MARTINA BONGINI

e dovessimo immaginare un luogo ideale dove poter far sorgere un’azienda, quale sarebbe? Molti penserebbero ad un grattacielo, altri in un importante palazzo al centro della città, altri ancora magari in un’area dedicata alle imprese ma per chi vuole sognare e magari "andare sulla Luna" il posto giusto è in mezzo alla natura. Ed è proprio che immersa nel verde e tra i boschi delle colline livornesi sorge la Kayser Italia, l’agenzia aerospaziale che dal 1986 ha messo le radici nella nostra città. Una realtà piuttosto singolare, nata dall’incontro tra un’ingegnere tedesco e l’attuale proprietario, ingegner Valfredo Zolesi, che più di trent’anni fa decisero di buttarsi in questa avventura; un esperimento ben riuscito e che continua a produrre sempre più frutti. «Il nostro intento è quello di trasformare i sogni degli scienziati in realtà, come ci spiega l’ingegner Zolesi». E ci riescono molto bene. Dalla sua nascita fino ad oggi la Kayser Italia è andata nello spazio ben cinquantaquattro volte con più di ottanta esperimenti, con un tasso di successo del cento per cento perché «nello spazio c’è un’unica chance». «Per ottenere il massimo è

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necessario puntare al massimo ed oltre: non è vero che le piccole imprese sono ricchezze, o meglio, lo sono nella misura in cui un’azienda piccola tende a diventare grande, perché solo così può rendere al massimo delle sue potenzialità offrendo al territorio grandi opportunità. Livorno purtroppo, continua Zolesi, ha perso gran parte delle grandi aziende e per uscire da questa situazione tragica deve riuscire a diventare attrattiva ed attraente. Ci dobbiamo chiedere perché un investitore dovrebbe venire qui. Questa città ha un grande vantaggio: è un ambiente piacevole dal punto di vista di qualità della vita ma questo non basta; è necessario che ci si chieda se ci sono aree e qualifiche adeguate». Un elemento, quello della qualifica, che sta molto a cuore all’ingegnere: «negli ultimi tempi l’età di laurea si è allungata, magari si punta al massimo voto ma ci si laurea a più di trent’anni; prima mi arrivavano almeno quattro, cinque curricula al giorno, oggi sono diminuiti: i giovani sembrano avere meno aspettative. Ma proprio nei momenti di crisi sono convinto che bisogna investire ed ecco infatti che lo scorso anno abbiamo assunto quattro o cinque persone». In merito alla formazione

degli ingegneri non ci sono dubbi, «è bene che qualcuno vada all’estero: andare fuori paga perché si respira un’aria diversa da quella di casa ma soprattutto ci si approccia al lavoro e in una lingua completamente diversa dalla nostra.» Ma come è possibile risorgere da una crisi? Zolesi, cita quelli che sono i cinque pilastri per lui fondamentali, racchiusi in una sola parola, FIRST: formazione, innovazione, ricerca, sviluppo e tecnologia. «Queste colonne sono essenziali per guardare al futuro. Sarebbe possibile attuarle grazie ad un progetto per il nostro territorio ad alto contenuto di sfida.

Alcune INFORMAZIONI CHE COS’È LA KAYSER ayser Italia è una Piccola Media Impresa (PMI), una società di ingegneria di sistema aeroK spaziale privata e indipendente, di proprietà della famiglia del Dr. Valfredo Zolesi. E ’stata costituita nel 1986 e dal 1995 è al 100% di proprietà italiana. In un edificio moderno, l’azienda ha 5.000 metri quadrati di proprietà, organizzati in uffici, sale riunioni, sala conferenze, laboratori, camera pulita, la produzione, l’ispezione e area di integrazione, e di un centro di supporto utente Funzionamento (USOC) per il sostegno alla l’esecuzione di esperimenti con gli astronauti a bordo della ISS. L’area di lavoro è circondata da una proprietà di 22.000 mq di macchia mediterranea. Fin dall’inizio, Kayser Italia ha partecipato a più di 50 missioni spaziali con oltre 80 carichi utili, tutti a termine con pieno successo scientifico, tecnico, economico e programmatico. Lo staff è composto da 50 alti ingegneri specializzati, con esperienza in elettronica, aeronautica, meccanica, termodinamica, fisica, informatica, ottica e biologia molecolare. Le loro capacità di progettazione e produzione, si unì con un profondo background di ingegneria, hanno permesso la partecipazione della società sia come prime-contractor così come sub-contractor a molti programmi dell’Agenzia spaziale europea (ESA) e Agenzia Spaziale Italiana (ASI), soprattutto in l’area delle scienze della vita (biologia e fisiologia umana). Le payloads sviluppati da Kayser Italia sono stati volato sulle capsule russe Bion, Foton, Progresso, Soyuz, il Sistema di Trasporto Shuttle (STS), sul modulo HTV giapponese, il cinese Shenzhou-8, sul modulo ATV europea, naturalmente, sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS). L’azienda è certificata ISO 9001, e il personale è qualificato per la produzione di circuiti elettronici e cablaggio, e la loro ispezione, in conformità con gli standard ESA. Kayser Italia sostiene borse di studio e programmi di partenariato con le università e gli istituti di ricerca ed è attivamente coinvolto nella promozione del processo di integrazione tra grandi e piccole e medie imprese che lavorano nello spazio.

Così facendo, ci renderemmo conto che non abbiamo le competenze adatte e l’esigenza di ottenerle metterebbe in moto la necessità di creare un progetto». La Kayser è una realtà che collabora ed interagisce soprattutto all’estero, con gli Stati Uniti, la Germania ma nonostante ciò, la produzione ingegneristica è "home made" mentre la produzione meccanica è affidata ad aziende esterne, comunque locali: un modo per farle crescere ed ampliare gli orizzonti. «Il nostro, è un settore ad altissima specializzazione, spiega Zolesi, il prodotto è concepito per andare nello spazio ma proprio perché in orbita è più facile capire che cosa accade a terra, si cerca di fare ricadere protocolli e ricerche aerospaziali in ambito civile..anche se non è poi così semplice! Al momento, abbiamo in cantiere venti progetti e quattro lanci spaziali inoltre abbiamo la responsabilità della spedizione del nostro astronauta Samantha Cristoforetti, che trascorrerà sei mesi nello spazio». Un lavoro piuttosto particolare, di quelli che si sognano da bambini, quando ti chiedono "che cosa vuoi fare da grande?" e tu rispondi "l’astronauta": un sogno che non è poi così difficile realizzare, basta crederci. «Avere la capacità di sognare è la base di tutto. Mi auguro che la mia passione continui ad essere tramandata, non smettendo mai di sognare e avendo la capacità di andare oltre le proprie sensibilità. In fin dei conti anche Giuseppe fa delle scelte, che sono conseguenza di un sogno!».

raccontare la propria esperienza durante la permanenza in Terra Santa per approfondire gli studi Biblici. Don Valerio nella premessa ha osservato che pur essendo quei luoghi affidati dalla Santa Sede ai frati francescani, non devono essere considerati “luoghi superiori in ordine alla salvezza”, in quanto la salvezza viene solo da Gesù Cristo. L’episodio della samaritana al pozzo è esplicito in tal senso, perché è solo nell’Antico Testamento che Dio era presente solo in quei luoghi. Pertanto a noi è dato in dono di visitare quei luoghi facendo memoria durante il pellegrinaggio, degli eventi salvifici; gli studi biblici e archeologici, hanno lo scopo di aiutarci ad approfondire la conoscenza della sacra Scrittura. Paradossalmente, per chi non si pone con lo spirito giusto durante il pellegrinaggio, “la Terra Santa diventa il luogo dove si può perdere la fede”. Questo per tre ordini di motivi: il primo in quanto vi è assenza di pace; sui giornali leggiamo dei continui conflitti e quindi è spontanea la domanda del come mai nella terra di Gesù non ci sia la pace. Il secondo motivo è dovuto al fatto che nei luoghi dove si ricordano gli episodi più importanti della vita di Gesù: grotta della Natività e Santo Sepolcro, oltre ad essere spartiti tra le varie Confessioni Cristiane, assistiamo ad episodi di inimicizia che dividono anziché unire i credenti battezzati nell’Unico Cristo! Il terzo ordine di motivi è dovuto alla diversa concezione della storia e dell’autenticità dei luoghi; per cui dobbiamo sempre considerare che essendo stati i primi secoli dei cristiani un periodo dove erano in minoranza (solo con Costantino ci sarà la libertà e il loro riconoscimento), non c’è stata una identificazione precisa per alcuni luoghi e anche durante le Crociate, coloro che erano deputati alla salvaguardia, non si preoccuparono di accertarsi dell’autenticità dei luoghi e anche i toponimi sono stati cambiati. La ricerca archeologica ha ora un modo scientifico per

determinare l’autenticità del luogo per cui restano molte ricerche da fare. Passando poi don Valerio a raccontare i due anni di permanenza in Terra Santa ha ricordato la forte amicizia instaurata con i frati e anche la difficoltà a vivere una dimensione dove la relazione con una comunità parrocchiale è venuta meno in quanto lo studio lo teneva lontano dal contatto con l’esterno. Gli è anche mancata la dimensione del “pellegrino” che si augura in un futuro di poter sperimentare invitando i presenti a pregare e a sostenere quei cristiani specie arabo-palestinesi che vivono tante difficoltà e nel giorno del Venerdì Santo le preghiere e le offerte dovrebbero essere solo per loro. Mo.C.


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LA SETTIMANA DI LIVORNO

9 febbraio 2014

Agenda del VESCOVO

Diocesi informa VENERDÌ 7 FEBBRAIO Nella mattina, udienze laici in vescovado 18.30 incontro con i cresimandi, i genitori, i catechisti e i parroci in vescovado DOMENICA 9 FEBBRAIO 10.30 S. Messa alla chiesa di San Giusto a Parrana San Giusto in occasione della visita pastorale al VI vicariato LUNEDÌ 10 FEBBRAIO 18.30 in ospedale, tavolo dell’oggettività con i primari MARTEDÌ 11 FEBBRAIO Nella mattina, udienze clero in vescovado 16.00 S. Messa in ospedale, in occasione della Giornata del Malato MERCOLEDÌ 12 FEBBRAIO 9.30 incontro con il clero giovane alla Villa del Seminario in Via Numa Campi GIOVEDÌ 13 FEBBRAIO 21.00 nell’ambito della visita pastorale al VI vicariato, il Vescovo incontra i genitori dei ragazzi del catechismo della parrocchia di San Luca a Stagno VENERDÌ 14 FEBBRAIO Nella mattina, udienze laici in vescovado 19.00 Lectio divina in seminario SABATO 15 FEBBRAIO 8.00 pellegrinaggio mensile diocesano al Santuario di Montenero, a seguire S. Messa

BREVI DALLA DIOCESI

DOMENICA 16 FEBBRAIO 10.30 S. Messa e cresime di un gruppo di adulti alla chiesa di SantAgostino

PASTORALE GIOVANILE VINCENZIANA

Libri da LEGGERE

14 febbraio Preghiera Giovane "Il dono della fortezza" ore 20.00 Casa S. Giuseppe Quercianella (LI) a seguire, cena frugale

di Mo.C.

Zanini R.I. - Natuzza Evolo. Come Bibbia per i semplici. - Ed. San Paolo. pp. 214, euro 14,00. Chi era Natuzza Evolo? Che cosa rimane della sua eredità spirituale? Che significato dare ai fenomeni che hanno accompagnato la sua vita? Come interpretare quella sorta di Bibbia vivente che era diventato il suo stesso corpo?. Il giornalista della redazione romana di Avvenire, Roberto Italo Zanini che si occupa di politica dei mass media, aiuta il lettore a penetrare nel mondo interiore della mistica di Paravati. Cerca di ricostruire la relazione decisiva tra la storia personale e la vicenda interiore di una donna che continua ad invitare ad alzare gli occhi al cielo, verso quel Paradiso che troppo spesso dimentichiamo e verso un Dio che, come spesso ama ripetere Papa Francesco, ha un solo desiderio: amare le donne e gli uomini, soprattutto quelli che soffrono. E’ questa un’inchiesta condotta con molta serietà che ci fa comprendere come una donna incolta, povera ma ricca di Dio sia diventata punto di riferimento per milioni di persone. Era solita dire: " Non cercate me, alzate lo sguardo verso Gesù e la Madonna. Io sono con voi e prego".

15 febbraio Incontro sulla mondialità - per tutti (vedi volantino) "Usciamo ad offrire a tutti la Chiesa di Gesù Cristo" interverrà don Gino Berto sdb ore 10.00 - 12.30 presso la Parrocchia del Sacro Cuore di Livorno Nel pomeriggio dello stesso 15 febbraio, incontro con i giovani che vorrebbero partecipare all’esperienza missione in Eritrea 2014. L’incontro terminerà nel tardo pomeriggio. N.B. Per chi viene da lontano c’è come sempre la possibilità di rimanere a dormire, è importante comunicarlo quanto prima per organizzare l’ospitalità.

Diamo Ali alle strade VENERDÌ 7 FEBBRAIO ALLE 21.15 Presso la Sala "Beckett" del Centro Artistico "Il grattacielo" in Via del Platano incontro dal titolo: "Non possiamo rimanere inetri di fronte alla globalizzazione dell’indifferenza", interviene Antonietta Potente, teologa domenicana.

Incontro dei diaconi SABATO 8 FEBBRAIO ALLE 16.00 Incontro con don Antonio Cecconi dal titolo "Come coniugare la Carità e la Giustizia"

Settimana per la vita Martedì 11 febbraio, “Giornata del malato” S. Messa in ospedale alle ore 16.00, a seguire incontro: ”Tra accanimento terapeutico ed eutanasia” Laura Guerrini (neonatologa AOPU Pisa). Venerdì 21 febbraio ore 21.00, Teatro Salesiani: “Bene comune” atto unico di Mimmo Muolo con la compagnia Spes on stage, a seguire incontro tra attori e pubblico (vedi locandina in pagina).


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LA SETTIMANA DI LIVORNO

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Grazie ai tanti sacerdoti santi che danno la loro vita nel silenzio a Chiesa non si può capire come semplice organizzazione umana, la differenza la fa l’unzione che dona a vescovi e sacerdoti la forza dello Spirito per servire il popolo di Dio. Il Pontefice ha ringraziato i tanti sacerdoti santi che danno la vita nell’anonimato del loro servizio quotidiano. Commentando la prima lettura del giorno, che parla delle tribù d’Israele che ungono Davide come loro re, il Papa spiega il significato spirituale dell’unzione. “Senza questa unzione – ha affermato - Davide sarebbe stato soltanto il capo” di “un’azienda”, di una “società politica, che era il Regno d’Israele”, sarebbe stato un semplice “organizzatore politico”. Invece, “dopo l’unzione, lo Spirito del Signore” scende su Davide e rimane con lui. E la Scrittura dice: “Davide andava sempre più crescendo in potenza e il Signore Dio degli eserciti era con lui”. “Questa – osserva Papa Francesco - è proprio la differenza dell’unzione”. L’unto è una persona scelta dal Signore. Così è nella Chiesa per i vescovi e i preti: “I vescovi non sono eletti soltanto per portare avanti un’organizzazione, che si chiama Chiesa particolare, sono unti, hanno l’unzione e lo Spirito del Signore è con loro. Ma tutti i vescovi, tutti siamo peccatori, tutti! Ma siamo unti. Ma tutti vogliamo essere più santi ogni giorno, più fedeli a questa unzione. E quello che fa la Chiesa proprio, quello che dà l’unità alla Chiesa, è la persona del vescovo, in nome di Gesù Cristo, perché è unto, non perché è stato votato dalla maggioranza. Perché è unto. E in questa unzione una Chiesa particolare ha la sua forza. E per partecipazione anche i preti sono unti”. L’unzione – prosegue il Papa – avvicina i vescovi e i preti al Signore e dà loro la gioia e la forza “di portare avanti un popolo, di aiutare un popolo, di vivere al servizio di un popolo”. Dona la gioia di sentirsi “eletti dal Signore, guardati dal Signore, con quell’amore con cui il Signore ci guarda, tutti noi”. Così, “quando pensiamo ai vescovi e ai preti, dobbiamo pensarli così: unti”: “Al contrario non si capisce la Chiesa, ma non solo non si capisce, non si può spiegare come la Chiesa vada avanti soltanto con le forze umane. Questa diocesi va avanti perché ha un popolo santo, tante cose, e anche un unto che la porta, che l’aiuta a crescere. Questa parrocchia va avanti perché ha tante organizzazioni, tante cose, ma anche ha un prete, un unto che la porta avanti. E noi nella storia conosciamo una minima parte, ma quanti vescovi santi, quanti sacerdoti, quanti preti

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La riconoscenza verso i nostri sacerdoti e l’amarezza nell’essere invidiosi verso i fratelli: due temi significativi affrontati dal Pontefice santi che hanno lasciato la loro vita al servizio della diocesi, della parrocchia; quanta gente ha ricevuto la forza della fede, la forza dell’amore, la speranza da questi parroci anonimi, che noi non conosciamo. Ce ne sono tanti!”. Sono tanti – dice Papa Francesco – “i parroci di campagna o parroci di città, che con la loro unzione hanno dato forza al popolo, hanno trasmesso la dottrina, hanno dato i sacramenti, cioè la santità”: “’Ma, padre, io ho letto su un giornale che un vescovo ha fatto tal cosa o che un prete ha fatto tal cosa!’. ‘Eh sì, anche io l’ho letto, ma, dimmi, sui giornali vengono le notizie di quello che fanno tanti sacerdoti, tanti preti in tante parrocchie di città e di campagna, tanta carità che fanno, tanto lavoro che fanno per portare avanti il loro popolo?’. Ah, no! Questa non è notizia. Eh, quello di sempre: fa più rumore un albero che cade, che una foresta che cresce. Oggi pensando a questa unzione di Davide, ci farà bene pensare ai nostri vescovi e ai nostri preti coraggiosi, santi, buoni, fedeli e pregare per loro. Grazie a loro oggi noi siamo qui!”.

Gelosie, invidie e chiacchiere dividono e distruggono le comunità cristiane chiudano le porte a gelosie, invidie e chiacchiere Ichecristiani dividono e distruggono le

nostre comunità. La riflessione del Papa è partita dalla prima lettura del giorno che parla della vittoria degli israeliti sui filistei grazie al coraggio del giovane Davide. La gioia della vittoria si trasforma presto in tristezza e gelosia per il re Saul di fronte alle donne che lodano Davide per aver ucciso Golia. Allora, “quella grande vittoria – afferma Papa Francesco incomincia a diventare sconfitta nel cuore del re” in cui si insinua, come accadde in Caino, il “verme della gelosia e dell’invidia”. E come Caino con Abele, il re decide di uccidere Davide. “Così fa la gelosia nei nostri cuori – osserva il Papa - è un’inquietudine cattiva, che non tollera che un fratello o una sorella abbia qualcosa che io non ho”. Saul, “invece di lodare Dio, come facevano le donne d’Israele, per questa vittoria, preferisce chiudersi in se stesso, rammaricarsi” e “cucinare i suoi sentimenti nel brodo dell’amarezza”: “La gelosia porta ad uccidere. L’invidia porta ad uccidere. E’ stata proprio questa porta, la porta dell’invidia, per la quale il diavolo è entrato nel mondo. La Bibbia dice: ‘Per l’invidia del diavolo è entrato il male nel mondo’. La gelosia e l’invidia aprono le porte a tutte le cose cattive. Anche divide la comunità. Una comunità cristiana, quando soffre – alcuni dei membri – di invidia, di gelosia, finisce divisa: uno contro l’altro. E’ un veleno forte questo. E’ un veleno che troviamo nella prima pagina della Bibbia con Caino”. Nel cuore di una persona colpita dalla gelosia e dall’invidia – sottolinea ancora

il Papa - accadono “due cose chiarissime”. La prima cosa è l’amarezza: “La persona invidiosa, la persona gelosa è una persona amara: non sa cantare, non sa lodare, non sa cosa sia la gioia, sempre guarda ‘che cosa ha quello ed io non ne ho’. E questo lo porta all’amarezza, un’amarezza che si diffonde su tutta la comunità. Sono, questi, seminatori di amarezza. E il secondo atteggiamento, che porta la gelosia e l’invidia, sono le chiacchiere. Perché questo non tollera che quello abbia qualcosa, la soluzione è abbassare l’altro, perché io sia un po’ alto. E lo strumento sono le chiacchiere. Cerca sempre e vedrai che dietro una chiacchiera c’è la gelosia e c’è l’invidia. E le chiacchiere dividono la comunità, distruggono la comunità. Sono le armi del diavolo”. “Quante belle comunità cristiane” – ha esclamato il Papa – procedevano bene, ma poi in uno dei membri è entrato il verme della gelosia e dell’invidia e, con questo, la tristezza, il risentimento dei cuori e le chiacchiere. “Una persona che è sotto l’influsso dell’invidia e della gelosia – ribadisce – uccide”, come dice l’apostolo Giovanni: “Chi odia il suo fratello è un omicida”. E “l’invidioso, il geloso, incomincia ad odiare il fratello”. Quindi, conclude: “Oggi, in questa Messa, preghiamo per le nostre comunità cristiane, perché questo seme della gelosia non venga seminato fra noi, perché l’invidia non prenda posto nel nostro cuore, nel cuore delle nostre comunità, e così possiamo andare avanti con la lode del Signore, lodando il Signore, con la gioia. E’ una grazia grande, la grazia di non cadere nella tristezza, nell’essere risentiti, nella gelosia e nell’invidia”.

dalla CASA

Il diavolo entra nel mondo dalla porta dell’invidia

S. MARTA

PAPA FRANCESCO: DUE DELLE SUE OMELIE GIORNALIERE.........


VI

TOSCANA OGGI

PARROCCHIE & Co. di Giulia Sarti

Una serie di appuntamenti accompagneranno i GAV del I-II-III-IV vicariato da questo mese fino maggio. Incontri formativi per animatori ma anche per giovani che non svolgono attività formativa in parrocchia che vogliano comunque partecipare. Questi gli appuntamenti: -mercoledì 5 febbraio ore 21:15 presso la parrocchia s. Lucia: “Io sto in mezzo a voi come colui che serve” – Lectio Divina sul testo di Lc 22,24-30 -mercoledì 26 febbraio ore 21:15 presso la parrocchia di s. Luca (Villaggio Emilio): “Come comunicare oggi con i giovani” – Incontro con il dott. P. G. Curti, psicologo e psicoterapeuta -lunedì 10 marzo ore 21:15 presso la parrocchia di s. Jacopo: Elaborazione e condivisione a partire dall’incontro del 26 febbraio -lunedì 7 aprile ore 21:15 presso la parrocchia di s. Matteo: Liturgia penitenziale e possibilità di confessarsi -sabato 17 e domenica 18 maggio Partecipazione al Festival della carità

A San Ferdinando UNA COMUNITÀ IN PREGHIERA PER PADRE COSIMO E SUOR DANIELA

inizio del nuovo anno per la comunità Trinitaria di Livorno, non è nato sotto i migliori auspici. Le suore della scuola materna San Ferdinando hanno visto la loro Madre Superiore Suor Daniela Moschetta, venir colpita da un ictus a metà gennaio e subito sottoposta ad un delicato intervento chirurgico. A distanza di pochi giorni il Superiore dei padri Trinitari, Padre Cosimo Bleve, da tempo dolorante al petto, è stato sottoposto ad un importante intervento cardiovascolare. Le preghiere dei confratelli e sorelle, a cui si sono unite quelle dei fedeli della parrocchia, hanno sortito l’effetto sperato e, nonostante l’età avanzata dei due pazienti (ottantuno anni padre Cosimo e settantotto Suor Daniela) il lento ma costante miglioramento delle condizioni di entrambi porta a ben sperare. L’improvvisa assenza dei Superiori non ha ostacolato la vita della comunità trinitaria, che ha sopperito alle duplici mancanze moltiplicando il proprio impegno nelle attività parrocchiali, pur di garantire la presenza di confratelli in ospedale ai due pazienti. A rincuorare e supportare le tre Trinitarie della scuola materna nelle loro attività, sono giunte a Livorno, a dare una mano a suor Margherita e suor Lucia, la Madre Generale Suor Maria Clotilde e suor Enrichetta, mentre padre Michele Siggillino, cappellano del carcere livornese, si è trasformato in ‘’tassista’’, accompagnando le consorelle ed i parenti di Suor Daniela al suo capezzale, per garantirle il costante affetto e la necessaria assistenza spirituale, aiutandola con le preghiere ad uscire dal coma post operatorio ed i timidi segnali di ripresa di questi giorni di metà gennaio, sono confortanti. Ma il buon ‘’tassista’’ non poteva dimenticare il suo Superiore padre Cosimo e così, passando da un ospedale all’altro (Suor Daniela ricoverata a Livorno e padre Cosimo a marina di Massa), garantiva la presenza di parenti e confratelli, anche all’anziano superiore che, ripresosi dal delicato intervento, è ormai in fase di guarigione per far rientro in comunità. Una comunità paradossalmente resa ancor più salda da questi due tristi eventi, che hanno portato tanti fedeli a riunirsi in preghiera col loro giovane parroco padre Emilio Kolaczyk, a recitare il Rosario davanti all’immagine della Madonna del Buon Rimedio. R.O.

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LA SETTIMANA DI LIVORNO

9 febbraio 2014

Il convegno regionale a Pistoia

Giovani a perdere? Indicazioni per i catechisti a Commissione Regionale Toscana per la Dottrina della fede e la Catechesi ha organizzato un Convegno Catechistico Regionale, aperto a tutti i membri degli Uffici Catechistici Diocesani, al Centro Comunitario di Casalguidi (PT), per aprire un dibattito sul nodo pastorale dell’educazione dei preadolescenti e adolescenti alla fede oggi e per proporre una prospettiva pastorale e catechetica adeguata alle comunità parrocchiali del territorio. Il vescovo di Livorno e delegato CET per l’evangelizzazione mons. Simone Giusti ha presentato il Convegno spiegando il titolo provocatorio, ma nodo dei nodi, «giovani a perdere?» scelto per indicare agli educatori come aiutare i ragazzi a capire che la Cresima è un momento di passaggio che va in tutta l’Iniziazione Cristiana verso la solenne Professione di Fede. L’efficacia del post cresima è dovuta a come i ragazzi hanno fatto la preparazione alla Cresima: se uno non vede l’ora di andare via non è colpa sua, ma di come è stato impostato il catechismo, dal rapporto con la comunità. Il rischio che abbiamo nelle nostre comunità è quello di non accogliere i giovani, come invece avviene nelle Associazioni, o di ignorarli: i ragazzi non sono visti come risorsa ma come un problema e per questo bisogna cambiare la mentalità.

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UNA COMUNITÀ EDUCANTE La comunità deve essere educante, cosa significa? La comunità deve rendere partecipi i giovani, ma quali cambiamenti dovrà attuare? Come deve ripensarsi? I ragazzi sono una ricchezza, come valorizzarli? C’è una scuola di preghiera che li aiuti a incontrare il Signore? Siamo capaci? Questi i quesiti da affrontare. Per contestualizzare la riflessione e in-

dicare le attenzioni pastorali e pedagogiche fondamentali, c’è stato l’intervento di don Salvatore Soreca dell’Ufficio Catechistico. In un primo tempo ha spiegato il significato di mistagogia e le cinque tensioni fondamentali che vi si ritrovano: liturgica, catechetico/educativa, biblica, ecclesiologica, vocazionale/esistenziale; ha affrontato il nodo pastorale, vale a dire, l’importanza della presenza dei giovani in una comunità, il significato ecclesiale della loro presenza e la loro accoglienza in comunità. Ha indicato che, per un’adeguata Iniziazione Cristiana ai ragazzi, le comunità sono chiamate a esprimere la loro responsabilità, a pensare itinerari diversi di IC, a garantire agli adolescenti la possibilità di curare la propria vita spirituale attraverso percorsi mistagogici costruiti su 4 fulcri: l’esperienza, la catechesi essenziale, la liturgia, l’educazione all’affettività responsabile. In un secondo tempo don Salvatore Soreca ha riflettuto sulle attenzioni pastorali e pedagogiche per una Pastorale per/con gli adolescenti che sono: prediligere la categoria dell’appartenenza al gruppo e di riflesso alla comunità, prevedere un ingresso graduale e rispettare i tempi, accompagnare gli adolescenti nell’apprendimento, privilegiare la sinergia tra esperienza e narrazione, coinvolgere le famiglie, fare capire all’adolescente che il cammino iniziato lo guiderà alla realizzazione di un proprio progetto di vita. I punti di forza di un itinerario mistagogico sono: il Nuovo Annuncio, educatori maschio e femmina che fanno un servizio insieme agli animatori giovani e dinamici, il valore pastorale ed educativo del sacramento della Riconciliazione. Don Salvatore Soreca ha concluso citando le quattro attenzioni

fondamentali per una mistagogia che sia veramente punto di aggancio ad un cammino di formazione permanente, per "curare e coltivare" l’adolescenza: 1. Sinergia tra la continuità con tutto il processo di IC e la necessaria discontinuità. 2. Il ruolo chiave dell’appartenenza ad una comunità responsabile 3. Annunciare il Vangelo attraverso una lettura evangelica della vita 4. Aperture pedagogiche per gli educatori: alla complessità, all’integrazione, alla riflessione, alla spiritualità. DUE ESPERIENZE Il Convegno è proseguito con la testimonianza della solenne professione di fede di due diocesi della Toscana: Diocesi di Fiesole e Diocesi di Livorno. A Fiesole l’esperienza c’è da oltre 25 anni ed è una provocazione pastorale sotto quella dell’esortazione apostolica missionaria, per ricercare i giovani che hanno lasciato dopo la Cresima; è un tentativo di ricontattare i giovani, ha un atteggiamento di gratuità e fiducia. Il modo è affidato alle parrocchie che devono individuare qualcuno disposto a fare questa ricerca, spesso i giovani che l’hanno fatta la propongono. L’itinerario volge a porsi delle domande in stile di Gesù nel Vangelo di Giovanni, a presentare il volto di Dio, offrire la possibilità di fare la professione di fede. Questo cammino, a causa della mobilità, è molto calato da 25 anni fa ad oggi. Don Fabio Menicagli, direttore dell’Ufficio Catechistico

di Livorno, ha affermato che a Livorno c’è un progetto diocesano in discussione ed elaborazione da almeno 6 anni e che attualmente riflette alcune esperienze, al nord e al sud e in alcune parrocchie della città. Il percorso è in fase di elaborazione e discussione da parte dei preti giovani, in cui c’è attenzione al gruppo e al singolo e che riguarda fasce di età dai preadolescenti, agli adolescenti, per arrivare alla solenne professione di fede a 19 anni. Don Fabio evidenza l’importanza del coinvolgimento della comunità, di un cammino seguito da educatori formati, da presbiteri sempre presenti e dalla famiglia. Nella seconda giornata don Gianni Gualtieri dell’Ufficio Catechistico Regionale ha proposto tre laboratori su: vivibilità, irrinunciabilità, significatività. I presenti al Convegno si sono divisi in tre gruppi ed hanno condiviso le loro esperienze rispondendo a tre domande: quali educatori, quale comunità e quali strumenti. E’ seguito un dibattito e confronto in assemblea dove sono emerse principalmente le carenze, gli obiettivi e le aspettative. Il Convegno è terminato con le conclusioni del vescovo Giusti, il quale ha sottolineato l’esigenza di dare un volto nuovo all’IC per poter compiere una tappa verso la solenne Professione di Fede, l’esigenza di formare giovani cristiani. Come? Il soggetto educante è la comunità che non fa, ma è testimonianza attraverso la liturgia, la carità, la comunione, la capacità di volersi

bene, di accettare i limiti dell’altro senza giudicare o criticare. Occorre apertura verso le aggregazioni laicali, annunciare il Vangelo ai giovani e agli adulti, annunciare la fede della Chiesa. I GIOVANI VOGLIONO LA VERITÀ Parlare ai giovani delle Verità attraverso un linguaggio adeguato, narrare la fede, puntando al cuore, che è Gesù Cristo, affascinando i ragazzi con la mistica. Bisogna sapere narrare la fede alle categorie di oggi affrontando con la ragione illuminata dalla fede. I ragazzi non vogliono discorsi personali, ma la Verità, vogliono credere con il cuore e con la mente; per questo è necessario formare gli adulti, fare catechesi familiare, avere gruppi da quello dei fidanzati a quello dei catechisti perchè la catechesi non ha una fine. La parrocchia deve dare sostegno alla famiglia, rassicurare i cuori con la grazia di Dio; la comunità deve essere giovanile, condivisione, accoglienza e soprattutto non si possono vivere le grandi comunità se non c’è fraternità. Allora i ragazzi scopriranno in parrocchia una seconda casa, sperimenteranno come è bello stare con il Signore, avranno oratori aperti, ascolteranno, avranno dialogo con i presbiteri giocando con loro, vivranno nel Vangelo, coinvolti nella vita comunitaria, seguiranno la Via della Bellezza che li porta a scegliere l’amore per Gesù Cristo, colpiti dallo stupore per come si vive bene in Cristo, non se ne andranno più. Monica Calvaruso

Il Movimento Messaggio di Fatima zelatore del Seminario Vescovile G. Gavi

In preghiera per i giovani seminaristi rande gioia al Seminario Vescovile G.Gavi per l’accoglienza della Madonna di Fatima Pellegrina, proveniente dal Santuario portoghese. Dopo la Peregrinatio Mariae curata dal Movimento del Messaggio di Fatima nella Diocesi di Civita Castellana, nella parrocchia di S. Giuseppe dal caro amico don Luca Gottardi, la preziosa statua è “approdata” a Livorno nel seminario Vescovile. Per l’accoglienza i seminaristi hanno preparato in un angolo della cappellina del seminario un altare contornato di stoffe celesti e bianche, dove è stata collocata la Bianca Signora. Nei giorni che la statua ha sostato in seminario ci sono state diverse iniziative organizzate dal Vice-Rettore Don Rosario Esposito e dai seminaristi: Lodi, Sante Messe, meditazioni e lettura del Messaggio di Fati-

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ma, Vespri, Esposizioni Eucaristiche, Veglia con Adorazione notturna dove ogni seminarista, a turno, nell’arco delle ore notturne, ha fatto compagnia a Nostra Signora. Questa visita Materna non è rimasta una visita occasionale, ma accompagnerà questi ragazzi nel loro cammino formativo verso una vita di servizio a Dio e alla Chiesa. Il Movimento del Messaggio di Fatima pregherà per tutti i seminaristi e per le vocazioni future anche perché ci è stato proposto di diventare “zelatore” del Seminario della Diocesi di Livorno dal Rettore don Paolo Razzauti, e noi, abbiamo accettato con grande gioia. Essere stati chiamati a questo nuovo percorso è una grazia e una benedizione per il M.M.F: accompagnare questi ragazzi spiritualmente e anche, se sarà necessario materialmente, sarà nostro dovere facendoci partecipi al processo

formativo dei futuri sacerdoti. Il Movimento del Messaggio di Fatima durante la Peregrinatio Mariae 2014, organizzerà momenti di preghiera e animazione con i seminaristi da poter incrementare nelle comunità la preghiera per le vocazioni e portare a conoscenza nelle famiglie la vita

del seminario e il gusto della vita come vocazione. Nel mese di luglio dal 9 al 16, sarà organizzato il pellegrinaggio nazionale del Movimento del Messaggio di Fatima al Santuario Portoghese e sarà presente tutto il seminario con il Vescovo Simone. Alessandra e Silvia M.M.F.


LA SETTIMANA DI LIVORNO

TOSCANA OGGI 9 febbraio 2014

VII

Il Santuario di Montenero tra storia e racconto

La Peste del 1564 er la storia universale l’anno 1564 è importantissimo perché il 15 febbraio nasceva a Pisa Galileo Galilei che concluderà la sua vita terrena ad Arcetri (Firenze) 78 anni dopo. Galileo Galilei, nel 1574, trasferitosi da Pisa a Firenze, tramite i Vallombrosani di Santa Trìnita, fu novizio a Vallombrosa ed ivi fece i suoi primi esercizi dell’ammirabile ingegno. Ma suo padre Vincenzo, con il pretesto di portarlo a Firenze per curarlo di una grave oftalmia, lo indusse a lasciare la vita monastica. Infatti da una lettera di Muzio Tebaldi indirizzata al padre Vincenzo del 29 aprile 1578 si comprende tutto il progetto di riportare nel secolo Galileo Galilei. Ma le relazioni tra Galileo e i suoi antichi maestri vallombrosani durarono nel tempo: nel 1588 lo troviamo a Badia a Passignano (Firenze) ad insegnare matematica e negli anni successivi Galileo esporrà le sue ricerche scientifiche al suo grande maestro l’Abate Generale di Vallombrosa don Orazio Morandi che morirà nel carcere romano di Tordinona il 7 ottobre 1630 per le trame del Cardinale Richelieu. Proprio nell’anno della nascita del grande Galileo una fiera pestilenza fece grande strage in Toscana che pareva un deserto. Ed ecco che il morbo era giunto anche alle porte di Livorno; l’autorità cittadina aveva dato tutte le disposizioni sanitarie che permettevano i tempi. In quei giorni Livorno diede uno spettacolo edificante di fede, di profonda pietà e di grande devozione alla Madonna di Montenero. Era un pellegrinaggio continuo: gente di ogni età e di condizione saliva a piedi scalzi al Santuario e genuflessi davanti alla sacra immagine con preghiere e con lacrime invocavano la divina misericordia. I vecchi e i bimbi che non potevano salire il colle si inginocchiavano sulle piazze e sulle pubbliche vie e gridavano: "Madonna di Montenero Salvateci!". E Livorno fu salva e da allora Maria Vergine fu la sua Patrona. Per questo quest’anno si ricorda il 450° anniversario della sua proclamazione a patrona principale della città.

SALVATI DAGLI OPPRESSORI

Maria stella del mare a tradizione fa venire l’immagine della Madonna di Montenero da Negroponte (isola del mare Egeo vicina alla Grecia) all’Ardenza ed il Santuario è sopra un colle che guarda il mare Tirreno. Il 21 settembre 1916, in una lettera di Papa Benedetto XV, il Pontefice si augurava di veder aumentare la devozione alla Madonna di Montenero "che protegge il nostro mare". Papa Pio XI in una lettera del 20 aprile 1923 così scriveva al Superiore di Montenero: "Essendo a Montenero da più secoli venerata grandemente l’Immagine della Gran Madre di Dio, è incredibile quanto la Pia Vergine abbia a sé rivolti di continuo i desideri ed i voti dei fedeli, e ciò per molti benefici elargiti a tutti. Di ciò ne fa fede, non solo la memoria dei miracoli, ma ancora lo stesso tempio, con tanto splendore innalzato sul colle, da cui la Celeste Regina, come da augusta sede, protegge, con particolare benevolenza, il Tirreno Mare". Nell’anno 1496 l’Imperatore Massimiliano I d’Asburgo messosi a capo di una lega formata da pisani, veneziani, genovesi e milanesi per assediare Livorno che era l’emporio principale dei fiorentini. I congiurati gridarono: "a Livorno dunque,a Livorno". Il 27 ottobre l’Asburgo si muoveva da Pisa con un esercito per via terra contro Livorno e dal mare, invece la flotta di Genova e Venezia. Intanto i Livornesi il 7 settembre, vigilia della Natività della Madonna, erano saliti a Montenero per chiedere la grazia della liberazione della città dall’Asburgo oppressore. Intanto dalla Francia erano partite le navi in soccorso di Livorno. Ormai tutto sembrava perduto ma ecco, all’improvviso,un inaspettato libeccio sbaragliò e distrusse la flotta nemica e l’Asburgo oppressore dovette fuggire. Livorno era salva ed il popolo ascrisse anche questa liberazione alla potente intercessione della sua Regina che dal Colle di Montenero veglia sempre sulla sua Città.

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Pagina a cura di don Luca Bernardo Giustarini osb vall, Curato di Montenero UN SANTO frate cappuccino

Frà Giunipero da Barga l Santuario di Montenero va pure intimamente A congiunta la memoria del grande apostolo di Livorno "frate Giunipero da Barga" cappuccino, chiamato Il San Vincenzo de Paoli della Toscana. Aveva vestito l’abito cappuccino nella Provincia Monastica Bolognese il 29 ottobre 1645 ma poi, in seguito,venne ascritto alla Provincia Monastica della Toscana e venne mandato a Livorno dai suoi superiori nel 1667, in qualità di cappellano del bagno penale, e per 42 anni fu il vero angelo consolatore di tanti infelici, più disgraziati che colpevoli, e che allora la società puniva con tanta severità che confinava con la crudeltà. Nel 1696 pubblicò in Lucca l’operetta «I nomi di Gesù e di Maria». Ogni settimana il buon Padre Cappuccino saliva a piedi scalzi a Montenero dicendo «vado dalla Padrona» e, secondo l’uso del tempo, portava anche lui una piccola pietra per depositarla ai piedi della croce quasi in cima alla salita (è la croce che oggi è all’ingresso dei locali parrocchiali del Monteroso). Frate Giunipero quando si trovava di fronte ad un caso straordinario, o quando era richiesto per un importante consiglio, non prendeva alcuna decisione e non dava il suo parere se prima non saliva a Montenero a prendere lume e ispirazione «dalla Padrona». Un giorno nel 1686 Frate Girolamo Gerini, di nobilissima famiglia fiorentina ma umile converso del convento di Borgo Cappuccini, era stato destinato dai Superiori per le missioni in Congo, ma non volle partire senza il consiglio di Fra Giunipero il quale salì a Montenero e solo dopo rispose al confratello che poteva partire tranquillamente per il Congo. La Madonna di Montenero volle ricompensare Frate Giunipero di tante grazie che coronò nel momento della sua morte avvenuta senza dolore ed agonia il 23 gennaio 1709. Le sue esequie furono un trionfo. Dopo la sua morte l’Abate Generale dei Vallombrosani don Colombino Bassi- livornese e fondatore di Valle Benedetta-indirizzò al Sommo Pontefice un memoriale per procedere alla beatificazione dell’umile frate di Barga.

Nell’anno di MARIA

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TOSCANA OGGI 9 febbraio 2014

LA SETTIMANA DI LIVORNO


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