La Settimana - n. 8 del 28 febbraio 2010

Page 1

ROSA PIÙ STRANA NON C’È IL MUSICAL

Via del Seminario, 61 57122 Livorno tel. e fax 0586/210217 lasettimana.livorno@tiscali.it Notiziario locale

Direttore responsabile Andrea Fagioli Reg. Tribunale Firenze n. 3184 del 21/12/1983

Sabato 27 febbraio alle 21.15 presso il Salone della Parrocchia di N.S. di Lourdes in Collinaia (Via Fortuanto Garzelli 7) verrà presetato il Musical di Michele Paulicelli «Rosa più strana non c’è» dalla Compagnia dell’Unità Pastorale «I tre Arcangeli» L’invito è per tutti i giovani che nella figura di Rosa Venerini possono trovare una risposta al loro desiderio di bene e di bellezza e per gli educatori in genere perchè apprendano l’educazione come mezzo di liberazione e di salvezza

28 febbraio 2010

SETTIMANA PER LA VITA

L’UOMO INDESIDERATO ell’ambito della settimana per la vita, ha riscosso notevole N successo l’incontro tenuto ai salesiani dal dottor Renzo Puccetti, specializzato in medicina interna con master in Bioetica e Formazione all’istituto Giovanni Paolo II°, sul delicato tema della contraccezione e dell’aborto. Dove nasce la vita? Sembra strano, ma nasce da un giogo. L’etimologia della parola coniugi rimanda infatti a due persone unite da un legame, da un giogo appunto. Anche l’etimologia della parola matrimonio ha a che fare con la vita, se consideriamo la radice Mater intesa come madre, come generatrice di vita. Il problema nasce quando la vita non è più soltanto osservabile, ma diventa manipolabile. A quel punto è doveroso chiedersi: si può sempre fare tutto? La scienza è sempre buona o servono delle regole di comportamento? Se si ritiene che servano delle regole, la risposta è fornita dalla bioetica, che insegna l’uso morale della scienza. Ma esistono veramente il bene e il male? Se la risposta è no, facilmente si cade nel relativismo che nel mondo d’oggi la fa da padrone. Se la risposta invece è sì, accettiamo il fatto che esista una morale «oggettiva». Ancora, tutto questo è legato in qualche modo alla fede? Sicuramente sì, visto che il Dio cristiano è un Dio morale, da non confondersi con un Dio moralista. Oggigiorno la Chiesa viene spesso e volentieri tacciata di fondamentalismo, conviene piuttosto pensare la religione come un supermarket: vado e pesco ciò che mi piace e non mi disturba.Tuttavia è evangelico ascoltare l’insegnamento della chiesa. La morale, secondo quanto detto dall’allora cardinal Ratzinger, «è una questione fondamentale di sopravvivenza per l’umanità». Da papa, tornerà sul tema nell’ultima enciclica, Caritas in Veritate, dicendo: «la carità senza verità è sentimentalismo. La ragione è il linguaggio comune per far interagire». Applicando questa bussola all’amore umano, lo spirito si fa corporeità e i sensi spiritualità. L’amore umano ha un duplice aspetto: unire due persone in un rapporto e procreare. Piacere e responsabilità vanno di pari passo. Oggi accade invece che si voglia separarli. Secondo la moderna ideologia dei rapporti riproduttivi: il figlio deve essere pianificato, deve essere voluto e deve venire al momento giusto. Facile capire perché la chiesa venga duramente attaccata: è l’ultimo baluardo che mira a proteggere l’unità dei due aspetti del’amore umano. Pensiamo a Paolo VI, con l’enciclica Humanae Vitae, che subì attacchi anche da parte dello stesso mondo cattolico. Pensiamo a Giovanni Paolo II, che ha incentrato ben 133 incontri sulla catechesi dell’amore umano. Nella sua enciclica Evangelium Vitae, dice a chiare lettere che contraccezione e aborto sono sì due cose distinte, ma sono ugualmente frutti della stessa mentalità. La contraccezione rende un rapporto falsamente unitivo, perché lo priva di uno dei suoi aspetti fondamentali. Quanto esposto fino ad ora non è soltanto frutto della fede, è anche estremamente ragionevole. Guardiamo la questione da un punto di vista scientifico, grazie agli studi di un premio nobel per l’economia, che ha analizzato la società prima e dopo l’avvento della contraccezione. Prima sussisteva lo stigma per i bambini nati fuori dal matrimonio. I rapporti prematrimoniali erano pressoché nulli e, se accadeva il «fattaccio», esisteva il matrimonio riparatore. L’aborto era illegale, quindi le donne abbandonavano i figli, favorendo così le adozioni. Dopo l’avvento della contraccezione le donne, liberate dalla paura di una gravidanza indesiderata hanno cominciato ad allettare l’uomo, promettendo un sesso senza conseguenze. Questo modo di intendere il rapporto ha mandato per così dire «fuori mercato» le altre donne, che intendono invece costruire un rapporto solido con un partner e dei figli. Così, per non restare fuori dal gioco, anche quest’ultime si vedono costrette ad assumere metodi contraccettivi. In caso di fallimento della contraccezione c’è l’aborto, oggi legale e gratuito. Risultato: il numero dei matrimoni diminuisce, mentre aumenta l’età di chi compie questo passo. Aumentano i bimbi con un solo genitore, bimbi che statisticamente sono più vulnerabili di altri agli abusi. Consideriamo anche il lessico: oggi i figli si «fanno». Il bambino viene considerato un manufatto, quindi deve essere perfetto. Da cosa lo si deduce? Semplicemente da una parola ormai familiare alle donne in gravidanza: screening. Basti pensare all’amniocentesi, all’ecografia morfologica e via dicendo… tutti strumenti per una diagnosi prenatale che non mira a curare, bensì ad eliminare. Altra considerazione importante: con l’avvento della contraccezione sarebbe dovuto diminuire teoricamente il numero degli aborti. In questo caso il condizionale è quanto mai d’obbligo: nei paesi europei, l’aumento dell’uso dei contraccettivi va di pari passo con il numero degli aborti, causa l’estrema fragilità emotiva di chi si trova ad attendere un figlio non pianificato. La questione si riassume in una domanda: chi è l’embrione? E’ un essere umano che cresce dentro la madre, in un costante dialogo cellulare, presente fin dai primi attimi dopo il concepimento. L’attuale tentativo è quello di trasformare «qualcuno»in «qualcosa». L’uso sconsiderato della scienza, l’avvento di nuove oligarchie che mirano alla libertà di ricerca solo laddove c’è profitto, gli interessi dilaganti dell’industria farmaceutica (ultimo esempio, il famoso vaccino contro la temuta influenza A), costringono l’uomo ad opporre una risposta efficace. Informarsi, essere critici senza farsi plasmare dalla telecrazia e dalla dittatura del consenso: solo così potremo essere persone libere, capaci di difendere la vita nella sua continuità e dignità, dal concepimento alla nascita, fino al suo naturale tramonto. Benedetta Agretti

Lo spazio dell’amore I due giorni del Convegno di Quaresima sul tema dell’immigrazione DI

GIANNI GIOVANGIACOMO

ARMIDO RIZZI :«CONDIVIDERE LO SPAZIO CHE ABITIAMO» el teatro della Chiesa della Santa Seton si è aperto, con un momento di preghiera, il Convegno diocesano di Quaresima sul tema: «Dalla paura alla sicurezza: per una spiritualità dell’accoglienza». Il cristianesimo – ha detto il Vescovo nella riflessione iniziale – è una ascesi della carità, in S. Paolo l’amore per il prossimo è un riflesso dell’amore che Dio ha per noi, di cui Cristo ne è l’espressione. Dice San Paolo: «non cercate il vostro tornaconto ma ognuno pensi piuttosto a quello degli altri»; già in Luca Gesù invita: «siate misericordiosi come il vostro Padre è misericordioso» e in Giovanni: «come io ho amato voi, così anche voi amatevi gli uni gli altri». Bisogna amare – ha continuato il Vescovo – come Dio ci ama. Ce lo ricorda anche un pensatore profano come Erich Fromm. Dio Padre ci ama nello Spirito dello stesso amore con il quale ama il proprio Figlio. Noi, a nostra volta, amiamo nello Spirito non solo il Padre, ma tutti gli uomini che lui ama: tutti gli uomini cioè i nostri fratelli. Si attua così un cerchio ascensionale che è l’amore di Dio. Monsignor Giusti ha poi citato San Gregorio Nazianzeno che, ricordando che l’uomo è stato creato a immagine di Dio, afferma: «Pensa o uomo divino di chi sei creatura, imita pertanto la “filantropia” di Dio. Nulla nell’uomo è più divino che il far del bene. Da par suo Papa Leone magno affermava che i cristiani “distribuendo ai poveri vestiti e cibarie nutrono e vestono Gesù». Don Alberto Vanzi ha poi presentato il relatore dell’incontro, il professor Armido Rizzi, teologo e filosofo, che ha svolto il suo intervento in quattro punti: antropologico, teologico-biblico, politico e personale. Da un punto di vista antropologico l’uomo fa riferimento ad uno «spazio abitabile», spazio che inizia nel grembo materno. Per dar vita ad un nuovo essere bisogna volerlo, c’è quindi una «responsabilità» che ci differenzia dal mondo animale puramente biologico. Lo spazio si sviluppa poi nella casa, nel luogo natale, nella madre patria. Da un punto di vista teologicobiblico sappiamo che Dio ospita Israele nella Terra Promessa e ci ricorda: «anche voi siete stati stranieri nella terra d’Egitto»- E così l’accoglienza, l’ospitare, il «condividere lo spazio che noi abitiamo» diventa un imperativo categorico: è il comandamento dell’amore per il prossimo e quindi per lo straniero. Riguardo al fattore

N

politico e rifacendosi al problema degli immigrati, ha detto che bisogna «coniugare l’utopia con il realismo». Bisogna superare alcuni preconcetti come quello della sottrazione del lavoro, della delinquenza, della sicurezza, frutto di campagne politiche ben organizzate, e considerare sempre gli immigrati come «persone» e quindi portatori di diritti e doveri. Rizzi ha concluso narrando l’esperienza dei suoi 29 anni passati al sant’Apollinare di Fiesole, dove ha dato ospitalità agli immigrati di 5 continenti. «Con loro – ha detto - non ho mai vissuto situazioni di paura, da loro ho ricevuto più di quanto ho dato». Riferendosi ai recenti fatti di Milano ha terminato sostenendo che bisogna investire risorse sugli educatori, creare luoghi di incontro e di convivenza, puntare sempre sulla solidarietà e non sulla militarizzazione del territorio. MONS. PEREGO: L’ULTIMA ENCICLICA, UNA BUSSOLA PER LA CARITÀ DELLA CHIESA La seconda giornata del Convegno è stata aperta dalla riflessione di don Vanzi sul vivere il digiuno in senso cristiano. Il tema della serata: «Dare senso alla carità. Provocazioni, proposte e progetti alla luce della Caritas in veritate», è stato trattato da monsignor Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes. L’enciclica – ha iniziato – costituisce una bussola di riferimento, la carità di Cristo nella fede e nella ragione diventa il modello dell’agire sociale del cristiano nella Chiesa e senza la verità si rischia il sentimentalismo. Il cristiano trova nel Magistero un modello di annuncio che si basa su due criteri orientativi: la giustizia e il bene comune. Per la giustizia, che è inseparabile dalla carità, il Papa richiama il valore del rispetto dei diritti dell’uomo e dei popoli contro ogni forma di sfruttamento, mentre il bene comune è la forma alta di amore verso il prossimo, finalizzato ai suoi bisogni reali. Dalla lettura dell’enciclica – ha continuato il relatore – emergono alcune provocazioni: le nuove povertà dovute allo scandalo delle disuguaglianze clamorose, la lotta alla corruzione e alla illegalità, il rispetto dei diritti dei lavoratori messi in discussione

dall’incertezza delle loro condizioni di lavoro. E ancora: il cambiamento dello stile e delle modalità di aiuto internazionale, la lotta alla fame e alla sete per garantire l’accesso al cibo e all’acqua per gli abitanti dei paesi poveri. L’enciclica presenta poi alcune proposte come quella dell’utilizzo dei brevetti farmaceutici che in mano alle multinazionali negano i farmaci ai paesi poveri. È poi necessario capire lo sviluppo delle persone e dei popoli nella loro «integralità» e uscire della logica della contrapposizione tra blocchi, causa di sottosviluppo, con la riscoperta della politica. Una proposta è anche quella di lavorare per la sicurezza sociale, tutelando i diritti, compiendo opera di mediazione sociale e predicando la non violenza. Si propone anche di rispettare la vita con l’accoglienza specialmente dove essa è impedita e si deve attuare il diritto alla libertà religiosa contro ogni fanatismo. È necessario far incontrare i saperi perché la carità non li esclude, ne è stato un esempio don Milani con la sua «scuola di saperi». Da queste proposte nascono i progetti da realizzare come quello della fraternità senza barriere e senza confini e quello della gratuità anche nella economia di mercato come affermano gli economisti Zamagni e Bruni. Bisogna tenere unito l’agire economico con l’agire politico sull’esempio di maestri come Olivetti e Fanfani. Un altro progetto è quello che gli aiuti internazionali siano garantiti dalla democrazia coinvolgendo le persone interessate, inoltre bisogna puntare alla tutela dei diritti negati e alla tutela dell’ambiente. Infine bisogna favorire l’inclusione facendo sì che le nostre comunità diventino luoghi di relazione e di incontro. Monsignor Perego ha terminato dicendo che una lettura congiunta della Deus caritas est e della Caritas in veritate può costituire la base per una nuova animazione caritativa nelle parrocchie che richiede una «conversione sociale» privilegiando la scelta preferenziale per i più poveri. DON FIORDALISO: LA CASINA, UNA PALESTRA D’ACCOGLIENZA È poi seguita una «testimonianza di carità», l’esperienza nel V Vicariato

della parrocchia di Castiglioncello, messa all’attenzione dei presenti da don Francesco Fiordaliso. Tutti sono così venuti a conoscenza della «casina», la casa per gli ultimi, la casa che, ideata da don Roberto Corretti, ha visto il succedersi di quattro parroci e che esiste ormai da circa trent’anni. Può una parrocchia accogliere? Questa è stata la domanda di don Francesco a cui ha dato una risposta affermativa. La parrocchia non è un supermercato dove ognuno prende qualcosa, ma è il luogo dove cambiare la propria mentalità con l’accoglienza e dove non puoi correggere l’altro se prima non correggi te stesso. La «casina» coinvolge, mette in comunicazione le persone, diviene una palestra di fiducia vincendo la paura dell’incontro con realtà sconvolgenti. Una palestra di condivisione di responsabilità, una palestra che fa incontrare le persone più diverse, dai medici ai carabinieri, alle psichiatre. E tutto questo per aiutare tre persone emblematiche e problematiche: Paola, Robertino e Maria Lourdes, che don Francesco ha descritto minuziosamente con accenti talvolta umoristici come era solito fare don Betti nella parrocchia in cui don Francesco è cresciuto. Paola, Robertino, Maria Lourdes, una umanità dolente che ha bisogno di essere curata, nel senso che tutta la comunità si è presa cura di loro. Paola, accanita fumatrice, si ammala di tumore osseo, le viene proposto un luogo più protetto, ma lei decide di rimanere nella «casina», la sua casa, dove muore contenta. Robertino lavora nella pubblica assistenza di Rosignano e ogni famiglia della parrocchia lo ospita a pranzo e a cena, a me – ha detto don Francesco – toccherà domenica! Maria Lourdes, per un anno e mezzo è stata, per sua scelta, in una comunità terapeutica ed è ora ritornata alla sua «casina», lavora nel Vicariato e nella parrocchia e tutti la seguono con affetto. Tutto ciò può accadere se ci sono dei laici disposti a mettersi in discussione, laici che si dedicano agli altri con capacità, responsabilità, dedizione. Sì, una parrocchia può essere accogliente.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.
La Settimana - n. 8 del 28 febbraio 2010 by Diocesi di Livorno - Issuu