CMPSTR Composter Zine – maggio 2014
#1
Per arrivare al primo numero di CMPSTR, quello con Renato Zero in copertina, abbiamo seguito un percorso lungo e tortuoso: erano anni che se ne parlava e, anche dopo aver deciso di partire, ci sono voluti mesi di preparativi per mandare in stampa l’A2
che abbiamo poi sparso qua e là per la città. La sfida a quel punto era di riuscire a chiudere il numero #1 nei primi giorni di maggio. Abbiamo miseramente fallito. Però è ancora maggio e voi avete tra le mani CMPSTR. Quindi forse abbiamo vinto.
Disco Club / CHAN Gallery Radio Gazzarra / Genova sui muri / Simona Barbera Filippo Balestra / Genova Concerti
all’estero e lavorano con gallerie importanti. Chi lo capisce, anche per questo, continua a seguirci con interesse. MS: Quali sono le vostre risorse e potenzialità e al contempo le criticità e i problemi a cui far fronte quando ci si confronta con un contesto provinciale? C: Dopo cinque anni di attività, riteniamo di avere un’identità chiara e di essere riconoscibili sul territorio per il lavoro che facciamo. Come accennato sopra, trovarsi al di fuori di un circuito consolidato significa anche avere più spazio a disposizione per l’assenza di realtà simili alla nostra. L’aspetto più negativo è la distanza fisica da situazioni e da un tessuto culturale particolarmente stimolante e il fatto che ciò che facciamo difficilmente viene visto da non genovesi. MS: Per quanto riguarda la selezione, con quali criteri scegliete gli artisti o i collettivi che ritenete interessanti per il vostro spazio? C: Inizialmente ci siamo dati il vincolo dell’età, ossia la scelta sarebbe dovuta ricadere sui “giovani artisti”, ciò nonostante sarebbe più corretto dire che cerchiamo di lavorare con “artisti emergenti”, ossia coloro che hanno già un background definito ma non ancora riconosciuto e affermato. L’etichetta “giovane” ci è servita e ci serve per comunicare il nostro metodo di selezione e per limitare l’incoerenza nelle proposte. MS: Quali sono gli altri spazi/collettivi italiani con cui siete in contatto? C: A Genova abbiamo lavorato insieme ad altri collettivi e associazioni tra cui DisorderDrama e Nopsswd. Tra i collettivi italiani abbiamo realizzato un progetto insieme a Sottobosco (Venezia), oltre ad altre collaborazioni con esponenti dei gruppi Diogene (Torino), RadiceQuadrata (Bari) e Cripta747 (Torino). Indirizzo: Via S. Agnese 19r – 16124 Genova e-mail: info@chanarte.com web: www.chanarte.com
Labirinto Poesia di Filippo Balestra A volte si è in un labirinto sbagliato e non si può sbagliare direzione perché si è nel labirinto sbagliato non è la direzione è ogni passo che si fa ed è anche lo stare fermi.
Se si è nel labirinto sbagliato tutto è sbagliato anche stare fermi anche guardare o sudare. Miseramente, l’unica salvezza nel labirinto sbagliato è riuscire a concepire che il labirinto sbagliato è ovunque, quindi, successivamente, pensare di essersi sbagliati convincersi di essere nel labirinto giusto. E finalmente muoversi: cercare l’uscita.
Intervista di Simone Madrau Tra i nomi di cui abbiamo mancato di occuparci nella precedente incarnazione di CMPSTR, uno dei più illustri è senz’altro quello di Giancarlo Balduzzi. Tra il negozio “principale”, storica vetrina di via S. Vincenzo, e il retro dedicato all’usato, il suo Disco Club rappresenta non solo una delle prime risorse in città per gli appassionati di cd e vinili ma anche una sorta di risposta locale ad Alta Fedeltà di Nick Hornby, ritrovo abituale e familiare per clienti di tutte le età e anche per caratteristici personaggi raccontati dallo stesso Gian sul un seguitissimo diario Facebook del negozio. Facciamo quindi una veloce chiacchierata con lui, da un passato in cui non era ancora titolare del negozio fino a un presente di clienti pischelli che (ri)scoprono il giradischi. Simone Madrau: Ti ricordi la prima volta in cui sei entrato da Disco Club? Cercavi un disco in particolare o eri lì per caso? Che atmosfera si respirava in quel periodo in negozio? Giancarlo Balduzzi: Il negozio ha aperto il 19 dicembre 1965, era una domenica. Quel giorno sono andato allo stadio a vedere Sampdoria-Inter (triste giornata: 0 – 5). Solo il giorno dopo, passando dall’altra parte della strada, mi sono accorto della sua esistenza. C’erano già le casse esterne e, sentendo la musica, ho attraversato e ho fatto il primo giro della mia vita discoclubiana. Quindi ero lì per caso e, mi dispiace deluderti, l’atmosfera era quella di un normale negozio di qualsiasi genere, chessò tipo quella del venditore di tappi per imbottigliare il vino, che era trenta metri dopo. Deluso, vero? Sai, gli anni ‘60 sono stati forse anche troppo mitizzati e il mio predecessore era un commerciante nel vero senso della parola: dava del lei a tutti (e all’epoca l’età media era di circa vent’anni e non più di cinquanta come adesso), pelo sullo stomaco (per farti cambiare un vinile visibilmente ondulato, dovevi sperare in qualche raccomandazione speciale), ricarico massimo possibile (più del 100%, contro il 30 scarso attuale). Non per niente era chiamato “l’aguzzino”. SM: A un certo punto, da aiutante che eri, ti si è presentata la possibilità di diventare il nuovo titolare. Perché hai deciso di essere tu Disco Club? Ai tempi avevi un lavoro sicuro, se non ricordo male, che hai inevitabilmente dovuto
così ti accorgerai, e anche il sole si accorgerà, che tutte queste cose allungare la schiena stendere le gambe stirarsi un po’ tutte queste cose il sole non le può fare. Poi arriva la notte e lì invece è proprio buio, consigli non ne ho.
Simona Barbera www.simonabarbera.com
Se hai il sole contro
interventi site-specific. “Daphne Cneorum, Something there needs to thrive” (in foto) è un progetto che pone l’attenzione sulle problematiche politico-ambientali e le questioni connesse con la trasformazione violenta di contesti naturali, sociali e culturali che si combinano con una circostanziata critica alla tendenza capitalistica. Il progetto è stato realizzato con il supporto di Oca: Office for Contemporary Art.
Intervista di Stefania Bianucci Radio Gazzarra è la webradio nata da Arci Liguria e Disorderdrama. Abbiamo incontrato uno dei fondatori del progetto, Rocco Spigno, per farci raccontare cosa significa occuparsi di una radio indipendente.
Oppure Rilassati fa’ una passeggiata fischietta una canzone a caso la prima che ti viene in mente.
e allora tu allunga la schiena stendi le gambe stirati un po’ passeggia fischietta una canzone a caso
SM: Che cos’era “Pop Records”? GB: Di partenza, nel 1972, era una lista di dischi per la vendita per corrispondenza, con poche recensioni. Nei due anni successivi è diventata una vera e propria rivista, da quattro a otto pagine, poi a sedici, trentadue e infine sessantaquattro: uno dei primi mensili specializzati italiani. Io ne ero il direttore e tra i collaboratori dell’epoca molti hanno preso il volo: Enrico Ghezzi alla Rai col suo Blob, Renato Tortarolo al “Secolo XIX”, Flavio Brighenti a “Repubblica”, Massimo Poggini a “Max”, Riccardo Bergerone a Rai3 Piemonte, Alberto Campo a “Musica” (poi “XL”) di “Repubblica”, Alberto Cantù critico di musica classica, Paolo Cherchi Usai responsabile di una biblioteca cinematografica a New York prima e a Canberra poi, Umberto Rossi critico cinematografico, Francesco Pincione responsabile di “Film-Story”. Insomma un vero e proprio trampolino di lancio. SM: Dal 2000 ad oggi abbiamo assistito a una
Radio Gazzarra
Se hai il sole contro sta’ rilassato anche se è contro tu fa’ finta di nulla sei seduto? appoggiati bene sulla sedia allunga la schiena stendi le gambe stirati e fa’ tutto questo in modo sfacciato come se nulla fosse come se il sole non fosse contro.
Certo, il sole è forte molto potente è, il sole, il sole se vuole distrugge un palazzo
lasciare: ti assumeresti lo stesso rischio oggi? GB: Sono diventato Disco Club dal primo gennaio 1984. Prima ero un semplice cliente e dal 1972 al 1976 aiutante esterno. Anche lì “l’aguzzino” era bravissimo a sfruttarmi: facevo gli ordini, servivo, lo sostituivo quando andava in ferie, facevo “Pop Records” e quindi seguivo la relativa vendita per corrispondenza - e tutto questo nei ritagli di tempo del mio mestiere primario: bancario. I Gufi all’epoca cantavano ironicamente: “io vado in banca / stipendio fisso / così mi piazzo / e non se ne parla più”. Il 31 gennaio 1982 decido di rinunciare allo stipendio fisso, la banca non faceva per me, dimissioni col capo del personale che, togliendosi gli occhiali, mi guarda: “Balduzzi, è sicuro di quello che fa? Però l’ammiro, è la prima volta che mi capita che uno si licenzi.” Sicuro? Sì, all’epoca sì, adesso non so se lo rifarei.
Simona Barbera vive tra l’Italia e la Norvegia, dove nel 2007 ha svolto un Master in Arti Visive presso la National Academy of the Arts, ad Oslo. Negli ultimi anni ha concentrato la sua ricerca sull’arte sonora, prestando particolare attenzione alla voce parlata e al testo, dando forma ad installazioni sonoro/visive in cui la materia acustica entra in relazione ad
Stefania Bianucci: Quando nasce Radio Gazzarra? Rocco Spigno: Radio Gazzarra è nata ormai un anno fa. Da tanti anni pensavamo che fosse necessario anche a Genova come in altre città medio grandi (penso a Bologna, Padova..) uno strumento importante come una radio lontana dal circuito dei grandi network radiofonici o dalle cosiddette radio commerciali. Ci sembrava assurdo che una città come questa, che ha dato i natali ad alcuni dei dj radiofonici più bravi e conosciuti d’Italia (che poi sono diventati presentatori, dj, giornalisti musicali o altro), non avesse da offrire una realtà simile, dove poter anche formarsi o crearsi un minimo di competenza in campo radiofonico. Due anni fa avevamo cominciato registrando dei podcast che condividevamo su internet e in un paio di occasioni abbiamo fatto delle dirette in streaming trasmettendo dal Ducale e dal Buridda, la radio era la naturale evoluzione di quello che avevamo iniziato a fare. SB: Il fatto che la radio sia all’interno del Teatro Altrove fa sì che diventi un organismo vivo,
crisi del mercato discografico dovuta all’avvento di Internet e delle nuove tecnologie. Quanto l’ha avvertita un negozio di dischi eticamente e tecnicamente indipendente come il tuo? GB: Sicuramente l’ha avvertita ma l’età media della mia clientela mi ha aiutato a resistere: non sono molto portati per le nuove tecnologie. Inoltre ho cercato di sfruttare a mio favore i mezzi che l’uso della rete mi metteva a disposizione. Ci sono miei ex colleghi che hanno chiuso il negozio senza avere mai usato il fax, io il fax non lo uso da più di quindici anni avendolo sostituito con la posta elettronica e, soprattutto, con i database di grossisti internazionali che consentono di avere dischi altrimenti irreperibili in Italia. SM: Le sfortune che hanno colpito i negozi della città, in primis l’alluvione del 2011 che ha distrutto Orlandini e segato le gambe alla Fnac, hanno portato a Disco Club qualche cliente in più. Molti di essi hanno gusti più commerciali rispetto a ciò che metti in vetrina. Come gestisci questo conflitto ‘etico’? GB: Lo gestisco con lo scaffale della vergogna, sul quale campeggiano Eros Ramazzotti, Laura Pausini, Marco Mengoni, Alessandra Amoroso, gli One Direction e persino Moreno! Ogni tanto mi dimentico di averli e, rispondendo a una richiesta, dico: “No, non ce l’ho”, salvo poi girarmi e vederli lì, alla mia destra, che mi prendono in giro: “Scemo hai perso una vendita”. SM: I giovani genovesi non vanno ai concerti. I giovani genovesi ascoltano solo musicaccia. I giovani genovesi i dischi li scaricano. Ma sono davvero tutti così pessimi questi giovani genovesi? Esiste ancora un ricambio generazionale per la tua clientela? GB: A dire il vero fino all’anno scorso avrei risposto di no. Negli ultimi tempi qualcosa è cambiato. Probabilmente i giovani rockettari amavano di più girare per un grande magazzino come la Fnac, dove trovavano non solo musica, ma anche i dvd, i libri, videogiochi, il bar. Adesso, orfani di questa possibilità, si sono abituati alla mia realtà ristretta e sembrano divertirsi. Qualcuno ha anche comprato, o ereditato dal padre (se non addirittura dal nonno), un giradischi, e questo è un oggetto che fidelizza al massimo la clientela. SM: Pensi mai al futuro di Disco Club quando deciderai di smettere? Ma soprattutto: deciderai mai di smettere? GB: Qualche anno fa un cliente che lavora l’ardesia mi ha fatto un regalo benaugurale: una
lapide con su scritto “Gian di Disco Club”. Basterà aggiungere l’anno finale ed ecco pronta la parola fine da apporre sulla porta del negozio. Macabro? Beh, Berlusca si è preparato il suo mausoleo nel parco di Arcore, io mi accontento di un piccolo negozio in via San Vincenzo. SM: Qualche giorno fa c’è stato il Record Store Day, iniziativa cui aderisci da sempre con entusiasmo. Durante una di queste edizioni ci hai immortalati tutti con il nostro disco preferito in mano. Ti restituisco il pensiero chiedendotene cinque, uno per decennio a partire dai ‘60. GB: Anni ‘60: Pink Floyd, Ummagumma. Anni ‘70: Nick Drake, Pink Moon. Anni ‘80: The Smiths, The Queen Is Dead. Anni ‘90: Jeff Buckley, Grace. Primo decennio dei duemila: The National, Boxer. SM: Te la menano in molti, te la meno anch’io: il diario di Disco Club su Facebook, che tieni ormai da più di un anno, merita di essere stampato. Possiamo sperarci o dobbiamo fare un crowdfunding? GB: A Simo’, nonostante i miei quasi 67 anni sono riuscito a barcamenarmi col computer ma dovresti sapere che con l’inglese (e qualsiasi altra lingua che non sia l’italiano o il genovese) proprio non ci azzecco: cosa vuol dire crowdfunding? Se è una cosa positiva per me, fatela! (Disco Club online: http://discoclub65.it )
da cui passano molte persone che si occupano di interessi differenti sia legati direttamente alla radio che alle proposte culturali del Teatro, oltre ovviamente ai musicisti che vengono a suonare. Raccontaci un po’ come funziona il palinsesto.
scrivere trasmissioni. Siamo riusciti a concretizzare molte delle richieste arrivate, altre sono in attesa di essere prodotte. Nel frattempo il gruppo è cresciuto e questo ci permetterà di avere un giorno in più di diretta. Inoltre, attraverso l’Arci è stato attivato un progetto di tirocini, anche collegati all’università di Genova, del quale sono molto orgoglioso: i ragazzi attraverso la radio possono acquisire competenze e comprendere meglio come si costruisce una trasmissione in tutte le sue fasi. SB: Inizialmente hai citato altre città d’Italia che hanno una cultura, una tradizione di radio indipendenti più strutturata di quella che abbiamo a Genova; c’è una motivazione particolare per cui secondo te a Genova manca questa tradizione o pensi che sia una casualità? Pensi che si possa costruire? RS: Le radio a cui mi riferivo sono Radio Città del Capo, Onda d’Urto, Sherwood, sono nate negli anni delle radio libere che hanno continuato ad esistere perché sostenute dai soci attraverso campagne di sostegno. A Genova simili realtà non ci sono più, alcune hanno smesso di esistere, altre sono cambiate aderendo ad un modello più commerciale. Un’altra cosa strana è il fatto che a Genova non esista una radio universitaria di riferimento, credo che questo abbia contribuito alla mancanza di una cultura dell’ascolto radiofonico. Chi appartiene alla mia generazione era più abituato ad ascoltare e scoprire la musica attraverso altri canali. Anche l’onere economico di fare una radio e trasmettere possono essere motivazioni legate alla poca diffusione del fenomeno. Radio Gazzarra è infatti una webradio, il che la rende un po’ meno semplice da raggiungere rispetto ad una radio tradizionale, ma anche molto meno impegnativa dal punto di vista economico. Credo che, grazie al numero sempre crescente di strumenti con accesso a internet, le radio in streaming siano il futuro di questo media. SB: La radio è quindi in continua crescita, ci sono cose in particolare che vorresti anticipare? RS: Stiamo cercando di ampliare il palinsesto e speriamo di dedicare più spazio a tematiche più propriamente sociali. La radio è uno strumento importantissimo di diffusione e divulgazione e vogliamo continuare a trattare argomenti che riescano a coinvolgere professionisti provenienti da vari settori per incontrare un pubblico sempre più ampio. (Radio Gazzarra online: www.gazzarra.org)
Registrazione di una puntata di New Older
CMpstR
Disco Club
RS: La radio funziona sempre, 24 ore al giorno, tutti i giorni. Ci sono poi un paio di giorni, che presto diventeranno tre, in cui le trasmissioni vengono fatte in diretta, generalmente intorno al tardo pomeriggio e alla serata: essendo tutti volontari è l’orario che ci permette di trasmettere al di fuori dell’orario lavorativo. Le trasmissioni spaziano moltissimo: si va dalla cucina, alla cultura, alla musica, ai libri, alle lezioni di inglese, alla scoperta di posti nuovi... ci sono poi approfondimenti sociali e sociopolitici come, faccio un esempio, il programma dei ragazzi di Libera dove si affrontano temi importanti, seri, come quello della lotta alle mafie. Ognuno mette a disposizione la sua competenza ed è ciò che rende bella radio Gazzarra: si hanno 360 gradi di approfondimenti. La nostra non è una radio tematica, si muove in universi anche molto differenti, ma lo fa sempre con lo spirito dell’aggregazione: non è il lavoro di nessuno e chi investe il suo tempo nella radio lo fa per passione. SB: E’ importante ricordare che non è un lavoro: si tratta di persone che si occupano della radio in modo volontario. A questo proposito, come si è formato il gruppo? RS: Si è formato piano piano, la prima manciata di trasmissioni sono nate attraverso le persone più vicine a chi aveva fondato la radio e poi lentamente si è allargata anche a chi via via ne scopriva l’esistenza. Così sono arrivate le prime richieste per realizzare, condurre o
Diario di viaggio Qualche settimana fa ho finalmente ascoltato il disco che han fatto assieme Teho Teardo (cioè l’uomo che sta dietro alle colonne sonore di moilti film italiani recenti: Il divo di Sorrentino, per dirne uno) e Blixa degli Einstürzende Neubauten: ed è bello, non imperdibile ma bello. Il singolo “Mi scusi”, in un mondo migliore avrebbe potuto avere qualche chance per radio, magari finire in un Festivalbar, esistesse ancora il Festivalbar. Non era però la prima volta che mi imbattevo in Teho Teardo: nel 1996, “Rumore” aveva dato spazio ad una band chiamata Meathead, da lui capitanata, e ne parlava bene. Forse li avevo pure sentiti a Planet Rock, trasmissione musicale di RadioRai dell’epoca, ma non è che ci feci caso. Poi venne il 20 aprile: suonavano al Palace di quarto (l’attuale Seven Days) dove ogni sabato la sala era stracolma di gente che veniva a ballare le ultime uscite rock (ma non solo) e a vedersi un concerto. Beh, furono una mazzata: pesanti, elettronici e distorti, sonorità inedite da ste parti. Il pubblico (in grandissima
parte “a caso”: erano lì per la serata in sé, non per il gruppo) si prese benissimo, ballando, pogando e chiedendo bis, venendo accontentati due volte: la seconda con tanto di strip del tastierista, che passo il pezzo a ballare nudo sul palco. Morale: andate alle serate senza preoccuparvi di chi suona, potreste beccarvi qualcosa di imperdibile. O mal che vada farvi quattro risate. Giulio Olivieri
CHAN Intervista di Martina Francesconi e Silvia Giuseppone
CHAN nasce da un’idea di Alice e Carlotta Pezzolo, Hilda e Nicolò Ricaldone. Dal 2009 in Vico Sant’Agnese, l’associazione no-profit promuove l’arte contemporanea attraverso il lavoro di artisti, critici e curatori emergenti. Abbiamo deciso di parlare del loro perseverante intervento in città. Martina e Silvia: Avete scelto Genova come base di questo progetto, quali sono i rapporti con la città e cosa significa operare lontano dai circuiti culturali consolidati e in un certo senso ai margini del sistema dell’arte? CHAN: Possiamo dire che a Genova ci siamo un po’ ritrovati, chi di noi è rimasto qua e chi invece è tornato dopo esperienze in altre città. Ci siamo resi conto che questo progetto era già nelle nostre teste, avevamo voglia di fare qualcosa a Genova e percepivamo la mancanza di uno spazio che si occupasse di arte contemporanea; tutto è nato come una scommessa e all’inizio non avevamo le idee molto chiare su quello che sarebbe diventato.
Genova sui muri
Abbiamo deciso di affittare uno spazio che ci permettesse di avere visibilità e anche una continuità nel tempo e così abbiamo iniziato a proporre mostre di giovani artisti. Ci siamo resi conto sin da subito che le dimensioni e la struttura dello spazio (15 metri quadrati in tutto ma con soffitti molto alti) costringeva gli artisti ad interventi artistici site specific; di questo abbiamo sicuramente fatto il nostro punto di forza e abbiamo continuato a lavorare con artisti singoli e piccoli collettivi. Per quanto riguarda i nostri rapporti con la città, in questi 5 anni abbiamo avuto modo di collaborare con le realtà già presenti sul territorio; ad esempio abbiamo creato dei progetti legati al quartiere della Maddalena e abbiamo collaborato con il Festival della Scienza e con Sala Dogana. Per dare il nostro contributo in città abbiamo anche scelto di invitare saltuariamente artisti e collettivi non legati al territorio in un’ottica di arricchimento dello stesso. È vero, Genova non è all’interno di un circuito culturale consolidato, ma crediamo che in questo ci sia anche un lato positivo, ossia una maggiore libertà riguardo gli schemi dati o già utilizzati e quindi una certa indipendenza d’azione. Questo ci dà la possibilità di una maggiore visibilità dal punto di vista locale ma anche una grande permeabilità verso l’esterno. La contropartita è che questa lontananza si configura anche come una mancanza di stimoli diretti, ad esempio sentiamo la mancanza di un sano circuito di concorrenza che porta ad una crescita più veloce e costruttiva, ad un costante mettersi in gioco. MS: Come vi rapportate quindi con l’ambiente-territorio in cui lavorate? Come invece con il più ampio panorama nazionale e/o internazionale? C: Il contesto riveste una grande importanza sia all’interno dei nostri progetti, sia come destinatario degli stessi. La rete, parola abusata ma sempre calzante, per noi funziona, esiste. Collaboriamo costantemente con altri soggetti (associazioni e singoli) che si occupano di cultura ad ampio raggio; abbiamo lavorato con la scuola, l’università e vogliamo continuare a farlo. MS: Come descrivereste l’attuale condizione dei centri “minori” di arte contemporanea? C: Come fucine di idee, spazi al di fuori dalle regole del mercato dove nascono proposte interessanti. La nostra grande soddisfazione è di aver portato a Genova giovani artisti che sono poi entrati a pieno regime nel sistema dell’arte. Ora partecipano a rassegne e mostre in Italia e
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Nei caruggi della città vecchia i muri parlano e noi li fotografiamo. Cercate Genova Sui Muri su Facebook, foto nuove ogni giorno.
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Baby @ Altrove Extrema @ Muddy Waters (Calvari) Don Backy + Ivan Cattaneo + Camaleonti + Fungus @ Fiera di Genova Osanna + Orchestra Bailam + Alan Sorrenti @ Fiera di Genova Stoner Fest @ Buridda La Locanda delle Fate + La Maschera di Cera + Gem Boy @ Fiera di Genova Capitalist Kids + Dee Cracks + Goonies @ S.O.M.S. (Sori) Pontiak @ Officine Solimano (Savona) Chevalier Avant Garde @ Altrove Zoe Boekbinder @ Giardini Luzzati Christian Death @ Lucrezia If The Bomb Falls @ Buridda Lo Stato Sociale + L’Officina della Camomilla + L’Orso + Magellano + Brace @ Teatro dell’Archivolto Tom Moto @ Checkmate Der Noir + The Shelter @ 261 Valerian Swing + Sunzhiyi’s Revenge @ Checkmate
◊◊◊ CMPSTR è un periodico gratuito nato a Genova da un’idea DisorderDrama. cmpstr.tumblr.com disorderdrama.org Redazione Giacomo Bagni Stefania Bianucci Matteo Casari Martina Francesconi Federica Romani
Agenda concerti maggio, a cura di Genovaconcerti.com 07 08 09 09 14 15
Shana Falana @ Garage 1517 Sir Richard Bishop @ Altrove Birkin Three @ Officine Solimano (Savona) Ken Hensley @ Muddy Waters (Calvari) The Cesarians @ Officine Solimano (Savona) Lori Goldston + Bob Corn + Bobsleigh
Hanno collaborato Filippo Balestra Silvia Giuseppone Simone Madrau Giulio Olivieri
Questo numero è stato possibile grazie a: Bagni Assicurazioni Via Colombo 12/10 16121, Genova
Progetto grafico Martina Francesconi martinafrancesconi.it Federica Romani federicaromani.com Poster Detrocboi detrocboi.tumblr.com Se siete interessati a collaborare a CMPSTR con parole o immagini contattateci sulla pagina Facebook DisorderDrama o via mail all’indirizzo composterzine@gmail. com Grazie al Teatro Altrove.
Detrocboi per CMPSTR Composter Zine – numero 1 – Genova, maggio 2014