La Doble Hoja del Tango

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Periodico bimestrale sul Tango • NUMERO 5 • LUGLIO 2011

Horacio Ferrer

e Le parole del tango

Il carisma del compadrito di MAX CIVILI

Il Tango Charlie 48 non si balla di MARCELO ALVAREZ


MILONGA da martedì a sabato corsi stabili Fino al 16 settembre

lunedì Eduardo Moyano 19.00/ 22.00 - Principianti/ Intermedi martedì Marcelo Alvarez e Sabrina Amato 19.00 Primi Passi - 20.00 Intermedi - 21.00 Avanzati mercoledì Daniel Montagno e Natalia Ochoa 21.00/ 22.30 - Principianti/ Intermedi Giovedì Luciano Donda e Cinzia Lombardi 20.00/ 22.00 - Principianti/ Intermedi Venerdì Francesca del Buono e Giampiero Catone 20.00/ 22.00 - Principianti/ Intermedi Alessandro Messina 17.00/ 20.00 - Principianti/ Intermedi

dal 28 giugno al 20 settembre dalle 22:00 alle 03:00

•concerti live di celebri orchestre •esibizioni di coppie famose •seminari con importanti maestri argentini El rio del Angel

Lungotevere Vaticano (discesa da Ponte dell’Angelo o da Ponte Umberto I) Alessandro AMici 346 3481823

alessandroamici1@virgilio.it milonga del rio milonga della stazione alessandro Amici

grafica Ilaria Rosa

i maestri


EDITORIALE

L’interesse nel pubblicare “La Doble Hoja” da parte della nostra Associazione culturale, “Doble A Tango”, era quello di riempire uno spazio che potesse aiutarci a diffondere gli aspetti del tango meno conosciuti ai quali si avvicinano solo le persone molto curiose. Come per esempio la poesia, gli aneddoti, i punti di vista dei protagonisti del tango, che ancora non avete conosciuto da vicino e che hanno veramente un’esperienza di vita tanguera da raccontare, come Milena Plebs, Celia Blanco, Johana Copes. Persone che trasmettono la loro continua ed impagabile ricchezza di stili, da sentire, da vivere e da amare. Come anche i “Tango Pulenta”, che in questo numero sono intervistati dalla nostra corrispondente da Buenos Aires, Nancy Miranda. Un ringraziamento in prima persona alla mia compagna per sopportarmi, a mia madre per chiamarmi, agli amici per i loro consigli. Quando Manuela Pelati tempo fa presentò l’idea di un concorso letterario ci fu subito entusiasmo tra di noi, credo che sia stata per molti appassionati l’occasione di raccontarsi, di condividere le fantasie e i sentimenti. Ringrazio la serietà con la quale sta portando avanti questa iniziativa e auguro a tutti un gran finale di festa l’11 luglio sulla Terrazza Caffarelli in Campidoglio. Una serata che è dedicata a tutto il tango, prima di tutto romano ma anche nazionale con particolare attenzione ai testi delle canzoni, le letras del tango. Per questo abbiamo scelto di intervistare in questo numero Horacio Ferrer il più importante poeta contemporaneo di tango, figura di grandissimo rilievo della nostra cultura. Come non invitare tutti coloro che nutrono un minimo e anche un grande interesse per il tango a esserci l’11 luglio in centro a Roma dietro l’altare della patria... “roba da non credere...” visto che sarà meglio viverlo che leggerlo sulla prossima “Doble Hoja”.

Marcelo Alvarez



SOMMARIO

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Horacio Ferrer, il poeta del tango di Manuela Pelati

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Il compadrito: carisma, coltello, poesia e milonga di Max Civili

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I “Tango Pulenta”, l’energia che viene dal nutrimento umile di Nancy Miranda da Buenos Aires

Marina Rivera

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Le donne del tango (parte II) di Marcelo Alvarez

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Il sogno della figlia del Capitan: ritrovare Tango Charlie 48 di Marcelo Alvarez

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La mirada e il cabaceo di Pier Aldo Vignazia

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H. L. Passerella, il bandoneòn trasforma l’anima del tango di Marcelo Alvarez

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la DOBLE HOJA del TANGO Direzione editoriale Doble A Tango Progetto grafico e impaginazione Ilaria Rosa Stampa Edisegno srl Roma - Via dei Caudini, 1C - Roma Supplemento bimestrale n. 5 a “Spartaco” reg. tribunale Santa Maria Capua Vetere n. 549 di Edizioni Spartaco sas di De Paolis Pasquale e C. INSERZIONI Per prenotare la propria inserzione pubblicitaria: ladoblehoja@hotmail.com

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Eventi La rassegna di cinema argentino al Farnese

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Milonghe estive a Roma I sogni e le inquietudini degli amanti della scrittura. Il Concorso letteraio “Volango” di Manuela Pelati


Horacio Ferrer,

il poeta del tango di Manuela Pelati

Il poeta contemporaneo più famoso e riconosciuto del momento ha scritto più di settanta tanghi per le musiche di Astor Piazzolla. Cittadino onorario di Buenos Aires, candidato al premio Nobel per la Letteratura nel 2004, voce calda e volto espressivo, Ferrer ha lavorato con Anibal Troilo, vissuto in casa con Piazzolla e assorbito in pieno le trasformazioni degli anni ‘60

“ il

tango è tutta la mia vita” confessa subito, raggiunto al telefono all’Hotel Alvear di Buenos Aires, un albergo a cinque stelle dove vive con la sua compagna pittrice.

MAESTRO, QUANDO È AVVENUTO L’INCONTRO CON IL TANGO? > Lo conosco da sempre: sono nato a Montevideo, ma vivo da 40 anni a Buenos Aires, dove sono giunto per scrivere testi appositamente per il tango.

È STATO ASTOR PIAZZOLLA CHE L’HA CHIAMATA? > Sì, Piazzolla aveva letto le mie poesie, io avevo pubblicato da poco un libro e lui lo aveva letto. Mi chiamò per venire a lavorare a Buenos Aires, era il 1968. COS’È LA POESIA PER LEI? > Io sono cresciuto con la poesia. Mia madre era una grande attrice e interprete di testi, conosceva Federico Garcia Lorca, sono cresciuto sentendola recitare. In casa mia si cantava, si suonava il piano. Sono stato educato alla poesia, ce l’ho nel sangue. E LE PAROLE? > Io amo le parole. Le parole del tango sono totalmente rio platensi. L’origine è la poesia criolla, qui abbiamo un libro che si studia a scuola e che si chiama Martin Fierro. È un modello di poesia. Ma voglio precisare una cosa: anche se il tango conserva la sua radice e identità nel Rio della Plata e mantiene l’anima a Buenos Aires, si rinnova ogni volta che vive in qualche parte del mondo.

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DI CHE PARLANO LE POESIE DEL TANGO? > Dei quartieri, della gelosia, del dolore. Del divorzio, dell’amore eterno, del ballo. Parlano molto delle orchestre tipiche anche. È molto varia la tematica del tango. QUANDO BALLO? > Non

SCRIVE UNA COMPOSIZIONE, PENSA ALLA MUSICA E AL

penso al ballo, piuttosto alla musica

QUAL È IL SEGRETO PER SCRIVERE CANZONI? > Avere un sentimento musicale, cantare, essere poeta, artista, ispirato. E poi il tango contiene in sé tutti i temi della vita. PER SCRIVERE BISOGNA SAPER VIVERE? > Bisogna sapersi calare nella vita, profondamente. Non si fa un tango contemporaneo dicendo parole più o meno di moda, no, non si fa così. SCRIVERE POESIE PER IL TANGO OGGI È DIFFICILE? > È molto difficile lanciare un’opera di successo. Ma questo non è incorreggibile. È un problema di comunicazione, di arrivare al pubblico. Abbiamo bisogno di appoggio dalle autorità, dal ministero della cultura, dall’assessorato. L’importante è sapere che i poeti non si creano, si creano i parolieri e poi vedremo se sono poeti, bisogna dargli un’opportunità. QUAL È IL SUO RICORDO DI PIAZZOLLA? > Un musicista straordinario che nella seconda metà del secolo scorso ha fatto la storia del tango. Per me poi il ricordo rimane indelebile nella memoria.


foto Alberto Ramella

COME MUSICISTA O COME PERSONA? > Non si può separare il musicista dalla persona. Ho vissuto in casa con lui, sono stato il suo pubblico, inizialmente un pubblico infantile e adolescente. Ma poi mi ha permesso di entrare nella sua intimità creativa, ed è stata un’esperienza fantastica. Lui era lo stesso sulla scena e nell’intimo della creazione.

LEI HA DEDICATO UNA POESIA AD ANIBAL TROILO, CHE SI CHIAMA “EL GORDO TRISTE”. COME FU L’INCONTRO CON TROILO? > Avevo 17 anni. Nella mia vita è stato molto importante, eravamo amici, mi ascoltava molto e io ascoltavo lui, eravamo in confidenza. Si immergeva nella sua orchestra, suonava a occhi chiusi. Ho imparato molto da lui.

LAVORAVA MOLTO? > Sempre! Con il suo pianoforte, perché lavorava sempre al pianoforte e non al bandoneon. Era un essere dotato di provvidenza ed era una sorta di sorgente musicale. Tutta dedicata al tango. Non c’era altra cosa nella sua vita, il fatto è che lui aveva un’idea diversa di quel che era il tango, il tango si è salvato grazie a tutti noi che abbiamo creduto possibile un “altro tango”.

COSA RICORDA PIÙ DI LUI? > Era un genio della musica un bandoneonista straordinario. E molto romantico anche. Generoso, molto generoso. Il tango che gli ho dedicato ha la musica di Piazzolla.

COSA PERMANE NONOSTANTE I CAMBIAMENTI NEL TEMPO? > Tutto cambia nel tango: musica, canto, ballo. Ed è per questo che sopravvive. Perchè c’è una natura, una essenza che permane nonostante il cambiamento. Il tango ha una personalità molto definita, non si può confondere con niente nella sua genetica: nato dalla mescolanza di italiani, spagnoli gauchos e negros, il tango ha una personalità che esiste qui e in nessuna altra parte. ALCUNE

GRANDI PERSONALITÀ DEL TANGO COME

PIAZZOLLA

HANNO ORIGINE ITALIANA. QUAL È IL LORO CONTRIBUTO? > Enorme: i grandi maestri musicisti sono italiani, vengono

dalla lirica dall’opera. Hanno tecnica e voce.

SECONDO LEI COSA È PIÙ INTERESSANTE L’ALLEGRIA O LA TRISTEZZA? > La tristezza ha più profondità. Le grandi opere, come quelle di Shakespeare, sono tragiche. “Io sono come la modesta tristezza che va e viene dall’allegria”.

la DOBLE HOJA del TANGO | numero cinque

CHE VUOLE DIRE? > Che il tango nella storia si è nutrito degli “altri tanghi”, che a loro volta hanno nutrito Discepolo, Domingo Federico, Osvaldo Fresedo, Homero Manzi, Julio de Caro, Juan Carlos Cobian e Horacio Salgan così come Astor Piazzolla e me. Tutte le età del tango ebbero delle resistenze ai loro inizi, come era logico.

E PERCHÉ “IL GORDO” È TRISTE? > Perché no? Era triste, aveva un carattere malinconico.

LEI HA SCRITTO “BALADA PARA UN LOCO” CON ASTOR PIAZZOLLA. CI RACCONTI COME È NATA? > Negli anni ‘60 c’è stato un cambiamento molto forte, il movimento beat, il maggio parigino, tutto ciò ebbe la sua eco in Buenos Aires. “Balada para un loco” è legata a questa sensazione generazionale, c’era un cuore nuovo che palpitava. QUAL È L’ISPIRAZIONE? > I pomeriggi di Buenos Aires che hanno quel “non so che” sono come un viaggio nella notte (perchè il tango è molto notturno). Nei pomeriggi portegni c’era qualche scintilla: la festa della vita. È in questo contesto che un personaggio inventato è uscito dalla commedia dell’arte di Buenos Aires, con quel vestito un po’ ridicolo, inatteso miscuglio di clown, di barbone e di extraterrestre, che si incontra con una donna dalla vita abitudinaria e intrisa di vecchie idee, di vecchi sapori e profumi.

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L’HA SCRITTA DI POMERIGGIO? > In quel periodo lavoravo in una importante casa editrice argentina, scrivevo articoli per tre periodici e un giorno che tornavo dal lavoro verso casa (vivevo con Piazzolla all’epoca), all’improvviso sentii delle voci, sentii fragranza di fiori d’arancio e odori che venivano da un bancarella di frutta e verdura. Percepivo anche gli occhiolini dei manichini e vidi che i semafori invece di avere una luce rossa, una verde e una gialla, avevano tre luci di azzurro chiaro, celeste. E CHE È SUCCESSO? > Queste sensazioni arrivato a casa le ho raccontate ad Astor. Gli ho detto: devo raccontarti questa storia che nasce da alcune suggestioni, una storia molto semplice. E mi ha detto bene, possiamo presentare questa idea per il concorso che ha organizzato la municipalità portegna. E così fu. In quel periodo avevo una storia con una giornalista, una ragazza sconfitta, molto depressa, che fu un’ispirazione: lei era la donna reale e io il folletto che le appariva. Fu così che nacque “Ballata para un loco”. Poi c’è stato il momento di scriverla.

CI RACCONTA COME L’AVETE COMPOSTA? > Dissi ad Astor l'idea che avevo e feci una bozza. Gli piacque moltissimo e pensava alla voce di Goyeneche che era la congiunzione mascolina. Misi lo scritto sul leggio e glielo lessi e lui cominciò a suonare. All’inizio non mi piaceva, sembrava il tango umoristico di Gardel. Allora suonò un’altra cosa, che assomigliava alla forma di Mariano Mores, che lui ammirava molto ma io dissi no questo assomiglia a Mariano. Allora si arrabbiò chiuse il piano. Ma poi riaprì il piano e mise gli accordi di “adios nonino” perché così “balada para un loco” e “adios nonino” si potessero suonare anche insieme. E mi disse: come continuo ora? Fece la nota ripetuta. A me piacque moltissimo: la farsa era nelle parole ma la tragedia nella musica. E poi mi disse tu ci metti tre parole, “matto, matto, matto”, suonava entusiasta era convinto di quello che stava facendo, fu un flusso di note. Per chiudere mettemmo la nascita dell’amore, l’accettazione di uno dell’altro e il volo finale. A suon di valzer. Quando l’abbiamo presentato al Teatro Luna Park fu una bomba. Tutti i giornalisti mi facevano la stessa domanda: lei è fuori di testa? Fu un successo che commosse il paese e che diffuse l’idea che il paese era un po’ fuori di testa per sua natura…

La voce del poeta del tango.

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Da Buenos Aires al Teatro Regio di Torino di Ermanno Felli

Un dvd firmato da Stefano Franchini, Massimo Martino e Antonio Mario Savella, in collaborazione con l’associazione Faitango dedicato a Horacio Ferrer ono tanti i documentari sulle orchestre di tango, ma pochi quelli sui suoi poeti. È necessario allora soffermarsi sul Dvd dal titolo “Horacio Ferrer. Poeta del tango”. Un progetto a più mani firmato da Stefano Franchini, Massimo Martino e Antonio Mario Savella, in collaborazione con l’associazione Faitango.

Il Dvd si presenta con l’intero spettacolo “Il Poeta y La musica” tenuto da Horacio Ferrer, quale voce narrante accompagnata dall’Orchestra Tìpica Alfredo Marcucci. In più si arricchisce di tre testimonianze assolutamente uniche: 1) una conferenza tenuta a Torino dal poeta e paroliere Horacio Ferrer sulla storia del tango; 2) una sua intervista e 3) un’altra intervista al maestro Alfredo Marcucci, recentemente scomparso, per un totale di ben 190 minuti di video riprese. Ho usato il termine “video riprese” per via del carattere inorganico del prodotto complessivo ma diversamente non poteva essere - e consapevole del meraviglioso montaggio d’archivio che accompagna la voce calda e serena del poeta nel suo discorrere di tango e di Buenos Aires durante la conferenza. La conferenza di Ferrer forse è più che un semplice discorrere di storia del tango. Ferrer non è solo un paroliere, ma un poeta,

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e come tale ha parlato, donando al tango una vivida luce con cui penetrare nell’arcano dell’arte. Nessuna regia documentaristica avrebbe infatti mai reso omaggio alla chiarezza delle sue parole, alla forza dirompente del suo racconto sulla vita del tango e sulla sua Buenos Aires, unica vera patria, perché non gli italiani o gli spagnoli o altri crearono insieme il tango, ma il tango nacque come un miracolo e solo a Buenos Aires poteva accadere. Proprio Ferrer ci racconta come Buenos Aires abbia cambiato la storia del tango. Tutto era lì. Le parole provenivano dalla città. E di parole ne trovò tante. Una più importante dell’altra, tutte intrise di quel sentimento che i porteñi avevano del loro esistere. Per questo ne fu l’interprete, il poeta. Tante erano le arti che affluivano a Buenos Aires, e tutte come risucchiate da un vortice, davano linfa vitale a quelle composizioni dal carattere universale. Ma dove sarà il segreto? Il poeta Ferrer e il maestro Marcucci, come due superstiti di una epoca passata, sembrano ammonirci, con il loro fare sereno e sicuro, non tanto a guardare indietro e a cercare nel passato la bellezza tramontata, ma a cercare nell’oggi la linfa vitale per la poesia, di cui il tango, ballato nel mondo, si può nutrire. Tango, troppo spesso umiliato oggi dalle parole alla moda, queste sì, di effimera durata, di meschina esistenza.


Balada para un loco foto Cian Piero Corbellini

(Ballata per un matto) Testo di Horacio Ferrer e musica di Astor Piazzolla

Ya sé que estoy piantao, piantao, piantao... No ves que va la luna rodando por Callao; que un corso de astronautas y niños, con un vals, me baila alrededor... ¡Bailá! ¡Vení! ¡Volá!

Son matto, lo so già, matto, matto, non vedi la luna che rotola lungo Callao un coro d’astronauti e bambini, in un valzer, ruota intorno a me... Balla, vieni, vola!

Ya sé que estoy piantao, piantao, piantao... Yo miro a Buenos Aires del nido de un gorrión; y a vos te vi tan triste... ¡Vení! ¡Volá! ¡Sentí!... el loco berretín que tengo para vos:

Son matto, lo so già, matto, matto, io guardo Buenos Aires dal nido di un passero, e ti ho visto così triste...Vieni, vola, senti! Matto, matto, matto, quando si farà notte sulla tua solitudine di città, lungo la riva al tuo lenzuolo verrò con una poesia e un trombone a tenerti sveglio il cuore.

¡Loco! ¡Loco! ¡Loco! Cuando anochezca en tu porteña soledad, por la ribera de tu sábana vendré con un poema y un trombón a desvelarte el corazón.

Matto, matto, matto, come un acrobata demente salterò in cima all’abisso della tua scollatura fino a sentire che ho fatto impazzire di libertà il tuo cuore... sta a vedere!

¡Loco! ¡Loco! ¡Loco! Como un acróbata demente saltaré, sobre el abismo de tu escote hasta sentir que enloquecí tu corazón de libertad... ¡Ya vas a ver!

Usciamo a volare, mia cara, sali sulla mia illusione supersportiva e andiamo a correre sui cornicioni con una rondine nel motore.

(Recitado) Salgamos a volar, querida mía; subite a mi ilusión super-sport, y vamos a correr por las cornisas ¡con una golondrina en el motor!

Nos sale a saludar la gente linda... Y loco, pero tuyo, ¡qué sé yo!: provoco campanarios con la risa, y al fin, te miro, y canto a media voz: (Cantado) Quereme así, piantao, piantao, piantao... Trepate a esta ternura de locos que hay en mí, ponete esta peluca de alondras, ¡y volá! ¡Volá conmigo ya! ¡Vení, volá, vení! Quereme así, piantao, piantao, piantao... Abrite los amores que vamos a intentar la mágica locura total de revivir... ¡Vení, volá, vení! ¡Trai-lai-la-larará! (Gritado) ¡Viva! ¡Viva! ¡Viva! Loca ella y loco yo... ¡Locos! ¡Locos! ¡Locos! ¡Loca ella y loco yo

IL NUOVO DISCO DI FERRER

Tango y Gotan, l’ambizione dell’arte popolare L’idea di questo Cd nacque dopo i successi dei recital conseguiti da Horacio Ferrer a Roma con Ana Karina Rossi e Alberto Magnone. È così che il gruppo ha voluto registrare questa felice unione composta da tre artisti che vivono rispettivamente in Argentina, in Italia e in Uruguay. Riuniti nel dicembre 2009 a Montevideo, hanno realizzato il loro progetto desiderato intensamente. Horacio Ferrer il poeta contemporaneo più celebre del tango, è l’autore dei testi, mentre la musica è di Astor Piazzolla e Alberto Magnone. “Tango y Gotan”, il brano che da il nome al Cd è il ritratto dell’antitesi intrinseca al tango, come in tutta l’arte popolare con mire ambiziose: come dicono le parole “il tango è arte e popolo, angelo e demone, messa e bordello, malavita ed estetica. Una freccia lanciata dal quartiere di periferia in alto nel cielo”.

Esce a salutarci la bella gente, e matto, ma tuo, che ne so! Provoco i campanili con le risate, e infine ti guardo e canto a mezza voce. Prendimi matto così, matto, matto, apriti agli amori che intraprenderemo, la magica pazzia totale di rivivere vieni, vola, vieni! Tralai-lero-larà! Evviva, viva, viva, matta lei e matto io, matti, matti, matti! Matta lei e matto io

la DOBLE HOJA del TANGO | numero cinque

De Vieytes nos aplauden: “¡Viva! ¡Viva!”, los locos que inventaron el Amor; y un ángel y un soldado y una niña nos dan un valsecito bailador.

Da Vieytes ci applaudono: evviva, viva i matti che hanno inventato l’amore! E un angelo, un soldato e una bimba ci offrono un valzerino ballabile.

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Il compadrito: carisma, coltello, poesia e milonga di Max Civili

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Evaristo Carriego, “poeta bohemio, tìsico e anarquista” deve la sua fortuna a Jorge Luis Borges che scrisse una biografia su di lui. Memorabile è anche il brano a lui dedicato scritto da Eduardo Oscar Rovira e interpretato da Osvaldo Pugliese

E se Rovira sceglie la suggestione dell’arrabal tirando in ballo il misconosciuto Evaristo Carriego lo si deve a Jorge Luis Borges e alla sua biografia Evaristo Carriego, scritta nel 1930.

pretesto per parlare del barrio Palermo, della sua mitologia, delle sue atmosfere e dei suoi personaggi. Evaristo è un personaggio sui generis, smilzo, timido, vestito sempre di nero. Con le donne poi è un disastro: non riuscirà mai a baciarne una durante la sua breve vita e morirà ad appena 29 anni per una tubercolosi. Tra le sue poche opere si ricorda soprattutto Le messe eretiche, una raccolta di versi in cui Carriego descrive il quartiere dell’epoca: le relazioni amorose tra le sartine e i carrettieri, i cantastorie con la chitarra, i perdigiorno che giocano a truco, gioco della carte popolare in Argentina come il tresette in Italia. La Palermo di Borges invece “è una spensierata miseria... acqua marcia e vicoli, ma anche la balaustra celeste e le cascate di caprifoglio rampicante”. Fra sordide botteghe e turbolente spianate, sorgono i capannoni di zinco di Maldonado, una frazione di Palermo, in cui echeggia il tango primitivo, quello a 10 centesimo il giro, dama inclusa. Pochissime le donne che si lasciano andare al ritmo del peccaminoso ballo, che si svilupperà - afferma Borges, soprattutto nei bordelli. Stuoli di compadritos “allupati” invadono le prime improvvisate milongas (all’epoca chiamate salones): sono soprattutto gauchos, vittime dell’economia del latifondo, costretti ad abbandonare las pampas e a rifarsi una vita nelle città. A mettersi il vestito buono e a impomatarsi i capelli per ottenere rispetto e per “un giro” con una mina (una “femmina”). Minas che spesso si negano ai compadritos lasciandoli con il cuore infranto.

Nella sua opera Borges racconta della vita e delle opere di uno scrittore, poeta e giornalista che come lui risiede nel barrio Palermo, in una Buenos Aires che tra la fine dell’800 e l’inizio del’900 vive una fase di profonda trasformazione sociale. Nel porto sbarcano centinaia di migliaia di stranieri (gringos) che non sono affatto ben visti dai criollos (gli argentini discendenti dei colonizzatori spagnoli). Evaristo Carriego è scelto da Borges non per le sue doti letterarie ma perchè “è il vicino di casa”, come spiega all’incredula madre che gli chiede il motivo dell’interesse. In realtà Borges intravede in Carriego il primo testimone dello scorrere della vita nei quartieri poveri di Buenos Aires e quindi un

Mi Noche Triste di Miguel Contursi (1915) Percanta que me amuraste en lo mejor de mi vida dejandome el alma herida y splin en el corazon, sabiendo que te queria, que vos eras mi alegria y mi sueño abrasador... Para mi ya no hay consuelo y por eso me encurdelo pa’ olvidarme de tu amor.

Evaristo Carriego, uno dei brani più amati e ballati nelle milongas, è dedicato a un giovane scrittore porteño, di madre italiana, dei primi del ‘900. Volto emaciato, occhi piccoli e scuri e orecchie assai pronunciate, Evaristo Carriego non era un autore particolarmente brillante ma ha lasciato una traccia: quella del personaggio autentico.

A rendere speciale il brano, interpretato da Osvaldo Pugliese, è la tensione che ne caratterizza lo sviluppo sin dalle prime note. Ma il compositore originario non è Pugliese bensì Eduardo Oscar Rovira, uno dei riformatori del tango tradicional, tra i primi a modificare il suono del bandoneòn mediante l’uso del distorsore elettrico. Il suo A Evaristo Carriego evoca cupe atmosfere e incarna il crudo disincanto della realtà dell’arrabal (la periferia urbana) di Buenos Aires negli anni ‘60. Ha un enorme successo tra i musicisti più giovani e “arrabbiati” dell’epoca e Pugliese, tra il 1968 e il 1969, lo riprende cambiandogli i connotati e rendendolo accessibile al grande pubblico.

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UN MILONGUERO COMPADRITO: GERARDO QUIROZ

COSA

compadrito entrava in una milonga. Camminata disinvolta, petto in fuori, gran carisma. Il compadrito era uno che si faceva rispettare, che guardava i presenti con distacco, quasi con disprezzo ma non con cattiveria, si trattava di “disprezzo tanguero”. IL COMPADRITO PORTAVA CON SE DELLA ARMI? > Mai della armi da fuoco. Spesso pero aveva un coltello, che nascondeva dietro la schiena. SI

entrava nella milonga con la giacca ne usciva con la giacca. E si faceva rispettare per il suo modo di ballare. E malgrado ballasse per ore e indossasse sempre la giacca non sudava mai: il milonguero vero infatti non suda. Traspira.” IL COMPADRITO ERA SEMPRE BEN VESTITO? > Ricordo che noi compadritos dell’epoca raramente andavamo a ballare con la sacca delle scarpe per il tango, come si fa oggi. Ballavamo usando le scarpe con cui andavamo in giro tutti i giorni, soprattutto noi un po’ piu... poveri. Ma in linea generale il compadrito è sempre ben “empilchado” (vestito), profumato, con le scarpe ben lucidate. Molti iniziano a preparsi dalle quattro del pomeriggio, a scegliere gli abiti giusti per la serata. COME INIZIÒ IL TUO VIAGGIO NEL MONDO DEL TANGO? > Piu di quarant’anni fa... stavo passando un brutto periodo, mi stavo separando e avevo voglia di intraprendere nuovi percorsi personali. Una sera un mio amico funzionario di banca mi fa: “flaco, questa sera andiamo a ballare il tango.” Io gli rispondo che non fa per me, che io sono più un tipo da rock and roll, ma il mio amico insiste e alla fine mi convince. RICORDI IN QUALE MILONGA SIETE ANDATI? > Andammo alla milonga Estudiantes de Buenos Aires, nella periferia della capital federal. Piena di bella gente, tutti avvinghiati. E tante “lindas minas”. E quella sera incontro il leggendario maestro Raul Bravo, un vero compadrito, mio mentore e poi grande amico. Per tre anni stetti a osservare come si ballava il tango. Poi finalmente trovai, dopo tante lezioni e grazie al desiderio di conquistare una mina, il coraggio per lanciarmi.

di Miguel Buccino (1929) Vestido como un Dandy Peinado a la gomina Y dueño de una mina mas linda que una flor bailas en la milonga con aires de importancia luciendo tu elegancia y dando exhibicion

POSSIAMO PARLARE DI COMPADRITOS ANCHE AI GIORNI NOSTRI? > Si, ogni periodo ha i suoi compadritos. Anche oggi ce ne sono in giro. Il dueño (il proprietario) della mia milonga preferita a Buenos Aires, il Cachirulo, spesso dice: “ehi, stasera è il locale pieno di compadritos!”.

DESUME CHE IL COMPADRITO DOVESSE SEMPRE

INDOSSARE UNA GIACCA? > Sempre. Se il compadrito

“Bailarin Compadrito”

Mentre le gerarchie sociali all’interno degli arrabals vanno rimodellandosi, inevitabilmente cambiano anche il tango e i caratteri distintivi dei suoi personaggi. Questa volta ci accontenteremo di parlare dei compadritos. Per farlo abbiamo incontrato Gerardo Quiroz, compadrito “conclamato” dei nostri tempi. Gerado, originario della provincia di Tucuman, un migliaio di chilometri a nord di Buenos Aires, non ha bisogno di troppe presentazioni: milonguero di lunga carriera, che da tanti anni vive in Italia tra Napoli e Roma, incarna lo spirito del pibe che lascia la campagna per tentare la fortuna in città.

RICORDI DELLA FINE DEGLI ANNI SESSANTA, GLI ANNI IN CUI

COMINCIASTI A BALLARE NELLE MILONGAS? > All’epoca, tutti si voltavano quando il

la DOBLE HOJA del TANGO | numero cinque

Mentre il poeta e giornalista argentino Hilario Ascasubi, descrive i compadritos utilizzando immagini romantiche (“soltero, bailarín, enamorado y cantor”) questi, fuori dalle milongas, si accoltellano: basta una frase irrispettosa o uno sguardo impertinente e scattano i cuchillos. Si scontrano i balordi, gli attaccabrighe di periferia e spesso all’alba qualcuno viene trovato morto “con un’umana pugnalata nel ventre”. Nel barrio sono i coltelli a dettare legge, possibilmente a lama corta, (“era vanto dei coraggiosi usarla corta”). I duelos sanguinari, le sfide a colpi di “pungicate”, sono all’ordine del giorno. Nel quartiere il padrone assoluto è il caudillo, che gestisce la politica e commina punizioni, i compadres sono i boss delle frazioni del quartiere, uomini d’onore, che incarnano “una possibile” giustizia opponendosi all’arbitrarietà della polizia corrotta. Sono dei veri e propri guapos, cultori del coraggio, intimidatori, professionisti della rissa, dei lampi con il coltello in mano. Spesso anche belli. I compadritos invece hanno il culto del ballo. Anche loro sanno usare il coltello ma sono uomini che hanno una predilezione per il senso estetico, dal passo leggero, quasi danzante mentre i guapos quando arrivano schioccano i tacchi dei loro botas (stivaloni). Il compadrito non lavora, spesso sono le donne che conquista e sottomette (e delle quali talvolta si innamora) a lavorare per lui. Il compadre è tutto d’un pezzo: non si innamora mai. In fondo alla scala sociale del barrio ci sono i compadrones, codardi pronti a “cantare” e tradire, a spifferare tutto alla polizia o a chiunque in cambio di poche briciole e, infine, i malevos, la feccia della feccia: picchiano senza apparente motivo donne, anziani e bambini e fanno incarcerare gli innocenti. Improvvisamente, negli anni ‘20, “lo sport interessa più della morte. I ragazzi trascurano le sfide al coltello per dedicarsi al football, ribattezzato con indolenza dai porteños foba.” Cambia Palermo, cambia la vita dei barrios di Buenos Aires, ora meno truculenti. Anche la figura del compadrito si ingentilisce.

UN PÒ UN CLICHÉ QUESTO DELLE MINAS FATALI NEL TANGO? Si ma per me funzionò! Io il tango lo amo, letteralmente. Ho avuto la fortuna qui in Italia di lavorare con le donne più brave. Con quelle che amavano la cultura dalla quale provengo, che è la cosa più importante. E con donne che erano milongueras e compadritas. >

COME? ANCHE LE DONNE POSSONO ESSERE COMPADRITAS? > Certamente! Quando una mina entra in una milonga attirando l’attenzione dei presenti semplicemente grazie al suo portamento e carisma, quella è una compadrita. BÈ

ALMENO STIAMO SICURI CHE LE COMPADRI-

TAS MODERNE NON NASCONDONO UN COLTELLO DIETRO ALLA SCHIENA... > Mai sentirsi troppo

sicuri, amigo...

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I “Tango Pulenta” L’energia che viene dal nutrimento umile di Nancy Miranda da Buenos Aires

Melina e Claudio, artisti irrequieti, investigano la passione umana e le pulsioni legate al movimento, trasportati dalla vena poetica che vive nella pareja tanguera

I loro sguardi ci invitano a riconsiderare da una differente prospettiva artistica il luogo del tango. Nel nome del Tango, i nostri "pivotean" sopra diversi linguaggi e fusioni. COME MAI AVETE SCELTO LA PAROLA “PULENTA”? > Melina: Ci siamo arrivati istintivamente. E tutte le persone che hanno assistito alle nostre esibizioni hanno detto che avevamo scelto bene. Questa parola, pur venendo dal lunfardo, è semplice da capire soprattutto per voi italiani che di “polenta” ne fate scorpacciate nei mesi invernali. Si tratta di un alimento molto nutritivo, che dà energia, comune nelle case povere. Questi sono aspetti del nostro modo di ballare e per noi hanno un significato importante: ballare significa “alimentare”, dare potenza, energia. In poche parole, “Pulenta” esprime forza, grinta e determinazione. > Claudio: Noi attraverso il tango abbiamo trovato una nostra precisa identità e possiamo esprimere tutto ciò che abbiamo imparato in tanti anni: ci permette di giocare, mescolare stili e ballando tiriamo fuori forza, potenza ed energia. Entrambi abbiamo personalità briose e siamo in sintonia, il nostro modo di lavorare conserva i suoi tratti inconfondibili. LAVORATE IN COPPIA DAL 2003, IN CHE MODO VIVETE QUESTA SCELTA? > Melina: Il tango è una sublimazione della coppia. Noi non siamo una coppia particolarmente affettuosa ma ti posso dire che le regole e le dinamiche di una “pareja de tango” sono identiche a quelle della vita. Io se ho un progetto da realizzare la prima persona a cui penso è Claudio, perché credo che in questo momento sia colui che mi permette di esprimere tutto il mio potenziale. > Claudio: Sono d’accordo con Melina. Ci sono tante altre ballerine con le quali potrei trovare un’intesa. Ma credo che gli elementi importanti siano il rispetto, la filosofia di lavoro simile e la fiducia. Decido i miei impegni futuri con lei. LA COPPIA DI TANGO È APERTA OGGI? > Melina: Guarda, quando eravamo bambini, il 99% delle famiglie rimaneva unite, non esistevano le separazioni. Quando incontravi un “pibe”(ragazzino) figlio di genitori separati era “un caso speciale” visto che la mentalità non consentiva alle 12

coppie sposate di cambiare il proprio destino coniugale. Ora è tutto diverso. Così come nelle “parejas de tango”: in passato una coppia di tango era quasi sempre coppia nella vita. Per esempio, non tutti sanno che “Nelida e Nelson” non erano marito e moglie anche se furono partners per trent’anni. Tutti davano per scontato che la coppia tanguera era anche coppia “amorosa”. Io penso sia giusto essere flessibili. DESIDERI PROFESSIONALI PER IL VOSTRO AVVENIRE? > Claudio: Continuare a ballare. Mi piacerebbe fosse così per me e anche per Melina. Poi, se il nostro cammino prosegue nella stessa direzione, bene, altrimenti valuteremo il da farsi al momento. Il mio desiderio è il tango coreografico, lavorare come ballerino e dedicarmi di più all’insegnamento. Il mio sogno sarebbe poter girare con la nostra compagnia, trovare un produttore professionista, avere quindi, la possibilità di mostrare il lato artistico del nostro tango, il modo in cui lo intendiamo e in cui ci esprimiamo. ED È DIFFICILE ESPRIMERSI ARTISTICAMENTE IN QUESTO MOMENTO? > Melina: Tutto ruota attorno alla distinzione tra arte e intrattenimento, due aspetti che, anche se difficili da coniugare, fanno da paradigma per tutti gli spettacoli. Sono due entità distinte ma intimamente collegate: l’una si nutre dell’altra. E questo è un fenomeno “global”, che non riguarda solo l’Argentina. Un ballerino può scegliere di lavorare a spettacoli caratterizzati da una forte componente commerciale, oppure optare per percorsi puramente artistici, autofinanziando le proprie produzioni. Un cammino difficile che ci costringe a svolgere ruoli complessi come quello del produttore. > Claudio: È un’impresa ardua. A Brodway, per esempio, esistono le grandi produzioni, che hanno un grande successo di pubblico. Poi ci sono quelle del circuito “underground” che sono più personali e più difficili da vendere ma, permettono agli artisti di essere scoperti e presentati al grande pubblico, come accadde con “Tango Argentino” che era un show alternativo, pieno di ballerini avanti con l’età, che nessuno all’inizio pensava potesse avere successo a livello mondiale. Claudio


Segovia aveva tentato già da almeno dieci anni di far avere successo a Tango Argentino, fu caparbio e ci riuscì... magari ci capitasse lo stesso a noi!!! (ride)

rando con il “Festival Cambalache”, facendo in modo che questa vetrina si sviluppi per presentare il nostro lavoro in maniera ancora più efficace.

POSSIAMO PARLARE DI SFIDE NELL’UNIVERSO DEL TANGO? > Melina: Per me, è importante che la gente comprenda che il nostro tango è arte e l’arte non è un business. L’arte deve essere sovvenzionata, sostenuta e promossa. Perche quando l’arte è business la creatività è sempre condizionata. Per esempio in Argentina abbiamo “Proteatro” e “Prodanza” degli enti che sostengono rispettivamente gli scrittori teatrali e la danza contemporanea, ma, non esiste un ente che sovvenzioni il tango, nonostante il suo indubbio valore culturale.

QUAL È LA VOSTRA AGENDA DEL 2011? > Claudio: Stranissima...(ride): nel mese di giugno abbiamo viaggiato tantissimo. Prima Milano con Tanghetto, poi Berlino per delle lezioni e poi a Torino per il Campionato Europeo, dove abbiamo fatto parte della giuria, ci siamo esibiti come ballerini e abbiamo insegnato. Poi siamo stati a San Francisco anche qui come giurati, ritorneremo in Europa per la prima di uno spettacolo che si terrà a Barcellona (in omaggio a un direttore del Teatro Colòn di Buenos Aires) e dovremmo essere anche al Campionato Mondiale di tango di Buenos Aires, nel mese di agosto.

È COME SE SI CONTINUASSE A DIFFIDARE DI “LUI “(IL TANGO...) > Melina: non lo so, ma mi sembra, che sorgono dubbi sul E DOPO TANTO VIAGGIARE, AL RIENTRO A BUENOS AIRES, COME VI tango, direi giustamente, quando questo ha fini commerciali. Le “Casas de tango” per esempio, dove spesso noi lavoriamo, SENTITE? > Claudio: Mi ci vuole un sacco di tempo per re-inserirmi. sono viste in maniera estremamente commerciale senza tener conto del loro retroterra storico e artistico. Sono contento di tornare, mi piace viaggiare ma, al rientro fac> Claudio: ci sono produttori che investono per guadagnare, cio fatica a riabituarmi al quotidiano. Per esempio, te ne vai come quelli che gestiscono le “Casas de Tango” e dopo, ci all’estero per un mese, poi torni, vai al supermercato ed è già siamo noi, gli artisti, che lavoriamo giorno tutto cambiato. Ti domandano: sei partito dopo giorno dando lezioni. per due anni? Da ogni parte cambiano odori, Noi, ovviamente, non possiamo sempre procostruzioni, strade bloccate e tanto altro. “Pulenta esprime > Melina: Quando viaggio ho nostalgia. Ho durre le nostre opere, lo abbiamo fatto, ma grinta poi arriva il momento in cui abbiamo bisogno capito da un po’ di tempo che la mia casa è e determinazione. di sostegno. qua. E quando si avvicina la data del ritorno, mi prende molta ansia, poi quando sono a Questi sono gli È IMPORTANTE IL LUOGO DOVE SI ESPRIME L'ARBaires l’ansia si placa. Non saprei bene che aspetti del nostro mi succede, ci vuole un po’ per rilassarmi. TISTA? PENSO AL VOSTRO SITO INTERNET, COSÌ modo di ballare” > Claudio: La gente ti racconta molte cose DIVERSO DALLE SOLITE PAGINE COMMERCIALI che ti sei perso... ma il tuo desiderio era solo (WWW.TANGOPULENTA.IT) > Claudio: L’abbiamo prodotto quasi all’initornare. zio della nostra avventura artistica, prima di accumulare tanta COME INSEGNANTI, SU COSA PUNTATE? esperienza. Malgrado ciò, il sito riflette ciò che siamo anche se > Melina: Io mi divido in due direzioni. Da una parte, ad abbiamo fatto molto di più. > Melina: innanzitutto una pagina web è uno strumento di lavoognuno offro qualcosa di specifico che riguarda la tecnica e ro, è come dire che mi serve perchè qualcuno mi trovi. Però quelrapporto con il proprio corpo. Faccio una diagnosi e poi fornilo che noi ci siamo chiesti realizzando il sito è se questo media sco un po’ di elementi per aiutarlo. Dall’altra parte, cerco di fosse un mezzo di comunicazione della “pareja” che rifletta ciò aiutare a costruire un’idea di pluralismo nel tango. Cioè delche siamo. Ci siamo detti: se siamo artisti, come affermiamo, il l’inesistenza della verità assoluta e categorica. Mi pare che sito dovrà essere pensato come un luogo virtuale artistico. questo non lo capiscano tutti gli allievi. È chiaro che perciò tutto è relativo, incluso il nostro insegnamento. Alcuni non STATE SVILUPPANDO NUOVE IDEE? capiscono e si allontanano. > Melina: L’anno scorso siamo stati coinvolti in un progetto Quello che ti da un maestro è una cosa ma altra è quello che sceglie l’allievo. Ed è lui che decide. Sarebbe più semplice e di altri colleghi, realizzato unicamente con le nostre forze. Si è avremmo sicuramente più successo, se partissimo da un’altra trattato di uno spettacolo che combinava il tango il folklore ed parte, ma la verità è che sento che questo è il nostro modo di il circo. Personalmente vorrei lavorare con coreografi e produttrasmettere. tori che mi aprano a nuove prospettive. Una cosa molto più semplice da dirsi che da farsi. In questo momento sto collabo-

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foto Simone Nunzi

Mi scuso per le dimenticanze nell'articolo sulle donne del tango uscito nel numero 4, errore involontario dovuto esclusivamente a un problema tecnico. Ora mi sento un po’ come un principiante alla sua prima serata di tango, pieno di dubbi e dispiaciuto per le dimenticanze. “Profumo di donne” voleva essere un omaggio a tutte le donne del tango, conosciute e meno conosciute, veterane del tango e non... e non è affatto per fare delle differenze. Marcelo Alvarez C’È UNO STEREOTIPO DELLA DONNA TANGUERA?

Natalia Ochoa

Alicja Ziolko 14

Natalia Ochoa: Si e No. Non credo che ci sia uno stereotipo di donna da seguire, poichè il tango è qualcosa che nasce da dentro e non da fuori, e tira fuori il meglio di ognuna. Siamo tutte diverse, viviamo cose diverse e balliamo in maniera diversa. Ognuna di noi esprime quello che porta dentro di se. Non ci sono due donne uguali, non sarebbe giusto creare uno stereotipo, questa è una fortuna altrimenti saremmo tutte uguali e sarebbe noioso per tutti, per noi e per voi (uomini !) PERCHE SI BALLA IL TANGO, PER SOLITUDINE QUINDI PER FARE CONOSCENZA, PER MODA... PERCHE? Alicja Ziolko: Credo che ci siano tante ragioni... solitudine, moda, passione, musica, arte... e tante altre, ognuo vive la sua. Ma credo che per tanti sia la libertà incredibile di condividere sensazioni profonde, una lingua del corpo che non trova parole, puoi parlare tango in tutto il mondo. Nel tango l’ espressione può essere tanto personale e di

qualunque stile. Nel dialogo dell’abbraccio puoi scoprire sempre nuove cose su te stesso,vivere poesia e sogni condotti da una musica meravigliosa che nasce dal cuore tanti, tanti anni fa. HAI

UN RITUALE PRIMA DI ENTRARE IN

SCENA?

Marce la Szurkalo: Prima di entrare in scena faccio essercizi di streatching, rilassamento e respirazione, poi mi trucco e mi metto il mio profumo preferito e così sento che il tutto si unisce, i muscoli pronti, il cuore aperto e l’anima in sintonia e pronta ad esprimersi... Per andare in milonga mi piace cambiare, a volte mi preparo elegantissima e volte Marcela informale, il mio rito per andare in milonSzurkalo ga è seguire le mie sensazioni e sopratutto preparmi per godermi la serata, divertirmi e condividere questo bellissimo spazio “sociale” con tutti.


Le donne del tango

di Marcelo Alvarez

QUALE CONDIMENTO DEVE ESSERCI

CREDI CHE OGGI IL TANGO ATTRAGGA TUTTO

IN UNA COPPIA PER BALLARE UN TANGO

IL MONDO PER IL SUO FORTE CONTENUTO CULTURALE E ARTISTICO. OPPURE, IL SUO LUOGO COMUNE È ANCORA LA SEDUZIONE? Cristina Frugante: Credo che non sia esatto dividere gli aspetti cultura ed arte dalla seduzione, né considerare quest’ultima come un luogo comune. Sono tutti aspetti di quello che è ormai una realtà dei nostri tempi. Chi si avvicina al tango è forse maggiormente colpito Cristina dalla seduzione che ne comporta, ma poi Frugante rimane nel tango perchè scopre la sua connotazione culturale e artistica senza dimenticarne l’aspetto seduttivo. Solo con la perfetta fusione di questi tre fattori il Tango è Tango!

COSA

la DOBLE HOJA del TANGO | numero cinque

DA RICORDARE? Giorg ia Ve rg nani: Interpretazione, sensibilità e originalità. Questi sono per me gli elementi che rendono un tango “inolvidable”. L’interpretazione musicale è fondamentale nel ballo, essere sincronizzati sulla stessa onda lo rende decisamente più piacevole. Entrambi i partner devono essere sensibili allo spazio altrui e alla Giorgia capacità di movimento dell’altro. Quante Vergnani donne si lamentano di un abbraccio troppo stretto o di una presa troppo decisa che finiscono per metterle a disagio a scapito del ballo stesso. Così come partner che forzano movimenti che l’altro non è pronto ad eseguire; la sensibilità è fondamentale per avere entrambi un’esperienza positiva. Infine, è importante saper sorprendere e coinvolgere il partner con un tocco di originalità, qualcosa che renda il proprio ballo diverso da quello degli altri la nostra personalità e stato d’animo sono gli elementi che rendono il nostro ballo unico.

VALE DI PIÙ PER ESSERE INVITATA:

MIRAR... LE GONNE CORTE O PERSONALITÀ, CI RACCONTI IL TRUCCO?

Roberta Buoni: sicuramente le gonne corte non servono... se hai desiderio di ballare con un uomo lo puoi fare molto elegantemente MIRANDO l’uomo con cui vuoi ballare.

Roberta Buoni

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Il sogno della figlia del Capitan: ritrovare

Tango Charlie 48 di Marcelo Alvarez

Il Tango Charlie 48 non è un tango che si balla... è un tango che si piange ancora, una ferita aperta nel cuore di tanti argentini

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Tango Charlie 48 era un aereo, un Douglas DC4 matricola TC-48, che sparì misteriosamente in Costa Rica il 3 novembre 1965 con 68 persone a bordo. Sull’aereo c’erano 54 giovani cadetti fra i 20 e 24 anni appena laureati all’Accademia Aeronautica Militare (Escuela de Aviacion Militar) e 14 ufficiali e sottoufficiali aeronautici. Di loro non si è mai saputo niente. Anche perche il governo argentino per 40 anni ha fatto di tutto per non trovarlo e mettere paletti nelle ruote nelle ricerche private che i famigliari hanno voluto intraprendere. E che comunque sono riusciti a portare avanti con tanto sacrificio. Erano due aerei che volavano insieme, il Tango Charlie 48 e il Tango 43. Il fatto inquietante è che il TC48 portava 18 passeggeri in più. Decollavano e atterravano con pochi minuti di differenza, il percorso e la missione era la stessa: viaggio finale di istruzione per i cadetti laureati quell’anno all’Accademia Aeronautica Argentina. Ma la cupola aeronautica viaggiava nel T-43. Gli aerei erano partiti da Buenos Aires, avevano fatto scalo a Cordoba e Mendoza, e stavano risalendo l’America Latina con tappe nelle principali capitali del Sudamerica e dell’America Centrale, con destinazione finale la base di Houston (Texas). Un percorso che doveva durare un mese circa. La notte del 2 novembre arrivarono alla base Howard sul canale di Panama, che all’epoca era degli Stati Uniti. La mattina seguente, molto presto, prima decollò il T43 e sei minuti dopo il TC48. In quel momento una brutta tempesta tropicale minacciava l’orizzonte dalla parte del Mar dei Caraibi. Anche se la fermata successiva era Mexico DC, dovevano fare uno scalo tecnico a El Salvador, paese in quel momento in permanente rivolta, tra guerriglia e gravi conflitti. Nessuno ha mai capito perché si esponeva il fior fiore della aeronautica argentina a un rischio così grande in un paese così pericoloso, quando il viaggio era solo la conclusione di un’istruzione. Pochi minuti dopo il decollo dalla Base Howard, il TC48 lancia il suo primo “mayday” informando che il motore ha preso fuoco e dando la sua posizione in un punto sull’Escudo di 16

Veragua nel limite nord di Panama, sul Mare del Caraibi. Un altro aereo appartenente al Costa Rica, che faceva il tratto Miami-San Jose, ascolta la chiamata di aiuto e da istruzioni al TC48 per atterrare a Puerto Limon, sulla costa est di Costa Rica. Questa conversazione viene ascoltata anche dal T43 che risponde: “OK TC48, noi continuiamo per San Salvador”. Abbandonando così i compagni alla loro sorte. Anche la torre di controllo dell’aeroporto di Tegucigalpa ascolta lo scambio di messaggi e il suo radio operatore urla: “Assassini, scava fosse, state abbandonando alla morte i vostri compagni!!!!” Da quel momento del TC-48 e i suoi 68 passeggeri non si è mai saputo nulla, semplicemente sparì. Qual era la fretta per arrivare a San Salvador? Forse la differenza di peso dei passeggeri era compensata con armi o chissà che cosa? che dovevano consegnare in quel paese in guerra? Questo disastro provocò un lutto in Argentina. Tutto il paese pianse e attese. L’ufficiale operativo di ricerca fece ricognizione solo per sette giorni, dopo di che comunicarono ai famigliari e a tutto il paese che l’aereo era ufficialmente caduto in mare. E che non c’erano sopravvissuti. Anzi, che erano stati mangiati dagli squali. Fu cosi che si nascose la verità per oltre 40 anni. Successivamente, la traballata storia argentina con i governi militari dal 1966 in poi, rese impossibile fare o dire qualsiasi cosa contro loro. In Costa Rica invece, oltre 20 persone quella mattina del 3 novembre, videro sorvolare un grosso aereo argento che fumava e con un lamentoso rumore dei motori per poi perdersi tra le montagne del Talamanca, dietro la fila di Matama. Fino qui i fatti di cronaca. Poi cominciò l’enorme dramma dei famigliari. Con la tragica avventura alla ricerca dei loro cari, senza avere mai un aiuto ufficiale. Alcuni ci lasciarono la pelle fino nella jungla montagnosa tropicale, scrivendo un destino di permanente ricerca nelle successive generazioni. I genitori cominciarono ancora giovani a cercare i loro figli e i fratelli dei ragazzi ventenni. La moglie d’un ufficiale lasciò i suoi 4 bambini con la famiglia e si tuffò come un’amazzone guerriera a cercare il suo marito. Tutti andavano in Costa Rica e si perdevano nella foresta per giorni, mangiavano quello che


la DOBLE HOJA del TANGO | numero cinque

la natura offriva, parlavano con gli indiani, esploravano ogni fiume, seguivano ogni pista. Il resto dall’Argentina, raccoglieva fondi per la ricerca e attendeva giorno dopo giorno con la speranza nel cuore di ritrovare l’aereo e i sopravissuti. Si può dire che la storia del TC48 è per gli argentini, come il caso Ustica per gli italiani. Il pilota di questo aereo era un italoargentino di 32 anni, il Capitano Esteban Josè Viberti, figlio di immigranti italiani d’origine piemontese. Era l’orgoglio e l’allegria di quella famiglia italiana grata per essere stata accolta da quel paese generoso. Ed erano fieri di quel figlio, entrato nel record dei primati per il volo più lungo senza sosta sull’Antartide, uno dei più bravi piloti in quel tempo, anche lui padre di 4 bambini. Le 68 famiglie continuarono la ricerca finché fu possibile. Il governo militare intanto impediva ogni atto nei suoi confronti. Ci furono perquisizioni nelle case e furono fatte sparire le prove che i ricercatori in Costa Rica rintracciavano, furono minacciati, e bisogna dire che a quel tempo non si scherzava davvero! Così si dovette interrompere le ricerche. I genitori invecchiarono e poi morirono. Ma senza mai smettere di aspettarli e di sognare che un giorno sarebbero tornati. Anche i fratelli invecchiarono. Ma i figli ed i nipoti sono cresciuti ascoltando la storia raccontata sottovoce, nella consapevolezza che la verità doveva essere raggiunta. Adesso toccava a loro continuare il lavoro, era arrivata l’ora di prendere l’eredità. Tornata la democrazia in Argentina, nel 1983, era passato tanto tempo e sembrava si fossero perse le tracce per sempre. Ma in Costa Rica, la storia dell’aereo argentino scomparso era entrata nel mito ed era diventata leggenda. Si raccontava che l’aereo fosse caduto nella parte più fitta della foresta, che c’erano tanti morti dentro l’aereo, ma anche c’erano stati i sopravissuti, che era stato saccheggiato da un indiano figlio del potente “suquia” (stregone capo tribù) della regione e che per proteggere suo figlio aveva stregato la zona. Tutti gli avventurieri erano alla caccia dell’aereo argentino, perché si parlava di un grosso tesoro che portava quel tragico volo. Non c’era limite fra la fantasia e la realtà, ma cosa certa e documentata è che ci sono stati 8 morti in condizioni misteriose, che aiutavano a ingigantire il mito. La figlia del Capitan Viberti che allora aveva 9 anni, divenuta ormai una donna, decise di riordinare tutta l’informazione dispersa tra le famiglie, di cercare di nascosto negli archivi aeronautici e di ricominciare una ricerca metodica. Grazie a internet,

si mise in contatto con alcune persone in Costa Rica che mantenevano ancora l’interesse per l’aereo scomparso, e riuscì anche a parlare con il pilota dell’aereo che rispose quel giorno alla chiamata di aiuto. E’ così che in Costa Rica si cominciò a parlare della “figlia del capitan”. Con tutta la storia coerente e documentata, scrisse al programma d’inchiesta più importante della TV Argentina, Telenoche Investiga, smascherando la gran bugia ufficiale sostenuta per quasi 40 anni che l’aereo era caduto in mare. Dimostrò che c’erano prove sufficienti per stabilire inequivocabilmente che il TC48 era in territorio di Costa Rica e che c’erano stati sopravissuti al momento dell’incidente. Nel giugno 2001 la “figlia del capitan” è partita per il Costa Rica con un gruppo di giornalisti e si unisce alla squadra di ricercatori che era in piena attività già da 2 anni. Per 15 giorni si sono immersi nella foresta più fitta che si possa mai immaginare. Un angolo del pianeta dove piove tutti i giorni, dove gli alberi sono alti 60 metri, con montagne di muri verticali che sfondano in abbondanti fiumi. Dove una formica è grande quanto un topo, dove mai un uomo bianco ha messo piede. Territorio di narcotraffico, popolato ancora da indiani delle tribù BriBri e Cabecar. Sul posto ha capito che in quel territorio tutto si può perdere, e che si può passare a pochi metri da quel quadrimotore coperto dalla foresta senza nemmeno vederlo. La ricerca dei giornalisti venne trasmessa in tv e la storia del TC48 uscì in prima pagina. Davanti alle accuse, l’Aeronautica militare tacque. Anche senza il governo militare, le minacce colpirono la “figlia del capitan”. Che però senza paura non ha smesso di sfidare il potere, di accusare i responsabili e di chiedere la revisione del caso. Con la trasmissione televisiva e la notizia che corre in tutto il paese i famigliari riprendono i contatti tra di loro. Esce cosi un’altra “figlia“ che crea un’”associazione di famigliari di desaparecidos nell’ incidente del TC48. Nel 2005 davanti alle devastanti prove presentate dai famigliari, con gli archivi raccolti negli anni dalla “figlia del Capitan” Viberti, la Forza Aerea Argentina ammette di non avere nessuna prova della caduta in mare dell’aereo, e accetta di collaborare e riaprire una nuova ricerca. La missione si chiamerà “Esperanza”. La “figlia del Capitan” però non si fida. Troppi anni di verità nascoste, troppa responsabilità civile, troppo danno e dolore causato. Perché trovare adesso quello che non hanno mai voluto trovare? Potrebbe essere per arrivare prima e fare sparire le prove che li coinvolgono. Ma è meglio trovarle, non importa a chi tocca. Comunque lei continua la sua ricerca, con persone di sua fiducia: geologi della Università di Costa Rica, le sue guide, amici del servizio di salvataggio che hanno lavorato anche nel terremoto di Haiti, membri della guardia civile, e altre person. Dal 2001 ad oggi il gruppo di ricerca della figlia del capitan è entrato nella giungla del Talamanca oltre 20 volte. Soltanto lei, i suoi fratelli e le sorelle hanno finanziato queste spedizioni. In questi anni di ricerca la “figlia del Capitan” si è messa in contatto con altri ricercatori di aerei e archeologi aeronautici ed ha collaborato con loro nella ricerca di piloti argentini scomparsi nella 2° Guerra Mondiale, che combattevano per la British Royal Air Force , ritrovando le loro tombe nel Cimitero di Guerra di Salerno. “Il Tango ha segnato la mia vita” dice sempre la figlia del capitan, che non ha mai smesso di pensare a “Tango Charlie 48. A volte queste che sembrano estratte da un film, hanno come protagonisti le persone che ci stanno accanto, e nemmeno ce ne accorgiamo. La “figlia del Capitan” si è trasferita in Italia nel 2002, da allora è qui fra di noi, sempre in giro nelle milongas e festival. E’ Cecilia Viberti, di TAmaNGO Tango Shoes, una donna coraggiosa che mai in 45 anni ha smesso di cercare suo padre e di perseguire un sogno : trovare l’aereo per seppellire suo padre e i suoi ragazzi in terra argentina. E chiudere questa storia alla luce della verità. 17


La mirada e il cabaceo, due inviti discreti

di Pier Aldo Vignazia

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ontinuando la chiacchierata iniziata nei miei precedenti interventi sui codici della milonga di Buenos Aires, torno ad affermare che a mio parere la separazione fra uomini e donne nei posti a sedere sta alla base di quella particolare atmosfera che si vive in una milonga porteña. Spesso il turista, anche il più smaliziato, non arriva a cogliere l’importanza di questa logistica, e si ferma alle sue conseguenze più pratiche, come l’invito indiretto fatto con sguardi e cenni di capo. Cosa, fra l’altro, tanto ovvia e comoda -addirittura scontata (se vuoi fare qualcosa con qualcuno, per prima cosa lo guardi...)che viene da sorridere pensando all’assurdità nel proporla in Italia come uno strano rituale esotico che necessita l’uso della sua definizione originale in castigliano, “mirada y cabeceo”. Invece, la separazione uomini-donne è vista di solito come un retaggio d’altri tempi, un po’ come la “Linea A” del Subte porteño, che continua a viaggiare sulle sue carrozze degli inizi del ‘900, nemmeno tanto ben mantenute. Qualcosa che può funzionare “lì”, che fa tanto colore locale, ma che di fatto è completamente antiquata in tempi moderni. Ma è proprio così? La risposta è “ni”. A differenza del Subte A, la separazione in milonga fra uomini e donne è sì difficilmente esportabile, ma non è affatto antiquata. Risponde all’antropologia del tango porteño che, essendo un ballo intrinsecamente sociale, è prima di tutto un incontro di una società maschile da una parte con una società femminile dall’altra, e non – per esempio – di gruppi misti di amici che vanno a ballare insieme. La particolare tensione che si crea in una milonga porteña è prima di tutto fatta dalle relazioni che si creano – al loro interno – nei settori dei due sessi. Nei gruppi, anche casuali ed estemporanei, di uomini ( e specularmente di donne), si sviluppano commenti, complicità, discorsi, relazioni, che sareb-

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La separazione fra uomini e donne nei posti a sedere sta alla abse di quella particolare atmosfera che si vive nella milonga

bero impossibili se vi fosse promiscuità di sesso. Quindi – già al loro interno – gli uomini entrano nella loro “parte” di uomini, e le donne in quella di donne; in quei ruoli così differenti che poi andranno a giocarsi sulla pista, sotto gli occhi di tutti e principalmente dei loro pari. Questi ultimi, fra una tanda e l’altra, saranno i primi a commentare, suggerendo, approvando o criticando, ciò che accade nella pista. Ecco perché, fra l’altro, il sistema dell’invito con lo sguardo è così usato: perché è discreto. Se tutto funziona come da copione, nessuno degli “altri” (gli “amici”prima di tutto!) si accorge di un eventuale rifiuto, e l’orgoglio è salvo! Ovviamente, data la diversa composizione culturale delle “milongas” non porteñas, in particolare di quelle italiane, mentre a mio parere la diffusione dell’invito tramite lo sguardo sarebbe facile ed utile (fra l’altro, rivaluterebbe il ruolo fem“Se tutto minile, mettendo la donna funziona come su un piano di parità con da copione, nessuno l’uomo), la divisione fra si accorge di un sessi (che pure in certi luoghi si tenta di proporre) mi eventuale rifiuto. appare qualcosa di artifiE l’orgoglio è salvo” cioso e forzato. Non perché “antiquato”, come sento dire dai critici, ma perché fuori da quel particolare contesto relazionale che esiste a Buenos Aires. In Italia la prevalenza dei frequentatori si costituisce naturalmente in gruppi, o perché provenienti da una stessa scuola, o da una stessa località, e il “compagnerismo” costituisce l’interfaccia più evidente nelle relazioni fra i sessi (anche se, ovviamente, le dinamiche sostanziali nel rapporto uomodonna restano le stesse sotto tutte le latitudini!). Rompere queste dinamiche per proporre un’artificiale separazione come se si fosse tutti individui isolati mi pare un po’ forzato. Però, in fondo, stiamo giocando, e non si fa del male a nessuno... L’importante, è non prendersi – mai! – troppo sul serio!


HÉCTOR ULISES PASSARELLA

Il

bandoneòn trasforma

l’anima del tango di Marcelo Alvarez

La scuola diretta da Héctor Ulises Passarella, Il centro del bandoneòn, con il Patrocinio dell’Istituto Italo Latino Americano e dell’Ambasciata dell’Uruguay in Italia ha sede a Roma presso l’IILA in Via Paisiello, 24. Lezioni venerdì e sabato. Informazioni: Tania Colangeli 366 2412927 info@centrodelbandoneon.com - info@centrodelbandoneon.com

OLTRE AL TANGO, CHE MUSICA SUONA CON IL BANDONEÓN? > Sebbene a 8 anni iniziai con il bandoneón tanguero e, senza che mai mi abbia abbandonato l’idea di comporre una musica che avesse a che vedere con il tango, sono stato anche, insieme ai grandissimi Alejandro Barletta e Renè Marino Rivero, pioniere del bandoneón classico, l’originario. Infatti, il bandoneón, inventato alla metà del ‘800 dal tedesco Henrich Band per sostituire i piccoli organi portatili, è uno strumento straordinario che quando affronta, adeguatamente, il periodo barocco della musica o la sua, ancora ristretta, letteratura originale (prodotta da Barletta, Rivero, Castro, Ferrari, Gramatges, ecc…), può dimostrare molto bene le sue infinite possibilità timbriche, tecniche e dinamiche. Accade lo stesso nel tango, ma certamente in modo del tutto diverso. PERCHÈ IL BANDONEON TRASFORMA L’ANIMA DEL TANGO? > Perché è uno strumento molto espressivo, possiede una grande ricchezza di armonici, un timbro drammatico e delle possibilità tecniche che la fisarmonica non aveva alla fine dell’800, e cioè la possibilità di “cantare” con la mano sinistra. Certamente, senza il bandoneón, a partire dagli anni 30/40, il tango non avrebbe acquisito quella profondità che oggi riconosciamo. IL TANGO ORA È IN AUGE, SI STA RIPETENDO O STA RINASCENDO? > Direi che succede qualcosa che merita riflessione per non cadere nei luoghi comuni e contribuire a non far sparire di nuovo il tango. Perciò molte domande andrebbero fatte in questo senso. A mio parere, oggi non c’è una ripetizione del tango, ma neanche una rinascita. Non è una ripetizione perché l’Europa non è stata mai così come oggi interessata al tango, quasi più dei suoi genitori: Uruguay e Argentina. Non è una rinascita perché non dimostra nel 99% dei casi, circa, una identità, un rinascere con nuove forze, con nuove energie, con un riportarsi ai giorni di oggi. Ritengo che ci sia una grande volontà di farci vedere il tango come era prima di morire negli anni 60/70, senza contare che il tempo sia passato. Il tango rinascerà quando ci saranno più musicisti rinnovatori, quando arriveranno nuove coreografie, quando i testi non parleranno solo di cose vecchie che non riguardano più neanche il Rio de la Plata, bensì di altri temi che oggi ci affliggono, che ci ammazzano psicologicamente (e che coinvolgono e preoccupano anche il Rio de la Plata). Quando i nuovi interpreti penseranno un po’ di più al prodotto culturale-artistico e non

all’opportunità che dà il momento. L’altro giorno sono andato ad un spettacolo di tango e che tristezza ho avuto: non c'erano i giovani!!! Perciò non mi stancherò mai di coinvolgere con il Festival Internazionale Tango y Màs (che da 4 anni dirigo nelle Marche) più giovani possibili. IL TANGO È RIOPLATENSE, SECONDO LEI DOVE NASCE? > Solo nel Rio de la Plata: a Buenos Aires e a Montevideo. Ma certamente niente nasce dal niente e quindi neanche il tango... Chissà dove i nostri bisnonni italiani e spagnoli avevano già ascoltato un “tango”... Lascio tutte le teorie del mondo a tante persone che si occupano e discutono appassionatamente di questo argomento. Perché dico solo nel Rio de la Plata? Perché il tango non è una composizione totale (e faccio un’eccezione per molti brani di Piazzolla, quasi tutti i miei, di Lamarque Pons e di qualcun altro), come molti credono. Così, come per lo più lo intendiamo, è melodia, arrangiamento, interpretazione e sopratutto interpretazione molto personale (ma sempre rioplatense). È un’arte quasi in cooperazione. Una cooperazione che non trova uguale in nessuna parte del mondo, soprattutto per la sua qualità! In base a questa teoria, secondo me è sbagliato, ad esempio, dire che Gardel era un grande compositore di tango! Io direi: il grande Gardel era uno straordinario, ma veramente straordinario, melodista di tango (oltre che il magnifico cantante)!!! E lo stesso vale per molti altri autori di melodie indimenticabili. Comunque, due cose fondamentali ci sono nel tango e certamente senza di esse non si riconosce il marchio del Rio de la Plata: l’interpretazione e l’arrangiamento, che trovano la loro entità attraverso un modo di dire che ha che vedere proprio con la lingua, con la cultura rioplatense. Prendiamo, ad esempio, un brano del grandissimo Piazzolla suonato ed arrangiato dallo stesso Piazzolla: c’è gente che dice: “vedo Buenos Aires”. E ciò accade anche se Piazzolla a volte usa disegni ritmici ed armonie che non hanno niente a che vedere con il vecchio e semplice tango, ma con i compositori del 900 europeo ed il jazz. E tutto perché riunisce in modo magnifico questi due elementi sopra citati. In altre parole: il tango potrà avere i suoi antenati in Italia, in Spagna, a Cuba e, perfino, in Africa, ma questo “bambino”, con i suoi difetti ed i suoi pregi, è stato partorito nel Rio de la Plata e la sua pronuncia (accento idiomatico chiamato “canyengue”) non appartiene a nessuna parte del mondo, ma unicamente al Rio de la Plata! Certo che ci sono persino teorie che dicono che è nato in Finlandia e forse potrebbe anche essere vero; e perciò tutto ciò che ho appena detto potrebbe essere solo una grande stupidaggine, no le sembra?

la DOBLE HOJA del TANGO | numero cinque

A colloquio con il maestro Passerella

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cInema

EVENTI

Divi da Oscar per la rassegna al Farnese di Max Civili Anche il cinema argentino si è unito ai festeggiamenti di questi primi 150 tribolati anni di unità nazionale. Dal 31 maggio al 4 giugno scorsi infatti, Piazza Campo dè Fiori si è idealmente tinta di “albiceleste” con il cinema Farnese che ha ospitato una rassegna cinematografica dal titolo: “Il cinema argentino festeggia i 150 anni d’Italia”. Un secolo e mezzo fa, mentre diventavamo, faticosamente, un’entità unitaria, centinaia di migliaia di italiani, piegati dalla fame e senza prospettive, iniziavano il loro esodo alla volta delle Americhe. Un esodo che terminò solamente molti anni più tardi. Tra oriundi e residenti, sono oltre 20 milioni gli italiani che vivono in Argentina, rappresentando così il primo gruppo etnico del paese e oltre il 50% della popolazione. Juan Josè Campanella, Sebastian Pivotto, Leonardo Favio, Marcos Carnevale, Juan Carlos Desanzo: alcuni discendenti di quegli emigranti (li chiamano “tanos” in Argentina) hanno scelto il cinema come mezzo d’espressione e le loro più recenti produzioni cinematografiche sono state selezionate, assieme ad altre argentine, dagli organizzatori della rassegna del RIFF (Rome Independent Film Festival) per celebrare i 150 anni d’unità di Italia. Il più famoso dei registi “tanos” sopraelencati è senz’altro Juan Josè Campanella, nato a Buenos Aires e cresciuto professionalmente negli Stati Uniti. La sua pellicola “El secreto de sus ojos”, vincitrice dell’Oscar nel 2010 come “miglior film straniero” e già uscita nei cinema italiani, è stata riproposta nel corso della rassegna tenutasi a Roma. “El secreto de sus ojos”, assieme a “Si sos brujo – una historia di tango” di Caroline Neal, sono state tra le proiezioni più interessanti Campanella nel suo film, un thriller dalle implicazioni legali raccontato tramite flash-back ma anche un’opera sentimentale sull’amore impossibile, rievoca in maniera assai raffinata cupe atmosfere pre-dittatoriali. Un agente dei tribunali federali, interpretato dall’attore più popolare del momento in Argentina, Ricardo Darin, indaga sull’omicidio, avvenuto nel 1974, di una giovane donna brutalmente violentata e assassinata. Le corrotte autorità giudiziarie fanno di tutto per proteggere l’assassino, un uomo vicino ai poteri forti che stanno per prendere il sopravvento con la violenza in tutto il Paese. Ma l’alleanza tra l’agente e uno

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Soledad Villamil e Ricardo Darin nel film “El secreto de sus ojos”

dei magistrati dell’ufficio del Pubblico Ministero (interpretato dall’attrice e cantante di tango e folklore argentino Soledad Villamil) aiuterà involontariamente il marito della giovane vittima a portare a termine la sua macabra vendetta nei confronti dell’assassino. Sulle modalità della vendetta vi rimandiamo al film. “Si sos brujo – una historia di tango” è un documentario del 2005, mai distribuito in Italia, della talentuosa regista Caroline Neal. La Neal racconta, con uno stile inusuale, quasi da cronista romantica, di come il giovane musicista Ignacio Varchausky riesca a fondare un’orchestra-scuola di tango a Buenos Aires. Essendo il tango un’arte costruita anche su piccoli grandi dettagli formali ed espressivi, sulle tecniche che i maestri avevano inventato e sviluppato di propria mano e che per loro natura non erano esattamente trascrivibili sullo spartito, Ignacio pensa di chiedere l’aiuto diretto dell’ottantaduenne maestro Emilio Balcarce, uno dei protagonisti dell’ultima grande generazione di tangueros, quella formatasi nella “década de or”, tra la fine degli anni ’30 e i primi ‘50. Violinista, bandoneonista, direttore d’orchestra e compositore (a lui si deve la celebre “Bordona”, opera tra le più eseguite dalle orchestre di mezzo mondo), Balcarce fece parte per vent’anni dell’orchestra di Osvaldo Pugliese, continuando poi negli anni ’60 e ’70 con il Sexteto Tango. Il documentario rivela come il progetto di Varchausky prenda forma fino a diventare oggi un punto di riferimento fondamentale per le nuove generazioni appassionate di tango. Un’opera intensa, un omaggio agli aficionados genuini del tango, quello della Neal. Alla cerimonia d’apertura del Festival ha preso parte anche la “Presidenta” argentina Cristina Kirchner che ha presenziato inoltre all’ incontro sul tema delle coproduzioni italoargentine a cui ha partecipato l’Ambasciatore della Repubblica Argentina in Italia, Torcuato Di Tella. maxantipodi@libero.it


mIloNghE estive a RomA EL RIO DEL ANGEL Tutti i giorni tranne la Domenica Lungotevere Vaticano (discesa da Ponte dell’Angelo o da Ponte Umberto I) >> info Alessandro Amici: 3463481823 TANGO AI PORTICI Lunedì piazza Augusto Imperatore >> info: cesaremagrini@yahoo.it ELETTROTANGO “VINTAGE” Martedì e Domenica via di porta San Sebastiano, 2 >> info Patrizia: 3355913434 ARENA C\O BARRIO ARTE, 100% tango elettronico Mercoledì via di Pietralata, 135 >> info Giuseppe: 3495629314

TANGARE AL “GIARDINO AL TANGO” via degli Olimpionici, 7 >> info Lalli: 3397177038 ASSISI 33 via dell’Acquedotto Felice, 20 info: 3339352918 LA MILONGA DEL MARE DI CARLA TERLIZZI Domenica via Amerigo Vespucci, 160 >> info: Eleonora 3336012893 MILONGA “ALTA QUOTA” AL TANGO VILLAGE Domenica via di Ciampino, 70 >> info: Elio 3474099140

MILONGA DEI SERPENTI AL “RIO DEL ANGEL” Giovedì Lungotevere Vaticano (discesa da Ponte dell’Angelo o da Ponte Umberto I) >> info Luciano: 3392346185

la DOBLE HOJA del TANGO | numero cinque

Non avendo riscontro dai motori di ricerca di pratiche e milonghe estive, ci atteniamo a pubblicare la nostra lista, per inserimenti nelle liste scrivere a: ladoblehoja@hotmail.com

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I sogni e le inquietudini degli amanti

della scrittura

L’11 luglio sulla Terrazza Caffarelli sono stati premiati i primi tre classificati del Concorso Letterario “Volango. Parole, tango e nuvole”. Il primo classificato si è aggiudicato un viaggio vacanza tango con Osvaldo Roldan e Annamaria Ferrara, il secondo un ciclo di lezioni con Marcelo Alvarez e Sabrina Amato e il terzo una cena romantica al ristorante Baires. Ma i premi sono solo il lato ludico del gioco creativo che ha stimolato la voglia di comunicare a centinaia di persone. Le più coraggiose tra le cinquemila a cui il concorso si è rivolto. La prima edizione di “Volango” e' stata un successo. Abbiamo infatti ricevuto di scritti praticamente da ogni regione d'Italia. Poesie, racconti, riflessioni: avete scandagliato e sviscerato l'animo umano da una prospettiva tanguera. Ci avete descritto i vostri desideri, aspettative, paure e manie. Gli scritti che ci avete inviato sono il chiaro segno di una vitalità interiore che ha bisogno

1°PREMIO CONCORSO LETTERARIO

“Volango”

di essere espressa. Per questo motivo stiamo già progettando per il prossimo anno, la seconda edizione di Volango. Sarà un'edizione più grande, con premi per i vincitori ancora più ricchi. Perché è attraverso il ballo e la letteratura che la cultura del tango si mantiene viva trovando nuovi significati. La redazione della Doble Hoja del Tango

Jorge Luis Borges scrisse il libro "Evaristo Carriego", poeta da lui definito "bohemio, tisico e anarquista" in età giovanile, dopo aver vinto un concorso letterario. Al poeta sconosciuto diede una tale rilevanza che anche il compositore Rovira gli dedicò un tango. Il brano fu poi ripreso e arrangiato da Osvaldo Pugliese ed è tra i più ballati nelle milonghe.


Sabrina Amato y Marcelo Alvarez

Associazione Doble A Tango

CORSI E S T I V I

Milonga "El rio del Angel" Lungotevere Vaticano, tra discesa ponte dell’Angelo e ponte Umberto 1°

TUTTI I MARTEDì LUGLIO - AGOSTO LEZIONI A TEMA ESTIVE CON SABRINA AMATO E MARCELO ALVAREZ ASSOCIAZIONE DOBLE A TANGO PRINCIPIANTI ASSOLUTI: 19,00 INTERMEDI: 20,00 AVANZATI: 21,00 A SEGUIRE SERATA MILONGUERA

Doble A Tango EXTRA lezioni a tema, pratiche, show, spettacoli, lezioni private, vacanze tango Info 3315474334 | 3383263609 amasabrina@hotmail.it - mhatango@hotmail.com


grafica Ilaria Rosa

di Argentina nel cuore di Roma

Un angolo

Da Baires potrete gustare le migliori carni argentine insieme ad una vasta scelta di vini in un ambiente tipico e accogliente

BAIRES RISTORANTE ARGENTINO Corso Rinascimento,1 (Piazza Navona) / Tel. 066861293 Via Cavour, 315 (Colosseo) / Tel. 0669202164 tutti i giorni: 12.30 - 15.30 / 19.00 - 00.30

www.baires.it Baires Ristorante Argentino


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