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Una finestra, di Anna Vincitorio, pag

Il Racconto

UNA FINESTRA

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di Anna Vincitorio

FINESTRA aperta su uno spazio non commensurabile: colline, ulivi, una palma sulla destra in sofferenza per il caldo. Ancora un’altra estate in un tempo indefinito di attese. Orizzonte, ora limpido, ora velato. Poteva intravedersi il mare al confine. Sovrano il silenzio dell’uomo. Indistinto il brusio degli animali che non si vedono ma lanciano un richiamo raccolto dall’udito, non so quanto amico. Dalle travi brunite della stanza spunta la testa di un geco; silenzioso, viscido, freddo. Più allegra il brusio delle api anticipo dell’oro di un miele che verrà raccolto. Si allungano al tramonto le ombre sull’erba alta non ancora tagliata. Le altre finestre sono chiuse.

La vita scorre all’interno: il quotidiano ma anche l’ignoto al calare dell’ombra. La donna teme il buio perché animato di ignote presenze. Non sono visibili ma le sente aggirarsi subdole. Figure sconosciute o del passato. Non hanno volto. Si allungano in spazi vuoti. Lontano, il fischio di un treno. Dove andrà? Gli occhi inseguono figure che non hanno volto. Manichini senza orbite si spalancano su angosce non definibili ma non per questo meno inquietanti. Si delinea un tempo remoto di fantasmi che risalgono all’origine dell’uomo. Non si vedono ma se ne avverte la presenza. Affiora il lontano ricordo di un incubo in cui enormi ragni neri correvano lungo il muro. Archetipi del suo inconscio. La donna non può che aspettare il buio. Resta l’enigma dell’ora sull’orologio dimenticato fermo alle 13. Sono trascorsi ben quarantasette anni da quando una vita si spezzò all’improvviso. Quello sguardo glauco, vitreo nella fissità della morte. Forse sarebbe meglio poter dormire, ma lo spazio sarà per i sogni o per gl’incubi?

C’è in lei una sensazione di solitudine ma anche, nelle enigmatiche ombre che l’avvolgono, una pacata gaiezza. Rivede con la memoria i campi arati, le stoppie affogate nel sole; grida di bimbi inseguiti dalle oche con le manine alzate.

Forse è meglio chiudere le persiane. I pochi mobili, nella loro immobilità, appaiono come pietrificati. La casa, al calare del buio, le diventa estranea. Fuori, il tutto e il nulla. L’infinito è mistero. Il suo spirito è predisposto a riandare alle acqueforti di Klinger e a una presa di coscienza dell’eternità e del tempo che si ferma. Studi di un tempo lontano: Zarathustra di Nietzsche.

La solitudine anche se colma del fascino dell’indefinito, diventa opprimente se al silenzio si aggiungono le ombre. È la predisposizione d’animo a rendere le ombre liete o angoscianti.

Un bilancio della propria vita; alternanza di ricordi; l’inconfondibile blu di mari lontani, cattedrali barocche sorte sul nulla, il ritmico danzare dei dervisci nell’immaginario di spazi senza confini. Però, con chi condividere le sensazioni e i ricordi? Ha intorno a sé oggetti di un passato diluito dal tempo ma presenti. Una fine coperta ricamata con fili di lino e angeli che si tengono per mano. Una zia mai conosciuta la ricamò per le sue nozze. Non fu mai usata per la sua morte tragica e precoce. Ancora… un quadro dipinto dalla figlia bambina: un’allegra processione di figure colorate verso chissà quali sogni. Davanti ai suoi occhi una enorme pergola verdissima diffonde fresche ombre. Osserva una tavola al di sotto e, con gli occhi del ricordo, vede una cena cristallizzata nel tempo e un uomo ai confini della vita che abbracciava con gli occhi i presenti.

Complice un tramonto dai lunghi caldi colori.

Una telefonata al mattino. Un invito per andare a Pisa.

Nel caldo ventoso è festa e sul Lungarno si affaccia il Palazzo Blu svettante di bandiere. –Mostra di Giorgio De Chirico –

Prendono corpo le visioni della notte: “Sulle piazze quadrate le ombre si allungano nel loro enigma matematico: dietro i muri le torri insensate appaiono coperte di piccoli drappi dai

mille colori e dappertutto è l’infinito e dappertutto è il mistero… Quando la profondità ancora glauca della volta celeste dà la vertigine a colui che immerge lo sguardo; egli trasalisce e si sente attirato dall’abisso come se il cielo fosse sotto di lui”. Giorgio De Chirico. Firenze, 11 agosto 2021

Anna Vincitorio

È IN TRADUZIONE NEGLI STATI UNITI D’AMERICA la silloge di poesie 12 MESI CON LA RAGAZZA

di Domenico Defelice A tradurla è la dottoressa scrittrice e poetessa Aida Pedrina

Ecco, di seguito, un brano nell’originale e nella bella traduzione:

NON PIÙ FRUSCIO DI FOGLIE...

Picchiò con dita scarne. (Il pesco era già morto, alla finestra non si tendeva più ramo né foglia.) Mi rannicchiai dietro la panca oppresso da un terrore di fanciullo.

“Anima delicata, per te la vita parole ha d’autunno! Non disperare. Colei che ami un giorno a te verrà con le sue mani di purissima seta a tergere il tuo pianto e miele recherà sulle sue labbra fresche e angeliche polle. Non più fruscio di foglie ascolterai, né sbattere di rami alla finestra; ma un’armonia soave ogni tuo sogno renderà certezza...” voce amica. Ansie e pene più certo non avrete; questi giorni dei morti a noi soltanto recan lacrime amare... O Marcellina, quanto mi fai soffrire! Che non ti parli al cuore più tua nonna? Fredda pietra s’è fatta? Deh, vieni, vieni, dimmi che m’ami, fammi scordare il grido di civetta che strazia questo gelido novembre.

NO MORE RUSTLING LEAVES

It knocked with bony fingers. (The peach tree was already dead: at the window there was neither branch nor leaf). I was crouching behind the bench oppressed with the terror of a child.

Delicate soul, for your life has autumnal words! Do not lose hope. The one you love will come to you someday with her hands of purest silk to wipe your tears and honey she will have on her lips fresh and heavenly springs. No more rustling of leaves you will hear, nor lashings of branches at the window; but a soothing harmony will make all your dreams come true....

I recognize your voice from behind the grave, friendly voice. Surely, yearnings and sorrows you no longer have; these days of the dead bring bitter tears only to us living....

Oh Marcellina, how you make me suffer! Is your grandmother no longer speaking to your heart? Did she turn herself into cold stone? Oh come, come, tell me you love me; make me forget the ominious cry of the owl piercing this ice-cold November.

Recensioni

MANUELA MAZZOLA ENZO ANDREOLI E LA SHOCK ART Oceano Edizioni di Bari, Anno 2021, Euro 15,00, pagg. 113.

L’artista romano Enzo Andreoli, classe 1967, ha lavorato dapprima come scultore d’intarsi, anche lucidatore con acido ossalico, in seguito è divenuto scultore marmista itinerante tra New York e il Medio Oriente, accumulando notevole bagaglio pratico per poi ritornare nella sua Roma a dedicarsi alla pittura.

Il suo credo è la libertà di non sentirsi vincolato né a un prima né a un dopo, nel senso che vive il presente indicativo con tutto sé stesso proponendo un’arte cosiddetta shock per via dell’impatto provocatore.

La poetessa saggista, romana anch’ella, Manuela Mazzola ha voluto posare la sua attenzione sulla produzione artistica pittorica di Enzo Andreoli, per la riuscita di questo saggio attraversante l’universo mentale (interiore) dello stesso e accostare i suoi testi alle riproduzioni a colori delle pitture ad olio andreoliane.

Se nella vita vera Enzo Andreoli ha infranto le regole dell’esistenza banale, quella che accontenta molta gente legata alle tradizioni del passato e benpensante, non poteva non riflettere certe direttive anche soprattutto nel suo modo di fare pittura e così ha ‘abbracciato’ lo stile dai colori prevaricanti che stimolano, appunto, lo stato dell’emozione violenta, scuotente.

Al tempo delle avanguardie artistiche del Novecento ci fu il pittore francese Henri Matisse (18691954), antagonista storico del cubismo di Pablo Picasso, fondatore del gruppo dei fauves (belve), ovvero coloro che vollero dipingere in modo trasgressivo con l’uso dei colori allo stato puro, senza mischiarli e senza badare alla tridimensionalità ma al solo linguaggio cromatico esuberante che metteva in secondo piano l’immagine stessa, quindi suscitante impatto, urto visivo.

Dal fauvisme alla pittura di Andreoli il passo è stato brevissimo, perché molte sono le corrispondenze circolanti fra i due come, ad esempio, la stesura del colore cosiddetta à plats (anti-tridimensionale), alla Paul Gauguin, evidente di più nella serie andreoliana dell’Urban Art.

Il saggio della Mazzola risulta diviso in tre parti a seconda dell’argomentazioni pittoriche di Andreoli: Urban Art, Natural Life e Astratto.

Gli scorci urbani ripresi dall’artista anticonformista Enzo Andreoli sono vedute d’angoli di città quali Roma, New York, Venezia, Tel Aviv, comunque immagini forti e statiche al contempo, dai colori ordinatamente stesi per creare energia espressiva e atmosfere irreali all’insegna d’una pacatezza che nel quotidiano non esiste, perché scarseggia nell’animo dell’uomo moderno. «La visione delle metropoli è sempre senza proporzioni, con una prospettiva alternativa; le tinte cromatiche utilizzate, così colorate, così vivide, ricordano che l’essere umano ha ancora a sua disposizione una scelta, che è quella del rispetto del pianeta. Toni allegri, che riportano alla spensieratezza, al gioco e alla leggerezza che ancora si può trovare nel mondo, come nella visione di un bambino, la cui mente è ancora innocente. I labirinti della scaletta richiamano lo stile di Escher.» (Pag. 40). Le facciate delle case, i grattacieli, i

ponti, i lastricati delle piazze, sono un tripudio di pigmenti ordinatamente stesi su tela, ma l’ordine è all’opposto del conformismo per cui lo shock vero e proprio sta nella violenza delle intensità adoperate.

Nella sezione seconda Natural Life c’è il mondo floreale e fruttifero dell’Andreoli, che, seguendo sempre il filo conduttore matissiano, ha proposto fiori di campo, frutta raccolta in vassoio, fiori recisi nel vaso per finire con una coppia di nudi abbracciati in blu la cui sagoma unificante è molto vicina alla rappresentazione del Nudo blu di Henri Matisse, del 1952, quale silhouette piatta dalla tecnica del papiers découpés riguardante l’anatomia femminile con le gambe accovacciate mirata alla semplificazione, all’essenziale, alla purezza della forma, anche grazie al colore blu usato per indicare l’infinito e aprendo così il varco verso l’astrazione, la strada verso l’arte informale che avverrà negli anni Sessanta del Novecento in America.

«L’opera vuole esprimere il concetto dell’amore universale fra tutti gli esseri terrestri, diversi tra loro e che, con il loro sentimento positivo di fratellanza, passione e rispetto, possono cambiare il mondo e la strada che è stata presa in passato dai nostri predecessori. Il futuro è nelle nostre mani, possiamo ancora cambiare rotta.» (Pag. 88).

L’ultima sezione è dedicata all’Astratto, da premettere che prima delle tre suddivisioni l’autrice Mazzola ha voluto inserire altrettante sue tre poesie annuncianti più o meno le atmosfere trattate pittoricamente da Andreoli. Con l’astrattismo si può comunicare tutto e di più, c’è la massima libertà perché non si è vincolati al soggetto, a un tema specifico e l’astratto messo su tela da Andreoli sa di freschezza palpitante, è quell’intangibile realtà presentata in maniera giovanile, carica d’energia positiva, i colori sembrano possedere una sonorità per comunicarci, ad esempio, che le «[…] Porte (sono) come percorsi, possibilità che si possono presentare e che permettono all’anima, grazie al loro attraversamento, di farla crescere ed evolvere, per raggiungere alla fine l’unione con la propria parte divina. Le porte sono dipinte mediante i toni freddi e caldi della Shock Art.» (Pag. 104).

Anche la collaborazione della studentessa dell’Accademia di Belle Arti di Roma ad indirizzo “Edizioni ed Illustrazione per la Grafica d’Arte”, Carolina Campanelli, curatrice della postfazione critica a chiusura del saggio, ha notevolmente valorizzato la trattazione aprendo ulteriori finestre di collegamenti verso altri artisti importanti del passato, quali lo scrittore docente del Bauhaus pittore russo Wasilij Kandinsky e il pittore e teorico olandese Piet Mondrian. PASQUALE BALESTRIERE E CARLA BARONI

E A TE RISPONDO

Benilde Ediziones, Siviglia, 2021

Un assiduo inseguirsi di pensieri, attraverso un dialogo ininterrotto, nel quale cultura e poesia compiutamente si fondono, è ciò che Pasquale Balestriere e Carla Baroni hanno realizzato in questo «libro a quattro mani» intitolato E a te rispondo –Canti quasi amebei, apparso nelle Benilde Ediziones di Siviglia.

È questo un libro che riprende la tradizione poetica medioevale della «tenzone di due voci» poetiche che s’inseguono e si rispondono, in un intreccio di versi e di pensieri che trovano in ogni fine di lassa il loro rimando. Così, alla prima lassa, di Pasquale Balestriere, che termina: «È tempo d’acquietarsi nella sera», risponde Carla Baroni con lo stesso verso; e al verso di lei che conclude il suo dire: «che argento non sa piangere alle mani», risponde Balestriere con l’identico verso, dal quale poi si sviluppa e si diffonde il suo canto.

Ne risulta un libro raffinato nella sua struttura, che si giova di una vasta esperienza culturale, che può risalire (e sovente risale) al mondo greco e ro-

mano. Così sin dall’incipit si legge, da parte di Balestriere, «E giaccio qui sul cuore di Penelope», cui Carla Baroni risponde: «Non fui Penelope, non ebbi Proci intorno / ed un Ulisse a me non si abbandona».

Ma da quel lontano passato ecco che la mente del poeta fa ritorno al presente, se egli può dire: «La scelta del dialogo a distanza / Ischia – Ferrara che ci tien vicini / non è certo per gioco» e Carla gli risponde: «Azzurro e terso di lietezza speri, / caro amico lontano, il mio futuro / tra i trilli degli uccelli e un nuovo sole. / Ma ben diverse son le nostre vite, / ben diversi gli assiomi a due esistenze, / parallele soltanto nell’età…».

S’intrecciano così domande e risposte nelle quali i destini di due vite si rivelano, diversi eppure simili nella loro dedizione all’arte e in cui l’eleganza del dire sempre s’accompagna ad alti pensieri.

Un libro veramente di molto pregio questo di Pasquale Balestriere e Carla Baroni, che si giova anche della traduzione di Mercedes Arriaga Fllòrez, Professoressa Ordinaria di Filologia Italiana presso l’Università di Siviglia, compiuta con raffinatezza e con aderenza al testo, che contribuiscono a rendere preziosa la presente pubblicazione,

Elio Andriuoli

LORENZO SPURIO

PAREIDOLIA

Ed. The Writer, 2018 – pagg. 120

Nella raccolta poetica Pareidolia Edizioni The Writer, Lorenzo Spurio ci trasporta in una realtà cruda e dolorosa e ci consegna una visione del mondo circostante dal sorso amaro, proprio come dice Saba “Era questo la vita: un sorso amaro”.

Ogni verso, ogni pensiero esprime un’esacerbata desolazione in cui l’uomo smarrito, sopraffatto da passioni e tormentato da compromessi, vive sospeso tra emozioni, perplessità, drammaticità. La raccolta è suddivisa in quattro sezioni: Affossamenti, Ecchimosi, Dedicatio e Pareidolia, in ognuna delle quali il poeta s’interroga sul mondo attuale. La sensazione immediata che si prova nella lettura dei versi è quella di uno scorrere spietato e ineluttabile di una condizione umana, all’apparenza, senza via di scampo.

Per la Sezione Affossamenti “In ventuno di nero”: «Il risentimento ormai è dato ai pochi / e ci si annulla in molecole d’acqua / in un Mediterraneo/ conca di morti /acquitrino di angosce/ culla di dolore abissale» i versi di questa poesia, nati in seguito all’esecuzione di ventuno egiziani copti a opera dell’Isis in Libia nel febbraio 2015, hanno toni intensi di drammaticità e di pathos e il riferimento al Mediterraneo, conca di morti, colpisce a fondo e tristemente le nostre coscienze indifferenti e assopite, scuotendole.

Il poeta Spurio con le sue riflessioni e notazioni, che diventano indagini dettate dall’enigmaticità dei drammi umani, scava alla radice del problema, mette a nudo tematiche scottanti e tragiche, graffia l’anima del lettore, rivelando in tal modo la sua profonda sensibilità, come in “Sacchi neri (Carme lento)”: «Ma quell’acqua che pesa troppo/ è a sigillo di un naufragio atroce/ che d’Agosto si bagna nel Mediterraneo/ non può fingere di non conoscere./ La vostra vita dispersa nelle acque/ dimora in ogni molecola di mare». Invero il tema “Mediterraneo”e delle sue acque è molto sentito dallo Spurio ed è spesso ricorrente.

Intensamente emotivi e struggenti sono anche i versi di “Queiq River (L’ acqua rossa di Aleppo)” e de “L’acqua indocile”, sembra che gli spazi abbiano una dimensione incompleta e che il senso del mondo diventi frammento di una realtà fugace e fluente, proprio come l’acqua. L’elemento “acqua” è molto spesso presente nella poesia dello Spurio: l’acqua rappresenta il fluire del tempo e delle cose, è mutevole, ma sempre uguale a se stessa. L’acqua è vita, ma può essere anche morte, distruzione; talvolta l’acqua prende i riflessi della luce e ci abbaglia. Orbene, i versi del poeta attraverso l’immagine simbolica dell’acqua invitano a superare le angustie dei nostri limiti e ad avere una visione più elevata della vita e della nostra esistenza; inoltre, in modo sagace e perspicace mettono in evidenza la crisi irrefrenabile dei valori in atto nella società dandone così testimonianza e analizzando i vari aspetti del tempo in cui viviamo.

Nella sezione Ecchimosi i riferimenti agli eventi tragici, di ieri e di oggi, riguardanti la storia dell’umanità ci sorprendono come una sferza pungente e dolorosa. Ad esempio in “Humus negato”: «Quando traduci il verso/ di paure e fronde di sole/ nei riverberi asciutti/ dell’indolenza che cresce/ non chiedere l’evidenza / se la sera non traspare./ Sempre s’ammazza il giorno/ nei balconi che vibrano/sotto trucioli di cielo» vi è la denuncia della guerra in Siria, dei siriani bombardati, di come la vita, seppur fragile sia sempre preziosa.

Goethe affermava: «Se non hai mai mangiato con le lacrime agli occhi, non conosci il sapore della vita», analogamente il nostro Poeta mette in evidenza la crisi Siriana e il sacrificio di tante vite umane; una crisi che ha distrutto e stravolto la vita di una generazione, soprattutto bambini (humus negato ossia terreno fertile, produttivo) e ha reso terribilmente immane e difficile lo sforzo di ricostruzione e inestimabile la speranza di una Pace duratura.

In Dedicatio Spurio fa esplicito riferimento a diversi autori e personaggi da cui attinge intensità e dinamismo intellettuale: pensiamo a Federico García Lorca, ad Antonia Pozzi, a Rosario Livatino.

Poi nell’ultima parte di Pareidolia mette a nudo se stesso, s’interroga sul senso della vita, lascia trasparire anelito di giustizia e lealtà; in “Corri e scolorisci la notte” leggiamo: «Dell’anima che si piega e / si siede non vista, ti parlo./ Non chiedere il senso:/ la sera s’è incenerita,/ la stanza vive storie,/ vorticano le onde e/ i petali intirizziti nell’angolo/ stillano gocce di mistero…La lotta si consuma tra l’erba e/ il sospiro che brilla e riparla. Slega il buio all’istante: corri e/ ruba le forme più belle, ad esse congiungi le idee che s’alzano,/ corri: ora sei quello che vuoi».

Tuttavia questi versi esprimono efficacemente il bisogno intimo di rialzarsi, prendere in mano la vita, slegare il buio, le tenebre, ciò che è opaco e incerto, lottare, perché la lotta si consuma tra l’erba e il sospiro, una metafora bellissima ed eloquente di come ciò che è umile, semplice (il filo d’erba), insignificante, può avere il potere di cambiare il mondo.

È un barlume di luce, che s’intravede in tanta desolazione e che suona come un monito rivolto all’uomo di ogni tempo ad avere fiducia nel futuro ed avere il coraggio di andare avanti, senza mai lasciarsi sopraffare dalla forza bruta dei propri egoismi e degli eventi.

Tina Ferreri Tiberio

S. Ferdinando di Puglia, 01/07/2021

CLAUDIO VANNUCCINI

TIENI LONTANA LA NOTTE

Porto Seguro, 2021, Pagg 240, € 15,00

Tieni lontana la notte è un grido nelle nebbie dell’uomo, affinché non si arrenda, perché ritrovi le ragioni dell’essere e riscopra dentro di sé la forza del senso di appartenenza e la dignità di essere umano, così chiude la premessa del suo ultimo lavoro, Claudio Vannuccini.

È un romanzo che racconta non solo l’amore tra Mario e Alessandra, ma anche la storia di una violenza sessuale.

Dietro agli strani comportamenti della protagonistasinascondelapauraelaperdita difiducianelgenere umano. L’amore spezzato rompe tutte le certezze e i delicati equilibri di una giovane donna: “Vittima del buio, piange l’iniquità di un tempo che le ha negato i sogni”.

Mario è un ragazzo semplice e sincero, bloccato dagli strani discorsi e comportamenti di Alessandra.

Le collere improvvise, le continue fughe e quei silenzi così pesanti in cui si nasconde l’inferno; tutto quello che non può essere detto s’insinua tra la vittimaeilmondoesternodiventandounpesodoloroso che lacera chi lo sopporta.

Ilromanzo èambientatonei quartieridiRoma,descrivendo le abitudini dell’attuale gioventù romana; èunospaccatodellarealtàgiovanile,spessoannoiata dalla routine quotidiana che s’incontra dopo la scuola nelle discoteche e nei locali.

Anche in questo lavoro si riconosce la cifra stilistica del Vannuccini ossia la dinamicità e la scorrevolezza del testo, dei dialoghi, grazie all’alternanza di capitoli ambientatinelpresente ealtri nelpassato.

Tra il passato e il presente, infatti, si dipana la trama che coinvolge il lettore tenendolo con il fiato sospeso fino alla fine, per scoprire l’epilogo della difficile storia d’amore.

La sensibilità dello scrittore, anche in questo romanzo, ci conduce in un universo scottante e delicato, ossia la violenza, che sappiamo essere un delitto contro la persona e che ha conseguenze molto gravi sullo stato psico-fisico della vittima: dalla vergognaallafrustrazionefinoalla depressioneealsuicidio. La donna che la subisce spesso si sente una sopravvissuta poichénon potrà più tornaread essere quella che era come afferma Alessandra: “I miei sogni invece sono stati spezzati, stracciati e gettati via, cancellati in un momento, in un soffio di vento”.

Manuela Mazzola

LICIA GRILLO MULTAS PER GENTES Itinerario poetico di Anna Santoliquido FaLvision Editore, Bari, 2021.

In maniera quasi parallela alla mia recente pubblicazione del saggio La ragazza di via Meridionale. Percorsi critici sulla poesia di Anna Santoliquido (Nemapress Edizioni, Roma/Alghero, 2021) giunge felicemente la notizia della pubblicazione di un nuovosaggio sulla fertile attività letteraria della poetessa lucana Anna Santoliquido. Difficile, dopo averlo attentamente letto, non dar seguito con un breve commento d’analisi di questa nuova opera che, assieme agli studi di Francesca Amendola, va ad aggiungersi alla consistente produzione letteraria di matrice critica su Anna Santoluquido. Pochi poeti di questa età a noi contemporanea possono, infatti, contare di un diorama così ampio di attestazioni critiche, di giudizi entusiastici e a loro volta capillari tesi da un desiderio costante di approfondimento di contenuti, ispirazioni ma anche di forme impiegate. Il poter contare su una serie di volumi che affrontano

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