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Leggere e approfondire Libero de Libero, di Domenico Defelice, pag
by Domenico
È giunto il momento (per noi!) di LEGGERE E APPROFONDIRE LIBERO de LIBERO
di Domenico Defelice
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PUR risiedendo a Roma, negli anni sessanta, e pur frequentando associazioni e cenacoli, mai abbiamo avuto occasione d’incontrare Libero de Libero, né di leggere e approfondire la sua poesia.
A nominarci per la prima volta questo poeta a noi sconosciutoè stato, nel 1975, l’amico carissimo prof. Nicola Napolitano – Preside dell’Istituto Tecnico “Filangeri” di Formia, anche lui poeta e scrittore - in un piccolissimo ambiente romano ricavato nelle mura di Porta San Giovanni. Era in compagnia di una giovane donna, bellissima e tizianesca, poetessa e pittrice siciliana. Da circa due anni dirigevamo Pomezia-Notizie, da noi fondata nel luglio del 1973, e l’incontro era stato da lui caldeggiato perché pubblicassimo nelle nostre Edizioni la silloge della sua amica, per a quale egli aveva scritto una lusinghiera Prefazione. “La metto in buone mani”, disse Napolitano rivolto alla donna; “Defelice non si interessa solo di poesia, ma anche di arte; assomiglia un po’, per darti un’idea, a Libero de Libero, critico d’arte e poeta della nostra vicina Fondi”.
C’era sembrata solo una battuta, pure poco felice - non conoscendo, noi, nel modo più assoluto, ripetiamo, Libero de Libro - e come tale l’accennammo, qualche mese dopo, a Ada Capuana, consegnandole, per una recensione, il volumetto da noi stampato in bella veste tipografica. “Guarda che non c’è proprio da ridere”, rispose la pronipote di Luigi Capuana, docente negli istituti romani, attrice epoetessa, pittrice e ceramista. In via Appia Nuova, allora, Ada Capuana curava la redazione romana del nostro mensile e organizzava riunioni di scrittori e artisti nella sua “Assolatella”. “Ci sono dei punti in comune tra te e il poeta di Fondi: egli, per esempio, si interessa di critica d’arte, come fai tu; ha scritto, tra i tanti, un bel saggio su Masaccio e ne sta preparando un altro su Sinisgalli”. Era appena uscito il nostro primo lavoro in quest’ambito: Andare a quadri, frutto di una nostra assidua frequentazione con pittori e nel quale figurano Carlo Levi, Mauro D’Ottavi, Eleuterio Gazzetti, Antonio Folichetti, Romualdo Marzulli, Saverio Scutellà, Maria Elena Di Stefano, Elio Giori, Lillo Messina e via elencando.
Cari e indimenticabili amici, Nicola e Ada, i quali, come tanti “altri se n’andarono in furia,/sfasciando l’orto e schiantando cancelli”; “senza notizie ognuno partì” – scrive Libero de Libero “nella notte/che viaggia come un treno”; “Rondini morte sono gli amici” –continua de Libero ,ma “che danno piume alla [nostra] luce”. E forse avevano ragione nel dire che qualcosa, della nostra attività e della nostra esistenza, non certamente allo stesso livello, fosse in parallelo con Libero de Libero. Una casa con “alberi [che] fanno verde cielo”, la sua come la nostra, e, in quella casa, la sua infanzia “cresciuta come falsa pianta”, al pari della nostra. Famiglia numerosa, la sua, e
altrettanto la nostra: padre, madre, tre sorelle e tre fratelli. Genitori maneschi, che davano schiaffi e sculacciate in abbondanza, ma più per tradizione e educazione sbagliata che per mancanza d’amore e d’affetto; genitori che, però, “gli diedero […] l’opportunità di coltivare la sua passione per la lettura e di sperimentare la sua incipiente vena poetica” (WikipediA). Dei nostri, conserviamo nella mente un indelebile fotogramma del giorno in cui, grondando sudore nel cavare con la zappa barbabietole sotto il rovente sole d’agosto, impietositi, decisero di levarci dalla terra e farci studiare. Libero de Libero ha trascorso un periodo in seminario e in seminario, a Mileto, anche noi ci siamo stati per poco; eravamo, a quel tempo, anche Aspirante dell’Azione Cattolica. Sempre secondo WikipediA, “Furono gli insegnanti a introdurlo alla poesia di Dante, Leopardi, Baudelaire, i grandi poeti che lo <ubriacarono>”; e noi non possiamo non ricordare, con gratitudine e tenerezza, Raffaella Frangipane, la nostra docente al “Piria” di Reggio Calabria, che spesso si commuoveva nello spiegarci i grandi poeti; fu lei a prefazionare il nostro primo lavoro per il teatro, l’atto unico La mania del coltello, edito da La Procellaria nell’ottobre del 1963. Il linguaggio di Libero de Libero ebbe “costantemente per oggetto la natura, e per essa il desolato e solenne paesaggio della Valle Latina, umile e antico insieme. Un paesaggio che non fa solo da ispirazione e da sfondo, ma anima gran parte delle sue opere, compresi i due romanzi” (https://rosariobocchino.wordpress.com/2018/01/16); e noi non abbiamo mai smesso di amare la nostra Calabria e il suo paesaggio splendido e selvaggio; la Natura da noi sempre cantata è quella della nostra infanzia, che ricordiamo trascorsa come in un vero e proprio paradiso terrestre.
Infine, Barbara Taccone accenna al suo frequentare i pittori; noi, con loro, spesso trascorrevamo gran parte del tempo. Andare a quadri -il nostro primo lavoro di critica d’arte - è proprio il frutto di questo nostro costante contatto e quante, quante volte abbiamo dormito nei loro laboratori, tra l’odore dei colori e dell’acquaragia! Il volume è uscito nel 1975, un po’ prima che Libero de Libero pubblicasse il saggio su Mino Maccari (Sheiwiller, 1976) e mentre eravamo intenti alla stesura della Pittura di Eleuterio Gazzetti, apparso, poi, nel 1980, e ad organizzagli una serie di mostre, come quella successivamente tenuta nella sala teatro della parrocchia di Sozzigalli di Soliera.
Forse è giunto per noi il momento di leggere e approfondire il poeta di Fondi, anche perché siamo rimasti stupiti – contenti ma stupiti –nell’apprendere che alla nostra esile silloge antologica Fede violenza e pandemia è stato assegnato il premio Libero de Libero Città di Fondi 2021. Pomezia, settembre 2021