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Andiamo anche noi a mangiare col re, di Domenico Defelice, pag
by Domenico
LIVIO CERINI DI CASTEGNATE
ANDIAMO ANCHE NOI A MANGIARE COL RE
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di Domenico Defelice
Umorismo sano e cultura, a partire dal primo brano, nel quale incontriamo Jean Anthelme Brillat-Savarin e Paolo Mantegazza; con loro, Cerini tratta <<della parola fisiologia>>, consiglia di leggere i due autori, però <<mordendo in alternanza un panino alla coppa e un altro al salmone di Felino>>. Era da tempo che non leggevamo un libro così ghiotto e con tanto piacere, da quando, negli anni settanta, l’Editore Campironi ci aveva fatto dono de Il Gastruario, nel quale Nerio Brighenti, dopo averci servito l’Abbacchio fra baci a Venere e strizzatine d’occhio a Bacco, sorseggiando un Cirò o un Chianti, ci faceva assaggiare ora un prosciutto e ora un formaggio, un piatto di maccheroni o di anguille in carpione, innaffiando il tutto con una bottiglia di ottimo Lambrusco. Nel secondo brano, Livio Cerini tenta di rispondere alla domanda <<Come mangia veramente tutta l’umanità e quante volte al giorno>>, rendendosi conto dell’impossibilità e restringendo, allora, l’intento al <<raccontare e commentare come e cosa si mangiava tra i “grandi”>>. Cerini non è Brighenti – per fortuna! – e mentre Il Gastruario grondava succhi piacevoli e calde libagioni quasi allo stato agreste, Il re mangia solo ci serve il tutto infarcito di sana bonomia e di cultura. Il mangiare del Re Sole - Luigi XIV -, a quanto pare, non era, poi, da leccarsi i baffi; abbondavano le minestre; a volte c’erano gli ottimi piselli venuti dall’Italia; per libagioni ci si accontentava dell’acqua, di un <<vino rosso della Champagne>>, o di un <<vino di Borgogna>> non raffinati ancora come lo sono oggi. Francamente, da questo punto di vista, Brighenti, che narra assai lontano dalle regalità, solletica e conturba assai di più. Tutto cambia in meglio, però, appena Cerini esce dal Palazzo e passa a trattare di altri ambienti e ristoranti - <<una ventina; luoghi di incontro>> che <<offrono tutte le “chances” mondane ai clienti>> –frequentati da artisti, scrittori, politici e gente comune e dove cuochi famosi preparano i loro piatti, vari e appetitosi, dal pesce alle carni, come vari e più godevoli sono i beveraggi. Brighenti è più vicino alla gente minuta e alla schietta genuinità; Cerini si esalta e ci esalta con la cultura, sicché piatti e bottiglie si vestono anche di raffinate curiosità. Alle <<consorterie esclusive di ghiottoni>> ecco affiancarsi Dante - anche con un fugace accenno alla macabra storia del Conte Ugolino e all’aceto fatto bere a Cristo in croce - a condannare ogni eccesso, sicché <<non scampa dall’inferno nessun golosone di ostriche, lumache, salmone, tagliatelle e tartufi, risoni con luganighe e nessun appassionato e assiduo consumatore di beignets, meringhe, cannoncini, frollini, bavaresi, sacrapantine, africani, babà, ventaglietti di pasta sfoglia, cioccolatini e bon-bons>>. Sant’Antonio Abate, protettore degli animali, raffigurato spesso con un roseo maialino, è raccontato attraverso Gustave Flaubert e il cenno a molte splendide pitture, che danno lo spunto agli autori per immortalare carni bellissime e delicate di procaci fanciulle. Ecco le spassose e dotte digressioni sopra l’uso della forchetta, lungo brano che termina con la <<deliziosa francese piuttosto in carne e in tenuta estiva che, sentenziando: “les italiens font comme ça”, si fece, senza esperienza,
con cucchiaio e forchetta un malloppo gocciolante pommarola, che non arrivò alla bocca, ma finì tra i due globi del generoso decolleté>>. La truculenta Cena delle Beffe, secondo Cerini, <<sta tutta nello squilibrio evidente tra cibo e vino>>. L’elogio della follia, di Erasmo da Rotterdam, deborda sui conviti, i quali non possono essere tali e sontuosi <<senza presenza dei due sessi>> e senza che <<tra le signore ve ne sia almeno una che sia costante oggetto>> dell’anfitrione.
Ci fermiamo, perché non vogliamo togliere, alla ghiottoneria e alla curiosità del lettore, il piacere della scoperta; ma capitolo dopo capitolo, ci rendiamo conto che, pur essendoci assai differenze tra il visconte Livio Cerini di Castegnate e il non titolato Nerio Brighenti – in particolare, nel primo, la vasta cultura e l’ironia, come ripetutamente detto -, ci sono anche molte convergenze, che rendono opere del genere assai piacevoli e succose.
Vasta e particolareggiata la digressione sulla patata che, a un certo punto, subito dopo la sua introduzione in Italia, veniva felicemente coltivata anche perché, forse, l’unica a non essere assoggettata alle odiose e rapinose “decime” che si dovevano alla Chiesa di Roma.
E non manca la poesia, tra cui il Cantico dei Cantici e cinque brani che Baudelaire dedica al vino nei più che celebri Les Fleurs du Mal. <<Con Baudelaire – scrive Cerini –il vino è un’entità prepotente a sé stante, non sarebbe più, come ai tempi di Salomone e Sulamita, elemento di pura gioia compenetrata nell’anima e nel pensiero degli innamorati>>.
E poi gli ambienti, le sale da pranzo, e ancora il burro e l’olio di oliva: <<Un tempo – ci racconta Cerini – si sarebbe potuto immaginare un fantastico scontro apocalittico tra Wotan con i capelli a treccine unte di burro, armato di una lancia di quercia e Minerva profumata di olio d’oliva balsamico con la civetta sulla spalla e un nodoso tronco d’ulivo a forma di clava nella mano. Oggi li vediamo entrambi molto tranquilli seduti a tavola che si offrono vicendevolmente lui un filetto al burro nero con contorno di patatine e ciccioli di lardo, lei lombatine alla pizzaiola con contorno di fiori di zucca fritti nell’olio>>. Mettiamo punto per davvero. Vada avanti il lettore, se può, fino all’ultima pagina, tra le “Dejeuner sur l’herbe”, gli aceti, la cucina esotica, le “Facies culinarie”, i minestroni, i risotti, le polente, la cucina afrodisiaca, la cioccolata, le bevande…; noi, assatanati da languorini, preferiamo avviarci alla sala da pranzo. Pomezia, 1 dicembre 2022. LIVIO CERINI DI CASTEGNATE: IL RE MANGIA SOLO e altri racconti, a cura di Wilma Minotti Cerini, Genesi Editrice, 2022, pagg. 264, € 20,00