VOCE per la COMUNITA’ NATALE ...siamo chiamati ad affrontare la “sfida di Betlemme”, ... sentire bussare alla porta di casa un ospite strano, scomodo e desiderato al tempo stesso, Gesù di Nazareth: chiede solo di essere accolto. Luciano, vescovo di Brescia, lettera alle famiglie, Natale 2016
UNITA’ PASTORALE “S.ARCANGELO TADINI“ PARROCCHIE DI BOTTICINO - NATALE 2016
Strumento di formazione e informazione pastorale
RECAPITO DEI SACERDOTI E ISTITUTI
Licini don Raffaele, parroco cell. 3371486407 - 3283108944 e-mail parrocchia: info@parrocchiebotticino.it sito web: www.parrocchiebotticino.it Segreteria Unità Pastorale tel e fax 0302692094 Loda don Bruno, tel. 0302199768 Bonetta don Giacomo, tel. 3474763332 Pietro Oprandi, diacono tel. 0302199881 Scuola Parrocchiale don Orione tel.0302691141 Suore Operaie abitazione villaggio 0302693689
BATTESIMI PARROCCHIE DI BOTTICINO sabato 7 e domenica 8 gennaio 2017 sabato 25 e domenica 26 febbraio 2017 Sabato Santo 15 aprile 2017 sabato 22 e domenica 23 aprile 2017 I genitori che intendono chiedere il Battesimo per i figli sono invitati a contattare, per tempo, per accordarsi sulla preparazione e sulla data della celebrazione, il parroco personalmente o tel.3283108944
PRESENTAZIONE
Anche questo ‘bollettino’ può essere considerato un messaggio di augurio per il prossimo Natale. Gli scritti riempiono di novità la nostra vita di fede e il nostro impegno ecclesiale. Nel pieno del rinnovamento ecclesiale, e a conclusione dell’Anno della Misericordia, vengono presentati documenti importanti per la formazione personale e comunitaria, in particolare una guida alla lettura della Evangelii Gaudium e il testo completo della “isericordia et Misera” di papa Francesco. E poi il messaggio dei nostri missionari, le attività negli oratori, gli incontri e le iniziative di accoglienza, la scuola don Orione, le attività caritative e missionarie, di volontariato e sportive. Tribunale Ordinario di Brescia Voce per la comunità - Natale 2016 Direttore Responsabile: Adriano Bianchi Autorizzazione del Tribunale di Brescia n°17/2014, del 28 ottobre 2014
sito web delle parrocchie di Botticino:
www.parrocchiebotticino.it
Stampato in proprio Botticino piazza IV Novembre,13 Unità Pastorale “S.Arcangelo Tadini” Parrocchie di Botticino
La busta per l’offerta in occasione del Natale
l N a ta le , e d e n io s a c c n e , in o a C o m e tr a d iz ioa d o g n i f a m ig li a l’ in v it o v ie n e r iv o lt o i b is o g n i d e ll a p a r r o c c h iac h e c o n tr ib u ir e a o f f e r ta s tr a o r d in a r ia . A n p r ia m e d ia n te u n ’ o d o p e r e s p r im e r e la p r oia le . q u e s to è u n m a ll a c o m u n it à p a r r o c c h a p p a r te n e n z a o n o p o c h i. s n o n i ic m o con hiali G li im p e g n i e nsigli Parrocc
Co Il parroco e i hie colgono l’occasione cc delle tre parro anticipatamente e per ringraziar accogliere questo appello no quanti vorran
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Un altro Natale, ... eppure Dio non si stanca mai ! Un altro Natale, altri riti per ricominciare l’anno nuovo e un’altra liturgia, quella laica, che ci costringe a celebrare un Natale sdolcinato e forzato, fatto di consumi, probabilmente più contenuti data la crisi che persiste. E noi cristiani non ce la prendiamo con la società e la cultura dominante perché forse anche noi siamo promotori di riti natalizi piuttosto paganeggianti. Si tratta, piuttosto, di approfittare del tempo che ci è dato, dell’opportunità che ancora una volta ci viene donata per permettere a Dio di entrare nella nostra vita. Non fingiamo di aspettare la nascita di Gesù nelle magiche notti di Natale! Egli é nato, è morto ed è risorto per noi e lo aspettiamo alla fine della Storia. Nel frattempo chiede di nascere nel cuore di ciascuno di noi. Viene il Signore se lo accogliamo nella concretezza della situazione che stiamo vivendo, senza spegnerci travolti dall’abitudine. Dio chiede di nascere in me, in ognuno di noi, ma mi devo domandare: “Io voglio ancora rinascere, ancora credere, ancora attendere, ancora accogliere, ancora sperare, ancora costruire Chiesa, ancora vivere?”. Natale diventa una rinascita ogni anno, perché ogni anno arrivo con un cuore diverso, con un pezzo di storia in più, con gli occhi pieni di stupore e di nuove delusioni. Sì, ho bisogno ancora di celebrare il Natale. Di fare spazio a Dio. Di lasciare che cambi i nostri cuori. Ma … di quanti natali abbiamo ancora bisogno per convertirci? Quante volte dobbiamo ripetere le stesse preghiere e ascoltare le stesse parole per potere finalmente lasciare il nostro cuore illuminarsi dalla tenerezza immensa di Dio? Tante, lo sappiamo. Il nostro cuore è distratto: chiamato a volgersi verso l’alto, spesso ricade pesantemente, travolto dalle tante occupazioni quotidiane e dalle preoccupazioni per il futuro. Possiamo celebrare cento natali senza che mai Dio nasca nei nostri cuori. Eppure Dio non si stanca mai. Ecco il messaggio del Natale di Gesù. Se sono qui, oggi, a indirizzarvi questo messaggio, è proprio perché tutti abbiamo bisogno di ricominciare, di provare ancora a fare della nostra umanità, della nostra vita una piccola Betlemme. Dio viene, non si stanca, non si arrende.
Questo mese di dicembre chiude l’anno 2016, uno tra i più difficili della recente storia europea, un anno di crisi in generale, di una crescita economica promessa ma non realizzata, di licenziamenti, di scoraggiamento, di alluvioni, di terremoti, di guerre e conflitti che non hanno mai termine. In questo momento critico la Chiesa ci invita a prepararci ad un altro Natale. Si cominciano anche a fare gli auguri di “Buon Natale” a chi si incontra, che purtroppo non sono sempre espressione di un genuino senso di fede, di festa e di solidarietà. Per alcuni non sarà neanche un Natale facile. Per loro, infatti, un nuovo Natale potrà essere nostalgia di una festa lontana nel tempo, memoria di felicità e di armonia scomparse; per altri potrà significare il risvegliarsi di un’esperienza dolorosa, di un lutto non ancora dimenticato. Ogni persona ha il suo Natale, un Natale atteso, desiderato, temuto ... Però … Se il Natale resta il mio Natale, il tuo Natale, e perdiamo di vista che si tratta del Natale di Gesù, sarà un Natale povero. Se la Chiesa ci ripropone un nuovo anno liturgico e ci fa rivivere questa nuova celebrazione, è perché ne abbiamo ancora più bisogno. Non come una circonferenza che torna al punto di partenza, ma come una spirale che, pur tornando allo stesso punto, approfondisce il suo percorso. Perché voi ed io non siamo la stessa persona che ha celebrato il Natale un anno fa. Ripartiamo, allora, con entusiasmo. Coraggio; lasciamo ancora spazio alla Parola, alla profezia, alla speranza. Lasciamo che Cristo nasca o rinasca nei nostri cuori; diciamogli che vogliamo lui come Maestro e Signore. Lasciamo crescere in noi la presenza di Dio, lasciamo scaturire dai nostri cuori il desiderio di pienezza che ci conduce alla salvezza e che solo Dio ci può dare. Buon Natale, dunque. E che sia il Natale di Gesù. Auguri a tutti! In particolare a chi soffre per la malattia, la solitudine, e la paura di un futuro senza speranza. Buon Natale! don Raffaele 3
il VESCOVO LUCIANO alle FAMIGLIE in occasione del NATALE Carissime famiglie bresciane, anche quest’anno intendo raggiungervi con un saluto benedicente e con affetto paterno in occasione del santo Natale. Così, il mio primo invito è quello di ritornare insieme a sperare nel grande sogno di Dio sul matrimonio e sulla famiglia, seguendo l’importante tracciato di Papa Francesco contenuto nella Esortazione Apostolica Amoris Laetitia. La Chiesa e il mondo hanno bisogno di vedere e di sperimentare che l’Amore di Dio, manifestatosi pienamente in Gesù Cristo e reso a noi presente dallo Spirito Santo, è realtà non solo desiderabile, ma davvero possibile proprio in quel grembo di vita e di comunione che è la famiglia cristiana. Allora tra famiglia e Chiesa nasce un dialogo essenziale di reciproco riconoscimento nell’unico Amore di Dio, nella medesima armonia di evangelizzazione: “La letizia dell’amore che si sperimenta in famiglia è giubilo per tutta la Chiesa” (Amoris Laetitia, 1). Letizia e giubilo sono l’esordio del documento pastorale di Papa Francesco, nuova prospettiva e rinnovato programma di azione verso i fratelli che vivono la vocazione matrimoniale e familiare; la letizia e il giubilo evangelici diventano anche la chiave di volta interpretativa del cammino della Chiesa verso il futuro. Ogni giorno, però, siamo chiamati ad affrontare la “sfida di Betlemme”, quella cioè di sentire bussare alla porta di casa un ospite strano, scomodo e desiderato al tempo stesso, Gesù di Nazareth: chiede solo di essere accolto. Sì, si tratta proprio di “aprire le porte” alla speranza che Lui
ci ha portato, alla sua presenza luminosa capace di cambiare il modo di vedere ogni cosa, di allargare i confini del nostro amore e di rinnovare ogni progetto di vita. Proprio l’ultima Parola di sigillo alla rivelazione biblica, il libro dell’Apocalisse, dice con soave forza di consolazione: “Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese” (Ap 3,20.22). Abbiamo appena terminato l’anno Giubilare straordinario della Misericordia, nel quale ciascuno è stato invitato a ricevere e ridonare l’amore misericordioso del Padre: “Siate misericordiosi come il Padre” (Misericodiae Vultus, 13) e ad aprire la porta del perdono divino al fratello bisognoso di un amore sanante. Dice il Papa: “La Chiesa ha la missione di annunciare la misericordia di Dio, cuore pulsante del Vangelo, che per mezzo suo deve raggiungere il cuore e la mente di ogni persona. La Sposa di Cristo fa suo il comportamento del Figlio di Dio che a tutti va incontro senza escludere nessuno” (M.V., 12). Ora, questa Sposa di Cristo vive nella concreta ferialità e nella tenerezza degli affetti familiari, come luogo sorgivo di vita e cura continua, ossia come “culla della vita” e “palestra di umanità”. La famiglia ha sempre bisogno della misericordia divina e la Chiesa ha estremo bisogno di famiglie rinnovate da questo amore di perdono incondizionato e di carità generosa. Non di famiglie finte o ipotetiche, ma di famiglie concrete, fragili eppure disponibili a “sporcarsi le mani” con la carità di Cristo, umili nel chiedere e ricevere il suo perdono. Nella mia Lettera per l’inizio dell’Anno pastorale “Il Regno di Dio è vicino” ho espresso chiaramente la necessità di mediare la Evangelii Gaudium, vero programma di pontificato di Papa Francesco, anche dentro le sfide del mondo familiare odierno. Così, nei capitoli quarto e quinto ho voluto presentare l’urgenza di rievangelizzare il matrimonio e la famiglia, sia nell’annuncio 4
gioioso e convinto, sia nella cura delle fragilità e nel sostegno al dolore. Seguendo questi ragionamenti, ora vi invito a leggere e meditare l’Amoris Laetitia, nella certezza che con la Grazia di Dio possa essere un utile strumento di conversione e di miglioramento per ogni famiglia, in qualsiasi situazione. E a questo riguardo, intendo offrirvi tre “luci” per vedere meglio la bellezza dell’amore che lì viene proposto, la concretezza delle esistenze che vengono considerate e la voglia di guadagnare tutti a Cristo, nessuno escluso. La prima luce è rappresentata dalla gioia di riassaporare il Vangelo vissuto nella vita quotidiana, nel ritrovare lo smalto del sorriso sincero e della speranza scintillante anche nei sentieri più bui. Papa Francesco coglie ogni occasione per annunciare che Gesù ha portato la gioia vera, quella che non tramonta, perchè ancorata al suo amore misericordioso e risorto. Il Vangelo di Luca molte volte ci presenta questa gioia, come, in maniera evidente, nel celeberrimo capitolo 15. La mancanza di bene ci rende la vita grigia, spesso insensata e in fondo invivibile. Ecco la donna del Vangelo (la parabola della “dramma persa e ritrovata”) che sperimenta come ogni ricerca sincera è anelito di bene, ma ogni ritrovamento è davvero momento di Grazia, nel senso di immeritato compenso sovrabbondante. La gioia esprime il movimento che va dalla disperazione alla speranza, dalla perdita alla vittoria. Quella data da Cristo, poi, ha le caratteristiche della pienezza e della permanenza, perché Lui è fedele pur nelle nostre fragilità. Care famiglie, riscoprite la gioia di ascoltare il Vangelo, di abitare la Chiesa e di affidarvi alla divina provvidenza; riscoprite la gioia di stare insieme in semplicità. Una seconda luce per comprendere meglio l’Amoris Laetitia viene ispirata dalla parabola della “pecora smarrita”. La misericordia di Dio in famiglia spesso vuol dire andare a prendere quella persona ferita o che si sta allontanando. Non servono i proclami o le soluzioni dettate da giudizi; qui bisogna convincere con l’esempio, con la pazienza e l’amore che si sa abbassare per raccogliere, mettere sulle spalle e portare al maggior bene. Bisogna farsi carico delle situazioni più dolorose, faticose o comunque bisognose di un annuncio più alto. Questo significa avere gli occhi aperti, le ginocchia abbassate e le mani protese verso il tuo prossimo, mani che profumano di perdono. Papa Francesco chiede a tutti di “uscire” per “integrare” ogni esistenza concreta nella famiglia di Dio, la Chiesa. Infine, serve accendere una terza luce, quel-
la dell’evangelizzazione. Dio Padre esce per abbracciare e baciare quel figlio che si era allontanato; come pure esce pazientemente per spiegare il suo amore al figlio sempre vicino, eppure ancora così lontano (parabola del “Padre misericordioso”). Il Vangelo ci invita a fare altrettanto anche in famiglia: ogni piccola chiesa domestica sia un motore di evangelizzazione, con quel linguaggio feriale e casalingo che sostiene ogni vita. C’è estremo bisogno di far emergere quel Cristo che già abita in noi, per poterlo innervare in ogni dove e annunciare sinceramente a tutti, soprattutto ai più lontani: spesso questi sono proprio quelli di casa. Nel cammino storico di ogni esistenza si ascolta il grido, a volte muto a volte tonante, del desiderio di bene, della voglia di un amore che riempia per sempre. Amoris Laetitia ci chiede ancora una volta di mettere tutto e tutti sotto la calda luce del Vangelo; solo così potremo affrontare problemi invalicabili come sfide serie ma possibili. L’augurio allora più sincero è che questo santo Natale sia occasione di Grazia per riassaporare la gioia nelle vostre case, la misericordia nelle vostre famiglie e la passione del vangelo in ogni cuore! Buon Natale a tutti, + Luciano Monari Brescia, 17 dicembre 2016
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La Chiesa italiana e le parrocchie di Botticino tra Evangelii Gaudium, Convegno Ecclesiale di Firenze, Amoris laetitia... e nuovo stile
e diocesi e le parrocchie sono cantieri che non chiudono mai, sempre pronte a “osare”, a “mettersi in cammino”, a “ricominciare da capo”, ogni anno, secondo progetti ben precisi. E, di solito, è l’autunno il tempo in cui si fa sintesi delle idee per poi riprendere i lavori e risalire sulle impalcature.
le idee dei 225 cantieri (tante sono le diocesi) nascono da un dinamismo ricco e condiviso. Si tratta degli Orientamenti pastorali per questo decennio (2010-2020) “Educare alla vita buona del Vangelo”, delle priorità emerse al 5° Convegno ecclesiale nazionale, vissuto giusto un anno fa a Firenze, sul tema “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”, delle C’è una vitalità inaspettata percorrendo, da indicazioni offerte dalle Esortazioni apostoliche Nord a Sud, il territorio: un lavorio che sa di rituale “Evangelii Gaudium” e “Amoris laetitia”. e di ripetitivo, ma che in realtà cresce e si sviluppa Ecco, dunque, dove sta andando la Chiesa itacon grande creatività. liana! Non è una risposta di convenienza a chi conCiò che più affascina è la comunanza di pensie- tinua a parlare di comunità divise, ripiegate su se ri e riflessioni che rimandano a un disegno archi- stesse, in disaccordo con Papa Francesco. Certo, le tettonico chiaro e definito. Già, perché i progetti e difficoltà non mancano, ma – come sostiene Bergoglio – “la realtà è superiore all’idea” (EG 231-233). E, in questo caso, la realtà è suffragata da numeri precisi ricavati da un censimento sulle lettere dei vescovi, sulle assemblee diocesane e sui convegni che, di solito, segnano l’avvio del nuovo anno pastorale. I dati: su 225, le diocesi prese in esame sono circa 180 (quindi ben oltre la metà). Quali i temi ricorrenti? “Evangelii Gaudium” (70), “Amoris laetitia” (40), Firenze 2015 (20), misericordia (20), iniziazione cristiana (15), sinodalità (15). Non si tratta di una classifica dal più al meno gettonato, ma di una visione d’in6
sieme di quel famoso dinamismo già evocato. Anche che vive “in uscita”; una Chiesa chiamata a ripenperché ogni tema richiama l’altro e tutti si tengono sare se stessa e gli strumenti che le sono necessainsieme. ri per un compito che ne definisce l’identità. Una Chiesa che ripensa anche il suo “vocabolario”. Il punto focale – secondo la consegna di Papa Francesco ai delegati al Convegno di Firenze – è Nel linguaggio pastorale ritornano con più forl’“Evangelii Gaudium”. za e convinzione alcune parole-chiave: missione, “Per i prossimi anni – ha detto il Santo Padre nel uscita, sinodalità, misericordia, gioia, Vangelo, tesuo discorso programmatico – in ogni comunità, nerezza, accompagnamento, annuncio, comunioin ogni parrocchia e istituzione, in ogni diocesi e ne, discernimento, giovani, famiglia, ultimi, povecircoscrizione, in ogni regione, cercate di avviare, ri… Sono termini che, messi uno accanto all’altro, in modo sinodale, un approfondimento dell’Evan- esprimono lo sforzo a divenire realmente e sempre gelii Gaudium, per trarre da essa criteri pratici e di più missionari, aperti a tutti. Non c’è dubbio: è per attuare le sue disposizioni, specialmente sul- uno stile nuovo, aperto, dinamico, sinodale. le tre o quattro priorità che avrete individuato in questo convegno”. Nelle parrocchie di Botticino non sono termini Quello che emerge è un filo rosso che unisce pensieri e attenzioni innovative per costruire quel “nuovo umanesimo” i cui tratti, “preannunciati” in qualche modo negli Orientamenti pastorali decennali, sono stati via via delineati prima, durante e dopo Firenze 2015. Ora, come ha affermato più volte il vescovo Galantino, segretario generale dei Vescovi in Italia, si tratta di “proseguire il cammino insieme alle persone, a contatto con la storia e nel riferimento costante alla persona e all’esempio di Cristo. Come Chiesa si tratta – riprendendo le cinque vie del Convegno tratte dall’Evangelii Gaudium – di uscire, non solo verso ogni periferia geografica ed esistenziale, ma dalla retorica, dai luoghi comuni e dal politicamente corretto; annunciare che l’uomo non è solo, ma è oggetto di un disegno di grazia; abitare questo mondo, assumendone le sfide; educare i fratelli a vivere secondo la logica del Vangelo; trasfigurare le relazioni mediante la pratica della misericordia, che sola dà senso e pienezza alla vita umana”. È lo stesso percorso – volendo – tracciato dal Papa nell’Amoris laetitia, il documento post-sinodale “sull’amore nella famiglia”.
nuovi, già da anni si è dato avvio al cammino di rinnovamento nel passaggio da una pastorale di conservazione a una pastorale in missione.
I documenti del papa e dei nostri vescovi offrono, soprattutto agli operatori pastorali, un prezioso contributo per una riflessione di verifica sul cammino fatto attualizzando il progetto pastorale formulato a conclusione del cammino di formazione, durato tre anni, per gli operatori pastorali delle tre parrocchie e delle missioni popolari celebrate nell’anno 2006/2007.
Dall’Evangelii Gaudium all’Amoris laetitia non c’è contrapposizione ma continuità. E le Chiese locali, forse ancora non tutte, percepiscono che il rinnovamento richiesto da Francesco tocca tutti gli aspetti della vita della Chiesa. È un rinnovamento profondo, che non mira a rivedere una singola struttura ecclesiale, ma lo stile con cui si fanno tutte le cose e s’incontrano le persone. È una Chiesa 7
Evangelii Gaudium guida alla lettura
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Il destino di molti documenti ecclesiali è quello di restare chiusi nei cassetti, senza essere conosciuti e attuati. Non è detto che sia sempre un male: sono in numero eccessivo e spesso ridondanti. Non così per l’esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” (EG) di papa Francesco, in cui è disegnato un volto di chiesa che deve prendere corpo.
“LA GIOIA DEL VANGELO riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia. In questa Esortazione desidero indirizzarmi ai fedeli cristiani, per invitarli a una nuova tappa evangelizzatrice marcata da questa gioia e indicare vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni.”
unitamente al permanere di schemi e impostazioni vecchie. Di fatto, nonostante le enunciazioni, la spinta più forte è stata quella alla conservazione. La missione è stata declinata più nei termini di una forte presenza pubblica che nell’assunzione di uno stile evangelico nell’abitare la società alla maniera del lievito nella pasta. I mali persistenti, in un contesto del genere, sono il clericalismo, la riduzione dell’esperienza cristiana alla pratica religiosa e all’etica, il distacco tra l’e«Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la sistenza e la fede, un annuncio prevalentemente dottrinale. fede sulla terra?» (Lc 18,8). Rispetto a questo quadro, l’esortazione di papa Questa domanda di Gesù interpreta la realtà di Francesco spinge verso un cambio di orientamenoggi: un cristianesimo ormai di minoranza in cui si to che una parte consistente dei vescovi e del clesono interrotti i canali tradizionali di trasmissione ro ordinati negli ultimi anni non è forse pronta della fede e le forma di vita cristiana delle genera- a recepire. La scelta esposta nell’introduzione di zioni precedenti si sono svuotate e hanno subito un evidenziare la gioia come contrassegno di chi ha abbandono di massa. La vita ordinaria delle perso- accolto il Vangelo e lo comunica agli altri va a tocne e la loro vicenda interiore possono prescindere care un punto cruciale. senza problemi dall’esperienza umana. È un dato Una fede animata dalla gioia è la fede di chi ha di fatto ormai risaputo e consolidato nei paesi di anfatto esperienza di un incontro che lo ha rinnovatica cristianità. Già nel 1990, Giovanni Paolo II ha to interiormente, nell’apertura di un nuovo orizsollecitato a passare da una pastorale della conserzonte di vita, per cui si trova una profonda fiducia vazione alla missione. Le ricadute sulla realtà ecche rimane salda anche nei passaggi tormentati. È clesiale, bisogna riconoscerlo, sono state minime. la differenza tra la fede autentica e una fede narciIn Italia, il convegno ecclesiale di Verona del 2005, sistica e individualistica, un’ideologia in cui l’io si con l’indicazione degli ambiti antropologici per cui protegge e si gratifica. «Quando la vita interiore si la pastorale doveva indirizzarsi ai vissuti concreti chiude nei propri interessi non vi è più spazio per delle persone, e la successiva nota pastorale (Il volto gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta missionario delle parrocchie in un mondo che campiù la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia bia) non hanno lasciato segni profondi. del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il Come mai? Perchè gli inviti a un rinnovamento bene. Anche i credenti corrono questo rischio, certo missionario della pastorale è caduto su un terreno e permanente. Molti vi cadono e si trasformano in non adatto. Dopo il concilio Vaticano II, a fronte di persone risentite, scontente, senza vita. Questa non aggiornamenti decisivi ed evidenti (come nell’am- è la scelta di una vita degna e piena, questo non è bito liturgico) è la realtà feriale della chiesa a es- il desiderio di Dio per noi, questa non è la scelta di sere rimasta maggiormente statica. È vero che c’è una vita degna e piena, questo non è il desiderio di stato un ampliamento degli ambiti della pastorale Dio per noi, questa non è la vita nello Spirito che e un sempre maggiore coinvolgimento dei laici, ma sgorga dal cuore del Cristo risorto» (EG 2). 8
Il problema dei cristiani nel mondo contemporaneo non è quello d’istaurare una sorta di competizione con chi non crede o crede in una fede diversa, cercando i mezzi per prevalere. Questo renderebbe la chiesa un potere religioso in lotta contro altri poteri. Il vero problema dei credenti è quello spirituale, cioè avere un cuore che si piega al Vangelo e non alle tentazioni idolatriche, anche quelle che assumono forma religiosa. È un problema che si coglie, riallacciandosi a quanto scrive il papa, quando si incontrano persone che si sono armate dentro e in quanto tali abitano il mondo e la storia. Possono presentarsi con una veste di perfetta ortodossia, ma non vivono la prossimità, chiudendosi anche all’incontro con Dio. L’evangelizzazione non è un fatto di persuasione dell’altro, ma innanzi tutto di conversione del cristiano che conduce una vita pienamente umanizzata (cfr. EG 8) e in tal modo è testimone anche quando non si dichiara tale. Non evangelizzare per proselitismo, ma per attrazione. Siamo evangelizzatori nella misura in cui siamo evangelizzati e la nostra vita cresce e matura, perché la fede cristiana è realizzazione dell’umano e non fuga da esso. Il cristiano sa relazionarsi con gli altri e con le cose nella logica della comunione e non del possesso predatorio. La nuova evangelizzazione non è tale perché impiega tecniche o strategie all’avanguardia, ma perché ritorna al Vangelo che non si esaurisce in formule e prassi codificate una volta per sempre, come se fosse una verità che i cristiani possiedono e si limitano a trasmettere agli altri; invece «la sua ricchezza e la sua bellezza sono inesauribili. Egli è sempre giovane e fonte costante di novità» (EG 11). Certamente il discernimento di questa novità avviene nel legame con la memoria della tradizione, s’innesta in una storia viva che non è un reperto da museo da preservare sotto vetro, ma è
maturazione dei frutti propri di ciascuna stagione che scaturiscono dalla sua linfa. L’introduzione del documento si conclude con l’indicazione delle tre “soglie” principali dell’evangelizzazione (i battezzati praticanti, i non praticanti e i lontani dalla chiesa) e della prospettiva pastorale verso cui papa Francesco vuole indirizzare la chiesa cattolica. «Sono innumerevoli i temi connessi all’evangelizzazione nel mondo attuale che qui si potrebbero sviluppare. Ma ho rinunciato a trattare in modo particolare queste molteplici questioni che devono essere oggetto di studio e di attendo approfondimento. Non credo neppure che si debba attendere dal magistero papale una parola definitiva e completa su tutte le questioni che riguardano la Chiesa e il mondo. Non è opportuno che il Papa sostituisca gli Episcopati locali nel discernimento di tutte le problematiche che si prospettano nei loro territorio. In questo senso, avverto la necessità di procedere in una salutare “decentralizzazione”» (EG 16). Ecco la vera novità di fondo: qui c’è un cambio nel modo di pensare e vivere la chiesa cattolica. Assieme alla conversione interiore del cristiano ci deve essere una conversione visibile della comunità cristiana. Decentralizzazione significa che non c’è semplice recezione di decisioni e pronunciamenti che vengono dall’alto, secondo una visione piramidale che si è sempre più accentuata fino al Vaticano II e che l’esplosione mediatica della figura del papa ha di nuovo alimentato negli ultimi decenni saldandosi con le intenzioni di certi ambienti cattolici. Viene prospettata una chiesa più comunionale, più fraterna, più sinodale in cui si cammina insieme nella corresponsabilità della fede condivisa e della medesima dignità battesimale, valorizzando la pluralità dei carismi, senza che uno (fosse pure quello del pastore universale) prevalga sugli altri.
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lizzatori hanno così “odore di pecore” e queste ascoltano la loro voce. Quindi, la comunità evangelizzatrice si dispone ad “accompagnare”. Accompagna l’umanità in tutti i suoi processi, per quando duri e prolungati possano essere. Conosce le lunghe attese e la sopportazione apostolica. L’evangelizzazione usa molta pazienza, ed evita di tenere conto dei limiti» (EG 24).
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La chiesa non può essere auto-referenziale, è “chiesa in uscita” (cfr. EG 24), perché la Parola di Dio chiama il credente, lo manda verso terre nuove, lo sprona ad andare verso l’altro (cfr. Gn 12,1-3; Es 3,10; Ger 1,7).
Dopo la sezione introduttiva, che presenta in un certo senso lo sfondo del suo programma pastorale, l’Evangelii Gaudium affronta in cinque capitoli alcune delle questioni più rilevanti per l’evangelizzazione oggi. La prima è quella di una trasformazione missionaria, la quale comporta una vera e propria riforma della chiesa (EG 19-49).
Non è una posizione ideologica o l’adeguamento a una moda. È lo stile di Gesù nel suo relazionarsi alle persone e accogliendole con le loro fatiche e i loro peccati, senza la pretesa di separare subito il grano dalla zizzania, con il rischio di perdere l’uno con l’altra. Così i cristiani non devono avere l’ansia di etichettare e giudicare le persone, bensì lasciare loro la possibilità della crescita, della piena maturazione. Devono anzi incoraggiarla.
Affinché questo avvenga, tutta la chiesa deve approfondire la coscienza di se stessa per riconoscere che c’è una differenza tra come il Signore la sogna e la sua realtà storica: da qui scaturisce il bisogno di una riforma perenne dell’istituzione ecclesiale, che nasce dall’esigenza di fedeltà a Una pastorale di evangelizzazione che assu- Cristo e alla propria vocazione. me una determinata fisionomia richiede, per reaIl rinnovamento è ritenuto improrogabile da lizzarsi, un volto di chiesa coerente con essa. È la papa Francesco e dovrebbe trasformare ogni aspetmedesima questione sottesa all’interpretazione del to della vita ecclesiale (consuetudini, stili, orari, linVaticano II, il quale è stato un concilio pastorale e guaggi, strutture…) in senso missionario, in vista di non convocato per definire delle dottrine. Per que- una pastorale più espansiva e aperta (cfr. EG 29). sto si è tentato di sminuirne l’importanza. Invece, Il punto di partenza è la parrocchia, che rimane la presa di coscienza di un nuovo rapporto tra la chiesa e il mondo contemporaneo, all’insegna del la “prima linea” della missione, in quanto chiesa tra dialogo e dello scambio, piuttosto che dell’estra- le case degli uomini (cfr. Giovanni Paolo II, Christineità e della contrapposizione, implica anche una fideles laici, 26), a patto che sappia assumere con rinnovata comprensione della dottrina cattolica. plasticità forme molto diverse che richiedono la docilità e la creatività del pastore e della comuLa missione è l’effetto della gioia del Vange- nità (cfr. EG 28). Papa Francesco riconosce che il lo che vuole comunicarsi. Non alla maniera del rinnovamento delle parrocchie è uno dei capitoli proselitismo, ma di una diffusione di sé che è farsi inattuati della riflessione ecclesiale recente. Per deprossimo, coinvolgimento con chi si incontra alla finire le parrocchie, egli ricorre alla terminologia maniera alla maniera del Signore. «Gesù ha lavato delle “comunità di comunità”, ma a indicare che i piedi ai suoi discepoli. Il Signore si coinvolge e non devono essere grandi strutture anonime, ma coinvolge i suoi, mettendosi in ginocchio davanti comunione di realtà diversificate e vive, dove si agli altri per lavarli. Ma subito dopo dice ai disce- sperimentano rapporti ravvicinati, si condivide il poli: “Sarete beati se farete questo” (Gv 13,17). La quotidiano e la ricerca di fede, si vive la fraternità. comunità evangelizzatrice si mette mediante opeIn questo discorso s’inserisce il riferimento ai re e gesti nella vita quotidiana degli altri, accorcia le distanze, si abbassa fino all’umiliazione se movimenti, ridimensionati rispetto all’enfasi di è necessario, e assume la vita umana, toccando la altri pronunciamenti, insieme ad associazioni e cocarne sofferente di Cristo nel popolo. Gli evange- munità di base, la cui originalità è vista in funzio10
ne dell’integrazione nella realtà parrocchiale e non per costituirsi come realtà parziali e separate (cfr. EG 29). L’appello al rinnovamento è esteso alle diocesi e ai loro vescovi. A questi ultimi, in particolare, l’invito è a valorizzazione gli organismi di partecipazione e altre forme di dialogo per esercitare il proprio ministero di guida e sintesi a partire dall’ascolto di tutti e non da un assenso servile (cfr. EG 31).
falso Dio o a un ideale umano. «In tal modo siamo fedeli a una formulazione ma non trasmettiamo la sostanza» (EG 41). Il Vangelo deve parlare oggi. La ricerca delle modalità di comunicare l’essenziale in un mondo che cambia richiede di armonizzare una varietà di visioni teologiche e pastorali, più che la difesa senza sfumature di una dottrina monolitica (cfr. EG 40). Tutto ciò incoraggia ad abbandonare norme e precetti non essenziali e non incisivi nel nostro tempo (cfr. EG 43), così da tenere conto della condizione reale delle persone su cui non si possono esercitare forme d’ingerenza spirituale. «Un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito a Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza importanti difficoltà» (EG 44).
Neppure il papato è esentato dal rinnovamento e qui abbiamo il fatto insolito di un pontefice che chiede suggerimenti al riguardo. L’esortazione lo specifica, di dare corpo alla collegialità stabilita dalla Lumen gentium: non il papa da solo, come un monarca, ma il papa insieme ai vescovi e alle conferenze episcopali, intese come veri e propri soggetti ecclesiali dotati anche di una qualche autorità dotÈ una chiesa aperta, quella evocata dal docutrinale (cfr. EG 32). Questa potrebbe essere una reale mento, che invita a entrare e accoglie. «Tutti posdecentralizzazione che darebbe corpo al pluralismo sono partecipare in qualche modo alla vita ecdi una chiesa mondiale unita nella fede. clesiale, tutti possono far parte della comunità, Ciò che conta, vale la pensa di ribadirlo, è as- e nemmeno le porte dei Sacramenti si dovrebbero sumere lo stile evangelico. Il che per il papa signi- chiudere per una ragione qualsiasi» (EG 47). Vale fica anche un annuncio che non si fissa su aspetti in particolare per il Battesimo e l’Eucaristia che non secondari, senza manifestare il cuore del messag- sono riservati a una ristretta cerchia di perfetti, ma gio di Gesù. «Una pastorale in chiave missionaria sono dono, cibo, medicina, sostegno… Una chiesa non è ossessionata dalla trasmissione disartico- così privilegia i poveri, gli infermi, i disprezzati lata di una moltitudine di dottrine che si tenta di e li cerca anche a costo di essere accidentata e feimporre a forza di insistere. Quando si assume una rita, piuttosto che rinchiudersi nelle proprie sicupastorale e uno stile missionario, che realmente rezza e nei propri procedimenti. arrivi a tutti senza eccezioni né esclusioni, l’annuncio si concentra sull’essenziale, su ciò che è più «Più della paura di sbagliare spero che ci muova bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo la paura di rinchiudersi nelle strutture che ci danpiù necessario» (EG 35). Richiamando il Vaticano no una falsa protezione, nelle norme che ci trasforII il papa ricorda che c’è una gerarchia delle veri- mano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui tà in campo sia dogmatico sia morale, per cui va ci sentiamo tranqulli» (EG 49). evidenziato quel che è centrale e dà significato a tutto il resto. «Il Vangelo invita prima di tutto a rispondere al Dio che ci ama e ci salva, riconoscendolo negli altri e uscendo da se stessi per ricercare il bene di tutti. Quest’invito non va oscurato in nessuna circostanza!» (EG 39). Il centro è la fiducia nell’amore di Dio per noi che ci rende capaci di amare e ci salva. È detto per chi riduce l’annuncio cristiano a messaggio etico e ne fa metro per giudicare gli altri; è detto per chi sbandiera la propria ortodossia, ma dice parole cristiane senza Cristo riducendole a un 11
per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti di borsa. Questo è esclusione. Non si può più tollerare il fatto che si getti il cibo, quando c’è gente che soffre la fame. Questo è iniquità» (EG 53).
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. Se l’evangelizzazione è una sfida che mette in crisi le sicurezze del passato e richiede un rinnovamento della chiesa cattolica e della pastorale, è indispensabile comprendere le ragioni di questo passaggio travagliato. È questo l’argomento del secondo capitolo dell’Evangelii Gaudium (nn. 50-109), divisibile in due parti: la prima è un’analisi del nostro tempo e dei cambiamenti che interpellano il nostro stile ecclesiale (nn. 52-75), mentre la seconda è dedicata alle patologie che dentro la chiesa rendono poco credibile o efficace l’annuncio (nn. 76-109).
Qui si chiarisce che cosa sia il male del relativismo: non è una sorta d’inferiorità etica di chi non condivide la visione del mondo cattolica, come spesso è stato inteso usandola quale arma dialettica nei dibattiti pubblici. C’è stato un uso di questo concetto tale per cui il disaccordo con l’etica cattolica è stato inteso come relativismo, come assenza di valori e del senso della verità e del bene. Papa Francesco presenta piuttosto il relativismo come non riconoscimento della persona umana e del suo volto, al punto da considerarla irrilevante, persino nella sua indifferenza. Alla radice c’è un’idolatria del denaro, un nuovo dio a cui si offrono sacrifici umani: l’esclusione di molti per il benessere di pochi (cfr. EG 54-56). A tale proposito, ambienti conservatori, soprattutto negli USA, hanno accusato il papa di essere socialista. Appartiene a loro, invece, l’ideologia che fa diventare la crescita economica e l’accumulo di profitto un dogma, anche quando in suo nome si producono vittime. Il monito del papa è la denuncia di un’economia fine a se stessa per cui l’etica dimentica l’uomo invece di essere in suo favore. Non è un fatto di sistema politico o di partiti, ma di essere consapevoli del fine delle attività umane economiche e di governo.
Papa Francesco è consapevole che in molti documenti ecclesiali c’è un eccesso di analisi, senza una corrispondente offerta di proposte adeguate. Egli infatti dichiara che non è suo compito offrire una lettura completa e dettagliata della realtà contemporanea ed esorta tutte le comunità cristiane a impegnarsi a propria volta nella lettura dei “segni dei tempi”. Uno sguardo che sa cogliere il positivo «In tal senso, esorto gli esperti finanziari e i goverattorno a sé e non è condizionato da un pregiudizio nanti dei vari Paesi a considerare le parole di un sagdi contrapposizione tra la chiesa e la modernità. gio dell’antichità: “Non condividere i propri beni con Non si tratta di elaborare interpretazioni so- i poveri significa derubarli e privarli della vita. I beni ciologiche, quanto di operare un “discernimento che possediamo non sono nostri, ma loro”» (EG 57). evangelico” (EG 50), cioè saper leggere il proSono parole di un padre della chiesa, Giovanprio mondo e il proprio tempo con occhi allena- ni Crisostomo. Il discorso del papa va alla radice ti dall’ascolto della Parola e dalla preghiera. Più spirituale delle scelte economiche e politiche. la che emanare giudizi e direttive, bisogna ricono- cultura dell’individualismo e della gratificazioscere che cosa va nella direzione del Regno di ne istantanea suscita l’illusione di salvarsi per Dio e che cosa no, che cosa ci rende più umani messo del denaro e del consumo, comprando il e che cosa invece ci disumanizza, a prescindere soddisfacimento dei propri bisogni. È un’assodal fatto che abbia o meno un’etichetta cattolica. lutizzazione dell’eco che non sa più vedere l’altro Ecco perché la priorità di Francesco, nel descrivere uomo e Dio (cfr. EG 67). la nostra epoca, è evidenziare gli effetti perversi di quella che definisce “cultura dello scarto”. La povertà degli esclusi crea le condizioni per il diffondersi di una violenza che non si risolve con «Così come il comandamento “Non uccidere” l’ossessione per la sicurezza e le risposte armate, le pone un limite chiaro per assicurare il valore della quali non fanno altro che alimentarla. Il punto è camvita umana, oggi dobbiamo dire “no a un’econo- biare un sistema che è ingiusto a partire dalla sua orimia dell’esclusione e dell’iniquità”. Questa econo- gine, la quale sta in una malattia interiore, una falsa mia uccide. Non è possibile che non faccia noti- visione del mondo e dell’uomo. Tutte le relazioni ne zia il fatto che muoia un anziano ridotto a vivere sono corrose, da quelle familiari a quelle civili. 12
tati immediati a fronte di sogni irrealizzabili, nelle contraddizioni. Ne derivano un ripiegamento disimpegnato su se stessi e una riduzione della vita ecclesiale a grigio pragmatismo abitudinario che è all’opposto della gioia del Vangelo (cfr. EG 8283). Ancora Francesco mette in guardia dal pessimismo sterile che immobilizza, perché “tanto è tutto inutile”, come già fece Giovanni XXIII aprendo il Concilio quando prese le distanze dai profeti di sventura che annunciano sempre il peggio e non vedono altro che rovine e guai (cfr. EG 84). Quando prevalgono questi atteggiamenti, manca allora un contatto vivificante con il Vangelo Non è possibile giudicare e rifiutare tutto ciò che alimenta nuove relazioni, nuove opportunità che non appartiene alla tradizione. Si tratta piut- d’incontro e solidarietà, superando il sospetto e tosto di abitare la città e le sue culture rendendo la sfiducia permanente (cfr. EG 87-88). possibile nei tanti percorsi esistenziali una ricerca «L’isolamento, che è una versione dell’immadi senso, all’insegna della semina, e non di un’irre- nentismo, si può esprimere in una falsa autonomia alistica e anti-evangelica riconquista. che esclude Dio e che però può anche trovare nel «Si rende necessaria un’evangelizzazione che religioso una forma di consumismo spirituale alla illumini i nuovi modi di relazionarsi con Dio, portata del suo morboso individualismo. Il ritorcon gli altri e con l’ambiente, e che susciti i va- no al sacro e la ricerca spirituale che caratterizlori fondamentali. È necessario arrivare là dove zano la nostra epoca sono fenomeni ambigui. Ma si formano nuovi racconti e paradigmi, raggiun- più dell’ateismo, oggi abbiamo di fronte la sfida di rispondere adeguatamente alla sete di Dio di mola gere con la Parola di Gesù i nuclei più profondi gente, perché non cerchino di spegnerla con propodell’anima della città» (EG 74). Il Vangelo non è ste alienanti o con un Gesù Cristo senza carne e un prodotto da collocare sul mercato o un’idea da senza impegno con l’altro» (EG 89). propagandare; è una voce che dischiude all’uomo nuove possibilità di vita e di fiducia nell’inconLa differenza tra vera e falsa spiritualità si coglie tro con ogni cultura e ogni percorso esistenziale. nella misura in cui l’esperienza di fede porta all’inconNel Vangelo c’è un messaggio perenne che scalda tro, all’accoglienza, al farsi prossimi, al fare comunità. il cuore, che risponde al desiderio di autenticità e Per gli stessi motivi, papa Francesco dice no vita buona presente in ogni fede, cultura e vicenda alla mondanità spirituale, propria di chi cerca umana. Si tratta di farlo emergere, senza perdere nella fede solo una conferma dei propri sentimenti le ricchezze della tradizione cristiana, ma anche o ragionamenti o di chi si sente superiore agli alsenza ristagnare nell’immobilismo di pratiche e tri in forza della propria adesione a un certo stile linguaggi più adatti ad altre epoche. cattolico del passato. Significa in definitiva contaIn un contesto del genere, si rende necessario educare a una fede che non si limiti a pratiche esteriori, devozioni sentimentali, assolutizzazione di pretese rivelazioni private. Sarebbe un vissuto individualistico che si concentra sulla rassicurazione personale e su un miracolismo emozionale per cui ci si rinchiude in un proprio guscio separato dove ci si sente protetti. È una forma di indifferenza religiosa. Il papa auspica una vita ecclesiale e di fede che sappia intersecarsi con le culture che palpitano, si progettano e coesistono nelle nostre città ormai pluraliste.
Affinché questo possa avvenire, l’esortazione passa in rassegna una serie di tentazioni a cui sono soggetti i cattolici impegnati nella pastorale per mettere in guardia contro di esse. Questo, però, non senza aver prima ricordato l’enorme apporto attuale della chiesa nel mondo d’oggi nei più diversi contesti di servizio gratuito all’uomo (cfr. EG 76).
re su se stessi, sulla propria integrità religiosa, più che su Dio. «È una presenta sicurezza dottrinale o disciplinare che dà luogo a un elitarismo narcisista e autoritario, dove invece di evangelizzare si analizzano e si classificano gli altri, e invece
La prima tentazione segnalata è il confondere la vita spirituale, che dovrebbe essere il fondamento dell’esperienza cristiana, «con alcuni momenti religiosi che offrono un certo sollievo ma che non alimentano l’incontro con gli altri, l’impegno nel mondo, la passione per l’evangelizzazione» (EG 78). E’ il rischio di una religione su misura che diventa rifugio e gratificazione per l’io. Ad esso si ricollega quell’accidia che è la fatica a perseverare nei tempi lunghi, nella mancanza di risul13
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La terza parte dell’Evangelii Gaudium prende in esame le costanti dell’evangelizzazione, gli elementi irrinunciabili al di là dei contesti storici e geografici (nn. 110-175).
di facilitare l’accesso alla grazia si consumano le energie nel controllare» (EG 94). Bergoglio riserva le parole più dure non ai non cattolici, ma a quei cattolici che smentiscono il Vangelo mettendolo al servizio di se stesso.
Il tratto unificante e la chiave interpretativa del capitolo è il primato della proclamazione di Gesù Cristo in ogni attività di evangelizzazione (cfr. EG 110). Qui papa Bergoglio cita Giovanni Paolo II, dall’esortazione Ecclesia in Asia del 1999. Una delle caratteristiche del documento, infatti, è di citare ampiamente testi papali rivolti alle chiese dei cinque continenti insieme ai pronunciamenti di alcune conferenze episcopali. È un dettaglio in cui si coglie l’assunzione di uno sguardo ampio, abbracciando l’universalità della chiesa cattolica, senza rimanere circoscritto al punto di vista occidentale che dal Medio Evo fino al XX secolo ha pressoché monopolizzato il cattolicesimo nel bene e nel male.
Il capitolo è suddiviso in quattro parti. Nella prima il tema è il soggetto dell’annuncio: chi evangelizza? (cfr. EG 111-134). «L’evangelizzazione è compito della Chiesa. Ma questo soggetto dell’evangelizzazione è ben più di una istituzione organica e gerarchica, poiché anzitutto è un popolo in cammino verso Dio» (EG 111). Infatti, più avanti il papa sottolinea che ogni membro del popolo di Dio, in forza del Battesimo, è discepolo missionario, il che comporta un nuovo protagonismo di Il secondo capitolo dell’EG si chiude richiaman- tutti i battezzati (cfr. Mt 28,19; EG 120). do alcuni soggetti ecclesiali a cui prestare particoIl presupposto è il legame tra la realtà profonda lare attenzione in una comunità cristiana che non della chiesa e la comunione trinitaria. La chiesa non si identifica con la gerarchia: – i laici, che non assumono in pieno responsabilità nasce per iniziativa solo umana, ma ha all’origine un importanti sia per mancanza di formazione sia per sogno di Dio, una chiamata: c’è un primato della granon aver trovato spazio nelle loro chiese particola- zia che precede l’organizzazione umana (cfr. EG 112). ri a causa di un eccesivo clericalismo (cfr. EG 102); Dio non salva l’uomo isolatamente, ma convoca un – le donne, i cui legittimi diritti derivanti dalla popolo unito in una fraternità che oltrepassa le diffeloro pari dignità «pongono alla chiesa domande renze sociali, religiose, nazionali (cfr. Gal 3,28; EG 113). profonde che la sfidano e che non si possono facil«La Chiesa dev’essere il luogo della misericordia gramente eludere» (EG 104); – i giovani, che «nelle strutture abituali spesso tuita, dove tutti possano sentirsi accolti, amati, perdonon trovano risposte alle loro inquietudini, neces- nati e incoraggiati a vivere secondo la vita buona del Vangelo» (EG 114). L’amore trinitario, che unisce nella sità, problematiche e ferite» (EG 105); – i seminaristi, rispetto ai quali bisogna operare diversità, si rivolge a tutti; il dono di Dio si incarna peruna selezione per escludere motivazioni legate a ciò nella cultura di chi lo riceve (cfr. EG 115). insicurezze affettive, a ricerca di forme di potere, L’evangelizzazione non è colonialismo culturale, gloria umana o benessere economico (cfr. EG 107). per cui comporta una forma di assimilazione di chi Vale anche per la ricerca di potere dentro la chiesa o di conquiste sociali e politiche, alimentando la vanagloria e respingendo la profezia (cfr. EG 95-97). E così si perdono energie in illusori piani di espansionismo apostolico o in guerre contro altri fratelli di fede, fino ad assumere atteggiamenti persecutori, perché la diversità di idee mette in discussione l’ego di chi conta su se stesso e lo proietta sulla religione (cfr. EG 98-100).
ne è il destinatario, come è avvenuto in altre epoche. Essa avviene invece mediante inculturazione, per cui le diverse culture trovano posto nella chiesa e arricchiscono l’annuncio del Vangelo, perché contribuiscono ad annunciarlo in modo più ampio e completo «Le sfide esistono per essere superate. Siamo re- (cfr. EG 116). alisti, ma senza perdere l’allegria, l’audacia e la Le diverse culture sono depositarie della moltededizione piene di speranza! Non lasciamoci rubaplicità dei doni suscitati dallo Spirito santo il quale re la forza missionaria!» (EG 103). realizza un’unità in cui non c’è uniformità, ma armonia multiforme. Il capitolo si chiude con l’invito alle comunità a proseguire in queste riflessioni, mantenendosi sempre in una prospettiva di rinnovamento e di dinamismo fiducioso.
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«Sebbene sia vero che alcune culture sono state strettamente legate alla predicazione del Vangelo e allo sviluppo di un pensiero cristiano, il messaggio cristiano non si identifica con nessuna di esse e possiede un contesto transculturale. Perciò nell’evangelizzazione di nuove culture o di culture che non hanno accolto la predicazione cristiana, non è indispensabile imporre una determinata forma culturale, per quanto bella e antica, insieme con la proposta evangelica» (EG 117). È l’umano a essere a immagine e somiglianza di Dio, è l’umano il luogo dell’incarnazione, non una particolare cultura. Farla coincidere con il cattolicesimo sarebbe limitare la ricchezza della Parola di Dio, sacralizzando viceversa un’opera umana. Da questo travisamento possono emergere vere e proprie forme di fanatismo.
va. Si sa quanto il papa conti su questo momento: le sue omelie mattutine a Santa Marta sono seguite in tutto il mondo per la loro immediatezza. Certo, desta sorpresa il fatto che ci sia bisogno d’intervenire così intensamente su quella che è la più frequente modalità di comunicazione pastorale a motivo della problematicità in cui versa. È indice di una chiesa non ancora abituata a una comunicazione estroversa, come se ritenesse di avere ancora tutte le pecore nel proprio recinto, invece di preoccuparsi di raggiungerle.
Nell’omelia il prete non deve intavolare un monologo in cui mette in mostra se stesso, ma riaprire il dialogo tra il Signore e il suo popolo (cfr. EG 137), dischiudendo a quest’ultimo il tesoro della Parola. Appartenendo a un contesto liturgico, deve essere breve (cfr. EG 138) ed esprime la maternità accogliente della chiesa con la cordialità, Un aspetto dell’inculturazione sono le moltepli- la gestualità, la voce (cfr. EG 139). ci forme della pietà popolare che, se correttamente È parola vitale, non comunicazione di servizio intese, diventano forme di accesso all’esperienza cristiana alla portata di tutti (cfr. EG 122-126). o lezione. Poiché la fede nasce dall’ascolto delL’importante è non assolutizzarle fino a render- la parola di Cristo (cfr. Rm 10,17), l’omelia deve le pesi o obblighi che allontanano altri. Si tratta di trasmettere il messaggio evangelico e non veripresentarle come risorse simboliche nel contesto tà dottrinali o prescrizioni morali (cfr. EG 142della ricca varietà dell’esperienza cristiana. Così 143). Questo non si improvvisa; richiede da parte come, tornando all’esortazione, non vanno assolu- del prete di dedicare tempo alla Parola, non semtizzare le formule con cui è annunciata la fede, dal plicemente studiandola, ma accostandola con un momento che il Vangelo può essere espresso con le cuore in preghiera. La preparazione dell’omelia è categorie (variabili nel tempo) proprie di ciascuna un’esperienza spirituale, prima che intellettuale. cultura (cfr. EG 129), e nemmeno i particolari cari- Altrimenti, si diventa come i farisei, deprecati da smi ecclesiali; questi ultimi, se sono suscitati dallo Gesù perché esigevano dagli altri senza essersi laSpirito, non hanno bisogno di affermarsi a spese sciati illuminare dalla Parola di Dio, non l’hanno di altre spiritualità e doni (cfr. EG 130). È detto per contemplata, non l’hanno resa viva ed efficace prigli ambienti ecclesiali che manifestano intolleran- ma di tutto in sé (cfr. Eb 4,12). Il predicatore non za per linguaggi ed esperienze diversi dai propri. è una persona perfetta che si mette in cattedra, ma una persona che cresce nella sua vita interiore Anche il dialogo con le diverse scienze e la fi- e nella sua umanità in quanto davvero ascolta la losofia è indispensabile per l’inculturazione della Parola e le è docile (cfr. EG 145-151). fede e qui occorre il contributo dei teologi con la loro attività di ricerca (cfr. EG 132-134). Ben due sezioni del capitolo sono dedicate rispettivamente all’omelia (cfr. EG 135-144) e alla sua preparazione (cfr. Eg 145-159). In effetti si tratta pur sempre del principale momento di contatto con la predicazione ecclesiale da parte delle persone. Eppure, risulta spesso poco efficace e significati15
ponga la verità e che faccia appello alla libertà, che possieda qualche nota di gioia, stimolo, vitalità, ed un’armoniosa completezza che non riduca la predicazione a poche dottrine a volte più filosofiche che evangeliche. Questo esige dall’evangelizzatore alcune disposizioni che aiutano ad accogliere meglio l’annuncio: vicinanza, apertura al dialogo, pazienza, accoglienza cordiale che non condanna» (EG 165). Papa Francesco raccomanda il ricorso alla lectio divina, il tradizionale metodo monastico di lettura orante della Bibbia, al cui rilancio ha dato grande impulso Carlo Maria Martini, per cogliere il significato proprio del testo biblico insieme a quello che il Signore vuole dire al lettore tramite il testo. Dio rivolge a ognuno la sua parola (cfr. EG 152-153). Ma non basta. «Il predicatore deve anche porsi in ascolto del popolo, per scoprire quello che i fedeli hanno bisogno di sentirsi dire. Un predicatore è un contemplativo della Parola e anche un contemplativo del popolo» (EG 154). Non è un fatto di strategia, ma di sincera premura per le persone e di fedeltà allo stile di Gesù. Ciò richiede anche di prestare attenzione al linguaggio impiegato, alla semplicità, all’uso di immagini che coinvolgono l’ascoltatore, puntando sulla positività del messaggio (cfr. EG 156-159). Era così che Gesù comunicava, incontrando le persone nei luoghi della convivenza, recependo le loro domande e bisogni, aderendo alla concretezza e accendendo l’immaginazione con le parabole. C’è una breve considerazione che non andrebbe sottovalutata: «Che cosa buona che sacerdoti, diaconi e laici si riuniscano periodicamente per trovare insieme gli strumenti che rendono più attraente la predicazione» (EG 159). Sarebbe un bel passo verso una chiesa meno clericale. La quarta e ultima parte del capitolo (nn. 160-175) è dedicata all’annuncio del kerygma, cioè il primo annuncio e l’annuncio principale, «quello che si deve sempre tornare ad ascoltare in modi diversi» (EG 164). Ci si ricollega così ai nn. 34-36 con l’invito a concentrarsi sul cuore del Vangelo, sul suo nucleo fondamentale che è la bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo morto e risorto. La risposta di fede a questo amore è l’amore del prossimo (cfr. EG 160). Se viene oscurato questo senso principale, tutto il messaggio cristiano viene alterato. «La centralità del kerygma richiede alcune caratteristiche dell’annuncio che oggi sono necessarie in ogni luogo: che esprima l’amore salvifico di Dio previo all’obbligazione morale e religiosa, che non im-
L’esortazione fa riferimento anche alla catechesi mistagogica, che coinvolge tutta la comunità in un cammino di formazione progressivo in cui sono valorizzati i segni liturgici (cfr. EG 166), e alla “via della bellezza”, la quale richiede di trovare nuovi segni e simboli per esprimere l’annuncio al di là del linguaggio concettuale ricorrendo a forme non convenzionali di bellezza che oggi hanno una particolare efficacia comunicativa (cfr. EG 167). L’annuncio è un percorso personale che richiede accompagnamento, un’arte della vicinanza, del saper suscitare domande e stimolare alla ricerca (cfr. EG 169-173). Ci vogliono padri e madri nella fede, persone affidabili e autorevoli, ma anche rispettose, che non esercitino un’ingerenza spirituale, perché sanno che l’altro è una “terra sacra” davanti a cui togliersi i sandali (cfr. Es 3,5). L’accompagnamento può rendere possibile l’esperienza di fede, ma non deve forzarla o determinarla; non è e non può essere il conformarsi a uno schema standardizzato, è unica per ciascuno. La Parola di Dio come fonte e fondamento dell’evangelizzazione è richiamata in chiusura del capitolo (cfr. EG 175-176). La chiesa evangelizza solo se si lascia prima continuamente evangelizzare dalla Parola, la quale dovrebbe stare al cuore di ogni attività ecclesiale. Parola e sacramento; mensa della Parola e mensa eucaristica sono un tutt’uno nell’alimentare il cammino di fede, ma lo spazio della prima è ancora limitato nell’esperienza ordinaria dei credenti, nonostante la fine del suo esilio grazie al Vaticano II con la Dei Verbum. «Lo studio della Sacra Scrittura dev’essere una porta aperta a tutti i credenti. È fondamentale che la Parola rivelata fecondi radicalmente la catechesi e tutti gli sforzi per trasmettere la fede. L’evangelizzazione richiede la familiarità con la Parola di Dio e questo esige che le diocesi, le parrocchie e tutte le organizzazioni cattoliche propongano uno studio serio e perseverante della Bibbia, come pure ne promuovano la lettura orante personale e comunitaria» (EG 175). 16
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«L’ideologia marxista è sbagliata. Ma nella mia vita ho conosciuto tanti marxisti buoni come persone, e per questo non mi sento offeso». Questa frase di papa Francesco, nell’intervista su La Stampa del 15 dicembre 2013, ha fatto il giro del mondo. Il riferimento è alle polemiche sollevate da alcuni ambienti conservatori, per lo più statunitensi, che lo hanno accusato di essere marxista per le sue prese di posizione in materia sociale, soprattutto nel quarto capitolo della Evangelii Gaudium (nn. 176-258). Da sempre, il Vangelo è una contestazione del potere e della ricchezza iniqua, ma quando lo si ricorda ci sono reazioni di rifiuto proprio da parte di chi corteggia la chiesa cattolica sui temi etici. È un fatto che dovrebbe far ricordare come non si possa identificare la fede cristiana con l’adesione a un’ideologia politica o economica.
Del resto non è questa la nostra ambizione e neppure la nostra missione. Spetta alle comunità cristiane analizzare obiettivamente la situazione del loro paese”» (EG 184; cfr. Paolo VI, enciclica Octogesima adveniens, 4). Qui c’è una chiesa che si pone come voce dei senza voce, per richiamare i grandi principi della dignità umana, ma allo stesso tempo rinuncia a porsi come autorità sovralegislativa che pretende di determinare norme e decisioni. Non c’è un ordine politico ed economico che si può dedurre dal messaggio cristiano nel quale trovare la risposta a tutte le problematiche sociali.
Alla radice c’è il contenuto sociale del kerygma, del primo annuncio, perché nel Vangelo sono essenziali la vita comunitaria e l’impegno con gli altri (cfr. EG 177). Poiché Dio è Trinità, comunione di amore, ci ha voluti e ci ama in comunione, insieme: da soli non c’è vera umanità, da soli non c’è salvezza.
La chiave di lettura della dimensione sociale dell’evangelizzazione è l’assunzione del punto di vista dei poveri, l’ascolto del loro grido come fa il Dio biblico (cfr. EG 187; Es 3,7-8,10). Le ideologie dominanti escludono i soggetti deboli, si costruiscono sull’indifferenza. La solidarietà cristiana corrisponde perciò a una nuova mentalità, la cui logica è quella della comunità, della priorità della vita di tutti rispetto all’appropriazione dei beni da parte di alcuni (cfr. EG 188). Le conseguenze pratiche sono di vasta portata. Il papa, infatti, ricorda qui la funzione sociale della proprietà e la destinazione sociale dei beni come realtà anteriori alla proprietà privata, come affermato già dai padri della chiesa (cfr. EG 189).
Comprendere che siamo amati gratuitamente da Dio ci apre a dare e ricevere amore nei rapporti con gli altri (cfr. EG 178). «La Parola di Dio insegna che nel fratello si trova il permanente prolungamento dell’Incarnazione per ognuno di noi» (EG 179; cfr. Mt 25,40). La vita di Dio è “uscita da sé” verso l’altro, e solo nell’uscire da noi stessi realizziamo pienamente la nostra vita, perché non ci rinchiudiamo nella stagnazione e nell’isolamento.
È un principio che ha una radice spirituale, da cui deriva un vero e proprio cambio di prospettiva nella vita sociale ed economica e richiede trasformazioni strutturali nelle relazioni tra le persone e tra i popoli: «il pianeta è di tutta l’umanità e per tutta l’umanità» (EG 190) ed è pertanto necessario intervenire sulla iniqua distribuzione dei beni, del reddito e delle opportunità di accesso all’educazione, all’assistenza sanitaria e al lavoro (cfr. EG 191-192).
Il capitolo dedicato alla dimensione sociale dell’evangelizzazione è il più esteso dell’esortazione apostolica, a dimostrazione di quanto il tema stia a cuore al papa. I paragrafi iniziali ne spiegano le motivazioni.
Da questo punto di vista, sbaglia chi tenta di miSi parla, beninteso, di un amore concreto, che non ha nulla di sentimentale. Quando Gesù annunciava nimizzare questo discorso presentandolo in chiave il regno di Dio, faceva riferimento a un’umanità che di appello a ricordarsi dei poveri, tralasciando sa vivere in giustizia, fraternità, pace, dignità per tutti (cfr. EG 180). Ecco perché la chiesa cattolica non può accontentarsi di insegnare dottrine, ma deve essere esperienza di immersione in tutto ciò che è umano. Da qui deriva la partecipazione dei credenti e dei pastori al confronto pubblico, in nome dell’uomo e non per acquisire una rilevanza sociale, per contribuire alla costruzione di un mondo migliore e non per esercitare un’egemonia etica (cfr. EG 182-183). Il punto di riferimento è l’insegnamento sociale della chiesa cattolica, ma con una specificazione decisiva: «né il Papa né la Chiesa posseggono il monopolio dell’interpretazione della realtà ecclesiale o della proposta di soluzione per i problemi contemporanei. Posso ripetere qui ciò che lucidamente indicava Paolo VI: “Di fronte a situazioni tanto diverse, ci è difficile pronunciare una parola unica e proporre una soluzione di valore universale. 17
però di mettere in discussione il sistema che produce quella stessa povertà. La carità viene così circoscritta a un’elemosina che affronta le emergenze e tranquillizza la coscienza, ma lascia i poveri nella loro condizione. La predicazione cristiana ha spesso indebolito e tralasciato il significato diretto ed eloquente della tradizione biblica e patristica sui temi della fraternità e della giustizia, preferendo concentrarsi su un messaggio religioso in senso stretto: «Non preoccupiamoci solo di non cadere in errori dottrinali, ma anche di essere fedeli a questo cammino di vita e di sapienza. Perché “ai difensori dell’ortodossia si rivolge a volte il rimprovero di passività, d’indulgenza o di colpevoli complicità rispetto a situazioni di ingiustizia intollerabili e verso i regimi politici che le mantengono”» (EG 194; cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, istruzione Libertatis nuntius, 18). Questo avviene per il contagio alienante della mentalità consumistica che distoglie dal volto dell’altro (cfr. EG 196).
«Quante parole sono diventate scomode per questo sistema! Dà fastidio che si parli di etica, dà fastidio che si parli di solidarietà mondiale, dà fastidio che si parli di distribuzione dei beni, dà fastidio che si parli di difendere i posti di lavoro, dà fastidio che si parli della dignità dei deboli, dà fastidio che si parli di un Dio che esige un impegno per la giustizia. Altre volte accade che queste parole diventino oggetto di una manipolazione opportunista che le disonora» (EG 202). Non si può confidare solo sulle forze cieche del mercato, anche perché di per sé non esistono. La realtà è fatta di relazioni che possono rispondere solo a criteri di potere e interesse, oppure essere in qualche modo orientate e regolate. È il compito della politica, che declina la carità a misura del bene comune, a patto che sappia assumere uno sguardo più alto del tornaconto personale, delle lotte di parte e dei calcoli elettorali (cfr. EG 204206). Tutto ciò non può essere ignorato dalle comunità cristiane, se non vogliono cadere preda di una mondanità spirituale mascherata da pratiche religiose e discorsi vuoti (cfr. EG 207).
Papa Francesco chiude questa sezione del capitolo segnalando alcune fragilità di cui avere particolarmente cura ai nostri giorni: i migranti, da accogliere nella ricerca di nuove sintesi culturali, le vittime delle tratte, le donne che in quanto tali sono doppiamente svantaggiate, i nascituri, senza Se assumere il punto di vista dei poveri corri- dimenticare le situazioni che spingono molte masponde allo stile di Dio che manifesta una speciale dri a cercare l’aborto, e l’insieme del creato di cui predilezione per loro e si è fatto povero e servo per siamo custodi (cfr. EG 209-216). tutti noi, la chiesa deve assumere un’opzione per Un altro aspetto della portata sociale del Vangelo i poveri: essere chiesa povera e per i poveri che sa è il suo essere seme di pace, a patto di intenderla anche imparare da loro, lasciarsi evangelizzare, non solo come assenza di conflitti, che può avvenire dal momento che la loro condizione gli permette quando un parte si impone sulle altre (cfr. EG 217di accedere a una propria sapienza nel conoscere 218). La pace è una condizione per il conseguimenDio e la realtà fuori dal condizionamento illu- to del bene comune, quando scaturisce dallo svisorio del benessere (cfr. EG 198). Tornano qui le luppo integrale di tutti. Altrimenti, non si fa altro istanze maturate negli anni del Vaticano II attorno che creare i presupposti di nuove forme di violenza, a personalità come Helder Camara a lungo lasciate come attesta la storia recente (cfr. EG 219). nel silenzio, e che hanno dato impulso all’elaboraBergoglio propone quattro principi, ispirati alla zione della teologia della liberazione. Senza l’opdottrina sociale della chiesa, per la costruzione di zione per i poveri, l’annuncio del Vangelo è svuouna convivenza pacifica orientandosi tra le tensioni tato di significato (cfr. EG 199). che attraversano la vita della società (cfr. EG 221). Sul piano della posizione della chiesa nel confronto pubblico, ciò si traduce in una contestazione dell’i- 1- Il tempo è superiore allo spazio: significa lavoniquità che è alla radice di tutti i mali sociali e rare a lunga scadenza, senza dare la precedenza si deve all’autonomia assoluta dei mercati e della ai risultati immediati e preoccupandosi di iniziare speculazione finanziaria: il profitto per il profitto, processi, più che occupare spazi (cfr. EG 222-225). il primato del profitto sulla persona, è il nome di 2- L’unità prevale sul conflitto: quest’ultimo non va ignorato ma accettato, a patto di trasformarlo questa iniquità (cfr. EG 202). in anello di collegamento a un nuovo processo che conservi tutti i beni in gioco (cfr. EG 226-230). 18
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3- La realtà è più importante dell’idea: le elaboraIl capitolo finale dell’Evangelii Gaudium zioni concettuali aiutano a comprendere meglio la (nn. 259-288) a una lettura superficiale realtà, ma non possono adattarla a forza nei propri può apparire addirittura superfluo. Non schemi, o degenerano in ideologie (cfr. EG 231-233). ci sono infatti orientamenti, proposte, pro4- Il tutto è superiore alla parte: vuol dire saper ri- spettive che guardano alla concretezza. Eppure, è conoscere e perseguire il bene più grande che porta un capitolo indispensabile e determinante. benefici a tutti e tiene conto di tutti (cfr. EG 234-237). Pochi anni fa, Enzo Bianchi lanciava un allarme «L’evangelizzazione implica anche un cammino di sullo scollamento tra realtà ecclesiale e vita spiridialogo» (EG 238). È la sezione finale del capitolo (nn. tuale: «Oggi, l’ambito ecclesiale non è più sentito come 238-257) che torna su una delle grandi svolte del Va- scuola che introduce all’arte della “vita in Cristo”: la ticano II: in una società pluralista la chiesa deve es- chiesa è divenuta sempre più ministra di parole etiche, sere capace di un dialogo aperto e senza preconcetti. sociali, politiche, economiche, e sembra aver smarrito Non per strategia, ma perché è un’espressione intima l’uso del suo messaggio proprio… È invalsa l’idea che la e indispensabile della fede cristiana. vita cristiana corrisponda a un impegno sociale, a uno È la questione, ancora da approfondire e sviscera- stile di vita genericamente altruista, tanto che la “vita re, del valore teologico del dialogo. L’esortazione in- ecclesiale” è ormai sinonimo di attività organizzativa e dica varie soglie, che ripercorriamo brevemente. pastorale, non di luogo capace di iniziare alla vita umana L’annuncio del Vangelo della pace (cfr. Ef 6,15) è il e spirituale». In questo modo la trasmissione della dialogo consistente nella collaborazione con le autori- fede diviene un atto catechetico, nel senso deteriotà nazionali e internazionali in vista del bene comune re di insegnamento dottrinale, più che iniziazione (cfr. EG 239). Entro uno Stato e una società particolari a un’esperienza autentica di conoscenza del Signoè dialogo con le diverse forze sociali, proponendo con re nella fede. La spiritualità degenera perciò in intichiarezza i valori fondamentali dell’esistenza umana, mismo e individualismo che è in realtà spiritualismo. ma senza pretendere di risolvere tutte le singole que- Il rinnovamento della chiesa viene così reso evanestioni (cfr. EG 240). scente. C’è chi dice che le strutture non sono decisive, C’è poi il dialogo con la ragione e con le scienze, perché la vera riforma è interiore. Però, questa divencon cui la fede non si sente in opposizione, come ri- ta una scusa per non cambiare mai nulla. Francesco è cerca di nuovi orizzonti del pensiero nel rispetto reci- deciso nel respingere lo spiritualismo intimista (cfr. EG 262): questa religiosità disincarnata è all’opposto proco (cfr. EG 242-243). della fede cristiana in cui Gesù è narrazione del Dio Il dialogo ecumenico è un apporto all’unità della fa- che abita l’umano(cfr. EG 259). miglia umana, cogliendo come un dono quello che lo Impegno e preghiera stanno insieme; azione e conSpirito ha seminato nei fratelli separati (cfr. EG 244-246). templazione sono i due poli tra cui si situa l’esistenza Tra le altre religioni, un posto speciale ha l’ebraismo, cristiana. «Occorre sempre coltivare uno spazio inla cui Alleanza con Dio non è mai stata revocata, e con teriore che conferisca senso cristiano all’impegno e cui esiste una ricca complementarietà nella lettura dei all’attività» (EG 260). testi biblici in comune con la tradizione cristiana (cfr. EG 247-248). Nel rapporto con ogni religione, l’ascolto Nel capitolo sono presentate alcune motivazioni e reciproco può essere occasione di purificazione e ar- suggerimenti spirituali. Non è il papa in quanto auricchimento, che non si oppone all’evangelizzazione, torità che parla; bensì il credente in ascolto della Pama ha particolare importanza la relazione con l’Islam: rola di Dio, il peccatore a cui il Signore ha guardato. è importante assicurare la libertà dei cristiani vittime I tentativi di collocare Bergoglio nello schema “condel fondamentalismo violento, distinguendolo dal vero servatori-progressisti”, per “arruolarlo” dalla propria Islam e da un’adeguata interpretazione del Corano che si oppone a ogni violenza (cfr. EG 247-253). In ogni religione si trovano canali suscitati dallo Spirito che incoraggiano il cammino verso Dio (cfr. EG 254). Infine, c’è il dialogo che nasce dalla vicinanza con tutti i ricercatori sinceri di verità, bontà, bellezza e giustizia, anche se non si riconoscono in una fede religiosa, in cui si possono mettere in comune le rispettive scoperte (cfr. EG 257). 19
La mentalità religiosa del sacro tende alla separazione, la logica del Vangelo, invece, all’incontro. «Può essere missionario solo chi si sente bene nel cercare il bene del prossimo, chi desidera la felicità degli altri. Questa apertura del cuore è fonte di felicità, perché “si è più beati nel dare che nel ricevere” (At 20,35). Non si vive meglio fuggendo dagli altri, nascondendosi, negandosi alla condivisione, se si resiste a dare, se ci si rinchiude nella comodità. Ciò non è altro che un lento suicidio» (EG 272). Ognuno è degno di attenzione, inIl punto di partenza è il credere all’amore (cfr. 1 Gv dipendentemente dal suo aspetto, dalle sue capacità, 4,16), che non è un generico senso di fascino e timore dalle sue convinzioni (cfr. EG 274). sacro per Dio. Dio nessuno l’ha mai visto (cfr. Gv 1,18; 1 Gv 4,12); è l’uomo Gesù che ci ha raccontato il suo amo- È un atteggiamento libero, gratuito, senza calcoli e re: l’evangelizzatore è un contemplativo del Vangelo, senza pretese, che non guarda anzitutto al risultato, lì ha trovato una fiducia fondamentale che lo umaniz- anche a costo i patire il fallimento e l’incomprensioza, la orienta a una vita rinnovata (cfr. EG 264). ne perché si fonda sulla fede nel Signore che è risorto, Il cristiano che evangelizza, perché prima si è la- passando però per la morte (cfr. EG 275). sciato evangelizzare, è colui che ha assimilato lo stile di Gesù, l’unità profonda della sua persona e della La fiducia del cristiano è paziente, tenace, non conta su un potere della chiesa, ma sulla forza umile e nasua esistenza. scosta del Regno di Dio che è come il seme che cresce «Tutta la vita di Gesù, il suo modo di trattare i po- senza che dipenda dal contadino, come il lievito che fa veri, i suoi gesti, la sua coerenza, la sua generosità fermentare la pasta, come il grano che cresce in mezzo quotidiana e semplice, e infine la sua dedizione tota- alla zizzania. I segni ci sono, ma sono visibili solo allo le, tutto è prezioso e parla alla nostra vita personale» sguardo contemplativo della fede, educato dalla pre(EG 265) ghiera (cfr. EG 278-279). Era l’arte educativa di Gesù: mettersi a questa scuo- Gli altri sono portati dentro lo spazio della preghiera: la significa cercare quel che lui cerca, amare quel che lo sguardo contemplativo non li vede come avversari lui ama e corrisponde alle nostre più originarie e pro- o come terra di conquista, ma li porta nel cuore (cfr. fonde necessità umane (cfr. EG 265-267). Tutta la sua Fil 1,7), intercede per loro, rende grazie per loro (cfr. vita è stata un “uscire da sé” verso gli altri, a comincia- EG 281-282). La mentalità mondana cerca di possedere dal guardarli con attenzione e amore. «Il donarsi di re l’altro e di dominarlo, altrimenti lo vuole eliminare; Gesù sulla croce non è altro che il culmine di questo la mentalità evangelica vede l’altro come un dono per stile che ha contrassegnato tutta la sua esistenza» (EG cui ringraziare. 269). È ponendosi alla sequela del Signore che i cristiani si riconoscono come popolo e sono fedeli alla terra, L’icona biblica di queste disposizioni spirituali è Masolidali con tutti gli uomini di cui condividono gioie ria, che è madre della fede, a cui è dedicato il finale e speranze, tristezze e angosce, nell’impegno comune dell’esortazione (nn. 284-288). Un’icona femminile in per la costruzione di un mondo migliore (cfr. Concilio una chiesa in cui ha prevalso l’impronta maschile e che dovrebbe invece acquisire uno stile mariano. Quel che Vaticano II, Gaudium et spes, 1). più conta per Maria non sono privilegi, prodigi, opNel rapporto con il mondo, perciò, i cristiani non posizioni, presunte rivelazioni, bensì l’atteggiamento guardano l’altro dall’alto in basso; sono invitati a ren- spirituale che ha contraddistinto la sua vicenda, tutta dere ragione della propria speranza con dolcezza e intrecciata con quella del suo figlio e Signore. rispetto, vivendo in pace con tutti (cfr. 1 Pt 3,16; Rm 12,18), non come nemici che puntano il dito e condan- «Ella è la donna di fede che cammina nella fede. (..) Ella nano. «Questa non è l’opinione di un papa, né un’op- si è lasciata condurre dallo Spirito, attraverso un itizione pastorale tra altre possibili; sono indicazioni nerario di fede, verso un destino di servizio e fecondità. della Parola di Dio così chiare, dirette ed evidenti che (…) In questo pellegrinaggio di evangelizzazione non mancano le fasi di aridità, di nascondimento e persino non hanno bisogno di interpretazioni» (EG 271). di una certa fatica, come quello che visse Maria negli Per Francesco tutto nella chiesa, anche il ministe- anni di Nazaret, mentre Gesù cresceva» (EG 287). ro del papa, richiede innanzitutto fedeltà al Vangelo. È detto per chi sacralizza l’istituzione e la gerarchia Maria donna della terra, dunque, di una fiducia facendoli diventare fine piuttosto che strumento. E vissuta nelle contraddizioni della sua storia, prima anche per chi vede l’essere cristiani come contrappo- che donna del cielo. A lei Francesco si rivolge, al sizione al mondo e alla storia che sono invece bene- termine del documento, presentando la svolta che detti da Dio, mentre la Scritture respinge in realtà la attende la chiesa. mondanità, la mentalità anti-evangelica che Gesù con- “Dacci la santa audacia di cercare nuove strade dannava con parole dure rivolte proprio agli uomini perché giunga a tutti il dono della bellezza che non religiosi. si spegne” (EG 288). parte, risentono di una visione di chiesa intesa come luogo di lotta e di potere. È in fondo lo stesso errore degli apostoli che, durante l’ultima cena, discutevano su chi di loro fosse il più grande (cfr. Lc 22,24-27). Ogni autentica fedeltà alla tradizione e ogni autentica riforma della chiesa non sono altro che docilità al Vangelo. È da lì che nascono i più importanti gesti e parole di questo papa. C’è una “trama evangelica” nella quale sono intessuti.
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DOPO L’ANNO SANTO
CHIUSO IL GIUBILEO
SI APRE L’ETÀ DELLA MISERICORDIA
La Chiesa del Vangelo dev’essere «accogliente, libera, fedele, povera per mezzi e ricca di amore, missionaria», ha detto papa Francesco. E fedele a un Dio che non ha nemici ma solo figli. Da amare fino in fondo.
N
on giudica, non condanna, non divide, non oppone. Papa Francesco ha ribadito cosa deve fare la Chiesa, non la “sua” Chiesa, ma la Chiesa del Vangelo. Tra sabato e domenica ha spiegato quando il volto della Chiesa è bello, poche righe per dire che si chiude il Giubileo, ma la misericordia non va in soffitta e le sue porte devono restare comunque aperte nel cuore di ognuno. Sono sei gli aggettivi che lucidano la Chiesa: «Accogliente, libera, fedele, povera per mezzi e ricca di amore, missionaria». Domenica era la festa di Cristo Re, festa del trionfo di Dio. Ma quale Dio? Non un Dio severo, che condanna attraverso la mano della Chiesa. E neppure un Dio che divide il mondo tra gli eletti e i dannati, perché non ha nemici. Sono gli uomini che dividono i buoni dai cattivi, demonizzano i nemici, ritenendoli complici del demonio, allo scopo di avere una “santa giustificazione” per sbaragliarli. Invece Dio, ha detto il Papa, ha solo figli e non vuole toglierseli di torno. Né ha aspettato per amare il mondo che tutti diventassimo buoni, o meno ingiusti o perfetti: «Nessuna mano sporca può impedire che Dio ponga in quella mano la vita che desidera regalarci». Ci sono in queste parole il riassunto e l’eredità del Giubileo e insieme le regole per aprire l’età della misericordia. Francesco ha indicato il passo e guida il cammino, ma non perché è il migliore o il più sapiente. È convinto che siamo un po’ in ritardo, tutti, lui compreso. È preoccupato da chi ritiene la polarizzazione dei conflitti, cioè la divisione del mondo in buoni e cattivi, il modo
più semplice per trovare una soluzione. Lo angosciano i muri e gli elenchi dei buoni cristiani. Lo inquieta l’idea che il Vangelo debba aver bisogno del potere o addirittura della spada, come è accaduto, per essere diffuso. Ha deciso di fare un Giubileo mai fatto con diecimila Porte Sante per tornare all’essenziale e per spiegare che la regalità di Cristo è “paradossale “ niente corona, niente gloria, niente terre, niente sudditi, perché i cristiani non sono i sudditi di Dio. Ma soprattutto lo ha fatto per mettere tutti, lui compreso, davanti allo specchio del Vangelo, per misurare quanto siamo, spesso, ipocriti. Non si è frenato nemmeno nell’uso delle parole, nemmeno nei gesti. È andato a Lesbo a prendere profughi, ha incontrato i preti sposati, ha pregato con i luterani, tanto per dirne tre. C’è chi lo contesta e si sfinisce per smentirlo. Non è un mistero. C’è chi arriva a mettere in dubbio la sua fedeltà. Ma lui va avanti. E noi?
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«NESSUNA MANO SPORCA PUÒ IMPEDIRE CHE DIO PONGA IN QUELLA MANO LA VITA CHE DESIDERA REGALARCI».
Da non perdere: la Lettera Apostolica di papa Francesco "Misericordia et misera", è allegata nelle pagine centrali di questo notiziario.
DOPO LA CHIUSURA DEL GIUBILEO
Misericordia una sfida che dura per sempre
NELLE PAGINE CENTRALI DI QUESTO NOTIZIARIO E’ RIPORTATA LA LETTERA DEL PAPA “MISERICORDIA ET MISERA”, IL TESTO POSTGIUBILARE CHE INTRODUCE LA GIORNATA MONDIALE DEI POVERI di monsignor Rino Fisichella
M
isericordia et misera: in due parole papa Francesco raccoglie e sintetizza l’intera esperienza del Giubileo. Nello stesso tempo, comunque, indica alla Chiesa il cammino necessario da proseguire perché la misericordia non appaia come una bella parentesi nella vita della comunità cristiana. L’icona che il Papa propone è certamente suggestiva. ll racconto dell’evangelista Giovanni è conosciuto: una donna colta in adulterio viene condotta da Gesù perché esprima il suo giudizio. Il silenzio di Gesù che si china a scrivere per terra non è compreso; dopo l’insistenza degli interlocutori, ecco la sua parola: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei» (Gv 8,7). Tutti se ne andarono e rimasero solo loro due: la donna e Gesù; nelle parole di Agostino: la misera e la misericordia. In qualsiasi modo Gesù avesse risposto ai farisei, avrebbero avuto di che accusarlo. Agostino se ne fa interprete acuto: «Se egli
ordinerà che venga lapidata, non darà prova di mansuetudine; se deciderà che venga rilasciata, non salverà la giustizia». La misericordia di Gesù invece ha la meglio su tutto. Con questa icona, papa Francesco offre una forte provocazione riguardo al comportamento da avere dinanzi al peccatore di ogni tempo. Egli spinge a cogliere la verità più profonda che è contenuta nel racconto evangelico: Dio si accompagna sempre a quanti hanno bisogno della sua vicinanza e del suo amore. Non il giudizio di condanna nelle parole di Gesù, ma la profonda esperienza della misericordia che salva, restituendo una nuova vita. La misericordia è realmente la medicina che sana le ferite; l’olio del Buon samaritano che si prende cura perché nessuno rimanga sul ciglio della strada solo e ferito (cfr. Luca 10,25-37). Non l’astrazione sul peccato né una teoria della misericordia, ma il peccatore e Cristo con la sua Chiesa sono la concreta im22
magine che viene offerta in queste pagine della Lettera apostolica. La peccatrice non ha nome, e proprio per questo si identifica con ognuno di noi; il volto buono e la voce pacata e convincente di Cristo, come risulta dal racconto evangelico, sono gli stessi che ogni sacerdote è chiamato a fare suoi, perché l’incontro nel sacramento della riconciliazione possa concretamente essere percepito come momento tangibile di gratuita misericordia. «La Chiesa vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia» (MV 10) rimarrà, quindi, come l’espres sione culminante che ogni giorno richiede di essere resa visibile e concreta nella celebrazione del sacramento della riconciliazione. Le pagine di Misericordia et misera, comunque, delineano un percorso pastorale che aiuta la vita quotidiana della comunità cristiana a conservare la ricchezza del Giubi leo della misericordia. Ci sono, an zitutto, delle novità che fanno com prendere l’ansia pastorale di papa Francesco. In primo luogo, il man
dato ai Missionari della misericordia che viene prolungato per un ulteriore periodo oltre l’Anno giubilare. Molti hanno avuto la possibilità di toccare con mano l’azione dei Missionari. La loro predicazione e soprattutto le in tere giornate spese nel confessionale hanno permesso di comprendere che l’amore e il perdono di Dio non co noscono limiti. Non importa quanto tempo sia trascorso dal peccato; ciò che im porta è che Dio non si è stancato di attendere il ritorno del figlio. La raccomandazione ai sacerdoti per ché «mettano la loro vita a servizio del “ministero della riconciliazio ne”» (MM 11) in modo che nessu no si senta estraneo al perdono del Padre è un pressante invito a ricu perare nella prassi pastorale il posto centrale che compete al sacramento del perdono. In questo stesso orizzonte è ne cessario porre il cambio significati vo che la Lettera apostolica apporta nei confronti dell’assoluzione del peccato di aborto. Il Papa con la sua autori tà estende a ogni sacerdote, senza più alcun vincolo, la facol tà di assolvere da questo peccato, pur ribadendo con tutte la forze «che l’aborto è un grave peccato, perché pone fine a una vita inno-
cente» (MM 12). La stessa consi derazione vale per il prolungamen to delle facoltà ai sacerdoti della Fraternità San Pio X. Nessun fedele deve trovare alcun ostacolo nel mo mento in cui, con il cuore sincera mente pentito, desidera incontrare la misericordia di Dio. Pastoralmente, viene offerta l’iniziativa delle 24 ore per il Signore, che già in molte par rocchie viene celebrata come segno tangibile di un momento grande di riconciliazione proprio nel periodo quaresimale. Un’originale iniziativa viene inol tre lanciata dal Papa: la Giornata mondiale dei poveri (MM 21). Dopo l’esperienza del Giubileo delle per sone socialmente escluse, il Papa ha pensato che la Chiesa debba vivere almeno un giorno dell’anno in cui il proprio sguardo sia focalizzato sui po veri. Tutto il Pontificato di papa Fran cesco è avvolto in questo impegno per i più poveri e non può meravigliare che durante la celebrazione eucari stica di domenica 13 novembre abbia avuto questa ulteriore intuizione pro fetica. «I poveri li avete sempre con voi»: il tempo è al presente. La storia della Chiesa non può vi vere rinchiusa nel passato né in un futuro ipotetico. Confrontarsi con le nuove e perenni forme di povertà è un
«dovere evangelico» che la impegna a vivere del «diritto evangelico» verso i privilegiati del Signore Gesù (Omelia di papa Francesco al Giubileo delle persone socialmente escluse). Vivere la misericordia, pertanto, come una sfida permanente dinanzi alle sempre nuove povertà equivale a cogliere l’inesauribile espressivi tà della misericordia che con i suoi molteplici volti permette a chiunque di sentire la vicinanza e la conso lazione di Dio. Una sfida per resti tuire dignità a quanti ne sono stati privati, rendendoli nudi e soli, privi del necessario per vivere e condurre un’esistenza umana degna di questo nome. È il «carattere sociale» della misericordia che consente un impe gno nella Chiesa e nel mondo, per trasformare e finalizzare tutto in vi sta del rinnovamento finale. I due pilastri su cui leggere il testo postgiubilare di papa France sco sono «celebrare» e «vivere» la misericordia. Le nostre comunità troveranno in questa riflessione del Papa un’abbondanza di suggestioni per continuare a rendere feconda l’azione trasformatrice della mise ricordia. Merita ricordare tra l’al tro il richiamo del Papa: «Sarebbe opportuno che ogni comunità, in una domenica dell’anno liturgico,
L'ABBRACCIO DEL MONDO piazza San Pietro durante la celebrazione
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potesse rinnovare l’impegno per la diffusione, la conoscenza e l’ap profondimento della Sacra Scrittu ra: una domenica dedicata interamente alla Parola di Dio, per comprendere l’inesauribile ricchezza che proviene da quel dialogo costante di Dio con il suo popolo» (MM 7). Una festa della Parola di Dio, quindi, che permetta di man tenere vivo il desiderio di conoscere sempre più la Sacra Scrittura, e farla conoscere come Parola che dà senso all’esistenza. «Questo è il tempo della misericor dia». L’espressione ripetuta più volte (cfr. n. 21) apre il cuore alla speranza perché quanto è stato vissuto nel cor so straordinario di un Anno giubilare possa concretamente restituire allo stile di vita dei cristiani la sua forza propulsiva di credibilità. Una genui na tappa di nuova evangelizzazione perché Gesù Cristo possa di nuovo attrarre tutti a sé con la forza del suo
infinito amore e la testimonianza dei credenti. Misericordia et misera giunge in un momento propizio per la vita della Chiesa. La ricchezza dell’An no Santo ha permesso in tutte le co munità di ritrovare l’entusiasmo e la misericordia è tornata con ragione al centro. Il desiderio di papa Francesco perché la misericordia scacci la tristezza e riempia di gioia è più che un augurio; è un impegno rivol to ai credenti perché siano testimoni coerenti dei frutti operati dalla pre senza dello Spirito Santo: «Non rat tristiamo lo Spirito, che indica sem pre nuovi sentieri da percorrere per portare a tutti il Vangelo che salva» (MM 5). È significativo anche il ri chiamo di papa Francesco al silenzio come «momento di forza e di amore» (MM 13), perché spesso la volontà di dire tutto, diventa un ostacolo per co gliere l’essenza della vicinanza della condivisione e del dolore. La mi
sericordia, insomma, come uno stile di vita quotidiano. È suggestivo e di forte impegno infine il richiamo alla centralità della famiglia che il Papa descrive, facendo da eco ad Amoris laetitia, perché non si dimentichi che «ognuno porta con sé la ricchezza e il peso della propria storia» (MM 14). Un’osservazione che impone soprattutto al sacerdote di compiere un profondo discernimento, perché nessuno si senta escluso dalla comu nità cristiana. Il cammino postgiubilare, dun que, diventa quello di costruire una «cultura della misericordia» non in astratto, ma percorrendo quotidiana mente la «via della misericordia». È, ancora una volta, la sollecitazione a non tenere solo per sé l’esperienza della misericordia, che sarebbe ste rile, ma a parteciparla per imprimere al prossimo futuro una nota di vera speranza.
L’OMELIA DI PAPA FRANCESCO
«UNA CHIESA ACCOGLIENTE, POVERA E MISSIONARIA»
SI CHIUDE LA PORTA SANTA, MA <<RIMANE SEMPRE SPALANCATA LA VERA PORTA DELLA MISERICORDIA, CHE È IL CUORE DI CRISTO>>
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hiude la Porta della Misericor dia della basilica di San Pietro con una cerimonia semplice. Acco sta lui stesso i battenti, mentre invi ta a continuare il cammino. Prega in silenzio, nessun rito speciale. I can tori della Cappella Sistina intonano l’antifona di Isaia: “O chiave di Davide, scettro della casa di Israe-
le, che apri e nessuno può chiudere, chiudi e nessuno può aprire: vieni, libera l’ uomo prigioniero, che giace nelle tenebre e nell’ombra della morte’: E si capisce già tutto. Adesso che la porta è chiusa il Papa l’osserva per qualche istante e poi si dirige sul sagrato della basilica. Comincia l’età della misericordia. 24
Per papa Francesco il Giubileo non finisce. Lo spiega nell’omelia: «Anche se si chiude la Porta San ta, rimane sempre spalancata per noi la vera porta della misericordia, che è il Cuore di Cristo. Dal costato squarciato del Risorto scaturiscono fino alla fine dei tempi la misericor dia, la consolazione e la speranza».
È la via dei giorni a venire, che ri capitola il senso del Giubileo, aper to con un segno decisivo in realtà a Bangui il 29 novembre 2015 nel Centrafrica della guerra civile, dove gli sconsigliarono perfino di anda re, diventata, disse quel giorno, «la capitale spirituale del mondo». L’arcivescovo di Bangui, monsi gnor Dieudonné Nzapalainga, lo ha fatto cardinale. Lui la Porta Santa non l’ha chiusa perché è l’unica che c’è nella sua cattedrale di mattoni rossi. Resta spalancata nel cuore dell’Africa, porta unica ed essen ziale come deve essere il volto della Chiesa. Bergoglio invita a trovare «il centro», a «tornare all’essen ziale», volto bello di una Chiesa che è «accogliente, libera, fedele, povera per mezzi e ricca di amore, missionaria». Spiega cosa non va bene: «Quan te volte, anche tra noi, si sono ricer cate le appaganti sicurezze offerte dal mondo, quante volte siamo sta ti tentati di scendere dalla croce». Quante volte «la forza di attrazione del potere e del successo è sembrata una via facile e rapida per diffondere il vangelo, dimenticando in fretta come opera il
Regno di Dio». È una bella lezione che viene dal Papa latinoamericano, che viene dal continente dove più di ogni altro luogo il Vangelo è stato diffuso sulla punta della spada, e per questo i Papi hanno chiesto per dono. La misericordia invece, ha argo mentato papa Francesco, «ci esorta anche a rinunciare ad abitudini e consuetu dini che possono ostaco lare il servizio al Regno di Dio». Dunque «il nostro orientamento» va cercato «solo nella perenne e umile regalità di Cristo, non nell’a deguamento alle precarie regalità e ai mutevoli poteri di ogni epoca». Sta in questo aggettivo, “peren ne” la ragione ultima del perché il Giubileo non è finito domenica 20 novembre 2016. Ma è una regalità «paradossale», aggiunge il papa, perché Cristo sulla croce «sembra più un vinto che un vincitore». Papa Francesco spiega il para dosso mettendo in fila i simboli di una regalità deragliata almeno agli occhi del mondo: per trono una cro ce, per corona le spine, per scettro una canna, niente abiti sontuosi e anelli luccicanti, mani trafitte dai chiodi, e perfino venduto per tren
ta denari. Poche parole per indicare quale è la vera potenza dell’amore messa in campo da colui che alla sua epoca passava per un eccen trico, se non un pazzo: «Non ci ha condannati, non ci ha nemmeno conquistati, non ha mai violato la nostra libertà, ma si è fatto strada con l’amore umile che tutto scusa, tutto spera, tutto sopporta». E sottolinea: «Solo questo amore ha vinto e continua a vincere i no stri grandi avversari: il peccato, la paura e la morte». Ma quale atteg giamento occorre avere per cammi nare insieme a Cristo e al Vangelo? Il papa spiega che non bisogna stare alla finestra, ma nemmeno credere che con la potenza e la superiorità delle sicurezze offerte dal mondo si vinca la sfida. È un errore che spes so ha fatto la Chiesa quando ha cer cato di strutturare regimi di cristia nità mirando al successo e al potere. Invece bisogna fare come uno dei ladroni crocefissi: «Semplicemente guardando Gesù ha creduto nel suo regno». È il senso della misericor dia ed è la ragione per cui il Giubi leo continua.
11-13 novembre 2016 GIUBILEO EMARGINATI che ha visto a San Pietro con il Papa oltre 6mila poveri e clochard da 22 diverse nazioni
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riprendiamo in mano la
LADUATO SI’ “Laudato si’, mi Signore, per sora nostra madre terra” “Laudato sì, lettera enciclica sulla cura della casa comune”, così Papa Francesco titola l’Enciclica che ci porta a riflettere su temi che riguardano il CREATO che Dio ha consegnato all’uomo con l’impegno di custodirlo, curarlo, rispettarlo. Un gruppo di persone della comunità (Commissione Culturale parrocchiale, Scuola don Orione, Acli Botticino) sensibile a questo argomento si è trovato per riflettere su come portare a conoscenza l’Enciclica e proporre iniziative orientate a mettere l’attenzione verso la tutela e la salvaguardia della NATURA. Chi ci accompagnerà nel percorso che andremo ad attuare sarà don Gabriele Scalmana,incaricato diocesano sulla ”Pastorale del Creato”; esperto conoscitore delle problematiche ambientali della nostra provincia e attento a stimolare i singoli e le comunità Cristiane a essere rispettosi e amanti del CREATO TUTTO.
INCONTRI E INIZIATIVE Le proposte di incontro con don Scalmana saranno rivolte in modo particolare agli Operatori Pastorali delle tre parrocchie di Botticino. Nel terzo ed ultimo appuntamento si porrà specifica attenzione all’aspetto educativo invitando anche insegnanti, genitori e a quanti hanno a cuore questa realtà. In GENNAIO e FEBBRAIO ore 20,30 presso teatro oratorio Botticino Mattina mercoledì 18 Gennaio UNA CULTURA e UNA POLITICA per L’AMBIENTE mercoledì 1 Febbraio: LE RAGIONI CRISTIANE PER L’ECOLOGIA mercoledì 8 Febbraio: EDUCAZIONE e SPIRITUALITA’ ECOLOGICA Anche per il Carnevale il tema sarà legato a questo argomento, convinti che anche il gioco e la maschera siano mezzi per conoscere e riflettere. Verranno proposti nelle scuole e nelle classi di catechismo laboratori i cui lavori saranno esposti durante la festa dell’Unità Pastorale insieme ad una mostra fotografica. Infine si concluderà tutto il percorso con una giornata dedicata al Creato con particolari iniziative e attività. “Laudato si’, mi Signore, per sora nostra madre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti fiori et herba”. San Francesco in questo bel cantico ci ricorda che la nostra casa comune è come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza e come una madre che ci accoglie tra le sue braccia. 26
Francesco a quanti leggeranno questa Lettera Apostolica misericordia e pace
LETTERA APOSTOLICA
Misericordia et misera DEL SANTO PADRE FRANCESCO
A CONCLUSIONE DEL GIUBILEO STRAORDINARIO DELLA MISERICORDIA 27
LETTERA APOSTOLICA
Misericordia et misera DEL SANTO PADRE FRANCESCO
A CONCLUSIONE DEL GIUBILEO STRAORDINARIO DELLA MISERICORDIA Francesco a quanti leggeranno questa Lettera Apostolica misericordia e pace Misericordia et misera sono le due parole che sant’Agostino utilizza per raccontare l’incontro tra Gesù e l’adultera (cfr Gv 8,1-11). Non poteva trovare espressione più bella e coerente di questa per far comprendere il mistero dell’amore di Dio quando viene incontro al peccatore: «Rimasero soltanto loro due: la misera e la misericordia».[1] Quanta pietà e giustizia divina in questo racconto! Il suo insegnamento viene a illuminare la conclusione del Giubileo Straordinario della Misericordia, mentre indica il cammino che siamo chiamati a percorrere nel futuro. 1. Questa pagina del Vangelo può a buon diritto essere assunta come icona di quanto abbiamo celebrato nell’Anno Santo, un tempo ricco di misericordia, la quale chiede di essere ancora celebrata e vissuta nelle nostre comunità. La misericordia, infatti, non può essere
una parentesi nella vita della Chiesa, ma costituisce la sua stessa esistenza, che rende manifesta e tangibile la verità profonda del Vangelo. Tutto si rivela nella misericordia; tutto si risolve nell’amore misericordioso del Padre. Una donna e Gesù si sono incontrati. Lei, adultera e, secondo la Legge, giudicata passibile di lapidazione; Lui, che con la sua predicazione e il dono totale di sé, che lo porterà alla croce, ha riportato la legge mosaica al suo genuino intento originario. Al centro non c’è la legge e la giustizia legale, ma l’amore di Dio, che sa leggere nel cuore di ogni persona, per comprenderne il desiderio più nascosto, e che deve avere il primato su tutto. In questo racconto evangelico, tuttavia, non si incontrano il peccato e il giudizio in astratto, ma una peccatrice e il Salvatore. Gesù ha guardato negli occhi quella donna e ha letto nel suo cuore: vi ha trovato il desiderio di essere capita, perdonata e liberata. La miseria del peccato è stata rivestita dalla misericordia dell’amore. Nessun giudizio da parte di Gesù che non fosse segnato dalla pietà e dalla compassione per la condizione della peccatrice. A chi voleva giudicarla e condannarla a morte, Gesù risponde con un lungo silenzio, che vuole lasciar emergere la voce di Dio nelle coscienze, sia della donna sia dei suoi accusatori. I quali lasciano cadere le pietre dalle mani e se ne vanno ad uno ad uno (cfr Gv 8,9). E dopo quel silenzio, Gesù dice: 28
«Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata? … Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più» (vv. 10-11). In questo modo la aiuta a guardare al futuro con speranza e ad essere pronta a rimettere in moto la sua vita; d’ora in avanti, se lo vorrà, potrà “camminare nella carità” (cfr Ef 5,2). Una volta che si è rivestiti della misericordia, anche se permane la condizione di debolezza per il peccato, essa è sovrastata dall’amore che permette di guardare oltre e vivere diversamente.
«Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata? … Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più»
2. Gesù d’altronde lo aveva insegnato con chiarezza quando, invitato a pranzo da un fariseo, gli si era avvicinata una donna conosciuta da tutti come una peccatrice (cfr Lc 7,36-50). Lei aveva cosparso di profumo i piedi di Gesù, li aveva baAll’origine di essa c’è l’amore con cui Dio ci viene incongnati con le sue lacrime e asciugati con i suoi capelli (cfr v. 37-38). Alla reazione scandalizzata del fari- tro, spezzando il cerchio di egoismo che ci avvolge, per seo, Gesù rispose: «Sono perdonati i suoi molti peccati, renderci a nostra volta strumenti di misericordia. perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona Come sono significative anche per noi le parole anpoco, ama poco» (v. 47). tiche che guidavano i primi cristiani: «Rivestiti di gioia Il perdono è il segno più visibile dell’amore del Pa- che è sempre gradita a Dio e gli è accetta. In essa si dre, che Gesù ha voluto rivelare in tutta la sua vita. diletta. Ogni uomo gioioso opera bene, pensa bene e Non c’è pagina del Vangelo che possa essere sottratta disprezza la tristezza [...] Vivranno in Dio quanti allona questo imperativo dell’amore che giunge fino al per- tanano la tristezza e si rivestono di ogni gioia».[2] Fare dono. Perfino nel momento ultimo della sua esistenza esperienza della misericordia dona gioia. Non lasciaterrena, mentre viene inchiodato sulla croce, Gesù ha mocela portar via dalle varie afflizioni e preoccupazioparole di perdono: «Padre, perdona loro perché non ni. Possa rimanere ben radicata nel nostro cuore e farci sanno quello che fanno» (Lc 23,34). guardare sempre con serenità alla vita quotidiana. Niente di quanto un peccatore pentito pone dinanzi In una cultura spesso dominata dalla tecnica, semalla misericordia di Dio può rimanere senza l’abbraccio brano moltiplicarsi le forme di tristezza e solitudine in del suo perdono. È per questo motivo che nessuno di cui cadono le persone, e anche tanti giovani. Il futuro noi può porre condizioni alla misericordia; essa rimane infatti sembra essere ostaggio dell’incertezza che non sempre un atto di gratuità del Padre celeste, un amore consente di avere stabilità. È così che sorgono spesso incondizionato e immeritato. Non possiamo, pertanto, sentimenti di malinconia, tristezza e noia, che lentacorrere il rischio di opporci alla piena libertà dell’amore mente possono portare alla disperazione. C’è bisogno con cui Dio entra nella vita di ogni persona. di testimoni di speranza e di gioia vera, per scacciare La misericordia è questa azione concreta dell’amore che, perdonando, trasforma e cambia la vita. È così che si manifesta il suo mistero divino. Dio è misericordioso (cfr Es 34,6), la sua misericordia dura in eterno (cfr Sal 136), di generazione in generazione abbraccia ogni persona che confida in Lui e la trasforma, donandole la sua stessa vita.
le chimere che promettono una facile felicità con paradisi artificiali. Il vuoto profondo di tanti può essere riempito dalla speranza che portiamo nel cuore e dalla gioia che ne deriva. C’è tanto bisogno di riconoscere la gioia che si rivela nel cuore toccato dalla misericordia. Facciamo tesoro, pertanto, delle parole dell’Apostolo: «Siate sempre lieti nel Signore» (Fil 4,4; cfr 1 Ts 5,16).
3. Quanta gioia è stata suscitata nel cuore di queste due donne, l’adultera e la peccatrice! Il perdono le ha fatte sentire finalmente libere e felici come mai prima. Le lacrime della vergogna e del dolore si sono trasformate nel sorriso di chi sa di essere amata. La misericordia suscita gioia, perché il cuore si apre alla speranza di una vita nuova. La gioia del perdono è indicibile, ma traspare in noi ogni volta che ne facciamo esperienza.
4. Abbiamo celebrato un Anno intenso, durante il quale ci è stata donata con abbondanza la grazia della misericordia. Come un vento impetuoso e salutare, la bontà e la misericordia del Signore si sono riversate sul mondo intero. E davanti a questo sguardo amoroso di Dio che in maniera così prolungata si è rivolto su ognuno di noi, non si può rimanere indifferenti, perché esso cambia la vita. 29
Sentiamo il bisogno, anzitutto, di ringraziare il Signore e dirgli: «Sei stato buono, Signore, con la tua terra […]. Hai perdonato la colpa del tuo popolo» (Sal 85,2-3). È proprio così: Dio ha calpestato le nostre colpe e gettato in fondo al mare i nostri peccati (cfr Mi 7,19); non li ricorda più, se li è buttati alle spalle (cfr Is 38,17); come è distante l’oriente dall’occidente così i nostri peccati sono distanti da lui (cfr Sal 103,12). In questo Anno Santo la Chiesa ha saputo mettersi in ascolto e ha sperimentato con grande intensità la presenza e vicinanza del Padre, che con l’opera dello Spirito Santo le ha reso più evidente il dono e il mandato di Gesù Cristo riguardo al perdono. È stata realmente una nuova visita del Signore in mezzo a noi. Abbiamo percepito il suo soffio vitale riversarsi sulla Chiesa e, ancora una volta, le sue parole hanno indicato la missione: «Ricevete lo Spirito Santo: a coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20,22-23). 5. Adesso, concluso questo Giubileo, è tempo di guardare avanti e di comprendere come continuare con fedeltà, gioia ed entusiasmo a sperimentare la ricchezza della misericordia divina. Le nostre comunità potranno rimanere vive e dinamiche nell’opera di nuova evangelizzazione nella misura in cui la “conversione pastorale” che siamo chiamati a vivere[3] sarà plasmata quotidianamente dalla forza rinnovatrice della misericordia. Non limitiamo la sua azione; non rattristiamo lo Spirito che indica sempre nuovi sentieri da percorrere per portare a tutti il Vangelo che salva.
In primo luogo siamo chiamati a celebrare la misericordia. Quanta ricchezza è presente nella preghiera della Chiesa quando invoca Dio come Padre misericordioso! Nella liturgia, la misericordia non solo viene ripetutamente evocata, ma realmente ricevuta e vissuta. Dall’inizio alla fine della celebrazione eucaristica, la misericordia ritorna più volte nel dialogo tra l’assemblea orante e il cuore del Padre, che gioisce quando può effondere il suo amore misericordioso. Dopo la richiesta di perdono iniziale con l’invocazione «Signore pietà», veniamo subito rassicurati: «Dio onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna». È con questa fiducia che la comunità si raduna alla presenza del Signore, particolarmente nel giorno santo della risurrezione. Molte orazioni “collette” intendono richiamare il grande dono della misericordia. Nel periodo della Quaresima, ad esempio, preghiamo dicendo: «Dio misericordioso, fonte di ogni bene, tu ci hai proposto a rimedio del peccato il digiuno la preghiera e le opere di carità fraterna; guarda a noi che riconosciamo la nostra miseria e poiché ci opprime il peso delle nostre colpe, ci sollevi la tua misericordia».[4] Siamo poi immersi nella grande preghiera eucaristica con il prefazio che proclama: «Nella tua misericordia hai tanto amato gli uomini da mandare il tuo Figlio come Redentore a condividere in tutto, fuorché nel peccato, la nostra condizione umana».[5] La quarta preghiera eucaristica, inoltre, è un inno alla misericordia di Dio: «Nella tua misericordia a tutti sei venuto incontro, perché coloro che ti cercano ti possano trovare». «Di noi tutti abbi misericordia»,[6] è la richiesta impellente che il sacerdote compie nella preghiera eucaristica per implorare la partecipazione alla vita eterna. Dopo il Padre Nostro, il sacerdote prolunga la preghiera invocando la pace e la liberazione dal peccato grazie all’«aiuto della tua misericordia». E prima del segno di pace, scambiato come espressione di fratellanza e di amore reciproco alla luce del perdono ricevuto, egli prega di nuovo: «Non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua Chiesa».[7] Mediante queste parole, con umile fiducia chiediamo il dono dell’unità e della pace per la santa Madre Chiesa. La celebrazione della misericordia divina culmina nel Sacrificio eucaristico, memoriale del mistero pasquale di Cristo, da cui scaturisce la salvezza per ogni essere umano, per la storia e per il mondo intero. Insomma, ogni momento della celebrazione eucaristica fa riferimento alla misericordia di Dio. 30
In tutta la vita sacramentale la misericordia ci viene donata in abbondanza. Non è affatto senza significato che la Chiesa abbia voluto fare esplicitamente il richiamo alla misericordia nella formula dei due sacramenti chiamati “di guarigione”, cioè la Riconciliazione e l’Unzione dei malati. La formula di assoluzione dice: «Dio, Padre di misericordia, che ha riconciliato a sé il mondo nella morte e risurrezione del suo Figlio, e ha effuso lo Spirito Santo per la remissione dei peccati, ti conceda, mediante il ministero della Chiesa, il perdono e la pace»[8] e quella dell’Unzione recita: «Per questa santa Unzione e la sua piissima misericordia ti aiuti il Signore con la grazia dello Spirito Santo».[9] Dunque, nella preghiera della Chiesa il riferimento alla misericordia, lungi dall’essere solamente parenetico, è altamente performativo, vale a dire che mentre la invochiamo con fede, ci viene concessa; mentre la confessiamo viva e reale, realmente ci trasforma. È questo un contenuto fondamentale della nostra fede, che dobbiamo conservare in tutta la sua originalità: prima di quella del peccato, abbiamo la rivelazione dell’amore con cui Dio ha creato il mondo e gli esseri umani. L’amore è il primo atto con il quale Dio si fa conoscere e ci viene incontro. Teniamo, pertanto, aperto il cuore alla fiducia di essere amati da Dio. Il suo amore ci precede sempre, ci accompagna e rimane accanto a noi nonostante il nostro peccato. 6. In tale contesto, assume un significato particolare anche l’ascolto della Parola di Dio. Ogni domenica, la Parola di Dio viene proclamata nella comunità cristiana perché il giorno del Signore sia illuminato dalla luce che promana dal mistero pasquale.[10] Nella celebrazione eucaristica sembra di assistere a un vero dialogo tra Dio e il suo popolo. Nella proclamazione delle Lettu-
re bibliche, infatti, si ripercorre la storia della nostra salvezza attraverso l’incessante opera di misericordia che viene annunciata. Dio parla ancora oggi con noi come ad amici, si “intrattiene” con noi[11] per donarci la sua compagnia e mostrarci il sentiero della vita. La sua Parola si fa interprete delle nostre richieste e preoccupazioni e risposta feconda perché possiamo sperimentare concretamente la sua vicinanza. Quanta importanza acquista l’omelia, dove «la verità si accompagna alla bellezza e al bene»,[12] per far vibrare il cuore dei credenti dinanzi alla grandezza della misericordia! Raccomando molto la preparazione dell’omelia e la cura della predicazione. Essa sarà tanto più fruttuosa, quanto più il sacerdote avrà sperimentato su di sé la bontà misericordiosa del Signore. Comunicare la certezza che Dio ci ama non è un esercizio retorico, ma condizione di credibilità del proprio sacerdozio. Vivere, quindi, la misericordia è la via maestra per farla diventare un vero annuncio di consolazione e di conversione nella vita pastorale. L’omelia, come pure la catechesi, hanno bisogno di essere sempre sostenute da questo cuore pulsante della vita cristiana. 7. La Bibbia è il grande racconto che narra le meraviglie della misericordia di Dio. Ogni pagina è intrisa dell’amore del Padre che fin dalla creazione ha voluto imprimere nell’universo i segni del suo amore. Lo Spirito Santo, attraverso le parole dei profeti e gli scritti sapienziali, ha plasmato la storia di Israele nel riconoscimento della tenerezza e della vicinanza di Dio, nonostante l’infedeltà del popolo. La vita di Gesù e la sua predicazione segnano in modo determinante la storia della comunità cristiana, che ha compreso la propria missione sulla base del mandato di Cristo di essere strumento permanente della sua misericordia e del suo perdono (cfr Gv 20,23). Attraverso la Sacra Scrittura, mantenuta viva dalla fede della Chiesa, il Signore continua a parlare alla sua Sposa e le indica i sentieri da percorrere, perché il Vangelo della salvezza giunga a tutti. È mio vivo desiderio che la Parola di Dio sia sempre più celebrata, conosciuta e diffusa, perché attraverso di essa si possa comprendere meglio il mistero di amore che promana da quella sorgente di misericordia. Lo ricorda chiaramente l’Apostolo: «Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia» (2 Tm 3,16). 31
Sarebbe opportuno che ogni comunità, in una domenica dell’Anno liturgico, potesse rinnovare l’impegno per la diffusione, la conoscenza e l’approfondimento della Sacra Scrittura: una domenica dedicata interamente alla Parola di Dio, per comprendere l’inesauribile ricchezza che proviene da quel dialogo costante di Dio con il suo popolo. Non mancherà la creatività per arricchire questo momento con iniziative che stimolino i credenti ad essere strumenti vivi di trasmissione della Parola. Certamente, tra queste iniziative vi è la diffusione più ampia della lectio divina, affinché, attraverso la lettura orante del testo sacro, la vita spirituale trovi sostegno e crescita. La lectio divina sui temi della misericordia permetterà di toccare con mano quanta fecondità viene dal testo sacro, letto alla luce dell’intera tradizione spirituale della Chiesa, che sfocia necessariamente in gesti e opere concrete di carità.[13]
9. Un’esperienza di grazia che la Chiesa ha vissuto con tanta efficacia nell’Anno giubilare è stato certamente il servizio dei Missionari della Misericordia. La loro azione pastorale ha voluto rendere evidente che Dio non pone alcun confine per quanti lo cercano con cuore pentito, perché a tutti va incontro come un Padre. Ho ricevuto tante testimonianze di gioia per il rinnovato incontro con il Signore nel Sacramento della Confessione. Non perdiamo l’opportunità di vivere la fede anche come esperienza di riconciliazione. «La-
8. La celebrazione della misericordia avviene in modo del tutto particolare con il Sacramento della Riconciliazione. È questo il momento in cui sentiamo l’abbraccio del Padre che viene incontro per restituirci la grazia di essere di nuovo suoi figli. Noi siamo peccatori e portiamo con noi il peso della contraddizione tra ciò che vorremmo fare e quanto invece concretamente facciamo (cfr Rm 7,14-21); la grazia, tuttavia, ci precede sempre, e assume il volto della misericordia che si rende efficace nella riconciliazione e nel perdono. Dio fa comprendere il suo immenso amore proprio davanti al nostro essere peccatori. La grazia è più forte, e supera ogni possibile resistenza, perché l’amore tutto vince (cfr 1 Cor 13,7).
sciatevi riconciliare con Dio» (2 Cor 5,20) è l’invito che ancora ai nostri giorni l’Apostolo rivolge per far scoprire ad ogni credente la potenza dell’amore che rende una «creatura nuova» (2 Cor 5,17). Esprimo la mia gratitudine ad ogni Missionario della Misericordia per questo prezioso servizio offerto per rendere efficace la grazia del perdono. Questo ministero straordinario, tuttavia, non si conclude con la chiusura della Porta Santa. Desidero, infatti, che permanga ancora, fino a nuova disposizione, come segno concreto che la grazia del Giubileo continua ad essere, nelle varie parti del mondo, viva ed efficace. Sarà cura del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione seguire in questo periodo i Missionari Nel Sacramento del Perdono Dio mostra la via della della Misericordia, come espressione diretta della mia conversione a Lui, e invita a sperimentare di nuovo la sollecitudine e vicinanza e trovare le forme più coerenti sua vicinanza. È un perdono che può essere ottenuto per l’esercizio di questo prezioso ministero. iniziando, anzitutto, a vivere la carità. Lo ricorda anche l’apostolo Pietro quando scrive che «L’amore copre una 10. Ai sacerdoti rinnovo l’invito a prepararsi con granmoltitudine di peccati» (1 Pt 4,8). Solo Dio perdona i de cura al ministero della Confessione, che è una vera peccati, ma chiede anche a noi di essere pronti al per- missione sacerdotale. Vi ringrazio sentitamente per dono verso gli altri, così come Lui perdona i nostri: «Ri- il vostro servizio e vi chiedo di essere accoglienti con metti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo tutti; testimoni della tenerezza paterna nonostante la ai nostri debitori» (Mt 6,12). Quanta tristezza quando gravità del peccato; solleciti nell’aiutare a riflettere sul rimaniamo chiusi in noi stessi e incapaci di perdonare! male commesso; chiari nel presentare i principi morali; Prendono il sopravvento il rancore, la rabbia, la ven- disponibili ad accompagnare i fedeli nel percorso penidetta, rendendo la vita infelice e vanificando l’impegno tenziale, mantenendo il loro passo con pazienza; lungimiranti nel discernimento di ogni singolo caso; generogioioso per la misericordia. si nel dispensare il perdono di Dio. Come Gesù davanti alla donna adultera scelse di rimanere in silenzio per 32
salvarla dalla condanna a morte, così anche il sacerdote nel confessionale sia magnanimo di cuore, sapendo che ogni penitente lo richiama alla sua stessa condizione personale: peccatore, ma ministro di misericordia.
scopra la vicinanza e la tenerezza del Padre che perdona. Non vanifichiamo questi momenti con comportamenti che possano contraddire l’esperienza della misericordia che viene ricercata. Aiutiamo, piuttosto, a illuminare lo spazio della coscienza personale con 11. Vorrei che tutti noi meditassimo le parole dell’Apostolo, scritte verso la fine della sua vita, quando a Timo- l’amore infinito di Dio (cfr 1 Gv 3,20). teo confessa di essere stato il primo dei peccatori, «ma Il Sacramento della Riconciliazione ha bisogno di appunto per questo ho ottenuto misericordia» (1 Tm ritrovare il suo posto centrale nella vita cristiana; per 1,16). Le sue parole hanno una forza prorompente per questo richiede sacerdoti che mettano la loro vita a provocare anche noi a riflettere sulla nostra esistenza servizio del «ministero della riconciliazione» (2 Cor e per vedere all’opera la misericordia di Dio nel cam5,18) in modo tale che, mentre a nessuno sinceramenbiare, convertire e trasformare il nostro cuore: «Rendo te pentito è impedito di accedere all’amore del Padre grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore che attende il suo ritorno, a tutti è offerta la possibilità nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia metdi sperimentare la forza liberatrice del perdono. tendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata Un’occasione propizia può essere la celebrazione dell’iniziativa 24 ore per il Signore in prossimità della IV domisericordia» (1 Tm 1,12-13). menica di Quaresima, che già trova molto consenso nelRicordiamo con sempre rinnovata passione pastora- le Diocesi e che rimane un richiamo pastorale forte per le, pertanto, le parole dell’Apostolo: «Dio ci ha riconci- vivere intensamente il Sacramento della Confessione. liati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il mini12. In forza di questa esigenza, perché nessun ostacolo si stero della riconciliazione» (2 Cor 5,18). Noi per primi interponga tra la richiesta di riconciliazione e il perdono siamo stati perdonati in vista di questo ministero; resi di Dio, concedo d’ora innanzi a tutti i sacerdoti, in forza testimoni in prima persona dell’universalità del perdodel loro ministero, la facoltà di assolvere quanti hanno no. Non c’è legge né precetto che possa impedire a procurato peccato di aborto. Quanto avevo concesso Dio di riabbracciare il figlio che torna da Lui riconolimitatamente al periodo giubilare[14] viene ora esteso scendo di avere sbagliato, ma deciso a ricominciare da nel tempo, nonostante qualsiasi cosa in contrario. Vorrei capo. Fermarsi soltanto alla legge equivale a vanificare ribadire con tutte le mie forze che l’aborto è un grave la fede e la misericordia divina. C’è un valore propepeccato, perché pone fine a una vita innocente. Con deutico nella legge (cfr Gal 3,24) che ha come fine la altrettanta forza, tuttavia, posso e devo affermare che carità (cfr 1 Tm 1,5). Tuttavia, il cristiano è chiamato non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non a vivere la novità del Vangelo, «la legge dello Spirito, possa raggiungere e distruggere quando trova un cuoche dà vita in Cristo Gesù» (Rm 8,2). Anche nei casi più re pentito che chiede di riconciliarsi con il Padre. Ogni complessi, dove si è tentati di far prevalere una giustisacerdote, pertanto, si faccia guida, sostegno e conforto zia che deriva solo dalle norme, si deve credere nella nell’accompagnare i penitenti in questo cammino di speforza che scaturisce dalla grazia divina. ciale riconciliazione. Noi confessori abbiamo esperienza di tante converNell’Anno del Giubileo avevo concesso ai fedeli che sioni che si manifestano sotto i nostri occhi. Sentiamo, per diversi motivi frequentano le chiese officiate dai saquindi, la responsabilità di gesti e parole che possano cerdoti della Fraternità San Pio X di ricevere validamengiungere nel profondo del cuore del penitente, perché te e lecitamente l’assoluzione sacramentale dei loro peccati.[15] Per il bene pastorale di questi fedeli, e confidando nella buona volontà dei loro sacerdoti perché si possa recuperare, con l’aiuto di Dio, la piena comunione nella Chiesa Cattolica, stabilisco per mia propria decisione di estendere questa facoltà oltre il periodo giubilare, fino a nuove disposizioni in proposito, perché a nessuno venga mai a mancare il segno sacramentale della riconciliazione attraverso il perdono della Chiesa. 33
13. La misericordia possiede anche il volto della consolazione. «Consolate, consolate il mio popolo» (Is 40,1) sono le parole accorate che il profeta fa sentire ancora oggi, perché possa giungere a quanti sono nella sofferenza e nel dolore una parola di speranza. Non lasciamoci mai rubare la speranza che proviene dalla fede nel Signore risorto. È vero, spesso siamo messi a dura prova, ma non deve mai venire meno la certezza che il Signore ci ama. La sua misericordia si esprime anche nella vicinanza, nell’affetto e nel sostegno che tanti fratelli e sorelle possono offrire quando sopraggiungono i giorni della tristezza e dell’afflizione. Asciugare le lacrime è un’azione concreta che spezza il cerchio di
solitudine in cui spesso veniamo rinchiusi. Tutti abbiamo bisogno di consolazione perché nessuno è immune dalla sofferenza, dal dolore e dall’incomprensione. Quanto dolore può provocare una parola astiosa, frutto dell’invidia, della gelosia e della rabbia! Quanta sofferenza provoca l’esperienza del tradimento, della violenza e dell’abbandono; quanta amarezza dinanzi alla morte delle persone care! Eppure, mai Dio è lontano quando si vivono questi drammi. Una parola che rincuora, un abbraccio che ti fa sentire compreso, una carezza che fa percepire l’amore, una preghiera che permette di essere più forte... sono tutte espressioni della vicinanza di Dio attraverso la consolazione offerta dai fratelli. A volte, anche il silenzio potrà essere di grande aiuto; perché a volte non ci sono parole per dare risposta agli interrogativi di chi soffre. Alla mancanza della parola, tuttavia, può supplire la compassione di chi è presente, vicino, ama e tende la mano. Non è vero che il silenzio sia un atto di resa, al contrario, è un momento di forza e di amore. Anche il silenzio appartiene al nostro linguaggio di consolazione perché si trasforma in un’opera concreta di condivisione e partecipazione alla sofferenza del fratello.
14. In un momento particolare come il nostro, che tra tante crisi vede anche quella della famiglia, è importante che giunga una parola di forza consolatrice alle nostre famiglie. Il dono del matrimonio è una grande vocazione a cui, con la grazia di Cristo, corrispondere nell’amore generoso, fedele e paziente. La bellezza della famiglia permane immutata, nonostante tante oscurità e proposte alternative: «La gioia dell’amore che si vive nelle famiglie è anche il giubilo della Chiesa».[16] Il sentiero della vita che porta un uomo e una donna a incontrarsi, amarsi, e davanti a Dio a promettersi fedeltà per sempre, è spesso interrotto da sofferenza, tradimento e solitudine. La gioia per il dono dei figli non è immune dalle preoccupazioni dei genitori riguardo alla loro crescita e formazione, riguardo a un futuro degno di essere vissuto intensamente. La grazia del Sacramento del Matrimonio non solo fortifica la famiglia perché sia luogo privilegiato in cui vivere la misericordia, ma impegna la comunità cristiana, e tutta l’azione pastorale, a far emergere il grande valore propositivo della famiglia. Questo Anno giubilare, comunque, non può far perdere di vista la complessità dell’attuale realtà familiare. L’esperienza della misericordia ci rende capaci di guardare a tutte le difficoltà umane con l’atteggiamento dell’amore di Dio, che non si stanca di accogliere e di accompagnare.[17] Non possiamo dimenticare che ognuno porta con sé la ricchezza e il peso della propria storia, che lo contraddistingue da ogni altra persona. La nostra vita, con le sue gioie e i suoi dolori, è qualcosa di unico e irripetibile, che scorre sotto lo sguardo misericordioso di Dio. Ciò richiede, soprattutto da parte del sacerdote, un discernimento spirituale attento, profondo e lungimirante perché chiunque, nessuno escluso, qualunque situazione viva, possa sentirsi concretamente accolto da Dio, partecipare attivamente alla vita della comunità ed essere inserito in quel Popolo di Dio che, instancabilmente, cammina verso la pienezza del regno di Dio, regno di giustizia, di amore, di perdono e di misericordia. 15. Particolare rilevanza riveste il momento della morte. La Chiesa ha sempre vissuto questo passaggio drammatico alla luce della risurrezione di Gesù Cristo, che ha aperto la strada per la certezza della vita futura. Ab34
biamo una grande sfida da accogliere, soprattutto nella cultura contemporanea che spesso tende a banalizzare la morte fino a farla diventare una semplice finzione, o a nasconderla. La morte invece va affrontata e preparata come passaggio doloroso e ineludibile ma carico di senso: quello dell’estremo atto di amore verso le persone che ci lasciano e verso Dio a cui si va incontro. In tutte le religioni il momento della morte, come quello della nascita, è accompagnato da una presenza religiosa. Noi viviamo l’esperienza delle esequie come preghiera carica di speranza per l’anima del defunto e per dare consolazione a quanti soffrono il distacco dalla persona amata.
a quello dell’uomo. Questo si riscalda e il primo lo risana: il cuore di pietra viene trasformato in cuore di carne (cfr Ez 36,26), capace di amare nonostante il suo peccato. Qui si percepisce di essere davvero una “nuova creatura” (cfr Gal 6,15): sono amato, dunque esisto; sono perdonato, quindi rinasco a vita nuova; sono stato “misericordiato”, quindi divento strumento di misericordia. 17. Durante l’Anno Santo, specialmente nei “venerdì della misericordia”, ho potuto toccare con mano quanto bene è presente nel mondo. Spesso non è conosciuto perché si realizza quotidianamente in manie-
Sono convinto che abbiamo bisogno, nell’azione pastorale animata da fede viva, di far toccare con mano quanto i segni liturgici e le nostre preghiere siano MISERICORDIA ET MISERA espressione della misericordia del Signore. È Lui stesso che offre parole di speranza, perché niente e nessuno potranno mai separare dal suo amore (cfr Rm 8,35). La condivisione di questo momento da parte del sacerdote è un accompagnamento importante, perché permette di vivere la vicinanza alla comunità cristiana nel momento di debolezza, solitudine, incertezza e pianto. 16. Termina il Giubileo e si chiude la Porta Santa. Ma la porta della misericordia del nostro cuore rimane sempre spalancata. Abbiamo imparato che Dio si china su di noi (cfr Os 11,4) perché anche noi possiamo imitarlo nel chinarci sui fratelli. La nostalgia di tanti di ritornare alla casa del Padre, che attende la loro venuta, è suscitata anche da testimoni sinceri e generosi della tenerezza divina. La Porta Santa che abbiamo attraversato in questo Anno giubilare ci ha immesso nella via della carità che siamo chiamati a percorrere ogni giorno con fedeltà e gioia. È la strada della misericordia che permette di incontrare tanti fratelli e sorelle che tendono la mano perché qualcuno la possa afferrare per camminare insieme. Voler essere vicini a Cristo esige di farsi prossimo verso i fratelli, perché niente è più gradito al Padre se non un segno concreto di misericordia. Per sua stessa natura, la misericordia si rende visibile e tangibile in un’azione concreta e dinamica. Una volta che la si è sperimentata nella sua verità, non si torna più indietro: cresce continuamente e trasforma la vita. È un’autentica nuova creazione che realizza un cuore nuovo, capace di amare in modo pieno, e purifica gli occhi perché riconoscano le necessità più nascoste. Come sono vere le parole con cui la Chiesa prega nella Veglia Pasquale, dopo la lettura del racconto della creazione: «O Dio, che in modo mirabile ci hai creati a tua immagine e in modo più mirabile ci hai rinnovati e redenti».[18]
La misericordia rinnova e redime, perché è l’incontro di due cuori: quello di Dio che viene incontro a quello dell’uomo.
ra discreta e silenziosa. Anche se non fanno notizia, esistono tuttavia tanti segni concreti di bontà e di tenerezza rivolti ai più piccoli e indifesi, ai più soli e abbandonati. Esistono davvero dei protagonisti della carità che non fanno mancare la solidarietà ai più poveri e infelici. Ringraziamo il Signore per questi doni preziosi che invitano a scoprire la gioia del farsi prossimo davanti alla debolezza dell’umanità ferita. Con gratitudine penso ai tanti volontari che ogni giorno dedicano il loro tempo a manifestare la presenza e vicinanza di Dio con la loro dedizione. Il loro servizio è una genuina opera di misericordia, che aiuta tante persone ad avvicinarsi alla Chiesa.
18. È il momento di dare spazio alla fantasia della misericordia per dare vita a tante nuove opere, frutto della grazia. La Chiesa ha bisogno di raccontare oggi quei «molti altri segni» che Gesù ha compiuto e che «non sono stati scritti» (Gv 20,30), affinché siano espressione eloquente della fecondità dell’amore di Cristo e della comunità che vive di Lui. Sono passati più di duemiLa misericordia rinnova e redime, perché è l’in- la anni, eppure le opere di misericordia continuano a contro di due cuori: quello di Dio che viene incontro rendere visibile la bontà di Dio. 35
Ancora oggi intere popolazioni soffrono la fame e la sete, e quanta preoccupazione suscitano le immagini di bambini che nulla hanno per cibarsi. Masse di persone continuano a migrare da un Paese all’altro in cerca di cibo, lavoro, casa e pace. La malattia, nelle sue varie forme, è un motivo permanente di sofferenza che richiede aiuto, consolazione e sostegno. Le carceri sono luoghi in cui spesso, alla pena restrittiva, si aggiungono disagi a volte gravi, dovuti a condizioni di vita disumane. L’analfabetismo è ancora molto diffuso e impedisce ai bambini e alle bambine di formarsi e li espone a nuove forme di schiavitù. La cultura dell’individualismo esasperato, soprattutto in occidente, porta a smarrire il senso di solidarietà e di responsabilità verso gli altri. Dio stesso rimane oggi uno sconosciuto per molti; ciò rappresenta la più grande povertà e il maggior ostacolo al riconoscimento della dignità inviolabile della vita umana.
Pensiamo solo, a titolo esemplificativo, all’opera di misericordia corporale vestire chi è nudo (cfr Mt 25,36.38.43.44). Essa ci riporta ai primordi, al giardino dell’Eden, quando Adamo ed Eva scoprirono di essere nudi e, sentendo avvicinarsi il Signore, ebbero vergogna e si nascosero (cfr Gen 3,7-8). Sappiamo che il Signore li punì; tuttavia, Egli «fece all’uomo e a sua moglie tuniche di pelle e li vestì» (Gen 3,21). La vergogna viene superata e la dignità restituita. Fissiamo lo sguardo anche su Gesù al Golgota. Il Figlio di Dio sulla croce è nudo; la sua tunica è stata sorteggiata e presa dai soldati (cfr Gv 19,23-24); Lui non ha più nulla. Sulla croce si rivela all’estremo la condivisione di Gesù con quanti hanno perso dignità perché privati del necessario. Come la Chiesa è chiamata ad essere la “tunica di Cristo”[20] per rivestire il suo Signore, così è impegnata a rendersi solidale con i nudi della terra perché riacquistino la dignità di cui sono stati spogliati. «(Ero) nudo e mi avete vestito» (Mt 25,36), pertanto, obbliga a non voltare lo sguardo davanti alle nuove forme di povertà e di emarginazione che impediscono alle persone di vivere dignitosamente.
Insomma, le opere di misericordia corporale e spirituale costituiscono fino ai nostri giorni la verifica della grande e positiva incidenza della misericordia come valore sociale. Essa infatti spinge a rimboccarsi le maniche per restituire dignità a milioni di persone Non avere il lavoro e non ricevere il giusto salario; che sono nostri fratelli e sorelle, chiamati con noi a non poter avere una casa o una terra dove abitare; escostruire una «città affidabile».[19] sere discriminati per la fede, la razza, lo stato sociale...: 19. Tanti segni concreti di misericordia sono stati re- queste e molte altre sono condizioni che attentano alla alizzati durante questo Anno Santo. Comunità, famiglie dignità della persona, di fronte alle quali l’azione mie singoli credenti hanno riscoperto la gioia della con- sericordiosa dei cristiani risponde anzitutto con la vidivisione e la bellezza della solidarietà. Eppure non gilanza e la solidarietà. Quante sono oggi le situazioni basta. Il mondo continua a generare nuove forme di in cui possiamo restituire dignità alle persone e conpovertà spirituale e materiale che attentano alla digni- sentire una vita umana! Pensiamo solo a tanti bambini tà delle persone. È per questo che la Chiesa dev’essere e bambine che subiscono violenze di vario genere, che sempre vigile e pronta per individuare nuove opere di rubano loro la gioia della vita. I loro volti tristi e disomisericordia e attuarle con generosità ed entusiasmo. rientati sono impressi nella mia mente; chiedono il noPoniamo, dunque, ogni sforzo per dare forme con- stro aiuto per essere liberati dalle schiavitù del mondo crete alla carità e al tempo stesso intelligenza alle contemporaneo. Questi bambini sono i giovani di doopere di misericordia. Quest’ultima possiede un’azio- mani; come li stiamo preparando a vivere con dignità e ne inclusiva, per questo tende ad allargarsi a macchia responsabilità? Con quale speranza possono affrontare il loro presente e il loro futuro? d’olio e non conosce limiti. E in questo senso siamo chiamati a dare volto nuovo alle opere di misericordia che conosciamo da sempre. La misericordia, infatti, eccede; va sempre oltre, è feconda. È come il lievito che fa fermentare la pasta (cfr Mt 13,33) e come un granello di senape che diventa un albero (cfr Lc 13,19).
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Il carattere sociale della misericordia esige di non rimanere inerti e di scacciare l’indifferenza e l’ipocrisia, perché i piani e i progetti non rimangano lettera morta. Lo Spirito Santo ci aiuti ad essere sempre pronti ad offrire in maniera fattiva e disinteressata il nostro apporto, perché la giustizia e una vita dignitosa non rimangano parole di circostanza, ma siano l’impegno concreto di chi intende testimoniare la presenza del Regno di Dio.
poveri, ed è quello che mi sono preoccupato di fare» (Gal 2,10). Non possiamo dimenticarci dei poveri: è un invito più che mai attuale che si impone per la sua evidenza evangelica.
20. Siamo chiamati a far crescere una cultura della misericordia, basata sulla riscoperta dell’incontro con gli altri: una cultura in cui nessuno guarda all’altro con indifferenza né gira lo sguardo quando vede la sofferenza dei fratelli. Le opere di misericordia sono “artigianali”: nessuna di esse è uguale all’altra; le nostre mani possono modellarle in mille modi, e anche se unico è Dio che le ispira e unica la “materia” di cui sono fatte, cioè la misericordia stessa, ciascuna acquista una forma diversa. Le opere di misericordia, infatti, toccano tutta la vita di una persona. E’ per questo che possiamo dar vita a una vera rivoluzione culturale proprio a partire dalla semplicità di gesti che sanno raggiungere il corpo e lo spirito, cioè la vita delle persone. È un impegno che la comunità cristiana può fare proprio, nella consapevolezza che la Parola del Signore sempre la chiama ad uscire dall’indifferenza e dall’individualismo in cui si è tentati di rinchiudersi per condurre un’esistenza comoda e senza problemi. «I poveri li avete sempre con voi» (Gv 12,8), dice Gesù ai suoi discepoli. Non ci sono alibi che possono giustificare un disimpegno quando sappiamo che Lui si è identificato con ognuno di loro. La cultura della misericordia si forma nella preghiera assidua, nella docile apertura all’azione dello Spirito, nella familiarità con la vita dei santi e nella vicinanza concreta ai poveri. È un invito pressante a non fraintendere dove è determinante impegnarsi. La tentazione di fare la “teoria della misericordia” si supera nella misura in cui questa si fa vita quotidiana di partecipazione e condivisione. D’altronde, non dovremmo mai dimenticare le parole con cui l’apostolo Paolo, raccontando il suo incontro con Pietro, Giacomo e Giovanni, dopo la conversione, mette in risalto un aspetto essenziale della sua missione e di tutta la vita cristiana: «Ci pregarono soltanto di ricordarci dei
21. L’esperienza del Giubileo imprima in noi le parole dell’apostolo Pietro: «Un tempo eravate esclusi dalla misericordia; ora, invece, avete ottenuto misericordia» (1 Pt 2,10). Non teniamo gelosamente solo per noi quanto abbiamo ricevuto; sappiamo condividerlo con i fratelli sofferenti perché siano sostenuti dalla forza della misericordia del Padre. Le nostre comunità si aprano a raggiungere quanti vivono nel loro territorio perché a tutti giunga la carezza di Dio attraverso la testimonianza dei credenti. Questo è il tempo della misericordia. Ogni giorno del nostro cammino è segnato dalla presenza di Dio che guida i nostri passi con la forza della grazia che lo Spirito infonde nel cuore per plasmarlo e renderlo capace di amare. È il tempo della misericordia per tutti e per ognuno, perché nessuno possa pensare di essere estraneo alla vicinanza di Dio e alla potenza della sua tenerezza. È il tempo della misericordia perché quanti sono deboli e indifesi, lontani e soli possano cogliere la presenza di fratelli e sorelle che li sorreggono nelle necessità. È il tempo della misericordia perché i poveri sentano su di sé lo sguardo rispettoso ma attento di quanti, vinta l’indifferenza, scoprono l’essenziale della vita. È il tempo della misericordia perché ogni peccatore non si stanchi di chiedere perdono e sentire la mano del Padre che sempre accoglie e stringe a sé. 37
Alla luce del “Giubileo delle persone socialmente escluse”, mentre in tutte le cattedrali e nei santuari del mondo si chiudevano le Porte della Misericordia, ho intuito che, come ulteriore segno concreto di questo Anno Santo straordinario, si debba celebrare in tutta la Chiesa, nella ricorrenza della XXXIII Domenica del Tempo Ordinario, la Giornata mondiale dei poveri. Sarà la più degna preparazione per vivere la solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo, il quale si è identificato con i piccoli e i poveri e ci giudicherà sulle opere di misericordia (cfr Mt 25,31-46). Sarà una Giornata che aiuterà le comunità e ciascun battezzato a riflettere su come la povertà stia al cuore del Vangelo e sul fatto che, fino a quando Lazzaro giace alla porta della nostra casa (cfr Lc 16,19-21), non potrà esserci giustizia né pace sociale. Questa Giornata costituirà anche una genuina forma di nuova evangelizzazione (cfr Mt 11,5), con la quale rinnovare il volto della Chiesa nella sua perenne azione di conversione pastorale per essere testimone della misericordia. 22. Su di noi rimangono sempre rivolti gli occhi misericordiosi della Santa Madre di Dio. Lei è la prima che apre la strada e ci accompagna nella testimonianza dell’amore. La Madre della Misericordia raccoglie tutti
sotto la protezione del suo manto, come spesso l’arte l’ha voluta rappresentare. Confidiamo nel suo materno aiuto e seguiamo la sua perenne indicazione a guardare a Gesù, volto raggiante della misericordia di Dio. Dato a Roma, presso San Pietro, il 20 novembre,Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo, dell’Anno del Signore 2016, quarto di pontificato. FRANCESCO [1] In Joh 33,5. [2] Il Pastore di Erma, XLII, 1-4. [3] Cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 27. [4] Messale Romano, III Domenica di Quaresima. [5] Ibid., Prefazio delle domeniche del Tempo Ordinario VII. [6] Ibid., Preghiera eucaristica II. [7] Ibid., Riti di comunione. [8] Rito della Penitenza, n. 46. [9] Sacramento dell’Unzione e cura pastorale degli infermi, n. 76. [10] Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 106. [11] Id., Cost. dogm. Dei Verbum, 2. [12] Esort. ap. Evangelii gaudium, 142. [13] Cfr Benedetto XVI, Esort. ap. postsin. Verbum Domini, 86-87. [14] Cfr Lettera con la quale si concede l’indulgenza in occasione del Giubileo della Misericordia, 1 settembre 2015. [15] Cfr ibid. [16] Esort. ap. postsin. Amoris laetitia, 1. [17] Cfr ibid., 291-300. [18] Messale Romano, Veglia Pasquale, Orazione dopo la Prima Lettura. [19] Lett. enc. Lumen fidei, 50. [20] Cfr Cipriano, L’unità della Chiesa cattolica, 7.
Madonna della Misericordia, Domenico Ghirlandaio, chiesa di Ognissanti , Firenze 1472 38
ESPERIENZA DI CHIESA NELLE CASE CON AMMALATI N
el clima dell’anno giubilare della Misericordia le nostre comunità cristiane sono state visitate da momenti particolari distinti da segni e gesti concreti di vicinanza, di amicizia, che hanno fatto sentire una Chiesa che “vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie”, che privilegia soprattutto i poveri, gli ammalati, i profughi e i rifugiati., i dimenticati. Si è notato un risveglio e una vivacità evangelica sia da parte della creatività missionaria del parroco, come guida e pastore, e tanta sensibilità cristiana nell’animo degli operatori pastorali di animazione nella preghiera, nella liturgia e nelle varie forme di operatori della carità e delle opere di misericordia. Papa Francesco ha chiuso la Porta Santa del Giubileo, ma “non ha chiuso la porta del cuore di ognuno di noi”, che rimane costantemente tesa ad ogni iniziativa di misericordia, perchè essa non è una parentesi nella vita della Chiesa, ma costituisce la sua stessa esistenza che rende manifesta e tangibile la verità profonda del Vangelo da vivere con gioia. Tema questo di Avvento dei nostri Centri di Ascolto della Parola nelle case. Una Chiesa “in uscita” è una Chiesa con le porte aperte. “Uscire verso gli altri per giungere alle periferie umane vuol dire mettere da parte l’ansietà per guardare negli occhi, ascoltare o rinunciare alle urgenze per accompagnare che è rimasto ai bordi della strada”. Vorrei ricordare la bella iniziativa, voluta da don Raffaele, delle celebrazioni eucaristiche domestiche nelle case di ammalati e infermi. Sono state parecchie le messe celebrate nell’arco dell’anno giubilare nelle varie comunità di Botticino Mattina, Sera e San Gallo, preparate e sollecitate dai minstri straordinari della Comunione in collaborazione con le famiglie accoglienti e vicine. Sono stati momenti belli incontrarci come Chiesa per celebrare l’Eucaristia, ricevere l’Unzione degli Infermi, la benedizione della Misericordia. Gli ammalati si sono sentiti membra vive delle nostre comunità cristiane, anche se la malattia impedisce loro di partecipare fisicamente alle celebrazioni comunitarie, ma nella preghiera e nella sofferenza offerta fanno proprie le preoccupazioni e i problemi delle comunità. Gesù nella vita pubblica ha incontrato tante persone e ora viene qui in mezzo a voi nella persona del nostro parroco, presenza di Chiesa e di Gesù insieme a tante sorelle e fratelli che condividono la solitudine e la sofferenza, perchè in Cristo il mistero del dolore ci unisce al mistero pasquale di morte e di risurrezione che anche noi abbiamo ricevuto nel Battesimo.
L’attesa della Messa è stata scandita da una bella partecipazione di fede anche nel dolore e ha messo in evidenza come l’Eucaristia segnata dall’accoglienza, dall’inclusione tra parenti, vicini e amici, diventa una festa di comunione e di unità. Una sfida: vincere il nostro egoismo e l’illusione che vive l’uomo di oggi di chiudere gli occhi davanti alla malattia e alla disabilità. Il senso della vita comporta anche l’accettazione del limite e della sofferenza. Il mondo non diventa migliore perche composto solo da persone “perfette,” per non dire “truccate”, ma quando crescono la solidarietà tra umani e l’accettazione reciproca e il rispetto. Un invito: non cadiamo nell’indifferenza, non lasciamo le persone ammalate sole, non impediamo loro di trovare sollievo, perchè la vicinanza è una grande medicina e la Misericordia passa attraverso una visita, un gesto, un sorriso, una parola, una carezza, un fiore, una preghiera. Sia anche questo l’invito che il nostro parroco, molte volte ci rivolge, e ‘scalda,’ e una eredità per tutti noi del Giubileo della Misericordia. sr. Mariaregina
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«Armonia sociale a rischio quando chi comanda è più importante del popolo» Video-messaggio del Papa al festival della Dottrina sociale della Chiesa (Verona) sul tema «In mezzo alla gente»: immigrati, poveri, disoccupati, «quando ci prendiamo cura dell’altro ci complichiamo meno la vita di quando siamo concentrati solo su noi stessi» Quando «chi comanda è più importante del popolo e le decisioni sono prese da pochi, o sono anonime, o sono dettate sempre da emergenze vere o presunte», allora «l’armonia sociale è messa in pericolo con gravi conseguenze per la gente: aumenta la povertà, è messa a repentaglio la pace, comandano i soldi e la gente sta male». Lo ha affermato il Papa nel video-messaggio al Festival della Dottrina sociale della Chiesa, che si è svolto a Verona dal 24 al 27 novembre sul tema «In mezzo alla gente». Il tema «esprime una grande verità», ha affermato papa Francesco: «La nostra umanità si arricchisce molto se stiamo con tutti gli altri e in qualsiasi situazione essi si trovano. E’ l’isolamento che fa male non la condivisione. L’isolamento sviluppa paura e diffidenza e impedisce di godere della fraternità. Bisogna proprio dirci che si corrono più rischi quando ci isoliamo di quando ci apriamo all’altro: la possibilità di farci male non sta nell’incontro ma nella chiusura e nel rifiuto. La stessa cosa vale quando ci facciamo carico di qualcun altro: penso a un ammalato, a un vecchio, a un immigrato, a un povero, a un disoccupato. Quando ci prendiamo cura dell’altro – sottolinea il Papa – ci complichiamo meno la vita di quando siamo concentrati solo su noi stessi». Francesco ha ringraziato i presenti «per il lavoro svolto per la conoscenza e l’attualizzazione della dottrina sociale della Chiesa». Stare in mezzo alla gente «non significa solo essere aperti e incontrare gli altri ma anche lasciarci incontrare», prosegue il Papa. «Tra la nostra gente c’è un’autentica ricchezza umana. Sono innumerevoli le storie di solidarietà, di aiuto, di sostegno che si vivono nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità. Impressionante – sottolinea Francesco – è come alcune persone vivono con dignità la ristrettezza economica, il dolore, il lavoro duro, la prova. Incontrando queste persone tocchi con mano la loro grandezza e ricevi quasi una luce per cui diventa chiaro che si può coltivare una speranza per il futuro; si può credere che il bene è più forte del male perché ci sono loro. Stando in mezzo alla gente – afferma ancora il Papa – abbiamo accesso all’insegnamento dei fatti. Faccio
un esempio: mi hanno raccontato che poco tempo fa è morta una ragazza di 19 anni. Il dolore è stato immenso, in tantissimi hanno partecipato al funerale. Ciò che ha colpito tutti è stata non solo l’assenza di disperazione, ma la percezione di una certa serenità. Le persone dopo il funerale si comunicavano lo stupore di essere uscite dalla celebrazione sollevate da un peso. La mamma della giovane ha detto: “Ho ricevuto la grazia della serenità”». Per il Papa, «senza discorsi o spiegazioni si capisce cosa nella vita vale o non vale». Stare in mezzo alla gente, ancora, «significa anche avvertire che ognuno di noi è parte di un popolo. La vita concreta è possibile perché non è la somma di tante individualità, ma è l’articolazione di tante persone che concorrono alla costituzione del bene comune. Essere insieme ci aiuta a vedere l’insieme. Quando vediamo l’insieme, il nostro sguardo viene arricchito e risulta evidente che i ruoli che ognuno svolge all’interno delle dinamiche sociali non possono mai essere isolati o assolutizzati. Quando il popolo è separato da chi comanda – sottolinea il Pontefice – quando si fanno scelte in forza del potere e non della condivisione popolare, quando chi comanda è più importante del popolo e le decisioni sono prese da pochi, o sono anonime, o sono dettate sempre da emergenze vere o presunte, allora l’armonia sociale è messa in pericolo con gravi conseguenze per la gente: aumenta la povertà, è messa a repentaglio la pace, comandano i soldi e la gente sta male. Stare in mezzo alla gente quindi fa bene non solo alla vita dei singoli ma è un bene per tutti». Stare in mezzo alla gente, infine, «evidenzia la pluralità di colori, culture, razze e religioni», afferma il Papa. «La gente fa toccare con mano la ricchezza e la bellezza della diversità. Solo con una grande violenza si potrebbe ridurre la varietà a uniformità, la pluralità di pensieri e di azioni ad un unico modo di fare e di pensare. Quando si sta con la gente si tocca l’umanità: non c’è mai solo la testa, c’è sempre anche il cuore, c’è più concretezza e meno ideologia. Per risolvere i problemi della gente – sottolinea Bergoglio – bisogna partire dal basso, sporcarci la mani, avere coraggio, ascoltare gli ultimi. Penso ci venga spontaneo chiederci: come si fa a fare così? Possiamo trovare la risposta guardando a Maria. Ella è serva, è umile, è misericordiosa, è in cammino con noi, è concreta, non è mai al centro della scena ma è una presenza costante», ha detto il Papa. «Se guardiamo a Lei troviamo il modo migliore di stare in mezzo alla gente. Guardando a Lei possiamo percorrere tutti sentieri dell’umano senza paure e pregiudizi, con Lei possiamo diventare capaci di non escludere nessuno». 40
Chiesa e società
ACLI Botticino
Per una “Chiesa in uscita” D
opo pochi mesi dalla sua elezione, papa Francesco pubblicava l’ Esortazione Apostolica “Evangelii Gaudium”- la gioia del Vangelo- . Un documento che rappresenta un vero e proprio programma pastorale per il suo papato. Più volte Francesco ha sollecitato tutti, vescovi, preti e laici, a prendere in mano l’ “Evangelii Gaudium” per farlo diventare strumento di un cambiamento radicale nella evangelizzazione e nella pastorale delle comunità. Non so quanto successo abbiano avuto le sollecitazioni del papa. Sarebbe interessante fare un’ indagine tra preti e laici per capire quanti l’hanno veramente letta, ma questo vale, purtroppo, per tutti i documenti, enciclica “Laudato sì” compresa, che sembra essere stata letta più fuori che dentro la Chiesa. Nella diocesi di Brescia, il Consiglio Pastorale Diocesano ha preso sul serio l’esortazione del papa ed ha elaborato un interessante documento dal titolo: “Linee per un progetto pastorale missionario” che ha richiesto due anni di riflessioni e confronti per la sua stesura. Questo documento dovrebbe rappresentare la base di partenza, per ciascuna parrocchia e per ciascuna Unità Pastorale, per elaborare un proprio Piano Pastorale che sia coerente con le linee innovative tracciate da papa Francesco. In maniera opportuna e’ stato inserito nella “Voce della Comunita” della nostra Unita’ Pastorale in occasione della Pasqua 2016, ripresa e discussa negli incontri dai Centri di ascolto nell’Avvento in preparazione del Natale.
Il papa ed il documento diocesano fanno riflettere sul fatto che in un mondo radicalmente cambiato non si può pensare che nel nostro modo di essere cristiani, nel modo di proporre il Vangelo e la fede, nella liturgia, nei riti, nella catechesi rimanga tutto immutato illudendosi che le persone del 2016 rispondano come quelle del 1970. “Non siamo in epoca di cambiamenti, ma in un cambiamento d’epoca ”, ci dice il papa. Il messaggio del Vangelo rimane lo stesso, i fondamenti della fede non possono mutare, ma tutto il resto sì perché è frutto del tempo e della storia. Non è più possibile aspettare passivamente che la gente venga in chiesa o all’oratorio. L’evangelizzazione si realizza oggi soprattutto negli ambienti della vita quotidiana e gli attori di questa nuova evangelizzazione non possono che essere i laici mediante la testimonianza di Sarebbe velleitario pensare di esporre in un artico- vita nella scuola, nel lavoro, nell’economia, nella solo i contenuti di questo documento. Ci interessa invece cietà, nella politica, più che con il semplice annuncio mettere in evidenza alcune questioni di premessa che verbale. Ma questo richiede una formazione solida secondo noi sono indispensabili per giungere a qual- della coscienza del cristiano che voglia essere testiche risultato positivo. mone. Non è più sufficiente accontentarsi di una fede Innanzitutto è indispensabile che tutti insieme riu- fatta di riti e di precetti. sciamo a scrollarci di dosso quella cultura della conBisogna rischiare il cambiamento. È meglio sbagliaservazione che ci fa dire spesso “abbiamo sempre fat- re rischiando il cambiamento che rimanere attaccati to così…” e questa cultura è spesso più radicata nei alle cose sempre fatte, che oggi appaiono inadeguate. laici che nei preti. Queste sono le premesse indispensabili per un proIn realtà è una cultura che non caratterizza solo gli getto pastorale veramente missionario. ambienti ecclesiali. Ma questo non deve certamente consolare… D.M. 41
DALL’ ETIOPIA (AFRICA)
Questo GESU’ del nostro Natale VENNE,VIENE,VERRÀ. N
iente di finto o di artificiale. E' Dio stesso che si rivela nel modo migliore possibile, attraverso suo figlio che diventa uno di noi: Gesù, appunto. Avendolo dalla nostra parte, essendo egli della nostra razza una volta e per sempre, siamo assicurati, destinati a una eredità di gloria eterna con Lui. Ma questa eredità è un dono. Lo si può rifiutare. Accogliere questo dono vuol dire accettare liberamente alcune condizioni. Non sono quelle di vivere (e meno male che le viviamo!) delle emozioni e dei sentimenti in cui rischiamo però anche di compiacerci, specialmente nel tempo di Natale. Queste condizioni sono elencate, per esempio, … ve le dico dopo. VENNE: okay, duemila anni fa, ci crediamo, lo ricordiamo, facciamo grandi feste perché è un avvenimento che ha segnato la storia e cambiato il mondo e la nostra vita. Evviva! VERRÀ: alla fine di tutto, rivelandosi pienamente come Signore e Re dell'Universo, ma anche come
Giusto Giudice che ci chiederà il visto di entrata e la carta del permesso di soggiorno. Ah! VIENE: è adesso che viene, e il visto di entrata col permesso di soggiorno ce lo dà lui, direttamente, adesso. Ce lo dà se lo chiediamo. Ma no?! Come? Le istruzioni sono quelle che troviamo in Matteo 25, 34-40. Sono di una chiarezza disarmante. Se non le capiamo è solo perché non le vogliamo capire. Ci creano qualche problema, sembra. Questo Gesù, nostro fratello, della nostra razza, orgoglioso di esserlo, si identifica - Lui, Figlio di Dio, Signore e Re - con noi umani, tutti, nessuno escluso. Ma specialmente, lo dice Lui stesso, si identifica adesso-qui con tutti coloro che sono in qualche necessità materiale, fisica, morale, spirituale. In una parola si identifica con la categoria del “Povero”. E non là quando venne, a Betlemme, nella grotta, con solo l'asinello e il bue e Maria e Giuseppe, al freddo, ma adesso-qui. Non stiamo lì a discutere; conosciamo bene quella categoria. Ascoltare il Povero, aiutarLo, accoglierLo è ascoltare Lui, aiutare Lui, accogliere Lui. E così la sua venuta storica (VENNE!) non sarà una fiaba che rispolveriamo annualmente. E così la sua ultima venuta (VERRÀ!) non sarà nella nebbia, lontana, senza peso per l'oggi, ma una venuta gloriosa anche per noi, una venuta che non ci farà paura, che ci porterà invece una gioia enorme, una soddisfazione per una vittoria costruita quotidianamente da noi stessi. Vittoria difficile, ma non impossibile. E' Lui stesso che combatte con noi. E Lui non perde. Ci crediamo. Quando VERRÀ ci accoglierà perché noi stiamo accogliendo Lui adesso che VIENE, e non festeggiamo il suo VENNE, come se fosse un augurio di buon compleanno con una bella cartolina da cestinare dopodomani. Santo Natale a tutti! Con affetto e simpatia.
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da don Isidoro
DALL’ ASIA, AFRICA, EUROPA..... Carissimi Parrocchiani, buon Natale.
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n altro Natale è arrivato, un altro anno è passato, un anno pieno di gioie, magari qualche dolore, tutto dono di Dio. A me sono successe tante cose. Come forse saprete, alla fine del maggio scorso, i miei confratelli mi hanno scelto a far parte del Consiglio generale della mia congregazione, cioè dei cinque preti che devono assistere il nuovo direttore generale nella gestione dell’intera opera. In particolare a me è toccata l’animazione della formazione iniziale, cioè di tutti i seminari e seminaristi, e quella della formazione permanente, cioè inventare qualcosa per aiutare tutti i confratelli a rinnovare, rinfrescare, rinvigorire il loro essere religiosi e sacerdoti. Una sfida grande, non c’è dubbio. La prima cosa che mia mamma mi ha chiesto, quando le ho comunicato la nomina, è stato: “allora adesso viaggerai di più o di meno?” Era preoccupata, naturalmente, per i rischi connessi ai molti viaggi, che di fatto sono aumentati notevolmente. Ma devo dire che andando a visitare i seminari del Brasile e dell’Asia e nel vederli pieni, mi si è riempito il cuore di tanta gioia. Mi è venuta spontanea una riflessione: perché lì sono ancora tanti i giovani che decidono di consacrarsi al Signore e qui in Italia, invece, sono pochi? Naturalmente le ragioni sono tante e diversificate e non è questo il luogo di approfondirle, però rimane il fatto: c’è ancora gente, grazie a Dio, che decide di consacrarsi al servizio del Signore e dei suoi poveri, e questo è bello. Carissimi, in occasione di questo Santo Natale voglio invitarvi a pregare per le vocazioni religiose e sacerdotali. Vediamo tutti i giorni nel noSeminario di Montalban (Filippine) stro paese come i sacerdoti devono correre per soddisfare ai bisogni delle tre parrocchie, e magari ripensiamo con nostalgia ai tempi in cui c’erano due preti a Mattina, tre a Sera, uno a San Gallo e i preti del seminario. Quei tempi non torneranno più ma preghiamo perché nella nostra Brescia ci sia comunque un aumento di preti e suore. Vi invito, inoltre, a fare un po’ di buona propaganda per la vita sacerdotale e religiosa. Non credo che Dio abbia smesso di chiamare gli Italiani ma forse i nostri giovani sono attratti da tutt’altre cose. Forse avete per i vostri figli progetti diversi di carriera, di successo, o forse niente progetti, dato che ormai i giovani non ci ascoltano più e scelgono da soli. A Natale celebriamo Cristo che viene ad abitare tra noi, pensate che bello se nella vostra casa ci fosse uno che celebrando la Messa, rende Cristo presente ogni giorno, o predicando, rende Cristo efficace con la sua parola. Buon Natale, cari compaesani e grazie per le preghiere che sicuramente farete. don Oreste Ferrari
Novizi di Montalban (Filippine) 43
DAL MALI (AFRICA)
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n caro saluto, un abbraccio a tutti, un augurio di BUON NATALE. Il Bimbo Gesù che vogliamo accogliere quest’anno a Natale ci aiuti a far cadere le barriere del nostro cuore, delle nostre case e chiese, delle nostre città e nazioni per accoglierLo nei nostri fratelli più piccoli, poveri e emarginati, migranti, rifugiati, fuggiaschi, assetati e affamati di pace, di pane e di giustizia; e… una preghiera per la nostra amata Africa: Maria di Nazareth, tu che conosci per esperienza personale quel che vuol dire essere giovane, povera, incinta e non ancora sposata …. ti chiediamo di aiutare le grandi schiere di giovani fanciulle dell’ immenso continente africano. Hanno estremo bisogno del tuo sostegno, appoggio. Maria, giovane mamma di Nazareth, tu che probabilmente hai sofferto non poco quando mandavi a scuola il piccolo Gesù con la camicia logora e più volte rattoppata, magari a piedi nudi, tante volte con una misera colazione, ti supplichiamo a favore dei numerosi bambini africani. Anche loro hanno diritto a una colazione sostanziosa, ad aule accoglienti, lavagne, banchi e sedie da dove imparare a leggere e scrivere. Maria, giovane sposa di Nazareth, tu che hai valorizzato e apprezzato la presenza, il sostegno, il lavoro del tuo marito Giuseppe,
ispira nella gente africana il valore inestimabile del matrimonio e della vita vissuta in una vera famiglia. Ispira i grandi del mondo a difendere l’istituzione della famiglia. Ispira i grandi del mondo a creare opportunità di lavoro per giovani e adulti del continente africano. Gesù, Giuseppe e Maria,dal cielo benedite la nostra povera sorella Africa. Fr. “AL” Mengon
Buon Natale Sr Erminia Apostoli e comunità
NATALE. giorno senza travagli
E’ bello sentirsi amati da qualcuno, con Giuseppe e Maria che con il loro sì “Mio Figlio è venuto tra voi per sgarbugliare han costruito la Santa Famiglia. la matassa e farvi provare, Allora Gesù è arrivato tra noi come fratello momenti di Paradiso”. di giovani, vecchi, ammalati, carcerati, Grazie o Maria per aver detto sì all’ Angelo, drogati, disoccupati, immigrati. Quante volte nei miei travagli ho pensato perché da quando Tuo Figlio mi tiene per mano, A Maria, madre di Dio ed alla Sua bontà i miei travagli mi hanno lasciato. che con parole sante ci dice: Pietro Stefana 44
IL MISTERO DEL DEMONIO A partire dalla proiezione del film “Liberami”, mons. Oliviero Faustinoni spiega cosa significa, oggi, parlare del diavolo e il ruolo degli esorcisti.
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di Betty Cattaneo e Luciano Zanardini
el linguaggio popolare il termine “diavolo” torna più volte, ma fino in fondo non siamo poi così convinti che esista davvero. L’ Acec Brescia ha promosso, martedì 22 novembre, nella Sala della comunità Aurora di Roncadelle una doppia proiezione del film Liberami, la docufiction di Federica Di Giacomo premiata a Venezia nella sezione Orizzonti. “Liberami” racconta la vita di padre Cataldo, uno degli esorcisti più ricercati in Sicilia. Affronta un tema delicato e difficile, di cui, ancora oggi, si sa poco, un tema circondato da un alone di mistero, da superstizione e stereotipi. Ogni anno sempre più persone chiamano possessione il loro malessere. E la Chiesa risponde nominando preti esorcisti che, è bene sottolinearlo, compiono un servizio gratuito. Nella nostra diocesi sono sette ed è stato costituito il Collegio degli Esorcisti, il cui segretario è mons. Oliviero Faustinoni, che è intervenuto, insieme, a don Gianluca Gerbino alla presentazione del film. Se la facoltà dell’esorcistato è per tutti i sacerdoti, solo il Vescovo è esorcista e delega secondo un criterio rigido che affonda le sue radici nella tradizio ne millenaria. Gesù è stato il primo esorcista. “Il rituale del libro degli esorcisti, tra le raccomandazioni, pone in evidenza – racconta Faustinoni – alcuni passaggi: il sacerdote esorcista deve avere una chiara e rispecchiata vita spirituale, deve conoscere la teologia e le scienze umane e deve avere una vita di preghiera consolidata”. La situazione. Oggi si sente sempre più il bisogno di avere degli esorcisti. “È in aumento la richiesta del colloquio con l’esorcista, non sono in aumento le persone possedute dal demonio. Oggi le persone faticano ad avere una ri sposta efficacia alle problematiche della vita e della sa lute che vivono quotidianamente e dove si sperimenta, ad esempio, della medicina tradizionale o il fallimento della progettualità della vita. La persona si trova, a un certo punto, incapace di prendere in mano la situazio ne o di rivedere la sua posizione. Il risultato è lo scon forto”. Spesso, poi, cerca una risposta o un sollievo in situazioni esterne: si convince che ci sia qualcosa che ha interagito e determinato la situazione”. Nel 2015 ci sono stati, solo nella nostra Diocesi, circa 2000 col loqui (molti provengono anche dalle Diocesi vicine), di questi circa il 10% hanno avuto bisogno dell’esor cismo. Di fronte all’instabilità e all’incertezza, “tanti hanno bisogno di un conforto, di un consiglio, di un aiuto e di un ascolto. Devono essere aiutati a fare di scernimento per comprendere i loro disagi”. Va an che detto che, al primo colloquio, “se una persona ha problemi di salute, deve portare le cartelle mediche per favorire il discernimento del sacerdote esorcista”. C’è un alone di mistero. Quasi, anche all’interno del la Chiesa stessa, si fatica a parlarne. “Il mistero ha una sua ragione d’essere, perché la Chiesa ha sempre circondato questo ministero di una certa riservatez za (per evitare anche eventuali strumentalizzazioni). Oggi si parla di un vero e proprio ministero alla luce del giorno per accogliere le tante persone che si rivol gono a noi”. (Da “La Voce del Popolo”) 45
L’accoglienza Sprar a Botticino:
spunti e riflessioni per capire
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a cooperativa K-pax, ente gestore del progetto di accoglienza a Botticino, cerca di fornire ai richiedenti asilo e titolari di protezione tutti gli strumenti che consentano di vivere in Italia da cittadini liberi e membri attivi di una comunità. Ma cosa significa essere “richiedenti asilo” e “titolari di protezione”? Cosa significa essere “membri attivi di una comunità”? Ma soprattutto chi sono e dove vivono questi ragazzi a Botticino? Sono interrogativi molto diversi ma certamente spontanei, ai quali cercherò di rispondere con semplicità e chiarezza, augurandomi di trasmettere ai lettori qualche spunto di riflessione su un tema tanto complesso quanto attuale.
Grazie agli appartamenti messi a disposizione dalle Parrocchie di Botticino e alla collaborazione del Comune, la cooperativa K-pax al momento accoglie 8 persone tra richiedenti asilo e titolari di protezione. Un richiedente asilo è un soggetto che è fuggito dal suo paese d’origine ed è in attesa che lo Stato italiano riconosca o meno il suo diritto di vivere sul territorio; il titolare di protezione è invece una persona che è riuscita a dimostrare allo Stato italiano la fondatezza dei motivi che lo hanno spinto a fuggire. In entrambi i casi i tempi di permanenza nel progetto non sono infiniti ma hanno una scadenza: per il richiedente si tratta di un periodo variabile legato alla richiesta di asilo, per il soggetto riconosciuto il progetto SPRAR 6 mesi di accoglienza, prorogabili solo in casi particolari.
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Accoglienza profughi Proprio per il carattere transitorio del progetto, i ragazzi sono consapevoli della delicata condizione legale e sociale che stanno vivendo: spesso avvertono la loro presenza come ‘di passaggio’, marginale. Dall’altra parte (aggiungerei inevitabilmente), anche la comunità tende a percepire i ragazzi come alieni al territorio: questo doppio meccanismo purtroppo non è virtuoso, anzi, genera un ‘muro invisibile’, una barriera difensiva dettata dall’incomprensione dell’altro. Ad esempio vi parlo di Francis, uno dei ragazzi in accoglienza da qualche mese e posso dire con piacere che la sua posizione a Botticino è cambiata con il trascorrere del tempo: se all’inizio la sua difficoltà di espressione portava con sé timidezza, esclusione e incomprensione, ora Francis ha migliorato notevolmente il suo italiano e la rete sociale in cui si trova fa sorridere un po’ di più lui e gli altri. Essere attivi in una comunità significa allora entrare in un processo virtuoso di reciproca solidarietà, dove sia i ragazzi che la popolazione locale possa vedere nell’altro una risorsa, una condivisione genuina dell’abitare lo stesso territorio. Speriamo che Francis, Isaac, Musa, Blaise a Botticino sera, e Jawad, Dawood, Balla e Olanrewaju a Botticino mattina, sappiano inserirsi in un clima di scambio e di aiuto, per abbattere insieme quel muro invisibile. Alessandro Rizzi Operatore sociale per la Cooperativa sociale K-pax ONLUS
Maurizio Ambrosini Università di Milano, direttore della rivista Mondi migranti
“AIUTIAMOLI A CASA LORO”: E SE LA CASA NON C’È PIÙ? Un luogo comune apparentemente ragionevole recita: “Aiutiamoli a casa loro”. In realtà, si vorrebbe che si aiutas sero da soli, senza scomodare noi. Nel caso degli immigrati, questo slogan non tiene colto della domanda del loro lavoro (2,3 milioni di occupati regolari in Italia, secondo l’ISTAT). Nel caso dei rifugiati potrebbe avere più senso, a patto però che una casa in cui stare o tornare l’abbiano. E che non sia minata o sotto attacco. Sono reduce da un viaggio a Erbil, Nord Iraq, capitale del Kurdistan, ospite dell’ONG Terre des Hommes Italia: ho visto da vicino che cosa significa “accoglierli a casa loro”, o almeno nei paraggi. La regione accoglie 225mila rifugia ti siriani e circa 900mila sfollati interni dalle zone dell’Iraq cadute nelle mani dell’Isis. Oggi sta affrontando l’emergenza degli arrivi da Mosul, dove si continua a combattere. Già questi numeri dovrebbero indurre qualche cautela quando in Europa ci si lamenta di un fardello insopportabile di rifugiati. Ma soprattutto è sbagliato pensare che da quel le parti per misteriose ragioni l’accoglienza sia indolore. La maggioranza sono stati accolti in città, grazie alle proprie ri sorse e alle reti di parentela, ma sono andati a ingrossare l’ar mata dei lavoratori precari, informali, temporanei. Ora non possono più neanche metterci piede: sono fermati a 70-80 chilometri da Erbil, e ospitati in sovraffollati campi profughi, fatti di container e più spesso di semplici tende. Lo standard è di un servizio igienico ogni 20 persone nei campi “normali” e di uno ogni 40 in quelli di emergenza. Si cerca di assicurare la scolarizzazione dei minori, che sono circa la metà dei profughi e hanno già perso anni di scuola, ma in condizioni in cui lo studio è un lusso pressoché im praticabile. Cresce il numero dei minori non accompagnati, maschi adolescenti che l’esercito cerca di reclutare. I padri non trovano lavoro e le autorità cercano di spin gerli al ritorno: anche lì vorrebbero che si aiutassero a casa loro. Il problema è che la casa molte volte non c’è più, è stata saccheggiata e data alle fiamme, mentre strade e campi sono minati, le infrastrutture distrutte, l’economia azzerata. Chi ci sta provando affronta prove drammatiche, una vita peggiore di quella dei campi profughi. Il ritorno non è una soluzione per l’oggi, ma una sfida per il domani. E una sfida che riguar da tutti, e non solo loro. 47
“MAI SENZA L’ALTRO”
Auguri di Pace e Solidarietà Questo è l’augurio che rivolgiamo alla comunità di Botticino, perché ognuno possa vivere intensamente questo periodo di annuncio e di pace. Annuncio che porta all’amore offerto da DIO attraverso la nascita di GESU’. Riflettiamo su questo anno così intenso per il nostro gruppo che ha vissuto l’emozione di festeggiare i dieci anni di vita insieme ai nostri ragazzi. Anno che è coinciso con l’anno Santo della Misericordia e che ha dato significato al nostro essere attenti e disponibili verso amici e famiglie con disabilità. Ognuno di noi, a modo suo, cerca di interpretare l’invito di Papa Francesco che ricorda di vivere “Una Chiesa che ama, accogliente, povera e missionaria”. Quando ci incontriamo, ci basta vedere i nostri amici felici, alcune volte impegnativi, ma così gratificanti quando con un sorriso o un grazie ci danno la carica per continuare nelle attività intraprese. Ci piacerebbe incontrare ragazzi che condividano con noi il nostro stare insieme, abbiamo bisogno di forze fresche per dare al gruppo un’energia ancora più calorosa e spensierata. Ricordando alcune parole di MADRE TERESA, quando la interrogavano sul suo operare instancabile verso gli ultimi, la suora rispondeva: “La vita è una sola, non è come i sandali che posso cambiarli. lo debbo spenderla tutta per seminare amore fino all’ultimo respiro. Ricordati che quando moriremo porteremo con noi soltanto la valigia della carità”. BUON NATALE e SERENO ANNO NUOVO a Tutti e chi volesse incontrare il nostro gruppo,ci troverà in sala s.Luigi (oratorio di sera) il 17 dicembre alle ore 16 per farci gli auguri e vivere un momento di felice condivisione.
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LABORATORIO DI 23 CUCITO ... E NON SOLO ottobre 2016 C
i risentiamo a due mesi dall’inizio dell’attività per informare che il CORSO DI TAGLIO E CONFEZIONE è stato apprezzato. Per motivi di spazio e organizzazione sono state accolte dieci partecipanti, ma altre donne ci hanno contattato e, in un certo senso, si sono prenotate nel caso si liberasse un posto o si intendesse ripetere l’attività l’anno prossimo. Contatti si sono avuti anche da fuori paese, grazie ad un passaparola disinteressato ma efficace. La prima fase è quasi terminata con la realizzazione di una gonna e prima di Natale si imposterà il modello base per una casacca senza riprese. Questo corso ha fatto conoscere l’esistenza del nostro laboratorio ad altre donne che si sono facilmente ambientate, anche se non conoscevano nessuno, e che sono così ritornare anche in altri pomeriggi, aggiungendosi a chi ha fatto del laboratorio un appuntamento costante. Viste le presenze e quel che c’è da fare, verrebbe voglia di aprire l’attività anche in altri giorni, ma non
possiamo se non ci sono altre donne, con esperienza nel campo, che offrono un po’ di tempo per aiutarne altre che vogliono imparare! NON SERVONO TITOLI DI STUDIO, solo un po’ di esperienza e disponibilità. Si è ricompensate con amicizia, stima e gratitudine. NON È POCO! Per chiarezza ribadiamo che l’iniziativa si attua sul volontariato di tutte le persone coinvolte, che non è di spesa alla Parrocchia e che versa tutte le eventuali offerte ricevute alle parrocchie di Botticino per le attività caritative. La persona che svolge volontariato chiaramente ha tempo disponibile per farlo, non è perfetta, anzi è spesso molto consapevole dei suoi limiti e difetti. Non possiamo criticarla se tenta di migliorare offrendo proprio del lavoro o del tempo per aiutare gli altri. Vorrei approfittare del notiziario parrocchiale per condividere alcune riflessioni e idee ancora allo stato embrionale. La presenza saltuaria in laboratorio di una ragazza che ha terminato la scuola professionale di
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moda ed ora si ritrova nella difficoltà di trovarsi un’occupazione, come la maggior parte di giovani, mi ha fatto pensare che potrebbe essere interessante per loro se potessero continuare nell’apprendimento e nello stesso tempo mettersi alla prova in un percorso di gruppo semi-assistito all’interno del nostro laboratorio….. Di conseguenza penso a quante persone con esperienza in vari campi, ma in pensione, sarebbero disponibili a togliere almeno un pomeriggio alla settimana i ragazzi dal divano o dalla strada e ad offrire loro uno “stage” gratuito. Penso ad esempio alle belle cucine di cui l’oratorio dispone, ad un ex cuoco o pasticcere o fornaio e ad un gruppetto di ragazzi/e che si mettono in gioco, non per produrre, ma per provare a fare e ad essere protagonisti anche solo nella preparazione del loro pranzo! Penso a ragazzi che hanno frequentato scuole agrarie e attendono di trovare un lavoro. Non c’è per loro un orto o un pensionato disposto a condividere con loro le conoscenze relative al vigneto? Basta un contatto, sapere il giorno e l’ora, sapere attendere e insieme piano piano definire l’iniziativa. IL LABORATORIO DI CUCITO...E NON SOLO AUGURA BUONE FESTE. Anche il laboratorio ha ricevuto un bellissimo regalo. Ringraziamo Basilio Quecchia per la tagliacuci professionale che ha offerto nella condivisione delle finalità del laboratorio. la referente Ausilia
pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia mese di dicembre 2016
AMORIS LAETITIA Le sfide al matrimonio e alla famiglia che Amoris Laetitia prende in considerazione sono lette sempre alla luce della speranza, valorizzando il buono che c’è in ogni situazione e spronando a camminare verso quel maggior bene portato da Cristo. L’individualismo narcisista e la destrutturazione dell’umano, il riduzionismo economico e la perdita dell’orizzonte trascendente del vivere sono alcune delle coordinate principali sottese all’analisi degli attacchi odierni inferti dal mondo alla piccola chiesa domestica (cap. II). Papa Francesco è ben cosciente dei pericoli e per questo invita a tenere lo sguardo fisso su Gesù, proponendo una veloce carrellata di alcuni dei più salienti interventi magisteriali sulla vita familiare (cap. III). Sempre, però, il punto di vista è quello dell’evangelizzazione, di una Chiesa in uscita con la forza rigenerante del Vangelo. Per questo non si ha paura a riconoscere che anche nelle situazioni relazionali più complesse, dolorose o imperfette, si
possano trovare delle tracce di Cristo, dei “Semi del Verbo” da valorizzare e da cui partire. Al n. 77 di Amoris Laetitia così si apprende: “Assumendo l’insegnamento biblico, secondo il quale tutto è stato creato da Cristo e in vista di Cristo (Cfr. Col 1,16), i Padri sinodali hanno ricordato che l’ordine della redenzione illumina e compie quello della creazione. Il matrimonio naturale, pertanto, si comprende pienamente alla luce del suo compimento sacramentale: solo fissando lo sguardo su Cristo si conosce fino in fondo la verità sui rapporti umani” (AL 77).
PAOLO VI E LA SPIRITUALITÀ FAMILIARE Al tempo dell’episcopato nella diocesi di Milano, chiuso nel periodo tra il 1955 e il 1963, il cardinal Montini scrisse una Lettera pastorale nella Quaresima del ‘60 dal titolo: “Per la famiglia cristiana”, facendo seguito ad un Sinodo locale proprio sul matrimonio e sulla famiglia. Delle tre
parti di cui è formata la Lettera, la terza è dedicata in special modo al tema della “Perfezione del matrimonio cristiano” e in essa si trovano importanti spunti sulla spiritualità coniugale, sulla vita secondo lo Spirito che deve innervare il quotidiano delle case cristiane. Secondo Montini, allora, il discorso sulla spiritualità coniugale non è una questione di élite, ma entra nell’accompagnamento ordinario di tutta la Chiesa e per tutti gli sposi. Infatti il punto di partenza di questa spiritualità riposa nella comunità di amore suscitata e alimentata dalla Grazia di Dio: dall’identità della coppia di sposi cristiani viene la possibiltà e la necessità di vivere l’amore del Risorto, amore che si chiama carità! A questo riguardo il Vangelo di Giovanni ci ricorda: “Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna” (Gv 12,24-25). La spiritualità coniugale attinge da questa sorgente di amore di carità, fatto di dono sacrificale, di offerta per una fruttuosità che punta al futuro, di riconoscimento che la vita è aperta verso l’eternità e così pure il matrimonio. Per vivere questa spiritualità, il cardinale indicava alcuni passi essenziali, tra cui la preghiera di coppia e la vita liturgica, la comunione familiare, la correzione fraterna e il perdono, la testimonianza nella Chiesa e nel mondo. segretariato diocesano pastorale familiare
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pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia
IL CONSULTORIO DIOCESANO
Tra le persone e le situazioni che vengono accolte presso il Consultorio Diocesano, spiccano con evidenza le situazioni di richiesta di aiuto per la coppia: spesso si presentano coppie di sposi o di conviventi in crisi; altre volte una persona singola che chiede aiuto per questioni di coppia, come pure non sono rare le richieste di carattere educativo da parte delle coppie genitoriali. Lo strumento principale utilizzato da diversi profes sionisti, e con diverse applicazioni, è quello della cosiddetta “consulen za”. Si tratta di un processo di presa in carico della situazione e delle persone interessate, costituito da una relazione accogliente ed empatica, di vera e propria cura educativa. I problemi e le conseguenti ferite, come effetto cascata, impongono momenti di grave fatica e stress alla relazio ne di coppia. Il percorso ha come finalità una maggiore consapevolezza da parte dei soggetti in aiuto, insieme ad un training di rafforzamento delle proprie capacità (far emergere in maniera strategica le energie e “Retrouvaille” propone weekend per coniugi che vivono un momenle risorse nascoste) e una restituzione di una responsabilità più matura, to di difficoltà, di grave crisi, che per affrontare meglio i difficili snodi esistenziali. La consulenza, quindi, pensano alla separazione o sono già separati ma desiderano ritrovare al di là delle specificità del singolo caso e delle procedure messe in atto se stessi e una relazione di coppia dall’operatore, si manifesta come un vero e proprio processo educativo, chiara e stabile. tanto da poter dire che essa è essenzialmente “consulenza educativa”. Per info: info@retrouvaille.it e www. Essendo un intervento focale (mirato) e con specifici obiettivi a breve retrouvaille.it. termine, la consulenza viene condotta in un tempo chiuso e con una frequenza ordinaria di incontri abbastanza ampia, tale da giustificare la qualifica di percorso educativo: si chiede ai soggetti in questione di muovere loro il cambiamento nel vissuto quotidiano. Per far questo ben si capisce che si necessita di un tempo sufficiente, di solito quantificato in una consulenza ogni quindici giorni.
numero verde da numero fisso 800-123958 da cellulare 3462225896
“SERVITORI DI MISERICORDIA”
Il Centro Famiglia Diocesano si trova in Via Schivardi al numero 58 (tra casa Santa Madre e l’Ospedale Domus Salutis), a fianco dell’Ospedale Civile. E’ a disposizione dell’utenza ma vista la zona, è a disposizione un’ampia possibilità di parcheggi nei dintorni; è raggiungibile con i mezzi pubblici, con l’autobus (linea 10) oppure con la metropolitana (fermata Ospedale). Giorni e orario di apertura: Lunedì e Mercoledì dalle 9.00 alle 19.00 Martedì, Giovedì e Venerdì dalle 13.00 alle 19.00 Sabato dalle 9.00 alle 14.00 I nostri numeri di telefono: Telefono: 030/396613 Fax: 030/3392101 Sito web: www.consultoriodiocesanobrescia.it
Presso il Centro di Spiritualità Familiare Beato Paolo VI (c/o Santuario Madonna della Stella, Cellatica) è iniziato il servizio, discreto e prezioso, di un gruppo di sacerdoti per ascolto – orientamento – discernimento delle situazioni coniugali difficili, complesse e dolorose. I “servitori di miser cordia”, così si chiama il gruppo, sono disponibili a turno il sabato mattina (10.00- 12.00), previa prenotazione telefonica al numerodel Centro (sig.ra Paola – 3925623961).
GRUPPO GALILEA
Cammino di fede per persone che vivono situazioni matrimoniali difficili o irregolari. Incontri mensili che hanno al centro la Parola di Dio, con ampi spazi di ascolto, riflessione e condivisione. Ore 17.00-19.00, Centro pastorale Paolo VI. In gennaio: domenica 08/01/2017 ritiro dalle ore 15.00. 51
Scuola don Orione
SCUOLA PRIMARIA E SECONDARIA DI PRIMO GRADO
paritarie
via Don Orione 1 Botticino Sera
iscrizioni scuola? la risposta della Scuola “don Orione” di Botticino Gentilissimi genitori,
si avvicina il tempo della scelta della scuola secondaria di primo grado: completare il percorso formativo iniziato al Don Orione, scegliere una scuola di stato o altra tipologia di proposta didattico formativa del territorio? La scuola “media” fa da cerniera tra la fanciullezza e l’adolescenza, è chiamata scuola secondaria di primo grado per distinguerla dal secondo grado delle “superiori”, ma di fatto nella normativa vigente chiude il primo ciclo di istruzione, quindi è il naturale completamento del percorso della primaria. Insomma anche il Ministero con le sue etichette sembra aumentare il disorientamento dei genitori in questo Parrocchie di Botticino momento. Il vero passaggio è quello che i nostri alunni e vostri figli andranno a campiere al termine della classe terza quando, opportunamente guidati dal laboratorio di orientamento che la nostra scuola propone gratuitamente, dovranno scegliere la scuola che li traghetterà verso il loro futuro. La tendenza a vedere i nostri ragazzi grandi, pronti e maturi per il mondo è una tentazione comprensibile, ma corrisponde davvero alla loro fase evolutiva o è solo una nostra aspettativa? Nella nostra scuola il progetto continuità all’interno del primo ciclo è messo in pratica con attenzione ai bisogni degli alunni delle famiglie: i docenti, numericamente inferiori a quelli della statale, sono già conosciuti dai bambini ed è garantita la continuità nell’insegnamento. Sapete bene che nelle scuole statali, non certo per cattiva volontà, molti professori vivono in continua precarietà e vengono sostituiti più volte nel corso dell’anno e del triennio. Può essere allora utile e facilitante una valutazione che tenga in considerazione pro e contro. A favore della permanenza nella nostra scuola possono essere considerati criteri quali: • Continuità • La conoscenza dell’ambiente e delle modalità didattico- formative • La conoscenza dei compagni con i quali sono stati condivisi gli anni della scuola primaria • Nuovi progetti che arricchiscono l’offerta formativa come le Life Skills Training, nuove modalità di approccio musicale e strumentale il laboratorio teatrale, il potenziamento sportivo e linguistico
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Lo sviluppo dei nuclei fondanti delle varie discipline con approcci interattivi I libri in prestito a titolo gratuito L’aiuto della regione Lombardia ( Dote scuola) e della diocesi La possibilità di avere un rimborso nella denuncia dei redditi La flessibilità dei servizi offerti ( pre scuola – mensa- doposcuola)
Se l’unico elemento che impedisce alle famiglie l’iscrizione alla secondaria fosse il pagamento della retta, ricordiamo le occasioni di rimborso già elencate e rassicuriamo circa la possibilità di accordi personalizzati e in misura del tutto discrezionale con la Direzione. Se invece si pensa a questioni relazionali, informiamo che la relazione tra i pari è al centro della nostra progettazione con laboratori che mirano allo sviluppo delle competenze sociali, inoltre il tempo scuola al Don Orione va dal lunedì al venerdì dalle 7.45 alle 13.40 lasciando ampio spazio nel pomeriggio e nel fine settimana per coltivare amicizie, sport e altre attività aggregative che arricchiranno i vostri figli. Come sempre ciò che sta a cuore alla nostra scuola e a voi famiglie è il benessere dei nostri ragazzi: stare bene a scuola li aiuta a stare bene anche fuori dalla scuola. Augurandovi una scelta serena, libera e responsabile, vi salutiamo cordialmente. I docenti della scuola secondaria di primo grado Domenica, Roberta, Elena, Paola, Alessandro, Gemma, Claudia e don Alessandro (curato di Virle e insegnante di religione)
LEARNING BY DOING - LIFE SKILLS TRAINERS
Espressioni inglesi per indicare nuove strategie , percorsi innovativi per motivare all’apprendimento dei ragazzi del ventunesimo secolo. Learning by doing, imparare facendo, imparare attraverso il fare. Sembrava, e sembra questa, la migliore strategia per imparare, ove l’imparare non sia solo il memorizzare, ma anche e soprattutto il comprendere. Non si dimentichi però che non si apprende attraverso il mero fare, la semplice attività non accompagnata dal pensiero, dalla riflessione. All’azione si deve accompagnare il pensiero: quindi learning by doing, ma anche learning by thinking. Operare pensando, riflettendo, discutendo con se stessi e congli altri (cooperative learning).E, tuttavia, fare e pensare non si può senza essere motivati. “Ogni essere che agisce, agisce per un fine. Ora, per ogni essere, il fine è il bene che si desidera e si ama. Da ciò è manifesto che ogni essere che agisce, qualunque sia questo essere, compie ogni sua azione, qualunque sia questa sua azione, mosso da qualche amore”. L’intelligenza, il pensiero, la stessa azione sono sempre sostenute dall’affettività: learning by loving! Perché gli alunni operino e pensino, debbono essere motivati: non si impara senza motivazioni, non si comprende senza motivazioni, non si ricorda senza motivazioni.
Life Skills trainers
All’interno della logico dell’apprendimento motivato, la nostra scuola ha aderito al progetto triennale proposto dall’Asl avente come obiettivo lo “star bene” che si acquisisce attraverso l’allenamento di quelle abilità ritenute necessarie per vivere una vita di qualità, per sviluppare le potenzialità e per fronteggiare le sfide quotidiane. Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) con il termine Skills for life “si intendono tutte quelle skills (abilità, competenze) che è necessario apprendere per mettersi in relazione con gli altri e per affrontare i problemi, le pressioni e gli stress della vita quotidiana. La mancanza di tali skills socio-emotive può causare, in particolare nei giovani, l’instaurarsi di comportamenti negativi e a rischio in risposta agli stress: tentativi di suicidio, tossicodipendenza, fumo di sigaretta, alcolismo, ecc.» La nostra attenzione è sempre stata rivolta al potenziamento delle relazioni e alla formazione di personalità consapevoli e responsabili, pertanto abbiamo accolto questo progetto come un’ulteriore opportunità per la nostra scuola di essere sempre più al passo con le esigenze dei ragazzi e delle famiglie che credono nella bontà del nostro progetto educativo. 53
oratori botticino
Raggio di sole Presso l’Oratorio di BOTTICINO SERA RAGGIO DI SOLE Siamo un gruppo di genitori del primo anno catechistico, e abbiamo accolto la proposta di don Raffaele di creare uno spazio riservato ai bambini. Dal giorno stesso ci siamo attivate per organizzare la stanza RAGGIO DI SOLE, raccogliendo idee, giochi e materiale necessario per l’allestimento. Con tanto divertimento ci siamo messe a pulire tutti i giochi e ad allestire la stanza con l’aiuto di figli e mariti. E così detto fatto, nel giro di una settimana la stanza era pronta per essere usata. L’ambiente di gioco si trova nella stanza adiacente al bar ed è suddiviso in tre parti: area gioco 3-8 anni con tappeto moquette nella quale i bimbi possono entrare scalzi per potersi muovere e divertire liberamente, ovviamente nel rispetto dei giochi e dei compagni all’interno. L’area 0-3 anni posizionata all’esterno della stanza in fianco ai tavolini, con tappeto antiurto, casetta delle palline e giochi appositi per l’età. L’area relax, dove i bambini possono disegnare e fare giochi da tavolo. Ci sono poche e semplici regole da rispettare, le due principali richiedono il riordino prima di andare via anche se ci sono ancora bambini all’interno, se facciamo un po’ ciascuno non tocca solo a uno, e la presenza dell’adulto responsabile del bambino. Visto il buon funzionamento della stanza, ci siamo fatte prendere la mano e abbiamo deciso di organizzare tutti i mercoledì un laboratorio creativo dalle ore 16,30 per far divertire i bambini accompagnati da un adulto.
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“ORATORIO APERTO” a Mattina
Attività di animazione, giocosport, laboratori creativi, servizio bar e serate in compagnia per bambini e genitori in alcuni pomeriggi della settimana presso l’oratorio di Botticino Mattina. C’è sempre bisogno di idee e disponibilità per arricchire gli incontri di attività per i nostri figli. per informazioni contattare Simona 3280186940 nelle foto sotto alcune realizzazioni realizzate nei laboratori a Mattina
27-28-29 dicembre 2016
3 giorni a
ROMA
CON ADOLESCENTI
con un gruppo di adolescenti c’è la possibilità di andare a Roma tre giorni in pullman al prezzo di € 210,00 (tutto compreso dalla cena del 27 al pranzo del 29. Sistemazione in camere doppie con bagno). Visita ai luoghi principali della capitale e partecipazione all’udienza di papa Francesco. Chi è interessato parli col parroco (3283108944). 55
USO BOTTICINO Con le festività natalizie finiscono i gironi di andata dei campionati di calcio che vedono impegnate le squadre dell’ U.S.O. BOTTICINO. Anche quest’anno siamo impegnati con i bambini del 2007 e 2008 nel campionato ANSPI che disputiamo con buone prestazioni, grande impegno e volontà. Un pensiero anche per i bambini dell’asilo che svolgono la loro attività con grande entusiasmo. Un doveroso ringraziamento agli allenatori che seguono gli atleti negli allenamenti con passione e competenza. Un ringraziamento ai genitori che con la loro costante presenza e aiuto ci permettono di svolgere al meglio il nostro compito. Con la presente l’U.S.O. BOTTICINO augura a tutta l’UNITA’ PASTORALE un BUON NATALE e un felice Anno Nuovo. Il Presidente, Stefano Franchini
Dumper’s Christmas La nuova stagione calcistica è giunta ormai al giro di boa e dopo un inizio caratterizzato da infortuni e da uno stato di forma non ottimale, la Dumper sembra aver trovato la condizione giusta per togliersi parecchie soddisfazioni in un girone che presenta avversari tosti e trasferte molto insidiose. Mister Mauro Boifava, affiancato dal presidente Marco Tambussi e dal vice Flavio Cavagnini, guida un gruppo compatto e determinato a raggiungere il vertice della classifica cercando di ricalcare i fasti del glorioso recente passato. Tutta la società per il quinto anno consecutivo ha deciso di festeggiare il Natale con i propri tifosi, organizzando una grande festa alla quale è invitata tutta la comunità: l’evento è fissato per il giorno 17 di Dicembre presso il teatro dell’oratorio di Botticino Mattina, con una cena a base di porchetta al forno e polenta; non mancheranno assolutamente la tradizionale tombola natalizia con ricchi premi, l’open bar gestito dal 10 Genio e i set dei DJ ufficiali Dumper Andrea Zanetti e Andrea Spranzi. Buon Natale a tutti e sempre forza Dumper! 56
C
osa dire di un gruppo di quasi trentacinque adolescenti che si incontrano ogni settimana in oratorio? Ebbene sì! E’ proprio così! Da più di un mese un gruppo di ragazze e ragazzi annata 2003, si trovano settimanalmente per un incontro formativo con l’aiuto di persone adulte che formano ed animano questo gruppo, o quanto meno ci provano. E’ un dare e ricevere vicendevole. Abbiamo fatto la scelta di dare spazio a questi splendidi ragazzi che hanno tanto da dire e che spesso, presi da altre prospettive di vita a volte effimere, sfugge loro la bellezza e la profondità del senso più vero della loro vita. Soprattutto per questa ed anche altre ragioni, noi formatori/animatori abbiamo dato loro la possibilità di parlare, discutere, animarsi con creatività, per far conoscere la spiritualità che è già in loro ma che va aiutata ad emergere in modo libero, senza vergogna e senza la paura del giudizio. Questi incontri settimanali sono volti a farli diventare “persone” mature per affrontare in modo responsabile ciò che incontreranno nel cammino della loro vita, ad accogliere le diversità qualsiasi esse siano (culturali, religiose, politiche ecc.), ad amare le fragilità, le sofferenze e le debolezze umane che sono infinite; soprattutto a
non vivere la pericolosità dettata dall’indifferenza. Insieme a tutto ciò non mancano momenti di sana convivialità e svago, come una pizza insieme, sane risate, giochi e scherzi; insomma, non ci si dimentica di divertirsi! Anche il vivere con leggerezza certi momenti fa bene all’anima e non significa vivere nella superficialità di ciò che ci circonda. Tutto è volto a devolverci in meglio ed è quello che noi animatori/formator intendiamo fare insieme a loro e alle loro famiglie che abbiamo sentito da subito attente e premurose nell’aiutarci per il loro bene. Tutti insieme, come in un coro dove ognuno ha il suo posto cercheremo di far affiorare i loro bisogni e desideri, le loro fragilità, certezze e le loro emozioni. Per tutto questo vi invitiamo tutti i ragazzi ogni venerdì sera dalle 20,15 alle 21,15 presso l’oratorio di Botticino Sera Laura & Collaboratori
PRESSO ORATORIO SERA CONTAINER PER LA RACCOTA INDUMENTI, ABITI, SCARPE, BORSE INOLTRE RACCOLTA TAPPI PLASTICA E OLIO USATO P
pulizia chiese e oratori, servizio bar e cucina, piccoli lavori di manutenzione, RIVOLGERSI AL PARROCO 57
Malta
sulle orme del “naufragio” dell’apostolo Paolo Pellegrinaggio dell’Unità Pastorale di Botticino
V
iaggiare è come uscire dalla crosta delle proprie abitudini e trasformare la pagina bianca del viaggio ed il tempo necessario per compierlo in qualcosa di nuovo e vivo. “Aiutandosi con tavole di legno e rottami della nave, tutti arrivarono a terra sani e salvi. Dopo essere scampati al pericolo, venimmo a sapere che quell’isola si chiamava Malta. I suoi abitanti ci trattarono con gentilezza. Essi ci radunarono tutti intorno a un gran fuoco che avevano acceso” (Atti degli Apostoli 1-3). Questo accadde a San Paolo nel corso del suo ultimo viaggio, detto della “prigionia” che lo porterà a Roma, ove sarà processato e condannato alla decapitazione. I numerosi pellegrini dell’Unità Pastorale hanno voluto percorrere i luoghi del naufragio, scendere nella grotta ove San Paolo trascorse tre mesi sotto la sor-
veglianza del governatore Publio: quasi, da parte nostra, una conclusione ciclica, dopo Konia, Efeso ed Atene, mete di precedenti viaggi. Un vero tempo prolungato “di esercizi spirituali” per condividere un’esperienza profonda che fa bene al “cuore e allo spirito” come sottolineato da Don Raffaele nelle omelie delle messe celebrate nell’isola. Breve il volo e sotto di noi il Mediterraneo si tiene come gelosamente nascosto, coperto da un compatto tappeto di nuvole bianchissime: uno spettacolo meraviglioso senza confini. Improvvisamente uno squarcio ed ecco l’isola, nei suoi contorni frastagliati. Nel viaggio di trasferimento verso St. Paul’s Bay, possiamo ammirare il suo caleidoscopico paesaggio: le sfumature della macchia mediterranea si uniscono al blu intenso del mare, il colore ocra delle rocce, congiunto con la luce, assume un
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giallo intenso, piccoli campi delimitati da infiniti muretti a secco, in lontananza sulle colline paesi arabeggianti. E’ Malta, la “Melita” dei Romani, che dal miele l’hanno chiamata; secondo altri, da melitella, un’erba locale molto diffusa. Nella baia St. Paul’s, di fronte a noi, ecco i due isolotti sui quali naufragò la nave che portava l’Apostolo a Roma. Qui San Paolo fu morso da una vipera, ma non ne ebbe danni, suscitando lo stupore dei presenti che dicevano: “questo uomo è un dio” (Atti 28-5). Su strette strade il pulman arranca verso Rabat, l’antica capitale, “la città del silenzio”: un tessuto urbano medievale intatto, un reticolo di viuzze che svelano meravigliosi particolari architettonici, con i tipici balconi incastonati nelle facciate delle case, dai quali si può guardare l’esterno, senza essere visti. Il tutto, una visione fiabesca! Entriamo nella cattedrale di San Paolo, costruita, secondo la tradizione, sul luogo della villa del governatore Publio che accolse l’Apostolo: un interno barocco abbagliante, un pavimento tappezzato dalle tombe dei nobili maltesi. In una teca preziosa la reliquia della mano di San Paolo e visibile un frammento della colonna della sua decapitazione. Segni tangibili di devozione e riconoscenza del bene ricevuto. “Gli abitanti dell’isola che erano ammalati vennero da lui e furono guariti” (Atti 28-9). Fuori la cinta muraria ecco la bianca Rabat, l’altra faccia di Mdina. Sotto la chiesa di San Publio, per una stretta scala si scende nella grotta, ove San Paolo trascorse tre mesi di “sorvegliato speciale” e tenuto in grande considerazione dal popolo che “… diceva che era un Santo”. Nella penombra la statua del Santo sem-
bra guardarci, in atteggiamento severo. Scivola lento il battello che ci porta a Gozo, verde isola, con disseminati bianchi villaggi sulle alture, dimore antiche e casette ad un piano. Ci accoglie la monumentale facciata del Santuario di Ta’ Pinu, costruito per ricordare l’apparizione a Carmela Grima, umile contadina del posto. Qui don Raffaele, nella messa, sottolinea l’importanza dell’esperienza dello stare insieme, di allacciare relazioni nuove nei quattro giorni del pellegrinaggio in terra lontana. Dialogo, amicizia, empatia. È spettacolare la visione della Blue Grotto, la “Grotta Azzurra”: una profonda gola, un’ansa segnata da un grande arco naturale. Emozionante l’escursione con le colorate imbarcazioni maltesi: i riflessi dell’acqua straordinariamente blu sulle pareti di roccia regalano effetti di luce abbaglianti; un piccolo paradiso incastonato in acque limpidissime. Non poteva poi mancare un tuffo culturale nel sito archeologico dei Templi di Ggantija: colossali costruzioni di 5.000 anni fa, con blocchi pesanti anche 30 tonnellate posati in altezza: un vero rompicapo per gli studiosi che si sbizzarriscono ancora oggi in infinite ipotesi! Sarà poi vero che noi oggi conosciamo tutto? La visita alla cattedrale di San Giovanni, edificata dai Cavalieri di Malta, è anche un nostro doveroso omaggio a questi uomini, frati e guerrieri nello stesso tempo, strenui difensori dell’isola per trecento anni dall’assedio ottomano. In religioso silenzio ammiriamo il capolavoro del Caravaggio, “la decollazione di San Giovanni Battista”. Il chiaroscuro dell’opera, la sua luminosità, il cromatismo cupo coinvolgono mente e cuore. Un’emozione intensa. Lentamente, quasi ad assaporarne il fascino, percorriamo il
reticolo di strade della capitale la Valletta, animata e vivace: aspre salite, ripide discese, città ricca di fascino e di storia. I poderosi bastioni di S. Elmo e di S. Angelo rimandano la memoria al terribile assedio del 1565. Ma i cavalieri non cedettero ed i Turchi dovettero reimbarcarsi: era l’8 settembre, festività del nome di Maria che i maltesi hanno scelto come Protettrice. Ancor oggi il nome Maria è il più diffuso, testimonianza della profonda religiosità di questa gente.
Sono stati giorni indimenticabili che hanno fatto bene allo spirito, nella condivisione di nuove esperienze e amicizie per apprezzare i tratti umani più veri delle persone. Questo sentimento ci ha accompagnato nel volo di ritorno che ci ha riportato ad Orio, in un rabbrividente pomeriggio di pioggia e vento che ci ha fatto rimpiangere il caldo carezzevole dell’isola del miele, Malta. Ottobre 2016 Giulio e Graziella
Miracolo di san Paolo morso dalla vipera nell’isola di Malta
Grotta di San Paolo a Rabat 59
PRESEPIO oratorio San Gallo 32° edizione D
elle grotte, una cascata, un grande albero sradicato e la stalla con la natività posta in alto, un ambientazione classica, ma anche simbolica, che richiama l’ uomo al rispetto del creato , mentre la culla del Salvatore riceve l’abbraccio della natura, con l’al-
ternarsi del giorno e della notte a dettare i ritmi della rievocazione. I personaggi in movimento, poi, insieme alle parti dialogate e al verificarsi di diversi fenomeni atmosferici contribuiscono a completare il quadro.
Per quanti vorranno visitare il Presepio, allestito come di consueto presso i locali dell’Oratorio, l’appuntamento è per i giorni festivi, dal 25 dicembre al 15 gennaio, dalle ore 10.30 alle 12, e dalle 14.30 alle 19, e i feriali fino al 5 gennaio, dalle 14 alle 17. Buon Natale,
Presepio Oratorio di San Gallo anno 2015
Gruppo Presepio Oratorio di San Gallo
VIVERE LA NATIVITA’ NELLA QUOTIDIANITA’
A SAN GALLO di BOTTICINO IL MUSEO ETNOGRAFICO DIVENTA PRESEPIO VIVENTE
Il presepio vivente di San Gallo si ripropone per la quinta edizione, dopo aver vinto lo scorso anno il primo premio del concorso nazionale presepi, indetto dal Movimento Cristiano Lavoratori. La sacra rappresentazione del “Castelliere ai Cap “ assume anche un significato particolare perché è il Museo etnografico che prende vita con tutti gli strumenti di lavoro tipici della tradizione locale e della civiltà contadina. Una quarantina di figuranti, provenienti da paesi diversi, sono impegnati a far rivivere la natività nella quotidianità della vita sociale, domestica o lavorativa d’altri tempi, in quel clima di solidale convivenza che caratterizzava la vita delle nostre contrade. Il presepe viene proposto in un ambiente di rara suggestione; tra strutture rinascimentali e vedute paesaggistiche che spaziano dal monte Maddalena alla pianura, dal lago di Garda agli Appennini. Quest’anno inoltre è stato ampliato il percorso con l’aggiunta di nuovi spazi e ambientazioni, sempre fedeli alla tradizione storica locale e rispettosi degli aspetti naturalistici tipici del territorio. Si segnala la partecipazione di vari gruppi musicali: il fisarmonicista, i pastorelli musicanti, le bande di Rezzato e Botticino, gli zampognari e i cantori diretti dal maestro Francesco Lazzarini e la presenza straordinaria del noto cantautore bresciano Francesco Braghini.
Gli appuntamenti per rivivere la magia della Natività nel presepio sono fissati nei giorni 25 e 26 dicembre 2016, 1, 6 e 8 gennaio 2017 dalle ore 17 alle 19, presso l’azienda agrituristica “Il Castelliere ai Cap”, in via Maddalena 5 a San Gallo di Botticino.
Per i visitatori sono previsti il parcheggio in località Trinità e il percorso a piedi lungo via Maddalena. Va segnalata anche un’altra gradita novità offerta dal Comune di Botticino per rendere fruibile ad un pubblico più vasto la visita ai due suggestivi presepi di San Gallo: quello vivente e quello artistico dell’Oratorio. Il 26 dicembre, alle ore 15:30, con partenza da S. Eufemia, farà servizio straordinario gratuito un bus navetta della linea 8, con fermate a Caionvico, Botticino Sera fino all’Oratorio di San Gallo e ripartenza alle ore 17. Sosta in località Trinità per consentire ai visitatori di risalire a piedi via Maddalena e raggiungere il presepio del Castelliere. Ritorno previsto alle 18:30. 60
«LA NON VIOLENZA: STILE DI UNA POLITICA PER LA PACE» Papa Francesco annuncia il tema del Messaggio per la 50a Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio 2017)
MESE DELLA PACE 2017
Domenica 1 gennaio 2017 MARCIA PER LA PACE Caionvico, Botticino, Rezzato, Convento partenza ore 14,00 piazzale chiesa di Caionvico
TENDE DELLA PACE allestite in diverse zone le tende della pace con la finalità di promuovere il tema della pace attraverso incontri,dibattiti, laboratori per ragazzi, momenti di preghiera e riflessioni.
13-14-15 gennaio S.Angela Merici 20-21-22 gennaio S.Eufemia, Castenedolo 27-28-29 gennaio San Polo e Rezzato
«La non violenza: stile di una politica per la pace». Questo il titolo del Messaggio per la 50a Giornata Mondiale della Pace, la quarta di Papa Francesco. Lunedi 30 gennaio ore 20,30 La violenza e la pace sono all’origine di due opposti modi presso la sala parrocchiale di S.Angela Merici di costruire la società. Incontro dibattito sul tema: Il moltiplicarsi di focolai di violenza genera gravissime e negaLA NON VIOLENZA, STILE DI UNA tive conseguenze sociali: il Santo Padre coglie questa situazioPOLITICA PER LA PACE ne nell’espressione “terza guerra mondiale a pezzi”. La pace, difesa non-violenta, politiche internaal contrario, ha conseguenze sociali positive e consente di realizzare un vero progresso; dobbiamo, pertanto, muoverci negli zionali per la pace, commercio delle spazi del possibile negoziando strade di pace, anche là dove armi, dialogo non violento in politica tali strade appaiono tortuose e persino impraticabili. In questo intervengono: Francesco Vignarca, modo, la non violenza potrà assumere un significato più amon. Mario Sberna e on. Gianpiero Scanu pio e nuovo: non solo aspirazione, afflato, rifiuto morale della Primavera 2017 – con la bella stagione verviolenza, delle barriere, degli impulsi distruttivi, ma anche merà organizzata la marcia per la pace dei ragazzi todo politico realistico, aperto alla speranza. attraverso le vie della città. La cooperativa Elefanti Si tratta di un metodo politico fondato sul primato del diritVolanti animerà l’iniziativa con giochi, laboratori e to. Se il diritto e l’uguale dignità di ogni essere umano sono salmomenti di aggregazione giovanile. vaguardati senza discriminazioni e distinzioni, di conseguenza la non violenza intesa come metodo politico può costituire una via realistica per superare i conflitti armati. In questa prospettiva, è importante che si riconosca sempre più non il diritto della forza, ma la forza del diritto. Con questo Messaggio, Papa Francesco intende indicare un passo ulteriore, un cammino di speranza adatto alle presenti circostanze storiche: ottenere la risoluzione delle controversie attraverso il negoziato, evitando che esse degenerino in conflitto armato. Dietro questa prospettiva c’è anche il rispetto per la cultura e l’identità dei popoli, dunque il superamento dell’idea secondo la quale una parte sia moralmente superiore a un’altra. Nello stesso tempo, però, questo non significa che una nazione possa essere indifferente alle tragedie di un’altra. Significa, invece, riconoscere il primato della diplomazia sul fragore delle armi. Il traffico mondiale delle armi è così vasto da essere in genere sottostimato. È il traffico illegale delle armi a sostenere non pochi conflitti nel mondo. La non violenza come stile politico può e deve fare molto per arginare questo flagello. *** La Giornata Mondiale della Pace è stata voluta da Paolo VI e viene celebrata ogni anno il primo gennaio. Il Messaggio del Papa viene inviato alle cancellerie di tutto il mondo e segna anche la linea diplomatica della Santa Sede per l’anno che si apre.
ultimo dell’anno in oratorio Presso gli oratori la festa dell’ultimo dell’anno
Per informazioni e iscrizioni: BOTTICINO MATTINA Sergio 3397312477 e negozi autorizzati SAN GALLO Silvana 0302199893 - Carolina 0302199951 € BOTTICINO SERA segreteria presso oratorio tel.0302692094 € In oratorio di Sera festa per preadolescenti tre parrocchie. 61
25,00 adulti 15,00 bambini
Battesimi e rinnovo promesse Botticino Sera 30 ottobre 2016
Battesimi San Gallo 23 ottobre 2016
Battesimi Botticino Sera 8 dicembre 2016
Battesimi Botticino Mattina 5 novembre 2016
ANNIVERSARI MATRIMONIO
Basilica 18 settembre 2016
ANNIVERSARI MATRIMONIO
Basilica 2 ottobre 2016 62
UNITA’ PASTORALE “S.ARCANGELO TADINI“ - PARROCCHIE DI BOTTICINO
Lisbona - Fatima e Santiago de Compostela 12 -18 giugno o 13 - 19 giugno 2017 (7 giorni) PROGRAMMA DI MASSIMA 1° GIORNO ITALIA-SANTIAGO DE COMPOSTELA
Ritrovo dei partecipanti all’aeroporto, operazioni di imbarco e partenza con il volo per OPORTO. All’arrivo trasferimento a Santiago de Compostela. Sistemazione nelle camere riservate per la cena ed il pernottamento.
2° GIORNO SANTIAGO DE COMPOSTELA
Trattamento di pensione completa. Pensione completa. Intera giornata dedicata alla visita della città: metropoli religiosa della Spagna, meta di pellegrinaggi fin dal Medioevo.
3° GIORNO BRAGA-COIMBRA-FATIMA
Trattamento di pensione completa. Partenza per Coimbra via Braga con eventuale sosta al Santuario del Bon Jesus. Proseguimento per Coimbra, pranzo e pomeriggio visita della città Universitaria (tempo permettendo visita facoltativa alla Biblioteca) Breve sosta alla Chiesa di Santa Cruz ove “don Fernando” divenne “Frate Antonio di Padova”. Arrivo a Fatima per la cena e il pernottamento. 4° GIORNO FATIMA (Valinhos – Aljustrel) Pensione completa. Giornata dedicata alle varie funzioni religiose a Fatima e alla visita di Valinhos e Aljustrel: ove nel 1917 la Vergine apparve a tre pastorelli, Francesco, Giacinta e Lucia affidando loro un messaggio di preghiera e conversione. Rientro in hotel con cena e pernottamento.
5° GIORNO FATIMA-BATALHA-ALCOBACA-NAZARE’
Trattamento di pensione completa. Mattinata dedicata alla visita delle Case delle Veggenti, al Pozo, al Cabeco, a Los Velinhos, alla Chiesa Parrocchiale. Quindi si prosegue con Batalha e Alcobaca. Pranzo in ristorante a Nazarè. Pomeriggio rientro a Fatima. Cena e pernottamento in hotel.
6° GIORNO FATIMA-LISBONA
Trattamento di pensione completa. Mattino partenza per OBIDOS: sosta e visita. Pranzo a Sintra. Arrivo a LISBONA nel pomeriggio: visita alla Cattedrale, al grandioso monastero di S.Girolamo, alla Torre di Belem.
7° GIORNO LISBONA-ITALIA
Mattino salita facoltativa in ascensore sulla gigantesca statua del Cristo Re da cui si gode un magnifico panorama. Celebrazione della S.Messa nella Chiesa di S.Antonio. Continuazione della visita di Lisbona. Pomeriggio tempo a disposizione per visite individuali e shopping (salvo operativo voli) In tempo utile trasferimento in aeroporto, operazioni di imbarco e partenza per l’Italia. Quota individuale di partecipazione attorno a € 1.220,00 (La definizione della quota dipende dalla tempestiva prenotazione-conferma dei voli, conprensiva di assicurazione annullamento) Supplemento camera singola € 200,00 La quota comprende: -Viaggio aereo con voli di linea; -Tutto il circuito in autopullman privato G.T;-Visite ed escursioni come da programma, con guida accompagnatrice specializzata parlante italiano per tutta la durata del tour, ingressi inclusi;-Sistemazione in hotel 3* / 4*, camere a due letti con bagno e servizi privati.-Trattamento di pensione completa, incluse bevande (acqua, vino) , come da programma-Assicurazione sanitaria e bagaglio A.G.A. Allianz Global Assistance; -Assicurazione contro i rischi di annullamento - Tasse aeroportuali. Organizzazione tecnica Vadus Viaggi srl La quota non comprende: -Mance, extra personali in genere.
INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI:
-- SIG BENETTI BATTISTA tel. 34859202
per informazioni
anche al parroco don Raffaele 3283108944 nel giro di qualche giorno sarà disponibile il programma definitivo
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GIORNATA PENITENZIALE e del
PERDONO
SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE per riallacciare i rapporti di pace con Dio e i fratelli
mercoledì 21 a San Gallo - giovedì 22 a Botticino Mattina venerdì 23 a Botticino Sera
***Celebrazione Comunitaria della Riconciliazione con confessioni a San Gallo ore 20,00, Botticino Sera e Mattina 16,00 e 20,00 Confessioni individuali giovedì 24 dicembre a BOTTICINO SERA dalle 10,00 alle 11,00 e dalle 15,00 alle 18,30 a BOTTICINO MATTINA dalle 15,00 alle 18,30 a SAN GALLO 18,00-20,00
festività natalizie ***SOLENNITA'
DEL SANTO NATALE
S.Messa nella vigilia ore 17,00 chiesa Sacra Famiglia
SANTA MESSA NELLA NOTTE
ore 21,00 a San Gallo - ore 22,30 a Botticino Mattina - ore 24,00 a Botticino Sera SANTE MESSE NEL GIORNO come orario festivo.
Vespro e benedizione ore 16,00 a S.Gallo e Sera - ore 17,00 a Mattina *** lunedì 26 dicembre: S.Gallo ore 17,30 - Botticino Mattina ore 17,30 - Botticino Sera ore 18,45
*** venerdì 30 dicembre: SACRA FAMIGLIA ***sabato 31 dicembre S.MESSA DI RINGRAZIAMENTO
a San Gallo ore 17,30 - Botticino Sera ore 18,45 (ore 16,00 villaggio) a Botticino Mattina ore 17,30
***domenica 1 GENNAIO 2017
SS.MADRE DI DIO e GIORNATA DELLA PACE
A BOTTICINO SERA ore 10,45 - 16,00 - 18,45 A SAN GALLO ore 17,30 A BOTTICINO MATTINA ore 9,30 e 17,30 ***venerdì 6 gennaio EPIFANIA DEL SIGNORE S.MESSE orario festivo
Bacio a Gesù Bambino e benedizione bambini (ore 10,00 a San Gallo-ore 10,45 a Sera-ore 17,30 a Mattina)
***domenica 8 gennaio: BATTESIMO DEL SIGNORE S.MESSE orario festivo
ore 10,45 a Bott. Sera consegna ai genitori dei figli battezzati nel 2016 del “Catechismo dei bambini”
sabato 21 gennaio 2017
Liturgia della Parola con Cresime celebrata dal Vescovo di Brescia per le parrocchie Unità Pastorale di Botticino presso Basilica-Santuario di Botticino Sera ore 17,30
domenica 22 gennaio 2017 S.Messa di Prima Comunione
ore 10,00 a Botticino Mattina - ore 11,15 a Botticino Sera