VOCE per la COMUNITA’ Il Regno di Dio è vicino
(Mc. 1.15)
Gv 20,21
UNITA’ PASTORALE “S.ARCANGELO TADINI“ PARROCCHIE DI BOTTICINO - Ottobre 2016
Strumento di formazione e informazione pastorale
INIZIO ANNO PASTORALE 2016-2017
RECAPITO DEI SACERDOTI E ISTITUTI
Licini don Raffaele, parroco cell. 3371486407 - 3283108944 e-mail parrocchia: info@parrocchiebotticino.it sito web: www.parrocchiebotticino.it Segreteria Unità Pastorale tel e fax 0302692094 Loda don Bruno, tel. 0302199768 Bonetta don Giacomo, tel. 3474763332 Pietro Oprandi, diacono tel. 0302199881 Scuola Parrocchiale don Orione tel.0302691141 Suore Operaie abitazione villaggio 0302693689
BATTESIMI BOTTICINO MATTINA e SERA sabato 29 e domenica 30 ottobre 2016 mercoledì 7 e giovedì 8 dicembre 2016 sabato 7 e domenica 8 gennaio 2017 SAN GALLO domenica 23 ottobre 2016 I genitori che intendono chiedere il Battesimo per i figli sono invitati a contattare, per tempo, per accordarsi sulla preparazione e sulla data della celebrazione, il parroco personalmente o tel.3283108944
PRESENTAZIONE
All’inizio del nuovo anno pastorale ci sentiamo nuovamente e con gioia chiamati alla missione nelle nostre parrocchie di Botticin In questo notiziario/documento vengono presentati alcuni documenti importanti per la formazione personale e comunitaria. La lettera del Vescovo per l’anno pastorale 2016/2017, e quella indirizzata ai genitori dell’ICFR. Un traccia di riflessione riguardo alla possibilità-necessità di inserire una persona laice come guida degli oratori. ... e poi le esperienze estive per i ragazzi negli oratori, i campi estivi, le feste nelle comunità parrocchiali, gli incontri e le iniziative di accoglienza, le attività caritative e missionarie, di volontariato e sportive, la scuola don Orione.
Tribunale Ordinario di Brescia Voce per la comunità - Pasqua 2016 Direttore Responsabile: Adriano Bianchi Autorizzazione del Tribunale di Brescia n°17/2014, del 28 ottobre 2014
sito web delle parrocchie di Botticino:
www.parrocchiebotticino.it
Stampato in proprio Botticino piazza IV Novembre,13 Unità Pastorale “S.Arcangelo Tadini” Parrocchie di Botticino
SERA PARROCCHIALE ore 18,45
UNITA’ PASTORALE “S.ARCANGELO TADINI” PARROCCHIE DI BOTTICINO
LUNEDI’
CASA RIPOSO ore 16,45 MATTINA PARROCCHIALE ore 18,00 SERA PARROCCHIALE ore 20,00
ORARI S.MESSE
MARTEDI’
da ottobre 2016
MATTINA SAN NICOLA ore 18,00 SAN GALLO PARROCCHIALE ore 17,30 SERA PARROCCHIALE ore 17,30
SERA VILLAGGIO ore 16,00 MATTINA PARROCCHIALE ore 17,30 SAN GALLO PARROCCHIALE ore 17,30 SERA PARROCCHIALE ore 18,45
MATTINA MOLVINA ore 17,00
Festive del sabato e vigilia festivita’
MERCOLEDI’
(fino al 23 novembre poi è alle ore 18,00 in chiesa)
SAN GALLO PARROCCHIALE ore 17,30 SERA PARROCCHIALE ore 18,30
Festive della domenica e festivita’ SERA PARROCCHIALE ore 8,00 MATTINA PARROCCHIALE ore 9,30 SAN GALLO PARROCCHIALE ore 10,00 SERA PARROCCHIALE ore 10,45 MATTINA PARROCCHIALE ore 17,30
GIOVEDI’
SAN GALLO PARROCCHIALE ore 17,30 MATTINA S.NICOLA ore 18,00 SERA PARROCCHIALE ore 20,00 (fino al 27 ottobre è alle ore 17,00 al cimitero)
VENERDI’ SAN GALLO TRINITA’ ore
17,30 MATTINA PARROCCHIALE ore 18,00 (fino al 28 ottobre è alle ore 18,00 al cimitero)
2
SERA PARROCCHIALE ore 18,30
all’inizio di un nuovo anno pastorale
chiamati alla missione nel regno “Dio sta preparando … una nuova primavera per la cristianità” (Giovanni Paolo II) Non sono parole o la fissazione di qualche ottimista illuso, ma qualcosa che lo Spirito sta facendo. Chi non è attento ai segni dei tempi si interroghi sul suo modo di guardare la realtà e, soprattutto, non derida chi ha lo sguardo più credente. Ciascun vivente ad un certo punto della sua vita si trova dinanzi a questa alternativa esistenziale: o scegliere di essere missionario o dimissionario! Decidere di essere missionario è scegliere di dare un certo significato alla vita, e un significato così serio e importante da assumerlo come ideale di vita e fonte di identità. Missionari o dimissionari? Certo, missione non vuol dire solo Africa, o senso dell’avventura e carattere amante del nuovo e dell’inedito, o quantaltro… Quando parliamo di missione rischiamo spesso di commettere un errore: quello di identificarla immediatamente con l’annuncio o di concepirla soprattutto come azione, dinamismo. Non è sbagliato pensare così, ma è riduttivo. A volte, ad esempio, si pensa un po’ superficialmente, che una buona esperienza missionaria sia quanto basti per aprire orizzonti nuovi al credente o per risvegliare la sua fede o addirittura fargli nascere in cuore un ideale vocazionale! Il termine missione dice qualcosa di molto più intenso, profondamente personale e qualificante la propria identità. Quando uno si riconosce in quel determinato compito interpretato come “missione”, scopre che quella è la sua identità, cioè si sente se stesso solo compiendo quell’ufficio o accettando quella responsabilità. Di qui viene la passione (prima caratteristica della missione), scoprendo che in quella missione è nascosto il mio io, quello più vero e che sono “chiamato” a essere. La passione fa si che quella missione venga interpretata con intelligenza, con creatività e fantasia, con totale dedizione e generosità, senza quantificare il proprio impegno, e a qualunque età pur se in modalità diverse. La missione è la mia vita.
La seconda caratteristica della missione è che nasce da una relazione: c’è un altro (un Altro) che sceglie ed invia. L’inviato, dunque, ha la consapevolezza di non essere lì semplicemente in nome proprio, ma di essere stato scelto e incaricato da parte di un altro, al quale rendere conto. E questo aumenta ancor di più la passione per la missione, passione come urgenza, come non poterne fare a meno. Ma all’origine della missione cristiana non c’è soltanto un atto di obbedienza, c’è un Dio che comunica la sua passione per l’uomo, la passione di Dio per la salvezza. Credo che a questo punto si comprenda perché l’agire missionario della Chiesa in ciascun suo membro, non può ridursi a semplice operazione pastorale o ‘fare del bene’, né a gesto obbedienziale e disciplinare. Ma è subito grande esperienza di Dio per colui che è chiamato e inviato, nel quale la percezione della vocazione missionaria si salda immediatamente con la sensazione di un amore, di un interesse, di una preoccupazione per l’altro che è inedita proprio perché è divina, gli viene dall’alto, da Dio. Questo suppone una grande attenzione alla dimensione spirituale, del contatto con Dio, dell’esperienza di lui intesa come esperienza di un amore nuovo e del tutto ricevuto dal credente, non umano né frutto della sua virtù e dei suoi sforzi, qualcosa di immensamente grande, come l’amore e la passione per il mondo che Dio prova nel suo cuore, e che ora pone nel cuore di colui che chiama e invia nel mondo. Mistero grande! E’ necessario dunque prestare attenzione alla dimensione spirituale, quella ove nasce la motivazione che spinge ad agire, perché scatti nel cuore umano la passione divina per la redenzione dei fratelli. Formiamoci alla passione di Dio per la salvezza dell’uomo. La cura della dimensione spirituale come relazione intima con Dio farà lievitare la passione per l’altro, avverrà il travaso dal cuore di Dio al cuore del credente. Dunque, essere missionari significa avere la passione dell’essere inviati da Dio per la salvezza degli altri. Buon anno pastorale! don Raffaele 3
ALLE FAMIGLIE DELL’UNITA’ PASTORALE DI BOTTICINO “Sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce A questo proposito, serve un richiamo: creare e mi apre la porta, io verrò... una rete di più persone in tutta l’Unità Pastorale ( Apocalisse,3,20) a cui sta a cuore la famiglia, tema sulla bocca di Così si delinea la casa che porta in sé la presenza di Dio, la preghiera e la benedizione del Signore. E’ questo il programma del progetto pastorale delle nostre parrocchie per la visita alle famiglie incon trate da parte di alcune suore e di laici. Il cammino intrapreso da ormai due anni sta riprendendo, non appena sono avviate le attività pastorali e cateche tiche. Rimane ancora un buon raggio di famiglie da visitare nel centro storico di Botticino Sera e di Botticino Mattina. Non possiamo ancora fare una verifica esaustiva di quanto è stato fatto finora, ma possiamo dire che il risultato massimale è buono e positivo; poi lasciamo il criterio di giudizio al Si gnore.
tutti e aspettative al riguardo: esempio due Sinodi sulla famiglia e l’Esortazione Apostolica “Amoris Laetitia” di papa Francesco. Siamo ancora nell’Anno del Giubileo della mi sericordia e la famiglia è vista come sorgente di vita, casa dell’amore, testimone del Vangelo, ma anche come luogo delle crisi affettive, delle dif ficoltà educative, delle rotture che feriscono e di cammini che riprendono...
La visita alle famiglie è una opportunità e una occasione, per chi sa accoglierla, per chi apre la soglia di casa, per chi accetta l’evento, perchè vo gliamo camminare insieme nel far crescere la gio ia dell’amore con gesti minimi che uno impara a casa, gesti di famiglia che si perdono nell’anoni Siamo convinti di essere tutti chiamati a vivere mato della ferialità, ma che rendono un giorno di la nostra fede nell’ordinarietà della vita quotidia verso dall’altro. na, fatta di cose semplici di sempre, ma animati di L’amore si esprime in piccole cose, nell’attenzio nuovo amore per il Signore e le persone che ci è ne ai dettagli che fanno si che la vita abbia sempre dato di incontrare e con le quali condividiamo una fede comune. Non è tanto la novità per la novità sapore di casa e così cresce anche la fede, perchè che ci deve guidare o che dobbiamo cercare, quan vissuta e plasmata dall’amore. Le nostre famiglie, to il guardare ogni giorno la meta cui il Signore ci le nostre case sono autentiche Chiese domestiche, chiama come Chiesa e come comunità e perseguir sono il luogo adatto in cui la fede diventa vita e la la con perseveranza e con passione nella collabo vita cresce nella fede... razione operosa con il parroco e tra noi fedeli laici. Care famiglie chiediamo al Signore la grazia di dare testimonianza perchè vo gliamo camminare insieme, imparare l’u miltà dell’ascolto, dell’attenzione a tutti, specialmente a chi è debole, a chi fatica, a chi è bisognoso: anziano, malato... Il Si gnore conceda a tutti noi di essere profeti della gioia del Vangelo, del Vangelo del la famiglia, essere profeti come discepoli per continuare a fare passi di Vangelo e di speranza per ogni uomo. “Gesù, Maria e Giuseppe, in voi con templiamo lo splendore del vero amore,a voi, fiduciosi ci affidiamo e offriamo il nostro cammino per le famiglie e con le famiglie.” 4
CARITA’ e PARROCCHIA Le opere di misericordia sono al cuore della nostra Fede in Dio perchè sono proprio il concreto della nostra confessione che il Figlio di Dio si è fatto carne: visitare gli ammalati, dare da mangiare a chi non ha cibo, avere cura degli scartati, accogliere ... Opere di misericordia: perchè? Perchè ogni nostro fratello che interpella il nostro amore è carne di Cristo. Dio si è fatto carne per identificarsi con noi. E quello che soffre è Cristo che soffre. Il servizio al prossimo, al fratello, alla sorella che ha bisogno, anche di essere ascoltato, sono segni che ci portano sulla strada verso Dio che si è fatto carne. Non cada a vuoto l’appello che invita le parrocchie di Botticino a sostenere persone e famiglie bisognose. Il nostro cuore ci porti al servizio degli altri, a fare quello che ci tocca di più senza chiuderci in noi stessi, nei nostri egoismi.
Battesimi Botticino Sera 3 aprile 2016
Battesimi Sera 3 luglio 2016
ALCUNE PROPOSTE:
Adozione di vicinanza
Si vuole facilitare la formazionedi reti informali e spontanee di solidarietà tra famiglie e persone. Contattando gli operatori caritas è possibile offrire la propria disponibilità in aiuto per la vita domestica e familiare (accompagnamento visite mediche, aiuto nei compiti per il doposcuola, servizi per anziani...)
Adozione famiglia in difficoltà
- mediante un contributo economico per il pagamento di utenze, affitto, oltre alle varie necessità per le famiglie che sono in temporanea difficoltà economica. -Spesa solidale. Rivolto a quelle famiglie che si rendano disponibili, una volta al mese, all’acquisto di particolari generi alimentari e di prima necessità indicati dagli operatori caritas in quanto non reperibili nelle raccolte abituali.
Battesimi Mattina 25 settembre 2016
Battesimi Botticino Sera 25 settembre 2016 5
Gruppo fiori e “Fondo Tadini”
Gocce di solidarietà A
nche quest’anno in occasione degli Anniversari di Matrimonio, i festeggiati hanno ricevuto oltre alla pergamena, un piccolo bouquet di fiori realizzati da un gruppo di persone che ormai da anni si ritrovano per questo tipo di “hobby”. Ospitati da una famiglia che gentilmente e gratuitamente lascia a disposizione del gruppo come “laboratorio” una grande stanza della loro casa, il “Gruppo Fiori”, oggi composto da circa quindici persone, si ritrova con scadenza bisettimanale per creare composizioni floreali realizzate con vari tipi di materiale (carta, stoffa, legno ecc…). Muove i primi passi nel 1999 quando un nostro giovane, Gian Carlo Apostoli, viene ordinato sacerdote l’11 settembre a Botticino Sera; la festa è importante e la nostra gioia viene espressa creando “angoli fioriti “ dalla casa del giovane fino alla chiesa. La buona riuscita dell’evento ci stimola a preparare per altre ricorrenze queste “macchie di colore“ che ravvivano e rallegrano vari angoli del paese: ecco abbellito il cortile di una casa per una sposa, il sagrato della chiesa per Natale, Pasqua, i bouquet per gli anniversari (circa un centinaio ogni anno) fino a giungere a grandi lavori quali lo stemma di Papa Benedetto XVI, l’altare della patria, il cappello degli alpini, l’albero della vita per l’EXPO. Ovviamente tutto il lavoro viene fatto gratuitamente e partecipando alle varie fiere con una semplice bancarella si cerca di vendere queste creazioni floreali il cui ricavato viene donato al “fondo Tadini “ che aiuta le famiglie in difficoltà del nostro paese e che ad oggi ammonta a € 2.600,00. Come ultima nota vogliamo ricordare che il gruppo non è chiuso ma aperto a tutti coloro che volessero passare qualche ora in compagnia chiacchierando e lavorando… è una piccola goccia di solidarietà… si sa che l’oceano è fatto di milioni, miliardi di piccole gocce… 6
LUCIANO MONARI VESCOVO DI BRESCIA
Il Regno di Dio è vicino (Mc.1,15) LETTERA PER L’INIZIO DELL’ANNO PASTORALE 2016-2017 papa ci sollecita proprio a cercare, sperimentare, correggere, rinnovare; non per uno spirito super ficiale di novità, ma per il desiderio di intercetta INTRODUZIONE re e orientare l’esperienza concreta delle perso 1. ne. Questo dovremo dare, con l’aiuto di Dio, negli L'ANNUNCIO DEL REGNO DI DIO anni che ci attendono. 2. Per questo, all’inizio del nuovo anno pastorale, LA VOCAZIONE MISSIONARIA DELLA CHIESA offro alcune indicazioni per indirizzare gli sforzi 3. di tutti. I primi due paragrafi possono essere letti LE LINEE PER UN PROGETTO come un’introduzione perché cercano di colloca PASTORALE MISSIONARIO re tutte le riflessioni sulla base dell’annuncio del 4. Regno e della conseguente vocazione missionaria LA RIPRESA DELL'INIZIAZIONE della Chiesa. Il terzo paragrafo richiama le “Linee CRISTIANA DEI FANCIULLI per un progetto pastorale missionario” che sono E DEI RAGAZZI state elaborate dal Consiglio Pastorale Diocesano 5. e che, dopo l’approvazione del Consiglio Presbi L'ESORTAZIONE POSTSINODALE terale, ho già presentato come scelta della Chie “AMORIS LAETITIA” sa diocesana. Richiamo poi la verifica dell’ICFR 6. che abbiamo impostato a partire da una ricerca L’ACCESSO ALL’EUCARESTIA puntuale fatta in collaborazione con l’Universi DELLE COPPIE IRREGOLARI tà Cattolica del Sacro Cuore. La pubblicazione CONCLUSIONE della esortazione postsinodale Amoris Laetitia costituisce il centro del paragrafo successivo che Introduzione insiste sull’importanza di un’educazione seria alla Per alcuni anni almeno l’impegno della nostra maturità dell’amore. Il par. VI prende in esame i Chiesa, insieme con tutta la Chiesa italiana, sarà problemi particolarmente delicati che nascono dal diretto a comprendere, assimilare e attuare le in cap. 7 dell’Amoris Laetitia e indica come la diocesi dicazioni della lettera Evangelii Gaudium, di pa intende procedere. L’ultimo paragrafo costituisce pa Francesco. La rilettura di tutta l’attività pasto la conclusione della lettera. rale in ottica missionaria, la insistenza sulla gioia come atteggiamento di fondo che deve caratteriz 1. L’annuncio del Regno di Dio zare le comunità cristiane, le indicazioni puntuali sui pericoli e le tentazioni che il momento presen Il centro della predicazione di Gesù è stato te offre, sono indicazioni stimolanti che non pos siamo lasciar passare distrattamente. È evidente l’annuncio della vicinanza del Regno di Dio: a tutti che non è possibile procedere ripetendo “Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è visemplicemente le scelte del passato. La mentali cino: convertitevi e credete al vangelo!” (Mc tà contemporanea, così penetrata dall’empirismo 1, 15). In altri termini: si compie oggi quello scientifico, così consapevole del mutamento sto che i profeti hanno promesso, che cioè Dio si rico continuo chiede risposte nuove ed efficaci. Il fa particolarmente vicino al mondo e fa perce Indice
7
La tela fu commissionata a Michelangelo Grigoletti negli anni Quaranta dell’Ottocento come pala per il nuovo altare del Santissimo Sacramento del Duomo Nuovo, progettato dal bresciano Rodolfo Vantini e messo in opera tra il 1842 e il 1846. Vantini avrebbe preferito il più quotato Francesco Hayez, ma la commissione preposta ai lavori preferì il pordenonese che produsse una tela accademicamente molto corretta e nell’insieme efficace, organizzando le figure su due piani e ponendo il Cristo al centro di un’ideale serpentina che parte dalle persone dipinte in primo piano e si compie nello sperone di roccia dello sfondo. Non mancano ricordi della pittura del Rinascimento veneziano, in particolare di Veronese, ma tutto è come decantato in uno stile privo di accensioni e attento a tenere un tono medio, ben calibrato, in rispondenza anche alla struttura giocata sui toni freddi dei marmi bianchi e grigi voluta dal Vantini. Grigoletti costruisce una scena ben recitata dove i gesti e gli atteggiamenti esprimono, quasi come se si trattasse di un teatro, la verità delle intenzioni e delle parole pronunciate. Beatitudini (1844 ca.) Michelangelo Grigoletti Brescia, Duomo Nuovo
pire con particolare intensità l’esercizio della sua sovranità sulla storia. Certo, Dio è da sem pre signore del mondo a titolo della creazione; è da sempre signore della storia a titolo del la sua sapienza e della sua provvidenza. Ma quando Gesù comincia a predicare e a ope rare, la sovranità di Dio si fa vicina in modo particolarmente intenso, tanto che gli uomini possono inco minciare a vivere consapevol mente ‘sotto’ la sovranità di Dio. Che cosa poi significhi ‘sovranità di Dio’ si potrebbe espri mere con molte parole: misericordia, giustizia, pace, fraternità, perdono, ricon ciliazione .... Se Dio comincia a regnare, il volto del mon do assume una fisionomia nuova, diventa un mondo integro che può essere presentato a Dio “in sacrificio di soave odore.”
In concreto la sovranità di Dio si esercita at traverso il ministero di Gesù: attraverso le sue parole che annunciano il Regno e ne espri mono le esigenze; attraverso le sue opere che liberano dal male religioso (guarigione degli indemoniati), dal male fisico (guarigioni dei malati), dall’indigenza (moltiplicazione dei pani ... ). Gesù è l’incarnazione del Regno di Dio: su di lui Dio ‘regna’ nel senso che la vo lontà di Dio dirige tutti i suoi comportamenti, le sue parole. Proprio per la sua sottomissione piena al Padre, Gesù può esercitare sugli uo mini un potere salvifico che non è altro che il potere stesso di Dio attraverso di lui. In concre to, perciò, la sottomissione alla sovranità di Dio si realizza attraverso la sottomissione alla sovranità di Gesù: “Io sono re. Per questo io sono 8
nato e per questo sono venuto nel mondo, per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce.” (Gv 18,37) Gesù esercita la sua sovranità su coloro che “sono dalla verità” e cioè che, credendo in Lui, permettono alla ‘verità’ (la rivelazione dell’a more di Dio Padre attraverso Gesù, suo Figlio unigenito) di essere la sorgente prima dei loro pensieri, desideri, decisioni, comportamenti. Attraverso queste persone, Gesù esercita un influsso reale anche sul mondo intero, sulla società degli uomini, nella misura in cui coloro che credono in Gesù praticano coerentemente la fede in tutto il loro vissuto. Si può allora dire così: il mondo è chiama to a prendere sempre più chiaramente la for ma della volontà di Dio. Questo non significa che la storia sia un processo lineare e continuo che rende sempre più evidente la presenza di Dio. Ci sono epoche di progresso, nelle qua li la presenza di Dio si fa più chiara; ma ci sono anche epoche di regresso nelle quali il peccato degli uomini offusca la rivelazione dell’amore di Dio, rende più difficile la fede, raffredda l’amore di molti. Rimane però sem pre vero che “Dio fa servire ogni cosa al bene di coloro che lo amano” (Rom 8,28), che quindi anche nei momenti di regresso la provviden za di Dio è operante e le difficoltà del tem po non cancellano la speranza; mai. In questi momenti è la croce che emerge come sorgente di rigenerazione e di salvezza, proprio perché è nella croce che Cristo ha redento il mondo: la croce di Cristo come sorgente e forma del la croce dei cristiani che completano nella loro carne ciò che manca ai patimenti di Cristo. Così attraverso la fede e l’amore, l’azione e la croce, gli uomini si aprono all’azione del Re gno di Dio (cioè di Dio stesso) dentro di loro.
2. La vocazione missionaria della Chiesa Entro questo quadro generale va collocata l’esistenza e la vocazione della Chiesa. È, la Chiesa, un frammento di mondo che è stato toccato, ri sanato, ristrutturato dall’incontro con Dio in Gesù. A motivo di questo incon tro la Chiesa sa di venire dall’amore gratui to e immeritato di Dio, di poter camminare 9
verso la comunione con Dio, di dover vivere il presente riempiendolo dell’amore stesso di Dio. Vivendo e crescendo in questo modo la Chiesa contribuisce nello stesso tempo alla trasfor mazione del mondo immettendo nel mondo un dinamismo di amore che non viene da lei ma da Dio, che però può raggiungere il mondo attraverso di lei, proprio perché lei, la Chiesa, è fatta di mondo (di persone concrete, di relazioni umane, di rapporti economici, di progetti ... ), per vivere nel mondo (“Non chie do che tu li tolga dal mondo, ma che li custo disca dal maligno.” Gv 17, 15). Bisogna sempre ricordare che il Regno di Dio è più grande della Chiesa perché esso ri guarda il mondo intero nel suo rapporto con Dio: “Come tutti muoiono in Adamo, così tut ti riceveranno la vita in Cristo. Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cri sto; poi sarà la fine, quando egli consegnerà il Regno a Dio Padre ... perché Dio sia tutto in tutti.” (lCor 15,22-23.28) Si capisce allora che l’esperienza della Chiesa sia strutturalmente aperta alla dimensione più ampia del Regno e diventi necessariamente ‘missionaria’ sia quando annuncia il vangelo, sia quando cer ca di vivere coerentemente la sua vocazione di comunione. La vita della Chiesa, infatti, si muove contemporaneamente su due registri: il pri
mo è quello della sua crescita e il secondo è quello del suo contributo alla trasformazione del mondo. Anzitutto la crescita della Chiesa: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepole tutte le nazioni .... “ (Mt 28, 18); “Vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere verso di lui che è il capo, Cristo.” (Ef 4, 15) La crescita della Chiesa ha dunque due di mensioni, quella della crescita quantitativa, quando cresce il numero dei cristiani; quella della crescita qualitativa, quando i cristiani assomigliano di più a Cristo, loro ‘capo’. La crescita quantitativa non è irrilevante, come si potrebbe pensare; e non perché il numero cre scente sarebbe segno di un dinamismo vitto rioso; nemmeno perché l’adesione di altri alla fede ci confermerebbe nella nostra stessa fede. Il motivo per cui la crescita quantitativa è un valore positivo, importante è che attraverso di essa esperienze nuove e diverse vengono toccate dall’amore di Dio e quindi producono comportamenti nuovi, che rendono più bello e umano il mondo; nello stesso tempo l’amore di Dio s’incarna in esperienze sempre nuove e quindi si manifesta sempre più forte e ric co. Si può dire: “perché la grazia, ancor più ab bondante ad opera di un maggior numero, moltiplichi l’inno di lode alla gloria di Dio.” (2Cor 4, 15). Naturalmente, una crescita che fosse solo quantitativa sarebbe monca e potrebbe addirittura diventare controproducente, per ché potrebbe diventare causa di mediocrità. È decisiva perciò la crescita qualitativa che ha a sua volta due dimensioni: rendere il credente sempre più conforme all’immagine di Gesù e quindi sempre più capace di ragionare e agire secondo la logica dell’amore oblativo, genero so e creativo; rendere le strutture e le relazio ni nel mondo sempre più conformi al disegno di Dio, indirizzate verso una fraternità sem pre più reale tra i popoli, le diverse forme di società, le singole persone stesse. Sono questi gli obiettivi ultimi che dirigono l’azione del la Chiesa. Bisogna guardare a questi obiettivi per riuscire a comprendere e motivare corret tamente le singole scelte pastorali. In questo duplice dinamismo di cresci ta (quello della crescita della Chiesa; quello 10
della crescita del mondo) sono coinvolti tut ti i battezzati perché tutti i battezzati sono membra attive della Chiesa e tutti i battez zati sono soggettivi attivi nel mondo. Non ci sono zone riservate a gruppi privilegiati di élite. Ci sono, però, diversità di funzioni, di servizi, di competenze. Dove tutti fanno tutto, il risultato diventa scarso; si raggiunge poco più di quello che ciascuno è in grado di raggiungere con le sue forze. Quando invece ciascuno compie al cune attività e le attivi tà di uno si saldano armonicamente con le attività di altri all’interno di un’istituzione, di un progetto comune, quando si lavora ‘in squadra’, allora i risultati sono maggiori. Anzi, mentre si collabora a livello orizzontale (una persona con l’altra, una famiglia con l’al tra, una parrocchia con l’altra ... ) si costruisce una comunione di cuori il cui valore va ben oltre i risultati organizzativi. È per questo mo tivo che stiamo istituendo, poco alla volta, le unità pastorali.
due anni di lavoro, con un impegno lungo e paziente. Come è stato spiegato più volte, non si tratta di un programma pastorale diocesa no già fatto, da applica re sistematicamente nelle diverse unità pastorali e parrocchie. Si tratta, piuttosto, di indicazioni puntuali su come qualsiasi soggetto pastorale operante in diocesi possa impostare un programma di azione efficace, che abbia come obiettivo la missionarietà, l’annuncio del vangelo nel mondo di oggi. Certo, la programmazione o progettazione (usiamo qui i due termini come sinonimi) non è tutto e non risolve tutti i pro blemi; ma la programmazione è necessaria quando i soggetti operatori sono molti. Se il parroco fa tutto e gli altri sono collaboratori chiamati di volta in volta dal parroco per fare quello che lui decide, non c’è grande bisogno di programmazione; basta l’ordine menta le del parroco per collocare correttamente i diversi contributi. Ma se i soggetti pastora li sono molti, se l’attività pastorale cresce in complessità perché deve rispondere a proble mi nuovi, se la preparazione degli operatori 3. Le linee per un progetto pastorali (dei catechisti, ad esempio) diventa pastorale missionario impegnativa, allora la programmazione è ne In questo cammino s’inseriscono le “Linee cessaria: essa impedisce di sprecare tempo, di per un progetto pastorale missionario” che il trascurare competenze, di dimenticare ambiti Consiglio Pastorale Diocesano ha prodotto in importanti di servizio, di vivere alla giornata
11
navigando a vista. Non c’è dubbio che si deve andare in questa direzione. Senza pensare, però, che la programmazio ne possa ‘controllare’ tutto. Sarebbe rischioso ritenere che un programma pastorale abbrac ci effettivamente tutto quanto è rilevante nella vita pastorale della Chiesa; ed è rischioso voler fare entrare tutto a forza dentro ai paletti del la programmazione. Lo Spirito del Signore è come il vento; sappiamo che c’è, ne percepiamo i segni e gli effetti, ma non sappiamo da dove venga e dove vada. C’è una creatività prezio sa che non può essere riportata semplicemente dentro le linee di una pastorale programmata: il Signore compie sempre cose nuove, opera nel cuore dei credenti al di là di quanto pos siamo conoscere, suscita impulsi nuovi di testi monianza attraverso le esperienze quotidiane delle persone. Per questo chi opera nella pa storale dev’essere umile e non pretendere di far entrare tutto dentro i suoi scherni mentali; deve essere aperto a riconoscere l’azione dello Spirito anche dove non l’aveva immaginata; deve valorizzare tutto il bene che vede nella vita dei credenti, senza pretendere che tutto
sia perfetto subito. Soprattutto deve sapere che l’azione pastorale è sempre e solo un’azione di preparazione, invito, sollecitazio ne alla vita cristiana. Se io opero in una ceramica, so che, immesso il materiale necessario e compiute le azioni progettate, il risultato uscirà con certez za. Se io opero in una comunità cristiana, im metto il materiale necessario (la parola di Dio, i sacramenti), compio le azioni progettate (la predicazione, la liturgia) il risultato non è affat to garantito. Anzi, spesso accade che nascono esperienze di fede dove non avevamo lavorato (almeno a livello conscio) e rimangono sterili terreni che abbiamo coltivato con cura. L’azio ne pastorale offre ciò che è necessario perché la vita di fede possa nascere e svilupparsi; ma poi tutto si gioca nel segreto del cuore umano dove Dio agisce col suo Spirito e dove l’uomo esercita la sua libertà e la sua responsabilità. È con questo spirito che nel prossimo anno pastorale dovremo riprendere le “Linee per un progetto pastorale missionario” di sui sopra. Toccherà alle unità pastorali e alle parrocchie discuterle nei rispettivi Consigli Pastorali e de cidere come incarnarle nella situazione concre ta di ciascun territorio. Naturalmente gli uffici di Curia saranno disponibili ad aiutare quelle unità pastorali che ne sentiranno il bisogno. Dunque: primo impegno del prossimo anno pastorale: la presa di contatto col documento discusso e approvato dal Consiglio Pastorale Diocesano; la discussione di queste linee e l’im postazione delle diverse fasi del progetto: quel la analitica, quella progettuale e quella strate gica. Al di là dell’espressione verbale, il lavoro da fare è in sé semplice; richiede però tempo, interesse, dialogo, collaborazione.
4. La ripresa dell’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi
Il secondo punto d’impegno per il prossi mo anno non ha bisogno di lunghe spiega zioni. Si tratta della ripresa dell’ICFR (Inizia zione Cristiana dei Fanciulli e dei Ragazzi) dopo la verifica che stiamo facendo in questi ultimi mesi. Si tratta anzitutto di prendere le decisioni utili e questo verrà fatto con vota zioni esplicite del Consiglio Presbiterale e del Consiglio Pastorale sui diversi punti del programma ICFR che ho esposto in una let 12
tera apposita. Da questo cammino nessuno può chiamarsi fuori; c’è da parte mia tutta la disponibilità a decidere secondo le indicazioni che emergeranno, soprattutto nel presbiterio. Non ho formule mie da imporre contro la vo lontà comune. Ma vorrei che nessuno si sen tisse autorizzato ad andare per conto proprio. In un presbiterio non esistono battitori liberi che possano programmare la pastorale a uso personale; chi facesse così, deve sapere che tirarsi fuori dal tessuto ecclesiale diocesano significa tirarsi fuori dal tessuto della Chiesa cattolica. Non esiste un rapporto diretto con la Chiesa cattolica che non passi dalla Chiesa lo cale e dalla comunione col vescovo della chie sa locale. Non dico queste cose a cuor leggero; preferirei non avere una responsabilità come questa. Ma siccome, senza mio desiderio, mi è stata affidata, mi tocca gestirla; senza alcuna cupido dominandi, ma anche con la chiara co scienza di servire la comunione. Il motivo per cui sono orientato nel modo che ho espresso nella lettera sull’ICFR è evidente. Solo un cieco potrebbe non vede re i cambiamenti sociali che si sono verificati in questi anni nel vissuto di tutti ma in par ticolare dei giovani, dei ragazzi, delle donne; e quindi solo chi non vuol vedere può pen sare che un progetto pensato quando la tra smissione della fede era istituzionale come la trasmissione della lingua italiana e della ma tematica possa andare bene anche oggi e po trà rimane efficace nel futuro. Il 28/29% dei giovani oggi si dichiarano atei; si professano atee anche persone che hanno frequentato tut to il catechismo dalla prima classe all’ultima, che hanno frequentato l’Oratorio e che hanno un ricordo buono di questa esperienza. Con siderano la fede come un’opzione possibile; e ciononostante non credono. Non so se l’ICFR sia la risposta migliore al problema, ma so che la proposta del passato non è all’altezza della sfida attuale. Certo l’ICFR non è una ri sposta esaustiva perché riguarda solo un pic colo tratto del cammino di un ragazzo verso la maturità. Sono anche convinto, e l’ho detto esplicitamente, che in futuro ci sarà bisogno di verifiche e di regolari correzioni del cammi no. Ma certo non è possibile continuare come prima; vorrebbe dire rassegnarsi all’irrilevan
za sociale. Né qualcuno può pensare che la sua parrocchia sia un’eccezione, un’oasi fortu nata nella quale si riuscirà a mantenere intat ta la tradizione; pensare così significa essere irresponsabili, persone che non considerano il risultato effettivo delle loro scelte e si aggrap pano a una sicurezza ormai tramontata. Sono convinto, piuttosto, che l’impegno maggiore dovrà essere speso nella preparazio ne dei catechisti. Abbiamo bisogno di cate chisti che essi per primi vivano la fede come una scel ta integrale di vita; che abbiano provato la difficoltà di unire fede e vissuto; che abbiano scoperto la fede come risposta positiva ed esaltante alle sfide del mondo contemporaneo; che abbiano una buona cul tura profana e che abbiano tentato di incar nare in questa cultura profana il messaggio evangelico. È importante che i catechisti sap piano presentare la fede nella sua ragionevo lezza. Certo, la fede non è un puro atto della ragione; è la risposta positiva a un’attrazione interiore che viene da Dio stesso. Ma il con tenuto della fede non è irrazionale, non con trasta con le verità che la ragione raggiunge nel suo sforzo continuo di conoscere il mon do. Esempio: se spieghiamo il racconto della creazione in Gen 1-2 come alternativo rispetto alla teoria dell’evoluzione delle specie, mettia mo le persone davanti a una scelta discrimi
13
nante: o rifiutare la visione scientifica dell’evoluzione, o rifiutare la visione di fede. Quando il ragazzo andrà a studiare alle superiori, di fronte a questa alternativa, in novantanove casi su cen to sceglierà l’interpretazione scientifica abbandonando la visione religiosa come fosse mitica e non vera. Ancora: se presentiamo la risurrezione di Gesù come un ‘tornare a vivere’ un’esistenza monda na senza fine, la risurrezio ne apparirà inevitabilmente fabulosa. Il risultato sarà che la verità decisiva della fede cristia na verrà dismessa come impensabile con tutte le conseguenze successive. Insomma, bisogna riuscire a presentare la fede in modo credibile, non come fosse in contraddizione con la scienza profana, ma piuttosto come compimento di tutte le scienze profane. Un compimento che non toglie nulla alle verità empiriche e che in vece le arricchisce e le illumina di significato e di valore. Credere che il mondo viene dall’a more infinito di Dio non si oppone per nul la alle spiegazioni scientifiche del big bang e dell’evoluzione del nostro mondo nei suoi tre dici miliardi di anni di esistenza; al contrario, permette di dare un senso a tutto lo svolgersi immenso del cosmo. Per il magistero cattolico non è mai stata ac cettabile la teoria di una doppia verità e cioè che si possano dare insieme verità contrad dittorie, una nell’ambito della scienza (o del la filosofia), l’altra nell’ambito della religione. Quando appare una contraddizione tra affer mazioni scientifiche e affermazioni di fede, vuol dire che da qualche parte c’è un errore: o la scienza è andata oltre i limiti che sono propri di ogni affermazione, o la interpretazione del la fede è andata oltre ciò che la fede esige con precisione. Insomma, qualcuno (lo scienziato o il teologo) ha superato indebitamente i limiti del proprio sapere e ha fatto un’ affermazione non giustificata.
La medesima fede può essere espressa in modi molto diversi; per convincersene baste rebbe confrontare le testimonianze dei santi attraverso i secoli. Capisco il disorientamento che ci può afferrare di fronte ad alcuni cam biamenti. Ma dobbiamo comprendere che non si tratta di un problema di fede, ma di cultura; non della fede che ci affida all’amore di Dio in Gesù Cristo, ma dell’ espressione della fede che dice questo affidamento con categorie mentali e pratiche diverse. Natu ralmente questo non significa che la novità vada bene per se stessa; ci mancherebbe! Ma significa che la novità non va nemmeno de monizzata per se stessa. Bisogna imparare a discernere quali risposte nuove abbiano da vanti a sé il futuro, cioè quali assumano real mente il messaggio della fede e lo traducano in giudizi e in comportamenti coerenti. In questo la carta vincente sono le persone: se avremo delle persone umanamente mature e nello stesso tempo cristianamente autentiche, do vremo puntare su di loro per trasmettere la fede alle nuove generazioni. Il discernimento del catechista è attività delicata che deve esse re fatta con spirito di fede e di preghiera, con lucidità di pensiero e coerenza di prassi. Che il catechista sia docile al parroco, è certo dote buona, ma non è dote sufficiente. Il catechista 14
dev’essere capace di pensare in proprio, di ascoltare con attenzione, di riflettere con og gettività, di comunicare con chiarezza e con gioia. Quindi, secondo impegno del prossimo anno pastorale: l’attuazione delle decisioni che verranno prese sulla verifica dell’ICFR. E so prattutto impegno rinnovato per l’ICFR, per la scelta e per la formazione dei catechisti.
5. L’esortazione postsinodale “Amoris Laetitia” La pubblicazione della esortazione postsino dale “Amoris Laetitia” costituisce un altro punto delicato del nostro impegno. Le reazioni alla lettera sono state diverse e contraddittorie; a volte hanno assunto toni estremi, con posi zioni polarizzate e polemiche. Non possiamo certamente far finta di niente; come procedere, dunque? Il primo atteggiamento fondamentale è quello dell’accoglienza cordiale. La lettera è il risultato di due sinodi che papa Francesco ha raccolto e proposto; siamo quindi di fronte a un’espressione esplicita di magistero ecclesia le, non a una semplice esortazione personale. Il secondo atteggiamento è quello di una let
Papa Francesco si intrattiene con il piccolo Pietro di Botticino all’udienza del 7 settembre 2016
tura attenta e integrale della lettera. Il frutto della lettura non potrà mancare perché papa Francesco richiama le linee essenziali dell’a more umano e del matrimonio. Ora l’amore sta al centro dell’esperienza di fede e l’educa zione all’amore è uno dei compiti fondamen tali dei genitori e di tutta la comunità cristiana. Siamo perciò di fronte a un documento pre zioso dal punto di vista pastorale. Non so se davvero abbiamo educato all’amore così come dovevamo; ma in ogni modo il risultato è stato scarso. La nostra società ha ‘liberato’ il sesso, lo ha distaccato dall’amore, lo ha posto come un must per ogni persona umana, ma ha di menticato di educare a quel cammino lungo e faticoso che è l’apprendistato dell’amore. Sem bra che l’esperienza dell’amore debba essere soprattutto un’emozione gradevole; in realtà è l’emozione gradevole dell’amore che deve inserirsi positivamente dentro a una relazione che unisce corpo e spirito, memoria e progetto, amicizia e servizio. C’è molto da fare nell’edu cazione all’amore e su questo deve appuntarsi l’attenzione prima di ogni lettore dell’Amoris Laetitia. Il secondo centro della lettera è natural mente il matrimonio. Il numero troppo alto di separazioni e di divorzi, la disaffezione nei confronti del matrimonio stesso ci pongono inevitabilmente davanti a interrogativi inquie tanti. Una prima spie gazione è abbastanza semplice. Il matrimonio è sempre stata un’istitu zione deputata a inseri re nella società un’attivi tà umana fondamentale come la procrea zione; supponeva -il matrimo nio -1’ amore dell’uomo e della donna, ma non era totalmente dipen dente da questo amore. Uomo e donna trova vano nel matrimonio la risposta a una serie di necessità economiche, sociali, relazionali che giustificavano lo stare 15
insieme, anche quando questo stare insieme comportava sacrifici non piccoli. La moder nità ha tolto poco alla volta le altre funzioni del matrimonio e lo ha legato unicamente alla gratificazione affettiva: ci si sposa per amore, si rimane insieme per amore; quando l’amore si raffredda non ci sono più motivi per stare insieme; quando si trova in un’altra relazione una gratificazione affettiva mi gliore, non c’è motivo di perseverare nella vecchia relazione. Così funzionano le cose; poco alla volta questa mentalità si è affermata, ha costruito diverse possibilità nuove: la donna emancipata e so la di Cosmopolitan, l’uomo single libero da legami duraturi, la coppia ‘aperta’ dove cia scuno mantiene lo spazio per avventure extraconiugali ... Queste nuove possibilità si sono saldate positivamente con una nuova struttura produttiva, più precaria di quella passata, più mutevole, modulare. Il risultato è la liquidi tà nella quale siamo immersi, dove di solido e permanente sembra rimanere poco. La crisi del legame matrimoniale si inserisce nella crisi di tutti i legami ‘forti’: il pensiero è diventato debole, il lavoro precario, i legami scioglibili, le decisioni revocabili, i sentimenti mutevoli e così via. In realtà, il quadro che ho dipinto è unilaterale. Non tutto avviene così: per for tuna, ci sono anche coppie capaci di fedeltà per cinquanta, sessant’anni; ci sono persone capaci di mantenere una promessa anche con costi elevati. Ma rimane vero che dobbiamo
confrontarci con un contesto culturale nuovo e più difficile. Le indicazioni del papa sono un aiuto prezioso per impostare un programma di educazione all’amore che diventa il presup posto necessario di un’educazione efficace al matrimonio. Ancora: frequentemente il matrimonio è deciso sulla sola base del sentire un amore recipro co. Evidentemente l’amore reciproco è indispensabile, ma non è sufficiente. È suf ficiente per stare gradevolmente insieme, ma non è sufficiente per stare insieme una vita intera. La vita umana porta in sé un aspetto progettuale; ciascuno si propone degli obietti vi, più o meno consapevoli, che diventano per lui importanti perché in essi egli gioca il senso della sua ‘realizzazione’ umana. Ora, nel ma trimonio sono presenti due soggetti, l’uomo e la donna, ciascuno con un suo progetto di vita - e un progetto, come dicevo, a cui non si sente di rinunciare. Può darsi che il progetto dell’uo mo e quello della donna si mostrino compa tibili uno con l’altro, ma se questo avviene, avviene per caso. Più spesso la diversità dei progetti produce conflitti o, in ogni modo, al lontanamenti. Ciascuno mantiene il suo circo lo di amicizie e partecipa da solo (senza il part ner) alla vita di questo gruppo; ciascuno fa le ferie da solo perché ha un interesse che l’altro non condivide; si suddividono i lavori neces sari alla famiglia secondo un contratto rigido. Insomma, si vive insieme, ma ciascuno cerca di difendere spa zi personali il più ampi possibili. In questi casi ciò che manca è un progetto comune che non è quello del marito e nem meno quello del la moglie, ma un progetto di coppia che entrambi fan no proprio e nel quale entrambi diventano coope ratori. Il matrimo Due coppie di sposi novelli di Botticino dal papa all’udienza nio nasce dalla del 7 settembre 2016 consapevolezza 16
che ci sono alcuni traguardi nella vita che non si possono raggiungere da soli: fare un figlio è uno di questi traguardi. Se qualcuno nella vita vuole diventare padre o madre ha bi sogno di un partner. E siccome l’ educa zio ne dei figli dura almeno per una ven tina d’anni, bisogna mettere in conto una convivenza col part ner di almeno una ventina d’anni. An cora: si può vivere il sesso senza stabilità, ma in questo caso il sesso diventa una semplice attività di piacere come il mangiare o il bere. Ma si può pensare il sesso come incontro personale intimo e come espressione di un amore personale, rivolto cioè a quella persona concreta con nome e cognome. In questo caso il sesso chiede un progetto di vita in modo che l’amore venga costruito gior no per giorno attraverso una conoscenza reci proca più profonda, una convivenza duratura, la cooperazione in tutte le attività necessarie alla vita di famiglia (economia, divisione del tempo, relazioni, impegni ... ). In questo caso il matrimonio apre a un’esperienza che trascen de il vissuto di un singolo. Un single non saprà mai cosa voglia davvero dire ‘vita di coppia’ perché l’ esperienza di coppia si colloca a un livello valoriale superiore rispetto alla vita di single. Proprio per questo sono convinto che, nono stante tutto, il matrimonio abbia un futuro e che abbia un futuro la famiglia. Dovremo per forza accorgerci che scegliendo la vita da sin gle (o da single convivente) ci neghiamo una possibilità di crescita umana che è per ciascu no motivo di fatica ma anche di gioia, di ri nuncia ma nello stesso tempo di arricchimento umano e spirituale. A questo tende l’Amoris laetitia ed è questo che dobbiamo mettere in primo piano nell’impegno pastorale.
6. L’accesso all’eucarestia delle coppie irregolari Poi, naturalmente, sorge il problema delle coppie conviventi che non possono accostarsi al sacramento dell’eucaristia. Su questo tema delicato e importante, che occupa il cap. 7 del la Lettera, ho già chiesto ai preti di non pro cedere in modo affrettato e approssimativo. Come appare chiaramente da una lettura del testo, il Papa non dà una soluzione univoca e definitiva al problema; cerca piuttosto di sot toporlo alla riflessione e al discernimento delle comunità cristiane, dei vescovi, dei pastori in cura d’anime perché poco alla volta si possa giungere a una prassi ecclesiale che sappia co niugare la fedeltà ai principi e l’attenzione alle persone. Se capisco bene, la preoccupazione del papa è che non possa essere rivolta anche a noi la parola che Gesù ha detto sugli scribi: “Legano pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muo verli neppure con un dito.” (Mt 23,4) Già in precedenza il papa aveva preso una decisione significativa con il Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus sveltendo i pro cessi di dichiarazione di nullità dei matrimo ni. Il documento non cambia affatto le “cause di nullità”, cioè le motivazioni a partire dalle 17
quali si valuta che un matrimonio sia nullo perché, quando è stato celebrato, gli sposi non erano in grado di assumersi responsabilmente l’impegno di una vita matrimoniale. Semplice mente il Papa ha abrogato alcune disposizioni in modo da rendere il ‘processo matrimoniale’ più veloce e più flessibile rispetto al passato. Il tribunale ecclesiastico regionale della Lom bardia, che le diocesi lombarde hanno scelto unanimemente di mantenere, dovrà verificare i casi in cui sia possibile un giudizio ‘breve’ emesso direttamente dal vescovo diocesano e dovrà anche continuare il lavoro di sempre, ma secondo le nuove indicazioni del papa. Ma il problema più scottante riguarda le per sone che, essendo legate da un vincolo di ma trimonio valido, convivono di fatto da tempo con un’altra persona e quindi si trovano ogget tivamente in una situazione che contrasta con il loro impegno matrimoniale. Come muover si nei confronti di queste persone? In passato la prassi si era sviluppata con una chiarezza sempre più grande verso alcuni punti fermi. Le persone che, separate o divorziate, convi vono con un’altra per sona debbono essere considerate ancora membra della Chiesa a pie no titolo. Vanno dunque invitate a frequentare la Messa, a partecipare alla vita della comunità cristiana, ad assumersi anche alcuni impegni nella comunità parrocchiale. Non possono, però, ricevere l’assoluzione attra verso il sa cramento della penitenza perché, dopo la con fessione, tornerebbero immediatamente nella
condizione irregolare precedente e quindi non avrebbero il bene ficio dell’assoluzione stessa. Conseguente mente, queste persone non possono accostar si alla mensa eucaristi ca. Il motivo di questa (relativa) rigidità di pende dal fatto che il matrimonio cristiano sacramento è imma gine reale dell’amore che unisce Cristo alla Chiesa; e siccome l’a more che unisce Cristo alla Chiesa è indisso lubile, tale dev’essere anche l’amore che uni sce gli sposi. Che questa permanenza nel ma trimonio non sia facile, questo la Chiesa lo sa con chiarezza; ma è convinta che con la grazia del Signore si possano superare anche le diffi coltà che la vita matrimoniale può presentare. Questa, finora, la prassi e la sua motivazione. Il papa non ha intenzione di cambiare la dot trina. Ci chiede, però, di riflettere e di pregare su alcune osservazioni che egli va ripetendo con insistenza da anni. Il problema doloroso riguarda quelle coppie la cui convivenza è un fatto acquisito e alle quali, perciò, non si può chiedere ragionevolmente di separarsi e di tor nare alla convivenza anteriore [per l’indisponi bilità del coniuge, ad esempio, o per la presenza di figli nati dalla convivenza, o per un legame affettivo non scioglibile ... ]. Che cosa fare? Il papa invita a considerare non solo la legge dell’indissolubilità, ma anche il bene concreto delle persone - di tutte quelle che sono coin volte, naturalmente; a ricordare che la miseri cordia di Dio si afferma come vittoriosa anche sul peccato dell’uomo; a considerare l’eucari stia come farmaco per la guarigione e non solo come il cibo degno dell’uomo spiritualmente sano. È difficile immaginare che Gesù, trovan dosi davanti a una coppia in questa situazione, dica loro: “Non posso aiutarvi; non posso dir vi di tornare al primo legame e non posso dirvi di rimanere nel legame attuale; tornate da me quando gli eventi avranno mutato la vostra si 18
tuazione.” D’altra parte Gesù ha ricordato con chiarezza che il disegno di Dio sul matrimo nio comprende il dono irrevocabile di se stessi [“Ciò che Dio ha unito, l’uomo non lo divida!” Mt 19,6]. Siamo quindi di fronte a una situazio ne oggettivamente intricata dalla quale non si può uscire con superficialità. Sarebbe tragico imporre alle persone pesi che oggettivamente non sono in grado di portare e sarebbe tragico violare coscientemente una legge di Dio. Per questo dobbiamo pregare e riflettere, stare vi cini alle persone che vivono situazioni di di sagio e chiedere al Signore che ci faccia capire con chiarezza quale sia il bene effettivo possi bile in queste situazioni. Che ci possa essere tensione tra la legge ( che è necessariamente universale) e il bene delle persone (che è sem pre concreto) lo sappiamo da sempre. Basta ri cordare l’atteggiamento di Gesù nei confronti della legge (divina) del sabato; o le critiche che hanno accompagnato l’accoglienza di Gesù nei confronti di pubblicani e peccatori. La legge dell’esistenza cristiana - ricorda san Tommaso - è principaliter lo Spirito Santo, non la leg ge scritta. Tutto questo non risolve il problema; ci aiuta, però a comprenderne la complessità e quindi a relativizzare le nostre convinzioni. Per questi motivi ho raccolto alcune perso ne competenti nel campo della teologia, della morale, del diritto canonico che insieme con una coppia di sposi rifletteranno sulle situa zioni concrete che si presentano. Mantenendo
l’attenzione a quanto dirà il papa, a quanto faranno le altre Chiese, soprattutto le Chiese che sono in Italia, abbiamo fiducia che poco alla volta ci si aprirà la strada giusta per fare la volontà del Signore e permettere a tutti i bat tezzati, anche a quelli che si trovano in queste situazioni intricate, di fare della loro esistenza cristiana un cammino autentico verso la pie nezza della santità.
Conclusione Tutte le cose che siamo andati dicendo van no confrontate e integrate con la meditazione attenta della lettera programmatica di papa Francesco, la Evangelii gaudium che è un invi to pressante a fare della vita della Chiesa una missione permanente. Le linee progettuali che il Consiglio Pastorale Diocesano ha elaborato si muovono chiaramente in questa direzione; l’ICFR ha inteso trasformare la “scuola di ca techismo” in itinerario di fede testimoniale per i ragazzi e insieme per i loro genitori; l’impe gno per la famiglia e il matrimonio vuole fare degli sposi cristiani e della loro famiglia delle cellule vive e responsabili, capaci di testimo niare il vangelo di Cristo col loro stile fedele di vita, con la loro generosità di amore. Su questi tre punti si concentrerà l’impegno pastorale nell’anno 2016-2017 nel tentativo e con l’inten to di operare una ‘traduzione bresciana’ dell’ Evangelii Gaudium. Il Signore ci aiuti e ci so stenga con la sua grazia. Brescia, 5 settembre 2016 Santa Teresa di Calcutta + Luciano Monari Vescovo
19
SEMINARISTI NELLE PARROCCHIE DI BOTTICINO DURANTE L’ESTATE
“ Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio ” Lc 13, 29 Con queste parole dell’evangelista Luca, voglio raccontare brevemente l’esperienza passata nelle parrocchie di Botticino. L’esperienza pastorale fatta, è stata molto arricchente in quanto ha reso presente la bellezza e la ricchezza della fede. Essendo venuti ognuno dal suo Paese, abbiamo vissuto insieme come i commensali al banchetto del Signore. L’esperienza del Grest, i campi estivi : uno con i quindicenni e l’altro con i sedicenni e diciassettenni mi ha fatto scoprire nei volti dei bambini, dei giovani e degli animatori l’unico volto del creatore. Nello stare insieme , ho scoperto la gioia di vivere e trasmettere la fede e cercando sempre di più a scoprire ciò che il Signore si aspettava da noi. Se l’attività con i piccoli e stato un modo di trasmettere i valori culturali, di fede oltre al divertimento, quella del campo estivo e stato un momento di crescita e di processo verso la maturità per i giovani, chiamati ad incarnare il futuro della società e della chiesa. In una società che ci sfida, dove i valori umani e morali vanno diminuendo, dove la tavola dei valori si rovescia … , radunare i giovani per una esperienza di preghiera e di vita insieme ha aiutato non solo loro ma anche noi che li ha abbiamo accompagnati. Aver fatto queste esperienze, è stato importante per la mia crescita verso il sacerdozio ed è allo stesso momento segno di speranza per le nostre parrocchie. Con le nostre varie esperienze culturali e di fede siamo giunti alla conclusione che la nostra è una fede condivisa. Stare con i bambini al Grest non era affatto semplice! ma se guardando le cose dal lato positivo, abbiamo superato quella fatica enorme di gestirli e ci siamo accorti della loro innocenza e loro disponibilità a farsi aiutare. Solo alla fine della giornata si poteva capire il bene seminato. L’incontro, lo scambio e lo scontro con i giovani rende presente la loro dinamicità. Cercando di capire le loro esigenze ho imparato come aiutarli. Il Signore che ha reso possibile questo incontro, assista le parrocchie di Botticino e benedica tutti quelli che si rendono disponibile a servilo. Rev. don Licini Raffaele Prima cosa vorrei ringraziarla per la sua accoglienza nella sua casa a Botticino. Lei è un padre che ama tutti figli, ho visto la sua legame con la sua persona in tre parrocchie, la prima volta vedo un parroco che prepara tante cose, e ha tanta attività, ho visto un cosa bella in Lei è non lascia un spazio nel suo tempo, sempre cerca un lavoro di farlo. Anche vorrei ringraziarla per la tua generosità. Lei è buon pastore per la sua parrocchia. Ci sono tante cose di dire ma solo Dio sa cosa c’è dentro di Lei di cose buone. Dio La benedica, Tariq Al Qasha
Dieudonne Mukendi Tshiabola dalla diocesi Mbujimayi nella Rep Dem del Congo, nato il 27/10/1989 e seminarista del primo anno della licenza.
Tariq Basim Hanna al Qasha dalla diocesi di Mossoul in Iraq, nato il 19/01/1991 e seminarista del secondo anno di teologia
Ringrazio anche te perché dal tuo modo di essere mi hai dato molte lezioni di vita : il coraggio, la semplicità e l’impegno. Gestire tre parrocchie, e non solo, come lo fai è segno di maggiore impegno, coraggio e fede in Dio. E’ un lavoro immenso non solo dal punto di vista amministrativo ma anche pastorale. Ho imparato di non scoraggiarmi e contare sempre su Dio e gli altri come lo fai anche tu. Ho imparato molto anche dalla tua semplicità come vivere il mio sacerdozio. I consigli che mi hai dato con un linguaggio semplice e segno di grande personalità. Questo tempo Rudy Eliacin da Haiti, accanto a te come persona e come sacerdote mi ha aiutato e mi aiuterà sempre. nato il 09/11/1972 e Dieudonne seminarista al seminario di Piacenza 20
LUCIANO MONARI VESCOVO DI BRESCIA
Scrivo a voi, cari genitori LETTERA AI GENITORI DELL’INIZIAZIONE CRISTIANA Cari genitori, un passo decisivo viene chiesto oggi alla pa storale familiare: che la famiglia passi da ‘oggetto’ della pastorale a ‘soggetto’ della pastorale. Non basta più ideare e realizzare ministeri che siano al servizio della famiglia nelle sue molteplici neces sità; è urgente che la famiglia stessa diventi pro tagonista attiva della vita della comunità cristiana; che essa diventi creatrice e attrice di comporta menti che arricchiscano la vita della comunità e la facciano crescere e maturare. Desidero perciò, all’interno di questo nuovo orizzonte delineare alcune delle azioni di cui la famiglia è chiamata a diventare protagonista all’interno dell’ICFR (Inizia zione Cristiana dei Fanciulli e dei Ragazzi), cioè di quel cammino di iniziazione cristiana che la diocesi di Brescia si è data ormai da una decina d’ anni e che, dopo un’opportuna verifica, viene riproposto quest’anno a tutta la diocesi come itinerario ecclesiale di inserimento dei fanciulli e dei ragazzi nel mistero di cristo e della Chiesa. La scelta che sta alla base dell’ICFR è quella di passare da un progetto catechistico, che in troduce ai contenuti della fede (conoscenza del credo, dei comandamenti, dei sacramenti), a un INDICE INTRODUZIONE 1. L’ALFABETO DELLA VITA CRISTIANA 2. IL TEMPO DELLA VITA QUOTIDIANA 3. MINISTERI A SERVIZIO DELLA COMUNITÀ 4. IL TEMPIO, CASA DI DIO E DELLA COMUNITÀ 5. TRASMETTERE LA MEMORIA CRISTIANA 6. LE PAROLE E LE IMMAGINI DELLA FEDE CONCLUSIONE
progetto catecumenale che introduce al vissuto globale della fede (quindi: conoscenza dei conte nuti della fede, celebrazione del mistero di Cristo nella liturgia, senso di appartenenza responsabi le alla Chiesa, esperienza personale di preghie ra, prassi di carità, testimonianza missionaria). La trasmissione dei contenuti della fede è compito di persone che abbiano approfondito così bene que sti contenuti da poterli esprimere con chiarezza, con parole diverse ed esempi nuovi; la trasmissio ne del vissuto cristiano è compito di tutti i cristia ni, e diventa possibile nella misura in cui il loro vissuto è effettivamente trasformato dalla parola del vangelo e dalla guida dello Spirito Santo. È evidente, allora, che i genitori sono essi stessi attori di questa trasmissione di vita; anzi, che senza i genitori questa trasmissione non può verificarsi efficacemente. Se, per esempio, negli incontri par rocchiali vengono trasmesse indicazioni sul com portamento cristiano ma in famiglia lo stile di vi ta è del tutto secolare, la comunicazione offerta in parrocchia sarà necessariamente perdente. O sono i genitori che accompagnano i figli nella ma turazione di comportamenti di fede o non c’è nes suna speranza (tranne evidentemente casi isolati) di poter trasmettere un vero stile cristiano di vita.
1. L’alfabeto della vita cristiana
Ma come possono i genitori trasmettere l’al fabeto della vita cristiana? Anzitutto insegnando a fare il segno della croce e a farlo consapevolmen te. Il segno della croce (il gesto insieme alle paro le che lo accompagnano) è la prima preghiera del cristiano, il primo e più evidente simbolo di appar 21
tenenza alla comunità cristiana: il gesto della croce, infatti, richiama la croce di Gesù, quella sulla quale Egli ha salvato il mondo portando a pienezza la sua obbedienza al Padre e il suo amore per gli uomini. Per questo deve diventare un segno carissimo, fatto con fierezza e con rispetto. Nello stesso tempo le parole che diciamo (“Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”) richiamano la Trinità, la visione cristiana di Dio che è uno solo in tre persone, che quindi non è un Dio ‘solitario’, ma un Dio ‘comunione di amore’. Accanto al segno della croce in famiglia si imparano le prime e fondamentali preghiere cristiane: il Padre Nostro anzitutto, che è la preghiera ‘distintiva’ del cristiano, quella che Gesù ha insegnato ai suoi discepoli, caratteristica della loro comunità. Poi l’Ave Maria, il Gloria al Padre, il Ti adoro, l’atto di dolore ... Ho già scritto di queste preghiere semplici del cristiano in un piccolo opuscolo. Voglio solo ricordare che la preghiera e la fede vanno insieme e che lasciare la preghiera significa, prima o poi, lasciare anche la fede. Si tratta di insegnare ai bambini a cominciare e finire la giornata con la preghiera; questo semplice fatto ricorda che la giornata ( cioè la vita) ci viene da Dio [preghiera del mattino] e che la giornata (cioè la vita) ritorna a Dio [preghiera della sera]. Accanto a questi momenti essenziali sarebbe bello che i cristiani riprendessero la preghiera di ringraziamento ai pa sti. Nel Padre nostro noi chiediamo a Dio di donar ci il pane quotidiano; riconosciamo dunque che il
pane quotidiano - quello che abbiamo guadagna to con il lavoro e la fatica - è però e rimane dono di Dio. Ma l’unico modo corretto di accettare un dono è ringraziare; senza ringraziamento ci si può appropriare di qualcosa, ma non lo si può ricevere realmente come dono. Per questo la breve preghiera ai pasti arricchisce di significato un gesto tipicamente umano, il mangiare a mensa con gli altri. Insieme alla preghiera, in famiglia s’impara no anche i gesti che accompagnano la preghiera: il mettersi in ginocchio, il congiungere le mani. Il primo (mettersi in ginocchio) è un gesto di adorazione; facendolo riconosciamo che c’è qualcuno più grande di noi e del mondo in cui viviamo. Il secondo (congiungere le mani) è un gesto di consegna di noi stessi. Usiamo le mani per lavorare e così procurarci quello che desideriamo, ma le mani non possono procurarci tutto. Le presentiamo allora al Signore perché dia forza Lui a quello che abbiamo fatto e completi Lui quello che non siamo in grado di fare.
2. Il tempo della vita quotidiana
L’esistenza dell’uomo si svolge nel corso del tempo; anzi, il tempo riceve qualità, colore, intensità dalle azioni con cui l’uomo lo riempie. A volte il tempo scorre veloce, a volte è lento a passare; a volte sembra banale, a volte ne percepiamo tutto il significato; a volte ci gratifica, a volte ci impaurisce. Cosa ha a che fare la fede col tempo dell’uomo? Ho già detto della preghiera che aiuta a vivere in ottica di fede il tempo quotidiano. Ma l’impatto più significativo la fede l’ha nella celebrazione del 22
giorno del Signore: dopo sei giorni feriali che sono riempiti dalle diverse attività dell’uomo, faticose o gioiose, la domenica è un giorno diverso, è “il giorno che ha fatto il Signore.” Ma se Dio è il creatore del tempo, che senso ha parlare di un giorno particolare che sarebbe stato fatto da Dio? Tutti i giorni sono stati fatti da Dio e quindi sono suoi. È vero; ma la domenica Dio ha compiuto un’azione unica e definitiva: ha risuscitato Gesù dai morti. Si noti bene: non solo Dio ha fatto tornare Gesù in vita dopo la morte; Dio ha fatto passare Gesù da un’esistenza ‘mondana’ e quindi sottomessa alla morte a un’esistenza ‘divina’ e quindi tale che la morte non può raggiungerla e distruggerla. Il mondo, creato da Dio, terminerà però, prima o poi; ma il Cristo glorioso, risuscitato da Dio, non morirà più; la morte non ha più nessun potere sopra di Lui. Ho dovuto richiamare questa riflessione perché si capisca che quello che Dio ha fatto risuscitando Gesù è un’azione unica e definitiva, è ciò che di più meraviglioso si possa immaginare e sognare. Se la nostra speranza è incorruttibile e cioè non in vecchia col passare del tempo e non marcisce per i nostri errori, è a motivo della risurrezione di Gesù che la rende sempre nuova e sempre ricca di vita. Distinguere il giorno del Signore dagli altri si gnifica ricordare e proclamare che Dio ha realmen te agito nel mondo facendo entrare un frammen to del nostro mondo mortale dentro alla sua vita e rendendolo quindi immortale. Ora, l’unico modo per far sì che l’azione di Dio sia efficace anche per noi è ringraziare; quando noi ringra-
ziamo Dio per quello che ha fatto, l’azione di Dio diventa dono per noi, opera in noi un arricchimento della nostra vita. La tradizione cristiana parla della domenica come ‘ottavo giorno’ della settimana. L’espressione è paradossale, ma lo è consapevolmente: con la domenica inizia una settimana nuova ( è il primo giorno della settimana dopo il sabato), ma nello stesso tempo con la domenica usciamo dal tempo ‘mondano’ (la successione dei giorni che passano cancel landosi uno dopo l’altro) ed entriamo nel tempo ‘divino’ (l’unico giorno che dura eternamente in Dio e che non viene cancellato). Siamo sulla terra ma celebriamo anticipatamente il paradiso. Il modo in cui una famiglia vive la domenica è decisivo per la trasmissione della fede. Al centro sta, naturalmente, la partecipazione all’eucaristia. Qui posso solo rimandare alla lettera pastorale Un solo pane, un unico corpo. La difficoltà viene dal fatto che la società secolarizzata ha trasformato il ‘giorno del Signore’ in un ‘week end’, un fine setti mana che serve a ristorare le forze dopo una setti mana di lavoro. Niente da dire su questo obiettivo, ma molto da osservare sul significato cristiano che è infinitamente più ampio e profondo. Per noi la domenica è il giorno nel quale siamo convoca ti dal Signore, insieme ascoltiamo la sua parola, partecipiamo al banchetto eucaristico che fa di noi tutti l’unico corpo di Cristo. È giorno della comunità, quindi del recupero di legami di conoscenza e di affetto; è giorno della famiglia. Non serve dare precetti sul modo di vivere la domenica; è necessario però interrogare se stessi e chiedersi se la ricchezza di significato di questo giorno si rispecchia davvero nel nostro modo di viverlo o se invece dobbiamo modificare qualche cosa. Un discorso simile va fatto per le feste in genere: Natale, Epifania, Pasqua, Pentecoste ... Le feste cristiane sono generalmente memoria di eventi di salvezza nei quali protagonista è Dio con la sua parola di salvezza. La società secolarizzata tende istintivamente a secolarizzare anche le feste e cioè a trasformarle in celebrazioni che non hanno riferimento a Dio, ma alla natura o alla società. Il Natale diventa allora festa dell’inverno, l’Epifania festa dei doni, la Pasqua festa della primavera e così via. Per chi non condivide una memoria di fede non può che essere così; ma per un credente questa ‘riduzione’ significa una perdita grave. Tocca 23
3. Ministeri a servizio della comunità
soprattutto alla famiglia fare sì che questo scivolamento di significato non si verifichi; e saranno soprattutto le famiglie a trovare i modi concreti - quelli che funzionano - per ottenere questo risultato. Alla successione ciclica delle stagioni nel calendario civile (primavera, estate, autunno, inverno, primavera ... con cicli che si ri petono a ogni rivoluzione della terra) la comunità cristiana unisce una scansione originale del tempo: Avvento, Natale, Quaresima, Pasqua, Pentecoste, Tempo ordinario, Feste del Signore, della Madonna, dei Santi. Prendere coscienza di questa storia di salvezza che illumina l’anno naturale conferisce ricchezza di significato e di valore allo scorrere del tempo. La corona dell’avvento, il presepe di Natale, l’astinenza dalle carni in quaresima, la veglia pasquale, la veglia di Pentecoste ... Ci sono simboli, immagini, gesti che dobbiamo conoscere, valorizzare e vivere; in caso contrario ci vedremo ‘rubare’ le feste: l’Assunzione diventerà so lo Ferragosto; la festa di tutti Santi diventerà solo Halloween. In questo modo un significato religio so, che conferisce colore alla vita e trasmette dei motivi per vivere, si ridurrà a una forma di consu mo (Ferragosto al mare; halloween con la zucca e i mascheramenti) che possono garantire solo il pia cere di un momento, non il significato di una vita.
Nella comunità cristiana tutti i battezzati sono figli di Dio, eredi di Gesù Cristo, chiamati alla comunione con Dio. C’è quindi una dignità comune a tutti perché “Tutti voi siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati bat tezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è più Giudeo né Greco; non c’è più schiavo né libe ro; non c’è più uomo o donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù.” (Gal 3,26-28) E tuttavia all’interno della comunità cristiana ci sono delle persone che hanno fatto del rapporto con Gesù la struttura portante dell’esistenza quotidiana: si tratta dei religiosi che, dopo aver abbandonato la famiglia, seguono Gesù nella via della castità, della povertà e dell’obbedienza; si tratta dei presbiteri che hanno fatto del ministero pastorale la scelta totalizzante della loro vita. Accanto a questi ci sono altre persone che sono state scelte per un ministero ufficiale come i diaconi o i titolari di altri servizi ecclesiali. Sapere che esistono queste scelte di vita, tra smettere la convinzione sincera che esse hanno un grande significato nella comunità cristiana e con tribuiscono grandemente alla crescita spirituale di tutti, fa parte di un’educazione alla fede e alla vita ecclesiale. Si pensi al valore educativo (e provocatorio) della verginità in un contesto culturale dove il sesso è pensato come puro ‘gioco’, senza responsabilità; o al valore educativo (e provocatorio) della povertà in un contesto culturale che misu ra il successo di una vita sulla quantità di denaro guadagnato; o al valore educativo (e provocatorio) dell’obbedienza in una cultura dove obiettivo necessario è l’autonomia delle proprie scelte. Non tutti i cristiani sono chiamati a percorrere queste vie; ma non si ha una mentalità veramente cristiana se non si stimano sinceramente queste scelte e se non le si considerano necessarie. Purtroppo non è sempre detto che religiosi o preti siano santi, e nemmeno che siano persone umanamente equilibrate; a volte tra i consacrati s’incontrano anche caratteri superficiali o risentiti o arroganti. Non si tratta quindi di idealizzare i preti e i religiosi; si tratta invece di riconoscere in loro il valore positivo di una scelta radicale di vita che ha le sue radici nel vangelo. Ora, i mezzi di comunicazione sociale o la scuola o la cultura contemporanea in genere vanno contro la logica 24
evangelica; dovrà dunque essere la famiglia che, nel suo piccolo spazio micro-culturale, tiene viva una considerazione evangelica della vita: “Se qualcuno vuole venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita la perderà; e chi perderà la propria vita per me e per il vangelo la troverà.” (Mc 8,34-35).
4. Il tempio, casa di Dio e della comunità
È soprattutto nel tempo che si svolge la vita della comunità cristiana come storia di salvezza. E però anche i luoghi sacri hanno una significativa importanza, in particolare le chiese. L’edificio ‘chie sa’ è un’invenzione del cristianesimo che ha preso in prestito dall’architettura romana un edificio pro fano (la basilica) e lo ha trasformato nell’edificio re ligioso per eccellenza. Vale la pena, allora, educare a riconoscere la specificità di questo edificio: è messo in mezzo alla città, nel cuore della vita della gen te; si distacca, nello stesso tempo, dagli altri edifici (abitazioni private, negozi, uffici, fabbriche ... ); ha al centro l’altare e accanto all’altare l’ambone dove si proclama la parola di Dio, la cattedra dove si trasmette un insegnamento autorevole, l’aula dove si raccoglie il popolo di Dio che partecipa attivamente alle celebrazioni. C’è un altare (luogo) particolare dove è conservato il Santissimo Sacramento per la preghiera di adorazione e per la comunione. Il tempio greco era pensato come abitazione per la divinità, mentre la gente, il popolo, rimane va fuori, all’aperto. La chiesa cristiana è pensata
come abitazione del Signore ma nello stesso tempo come luogo di riunione dei battezzati. Il motivo è semplice: in Gesù Cristo Figlio di Dio, Dio si è fatto uomo perché in Lui anche noi, uomini, possiamo diventare figli di Dio. Questa trasformazione non avviene attraverso riti magici, ma attraverso l’ascolto di fede della Parola di Dio e attraverso la partecipazione di fede ai sacramenti, cioè ai segni nei quali Gesù risorto rimane presente in mezzo a noi (“Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”: Mt 28,20). Il luogo-chiesa esiste perché in quel luogo-chiesa noi tutti credenti veniamo edificati come ‘Chiesa’ cioè: popolo di Dio radunato e governato da lui, corpo di Cristo vivente oggi nel mondo; tempio dello Spirito che muove a desiderare e compiere le opere dell’amore fraterno. Fin dai primi anni il bambino deve essere familiarizzato con l’edificio-chiesa. E siccome il bambino è curioso e vuole sapere tutto della chiesa, siccome è colpito dalle caratteristiche di questo edificio, è compito soprattutto dei genitori spie gare al bambino perché la chiesa è fatta in questo modo, a che cosa serve; qual è il mistero che essa contiene e rappresenta. Così diventa utile sape re spiegare le diverse immagini, i loro contenuti, i simboli che contengono. Forse sarà utile qualche pubblicazione che in modo semplice contenga tut te le informazioni utili.
5. Trasmettere la memoria cristiana
Della celebrazione ebraica della Pasqua fa parte un rito che vale la pena richiamare. Un bambino che partecipa alla cena chiede il perché dei riti particolari che si osservano: erbe amare, salsa rossa, agnello ... e il capofamiglia, che presiede alla cena, spiega tutto raccontando come i padri fossero stati schiavi in Egitto e come Dio li abbia liberati dalla servitù. Ecco come in Israele, attraverso tutte le generazioni, si trasmette la memoria essenziale del popolo, la conoscenza della storia della salvezza. Non si tratta per noi, evidentemente, di ri produrre un rito che non ci appartiene; ma si tratta 25
di imparare che il cristiano ha una memoria precisa, quella che comprende le grandi opere che Dio ha compiuto nella storia del popolo d’Israele e soprattutto quello che ha compiuto nella vita, nella morte e nella risurrezione di Gesù. I genitori debbono conoscere questa storia perché debbono conservarne la memoria nel proprio cuore e nel cuore dei figli. Un fine preciso del matrimonio è la procreazione e l’educazione di figli. Tocca ai genitori, prima di tutto, inserire i figli entro il contesto sociale della loro vita; questo lo fanno con l’esempio e con l’insegnamento delle cose fondamentali (camminare, parlare, mangiare, essere educati, ascoltare ...); in questo i genitori hanno l’aiuto della società che offre l’insegnamento sistematico della scuola nonché una serie di opportunità che permettono di entrare serenamente nel contesto della vita sociale. Parallelamente tocca ai genitori inserire i figli nel contesto della vita ecclesiale con la trasmissione della memoria fondamentale del cristianesimo; nel fare questo i genitori hanno l’aiuto delle strutture ecclesiali che offrono gli incontri sistematici di catechesi e diver se opportunità di comprendere e assimilare il con tenuto della fede. Naturalmente, per fare questo i genitori debbono essere loro per primi a conoscere la memoria cristiana e a conoscerla in modo vita le, in modo cioè che quella memoria contribuisca a formare desideri, a prendere decisioni, a dirigere i comportamenti. Potremmo dire che ogni decisione e ogni comportamento cristiano si presenta con la forma: “Dio ci ha amato e ha dato la sua vita per noi; dunque io, oggi/ noi oggi. .. “ Cioè: il comportamento autenticamente cristiano è quello che non viene determinato solo da desideri mondani (successo, benessere e simili), ma che si configura anche come risposta a quanto Dio ha fatto per noi ed è oggetto della nostra fede.
luppare un modo cristiano di pensare. Fa parte della responsabilità dei genitori insegnare a usare correttamente queste parole: creazione, Dio Padre, amore di Dio, peccato, perdono, incarnazione, figlio di Dio, regno di Dio, redenzione, fede, speranza, rivelazione, risurrezione, vita eterna ... Naturalmente molte di queste parole sono entrate nel vocabolario comune e vengono usate da tutti in diversi contesti. Ma il cristiano dà a queste parole un significato particola re che dipende dall’esperienza di Dio propria di Gesù e quindi comunicata a noi. È una parte non piccola dell’educazione alla fede insegnare a usare queste parole. Al di fuori delle parole non è possibile elaborare l’esperienza di fede e si rimane in una specie di nebbia che facilita confusioni, errori, equivoci, mescolanze improprie. Insomma, esiste un vero e proprio vocabolario della fede che deve diventare poco alla volta patrimonio personale. Accanto alle parole vanno collocate le imma gini. Per secoli la pittura, la scultura, l’architettura sono state arti di ispirazione religiosa. Si può fare riferimento all’arte per spiegare e comprendere la ricchezza dell’esperienza cristiana. Ma non solo: immagini cristiane debbono essere presenti anche nell’abitazione: il crocifisso, soprattutto, ma anche le icone che illustrano alcuni dei contenuto fondamentali della fede: la maternità divina di Maria, la trasfigurazione, la risurrezione di Gesù. Anche in questo caso la tradizione iconografica orientale e l’arte religiosa occidentale usano numerosi simboli per trasmettere il messaggio religioso; comprendere questo linguaggio è ricchezza culturale ma è anche nutrimento della fede.
6. Le parole e le immagini della fede
Ci sono poi alcune parole che fanno parte del patrimonio proprio del cristiano perché hanno origine nell’esperienza di fede e nello steso tempo la esprimono. Sono parole necessarie, al di fuori delle quali non è possibile svi26
Conclusione
Abbiamo presentato una serie di elementi che possono aiutare i genitori a trasmettere ai figli le conoscenze e soprattutto le prassi che si collegano con la fede in Gesù Cristo. Ma evidentemente, la cosa più importante è lo stile di vita che si co struisce in famiglia, nei rapporti tra i membri della famiglia stessa e nei rapporti della famiglia con l’ambiente esterno. Il rispetto, la stima, l’amore re ciproco, la fedeltà nel rapporto tra marito e moglie fanno della famiglia un luogo nel quale il bambino può crescere senza troppe paure, sapendosi e sentendosi amato, sostenuto, perdonato, guidato da persone che cercano il suo bene. Molto impara un figlio dal modo in cui in famiglia si gestiscono i soldi, dai giudizi che vengono dati sugli avvenimenti e sulle persone, dall’atteggiamento che si tiene nei confronti dei poveri, dei malati, degli anziani, degli stranieri. Se dovesse venire meno questa forma di testimonianza, tutto il rimanente sforzo per trasmettere la fede rischierebbe di essere inutile. Bisogna allora dire che il requisito di fondo da sviluppare è l’autenticità della vita cristiana. Non vuole dire che i genitori debbono essere perfetti per riuscire a diventare buoni educatori alla fede; vuol dire però che debbono essere autentici e cioè sinceramente impegnati a vivere con coerenza la fede considerandola indispensabile per dare l’orientamento giusto alla vita. Forse si può riassumere tutto dicendo che si tratta di trasmettere una memoria di fede ( cioè la fede in Dio creatore e salvatore, ricco di amore per il mondo e per ciascuna creatura), la speranza della vita eterna (cioè la speranza in una vita che va oltre
il benessere nel mondo e che, proprio per questo, può giustificare anche l’esperienza della croce nel mondo), la prassi della carità (cioè dell’amore che apprezza l’esistenza degli altri e cerca di favorirla nel modo migliore possibile). Infine si tratta di trasmettere la convinzione e l’esperienza che il cammino di vita cristiano non è individuale, ma sociale, ecclesiale: si cammina con gli altri e per gli altri. Il traguardo, infatti, non è la gioia individuale, ma il compimento del nuovo popolo di Dio: “Egli dimorerà tra di loro ‘ ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il Dio con loro.” (Ap 21,3). Genitori carissimi, è davanti agli occhi di tut ti l’importanza e insieme la difficoltà del compito educativo che vi compete. Sappiate che il Signore è con voi. È con voi attraverso il misterioso ordine che dirige l’evoluzione del mondo; ma è con voi soprattutto con la sua parola personale di amore. Questa parola di amore ha la sua realizzazione e la sua rivelazione piena nella vita di Gesù che “dopo avere amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. “(Gv 13, 1) Collocare la propria vi ta entro l’orizzonte dell’amore di Dio significa da re alla vita dell’uomo una motivazione profonda e una speranza incorruttibile. A questo vorrebbero servire queste pagine. Dio vi benedica, benedica e renda fecondo il vostro lavoro. Con stima grande, nella comunione del Signore Gesù, + Luciano Monari Vescovo Brescia, 8 settembre 2016 Natività della Beata Vergine Maria
27
Perchè una guida dell’oratorio?
Già da anni, e più volte ribadita, i Consigli Pastorali delle parrocchie di Botticino avevano fatto la scelta di inserire negli orarori, indipendentemente dalla presenza o no del curato, di persone laiche educative qualificate. Venendo meno la disponibilità della presenza del sacerdote nell’oratorio la richiesta si è fatta più necessaria. Sono stati fatti vari tentativi ma non rispondenti alla necessità. Ben venga ora questa scelta della diocesi: far partire il percorso diocesano delle guide laiche dell’oratorio. E’ una grande sfida, decisiva per il futuro. Senza tanti giri di parole è evidente a tutti che, là dove manca una conduzione intelligente e pastorale dell’oratorio, si fa fatica. Chiaramente una sola figura non risolve questo problema, tutta la comunità è invitata a fare scelte, a darsi direzioni, a coltivare sogni, a concretizzare i cammini. Di seguito troviamo indicazioni, riflessioni, sollecitazioni abbondanti che aiutano a camminare in questa direzione. 28
A
l termine del percorso di scrittura di “Dal Cortile, Idee e scelte per l’oratorio bresciano” attraverso un’assemblea dei curati e alcuni incontri di progettazione è stata definita in modo sempre più preciso la figura della Guida dell’oratorio. Nel documento di riferimento per gli oratori, al punto 2.4, la figura della Guida dell’Oratorio è così delineata: «La guida è la figura di riferimento dell’oratorio. È guida il curato dell’oratorio, ma, dove non vi sia, è indispensabile individuare una persona, presente e riconosciuta, che svolga questa funzione. La guida dell’oratorio è uomo, donna o famiglia che offra una sincera testimonianza di fede cristiana e, in accordo con il parroco, sarà il riferimento per le scelte operative dell’oratorio. La guida dell’oratorio dovrà dare una disponibilità di tempo adeguata, dovrà formarsi in modo permanente, potrà essere retribuita per il servizio prestato. È un incarico che deriva da un mandato esplicito della propria comunità parrocchiale, previa approvazione diocesana. La guida non sostituisce la responsabilità giuridica del parroco, ma diventa punto di riferimento operativo che lo affianca. È attenta ai suggerimenti, ai bisogni e all’accompagnamento delle persone presenti in oratorio, valorizzandone le
capacità e promuovendo buone relazioni; coordina le azioni educative in un’ottica di integrazione di progetti e contributi; sostiene la comunità educativa nel servizio offerto. La guida incontra frequentemente il Consiglio dell’oratorio per la stesura del calendario annuale, per individuare le scelte di fondo delle singole attività e iniziative e per verificare quanto attuato. Si impegna ad allargare la partecipazione favorendo la corresponsabilità di altri adulti e giovani e, con l’aiuto del Consiglio dell’oratorio, individua e definisce i responsabili delle varie attività dell’oratorio. Laddove l’oratorio sia inserito in un’ Unità Pastorale, la guida sarà riferimento per il proprio oratorio nell’elaborazione del Progetto Educativo e farà parte dell’equipe di Pastorale Giovanile e Vocazionale, dove presente. » Ma perché un oratorio senza sacerdote incaricato dovrebbe scegliere una guida? E come farlo? Proviamo, partendo dalla prima domanda ad indicare una strada percorribile. La centralità e la diffusività dell’oratorio nella pastorale giovanile della nostra diocesi (richiamata anche nel libro del Sinodo – 1981, ai punti 750-751) pone il serio interrogativo di come guidare l’oratorio dove non ci sia un sacerdote dedicato. Tutta la tradizione educativa oratoriana, da San Filippo Neri a San Giovanni Bosco, e le indicazioni diocesane relative all’oratorio, sebbene riconoscano il fondamentale contributo dell’intera comunità educativa, prevedono la necessità di una figura di riferimento per la vita dell’oratorio: il curato. Oggi molti oratori si trovano nella situazione di non avere un sacerdote incaricato per l’oratorio, oppure di avere un sacerdote che svolge il proprio ministero su più comunità. La figura di riferimento manca oppure è presente sporadicamente: il pericolo è quello di una gestione spontaneistica, che si orienta nella direzione delle persone o dei gruppi più presenti e meglio organizzati, ma che facilmente perde il contatto con la globalità del Progetto Educativo dell’Oratorio, focalizzandosi solo su alcune dimensioni (lo sport, il bar, le feste…). La Guida è una figura che vuole rispondere proprio a questi problemi e necessità: essere presente, fare da riferimento (in comunione con il Parroco e con il Consiglio dell’oratorio), avere un ruolo di coordinamento riconosciuto ed istituito all’interno della comunità educativa. 29
LA GUIDA NELLA TRADIZIONE ORATORIANA «Ripercorrendo la memoria delle tradizioni dell’oratorio, la prima evidenza che ci viene consegnata è il valore insuperabile dell’autorevolezza delle figure educative. Centrale è la figura del “padre e della madre secondo lo spirito”: San Filippo era chiamato padre nell’accezione più intensa dai giovani romani che frequentavano l’oratorio per gli eccezionali sentimenti di paternità con lui sperimentati e don Bosco volle ricreare nei suoi oratori un ambiente di famiglia sotto la sua cura di padre, maestro e amico. Altrettanto si dovrebbe dire delle opere femminili, ad esempio delle Orsoline di Sant’Angela Merici o delle Figlie di Maria Ausiliatrice. In molte diocesi i giovani sacerdoti erano quasi interamente dediti all’oratorio, in taluni casi risiedendo addirittura nella stessa struttura oratoriana e assumendone la responsabilità educativa e gestionale». Conferenza Episcopale Italiana, Commissione Episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali, Commissione Episcopale per la famiglia e la vita, Il laboratorio dei talenti, Nota pastorale sul valore e la missione degli oratori nel contesto dell’educazione alla vita buona del Vangelo, n.23.
La Guida dell’oratorio, un ministero ecclesiale? della cultura, delle scienze e delle arti, della vita internazionale, degli strumenti della comunicazione sociale; e anche in altre realtà particolarmente aperte all’evangelizzazione, quali l’amore, la famiglia, l’educazione dei bambini e degli adolescenti, il lavoro professionale, la sofferenza” (EN 70)». Il compito della guida dell’oratorio si configura come un vero e proprio ministero educativo al servizio della comunità parrocchiale e presuppone, quindi, una sincera e particolare “vocazione”.
Che cos’è un ministero ecclesiale?
«I ministeri si collocano all’interno della comunità locale come manifestazione autentica della molteplice iniziativa dello Spirito che riempie e vivifica il corpo di Cristo (1 Cor 12,4-6; Rm 12,6-8; Ef 4,11-12). Perciò deve essere apprezzato il loro valore intrinseco e non solo per motivi di supplenza, in quanto scarseggiano le vocazioni ai ministeri ordinati o per ragioni contingenti in adeguamento a mode passeggere o a costumi del tempo. E dunque il Signore che suscita i ministeri nella comunità e per la comunità. Non sono quindi da interpretare come attribuzione di onore o accrescimento di potere, ma piuttosto devono essere considerati come «carismi», cioè come doni che rispondono a una chiamata del Signore e si traducono in un servizio ai fratelli» (da P. Giglioni, Carismi e ministeri per una pastorale missionaria, UUP - 1996).
Quali i campi principali di un ministero ecclesiale?
Papa Francesco ha ricordato, nell’Udienza Generale del 5 novembre 2014, che «Nella potenza e nella grazia del suo Spirito, Cristo non manca di suscitare dei ministeri, al fine di edificare le comunità cristiane come suo corpo». I campi individuati principalmente come adatti alla presenza ministeriale dei laici sono: «il campo della politica, della realtà sociale, dell’economia; così pure
Quali le caratteristiche tipiche di chi è chiamato a questo servizio?
In chi assumerà il ruolo di Guida dell’oratorio bisogna individuare caratteristiche tipiche di ogni ministero ecclesiale, così come sono indicate nel documento di riferimento della Conferenza Episcopale Italiana, Evangelizzazione e Ministeri (n. 68): a) Il ministero è originariamente determinato da un dono di Dio. Il ministero non ordinato nasce cioè da una vocazione che è dono e grazia dello Spirito Santo, il quale chiama qualcuno ad offrire la propria fatica (cf. Fil 4,3; Rm 16,6.12) per la Chiesa. b) Ecclesialità di fine e di contenuto. Il ministero è un servizio prettamente ecclesiale nella sua essenza e nella sua destinazione. Aiuta il ministero ordinato nelle sue funzioni e contribuisce così, per la sua parte, alla formazione della comunità cristiana nel lavoro della sua incessante fondazione, crescita e missione (cf. AG 15; EN 73). c) Stabilità di prestazione. Il ministero non è un servizio temporaneo e transeunte, che chiunque, per richiesta o per generosità, potrebbe in una data circostanza offrire. Il ministero esige una certa stabilità, almeno l’impegno di qualche anno, se non la donazione di tutta la vita. d) Pubblicità di riconoscimento. Il ministero, che sorge dal seno della comunità e vive per il bene della comunità, deve avere l’approvazione della comunità e, nella comunità, da chi deve esercitare il servizio dell’autorità. 30
Ruolo della Guida dell’oratorio e durata del mandato La Guida dell’oratorio è uomo, donna o famiglia che offra una sincera testimonianza di fede cristiana ed è il riferimento per le scelte operative dell’oratorio: è il più immediato riferimento per la realizzazione del Progetto Educativo e gestisce, in comunione con il parroco, l’amministrazione ordinaria dell’oratorio. Nel caso l’oratorio faccia parte di una parrocchia inserita in una Unità Pastorale, la Guida è presente nell’Equipe di Pastorale Giovanile e Vocazionale dell’UP e collabora con il sacerdote incaricato per la Pastorale Giovanile nella programmazione e azione pastorale nel proprio oratorio. Rimane in carica per tre anni, insieme al Consiglio dell’oratorio, e con esso frequentemente si incontra per la stesura del calendario annuale, per individuare le scelte di fondo delle singole attività e iniziative, per verificare quanto attuato. Può essere retribuito nel rispetto delle normativa sul lavoro vigente. La Guida è la figura di riferimento relazionale e organizzativo della vita dell’oratorio, presente e riconosciuta: svolge un ruolo di animazione della vita della comunità educativa, operando con stile evangelico e sguardo vocazionale, cura i rapporti interpersonali, secondo uno stile di accoglienza, e la qualità educativa dell’ambiente. La Guida dell’oratorio è chiamata a favorire un positivo e armonico intervento di tutte le altre figure educative: deve possedere pertanto buone doti di coordinamento e
La Guida dell’oratorio e la dimensione relazionale
La Evangelii Gaudium (n. 169) richiama l’importanza della vicinanza personale come dimensione fondativa delle comunità e non limita questa responsabilità ai soli presbiteri: «La Chiesa ha bisogno di uno sguardo di vicinanza per contemplare, commuoversi e fermarsi davanti all’altro tutte le volte che sia necessario. In questo mondo i ministri ordinati e gli altri operatori pastorali possono rendere presente la fragranza della presenza vicina di Gesù ed il suo sguardo personale. La Chiesa dovrà iniziare i suoi membri – sacerdoti, religiosi e laici – a questa “arte dell’accompagnamento”, perché tutti imparino sempre a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro (cfr Es 3,5). Dobbiamo dare al nostro cammino il ritmo salutare della prossimità, con uno sguardo rispettoso e pieno di compassione ma che nel medesimo tempo sani, liberi e incoraggi a maturare nella vita cristiana».
una spiccata attitudine al lavoro comune e condiviso. Non agisce a titolo personale, ma riceve un mandato dall’autorità ecclesiale di riferimento che ne certifica la formazione e ne determina la funzione. Non è il responsabile di ogni attività dell’oratorio, anzi, si impegna ad allargare la partecipazione favorendo la corresponsabilità di altri adulti e giovani e, con il Consiglio dell’oratorio, individua e definisce i responsabili delle varie attività: non fa tutto ma si occupa del tutto. È attenta ai suggerimenti, ai bisogni e all’accompagnamento delle persone presenti in oratorio, valorizzandone le capacità e promuovendo buone relazioni; coordina le azioni educative in un’ottica di integrazione di progetti e contributi; sostiene la comunità educativa nel servizio offerto. La Guida lavora perché sia chiaro il senso dell’impegno e dell’azione educativa dell’oratorio: richiama i volontari alle priorità, è attenta perché in oratorio non manchino - e in quel caso stimolerà e cercherà in prima persona di attivare - alcune dimensioni tipiche e fondamentali della vita oratoriana: la presenza di momenti di formazione, di preghiera e di riflessione per la comunità educativa dell’oratorio; un’apertura adeguata degli spazi; la presenza del gruppo dei preadolescenti, del gruppo adolescenti e del gruppo giovani; l’animazione di alcuni momenti della vita dell’oratorio. Predispone una semplice segreteria dell’oratorio, si preoccupa della diffusione e pubblicizzazione delle iniziative del proprio oratorio; sostiene la partecipazione ai principali momenti ecclesiali, dell’UP, della Zona, diocesani e della chiesa universale. Compito della Guida è mantenere i contatti necessari con il livello diocesano per il buon funzionamento dell’oratorio; sarà sua cura verificare e mantenersi aggiornato circa le normative vigenti e il rispetto delle stesse, informando il parroco - legale rappresentate della parrocchia - delle eventuali carenze o irregolarità riscontrate.
a. La progettazione
Il ruolo della progettazione (e quindi della scrittura dei Progetti Educativi degli Oratori dell’Unità Pastorale) attiene al Consiglio Pastorale dell’UP; le guide degli oratori dell’UP sono coinvolte in questo processo. Non è inutile ricordare che l’unica progettazione pastorale corretta è quella che colloca l’intervento e l’azione dello Spirito nelle persone, non solo tra le variabili del progetto, ma al punto centrale del progetto 31
stesso. Si impone invece una progettazione centrata sul discernimento e la docilità allo Spirito e alla sua azione sia già canalizzata in mediazioni volute da Cristo (annuncio, catechesi, liturgia, comunione, servizio). Per progettazione pastorale si intende, a titolo esemplificativo: l’analisi e la valutazione pastorale della situa-
zione dove gli oratori sono inseriti (confronto con chi lavora sul territorio, valutazione dei problemi e delle principali necessità…); l’individuazione di alcune mete generali a cui tendere e degli obiettivi pastorali a medio termine (confronto tra la situazione e criteri evangelici, lettura delle indicazioni pastorali diocesane, individuazione delle priorità pastorali, individuazione dei temi su cui lavorare nell’anno pastorale e nei momenti forti…) ; la definizione di una strategia di intervento volta a favorire il passaggio dalla situazione data alle mete prospettate (l’ideazione delle principali iniziative pastorali, la calendarizzazione delle iniziative dei vari oratori e di quelle comuni, alcuni momenti di formazione e condivisione ad hoc…).
b. L’organizzazione e realizzazione
Le fasi invece dell’organizzazione e della realizzazione attengono ai singoli oratori, coordinati dalla Guida e dal Consiglio dell’Oratorio, in accordo con il parroco, mantenendo l’opportuno collegamento con l’UP e gli altri livelli pastorali sovraordinati. Alla Guida è chiesto quindi di rendere concreto, con creatività per quanto attiene agli strumenti, quanto definito in sede di progettazione pastorale e con le varie realtà che partecipano alla vita dell’oratorio. Ovviamente la distinzione tra progettazione e organizzazione appare molto chiara a livello teorico, ma sarà da ricercare in modo attento e prudente a livello pratico. È bene infatti che anche i Consigli dell’Oratorio possano esprimere i loro pareri e offrire la propria competenza nella progettazione pastorale per saper vedere e valorizzare alcune intuizioni pastorali particolari che nascono a livello locale. 32
Scegliere la Guida dell’oratorio Prima della scelta della Guida è bene verificare se sono effettuati alcuni passaggi: L’Unità Pastorale (o la parrocchia) ha abbozzato una traccia del proprio Progetto educativo degli oratori e di pastorale giovanile, che farà da riferimento per la Guida?
L’Unità Pastorale si è interrogata sulle caratteristiche delle Guide dell’oratorio all’interno delle parrocchie, sulla scorta delle proposte del sacerdote incaricato di PG per l’UP?
Al fine di aiutare questi passaggi l’Ufficio per gli Oratori e i Giovani e la Commissione diocesana per gli Oratori si mettono a disposizione delle comunità per occasioni di formazione e confronto. Una volta che questi passaggi sono stati effettuati, su indicazione o suggerimento del sacerdote incaricato della PG per l’UP, le singole parrocchie individueranno il profilo più opportuno di Guida
Precedentemente o contestualmente alla scelta della Guida, le singole comunità educative si sono dotate di un Consiglio dell’Oratorio?
per la propria realtà. Il parroco e il Consiglio per gli Affari Economici devono essere consultati in via preventiva quando si ipotizza la presenza di una Guida retribuita. In ogni caso, una volta verificata l’idoneità da parte dell’Ufficio diocesano preposto e la sussistenza dei requisiti formativi in caso di Guida retribuita, è necessario che la Guida riceva il proprio incarico dal Consiglio Pastorale dell’UP o dal Consiglio Pastorale Parrocchiale (a cui viene chiesto da parte degli uffici diocesani un’indicazione scritta e motivata). Può essere scelta come Guida un uomo, una donna o una famiglia che offra una sincera testimonianza di fede cristiana: può far parte della comunità educativa oppure essere cercato esternamente. La Guida dovrà svolgere un percorso formativo adeguato, trovate una prima traccia per l’anno in corso su questo numero del Gabbiano. Alcuni comportamenti personali appaiono chiaramente in contrasto con il ruolo di Guida dell’oratorio e rendono non accettabile una sua candidatura: data la delicatezza del ruolo, sarà necessaria grande prudenza nella scelta. La Guida indicata dalla Parrocchia (una volta verificate le idoneità e i requisiti formativi) riceverà il proprio mandato ministeriale da parte dell’Ordinario diocesano in una celebrazione annuale. 33
FAQ - Domande frequenti 1
. Perché Dal Cortile insiste sulla gratuità della sponsabilità e l’impegno richiesto, il senso della giustizia, la figura educativa in oratorio e si prevede la Gui- sostenibilità dell’onere da parte della comunità o dell’ente titolare dell’oratorio». da retribuita?
Perché la Guida in oratorio ha come prima caratteristica la presenza. Non si può essere guide di qualità ma non di quantità. Ecco perché laddove un oratorio richiede la presenza di una persona per un considerevole numero di ore e con competenze adeguate è giusto riconoscere a questa persona (che non può evidentemente svolgere contempoaneamente un altro lavoro) una giusta retribuzione. Allo stesso tempo la Guida, sia con il proprio stile, sia incentivando e valorizzando la figura dei volontari, continuerà ad indicare nella gratuità dell’impegno una delle dimensioni fondanti della vita dell’oratorio. Rispetto al tema della retribuzione ci sono già state, in alcuni documenti ecclesiali, autorevoli indicazioni, che riportiamo: 1. Laboratorio dei talenti «La questione dell’eventuale remunerazione di laici impegnati in modo stabile deve essere affrontata con prudenza e saggezza, tenendo conto che è sempre bene promuovere la gratuità e il volontariato, anche per una chiara scelta educativa, senza però che questo pregiudichi la qualità della proposta. Quando l’impegno richiesto e il mandato affidato assumono carattere di prolungata stabilità ed implicano alta professionalità, non sempre possono essere ricondotti ad un profilo di solo volontariato. Le soluzioni possono essere molteplici e vanno individuate in base alle situazioni concrete, alle esperienze e alle determinazioni dell’autorità ecclesiastica. In ogni caso occorre tener presenti alcuni criteri: l’appartenenza e la dedizione ecclesiale, la testimonianza di vita coerente con la morale cattolica, le competenze e la professionalità, il livello di re-
2. Codice di Diritto Canonico. La possibilità di retribuire i laici che svolgono ministeri all’interno della chiesa è precisata nei canoni 231 §1 -§2: «I laici, designati in modo permanente o temporaneo ad un particolare servizio della Chiesa, sono tenuti all’obbligo di acquisire una adeguata formazione, richiesta per adempiere nel modo dovuto il proprio incarico e per esercitarlo consapevolmente, assiduamente e diligentemente. Fermo restando il disposto del can. 230, §1, essi hanno diritto ad una onesta rimunerazione adeguata alla loro condizione, per poter provvedere decorosamente, anche nel rispetto delle disposizioni del diritto civile, alle proprie necessità e a quelle della famiglia; hanno inoltre il diritto che in loro favore si provveda debitamente alla previdenza, alla sicurezza sociale e all’assistenza sanitaria».
2 Perché ogni luogo, ed in particolare l’oratorio, per non per-
. Siamo un oratorio già ben organizzato, perché dobbiamo pensare di darci una Guida?
dere la propria fedeltà a ciò che vuole essere, ha bisogno di una figura presente che richiami tutti i collaboratori al Progetto di riferimento. A volte gli oratori molto organizzati sono costituiti da un gruppo di volontari che sta bene insieme ma è separato dal resto della comunità cristiana: la Guida ha il compito di aprire continuamente alla disponibilità e all’impegno di nuove persone e gruppi.
3. Perché serve anche il Consiglio dell’Oratorio?
Guida e Consiglio devono essere sempre immaginati insieme: il mandato triennale che vivono contestualmente deve diventare occasione per un sostegno reciproco. L’oratorio non deve diventare ad immagine e somiglianza della Guida, che è invece piuttosto un coordinatore e un facilitatore di relazioni e iniziative.
oratori si rivolge l’invito a scegliere 4.unaA quali Guida dell’oratorio? L’invito si rivolge alle comunità parrocchiali nelle quali non presta servizio un sacerdote incaricato dell’oratorio. Quanto più la comunità parrocchiale è numerosa e la pr senza dell’oratorio significativa tanto più sarà necessario interrogarsi e scegliere le modalità di una presenza che diventi un punto di riferimento per la vita dell’oratorio.
5
. Se la Guida e il Parroco litigano cosa succede?
Che ci siano differenze di vedute tra la Guida e il Parroco è piuttosto probabile; c’è da ricordare comunque che una volta scelta la Guida riceve un mandato ministeriale che fa riferimento al Vescovo diocesano. Il coinvolgimento dell’Ufficio Oratori (attraverso il corso di accompagnamento per le guide) può essere occasione per smussare le tensioni. Laddove la Guida effettuasse comportamenti inadeguati il mandato ecclesiale verrebbe revocato d’ufficio.
34
due simulazioni per le guide dell’oratorio retribuite C
stesso modo è chiaro che la Guida dell’oratorio non osa dovrebbe fare la guida in oratorio? potrà vivere il proprio lavoro in modo algido, con la Animare le domeniche, essere presente il sabato pome- stretta preoccupazione dell’orario da non superare: gli riggio per i catechismi e durante le serate per le riunio- sarà chiesta una certa flessibilità nella presenza (maggiore partecipazione durante il Grest, alcuni fine setni. E poi il Grest e il campo estivo… Quante volte abbiamo sentito immaginare un orario timana da dedicare…). Si dovrà comunque prevedere per la Guida almeno un giorno libero. Sarà indispensadel genere per una guida! E l’idea che c’è dietro è quella che la guida si sostitu- bile quindi calibrare le necessità della comunità (che isce (oppure – per dirla meno bene – tappa il buco) a certamente richiedono la presenza soprattutto in certi tutto ciò che riguarda l’animazione dei momenti più momenti) con quelle della Guida. Infine l’aspetto contrattuale ed economico. Come acforti della vita dell’oratorio. cennato la guida è un ministero che richiede una certa Non può essere così. Da una parte il ruolo primario della guida è attivare “stabilità di prestazione”. buoni processi all’interno della comunità: quindi ani- Le possibilità offerte dalle normative vigenti perché la merà alcune esperienze ma cercherà soprattutto di far guida svolga con regolarità e sicurezza il proprio lacrescere la capacità di animazione all’interno dei grup- voro sono molteplici: una volta definite le necessità, il profilo professionale e le esigenze della parrocchia e pi e tra i volontari. In secondo luogo quando parliamo della guida parliamo della guida si potranno valutare con l’aiuto di un prodi un giovane o un adulto adeguatamente formato, con fessionista le modalità più opportune di assunzione. Le buone competenze e capacità relazionali e professiona- simulazioni proposte qui sotto non intendono essere li. È bene quindi ricordare che la richiesta alla Guida esaustive: ogni oratorio troverà gli orari più adatti alle di una prestazione lavorativa che preveda una presenza proprie esigenze! Suggeriamo però che l’orario di pretutte le sere, i sabati e le domeniche non è adeguata senza della guida sia il più possibile “fisso”. Renderà la ad una persona con una vita famigliare ordinata. Allo guida facilmente reperibile da parte di tutti.
35
Cosa vuol dire evangelizzare? A questa domanda vuole rispondere l’itinerario oratoriano 2016/17 dal titolo “L’ho incontrato. Non c’è amore più grande!” “Missionari del Vangelo della gioia”, il progetto pastorale missionario della chiesa bresciana, offre l’op portunità agli oratori bresciani di approfondire la sfida dell’evangelizzazione dentro e fuori l’oratorio. Già “Dal Cortile” riorientava la pastorale dell’oratorio verso una scelta missionaria: «L’oratorio accoglie con entusiasmo la sfida della “scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione”. È un oratorio in missione […] sceglie, come prima op zione evangelizzatrice, di andare, uscire, incontrare, ascoltare ed osservare – in particolare guardando al contesto sociale e territoriale nel quale è inserito – per offrire ai giovani una risposta autentica alle loro domande più vere». (1.2) E ancora: «L’incontro con Cristo, che ha trasformato la vita di coloro che fanno parte della comunità educativa, genera la gioia tipica della vita dell’oratorio, secondo lo stile più volte suggerito da don Bosco. Una gioia missionaria, figlia della consapevolezza di essere una piccola parte nella grande av ventura della missione del Padre, che diventa la misura e il riferimento della capacità di stare in oratorio della comu nità educativa. Una gioia contagiosa, che diventa il motore della passione educativa ed evangelizzatrice dell’oratorio i cui frutti sono il desiderio di dire, donare e raccontare Dio come la realtà più bella e preziosa per la vita di ogni persona». (1.3)
2. Cosa signiica evangelizzare? 1. Perché la missione?
La risposta può sembrare banale. Perché tutti conoscano Gesù! La missione nasce dalla cer tezza che Gesù è la risposta ai bisogni e alle do mande più profonde di ogni giovane e di ogni uomo. A volte, nella nostra prassi, sembra che il discorso si ribalti: voglio evangelizzarti, cioè vo glio cambiarti perché la mia vita è giusta e la tua un po’ meno. Una comunità orientata alla missio ne vuole invece prima di tutto convertire sé stessa, si dispone al dono di una nuova amicizia e della comunione con il Signore (GC). La missione inco mincia da qui. “Nessunо può far conoscere la presenza di Cristо, se Cristо non è già in lui una presenza viva” Henry Le Saux
Proclamare il Vangelo (la buona notizia) so prattutto agli ultimi è la missione di Gesù e la vocazio ne della chiesa (EN 14). Ma cosa si intende per procla mare il Vangelo? Signiica rendere presente il Regno di Dio nel mondo (EG 176). «Regno di Dio non è una cosa, una struttura sociale o politica, un’utopia. Il Re gno di Dio è Dio. Regno di Dio vuol dire: Dio c’è. Dio vive. Dio è presente e agisce nel mondo, nella nostra nella mia vita» (GC). Evangelizzare signiica allora aiu tare gli uomini e le donne a noi vicini a fare l’incontro personale con Gesù e quindi, con il Padre e con il suo Spirito. Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. (1Gv 1, 1;3)
36
3. Il primato dell’incontro
Evidentemente non si può trasmettere un incontro. Non sarà possibile convince re gli altri della bellezza del nostro rapporto con il Signo re: «Dio non si può far cono scere con le sole parole. Non si conosce una persona, se si sa di questa persona solo di seconda mano. Annunciare Dio è introdurre nella rela zione con Dio: insegnare a pregare. La preghiera è fede in atto. E solo nell’esperienza della vita con Dio appare an che l’evidenza della sua esi stenza». (GC). Ecco quindi la dinamica più semplice dell’evangelizzazione: ab biamo incontrato Gesù, Lui ha cambiato la nostra vita e l’ha resa più bella, la gioia di questo incontro ci ha «liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento» (EG 1), e rende per chi non crede interessante, curiosa, forse anche afasci nante la figura di Gesù, che ci ha trasformati, e lo spinge ad un incontro a sua volta originale e per sonale. San Paolo descrive così questo movimento: «La nostra lettera siete voi, lettera scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini. È noto infatti che voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spiri to del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma su tavole di cuori umani». (2Cor 3, 2-4) “Bisognerà dire che il cristianо del futurо о sarà un misticо, cioè, una persona che ha sperimentatо qualcosa, о non sarà cristianо” K. Ranher
4. Parte della missione del Padre
«Non cerchiamo ascolto per noi - non vogliamo aumentare il potere e l’estensione delle nostre isti tuzioni, ma vogliamo servire al bene delle persone e dell’umanità dando spazio a Colui, che è la Vita» (GC). La missione non è “nostra”. Non sono il no stro oratorio, la nostra parrocchia ad essere ideato ri e programmatori della missione verso i giovani coetanei. Siamo parte della missione del Padre, sviluppo della missione del Cristo (AG 6): questa consapevolezza cambia le nostre prospettive, ci pone in una dinamica di ascolto (della voce dello Spirito), di conversione (risposta più autentica al Vangelo), di comunione e fraternità. I progetti, le iniziative attraverso le quali “facciamo missione” entrano in gioco solo a questo livello.
Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua volontà, mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi della divina natura. Con questa Rivelazione infatti Dio invisibile nel suo gran”e amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con sé. Questa economia della Rivelazione comprende eventi e parole intimamente connessi... (Dei Verbum, 2)
5. Le direzioni della missione:
» La fraternità: nello stile della comunità degli ani matori pasdtorali, agevolato anche da una chiara organizzazione; prevedere la sperimentazione di forme di fraternità e vita comune in alcuni mo menti forti dell’anno pastorale. » La condivisione e l’accoglienza della disponibi lità al servizio. » La proposta catechetica, educativa e spirituale articolata per fasce d’età. Sarà opportuno veriica re la pertinenza e la progettualità dei cammini or dinari soprattutto nella fascia d’età delle medie e delle superiori. » La sperimentazione di proposte nuove, nello sti le della pastorale in uscita . A partire dalle necessi tà emerse sul territorio e dalle capacità delle perso ne si possono creare progetti semplici, limitati nel tempo e da veriicare di “nuova evangelizzazione”. «Da questо tutti saprannо che siete miei ”iscepoli: se avete amore gli uni per gli altri». (Gv 13,35) 37
NON C’È AMORE PIÙ GRANDE!
Il brano evangelico Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri. (Gv 15, 9-17)
G
esù non parla a caso. Non lo fa mai, ovvio. Ma soprattutto in questi capitoli del vangelo di Giovanni, in cui la sua sensibilità di Persona, il suo vissuto di Uomo, la sua consapevolezza di Dio lasciano ai discepoli le più belle parole del suo ministero, la più profonde verità che ha scoperto nella storia della sua Incarnazione, le più decisive indicazioni su come vivere, sperare, amare. Siamo alla vigilia della croce e l’unico a renderse ne conto è Gesù. I discepoli pensano a tutt’altro, non si rendono minimamente conto di come finirà, tragicamente e a breve, la vicenda umana di chi hanno seguito. Gesù è, ancora una volta, più avanti di tutti. Lui vede e conosce. Non può dire tutto ai suoi amici, perché non capirebbero. Ma questo non fa problema, perché a lui non interessa raccontare la cronaca di quello che avverrà, ma vuole narra re il senso del suo futuro. Non descrive la croce, ma come lui la vivrà. Condivide il suo cuore e apre quello dei discepoli al passaggio più delicato e de cisivo. Qui Gesù fa il catechista e questa è l’unica catechesi sulla croce che vale la pena di conoscere: vuole che ogni discepolo legga, interpreti e viva la croce accompagnato da queste parole.
la sta tutta in questo ribaltamento, inaspettato e incredibile. Ciò che è immobile, predeterminato, destino scritto e da cui non si può scappare, lui lo rende fonte di vita, di innovazione, di fedeltà, sor gente di un mondo nuovo. La relazione con lui inserisce in un dinamismo in credibile, profondo, rivoluzionario. La vita con lui è così forte e decisiva da cambiare l’evidenza. Il dono di Gesù ci permette di vivere, di respirare, di amare. Nessuno di noi può fare que sto, è semplicemente un dono da ricevere, da rico noscere e di cui ringraziare. È un dono che nasce dall’uscita di Dio da se stesso; è un dono che si è ra forzato nell’unione di amicizia tra Gesù e i suoi; è una bellezza che Gesù ha scoperto e che vuole che nessuno e niente rovini, nemmeno la croce. Que sta è la missione di Cristo: ridarci la vita perduta, tutta la vita! Non un surrogato, non uno scampolo di felicità, non un pezzettino di cui accontentarci, ma la pienezza, l’eternità di vita. Il cuore di Cristo confida questo desiderio di Dio proprio nel mo mento più buio, quasi a suggerire, delicatamente, la bellezza di questo disegno, l’impegno di Dio a non tradirci su questo fronte: la sua parola deiniti va non è la croce, ma la vita piena. Questa è la sua missione, questo è l’inizio della nostra missione. È in questa esperienza di vita piena che Gesù in serisce i suoi. L’esperienza di amore sta alla base dell’annuncio, non il contrario. Non si annunciano cose, frasi, idee, programmi. Si vive all’interno di una relazione, si annuncia questa vita, questa pos sibilità… L’annuncio è così vitale che tutto parla di questo dono: ogni spazio, ogni momento in cui sembra intrufolarsi la logica della croce è spazio e momento in cui sperimentare l’accompagnamento di Dio, in cui portare luce e vita e non risentimento o maledizione, in cui idarsi di più di Gesù e delle sue parole e meno di noi e delle nostre consape volezze. Tutto è fatto, tutto è detto per custodire questo amore, per rimanere in questo amore. Con ta solo rimanere dentro questa relazione, lasciarsi abitare da questa potenza: questa è l’unica cosa che non deve cambiare, tutto il resto può e deve cam biare.
La croce è isolamento, solitudine, dannazione e Il massimo della relazione con Gesù, l’accoglienza morte. Ma qui Gesù parla di relazione, di scambio, di queste parole, il lasciarsi raggiungere e abitare di gioia, di fecondità. La potenza della sua paro da questa intimità ci apre al massimo del dono e 38
dell’apertura. L’inti mità con Gesù apre al mondo e dona la vo glia, il criterio, il car burante per attraver sare la storia e le storie con questa stessa lo gica. Apre ad una vi sione serena e respon sabile, coinvolgente e capace di visione. Abitiamo così la sto ria da amanti, non da nemici; guardiamo la vita con stupore, non con paura; passiamo il tempo non per soprav vivere ma per cercare fratellanza e senso. La relazione di Gesù con i discepoli non è asfis siante. Lui non sopporta la logica del club, della ri serva indiana, di coloro che si sentono perseguita ti. La possibilità di questa visione ampia e serena è frutto del dono di sé che Gesù fa ai discepoli. Non è ideologia proprio perché c’è la croce che indica il dono reale e non vuoto di Cristo. Gesù non manda qualcun altro sulla croce: ci va lui e lo fa con piena consapevolezza e con la voglia che i suoi afferri no, finalmente, la logica profonda della vita. “La morte e la vita si sono affrontate in un prodigioso duello”, così recita la Sequenza pasquale: o vita o morte. È l’essenzialità della croce. È la scelta che si ripete ad ogni intervento educativo: o sei dalla par te della vita o sei dalla parte della morte, ma que sto non dipende, prima di tutto, dalle circostanze, bensì da come ciascuno si pone, se in atteggiamen to di dono o no. Noi non malediciamo la croce; al limite la liturgia ce la fa esaltare, perché in quel buio risplende, in tutta la sua purezza, il dono di Cristo. Ecco perché “vi ho chiamato amici”, proprio qui. Cristo dona se stesso, perché non può farlo per procura: è scelta piena, consapevole, totale. È scel ta che apre alla reciprocità, che sollecita la libertà dei discepoli. “Voi siete miei amici se farete ciò che io vi comando”. Ma il comandamento è: “che vi amiate gli uni gli altri”. Non ce n’è un altro. Gesù parla alla libertà dei suoi discepoli, ma non la domina. La interroga profondamente, la aiuta ad uscire dalle interpretazioni oscure della morte; ma poi il cam mino e la decisione è tutta loro. Gesù ci indica che il dono di noi stessi è il massimo della missione, ma rimane sempre una premessa perché gli altri devono decidersi da soli. Non si convince nessuno, al massimo ci si dona a qualcuno. Il dono di noi stessi è l’unica vera strategia che può parlare alla libertà dei fratelli. Tutto il resto deve capirsi come servizio a questa logica. Se questo dono è il tutto, allora si capisce perché Gesù insiste su alcune ca ratteristiche, che possiamo e dobbiamo fare nostre nel momento in cui assumiamo la sua missione.
1. Lo scambio
Donare signiica non tenere per sé, ma dare se stessi e accogliere gli altri e quello che gli altri do nano. Lo scambio è il contenuto vitale dell’educare. Non c’è uno che sa e l’altro che apprende. Non è la chiusura, o la paura, o l’isolamento il contesto della proposta del Vangelo. “Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi”. Lo spazio vitale è l’aper tura, l’accoglienza, la relazione, la curiosità, la reci procità… È facile? No. Siamo in un contesto in cui tanti predicano la necessaria chiusura, la difesa di se stessi e delle proprie cose… Ma dobbiamo sem pre ricordare che è maggiore, sempre e comunque, quello che abbiamo ricevuto di quello che riuscia mo a donare. Se Cristo ci avesse donato in base alla nostra capacità, non saremmo quello che siamo.
2. La gioia
“Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi”. Gesù insiste tanto su questa gioia, che si ca pisce profonda, che nasce dalla bontà, dalla scel ta, dalla consapevolezza. Prima di morire parla di gioia: fa intuire ai suoi discepoli che il dono di sé, anche quello totale, non intacca questa possibili tà. Anzi, la raforza: la gioia nasce dal dono perché crea legami, dà valore, favorisce i ponti, rinsalda i cuori. Saper gioire degli altri e dei passi che fanno è più importante che rimproverarli. Condividere e creare il bello e il sogno è più illuminante che analizzare il brutto e il tragico. Essere felici e orgo gliosi di costruire qualcosa insieme, condividerne le fatiche ma anche le speranze, sporcarsi le mani per qualcosa che conta non distrugge la gioia, ma la educa. La gioia va, quindi, a braccetto con la ve rità: si trova in profondità e può essere sperimen tata anche nelle situazioni più faticose. Se un cam mino educativo non ha la gioia non è vero, perché non è basato sul dono ma sulla ricerca del proprio tornaconto.
39
3. La pienezza
“Portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda”. Gesù dona il tutto, condivide l’intensità dell’amore del Padre e per questo può promettere la totalità. Non si educa a pezzi. Ma l’educare ha bi sogno, sempre, di qualcuno che dona tutto se stes so e che fa intuire la bellezza della totalità: ti offro una visione nuova, ti faccio intuire una prospettiva diversa da cui puoi giudicare e vedere te stesso, gli altri, il mondo… Si è significativi quando c’è in gio co il tutto, non la parzialità. Non sempre, si sa, si può dare tutto il tempo che ser ve, tutte le attenzioni del caso, non sempre si hanno tutte le competenze che servirebbero o si possiedo no tutti i mezzi utili. Ma un pezzo di tutto ci deve essere: sarà la nostra attenzione, il nostro cuore, la nostra disponibilità, la voglia che ci mettiamo, la speranza che gettiamo nel cuore delle persone, e in particolare dei ragazzi… Loro hanno bisogno del nostro tutto, come noi abbiamo sperimentato il tut to di Gesù. “Nessuno ha un amore più grande: dare la vita”. Il bello di questa prospettiva è che, prima di donare, siamo chiamati a ricevere e a riconoscere l’opera di misericordia di Gesù nella nostra vita. Lui ha do nato se stesso a ciascuno di noi, ci ha ritenuti degni del dono della sua vita: quale dignità ospita la no stra esistenza! La radice di ogni impegno educati Abbiamo sperimentato questo amore; qui dentro vo, il motore di ogni annuncio, parte solo da que troviamo tutto quello che ci serve per non rovinar sta esperienza, si rinnova perché ritorna a questo lo, ma per incentivarlo, con il nostro annuncio. segretariato diocesano oratori amore mai scalito, si alimenta, ogni giorno di più, a questa sorgente che ci permette di amare prima don Marco Mori di giudicare.
MISSIONARI O DIMISSIONARI? L’espressione usata come titolo di questo articolo è tratta dagli scritti di Madeleine Delbrêl, appassionata credente francese, vissuta nel secolo scorso (1904- 1964). Questa formula era stata da lei utilizzata per esprimere una sua precisa convinzione: nel mondo contemporaneo non è pensabile una fede che si interpreta come pura eredità culturale, e non è nemmeno ipotizzabile che un cristiano si mantenga in una posizione di cauta neutralità. In tono chiaramente provocatorio si pone una secca alternativa che non lascia ampio spazio a comode scappatoie o a soluzioni intermedie di compromesso: si è missionari o dimissionari. Il sapore è radicalmente evangelico: sì o no; da una parte o dall’altra. Una alternativa tanto ridotta, mi rendo conto, potrebbe dare un po’ di fastidio e in un certo senso scomodare, ma o la vita credente è vissuta - nella comunione con il
Signore risorto - con tutta l’incandescente forza di novità della buona notizia, e allora sarà naturalmente contagiosa e missionaria, o altrimenti sarà inevitabilmente una fede dimissionaria, quindi sterile e infeconda. Lo sappiamo e lo vediamo con una certa chiarezza. Non mi dispiace quindi tentare di accostare questi due atteggiamenti netti alla nostra prassi e visione pastorale per tentare di recuperare, in modo sempre più consapevole e profondo, il necessario orientamento missionario che il Vangelo, la Chiesa, il Vescovo e il nostro tempo ci chiedono con insistenza. Siamo chiamati ad essere missionari. La missione è una vocazione che appartiene in modo costitutivo a chi ha incontrato il Signore e si è messo sui suoi passi. 40
Missione come passione
Senza voler fare un trattato sulla missione, possiamo con semplicità riconoscere come questo concetto esprime qualcosa di vitale e di entusiasmante, qualcosa che ci coinvolge e mette in gioco in prima persona, qualcosa che ha un chiaro riferimento al cuore del Padre e al bene dei fratelli. Quando comunemente si dice che uno sente “la missione di...” o vive un determinato incarico o ruolo come “missione”, s’intende dire che quella persona si sta coinvolgendo totalmente in quel servizio, ci si butta dentro testa e cuore, anzi prima ancora vi si riconosce radicalmente, percepisce che quella è la sua precisa identità, e dunque si sente veramente se stesso proprio nell’adempimento di quel compito o accettando quella responsabilità. È da qui che scaturisce la passione: dalla felice scoperta che in quella missione è nascosto e nutrito il mio io più vero, quello che sono “chiamato” a essere. E se c’è la passione allora quella missione, per quanto diicile e ardua possa essere, viene accolta con libertà e leggerezza, viene interpretata con intelligenza e creatività, con dedizione e
generosità, senza troppi calcoli, e in ogni età della vita. La missione è la mia vita! In questo senso l’esempio della igura del “missionario tradizionale” che non riesce a stare senza la sua gente, i suoi poveri e, tornato in patria, non vede l’ora di “tornare a casa”, ci aiuta forse a capire un concetto che, in realtà, riguarda ogni adulto nella fede e non solo il missionario in terre lontane. Se a questo si aggiunge che la missione nasce da un invio (del Padre) e si conigura come risposta a una chiamata, come una condivisione della sua passione per la salvezza dell’umanità, e che la passione ha spesso la caratteristica di una urgenza, di una necessità, di un “non poterne fare a meno”, cogliamo come l’essere missionari diventa, per ciascun cristiano, la gioia e il dovere più grande. È questa la nostra passione, la freschezza e pienezza che si sperimenta dentro nel momento in cui si annuncia Gesù. Che cosa abbiamo – come comunità cristiana – di più bello, grande, buono, necessario e importante da fare o da dire? All’opposto il termine dimissionario, col suo suono triste e grigio, non può trovare posto nel dizionario della lingua cristiana. Sa di disimpegno, di rinuncia, di resa, di atteggiamento apatico-anemico, di licenziamento o fallimento.
Missione come opportunità
L’invito alla missione, all’annuncio, alla testimonianza, all’uscita che – con diverse tonalità - risuona unanime nel magistero degli ultimi Papi, invece che motivare ed entusiasmare, potrebbe spaventare o indurre le nostre comunità a credere di non esserne all’altezza, di non avere le forze e capacità necessarie. Il rischio di una lenta dimissione, di una dignitosa resa, di un facile
È qualcosa che sta prima della risurrezione e dell’incontro con il Signore, e pertanto non può certo essere la cifra del nostro essere cristiani e tanto meno del nostro rapporto con il mondo e la storia che viviamo. Siamo invece chiamati a essere “missionari del vangelo della gioia”, come recita il progetto pastorale missionario proposto alla Chiesa bresciana. È questa la necessaria e complessa conversione pastorale che ci attende a partire da ora.
compromesso al ribasso è reale, ma non onesto e giusto. In quanto cristiani partecipiamo al cuore del Padre: è lui che ci invia e ci chiama alla missione. Missionari è ciò che siamo, anche nella diicoltà e nel continuo cambiamento che il nostro tempo ci impone. Questa consapevolezza può divenire una grande opportunità per il cammino delle nostre comunità e, in particolare. Sentirsi in missione. È una prospettiva di fiducia e di speranza di cui abbiamo nostalgia e bisogno. Già lo sappiamo: la fede è 41
protagonisti, e – con la forza dello Spirito - lo vogliamo essere. Penso in particolare ai giovani. Al silenzioso e spesso inascoltato interrogativo che pongono alla comunità credente, ai nostri oratori, alla Chiesa. Attendono una risposta vera da noi. Forse sono essi stessi la vera risposta alle tante domande che ci facciamo circa l’evangelizzazione e il dialogo con il mondo. È in loro quella forza creativa, quella capacità di cambiamento, quel coraggio e quell’entusiasmo che spesso sentiamo scarseggiare. Protagonisti e non solo destinatari di un annuncio e della missione. Durante la GMG a Cracovia il papa si è rivolto a loro con un discorso schietto e coraggioso. Li ha invitati a svegliarsi, a lasciare il divano di facili comodità e vane felicità, a non avere paura di scendere in campo, a lasciare un impronta, a inventare strade nuove. “Quando il Signore ci chiama non pensa a ciò che siamo, a ciò che eravamo, a ciò che abbiamo fatto o smesso di fare. Al contrario: nel momento in cui ci chiama, Egli sta guardando tutto Strumenti teorici validi e contributi di notevole quello che potremmo fare, tutto l’amore che sialivello sul tema della missione e della evangeliz- mo capaci di contagiare. Lui scommette sempre zazione già ne abbiamo e certamente ancora ne sul futuro, sul domani.” verranno. Ciò che ora ci attende è la loro traduzione dentro la nostra concreta realtà ecclesiasegretariato diocesano vocazioni le, sociale e culturale. Portare il mondo a Cristo don Giovanni Milesi e Cristo al mondo. Niente di nuovo, ma sempre da inventare. Qui entra in gioco la nostra possibilità, la nostra responsabilità, la nostra vocazione. Si apre il nuovo anno pastorale, con i suoi itinerari, i percorsi consolidati, le tradizioni, idee innovative e sperimentazioni. Calendario alla mano occorre dare forma a un cammino che possa accompagnare tutti, dai più grandi ai più piccoli, a crescere alla luce del Vangelo. La missione ci chiede di essere un dono da condividere, che offerto si moltiplica; la buona notizia è un annuncio che proprio nel racconto si fa più solido, vero e luminoso anche per chi lo pronuncia. Ciò che crediamo è, al vero, ciò che comunichiamo con la nostra vita. La nostra fede è quella che sta al cospetto dell’altro, del mondo, dei compagni di studio o di lavoro, degli amici al pub o nello spogliatoio. In altre parole: la fede è quel pacchetto di verità che metto da parte e custodisco come deposito prezioso e inviolabile, oppure la fede è solo quella che io riesco ogni giorno a dire, a donare, a proporre, così che mentre la propongo e la offro si radica in me e diventa la mia vita? Come dire: noi annunciamo la fede che abbiamo, o abbiamo la fede che annunciamo?
Missione come traduzione
42
LABORATORIO DI CUCITO ... E NON SOLO L' attività è prossima al completamento del terzo anno. Non vogliamo essere noi a valutare se l'esperienza è o no positiva. Chi ha avuto modo di partecipare, anche per poco, potrebbe comunicarci le sue impressioni…. Giusto per migliorare! Noi invece avanziamo due richieste: • ci servono nuove idee da trasformare in manufatti per la Bancarella di Dicembre. Potete passare in laboratorio e presentarcele; • sappiamo che nei nostri paesi tante donne hanno varie esperienze nel vasto campo del cucito, chiediamo loro di offrire due ore alla settimana...o al mese per darci una mano ad aiutare altre donne che ne hanno bisogno. Gli impegni che abbiamo sono tanti, ma fa bene prendere del tempo anche per noi e condividere esperienze e conoscenze che ci possono ritornare utili. Si può venire in laboratorio anche con il nipotino o l'anziana madre!
• Quest'anno, a partire da ottobre, abbiamo pensato di organizzare un vero
CORSO DI TAGLIO E CUCITO partecipazione gratuita si terrà nella stessa Aula don Vespa nella canonica di Mattina, nel giorno di sabato: mattina dalle 9 alle 12, oppure, pomeriggio dalle 15 alle 18 (decide la maggioranza delle preferenze). Per tre sabato ogni mese, fino in primavera. Sarà condotto da Marina Portesani (una come noi!) diplomata modellista presso la Secoli di Milano; con esperienza di insegnamento. Sono invitate a partecipare anche adolescenti. Indicazioni sintetiche del programma: • 1° fase - modelli base di gonna a tubo, pieghe, a ruota… Personalizzazione e confezione di due modelli. • 2° fase – modello corpino base nella versione aderente e morbida. Personalizzazione e confezione di una camicia senza manica e di un capo intero con manica. Materiale occorrente. Riga, squadra, matita, gomma, carta da pacco bianca, forbici, spilli, ago, filo. Chi non può procurarsi il materiale potrà usare quello del laboratorio...compresa la stoffa. Si richiede serietà nell'impegno e nella frequenza. Si può recuperare una lezione persa, in un pomeriggio di apertura del laboratorio, che ricordiamo: martedì mercoledì e venerdì dalle 16 alle 18. L'organizzazione è da definire dopo le iscrizioni, possibilmente entro il 10 ottobre. Per ulteriori chiarimenti e iscrizioni telefonare al numero 030 2190292 dalle 21 alle 22. Oppure mandate un messaggio al 3774268283 e sarete richiamate. Arrivederci. la referente Ausilia 43
DIRITTO ALL’ASILO
CONOSCERE PER CAPIRE 1. L’Italia è “invasa” da immigrati e rifugiati? No. Il numero complessivo di immigrati in Italia è perfettamente in linea con la media europea. Gli immigrati sono circa l’8% della popolazione totale e producono il 12% del PIL nazionale contribuendo in maniera fon damentale, tra l’altro, alla sostenibilità del si stema pensionistico italiano. La percentuale di rifugiati in Italia, rispetto al totale della popo lazione (0,1%), è nettamente inferiore a quel la di Svezia (0,9%), Germania (0,7%), Austria (0,6%), Olanda (0,4%), Francia (0,3%), Gran Bretagna (0,2%). 2. I Comuni tolgono soldi agli italiani per darli ai rifugiati? No. I fondi per i rifugiati e i richiedenti asilo sono stanziati dall’Unione Europea e dal Mi nistero dell’Interno. I progetti di accoglienza sono a costo zero per i Comuni.
3. I rifugiati ricevono 35 Euro al giorno? No. I rifugiati ricevono circa 2,5 Euro al giorno per le proprie spese personali. Il resto dei fondi serve per pagare i servizi, le lavora trici e i lavoratori (quasi sempre italiani) che rendono possibili i percorsi di accoglienza e integrazione. 4. I rifugiati potrebbero stare o tornare “a casa loro”? No. Rifugiati e richiedenti asilo fuggono da guerre e persecuzioni che mettono a repenta glio la loro vita. Spesso sono vittime di tortura. L’Italia è uno dei 140 Stati che hanno aderito alla Convenzione di Ginevra del 1951, la quale sancisce il diritto all’asilo. Per questo motivo l’Italia, come gli altri paesi firmatari, ha l’ob bligo di accogliere e proteggere le persone che dimostrano di avere fondati motivi per temere una persecuzione nel proprio paese d’origine o di residenza.
Il grazie del Vescovo alle comunità accoglienti i richiedenti asilo
Venerdì 29 gennaio, il Vescovo Luciano Monari ha incontrato i sacerdoti che hanno risposto all’appello di realizzare esperienze di micro-accoglienza di richiedenti asilo nelle comunità parrocchiali. Un incontro, organizzato da Caritas Diocesana di Brescia, finalizzato a condividere lo stato dell’arte delle diverse storie di accoglienza che in questi cinque mesi stanno prendendo forma nella Diocesi di Brescia. Tra le storie di accoglienza già entrate nel vivo della sfida della quotidianità, quelle delle parrocchie di Darfo, Botticino, Villaggio Violino e Badia, S. Alessandro - Brescia, Calcinato, Pontevico, Quinzano, Alfianello, S. Maria della Vittoria-Brescia, S. Barnaba-Brescia e della comunità missionaria di Villaregia (Lonato del Garda). Al “doveroso grazie” per l’impegno profuso, il riconoscimento nelle esperienze presentate del valore dei legami: “Sono contento del vostro insistere sui legami, sulle relazioni, perché l’inculturazione avviene nei rapporti tra le persone, nel riuscire a dialogare, soprattutto quando si riesce a fare qualcosa insieme. Per questo credo che l’accoglienza diffusa sia la scelta migliore perché diventa molto più facile creare legami ed è questo uno dei cammini privilegiati: per i richiedenti asilo, perché si sentono riconosciuti e impegnati; per noi, perché entriamo in contatto con realtà umane autentiche e diverse dalla nostra. E questo ci mette in crisi, ma ci fa anche rigenerare in umanità”. 44
Accoglienza profughi 5. I rifugiati hanno solo diritti e nes sun dovere? No. Rifugiati e richiedenti asilo sono inseriti in un rigido sistema di regole che li obbliga a frequentare corsi d’ita liano, a effettuare controlli sanitari, ad attivarsi per la ricerca di lavoro e a vi vere, per un periodo limitato di tempo, in appartamenti o strutture alternative, sotto il quotidiano controllo degli enti gestori.
IL RAZZISMO UMILIA L’ITALIA. L’IGNORANZA ANCHE. AIUTACI A COMBATTERLI ENTRAMBI.
Progetto SPRAR “Brescia Provincia Aperta” Dal mese di giugno 2016 la Provincia di Brescia è entrata a far parte del Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati, promosso e coordinato da Ministero dell’Interno, ANCI e UNHCR, che mira all’accoglienza integrata dei beneficiari, ossia ad assicurare una serie di servizi che non si limitano alla copertura del vitto e dell’alloggio ma integrano misure di orientamento e accompagnamento sociale, legale e la costruzione di percorsi individuali di inclusione e inserimento socio-economico. Il progetto è finanziato dal Fondo Nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo. Non vi sono pertanto costi a carico del bilancio della Provincia di Brescia la quale garantisce, in cofinanziamento, la valorizzazione delle ore del personale impiegato e l’uso gratuito di alcuni spazi. Il progetto è denominato “Brescia Provincia Aperta” e vi aderiscono, come partner, i comuni di Botticino, Brescia, Castenedolo e Rezzato. I comuni partner non sostengono nessun costo per l’adesione al progetto. A Botticino sono attivi 2 appartamenti (uno da 4 ed uno da 6 posti) per un totale di 10 persone ospitate. Il Progetto è rivolto a richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale, da non confondere con soggetti migrati per ragioni economiche o di altra natura. Si tratta di persone che sono state costrette a fuggire dal proprio Paese a causa di persecuzioni individuali o per grave instabilità nel Paese di origine causata da conflitti. Spesso sono state vittime di tortura e violenza, hanno affrontato viaggi difficili e traumatici e non hanno alcuna rete di sostegno. L’accoglienza risponde ad obblighi internazionali cui l’Italia non può prescindere (Convenzione di Ginevra del 1951, Protocollo di New York del 1967, Regolamento Dublino e art. 10 della nostra Costituzione). La Provincia di Brescia è ente capofila e responsabile del progetto. Si avvale di un ente partner per la gestione dell’accoglienza e integrazione: la Cooperativa Sociale K-PAX . Questo partner è stato individuato per l’esperienza pluriennale, consecutiva e comprovata nella presa in carico integrata di richiedenti/titolari di protezione internazionale, così come espressamente richiesto dal bando del Ministero dell’Interno. 45
“MAI SENZA L’ALTRO” IN FESTA PER I SUOI 10 ANNI “Mai senza l’altro”. Il nome di questo gruppo fa riflettere e incuriosisce sin dal primo momento che lo si sente pronunciare. Chi è l’altro? Colui che è diverso da me, mi viene da pensare; colui che mi è prossimo, colui che mi può creare scomodità... Eppure quel “Mai” crea un certo turbamento. Mi invita a vedere l’altro che cammina con me, sempre e ovunque. Così è lo spirito del nostro gruppo; così è stato l’invito di don Raffaele durante la celebrazione della Messa. Egli ci ha invitato a vivere la nostra vita senza discriminazioni,sempre con l’occhio attento verso chiunque condivide le nostre giornate, ma soprattutto occhi attenti verso chi è più fragile. La fragilità non è solo corporea, tocca tutto il nostro essere. Il gruppo cerca di attuare tale messaggio verso i nostri amici, le famiglie coinvolte e tutti coloro che ci sostengono nell’impegno delle attività che svolgiamo. La festa dei 10 anni della nostra presenza in Botticino, ha reso vivo in noi il desiderio di condividere questo nostro traguardo con amici, famigliari e la comunità tutta di Botticino. E’ stato bello pregare insieme, mangiare un ottimo spiedo, ballare e cantare, vedere i “nostri ragazzi”stupiti e felici. Bambini,mamme,papà,nonni,tutti presenti per un unico scopo: “STAR BENE INSIEME”. E che dire della gara podistica, organizzata in modo preciso e professionale (grazie ad amici volonterosi, motivati, ma soprattutto solidali). 8Km. per più atletici e allenati 4km. per chi ha voluto godersi le vie del paese camminando in tranquillità e anche con impegno. 1km. per i bambini che con il loro esserci hanno dato quel senso di freschezza e innocenza,felici di portarsi a casa medaglie, palloncini,latte… Tutti con la loro presenza hanno dato vita alla buona riuscita della grande festa. Tanti volti arrossati,volti sconosciuti e sorridenti che hanno risposto al richiamo di “Mai senza l’altro”.
46
Ottobre Missionario Giornata Missionaria Mondiale 2016 Misericordia è una parola che negli ultimi tempi abbia mo sentito e pronunciato, anche se è sempre stata usata e pronunciata nella Chiesa. La differenza è che oggi più che mai, grazie alla lettura del mondo attuale fatta da Papa Francesco, essa è e deve sempre più diventare la cifra per dirigere i nostri pensieri e le nostre azioni. Vivere nella misericordia non significa contrastare la giustizia: ma rifiutare la vendetta, nonostante il male subi to. Non è un cammino semplice, ma richiede tutto il nostro impegno. “Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: “Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?”. E Gesù gli rispose: “Non dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette” (Mt 18, 21-22). Un impegno da vivere a fianco al Signore, nella sua grazia che ci guida. Sì, il mondo oggi ha bisogno di riconciliarsi con il passa to per progettare un futuro che, attraverso la misericordia, sappia tornare a sperare in un mondo abitabile per tutti. Il cardinale Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila, in un recente intervento ha ottolineato come dobbiamo imparare a “sorgere nella misericordia” e, attraverso di essa, guari re le tante ferite dell’umanità: “E’ guardando e toccando le ferite degli altri, che possiamo vedere e toccare anche le nostre ferite”. (Intervento presso l’Araneta Coliseum a Que zon City, Manila, 10 aprile 2016). Siamo feriti dalla mancan za di misericordia che genera le sofferenze di tante fami glie che fanno difficoltà a vivere il quotidiano o quelle dei tanti bambini costretti a vivere senza cibo o a stare lontano dai genitori, pensiamo ai migranti costretti alla fuga per trovare una speranza, un futuro migliore. Il Papa, nella Bolla d’indizione del Giubileo, Misericordiae Vultus (cfr. n.1), afferma in modo semplice che la mise ricordia di Dio si è fatta carne nel Volto del Figlio Gesù. Chi vive in essa, non elimina i mali subiti, ma li “trasforma” in occasione di vita nuova: Cristo Risorto mantiene ancora le ferite pasquali, ma queste sono la via per la riconciliazione. Dove si esprime e si vive la misericordia, il Volto Di Cristo risplende in chi la pratica. A ciascuno di noi, discepoli missionari, l’augurio di te stimoniarlo. 47
23 ottobre 2016
don Benedetto Goudote,
nel 45° della sua ordinazione sacerdotale torna a Botticino, prima Parrocchia di adozione. 1968: anno di stravolgimenti culturali e sociali. In agosto la Russia invade la Cecoslovacchia e occupa Praga. A Botticino Mattina, un seminarista della Pontificia Università Urbaniana (istituto Propaganda Fide) di Roma, trascorre le sue vacanze estive presso la nostra parrocchia, ospite del parroco don Francesco Marini. Si tratta di Benedetto Goudote, originario del Benin (o Dahomey come allora era chiamato). La personalità di don Marini e la conoscenza di molte persone della nostra comunità ha favorito e consolidato un rapporto di amicizia che è continuato nel tempo. Nel marzo 1971 presso l'Istituto Propaganda Fide, un gruppo di parrocchiani è vicino a don Benedetto per la sua ordinazione sacerdotale. Al neo-sacerdote viene affidato, come primo incarico, la guida della Parrocchia di Boiçon, nel Benin (o Dahomay) Dopo questo, fu un susseguirsi di incarichi che lo vedono insegnante in collegio poi in seminario. Poi ritorna studente di Giurisprudenza e Diritto Canonico, fino a laurearsi come Dottore Utriusque Iuris "Summa cum laude" dell'Università Lateranensis. Rientrato in Africa ha insegnato Diritto Civile, Diritto Canonico, Morale e altre materie per vari anni all'Università Cattolica per l'Africa con sede ad Abidjan (Costa d'Avorio). Cosa è “Oasi di pienezza di vita” ?
Ecco una sintesi di quanto potrà meglio spiegare monsignor Benedetto Goudote durante gli incontri con la comunità di Botticino.
Progetto globale « OASIS PLENITUDE DE VIE » • Localizzazione: Benin, nella diocesi di Dassa-Zoume.
- Scuola Materna - Collegio Internazionale “S.Martin” - centro Arti e Mestieri (scuola professionale) - complesso Universitario - altri centri di specializzazione (commercio, infermieristica,)
• Stato avanzamento del progetto oggi i corsi di formazione sono avviati con un numero ristretto di partecipanti in una sede provvisoria. Per soddisfare le richieste di istruzione (stimabili • Tappe: complessivamente in 730 alunni) è in costruzione il modello di vita prefissato potrà essere sviluppa- il collegio S.Martin. to solo dopo un adeguato percorso di formazione. Quindi la prima tappa è l’istruzione, dalla prima in- • Finanziamenti fanzia fino alla maturità. per le opere realizzate fino ad oggi OPDV ha fatto ricorso a mutui bancari, sostenibili con i proventi • Attività interni.Per la prosecuzione del progetto è necessaparallelamente alla istruzione: creazione di una rio un sostegno esterno. Motivo per il quale il moazienda agricola che può contare su 107 ettari di vimento si rivolge ai paesi occidentali che vogliono terno fertile (frutto di una donazione) contribuire alla riuscita del progetto, tanto importante e atteso dalla popolazione. • Strutture (da realizzare in un’area di 77 ettari) 48
Nella stessa sede è stato pure Rettore della Facoltà di Giurisprudenza, Rettore della Facoltà di Diritto Canonico, Primo Direttore dell'Istituto Superiore di Pastorale per l'Africa e Presidente del Consiglio di Sviluppo dell'Università (CUS). Dopo la sua pensione accademica è stato parroco in Normandia (Francia) prima di essere nominato Amministratore Apostolico della Diocesi di DASSA-ZOUME nel Benin. Mons. Benoit GOUDOTE ha pubblicato varie opere e nel 2015 la seconda edizione de "Le Magistrat Ponce Pilate, Approche historique ed juridique" (due vol). Infine (ma non non per finire) si presenta a noi oggi con la nuova veste di fondatore del movimento denominato “Plenitude de vie” (Nella traduzione italiana è facilmente intuibile il rifermento evangelico al concetto di “Pienezza di vita” .) Oggi, torna a Botticino per presentare questo movimento che ha avuto avvio a Dassà Sopontà, sempre nella sua patria di origine, e che si propone a livello internazionale.
don Benedetto a Botticino
• VENERDÌ 28 OTTOBRE ore 20,30 incontro con la comunità presso teatro oratorio Botticino Mattina
• SABATO 29 OTTOBRE ore 17,30 celebrazione S. Messa chiesa Botticino Mattina • DOMENICA 30 OTTOBRE - celebrazione S. Messa a Botticino Mattina (ore 9,30) e Sera (ore 18,45) - ore 12,30 pranzo sociale presso sala oratorio Botticino Mattina
Una sera di settembre con don Valentino Busi e don Isidoro Apostoli …incontrarli insieme è quasi un evento storico , uno missionario in Bolivia e l’ altro in Etiopia, due sacerdoti dalla vocazione adulta, ma dallo “spirito pronto al servizio” ancora da tenera età . I loro racconti sono interessanti, le immagini che ci propongono come sempre ti coinvolgono, ti fanno sorgere tante domande, ma ancora più interessante è fare un parallelo con alcuni aspetti della nostra società, se volete anche della nostra comunità Botticinese e scoprire che tanti aspetti ci accomunano … Padre Valentino ci parla di una comunità, la sua, dove i bambini e gli anziani sono i più bisognosi: i primi spesso abbandonati in strada a giocare con gli animali nella sporcizia o mandati al pascolo, i secondi dimenticati nelle loro case fatte di fango, con il tetto di paglia dagli stessi figli, che sempre più partono per la città a cercare fortuna… Non va certo meglio in Etiopia, e per questo don Isidoro, con tanti altri hanno promosso delle scuole per i ragazzi di strada, le loro classi sono di almeno cinquanta alunni, ma i ragazzi Etiopi sono educati, grazie alle loro famiglie che hanno insegnato loro il rispetto , sono molto diligenti e non creano problemi. La religiosità - continua don Isidoro - della mia gente è altissima, anche se solo 1% è Cattolico, la religione più diffusa né quella Ortodossa, seguita da un 35% di Musulmani. Con tutti si va d’ accordo e questo è bello, i sacerdoti sono molto rispettati e la partecipazione alle funzioni religiose è altissima , anche se spesso è solo presenza, un po’ come avveniva in passato anche in Italia, i matrimoni non sono molti… Anche in Bolivia le cose non vanno diversamente. Qui la religione cattolica è la piu diffusa, anche se molte sette vanno diffondendosi; la gente partecipa alle funzioni, ma soprattutto quando hanno i bambini che devono accostarsi ai Sacramenti. Anche i Boliviani prima di sposarsi convivono a lungo, hanno figli e poi si sposano, per salvare l’ anima, così dicono… Del governo Boliviano, Padre Vale non sembra essere entusiasta, mostra una foto con un bellissimo campo di calcio con tappeto verde sintetico, in mezzo al nulla, sperduto tra le colline, che pullulano di miseria… Sembra essere più soddisfatto dei politici d’ Etiopia don Isidoro, che parla di scuole statali, anche università, di buon livello. Certo l’ assistenza sanitaria è fortemente deficitaria in Etiopia come in Bolivia, se non hai denaro muori… Una chiaccherata lunga un’ ora e mezza, il piacere di guardare negli occhi ragazzi di qualche anno fa partiti con il sogno di poter cambiare qualcosa, ragazzi cresciuti ora, con meno sogni, ma la certezza di camminare nella via giusta. 49
pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia -
AMORIS LAETITIA Durante il Concistoro del 20-21 febbraio 2014, papa Francesco ebbe così a riassumere il cuore dell’incontro e ad anticipare il suo prossimo programma di pontificato: “Ci viene chiesto di mettere in evidenza il luminoso piano di Dio sulla famiglia e aiutare i coniugi a viverlo nella gioia della loro esistenza, accompagnandoli in tante difficoltà, con una pastorale intelligente, coraggiosa e piena d’amore” (L’Osservatore Romano, 21 febbraio 2014, p.8). Proprio questo invito trova nell’anno pastorale che si apre una favolosa opportunità, dal momento che insieme al nostro vescovo Luciano possiamo approfondire l’alto messaggio della Esortazione Apostolica Amoris Laetitia e trovare nuove strade di accompagnamento pastorale per le concrete esistenze del mondo familiare. Si tratta di un’azione da compiere insieme e a più livelli, sapendo che il matrimonio e la famiglia sono il fondamento della Chiesa, in quanto piccola chiesa domestica resa viva dall’amore incommensurabile di Cri-
sto sposo fedele. Il piano missionario diocesano, nella sua sostanza, trova sicura applicazione solo se l’amore incarnato nelle relazioni familiari viene a rinnovarsi: serve una nuova evangelizzazione sul significato di sempre e di oggi del matrimonio sacramento. Anche il modello di Iniziazione Cristiana, da noi adottato ormai da più di un decennio, mette al centro il rinnovamento e il rilancio della fede degli adulti, soprattutto dei genitori, primi testimoni verso i loro figli. Così, per una vera missione ecclesiale e perun’autentica evangelizzazione, ripartiamo insieme nel saper dire e testimoniare la bellezza dell’Amore divino nella vita familiare.
PAOLO VI E LA SPIRITUALITÀ FAMILIARE Scrutando affascinato le luminose pieghe della persona e del ministero apostolico del Beato Paolo VI, tra i molti interventi in merito a coppia e famiglia, appare evidente che il tema della vita spirituale sia
il centro, il fondamento e l’orizzonte ultimo. La vita secondo lo Spirito del Risorto, per quanti seguono la vocazione matrimoniale, è reale immersione nell’amore sponsale di Cristo, che per la sua diletta Chiesa ha dato tutto se stesso. Il segno efficace del sacramento è esperienza viva di Grazia divina, dono da accogliere con generosità e fiducia, da lasciar crescere e custodire con lucida responsabilità. Gli sposi cristiani ricevono in maniera speciale la missione dell’amore di carità e nell’esercizio di questo apostolato trovano già sulla terra quella felicità sovrabbondante che è solo assaggio sbiadito della gioia del paradiso. Nel Decreto conciliare Apostolicam Actuositatem (A.A. n. 4) si comprende che ogni apostolato, ogni esperienza missionaria proviene dalla vita spirituale, di cui si tratteggiano cinque punti essenziali: l’unione con Cristo; gli aiuti della Chiesa; l’esercizio della fede, della speranza e della carità; l’esercizio delle virtù umane (tra cui spiccano: giustizia, fortezza, temperanza, prudenza); l’appello a Maria quale modello di vita cristiana. Aprendo un nuovo anno pastorale all’insegna dell’approfondimento dell’Esortazione Apostolica Amoris Laetitia, di papa Francesco, accettiamo la sfida del Beato Paolo VI di rinnovare la vita spirituale nelle trame delle nostre famiglie segretariato diocesano pastorale familiare
50
pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia - pastorale familiare e di coppia
IL CONSULTORIO DIOCESANO
“Così bello, così fragile” è il titolo del Convegno del Consultorio Diocesano di Brescia, nell’occasione della celebrazione del decennio di apertura. Il tema si riferisce al legame di coppia, alla sua bellezza e alle sue fragilità, calato nelle molte storie di vita che affollano le giornate del Consultorio e ne fanno sicuramente la cura maggiore, attraverso gli strumenti che le scienze umane mettono a disposizione. Il primo messaggio che si desidera lasciar passare è riferito al dono stupendo della relazione d’amore nella coppia di sposi, al suo alto ed insostituibile valore per tutta la società. Di certo, però, non può sfuggire come le molte fragilità personali e contestuali spesso rendono irriconoscibile l’originaria bellezza, se non addirittura ne stravolgono i significati più genuini, come nei troppi casi di violenza domestica. L’opera del Consultorio Diocesano si pone ad un tempo come prevenzione di percorsi di disgregazione “Retrouvaille” propone weekend per coniugi che vivono un momene di aridità esistenziali, mentre si mette a disposizione anche di to di difficoltà, di grave crisi, che accompagnamenti di dolori ormai conclamati, sperando di aprire pensano alla separazione o sono già nuove strade di speranza. separati ma desiderano ritrovare se stessi e una relazione di coppia L’identità ecclesiale del Consultorio è una grande ricchezza, perché chiara e stabile. offre un chiaro interlocutore di aiuto del familiare per la ComuniPer info: info@retrouvaille.it e www. tà cristiana e ugualmente ospita ogni situazione con l’apertura di retrouvaille.it. cuore che solo il Vangelo può offrire. E a chi si chiede ancor oggi se un Consultorio Diocesano sia così necessario per la nostra diocesi di Brescia, dire come recita la famosa pubblicità dell’8 x mille: “Chiedetelo a loro” … intendendo quelle 1.100 persone accompagnate per lungo tempo ogni anno o quelle incontrate nei percorsi educativi!
numero verde da numero fisso 800-123958 da cellulare 3462225896
PARROCCHIE DI BOTTICINO corso fidanzati ITINERARIO IN PREPARAZIONE AL MATRIMONIO Domenica 30/10/16 1° Accoglienza + “Ci amiamo” (ore 16,30 + messa ore 18,45) Sabato 12/11/16 2° “Tanto da sposarci” Sabato 26/11/16 3° “Da cristiani” Mercoledì 07/12/16 Centro di ascolto Mercoledì 14/12/16 Centro di ascolto Sabato 14/01/17 4° “Con il sacramento del Matrimonio” / Chiamati alla santità” Sabato 28/01/17 5° “Saremo una carne sola” Sabato 11/02/17 6° “Aperti alla vita” Sabato 25/02/17 7° “Faremo una famiglia Chiesa domestica” Mercoledì 08/03/17 Centro di ascolto Mercoledì 15/03/17 Centro di ascolto (Domenica 19/03/17 8° “Dentro la società” + Messa + Cena 51
Il Centro Famiglia Diocesano si trova in Via Schivardi al numero 58 (tra casa Santa Madre e l’Ospedale Domus Salutis), a fianco dell’Ospedale Civile. E’ a disposizione dell’utenza ma vista la zona, è a disposizione un’ampia possibilità di parcheggi nei dintorni; è raggiungibile con i mezzi pubblici, con l’autobus (linea 10) oppure con la metropolitana (fermata Ospedale). Giorni e orario di apertura: Lunedì e Mercoledì dalle 9.00 alle 19.00 Martedì, Giovedì e Venerdì dalle 13.00 alle 19.00 Sabato dalle 9.00 alle 14.00 I nostri numeri di telefono: Telefono: 030/396613 Fax: 030/3392101 Sito web: www.consultoriodiocesanobrescia.it
Scuola don Orione
SCUOLA PRIMARIA E SECONDARIA DI PRIMO GRADO
paritarie
via Don Orione 1 Botticino Sera
CHE COSA CERCATE? IL RUOLO DELLA SCUOLA NELLA RICERCA PERSONALE
Si è aperto un nuovo anno scolastico alla Scuola Parrocchiale Don Orione. Nella giornata di accoglienza genitori e ragazzi, dopo il saluto della dirigente Domenica Busi e del parroco don Raffaele, sono stati chiamati a rispondere alla domanda “che cosa cercate?”. Partendo dalle pagine del libro “Il mago di Oz” di L. Frank Baum gli alunni hanno lavorato in gruppo sui temi del sapere, dell’amore e del coraggio, leggendo brani tratti da testi di narrativa contemporanea, poesie, articoli di attualità, analizzando Parrocchie di Botticino anche fotografie e dipinti. Nel gruppo dello Spaventapasseri gli alunni si sono chiesti a cosa serve il sapere se usato male e se diventa un “folle volo”. Quanti ragazzi inoltre si sentono poco valorizzati se non addirittura stupidi? Che cosa può fare la scuola per loro? Semplicemente fare il proprio dovere: portare gli alunni alla scoperta dei saperi essenziali e irrinunciabili che diventano cultura, formazione e vita che continua ad aprirsi ad altri saperi alla portata di tutti, ponendo attenzione ai bisogni di ciascuno perché nessuno si senta escluso. Ai Boscaioli è toccato il tema delle emozioni e dell’amore in tutte le sue forme dall’innnamoramento adolescenziale all’amore per la propria famiglia, dai rischi del possesso e della gelosia all’amore per la vita cantato nei versi di “Ama la vita così com’è” di Madre Teresa di Calcutta. Si può parlare d’amore a scuola? Si deve! Attraverso le giuste informazioni, diffondendo la cultura del rispetto del proprio corpo, aiutando gli alunni a gestire in modo equilibrato emozioni e relazioni. Infine ecco i Leoni alle prerse con il coraggio che a volte manca come nei casi di bullismo e di cyberbullismo. La sfida della scuola nei confronti di ogni prepotenza e ingiustizia è oggi più che mai una missione. Il ruolo della scuola nella ricerca personale di ognuno si presenta davvero vario e complesso. Troppi obiettivi, verrebbe da dire. Eppure sembra che manchi ancora qualcosa….e se ci chiedessimo “chi cercate?”. E se cercassimo Dio anche a scuola? A voi la risposta.
52
E…STATE ANCORA AL DON ORIONE
Così bel bella si è chiusa anche questa estate al Don Orione: tre settimane a giugno e tre settimane a fine agosto/settembre, una cinquantina di bambini dai 6 ai 13 anni, coordinatrice, una decina di animatori, tutex alunni, e tanti volontari che hanno portato una ventata di esperienza : il prof. Germano per l’attività motoria,la prof.ssa Elena per tangram e origami; Annarosa Lori per i fiori di carta, Annalisa per pasta sale, Elisa per giochi di magia; Marta per i bans, Domenica per il racconto, Barbaper laboratori creativi. Tra giochi, compiti, partite di football, uscite alla scoperta degli angoli storici del nostro paese, l’ incontro con lo scultore Lino Sanzeni e per finire l’ avvincente a caccia al tesoro per scoprire il colpevole del delitto al ristorante, abbiamo trascorso insieme ore di serenità. Grazie a tutti e arrivederci ragazzi…. una prossima emozionante estate ci aspetta!
la ti
e e ra
LO SPORT E’ VITA: LA SCUOLA DON ORIONE SEGUE I PASSI DELLA SETTIMANA EUROPEA DELLO SPORT Potenziare le competenze sportive è uno degli obiettivi della scuola italiana del futuro. Lo sport vero, quello che non insegna solo a primeggiare, è una vera risorsa per il benessere del corpo e dello spirito. Sono sostanzialmente queste le due motivazioni che hanno portato la scuola Don Orione ad organizzare una settimana sportiva per gli alunni delle elementari e delle medie proprio all’inizio dell’anno scolastico e proprio a ridosso della settimana sportiva europea intitolata “Lo sport è vita”. La scuola è sempre un primario punto di riferimento per la famiglia e per la società, il tempo che l’adolescenza trascorre all’interno dell’istituzione è determinante per lo sviluppo delle sue capacità e potenzialità. Cresce la richiesta da parte delle famiglie che essa sia un centro educativo il cui intervento vada oltre gli ambiti disciplinari, guidando i bambini all’acquisizione di valori e stili di vita positivi. È importante notare come le esperienze ludico-motorie siano significativamente diminuite, causando anche nei più piccoli una scarsa percezione del loro corpo compromette l’equilibrato sviluppo delle capacità motorie e che, spesso, durante la crescita, provoca una cattiva accettazione di se stessi. È ormai riconosciuto che il gioco e lo sport sono gli strumenti più efficaci per aiutare gli alunni nella loro crescita psicologica, emotiva, sociale oltre che
fisica ed è fortemente
aggregante. Lo sport infatti richiede alla persona di mettersi in gioco in modo totale, funge da stimolo nel trovare gli strumenti e le strategie per affrontare e superare le proprie difficoltà; dovrebbe svolgere il compito di sviluppare una nuova cultura sportiva e di contribuire ad aumentare il senso civico dei bambini, migliorare la socializzazione e l’integrazione. Consapevole di quanta importanza abbia lo sport, la scuola Don Orione ha contattato diverse realtà sportive locali in modo che bambini e ragazzi potessero sperimentare in prima persona più sport usando gli spazi della scuola, ma anche gli ambienti dell’oratorio di Botticino Sera e il campo da calcio di Via Longhetta il cui uso è stato concesso dall’Amministrazione comunale. Gli sport che si sono avvicendati dal 19 al 23 settembre sono stati qwan ki do, ginnastica artistica, danza, fitball, basket, rugby, pallavolo e calcio. A tutte le società sportive e al personale che si è reso disponibile va il più sentito grazie da parte di insegnanti, famiglie e ragazzi. UNA SETTIMANA SPORTIVA A SCUOLA FA BENE AL CORPO E ALLA MENTE! 53
BOTTICINO MATTINA
quarant’anni di passione
T
SAN FAUSTINO AL MONTE: 40 ANNI DI PASSIONE
utto ha avuto inizio il 3 settembre 1977, quando il Vescovo di Brescia venne a inaugurare la chiesetta dopo i lavori di restauro, che erano stati iniziati quando era parroco di Botticino Mattina don Francesco Marini e conclusi poi con don Luigi Lussignoli. Da quell’anno ogni prima domenica di settembre è tradizione celebrare la festa a s. Faustino al monte, la prima chiesa sorta nella Valverde, risalente al 1100 e prima chiesa parrocchiale di Mattina. Già prima del 1977 però, la settimana seguente la festa dei patroni Faustino e Giovita, in febbraio, i botticinesi si ritrovavano qui a celebrare la messa: genitori, nonni, bambini, in particolare della contrada Sott’acqua. Quanti momenti belli vissuti in questi 40 anni…! E quello che porta alla riuscita è sempre lo spirito del fare insieme, il saper incontrare le persone per chiedere un aiuto, la solidarietà, la presenza di persone e amici che danno una mano volentieri e gratuitamente, la presenza delle famiglie che partecipano alla festa e desiderano lasciarsi coinvolgere. Nonostante i piccoli momenti di difficoltà nella collaborazione o nell’organizzazione, si va avanti contenti del traguardo finora raggiunto. In queste occasioni è sempre stata valorizzata anche la presenza di sacerdoti della diocesi, di quelli passati a Botticino o botticinesi di origine, oltre ai sacer-
doti che si sono susseguiti in questi anni in parrocchia. Accanto alle celebrazioni e allo stand gastronomico generalmente in occasione della festa sono state proposte anche lotterie, mercatini, musica… occasioni per stare insieme e anche per dare un piccolo contributo economico alla parrocchia. Un sincero ringraziamento quindi a tutte le persone che generosamente hanno collaborato in questi 40 anni, a chi mette a disposizione i locali adiacenti la chiesetta, a chi si prende cura regolarmente della chiesetta tenendola pulita e in ordine, a chi si occupa dell’organizzazione, a chi partecipa e a tutta la Comunità di Botticino.
54
USO BOTTICINO Nella stagione 2015-2016 appena conclusa l’USO Botticino ha partecipato con una squadra, l’USO Botticino Dumper,iscritta al campionato ANSPI nella categoria OPEN a 7; una squadra iscritta al campionato CSI categoria Open a 7 nel girone di Promozione; una squadra di bambini nati nel 2006 ha partecipato al campionato ANSPI nella categoria Scarabocchio; una squadra di bambini nati nel 2007 ha partecipato al campionato ANSPI nella categoria Miniscarabocchio. Un doveroso ringraziamento da parte della Società ai mister e ai dirigenti per la disponibilità dimostrata nel corso della stagione appena conclusa. La stagione 2016-2017 ci vede al via con una squadra Open a 7, i Dumper all’oratorio di Botticino Mattina, una squadra di bambini nati nel 2007 e 2008 all’oratorio di Botticino Sera. Partirà il corso di mini calcio per i bambini dell’asilo il venerdì dalle 16,15 alle 17,15.
Avanti tutta Dumper
Dumper Botticino stagione 2016/2017 La nuova stagione calcistica è alle porte e la Dumper vi si affaccia ambiziosa e determinata, rinnovata nella dirigenza e nella rosa. Dopo un anno di transizione che ha visto i gialloblu lontani da trofei e dalle posizioni di vertice in campionato, la guida della squadra è stata affidata alla bandiera Mauro Boifava, affiancato dal veterano Flavio Cavagnini; a Marco Tambussi l’onere e l’onore di rivestire il ruolo di presidente. Squadra giovane, talentuosa e compatta con l’obiettivo di vincere senza perdere di vista i valori (quali rispetto e amicizia) che dovrebbero essere sempre parte imprescindibile dello sport. Il 20 Settembre presso il Red Dog il giornalista sportivo Fabio Pettenò ha presentato giocatori e dirigenza all’interno di una festa che ha visto la partecipazione di numerosissimi tifosi che ormai da anni seguono la squadra con passione ed entusiasmo. Nella stagione 2016/2017 la Dumper disputerà il campionato Anspi, nel girone B della categoria Top Lega, e giocherà le partite casalinghe presso il campo di Botticino Mattina il lunedì alle ore 21.00; chiunque volesse rimanere sempre aggiornato su orari e risultati di ogni partita può seguire la pagina Facebook di squadra e tifosi, dal nome “Avanti tutta Dumper”. È doveroso ringraziare la vecchia dirigenza, ovvero chi dal 2003 si è prodigato affinché la società nascesse, crescesse e successivamente si togliesse la soddisfazione di vincere campionati e coppe, fino ad arrivare alle finali nazionali di Bellaria per tre anni consecutivi. Giocatori e dirigenti sono carichi e determinati, tutti hanno partecipato alla preparazione con cura e dedizione; tutto pronto quindi per una stagione che vedrà la Dumper cercare riscatto, per replicare e se possibile superare i risultati raggiunti nelle stagioni passate. Avanti tutta Dumper! 55
GREST 2016 P
er l’oratorio di San Gallo la giornata di lunedì 13 giugno ha segnato l’inizio dell’esperienza estiva del Grest. A Botticino Mattina lunedì 27 giugno e a Sera lunedì 18 luglio. Pausa e dopo le ferie il Campus al don Orione. In queste settimane, in tempi e forme diverse, gli oratori di Botticino sono stati rianimati di colori, ritmi e suoni: i colori delle bandane delle squadre; i ritmi delle giornate piene dell’estate; i suoni delle musiche di “Perdiqua”. Un mix esaltante, oltre che stancante, impastato del sudore bello e utile di chi si è messo in gioco nel servizio dei più piccoli. Un gioco che vale un viaggio; un viaggio che è metafora profonda e suggestiva della vita di ciascuno. “Si misero in cammino” ha accompagnato la nuvola-onda che, speriamo, abbia travolo tutti e ricordi un entusiasmo contagioso, la cui matrice prende le mosse dal Vangelo. Alla fine di maggio e inizio giugno si sono succeduti incontri di formazione prima e di progettazione dopo, accanto a momenti di lavoro più pratico, perché i nostri ambienti educativi siano i migliori possibili, dentro le concrete fatiche e le reali disponibilità che si potranno esprimere. Dunque tutto finito?!?! L’entusiasmo c’è stato; quello di comunità che desiderano amare e servire, tra piscine, merende, balli e attività laboratoriali, sullo sfondo del tempo magico dell’estate.
Dunque… è stato un bel viaggio che ha coinvolto i più piccoli che hanno varcato i portali degli oratori non per essere parcheggiati, ma per fare esperienza di un Vangelo vivo; è stato un bel viaggio per i responsabili che non hanno fatto mancare la loro disponibilità alla guida non di “cose”, ma di esperienze e occasioni di incontro; è stato un bel viaggioi per i tantissimi animatori che hanno indossato i panni non banali e non scontati di chi si fa prossimo “solo” perché un po’ più grande e desideroso di servire, nella logica non scontata (e non condivisa da tutti) della catena educativa; è stato un buon viaggio anche per la presenza di chi ha tenuto pulito gli ambienti, ha prestato servizio alla mesa, alla merenda e al bar dell’oratorio con gratitudine e simpatia. Insomma… è stato un buon viaggio “perdiqua”, con nel cuore la certezza che il Signore l’abbiamo incontrato davvero nei volti e nelle voci di chi siamo stati capaci di accogliere.
56
campi estivi valdaone
“RICCO DI MISERICORDIA... RICCHI DI GRAZIE”. In viaggio con Tobia: alla scopreta delle domande che “mettono in moto” la vita
VALDAONE CLASSE 2001 nche quest’anno i ragazzi delle nostre parrocchie hanno potuto vivere una settimana di campeggio. Numerosi ragazzi di prima superiore hanno accolto questa opportunità. Gli animatori Beppe, Alessandro, Elisa, Pietro, Laura e Pietro hanno guidato questo gruppo contando sull’aiuto e l’esperienza di un accompagnatore d’eccezione, Dieudonnè, un seminarista che ha trascorso qualche settimana nella nostra comunità di Botticino aiutandola in alcuni servizi. Le giornate erano scandite da vari momenti: la sveglia, il riordino e la pulizia, la preghiera, attività di confronto e gioco. Il tempo nell’insieme clemente ci ha permesso di fare qualche gita ma, purtroppo, non ci ha dato la possibilità di vivere una notte a stretto contatto con la montagna e con lo spirito di avventura che avremmo voluto, ma ci riproveremo. Nella settimana abbiamo avuto un incontro con don Raffaele, al quale i ragazzi hanno posto domande e fatto richieste. Una richiesta ci piace mantenere viva: “Don vorremmo un incontro, quando saremo a Botticino con lei e gli animatori… alcune date dove poter vivere le nostre proposte, le cose che ci interessano…” Nel chiudere queste brevi righe della nostra esperienza insieme, ricordiamo ai ragazzi la nostra disponibilità all’incontro e al dialogo.
A
Il viaggio della vita è un regalo dell’Amore di Dio Padre. E’ un viaggio di crescita e di scoperta della ricchezza che siamo e che abbiamo. Il motore di questo viaggio sono le domande che ci rendono curiosi, ci portano all’incontro: con noi stessi, con gli altri, con Dio e ci guidano all’interessante scoperta che: la vita risponde con la vita! Le avventure di Tobia, accompagnato da Raffaele, fanno nascere domande importanti che segnano passi di crescita. 57
alla scoperta della vita come viaggio
“RICCO DI MISERICORDIA La seconda passeggiata in programma invece è riuscita
RAGAZZI 2^ e 3^ MEDIA – 11 - 17 luglio 2016 Ricco di misericordia; ricco di grazie! E’ il tema che ci ha accompagnato durante il campo estivo 2016 a Malga Boazzo in Val Daone. Nella settimana dall’11 al 17 luglio 2016, con i ragazzi di seconda e terza media abbiamo vissuto un’esperienza straordinaria, nuova per qualcuno, perché fuori dall’ordinario. La giornata al campo è sempre diversa. Vivere fianco a fianco di altri ragazzi, anche se sono amici non è detto che non possa riservare sorprese; i ritmi diversi da quelli di casa sono stimolanti, ma a volte richiedono spirito di adattamento. Apprezzare i doni che ognuno di noi ha, accorgerci di ciò che abbiamo a disposizione ed apprezzarlo è il primo passo perché le cose vadano bene (anche nella vita e non solo al campo). Il tema di quest’anno si inserisce nell’anno giubilare della misericordia e, ogni giorno, partendo proprio dalla nostra esperienza abbiamo cercato di valorizzare ciò che Dio ci dona. Gli amici – compagni di viaggio – e i legami che ci uniscono a loro, anche quando ci sono ferite da curare. Il tempo poco clemente dei primi giorni ci ha creato qualche difficoltà. Abbiamo adattato la passeggiata in programma il martedì e più di una volta siamo rientrati alla casa bagnati. Riteniamo che questa esperienza sia stata molto positiva: i ragazzi hanno risposto con entusiasmo a tutte le attività proposte e, in generale, hanno espresso soddisfazione.
molto bene. Con l’aiuto di Santo e Elisio della società di Rugby abbiamo portato i ragazzi in furgone fino alla diga di Malga Bissina e da lì abbiamo camminato in val di Fumo fino al rifugio, dove abbiamo passato la notte. Il tempo favorevole ci ha anche permesso di fare qualche sosta per giocare e fare merenda. La vita nel rifugio ha le sue regole, i ragazzi si sono dimostrati molto responsabili e questo è stato apprezzato anche dai gestori. La mattina dopo, sveglia alle ore 6.30, siamo andati tutti alla malga poco distante dal rifugio dove stava per essere ultimata la mungitura. I ragazzi della comunità “Ai Rucc”, ogni mattina raccolgono le mucche al pascolo nella valle e poi le mungono. La mungitura non avviene più a mano, tuttavia il lavoro richiesto è ancora pesante. Terminata la mungitura siamo stati accolti nella malga, gli animatori e i ragazzi ci hanno offerto una tazza di the caldo e alcuni di loro hanno portato la loro testimonianza. E’ toccante sentire dal vivo, come anche dopo grossi errori commessi nella vita ci sia che dà la possibilità di sentirsi ancora qualcuno. Un sentito ringraziamento va a tutti gli animatori, Rafaele, Simone, Sara, Francesca, Pietro T. e Pietro F. (che per un infortunio ci ha raggiunto solo venerdì) e ai cuochi, Lory, Luciano e Luciana. E’ grazie e loro che si possono creare occasioni speciali e fare esperienze come questa per i nostri ragazzi. Gli Animatori Aldo, Raffaele, Simone, Sara, Francesca, Pietro T. e Pietro F.
campo adolescenti 30 luglio-7 agosto 58
... RICCHI DI GRAZIE”.
RAGAZZI 1^ e 2^ MEDIA – 24-31 luglio 2016 Per la maggior parte dei ragazzi era la prima esperienza lontano da casa per una settimana, e anche qualche genitore mostrava un po’ di preoccupazione… Comunque, anche i ragazzi di 1° media quest’estate sono partiti per il campo in montagna in Val Daone, approfittando dell’opportunità che le parrocchie offrono di vivere qualche giorno insieme. E sono proprio partiti per un viaggio vero e proprio, accompagnati dagli animatori e da un altro personaggio, che forse prima non conoscevano: Tobia (sì, quello della Bibbia, figlio di Tobi, che poi ha sposato Sara, aiutato dall’arcangelo Raffaele nel suo viaggio e che è riuscito a guarire il padre cieco…). La preghiera guidata e la lettura della storia di Tobia dava il via alle attività del giorno, naturalmente dopo aver sistemato e pulito camere, bagni e refettorio. Attraverso cartelloni, giochi, disegni, prove da superare, camminate nella natura, hanno potuto immedesimarsi nel viaggio della vita, nel cammino di crescita che stanno vivendo. E vedere la ricchezza dei doni che hanno ricevuto da Dio e dai genitori, imparare a conoscere se stessi e fare le scelte giuste, aiutati da compagni di viaggio. I ragazzi hanno partecipato con entusiasmo a tutte le attività proposte, stimolandosi a vicenda e riuscendo anche a superare le piccole difficoltà che la vita comunitaria inevitabilmente pone. Il momento conclusivo con la Messa e il pranzo con i genitori ha riscaldato la giornata piovosa. Ci ha fatto sentire tutti una famiglia che pur nelle difficoltà piccole e grandi sa andare avanti, collaborare e aiutarsi. E siccome le belle esperienze “sono contagiose”, allora arrivederci all’anno prossimo per chi c’era e per chi vorrà condividere questa avventura! 59
Come ci accorgiamo dell’amore di Dio? Non sempre è facile aprire gli occhi sulle tante possibilità che abbiamo... Eppure le “cose” della nostra vita, piccole e grandi, facili o difficili... ci parlano, ci raccontano innanzitutto che non siamo soli, mai; siamo amati: da sempre e per sempre. Come quella di Tobia, anche la nostra vita è un viaggio, alla scoperta di tutta la ricchezza che abbiamo a disposizione gratuitamente e della possibilità di rimetterla in circolo, per dire “Grazie!” con tutto noi stessi.
LAVORI IN CORSO Botticino Mattina
-Terminata la sistemazione del tetto della canonica (in parte rifatto a nuovo), è terminata la sistemazione del sottotetto della canonica ricavando due appartamenti che vengono dati a famiglie in stato di bisogno. Oltre alle ditte prezioso è stato l’impegno di volontari. - Per quanto riguarda l’intervento di sistemazione messa a norma della parte ricreativa dell’oratorio (campo calcio, campi da gioco, spazio bambini, recinzioni, spogliatoi...) siamo in attesa! - L’adozione canne dell’organo siamo arrivati a 883, ne mancano ancora 263. BASTANO ANCHE SOLO POCHE ORE pulizia chiese e oratori, servizio bar e cucina, piccoli lavori di manutenzione, RIVOLGERSI IN SEGRETERIA TEL 0302692094 OPPURE AL PARROCO
San Gallo
Oltre alla manutenzione ordinaria niente di particolare da segnalare. Per gli interventi alla chiesa siamo ancora in attesa del progetto definitivo.
RACCOLTA S.MARTINO XL INDUMENTI, ABITI, SCARPE, BORSE
In collaborazione con il Centro diocesano oratori, presso l’oratorio di Botticino Sera è stato posizionato stabilmente un CONTAINER per la raccolta e la rivalorizzazione di indumenti, abiti, scarpe e borse. Il materiale raccolto non andrà al macero, ma verrà selezionato e riutilizzato al meglio La ditta incaricata provvede allo svuotamento del cassone. La parrocchia riceverà un contributo annuo di € 250,00. TAPPI PLASTICA Continua la raccolta dei tappi di plastica. OLIO USATO presso la parrocchia è possibile trovare anche un contenitore per la raccolta dell’olio usato. 60
PRESSO L’ORATORIO DI BOTTICINO SERA E PRESTO ANCHE A MATTINA
Frammenti del quadrante dell’orologio astronomico del 1500. Campanile Botticino Sera.
Botticino SERA
CAMPANILE Proprio nei giorni nei quali viene stampato questo notiziarioviene tolto il ponteggio che in questi mesi ha ingabbiato il campanile di Botticino Sera permettendo alle ditte di intervenire per i lavori di restauro. E’ bello! Ci sono state alcune scoperte di fronte alle quali si è reso necessario intervenire con un aggiunta di spesa. - Si è preso atto che l’impianto di parafulmine presente era infefficace e quindi è stato completato. - Durante i lavori di rimozione dell’intonaco si è scoperto l’esistenza del quadrante di un orologio astronomico risalente al 1500. Dopo varie riflessioni e valutazione del Consiglio degli Affari Economici si è deciso di restaurare la parte rimasta proprio per il valore artistico. Bello il campanile da vedere. Ritorneranno a suonare le campane che segneranno la vita liturgica della comunità cristiana (funerali, matrimoni, celebrazioni, feste...). Potrebbe essere che richiamino anche la comunità di Botticino Sera all’impegno di contribuire aderendo all’iniziativa “Una pietra per il campanile”. Prossimamente la comunità verrà invitata all’inaugurazione e alla presentazione dell’intervento realizzato con la spiegazione di tutto ciò che è stato fatto e di quanto è stato riportato alla luce. Il costo dell’intervento del campanile di Sera è di € 70.850,00 Come fare per coprire questa spesa? Continua l’iniziativa: “UNA PIETRA PER IL CAMPANILE”. E’ esposto in chiesa il disegno del campanile, suddiviso in pietre (1417), del valore ciascuna di € 50,00. La somma del valore di tutte le pietre è di € 70.850,00, cifra necessaria che permetterà il far fronte alla spesa complessiva. Ogni persona, famiglia o gruppo potrà dare il corrispettivo di una o più pietre. Il contributo si può versare in sacrestia, in segreteria o al parroco, in modo anonimo o nominale. Verrà redatta una targa con segnato, per chi lo desidera, il nome di chi aderisce, anche ricordando un defunto, un anniversario, una nascita… In ogni caso saranno colorate una o più pietre sul modello a seconda dell’importo donato. Per le Ditte è possibile scegliere la forma “offerte deducibili”. Al 30 settembre 2016 sono state offerte 279 pietre (€ 13.975,00)... ne mancano ancora 1138! 61
Europa tra Passato e Futuro Pellegrinaggio a Banneux dell’Unità Pastorale
V
iaggiare è come uscire dalla crosta delle proprie abitudini e trasformare la pagina bianca del viaggio ed il tempo necessario per compierlo in qualcosa di nuovo e vivo. Dopo le coinvolgenti esperienze del pellegrinaggio in Terra Santa e nel Sinai con la salita notturna alla montagna della Legge, quest’anno lo sguardo del gruppo pellegrini dell’Unità Pastorale si è volto alle testimonianze che gli uomini del Nord Europa ci hanno voluto lasciare dopo aver accolto, un millennio fa, il cristianesimo portato loro dalla parola dei monaci e dei pellegrini medievali dopo il grande diluvio delle invasioni barbariche. Alla partenza volti noti, anche alcuni giovanili, nuovi forse per un’esperienza di questo genere, strette di mano, empatia immediata. Si fa presto a fare amicizia. I salmi recitati ogni mattina proposti da Don Raffaele e letti dal diacono Pietro, aprono sempre le giornate del lungo peregrinare. Battista, coordinatore instancabile, sparge
dal suo microfono sicurezza, buon umore, ilarità, nel suo novellare storielle e battute; il coro di bordo non fa spesare i tanti chilometri sulle belle strade di Germania e Olanda, con un repertorio musicale inesauribile. All’uscita del traforo del Gottardo, si apre il bucolico paesaggio svizzero: villaggi da cartolina, prati pettinati, le immancabili mucche pezzate, case curate. Si nota subito l’assenza di recinzioni e cancellate: le case si aprono sulla strada e sui prati, come per offrire al passante apertura, non chiusura! Si entra nella valle del Reno e ci troviamo quasi abbracciati dai grandi boschi della Foresta Nera e la fantasia va subito alle grandi fiabe dei fratelli Grimm che hanno fatto sognare intere generazioni di bambini, non solo; Hansel e Gretel, Cenerentola … Sembra di vederli uscire, questi personaggi, da questi impenetrabili boschi. Ma la foresta Nera fu anche la tomba delle legioni romane di Varo, sterminate da Arminio: fu la fine del sogno romano di espandere l’Impero oltre il Reno! Breve sosta ad Heidelberg, cosmopolita città universitaria; la statua del Nettuno domina la grande piazza, ove si svolgevano nel Medioevo esecuzioni di “eretici” e roghi di “streghe”. Un brivido, la vista delle celle carcerarie poste sotto il livello del fiume Eckar, soggetto a straripamenti. Si può immaginare il terribile destino di questi prigionieri spesso lasciati mo62
rire annegati. Finalmente Colonia, con la sua straordinaria cattedrale gotica, preghiera rivolta al cielo, con la selva di pinnacoli decorati, fughe di archi e contrafforti. L’interno, in ombra, è un inno all’elevazione della mente e del cuore con la selva di pilastri filiformi, cappelle e vetrate istoriate, l’enorme reliquiario con le spoglie dei Re Magi, qui portate da Federico Barbarossa nel 1200. In una cappella è esposto il Santissimo, giorno e notte, mai lasciato solo. Un segno della presenza del Divino in quel mare di agnosticismo e indifferenza qual è oggi il Nord-Europa. Scorrono ora, davanti a noi le grandi pianure fiamminghe e olandesi che ci offrono le interminabili distese dei “polder”, punteggiate da fattorie modello, paesi dipinti che sembrano sorgere d’incanto dagli innumerevoli canali, dighe, dune, campi di tulipani … Scrisse Voltaire: “Dio creò la Terra, tranne l’Olanda perché furono gli olandesi a farlo”. Sotto un cielo percorso da veloci nuvoloni violacei così ben dipinti da Van Gogh, ci accoglie Volendam, caratteristico villaggio costruito su una grande diga, con le sue incredibili casette a schiera, l’una diversa dall’altra. Volendam, isola cattolica nel mare del protestantesimo olandese! Nella sua bella chiesa ci sentiamo un po’ a casa. Fuori, il soffio del Mare del Nord ci porta profumo di salsedine; davanti a noi si aprono gli orizzonti infiniti del Mare del Nord. Le sonnolenti autostrade olandesi ci portano ad Amsterdam che sembra avvolgerci in un abbraccio con la sua cerchia di canali, sui quali scivoliamo in battello in un silenzio irreale: è un’elegante sfilata di palazzi secenteschi, di una signorile architettura raffinata, grandi finestre un susseguirsi di cornici, frontoni, addirittura con studiate “facciate pendenti” per facilitare il carico delle merci. Sono i pa-
lazzi della ricca borghesia olandese del “secolo d’oro”, il 1600. È una città che cambia volto a filo d’acqua, non per nulla è chiamata Venezia del Nord. Al centro la chiesa più antica d’Olanda, Oude Kerk, quasi un invito alla riflessione per gli abitanti di questa città che, ci dice la guida, si proclamano atei o agnostici per il sessanta per cento. Sembra che gli olandesi abbiano accolto l’invito di una iscrizione incisa su una facciata della chiesa che recita: “diverti-
tevi in fretta, pentitevi con calma”. Invito accolto soprattutto per la prima parte! Dinnanzi alla casa di Anna Franck, purtroppo non visitabile, un momento di riflessione e di preghiera; momento più commovente e significativo dell’intera visita della città: la storia della piccola Anna, monito per l’umanità! Da una piccola porta della grande piazza Spuj si entra e si compie un salto nel tempo: è il Begjnhof (Beghinaggio), il luogo più suggestivo dell’Amsterdam medievale: residenza delle beghine, donne nubili o vedove che si dedicavano all’assistenza di malati e anziani; nel cortile le chiese, protestante e cattolica, si guardano quasi in un abbraccio ecumenico. Una inquieta Bruxelles ci accoglie in una atmosfera quasi sospesa: frequenti le auto della polizia, qualche pattuglia armata. La spettacolare Grande-Place, cuore della città cattura l’occhio nel suo splendore. Una sfilata di palazzi d’epoche diverse che si rivestono di pittoresca eleganza. Si vede la mano di architetti italiani. È una
città che mantiene ancora una dimensione umana dove il centro è ancora percorribile con una buona camminata. Imperdibile una sbirciata al monumento più caro ai brussellesi: la statuetta di un fanciullo nudo, detto “Petit Julien”, raffigurato in posa esilarante! Brevi le soste nell’imponente Basilica del Sacro Cuore e all’Atomium con le sue nove sfere d’acciaio rappresentanti una molecola di cristallo di ferro ingrandita 165 miliardi di volte! Finalmente Banneux, meta del pellegrinaggio. In questo villaggio delle Ardenne la Madonna apparve e parlò alla piccola Mariette, 12 anni, per 8 volte, dal 15 gennaio al 2 marzo 1933. Singolare la coincidenza di una apparizione, quella dell’11 febbraio 1933 con la prima apparizione di Lourdes, 11 febbraio 1858. La Vergine si presenta come Regina delle Nazioni e delle Pace e Vergine dei poveri, lascia un messaggio: “pregate e credete in me, io crederò in voi”. Segno di fiducia nei confronti di ciascuno: vale a dire invece di attendere passivamente segni dal cielo, iniziamo noi stessi a essere segno per sé e per gli altri. Un messaggio che Don Raffaele, nella messa celebrata nella piccola cappella, lascia al gruppo di pellegrini venuti da lontano. Eccoci a Bruges, nella grande piazza. Si rimane abbagliati dall’atmosfera quasi magica di questa città: nobili palazzi, chiese medioevali, lo stupendo campanile (beffroi) pendente alto 83 metri, con un concerto di 47 campane. È camminando nelle sue stradine, costeggiando canali ove l’acqua serpeggia placida come i cigni che la solcano, 63
quasi in un raffinato gioco di specchi, che si respira un’aria di religiosità severa e intransigente, in una città ove “il vento è pieno di campane” come scrive lo scrittore belga Rodenbach nel suo libro “Bruges la morte”. Una breve sosta a Gand, la città di Carlo V, l’imperatore che mandò a Roma nel 1527 i lanzichenecchi a saccheggiare la città. La grande piazza è una “sfilata” dei grandi palazzi delle corporazioni medievali: è una visione architettonica stupefacente. Ma è tempo di ritorno, attraversiamo le dolci colline delle Ardenne, e della Lorena, punteggiate da paesini fiabeschi; il pensiero va anche al passato tormentato di queste regioni di confine: i nomi di Waterloo, Sedan,Verdun, nomi di grandi stragi, di sogni imperiali infranti, infinite contese tra Francia e Germania, per fortuna superate oggi nel nome dell’Unione Europea. Un sottile velo di malinconia, al momento dei saluti e degli abbracci prende un po’ tutti, con la promessa di continuare ad alimentare, in altri incontri, l’amicizia e l’empatia che hanno accompagnato nel lungo viaggio nel cuore dell’Europa i pellegrini dell’Unità Pastorale di Botticino. Appropriata per questo viaggio la citazione di Marcel Proust, scrittore francese, “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”. Giulio e Graziella
PENITENZIALI CON CONFESSIONI
a S.Gallo lunedì 24 ottobre ore 20,00 a Botticino Mattina martedì 25 ottobre ore 20,00 a Botticino Sera giovedì 27 ottobre ore 20,00
DOMENICA 9 OTTOBRE INIZIO ANNO PASTORALE 2016/2017 SS.Messe come da orario festivo alle 10,45 presso la Basilica-Santuario di Botticino Sera S.Messa con promesse e impegni dei bambini, genitori e catechisti delle tre parrocchie di Botticino per inizio anno di catechesi ore 12,30 pranzo comunitario in oratorio; segue festa e castagnata
DOMENICA 23 OTTOBRE GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE MARTEDI’ 22 NOVEMBRE
CELEBRAZIONI
MARTEDI’ 1 NOVEMBRE
SOLENNITA’ DI TUTTI I SANTI S.GALLO ore 10,00 S.MESSA in chiesa parr. segue processione al cimitero BOTT. SERA in Basilica ore 8,00 - 18,45 al cimitero ore 16,15 BOTT. MATTINA in chiesa parr. ore 9,30 al cimitero ore 15,00
MERCOLEDI’ 2 NOVEMBRE COMMEMORAZIONE DEFUNTI S.GALLO al cimitero ore 10,00 - 19,00 BOTT.SERA al cimitero ore 10,15 - 15,00 - 20,00 BOTT. MATTINA al cimitero ore 9,30 - 16,00
S.CECILIA PATRONA DELLA MUSICA DOMENICA 27 NOVEMBRE INIZIO AVVENTO utile feste d’estate nelle parrocchie
TORNEO STREET SOCCER € 7.250,00 FESTA ORAT. BOTT. MATTINA € 16.965,00 FESTA ASSUNTA BOTT.SERA € 805,00 FESTA PATRONALE SAN GALLO € 14.350,00 FESTA SAN FAUSTINO AL MONTE € 4.186,00 PESCA SAN NICOLA PER ORGANO € 730,00 CODORME’ SAN NICOLA € 2.000,00