apocalisse o eventi naturali?
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settembre 2011
L’altra informazione a San Marino
numero 45
Il Don Chisciotte
Il Don Chisciotte
Attualità
numero 45, settembre 2011
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L’editoriale
Ed ora anche brunetta! Mi chiedo che peccato debbano espiare i sammarinesi. Ne ho una lunga lista in mente, ma ognuno mi pare poca cosa per essere punito con Renato Brunetta relatore dei Reggenti! Siamo passati da Pascoli e Carducci alla Moratti (poi segata alle comunali) e Brunetta? Con che spirito autolesionista? In un momento come questo sarebbe il caso di evitare che sia un ministro italiano (la stessa Italia che -per la Mularoninon vuole firmare accordi con San Marino) a fare da testimonial della Reggenza! Credo che il discorso d’ingresso della Reggenza dovrebbe essere permesso solo ad intellettuali, niente politici o
portaborse: la Reggenza è un nostro valore, perché sminuirlo con scelte di parte? Inoltre un occhio alla situazione italiana esorterebbe a lasciar perdere un membro di governo il cui operato è discutibile e osteggiato da buona parte della cittadinanza, che non gode di grande stima nemmeno da parte dei suoi alleati (“Nano di Venezia, non romperci i coglioni”, Bossi docet), che a loro volta vivono una crisi politica imbarazzante. Che senso ha invitarlo? Perché chi lo ha voluto lo stima? Bene, se lo portasse a cena a casa sua, ci lasciasse l’orgoglio e l’imparzialità della nostra maggiore istituzione!
Rubriche Il turismo culturale
Tutti lo invocano ma, quando è libero, nessuno lo finanzia
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Es... cogitando di Roberto Ciavatta Fight club
Qualche considerazione sul libro di Palahniuk
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L’Ippogrifo di Angelica Bezziccari odio, cattiveria e sadismo Il complesso di Barbablù
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Appunti di psicologia di Davide Tagliasacchi 9 settembre: San Marino in transizione
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Una serata per parlare del futuro del paese
G.A.S. di Stefano Palagiano
L’autogestita birdgarden Pagina autogestita da Oasiverde
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Articoli Apocalisse o eventi naturali? Dati e date per farsi un’idea
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di Jack Sparrow
Il referendum
Considerazioni, limiti e prospettive di riforma
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di Pietro Masiello
dalla parte della psicoanalisi (laica) di Nicola Rosti Nati liberi
Una piccola storia bestiale
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di Angelica Bezziccari
La green economy di S8marino.org
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apocalisse o ev Dati e date per farsi un’idea
S
ì, è vero, forse ci sono troppi editori interessati a vendere libri facendo leva su emozioni forti; per questa ragione il 2012 è la data che associata a una qualsiasi tesi apocalittica dà luogo a una buona vendita in libreria. Tuttavia la domanda da porsi è: al di là delle teorie, sta accadendo davvero qualcosa di anomalo nel mondo? Con un piccolo sforzo leggete nomi di luoghi che fino ad oggi non sapevate nemmeno esistessero, e poi riflettete. Aprile 2010, erutta in Islanda il vulcano Eyjafjallajökull. I voli aerei sono bloccati per alcune settimane nei cieli d’Europa. 26 gennaio 2011, Giappone, erutta lo Shinmoedake. 26 aprile 2011, Ecuador, erutta il Tungurahua. 05 maggio 2011, eruzione del vulcano Karymsky in Russia Orientale. 07 maggio 2011, erutta in Guatemala il Santiaguito. 12 maggio 2011, eruzione dell’Etna. 21 maggio 2011, il vulcano Grimsvotn in Islanda. 26 maggio 2011, il Mount Bulusan, Filippine Manila. 04 giugno 2011, il vulcano Puyehue in Cile. 05 giugno 2011, gas velenosi
vengono scagliati dal Monte Dieng in Giava Centrale. 12 giugno 2011, erutta il Vulkanausruch Nabro in Eritrea. L’eruzione del Vulkanausruch Nabro, addormentato dal 1861, è stata registrata nella notte tra il 12 ed il 13 giugno 2011 ed in poche ora ha aumentato la sua attività, con l’espulsione di lapilli e generando una nube di cenere che secondo la Afp (Volcanic Ash Advisory Centre) è arrivata oltre i 13.000 metri d’altezza. Oltre alle spettacolari fumate dei vulcani c’è da aggiungere che dal 2009 a oggi, la meno appariscente radiazione naturale del pianeta Terra è in costante aumento. La radiazione naturale comprende anche i nocivi raggi gamma, generati della presenza di elementi radioattivi nel sottosuolo come il Cesio, il Polonio e lo Stronzio. Possiamo aggiungere a questo punto che, anche se nel 2012 non succederà qualcosa di biblico, siamo comunque all’interno di una catena di eventi perlomeno pesanti e unici per la nostra generazione. Parlando ora di attività sismiche, ecco le ultime e più catastrofiche: 22 febbraio 2011, Nuova Zelanda, Christchurc; 11 marzo 2011, Giappone, Sendai;
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venti naturali? di Jack Sparrow 24 marzo 2011, Giappone, Honshu (magnitudo 6.8); 24 marzo 2011, Tailandia, Mong Hpayak Mynmar; 07 aprile 2011, Messico, Veracruz (magnitudo 6.5); 07 aprile 2011, Giappone, Costa orientale Honshu (magnitudo 7.4); 07 aprile 2011, Honduras (magnitudo 5.0); 08 aprile 2011, Indonesia, Isole Banda (mag. 5.0). Dando poi un’occhiata al resto del mondo, ecco gli ultimi 10 terremoti di medio-bassa magnitudo: 2011-07-24 - GRECIA - Magnitude 2.2 2011-07-24 15:07:10.0 - Costa orientale di HONSHU, JAPAN Magnitudo 5.1 2011-07-24 15:49:07.0 - CENTRAL PERU – Magnitudo 5.0 2011-07-24 15:16:20.0 - WESTERN TURKEY – Magnitudo 3.1 2011-07-24 14:32:12.0 – Costa orientale di HONSHU – Mag. 4.8 2011-07-24 14:36:42.0 - WESTERN TURKEY – Mag. 3.0 2011-07-24 14:54:36.0 - POLAND - Magnitude 2.0 2011-07-24 12:48:28.0 - WESTERN TURKEY – Magnitude 3.5 2011-07-24 10:38:53.0 - PAKI-
STAN – Magnitude 5.0 2011-07-24 10:09:49.0 - HALMAHERA, INDONESIA - Magnitude 4.9 2011-07-24 11:10:26 - GREECE - Magnitude 2.2 E sempre in fatto di terremoti, ecco gli ultimi rilevamenti di attività tellurica a bassa intensità, segnalati dal 18 luglio al 25 luglio 2011 in Italia (fonte: http:// www.meteopiateda.it/utilita-enotizie/terremoti-live.html): 2011/07/25, Magnitude 4 - Torino 2011/07/23, Magnitude 2.2 Montefeltro 2011/07/23, Magnitude 2.5 Pianura pontina 2011/07/23, Magnitude 2.2 Alpi Cozie 2011/07/23, Magnitude 3.5 Pianura pontina 2011/07/23, Magnitude 2.7 Costa siciliana settetrionale 2011/07/23, Magnitude 6.4 - Near east coast of eastern Honshu, Japan 2011/07/22, Magnitude 2.3 Costa calabra occidentale 2011/07/21, Magnitude 2.2 Appennino pistoiese 2011/07/20, Magnitude 2 - Costa campana meridionale 2011/07/20, Magnitude 1.7 Valle dell’Aterno 2011/07/20, Magnitude 2.5 Alpi Carniche
2011/07/20, Magnitude 2.5 Costa calabra occidentale 2011/07/20, Magnitude 2.1 Golfi di Patti e di Milazzo 2011/07/20, Magnitude 2.5 Golfi di Patti e di Milazzo 2011/07/20, Magnitude 2.4 Valle del Topino 2011/07/19, Magnitude 2.1 Costa siciliana settetrionale In passato ci sono stati terremoti catastrofici, ma con una cadenza meno stressante rispetto a quella attuale. 1693 - Italia, Sicilia 1703 - 02 febbraio - Aquilano 1755 - Lisbona (magnitudo 8.7) 1868 - Cile, Arica (magnitudo 9.0) 1906 - Equador (magnitudo 8.8) 1922 - 11 novembre - CileArgentina 1950 - Tibet (magnitudo 8.7) 1952 - Kamchatka - (magnitudo 9.0) 1957 - 09 marzo - Alaska, Isole Andreanof (magnitudo 8.6) 1960 - Cile, Valdivia (magnitudo 9.5) 1963 - Isole Kuril (magnitudo 8.5) 1964 - Alaska 1965 - Alaska, Rat Island (magnitudo 8.7) 2004 - 26 dicembre - Sumatra (magnitudo 9.1) 2005 - Sumatra (magnitudo
8.6) 2007 - Sumatra (magnitudo 8.5) 2010 - 12 gennaio - Haiti (magnitudo 7.0) 2010 - 27 febbraio - Cile (magnitudo 8.8) Si comprende chiaramente che la frequenza dei terremoti di più alta intensità è diventata molto serrata in questi ultimi, recentissimi anni. Naturalmente le osservazioni riportate non vogliono avvalorare nessuna particolare teoria o previsione, ma va da sé che i dati ci informano che il nostro pianeta sta attraversando una fase molto attiva al suo interno. Alcuni sostengono che il tutto fa parte di cicli cosmici naturali, per i quali non c’è nulla da temere. Altri trovano corrispondenze sincroniche con le ere geologiche del passato, i cicli planetari e le estinzioni di massa degli esseri viventi. Altri trovano simmetrie tra la manifestazione dei terremoti e gli allineamenti planetari; altri ancora trovano riscontri negli scritti sacri delle religioni del mondo e una prossima Apocalisse. La verità verrà dai fatti ai quali assisteremo presto, con o senza una qualsiasi nostra disposizione d’animo.
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Politica e società Ambiente
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Un mito del nostro tempo
il referendum Considerazioni, limiti e prospettive di riforma di Pietro Masiello
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opo il trionfale esito dei referendum abrogativi in Italia possiamo fare alcune considerazioni su questo istituto democratico previsto dall’ art. 75 della carta costituzionale italiana. Sono ormai raffreddati i facili entusiasmi derivanti dalla quadruplice vittoria dei sì, che ha palesemente bocciato la politica economica del governo in carica; è stato uno spettacolo molto squallido quello visto i giorni prima delle tornate referendarie, con i leader politici intenti solo a soppesare il ritorno in termini politici, senza pre-
figurare soluzioni sostenibili legate al merito dei problemi. Da ricordare il funambolico spettacolo offerto da quasi tutti i partiti che quando hanno avvertito il crescere della protesta contro il governo ed il suo primo ministro, hanno incominciato a spostarsi su posizioni molto vicine al previsto esito, anche per non affondare sulla malcerta barca del presidente del consiglio. Quindi in sintesi la politica ha seguito i propri interessi e il gregge, anziché convincere con motivazioni serie, coerenti e fondate il proprio elettorato. Come spesso avviene in Italia, anziché spiegare in maniera esaustiva la portata dei problemi, tali problemi molto complicati sono diventati di facile soluzione, con slogan roboanti di facile presa. La tragedia di Fukushima e le crescenti antipatie governative hanno fatto il resto. I referenda come più corret-
tamente si dovrebbe dire, si sono svolti separatamente dalle elezioni amministrative, con l’intento palese di far saltare i quesiti per mancanza del quorum. Il quorum, parola latina che indica “dei quali è necessario il voto favorevole”, è il problema centrale dei referendum, infatti una volta indetto un referendum l’attenzione fondamentale è raggiungere il quorum che dà validità al referendum stesso. In genere non vota stabilmente una cifra intorno al 25% degli aventi diritto, se si convince un altro 25 – 30 % a non votare il gioco è fatto per chi vuol far saltare la consultazione referendaria. A peggiorare la situazione del raggiungimento del quorum contribuisce, in modo rilevante, il voto all’estero, e qui sorge legittimo il dubbio: quanto interesse ha una persona che vive da molti anni all’estero a votare per delle vicende “domestiche”? Credo molto poco, ma siccome i diritti vanno sempre rispettati magari sarebbe più opportuno ed economico far votare gli italiani all’estero per corrispondenza. A questo si aggiunga poi il polverone creato dal fatto che era stata modificata la legge, quindi è cambiato il quesito con la necessità di ristampare le schede; il Viminale ha però dichiarato che non vi era tempo quindi gli italiani all’estero non hanno potuto votare sul nuovo testo, i soliti pasticci di casa nostra… Appare evidente che il disegno costituzionale dei referendum sia inefficiente ed anacronistico, sarebbe possibile abolire questa anomalia valutando l’introduzione di due diverse forme di quorum: 1) Abolizione assoluta del quorum - questo farebbe sparire gli indecenti e frequenti inviti al non voto, mentre sarebbe rafforzata la tendenza al voto sia pure nella sua legittima scelta. In questo caso andrem-
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mo a fare compagnia a paesi come Francia, Gran Bretagna, Irlanda, Paesi Bassi, Islanda, Spagna, Malta, Lussemburgo, Finlandia, Austria, oltre che ovviamente la patria dei referendum, la Svizzera. 2) Portare il quorum al 25% degli aventi diritto che si esprimano a favore dell’abrogazione - anche in questo caso è incentivata la partecipazione al voto referendario, dato che il non voto premierebbe gli “abrogazionisti”. Questo sistema è usato in Germania. L’astensione dal voto è una cosa pienamente legittima, ma trovo mortificante ed indegno di un paese che voglia chiamarsi civile che membri della maggioranza di governo esortino i cittadini di non andare a votare su questioni importanti. Ma questa in Italia è oramai una prassi consolidata dato che anche in passato i vertici della Chiesa Cattolica hanno esortato i fedeli a non votare nei tre referenda riguardanti la fecondazione assistita nel 2005. La specchiata moralità cattolica si desume dalle parole del cardinal Ruini, l’allora presidente dei vescovi italiani il quale ha dichiarato: “riconosco opportuna e doverosa l’indicazione di non partecipazione al voto non per disimpegno ma per una scelta costituzionalmente legittima e insieme forte ed efficace”. Altra querelle post-referendaria è stata il costo del mancato accorpamento tra tornata referendaria ed elezioni amministrative con bufale e numeri dati a casaccio: il vero costo del mancato accorpamento è di circa 94 milioni di € e non i tanto sbandierati 300 o 400 milioni di €, certo non proprio bruscolini in tempo di grande crisi economica. Dopo 66 referendum in italia, l’esperienza insegna che una legge bocciata dai referendum esce dalla porta per rientrare dalla finestra. Cito due esempi clamorosi:
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- referendum sul finanziamento pubblico ai partiti del 1993. Viene abrogato il finanziamento con oltre il 90% di sì, ma è rientrato nel 1999 dalla finestra: ora si chiama “rimborso elettorale ai partiti”. - referendum sulla privatizzazione della RAI del 1995. Viene decisa la privatizzazione con oltre il 55% di sì, ma ad oggi a circa tre lustri di distanza la RAI è ancora in mano pubblica con tutte le sue lottizzazioni, distorsioni, censure ed inefficienze che purtroppo ben conosciamo. Forse la colpa è anche degli elettori che eleggono personale politico totalmente disinteressato al bene pubblico, i quali una volta nelle stanze del potere ci trattano da sudditi ignoranti e spesso poco conta il colore. Mentre scrivo viene riportata la notizia che la commissione bilancio al senato alle tre di notte ha bocciato i tagli alla politica previsti nella manovra finanziaria con tutti i membri a favore tranne Pancho Pardi della IDV, un blitz quasi unanime nel silenzio della notte, come i ladri. Se vogliamo che i referenda - o la volontà popolare in generale - da mito moderno della democrazia si trasformino in realtà, occorre certamente modificare i meccanismi referendari, ma bisogna ancor prima spazzare via questa classe politica inetta e travolta dagli scandali, abbandonare le simpatie o le antipatie e guardare alle cose concrete. Il resto vale come sempre meno di zero.
“AltreMenti”, un festival troppo libero per San Marino?
IL TURISMO CULTURALE Tutti lo invocano ma, quando è libero (cioè l’unico possibile), nessuno lo finanzia di Roberto Ciavatta
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essuno si stupisce se alle affermazioni di un politico non seguono i fatti; voglio dire che tutti siamo consapevoli di non essere più cittadini, ma consumatori (di merci, slogan ecc), come siamo consapevoli che la democrazia è un’illusione che non trova applicazione, e che spesso gli affari personali, per chi gestisce un potere, contano più di quelli pubblici. Ultimamente, sulla stampa locale, politici, palazzinari, politici amici di palazzinari, associazioni di categoria, associazioni ecc, sostengono all’unisono la necessità di “favorire il turismo culturale e congressuale”; ma cosa intendono? Si vuole la cultura oppure si pensa, intanto, a creare i contenitori per ospitarla (palazzi, centri congressi... insomma altro cemento)? Si è capito che la cultura non conosce “crisi” oppure la si usa come un lenzuolo che ricopra di rispettabilità progetti speculativi utili solo a chi li commissiona? Credo sia naturale chiederselo, perché da tre anni la Don Chisciotte organizza a San Marino il festival culturale “AltreMenti”, e nonostante si sia già fatto un nome (dal 2012 saremo nel catalogo italiano dei festival), avendo portato a San Marino intellettuali del calibro di Oliviero Beha, Lidia Ravera, Massimo Fini, Giulietto Chiesa, Jappe, Pallante, Fo, Paolo Barnard, Marramao, Roberto Esposito, Finiguerra e tanti altri, dalle Istituzioni e le Associazioni di Categoria non si intravvede la minima parvenza di sostegno. Le Associazioni di categoria contattate (Anis, Osla, Usc, Unas, Usot, persino la Camera
del Commercio) puntualmente si negano! In due anni siamo riusciti ad incontrare solo l’Osla nel 2009 (esito: “buona fortuna”). I sindacati, che pure di soldi dei contribuenti ne maneggiano a milioni, anch’essi non ci hanno mai ricevuti né sostenuti (e dire che abbiamo trattato temi significativi per il mondo del lavoro). Le istituzioni politiche, che dovrebbero essere le prime, pur nell’interesse reciproco di preservare l’indipendenza dell’organizzazione (non esiste cultura cortigiana, quella è caricatura), a finanziare progetti simili, se si esclude la Segreteria per la Cultura, che ci ha sostenuti dall’inizio con convinzione (e non certo per affinità politiche), hanno sempre latitato. I festival culturali di questa natura, dove sostenuti dalle amministrazioni, mostrano una grande forza attrattiva per un turismo colto, e motivi di interesse per la maturazione civica della cittadinanza, cioè la partecipazione, ovvero la democrazia. Che non sia proprio il timore di formare democraticamente la cittadinanza ai propri diritti a spingere i nostri governanti ad ostacolare un simile festival per “asfissia economica”, evitando di ostacolarci apertamente, ma facendolo in maniera tale che sia impossibile andare avanti? L’ing. Fabio Berardi è uno dei maggiori sostenitori, sulla stampa, del turismo culturale e congressuale. Eppure il suo contributo per due edizioni del festival è stato di soli €1.000. Per questi 1000 euro lo ringraziamo, ma sarebbe inutile elencare le tante iniziative di dubbio interesse che
ricevono finanziamenti enormemente più consistenti, pur nulla avendo a che fare col turismo “culturale e congressuale”. Il sito Visit San Marino, che solitamente pubblicizza anche la “sagra della fava”, non ha redatto una riga su “AltreMenti”... qualche dubbio nasce! La limitata estensione del paese ci impedisce, poi, di poter trovare finanziatori privati consistenti (si pensi che un nome di grido come Noam Chomsky può costare, da solo, diverse decine di migliaia di euro!), e dall’Italia i finanziatori ci rispondono che data l’extra-territorialità non possono aiutarci. E allora, in questo deserto, come non pensare di migrare altrove? E come non pensare che quanto viene scritto, e smentito nei fatti, non sia altro che un proclama per spalancare le porte a qualche assurda e cieca speculazione? Forse il problema è che la Don Chisciotte è un’associazione libera, che invita al suo “AltreMenti” intellettuali liberi, di quelli a cui non si può scrivere la “parte” da recitare. Intellettuali che non vengono a sostenere i progetti politico/economici di tizio o caio, come troppo spesso accade in conferenze create ad hoc per legittimare progetti già in piedi! Forse il timore è che grazie al contributo di intellettuali liberi, i sammarinesi inizino a pensare a come rendere la politica uno strumento al loro servizio, trasparente in ogni atto. Ci serve libero pensiero: chiunque lo ostacoli non può che avere motivi inconfessabili per farlo.
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L’ippogrifo
numero 45, settembre 2011
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"Darai la caccia agli alci nelle valli boscose intorno alle rovine del Rockefeller Center e cercherai molluschi intorno allo scheletro dello Space Needle, inclinato di quarantacinque gradi. Dipingeremo sui grattacieli le figure di enormi totem e simulacri di divinità maligne e tutte le sere quel che resta del genere umano si ritirerà negli zoo abbandonati e si chiuderà a chiave nelle gabbie per proteggersi dagli orsi e dai grandi felini e dai lupi che di notte passeggiano e ci guardano dall'altra parte delle sbarre"
fight club Brad Pitt in una scena del film “Fight Club”
di Angelica Bezziccari
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li anni Novanta. Decennio di edonismo sgocciolante, è un vecchio strascico da sposa quello che si porta dietro dagli anni Ottanta, cioè l’entusiamo yuppie per il soldo facile, la finanza galoppante dei broker senza scrupoli che va scemando, una brutta copia di se stessa. Dopo il cult American Psycho di Bret Easton Ellis ecco prorompere nel 1996, dal fecondo filone narrativo postmoderno americano, Chuck Palahniuk, con Fight Club. Al libro è seguito il film omonimo del 1999, diretto da David Fincher. “Fight Club” ha come costante sfondo lo scontento e il disagio esistenziale dei lavoratori salariati, che non stanno scomparendo, anzi, sono l’ingranaggio silenzioso che mette ogni giorno in funzione la macchina capitalistica della società, americana e non solo.
L’Io Narrante è una figura anonima, non viene fatta di lui alcuna descrizione fisica, non viene detto il nome. È uno dei tanti individui che si ritrovano a vivere nella società postmoderna, nel ‘luogo dei non-luoghi’; il suo lavoro lo porta a viaggiare continuamente in aereo, a vivere negli alberghi, dove trova sempre confezioni minuscole di saponette, di dentifrici, di “kit fai-da-te in miniatura di Cordon Bleu”. Anche le sue amicizie sono minuscole. Definisce il grattacielo dove c’è il suo appartamento “una sorta di archivio per vedove e giovani professionisti”. Tutto questo gli provoca un pesante senso di alienazione, tanto da non riuscire più a dormire, ma “l’insonnia è solo il sintomo di qualcosa di più importante”. Riesce a dormire nuovamente frequentando gruppi di
sostegno formati da persone malate gravemente, di cancro o di qualche malattia infettiva, perché scoprirà che solo così riuscirà a piangere, e quindi a liberarsi delle sue maschere, toccando con mano la concretezza dolorosa della vita, il reale dell’esistenza, a contatto con esseri umani. Qui conosce Marla Singer; frequentando i gruppi anche lei, venendo a contatto con la morte, anch’ella ora “percepisce ogni momento della sua vita”. Il vero incontro importante è però quello con Tyler. Con lui dà vita a un nuovo gruppo, il ‘fight club’. Così di notte, in qualche scantinato, iniziano a svolgersi incontri clandestini di lotta, dove gli impiegati, gli operai, schiavi del self-control e del raziocinio di giorno, la notte fanno esplodere la loro rabbia e le loro frustrazioni: “la maggior parte di quelli
che vengono al fight club ci vengono per via di qualcosa contro cui hanno paura di combattere”. Ma chi è Tyler? Tyler è proiezionista notturno, è cameriere ai banchetti, è produttore di saponette. È soprattutto colui che libererà il protagonista dall’ essere “perfetto e completo”, dall’omologazione, dall’accettazione passiva di tutto quello che non va nella sua vita. Anche l’Io Narrante diventa cameriere ai banchetti, perché secondo Tyler “fomenterà il tuo odio di classe”. Questo concetto, così anacronistico, che riporta alla mente il comunismo, è fatto riemergere da Palahniuk in modo magistrale in questo libro; sembra quasi che suggerisca una nuova idea di rivoluzione, e proseguendo nella lettura, si scoprirà che è proprio un nuovo mondo
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quello che essi vogliono creare, prima di -naturalmenteaver distrutto quello vecchio: “solo dopo il disastro si può risorgere”. Ecco quindi farsi “guerriglieri dell’industria dei servizi”, contaminando le pietanze dei ricchi con fluidi organici. Ma questa è solo la prima parte del piano. Subentrano altri protagonisti, dette ‘scimmie spaziali’, che compongono una sorta di esercito formato da Tyler. Questi uomini sono chiamati così perché, come le scimmie che furono mandate nello spazio e morirono per scoprire nuovi mondi, allo stesso modo essi sono disposti a sacrificarsi per far emergere una nuova civiltà. Con loro, oltre alla diffusione di fight club in tutto il paese, prende il via il ‘Progetto Caos’, che consiste nella distruzione del precostituito ordine sociale e della civiltà:
“il Progetto Caos disarticolerà la civiltà perchè si possa fare qualcosa di meglio del mondo”. L’Io Narrante scoprirà lentamente che è lui ad essere a capo di questo progetto, perchè è lui stesso ad essere Tyler; glielo diranno i membri dei fight club, che lo chiamano signore, glielo dirà Marla, e Tyler stesso: “non ci sono più un tu e un io [...] usiamo tutt’ e due lo stesso corpo, ma in tempi diversi”. Emerge immediatamente l’analogia con Dr. Jekyll e Mr. Hyde, la figura del doppio, un classico della letteratura. Quando il protagonista dorme, è Tyler ad essere sveglio, e ad agire con il suo corpo. L’unico modo per uscire da questa situazione è un suicidio-omicidio. Troviamo l’io Narrante/Tyler in Paradiso: dice che la gente gli scrive e che è ricordato sulla Terra come il loro eroe.
Si può rintracciare l’emergere dell’influenza dell’Immaginario Americano e Cattolico. L’Io Narrante, sacrificando se stesso, uccidendosi per porre fine al Male, ha come ricompensa il Paradiso, tipico luogo simbolo del bene per i cristiani; ma molto più numerosi sono gli elementi dell’Immaginario Americano, a partire innanzitutto dagli spazi. L’abitazione di Tyler e dell’Io Narrante, (che diviene suo coinquilino dopo che il suo appartamento pieno di mobili Ikea viene distrutto da un’esplosione) è isolata, abbandonata, mancante delle più elementari comodità. Essendo così caratterizzata, è un luogo simbolico che si va a contrapporre allo stile di vita consumistico imperante. “Schiavo del mio istinto di nidificazione”: così il protagonista si definiva prima di andare nella nuova casa. Questo richiama l’idea dello spazio aperto pericoloso (la città) a cui vi si oppone uno spazio sindromico chiuso e protetto (la casa che soddisfa ogni necessità), visione tipica dell’Immaginario Cattolico. Viene però espulso da questo spazio protetto, per cominciare quella che sarà la sua missione che lo qualificherà come eroe. Ogni rapporto con i media è terminato: all’interno di questa dimora fatiscente non è presente nemmeno la televisione; ogni contatto con il mondo esterno è tagliato, specialmente la notte. È presente una cantina, topos letterario del rimosso dell’inconscio, luogo di Tyler: “Tyler è salito al piano di sopra o è sceso in cantina”. E ancora negli scantinati ci sono le riunioni dei gruppi di sostegno di persone malate gravemente, quasi volessero nascondersi da una società i cui miti imperanti sono l’ipersalutismo e la forma fisica, e così anche i fight club, i quali
sono organizzati in alcune cantine di bar, dopo l’orario di chiusura. In questi luoghi viene quindi ad emergere ciò che si vorrebbe nascondere: la sofferenza, la distruzione, la violenza, il dolore. In una parola, il Male, i conflitti sociali negati e rimossi. Il Male quindi proviene dall’interno, come all’interno dello stesso Io Narrante è racchiuso Tyler. Solo con il suo suicidio-omicidio, quindi con un sacrificio, si potrà porre fine a questo diffondersi del Male. Lo spazio ha una connotazione apocalittica: per risolvere il conflitto ci vuole distruzione, tutto lo spazio va annullato. Questo è infatti lo scopo del Progetto Caos. Tyler nel fare questo incarna una figura di eroe cattivo, che legittima il conflitto sociale attraverso la disobbedienza civile. Vuole in sostanza salvare il mondo distruggendo gli spazio esistenti per crearne di nuovi. Il Male però non è solo fuori, ma anche dentro di lui: “sto sciogliendo i miei legami con il potere fisico e gli oggetti terreni, perchè solo distruggendo me stesso posso scoprire il più elevato potere del mio spirito”. Nella scena finale, i due sono sulla cima dell’edificio più alto del mondo, il ParkerMorris Building (un nome di fantasia). Il progetto è quello di distruggerlo, vederlo crollare su se stesso. Questo grattacielo rappresenta un forte simbolo, è la società che vuole tendersi sempre più in alto, ma così facendo finirà appunto per distruggersi. Quasi una narrazione profetica, se pensiamo alle Torri Gemelle. Lo scopo finale rimane comunque quello di ritornare a casa, del come back home Americano: “Marla è ancora sulla Terra e mi scrive. Un giorno, mi dice, mi riporteranno giù”.
Psicologia
Il Don Chisciotte
numero 45, settembre 2011
per ricominciare. Dalla parte della psicoanalisi (laica) Una risposta, anche e sopratutto se approvatrice, alla parola vuota, dimostra sposso nei suoi effetti di essere ben più frustrante del silenzio Jacques Lacan di Nicola Rosti
Carl Gustav Jung
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nel momento in cui comprendiamo che le nostre parole sono diventate vuote, che il senso dei nostri pensieri sembra sprofondare nell’abisso di un nulla-annientante, che possiamo cominciare a domandare. È il soggetto a parlare; ma egli domanda da un luogo diverso e diversamente dall’usuale. La sua domanda di riconoscimento giunge a udirsi da una scena “dell’altrove” che solo a tratti sembra farsi strada oltre il confine dell’identificazione, attraverso i suoi sogni, il suo desiderio ed in primis mediante il suo sintomo. È per via di quest’ultimo che l’individuo domanda una “cura”. È stato Freud ad illuminare il fatto che il sintomo è perfettamente sensato e il suo domandare è una richiesta di riconoscimento “legittima”, che il soggetto alienato rivolge a se stesso mediante l’appello sintomatico. È forse solo da lì che inizialmente egli scorge la possibilità di rivalutare il suo vissuto. Mediante la metafora sintomatica il soggetto si dice attraverso il sintomo, acconsente a se stesso e al suo desiderio, vuole dire “sono”, “esisto” “è da qui che io parlo, veramente”. Dunque è da qui che occorre ricominciare. Ricominciare a formarsi per saper ascoltare ciò che chiama all’appello la parola del soggetto, a formarsi come analisti e come analizzandi nel tempo e nel modo convenuto per-e-da questo appello, che è tempo soggettivo, in quanto è tempo del sapere. Non è più, invece, tempo di alcuna Istituzione che regoli il sapere sull’inconscio e in generale sul soggetto in modo egemone, come se questo sapere potesse sapersi prima e da qualcun’altro che non sia il soggetto stesso. Per cominciare ad abbandonare l’illusione
Jacques Lacan
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di un supposto sapere che giunga a noi già concluso e realizzato e la fede nella dottrina macilenta di qualche “maestro” basta un primo cedimento. Esso produce una crepa nel maglio epistemico del soggetto e mostra “qualcosa” dell’ordine dell’inconscio, qualcosa che lo meraviglia. È proprio dallo squarcio prodotto da una particolare anomalia nella catena significante, da quella fenditura lacerata, che sembra aprirsi un nuovo orizzonte; è da lì che il soggetto pone in essere il suo diritto di dir-si e si arrende, si arrende innanzitutto al suo sintomo e decide così di interrogarlo. Viene dunque a sapere qualcosa dell’ordine della sua sparizione: egli ha recesso sul suo desiderio e si è lasciato – direbbe Lacan – vendere all’incanto. È di questo allora che dobbiamo parlare. Nell’era della medicalizzazione, delle terapie brevi, del cognitivismo, della riduzione del soggetto e del suo Altro a mera etichetta nosografica ipostatizzata, il sintomo viene “curato”, piegato alla violenza della normalizzazione che gli impone un comandamento: “non devi desiderare”. Perché se il sintomo dà voce alla pretesa di libertà, di svincolo dall’egemonia e dalla stretta di un vissuto che ha imposto al soggetto il comandamento: “è questo ciò che devi essere”, mediante la sua resa, il soggetto, dal luogo Altro del suo discorso, dice: “non è questo che sei”. Invece, la resa del sintomo al soggetto – il quale, senza l’ausilio di alcuna chiarificazione analitica, è sepolto da una stratificazione ormai ossificata di identificazioni e di resistenze più o meno “adattive” - è propriamente il rovescio della libertà che qui intendiamo difendere. Per questo, abbiamo detto, occorre ricominciare un’altra volta, tentare di nuovo, perché è ancora
che occorre ricominciare, sperando in un esito positivo e in un serio impegno scientifico. Recedere su questo punto è accettare qualcosa di grave e di drammatico; significa cioè, accettare di essere consegnati al silenzio. È un silenzio lugubre perché si articola nel frastuono che rende sorda la voce della verità. E questa voce, resa sorda dall’annientamento e dal fraintendimento della sua intima volontà, è tanto più drammatica in quanto essa viene messa in scacco da uno pseudo-paradosso, che intimorisce e strumentalizza: “se sei allora non sei e se non sei allora sei (ciò che “noi” abbiamo stabilito per te)”. Ma possiamo rivolgere questo paradosso contro se stesso e avere il coraggio di affermare che questo rivolgimento non ha ulteriori rimandi, che non ci sono regressi infiniti e che il fondamento al quale consegniamo l’esito di questo rivolgimento tiene il peso del nostro domandare ultimo. Perché allora è il paradosso stesso a esplodere al suo starsi di fronte, al suo riflettere la verità del suo auto-annientamento. Guarda se stesso e afferma: “se sei allora non sei”. Ed è l’ultimo atto di questa commedia. Allora forse potremo ricominciare nuovamente ad ascoltare. Cominciare piano, perché la ferita del protrarsi di una falsa verità è infinitamente più dolorosa della falsità manifesta, che appena poco oltre, ha di fronte a sé la luce del vero. Bisogna cominciare con attenzione per non inciampare di nuovo in un’altra Verità sul soggetto che non sia detta da egli stesso, per non cadere nella premessa maggiore di un’altra Filosofia che non si avvede che questa premessa è il suo sintomo e l’inizio della sua rimozione originaria.
Sigmund Freud
Allora forse possiamo accettare di tenere alta la testa e dire “no” a una “cura” che accetta a sua insaputa di colludere – in nome di un presunto Bene del soggetto – con il desiderio dell’altro al quale il soggetto si è rimesso e ha chinato il capo, sempre e comunque in quanto credeva che sarebbe stato amato di più. Questo è il punto. L’analisi non è una psicoterapia, non dice “sì” al soggetto, non accetta di colludere con la sua domanda di sostegno in quanto essa affonda nella coazione a voler mantenere una relazione ed una identificazione alienante. È questa simbiosi che occorre recidere e non sostenere. L’analista, in fondo dice “no”, negando al soggetto ogni aderenza di significato alle sue parole, dice “no” alle identificazioni immaginarie, accettando la dissoluzione del senso nel non senso, accettando di superare il cedimento prodotto dal suo desiderio di fronte alla Legge Edipica e trasferendo questa morte simbolica al soggetto in analisi, L’analista dice “no” in quanto egli, comunque, ha già perso. Ora, se questo sintomo, a volte drammatico nella sua dirompenza e nel suo caos, viene “curato”, fatto recedere come un’anomalia, medicalizzato, posto come il segno di un “malattia” che la “tecnica” psicologica o psicoterapeutica si impone di curare direttamente, che cosa resta dell’appello che abbiamo poc’anzi nominato? Ne va della libertà e del suo dolore. Infine, possiamo credere che occorra che il soggetto diventi ciò che non sa ancora di sapere, che abiti con onore l’ignoranza e lo smarrimento di un’identità comunque illusoria? Di tutto ciò il sintomo è un primo inizio e un appello enigmatico e occorre ricominciare ad ascoltare la sua voce.
Il Don Chisciotte
Appunti di psicologia
numero 45, settembre 2011
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on può esistere persona al mondo che non abbia provato odio o assunto comportamenti portanti cattiveria almeno una volta nella vita. Ma perché esistono sentimenti con lo scopo preponderante di far del male al prossimo? Quale utilità evoluzionistica ne ha mantenuto i tratti fino ai nostri giorni, nei quali, nonostante si professino idee di giustizia e democrazia, nei fatti violenza e usurpazione sono all’ordine del giorno, in tutto il pianeta? E forse la domanda più banale, ma anche quella a cui da tempi immemori filosofi e letterati hanno cercato di dar risposta: l’uomo nasce malvagio o la cattiveria viene acquisita lungo il cammino? La storia dell’umanità è letteralmente intrisa di sangue: se i racconti leggendari affondano le radici nel reale, l’uomo, fin dall’origine, manifesta una violenza quasi gratuita verso i propri pari. Gli esempi autorevoli in materia si sprecano, a partire da ogni ceto sociale, condizione culturale e a prescindere da qualsivoglia aspetto legato a problematiche di varia natura, la storia è costellata di assassini. Come ad esempio la persona da cui è poi stato coniato il termine “sadismo”, Donatien Alphonse Francois deSade, il “divino marchese”. Il sostantivo creato a partire dal suo cognome associa per sempre il suo proprietario a tendenze profonde dell’essere umano che tuttavia non sono nate né scomparse con lui. Egli scriverà: “avete immaginato di fare un ottimo lavoro costringendomi a un’astinenza atroce dai peccati della carne. Ebbene, vi siete sbagliati, avete fatto sì che creassi dei fantasmi cui dovrò per forza dare corpo”. L’opera del marchese è al contempo romanzesca, teatrale e rivoluzionaria: spinge i limiti del desiderio fino all’estremo della perversione
odio, cattiveria e sadismo Il complesso di Barbablù di Davide Tagliasacchi in una composizione di quadri umani sfrenati, intervallati da lunghe dissertazioni filosofico-educative del tutto innovative e personali. In Sade la reciprocità sessuale è esclusa: il godimento risiede nell’appropriazione del partner oggetivato, ridotto allo stato di carne. Al di fuori di ogni morale religiosa o sociale, tutte le tendenze del vizio sono giustificate e meritano di essere seguite. Oggi col termine sadismo, si vuol corrispondere ad una definizione psicopatologica. Si tratta di comportamenti perversi la cui caratteristica essenziale è il piacere sessuale che si prova nell’infliggere sofferenze morali o fisiche a qualcuno. È una perversione del senso genitale che, per essere eccitato, ha bisogno di assistere alla sofferenza altrui. Quando si parla di odio, invece, il riferimento è quasi
esclusivamente di pertinenza dello stato affettivo. Esso sta al sistema sensoriale, come la cattiveria a quello motorio. Nella sfera dei sentimenti, sovente subentra all’amore. La matrice dell’odio risiede senza dubbio nella sfera istintuale. Nei bambini appare assieme con la reazione fisica che accompagna un avvenimento frustrante. In genere, tale reazione risulta come un susseguirsi di manifestazioni fisiologiche tipiche della rabbia o della paura. A qualsiasi età, infatti, la vita affettiva e sociale è fonte ineluttabile di numerose frustrazioni, ma le risposte date cambiano e si moltiplicano secondo la nostra esperienza personale. L’odioemozione si limita solitamente alla prima infanzia, per poi attenuarsi con l’età. Quando però una sofferenza morale o fisica tocca con troppa forza un soggetto (o una persona a lui cara), ricompare l’emo-
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zione difficile da controllare. La storia psichica naturale fa si che tale odio primitivo si tramuti in esperienza, quindi in coscienza. E diventa una costruzione. Mediante una successione di montaggi e interpretazioni di segni, l’altro, avvertito come aggressore, si impone oramai come “cattivo”, se non addirittura come qualcuno da “distruggere”, fisicamente o simbolicamente. Se all’inizio è emozione pura, l’odio si trasforma poi in sentimento. Si infiltra progressivamente nell’intelletto, penetra nel pensiero, evolve con la sua elaborazione e partecipa al suo funzionamento. Per quanto concerne l’ultima domanda posta all’inizio, natura versus cultura, nel pensiero delle società moderne prevale ancora il vecchio adagio della natura buona, esaltato dall’idea del “buon selvaggio” di Jean Jacques Rousseau: l’uomo troverebbe nel proprio ambiente gli ingredienti che nutrono la sua disposizione a nuocere. la società dunque, sarebbe la vera responsabile del traviamento, malata di per sé, atta a produrre i germi della propria stessa distruzione. Resoconti riguardanti storie psicopatologiche e terapeutiche incoraggerebbero l’idea secondo cui l’uomo sarebbe buono per natura: all’origine di tutti i mali ci sono gli eventi della vita e l’ambiente. Ma se la società deriva proprio da rapporti umani, evidentemente tale certezza deve necessariamente essere attenuata: nel regno dei sentimenti la sfumatura è d’obbligo. Così, proprio come nella favola di Perrault, anche nel nostro inconscio risiede un orco con la barba blu che cerca bambini per mangiarli. Dolore o frustrazione che sia, l’importante è non dimenticare che dalla natura veniamo. E se anche la cultura ci potrà distinguere, al dolore si risponderà inevitabilmente con altro dolore …
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La civiltà disprezza il leopardo Forse il leopardo è stato un impudente? I deserti non hanno mai sgridato il suo raso – l’etiope il suo oro. Era fulvo il suo modo di agire – ne era consapevole – la sua pelliccia scura era chiazzata. Signore, la natura del leopardo era questa – c’è bisogno che un guardiano si accigli? Pietà per il leopardo che ha abbandonato l’Asia – narcotici non potranno sopire Né balsami potranno soffocare i ricordi di palme. Poesia di Emily Dickinson
nati liberi Una piccola storia bestiale di Angelica Bezziccari
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na calda sera d’estate, mi capita di imbattermi in un documentario. Sembra uno di quelli avventurosi, dove per magia puoi immaginarti di essere in posti bellissimi che difficilmente ti capiterà di visitare. Sono in Africa, stanno parlando di leoni. Spiegano come la leonessa che fanno vedere sia rimasta sola, dopo che il suo branco è stato ucciso da bracconieri. La leonessa inizia così a seguire la troupe, i documentaristi, gli operatori. Inizia quasi ad “affezionarsi” a loro perché non ha più nessuno. Li osserva, vuole avvicinarsi, fa capriole, come un grande gattone. Finché al gruppo non viene l’idea di andare in cerca di un leone, un leone che le farà compagnia e le consentirà di procreare. Trovato il leone, lo sedano. Ed è da qui che inizia a
verificarsi qualcosa di strano. L’immagine di un leone sedato è una specie di paradosso. Un animale agile, forte, maestoso, caduto addormentato grazie all’uomo? Trasportato su una rete come un sacco? Un’immagine triste, in realtà. Durante il tragitto, il veterinario deve sedare più e più volte il leone, perché sempre il procinto di risvegliarsi. Una volta arrivato a destinazione nei dintorni della leonessa, lo posano a terra, e in attesa che si risvegli gli mettono lì vicino una carcassa a disposizione. Il leone si sveglia. È preso da una sorta di attacco di panico, è spaventatissimo. Immaginate che mentre siete seduti comodamente a casa vostra, arrivi qualcuno e vi spari un sedativo. Immaginate che vi trasporti in un posto lontano da casa e sconosciuto. Immaginate che quando vi risvegliate, intontiti, non sapete né dove siete, né perché. Nessuno che vi dà spiegazioni, nessun riferimento di amici o nemici. Come vi sentireste? È successo che il leone, in preda al panico e al disorientamento, è morto soffocato per il cibo da lui ingurgitato. Pensavo che il peggio fosse finito, invece i “benefattori” della savana iniziano a sca-
Le fotografie di questo articolo sono state scattate da Guido Di Bisceglie nel parco nazionale del Serengeti
vare una buca, spiegando come debbano bruciare il leone. Infatti il suo corpo, così pieno di sedativi chimici, sarebbe molto dannoso se assimilato da altri animali. Fine della storia. O meglio, fine della mia visione televisiva. Questa piccola banale storia mi sembra abbastanza esemplificativa di come, una volta modificati gli equilibri della Natura per mano dell’uomo, sia molto difficile, ma soprattutto presuntuoso e irrispettoso, pensare anche in buona fede, di ripristinarli. Buttare giù alberi millenari, e poi piantarne altri e vantare le famose “emissioni zero”, manipolare geni a fin di bene o meno, spostare terra a piacimento, sono comportamenti che prima o poi pagheremo, con gli interessi, come peraltro sta già iniziando ad avvenire. In realtà, nessuna foresta a crescita controllata, nessuno zoo, nessun documentario o libro di storie sulla natura potrà farci vivere la magia di camminare a piedi nudi sulla terra, di sentirci come un leone libero nella savana, se non inizieremo ad abbandonare la nostra insana abitudine ad ingabbiare, anche metaforicamente, ciò che non conosce altro che la libertà. PS. Il titolo della trasmissione è, grottescamente “nati liberi”.
Noi non dobbiamo considerare che la Natura si accomodi a quello che parrebbe meglio disposto a noi, ma conviene che noi accomodiamo l’interesse nostro a quello che essa ha fatto Galileo Galilei
L’autogestita: Oasiverde
BIRDGARDEN
Il nuovo progetto di Oasiverde, per il quale vi chiediamo un aiuto
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os’è un birdgarden? Letteralmente significa “giardino per uccelli” ma partendo dalla volontà di creare un’area apposita in cui aiutare gli uccelli selvatici a passare il critico periodo invernale, si possono in realtà definire obiettivi molto più ampi. Il progetto Birdgarden infatti non si sofferma a singole specie ma si allarga ad un intero ecosistema, cioè a tutto l’insieme delle relazioni biologiche che in esso avvengono. E’ proprio in questo senso che viene considerato, in un’area in cui viene bandito l’uso di pesticidi ed erbicidi, l’inserimento di piante autoctone, di un muretto a secco capace di richiamare insetti (ma anche orbettini, moscardini…), i quali richiamano cince ed altri insettivori, che a loro volta attirano i grandi rapaci… Da una parte ci soffermiamo ad obiettivi di stampo naturalistico, comprendendo con la sistemazione di mangiatoie,
nidi, vasche d’acqua…per permettere anche il monitoraggio delle specie (non solo di uccelli) presenti nell’area e del loro comportamento, fino al vero recupero di animali selvatici feriti; dall’altra parte si sviluppano gli aspetti educativi del progetto. Un giardino naturale mirato al richiamo di fauna selvatica e in modo particolare agli uccelli, non vuol dire solo creare un’oasi in più per loro, ma la possibilità per le persone di entrare in contatto quotidiano con la natura. La realizzazione di questo progetto mira ad educare alla conoscenza degli equilibri su cui la natura è fondata, al rispetto di questi equilibri, alla considerazione del verde, non come colore per riempire il vuoto del paesaggio, ma come nodo essenziale per gli equilibri della natura stessa. Il Birdgarden è pertanto un tipo di giardino naturale che consentirà di svolgere attivi-
Zampa Bianca aspetta le coccole
Il Don Chisciotte
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tà conoscitiva del territorio, attraverso il birdwatching, la fotografia naturalistica, i percorsi tematici, i laboratori… In un mondo in cui si tende a proiettare sulla natura e gli animali ciò che i media, i fumetti, i giochi elettronici propongono, con una visione distorta della realtà, si fa sempre più urgente il bisogno di ristabilire un contatto “popolare” per la natura, che può essere ottenuto solo attraverso la “familiarità” ossia contesti semplici e accessibili a tutti. Questo progetto è stato sottoposto all’attenzione dell’Apas, che ne ha subito colto gli intenti con entusiasmo, e da tempo al Centro Naturalistico, da cui ancora attendiamo risposta. Al momento stiamo organizzando la costruzione dei nidi e delle mangiatoie, cerchiamo persone che vogliano aiutarci nella predisposizione dell’area del Birdgarden all’interno di Oasiverde! Chiamaci! Se vuoi che le cose cambino devi iniziare tu a farle cambiare, con volontà e impegno! Noi lo stiamo già facendo.Non essere depresso né distratto, ti aspettiamo! 335 5719652 Elena oppure invia una mail info@ oasiverdersm.org
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una poesia per cambiare Q
uesto mese Oasiverde dedica a tutti una poesia (pagina a destra), su un male che appare comune nel nostro paese così generoso di sonniferi e psicofarmaci. Questo doveva essere l’anno che avrebbe segnato l’inizio della realizzazione dei tanti laboratori e progetti in cantiere, grazie alla serra didattica. Come sapete, la serra a marzo è crollata sotto la neve. Abbiamo chiesto aiuto: niente. Eppure siamo il mese di Settembre vede già ricostruita la struttura portante della serra. Inoltre abbiamo presentato comunque uno dei progetti che avevamo in mente, che vi sottoponiamo oggi, chiedendo ancora aiuto. Ma attenti: non chiediamo aiuto per raggiungere una meta, ma per condividere un percorso. Il nostro sonnifero è il ronzio delle api, il vento tra le foglie del pioppo argentato. Il nostro psicofarmaco è l’azzeruolo maturo raccolto dall’albero, è la carezza scambiata la sera con Zampa Bianca che ci aspetta, è il torsolo di mela offerto agli asini, perché quello che a noi appare uno scarto, per chi lo sa apprezzare è pura dolcezza.
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Non sei depresso, sei distratto,
impara. Inoltre, la felicità non è un diritto ma un dovere, perché se non sei felice stai amareggiando tutti quelli che ti amano. Un solo uomo che non ebbe né talento né distratto dalla vita che ti popola. valore per vivere, ordinò di ammazzare sei milioni di fratelli Distratto dalla vita che ti circonda: delfini, boschi, mari, monebrei. tagne, fiumi. Non cadere in quello in cui cadde tuo fratello Ci sono tante cose per godere ed il nostro cammino per la che soffre per un essere umano mentre al terra è tanto breve che soffrire è una perdita di tempo. mondo ce ne sono 5.600 milioni. Abbiamo per godere la neve dell'inverno ed i fiori della primavera, il cioccolato di Perugia, la Inoltre non è tanto male vivere da solo. baguette francese, i sigari messicani, il vino Io vivo bene, decidendo in ogni istante quello che voglio fare, Cileno, i mari ed i fiumi, il calcio dei Brasiliani, Le Mille ed Un e grazie alla solitudine mi conosco, cosa che è fondamentale Notte, la Divina Commedia, per vivere. il Don Chischiotte, il Pedro Páramo, il bolero di Manzanero e le poesie di Whitman; la musica di Mahler, Mozart, Chopin, Non cadere in quello in cui cadde tuo padre che si sente Beethoven; la pittura di Caravaggio, Rembrant, Velásquez, vecchio perché ha 70 anni, dimenticando che Mosè dirigeva Picasso e Tamayo tra tante meraviglie. l’esodo a 80 e Rubinstein interpretava come nessuno Chopin a 90. Solo per citare due casi conosciuti. E se hai il cancro o l'AIDS, possono accadere due cose e en trambe sono buone; Non sei depresso, sei distratto, per questo motivo credi di se vince, ci si libera dal corpo che è tanto fastidioso: ho fame, aver perso qualcosa: ciò è impossibile, perché tutto ti fu dato. ho freddo, ho sonno, ho voglia, ho ragione, ho dubbi…. Non hai perso un solo capello della tua testa, e se lo vinci, sarai umile, più grato, pertanto facilmente felice. tanto non puoi essere padrone di niente. Libero dal tremendo peso della colpa, della Inoltre, la vita non ti toglie cose, ti libera da cose. responsabilità, e della vanità, disposto a vivere ogni Ti solleva affinchè tu possa volare più alto, affinché tu ragistante profondamente come deve essere. giunga la pienezza. Dalla culla alla tomba è una scuola, per questo motivo quello Non sei depresso, sei disoccupato. Aiuta il bambino che chiami problemi sono lezioni. che ha bisogno di te, quel bambino sarà amico di tuo figlio. Aiuta i vecchi, ed i giovani ti aiuteranno quando lo sarai. Non perdesti nessuno, quello che morì semplicemente ci ha Inoltre, il servizio è una felicità sicura, anticipato, perché per là andiamo tutti. Inoltre il meglio di lui, come godere della natura e curarla per quello che darà. il suo amore, ti segue nel tuo cuore. Chi potrebbe dire che Dà senza misura e ti daranno senza dosare. Gesù è morto? Ama fino a trasformarti nella cosa amata e ancora di più, Non c'è morte: è trasloco. E dall'altro lato ti aspetta gente fino a trasformarti nello stesso amore. meravigliosa: Gandhi, Michelangelo, Whitman, San Agostino, Madre Teresa, tua nonna e mia madre che credeva che la E che non ti confondano pochi omicidi e suicidi, povertà sta più vicino all'amore, perché il denaro ci distrae il bene è maggioranza nonostante non si nota perché è con troppe cose, e ci allontana perchè ci rende diffidenti. silenzioso, una bomba fa più rumore che una carezza, ma per ogni bomba che distrugge ci sono milioni di Fa' solo quello che ami e sarai felice, e quello che fai e carezze che alimentano la vita. che ami, è benedettamente condannato al successo che Vale la pena, vero? arriverà quando deve arrivare, perché quello che deve essere Se Dio avesse un frigorifero, terrebbe una tua foto incollata sarà, ed arriverà naturalmente. Non fare niente per su di esso. obbligo né per compromesso, bensì per amore. Allora Se avesse un portafogli, la tua foto ci starebbe dentro. ci sarà pienezza, ed in quella pienezza tutto è possibile. Egli ti manda fiori ogni primavera. E senza sforzo perché ti muove la forza naturale della Egli ti manda un'alba ogni mattina. vita, quella che mi risollevò quando cadde l'aeroplano con Ogni volta che tu vuoi parlare, Egli ti ascolta mia moglie e mia figlia; quella che mi mantenne vivo quando i Egli può vivere in qualunque parte dell'Universo, però scelse medici mi diagnosticavano 3 o 4 mesi di vita. il tuo cuore. Affrontalo, amico - Egli è pazzo di te! Dio ti ha messo un essere umano a carico, e sei tu stesso. Dio non ti promise giorni senza dolore, sorrisi senza tristezza, Ti devi rendere libero e felice, dopo potrai sole senza pioggia, però Egli ti promise forze per ogni giorno, condividere la vita vera con gli altri. consolazione per ogni lacrima, e luce per il cammino. "Quando la vita ti dà mille ragioni per piangere, dimostrale Ricorda Gesù: "Amerai il prossimo come te stesso." che hai mille e una ragioRiconciliati con te, mettiti di fronte allo specchio e pensa che ne per cui sorridere". quella creatura che stai vedendo è opera di Dio; e decidi subito di essere felice perché la felicità è qualcosa che si
Facundo Cabral
attivita’ convenzionate
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Alternative
La green economy di Movimento Sottomarino
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a crisi economica e la disoccupazione stanno mettendo a dura prova il mondo del lavoro e soprattutto i lavoratori. Eppure c’è un settore in forte crescita e le stime per il futuro sono particolarmente positive: nei prossimi vent’anni il settore della green economy dovrebbe coinvolgere più di 8 milioni di lavoratori nel mondo intero. Si tratta di un dato estrapolato dalla ‘Guida ai Green Jobs- come l’ambiente sta cambiando il mondo del lavoro’ (edizione Ambiente), manuale scritto da Marco Gisotti e Tessa Gelisio: attualmente in Italia i lavoratori impegnati nella green economy sono tra i 300 e i 450 mila, cifre che aumenteranno notevolmente soprattutto per quanto riguarda il campo delle fonti rinnovabili (sono previsti 100 mila posti di lavoro in più da qui a vent’anni). Ma cos’è un Green Job? Chi conosce l’inglese saprà che l’espressione significa “lavoro verde”. Purtroppo non esiste una definizione precisa e condivisa in tutto il mondo ma in generale il green job è il lavoro che ha una qualche attinenza con l’ambiente. Qualsiasi tipo di lavoro che contribuisca al risparmio energetico, o del settore delle rinnovabili ma anche che abbia a che fare con la tutela del territorio e della biodiversità può definirsi un green job. Il programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente ha classificato i green jobs e tra questi rientrano lavori in agricoltura (c’è anche chi si è specializzato in coltivazione biologica verticale – sui grattacieli -), attività produttive, ricerca e sviluppo (R&S), amministrativi e di
Il Don Chisciotte
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servizio che contribuiscono sostanzialmente a preservare o ripristinare la qualità ambientale, ma non solo: sono green job i lavori che aiutano a proteggere gli ecosistemi, ridurre il consumo di energia attraverso le strategie ad alta efficienza, ridurre al minimo o evitare del tutto la generazione di rifiuti. Ce ne sono davvero tanti dunque di green jobs, in quanto la rinnovata attenzione per l’ambiente ha portato alla crescita esponenziale di tutte le attività ad esso connesse, ma sembra anche che i green jobs possano riportare vitalità ad un’economia già segnata dalla crisi economica ed ora dai rischi di deficit di molti stati europei, e non solo. Non a caso stanno nascendo corsi di laurea ed altri percorsi formativi per acquisire competenze specifiche per un green job: insomma, se ancora non sapete cosa fare del vostro futuro, ma sapete di avere un cuore verde, perchè non pensare ad un green job? Noi ci siamo un poco informati tramite Internet ed abbiamo trovato che al di là dei nostri confini si sono formate economie diversificate ed attente alla nostra Terra malata. Parlando di piccole e medie imprese impegnate nella produzione e gestione di energia verde, costruzione e impiantistica, ma anche la realizzazione stessa di impianti per la produzione di fonti energetiche rinnovabili, le professioni richieste non sono originali ma più direttamente coinvolte nella filiera delle rinnovabili: dal certificatore energetico fino all’operaio specializzato nel montaggio di pannelli fotovoltaici, le opportunità saranno moltissime. Per chi volesse osare con l’inventiva, abbiamo scoperto che in tanti si possono definire eco-imprenditori: dall’eco-chef (che non solo proporrà menu a base di alimenti biologici, ma penserà a una cucina dove ogni passaggio sarà effettuato in vista di un risparmio di energia e risorse) all’eco-parrucchiere (che utilizzerà prodotti naturali e metodi volti al risparmio di acqua e energia); dal negoziante EffeCorta (che proporrà ai suoi clienti solo prodotti di filiera corta, sfusi e alla spina) a chi sfrutta i rifiuti, naturalmente differenziati, come risorsa (dal compostaggio dell’umido per l’agricoltura alla vendita di altri materiali
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quali - ad esempio - vetro, carta, alluminio e plastica). Attualmente i green jobs non sono ancora realmente sviluppati e questo a causa del disinteresse della politica (nazionale ed internazionale) verso un vero cambiamento di sistema economico. La green economy necessita di incentivi mirati ed equi: sgravi fiscali per quei negozi che si convertono all’EffeCorta o a quelle aziende agricole che usano compostaggi fatti in proprio e non allevano gli animali in batteria, appalti pubblici dedicati solo a bioedili e bioingengneri (ad esempio, per la conversione di impianti obsoleti nelle nostre strutture statali), creazione di laboratori di eco-ricerca (l’UNEP - United Nations Environment Programme – il programma ONU per l’ambiente, sovvenziona queste iniziative e le premia), questi solo per citare alcuni esempi. Siamo certi che la politica sammarinese debba fermarsi e capire che il consumo del territorio perpetrato in questi ultimi anni non è l’economia sana e stabile che necessita la nostra Repubblica ma che la decisione giusta sia dirigere il Paese verso la green economy e l’apertura a nuove e giovani idee per rialzarsi da una crisi economica dalla quale si fatica ad uscire. In conclusione vorremmo proporre un’iniziativa sociale ecocompatibile che in Italia (ma non solo) è già un successo: quella dell’orto/ giardino condiviso. L’orto/giardino condiviso è uno spazio pubblico con finalità socioculturali nonché area verde che contribuisce al sistema ambientale e alla biodiversità. A differenza dei giardini tradizionali, l’orto/giardino condiviso vede protagonista tutti i cittadini perché è realizzato e gestito dai cittadini stessi riuniti attorno ad un progetto comune per migliorare il proprio “quartiere”: non solo un luogo per fare giardinaggio e un orto per l’autoconsumo, ma anche per fare del volontariato ed educazione ambientale. Uno spazio che può divenire il fulcro della comunità delineando nuovi modi di vivere la città, attivando anche interazioni con scuole, associazioni e centri sociali, poiché ognuno può portare il proprio contributo, le proprie competenze e la propria socialità.
Il punto
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9 settembre: san marino in transizione Una serata per parlare del futuro del paese. Nella pagina successiva il volantino di Stefano Palagiano
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ell’ultimo numero del giornale abbiamo dato notizia di un’iniziativa di pubblico interesse che stiamo organizzando: si tratta di un Transition Talk, un incontro pubblico dedicato all’illustrazione, spiegazione, discussione di metodi, contenuti e finalità del movimento di Transizione. L’evento si propone di far incontrare, conoscere e dialogare gli intervenuti, secondo un metodo che prevede partecipazione attiva e che fa maturare un interesse concreto sui temi trattati: già subito dopo l’incontro, infatti, si riscontra generalmente una notevole curiosità. Il Transition Talk si terrà venerdì 9 settembre presso l’Anfiteatro di Chiesanuova, a partire dalle ore 19. Durante la serata Cristiano Bottone di Transition Italia (http:// transitionitalia.wordpress. com/) ci parlerà di riscaldamento globale e picco petrolifero, con l’attenzione rivolta in particolare al futuro, all’inevitabilità del cambiamento e alla possibilità di vivere i grandi mutamenti già in atto in
modo positivo e costruttivo. È prevista, intorno alle 20.30, una pausa per un rinfresco (organizzato da UnSoloMondo), pensata per essere anche un momento di socializzazione. Alla ripresa il “piatto forte” della serata, caratterizzato dall’approfondimento dei contenuti e delle proposte del movimento di Transizione: in questo contesto risulterà di particolare interesse riflettere sulle concrete possibilità di prosecuzione di un’esperienza di transizione a San Marino. Un’esperienza di questo genere, infatti, potrebbe rappresentare un momento importante per la comunità nazionale, per molti motivi che ho avuto già occasione di esporre. Nel percorso che va dall’ultimo AltreMenti Festival fino all’organizzazione di questo Transition Talk abbiamo cercato di creare nel Paese una consapevolezza su questi temi: è giunta anche l’ora di valutare con attenzione la possibilità di creare un gruppo di persone che possa promuovere in modo convinto il processo di
transizione a San Marino. La serata, pertanto, ci servirà anche per fare una “conta” di chi intende partecipare attivamente alla promozione di un percorso affascinante, impegnativo e inclusivo: vedremo insomma come può proseguire questo itinerario. Sarà l’occasione inoltre per valutare un altro aspetto, di non secondaria importanza: la necessità e per certi versi il fascino di un’iniziativa di transizione che coinvolga un’intera nazione. Parliamo qui, e credo convenga insistere su questo aspetto, delle enormi possibilità che l’avvio di un’iniziativa di transizione possa riservare a San Marino, in un momento assai difficile nella vita di questo Paese. Sbalordire e colpire positivamente per la capacità di proporsi, di affrontare le vere emergenze presenti e future, di far parlare di sé in modo diverso dal solito
dovrebbe essere un piacere di cui San Marino non dovrebbe privarsi. A tal proposito, alcune esperienze stanno già dando ottima prova di sé: è il caso del Castello di Chiesanuova, che ospita il Transition Talk del 9 settembre e che si sta dimostrando particolarmente attivo e all’avanguardia nella realizzazione di iniziative meritorie e innovative in un panorama per molti aspetti asfittico. La società sammarinese, inoltre, esprime una serie di altre energie positive che potrebbero bene integrarsi con questo cammino transizionista, in primis quelle che si occupano di sostenibilità, decrescita, economia solidale. L’incontro costituirà quindi anche l’occasione per valutare le possibilità di interazione di varie esperienze fra di loro e in un’ottica di transizione.
Per approfondimenti: transitionitalia. wordpress.com/ Cristiano Bottone è stato uno dei relatori della Seconda edizione di AltreMenti festival
Il Don Chisciotte
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numero 45, settembre 2011 Ci trovi anche su Facebook!
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DALLA DIPENDENZA DAL PETROLIO ALLA FORZA DELLE COMUNITÀ LOCALI Quanto manca alla fine dell'era del petrolio? Conosci le conseguenze, già in atto, dell’aumento di temperatura del Pianeta? Il mondo sta cambiando molto rapidamente e senza chiedere il permesso a nessuno. Nei prossimi anni i cambiamenti saranno ancora più rapidi e radicali e noi possiamo fare solo due cose: • subire le conseguenze • inventarci la storia del nostro futuro, collaborando al cambiamento delle nostre città e creando un futuro sereno, piacevole e pieno di soddisfazioni.
Ne parliamo con Cristiano Bottone, movimento Transition Italia VENERDI’ 9 SETTEMBRE – ORE 19.00 ANFITEATRO DI CHIESANUOVA (RSM)
(in caso di maltempo nei locali della Casa del Castello)
Durante la serata, buffet offerto da UnSoloMondo
Confrontiamoci su quale paese vorremmo avere fra 20 anni! Iniziativa promossa dall’Associazione Don Chisciotte in collaborazione con la Giunta di Castello di Chiesanuova Info e contatti: Stefano 334 3698910 www.associazionedonchisciotte.org