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Quanto ci costerà in termini di salute la “non prevenzione”

Quanto ci costerà in termini di salute la non-prevenzione di questi due anni

di / Valentina Calzavara /

Ci sarà un conto salato da pagare dopo il Covid in termini di salute. Una pandemia nella pandemia che riguarda i pazienti che non hanno potuto accedere a visite, esami e interventi chirurgici, rallentati dalle ondate del virus. Con gli ospedali che hanno riconvertito reparti e terapie intensive per fronteggiare i contagi, una parte della popolazione è rimasta tagliata fuori da visite già programmate, ma anche da esami che avrebbero potuto identificare tempestivamente una malattia. Intanto, le liste d’attesa per “altre patologie” si sono allungate a dismisura.

Così quel nodulo al seno, individuato con l’autopalpazione, è diventato via via più grande in attesa di poter fare la visita. Il malato di cuore, considerato non urgente, si è visto rinviare l’operazione a data da destinarsi. Migliaia di interventi sono stati posticipati, dando giustamente priorità all’emergenza, ma sacrificando molto altro.

La sanità pubblica ne esce stremata! Il nostro Paese assiste a un peggioramento della salute dei suoi cittadini e a un deterioramento della loro qualità della vita. Inoltre, curare una patologia in fase più avanzata significa minore probabilità di guarigione e maggior dispendio di risorse economiche per le terapie: un clamoroso autogol. Ora che abbiamo i numeri, possiamo misurare con maggiore precisione l’impatto a medio-termine dell’epidemia nel nostro Paese. A fornire una fotografia aggiornata della situazione sono una serie di approfondimenti realizzati da Cittadinanzattiva, organizzazione, fondata nel 1978, che promuove l’attivismo dei cittadini per la tutela dei diritti, la cura dei beni comuni, il sostegno alle persone in condizioni di debolezza. Risultano

13 milioni di visite specialistiche sospese

a causa del Covid-19, 300mila ricoveri non effettuati, 500mila interventi chirurgici rimandati e ben 4 milioni di screening oncologici posticipati.

“Un Paese che non cura i suoi cittadini contraddice la Costituzione e in prospettiva dovrà investire più risorse per curarli”, sottolinea Valeria Fava, responsabile per le Politiche della salute di Cittadinanzattiva. Cardiologia, oncologia e tutte le branche specialistiche che curano patologie “tempo-dipendenti” sono for-

I dati delle mancate prevenzioni e terapie dovute all’emergenza Covid

PANORAMICA DELL’ITALIA: 13 milioni le visite specialistiche sospese a causa del Covid-19, 300mila i ricoveri non effettuati, 500mila gli interventi chirurgici rimandati, 4 milioni gli screening oncologici posticipati. VISITE SPECIALISTICHE: meno 17% calo medio nazionale delle prestazioni tra aprile e giugno 2021. Il Veneto del 19%. PAZIENTI CRONICI: Liste di attesa in aumento per un paziente cronico su due. Per il 40,5% dei cittadini dichiara che è più difficile effettuare una visita specialistica a causa degli ambulatori chiusi o delle liste di attesa. Stessa situazione per le prestazioni diagnostiche e ricoveri sempre a causa della lista di attesa si passa dal 36,5% al 39,9%. Assistenza domiciliare integrata: il 71% dei cittadini dichiara che la situazione è peggiorata rispetto al pre-covid. MALATTIE CARDIOVASCOLARI: Tempi di attesa: il 50% di pazienti segnala rinvii nelle prestazioni per patologie cardiovascolari; -Telemedicina: durante la pandemia solo il 3% dei pazienti è stato inserito in programmi di telemedicina, nello stesso periodo per quasi metà di loro sospese o rimandate senza data le visite. TUMORI: -50% calo degli screening oncologici nel 2020 con 1,4 milioni di esami in meno effettuati tra gennaio e maggio. Gli screening costituiscono il 30% delle nuove diagnosi annue di cancro al seno, al colon e all’utero in Italia. -13%: calo di interventi di asportazione chirurgica del tumore. In particolare c’è stata una diminuzione del trattamento dei tumori localizzati pari al 32% per il cancro al colon e dell’11% di quello alla mammella. Anche se sono Livelli Essenziali di Assistenza (Lea), con il Covid-19 gli screening non sono stati considerati procedure d’urgenza. A partire dall’8 marzo 2020, gli appuntamenti sono saltati: prima nelle Regioni del Nord e poi nel resto d’Italia. Il piano di rientro, stimato in 18 mesi, ha subito un ulteriore rallentamento a causa della quarta ondata pandemica.

temente interessate. “Da due anni gli ospedali vivono una situazione ondivaga di aperture e chiusure che hanno appesantito le liste d’attesa già presenti nell’era pre-Covid. Nei nostri report le lungaggini per accedere alle prestazioni sanitarie sono da anni il tema più segnalato dai cittadini, nonostante esista il Piano di governo delle liste d’attesa che dovrebbe essere applicato anziché lasciato scadere - aggiunge Fava - il Covid non ha fatto altro che sommarsi a un arretrato di inefficienze organizzative, carenze di personale e mancanza di azioni per favorire la medicina di iniziativa, con la quale è il medico ad andare dal paziente invitandolo alla prevenzione e apponendo i codici di priorità che non vengono osservati ovunque”. Tuttavia, va messo in luce che a incidere sulla mancata adesione ai check-up non sono state solo le chiusure degli ambulatori durante il lockdown, ma anche la paura di molti pazienti, che in questi mesi hanno preferito saltare l’appuntamento. In ogni caso, la ripartenza delle strutture sanitarie non è stata omogenea. I dati di Agenas evidenziano che tra aprile e giugno 2021 in Italia sono state fatte 50 milioni di prestazioni contro i 60 milioni del 2018 e del 2019. Il Veneto ha avuto un calo del 19%, il Piemonte del 21%. I fondi stanziati dal governo per recuperare il gap sono in fase di utilizzo da parte delle Regioni, ma a diverse velocità. Trento ha recuperato il 73% delle prestazioni ambulatoriali, ma solo il 39% dei controlli oncologici e l’1% dei ricoveri. Il Friuli-Venezia Giulia solamente lo 0,7% delle prestazioni ambulatoriali e l’1% dei ricoveri, va meglio l’Emilia-Romagna con il 95% di prestazioni e il 35% di ricoveri smaltiti. Molto spesso il divario di salute va di pari passo con la disuguaglianza economica: i cittadini più agiati possono bypassare le lungaggini della sanità pubblica, scegliendo l’intramoenia o il privato a pagamento, tutti gli altri rimangono indietro. “La questione dell’equilibrio tra pubblico, privato ed intramoenia va posta in modo ancor più forte ora che la pandemia ha ulteriormente impoverito alcune fasce sociali - dice Fava, rimarcando un aspetto poco conosciuto della normativa - Il canale pubblico non può essere superato dall’intramoenia. La norma prevede che se un cittadino non trova disponibilità nel pubblico nei tempi prestabiliti, devono sopperire il privato accreditato o l’intramoenia, senza costi aggiuntivi per l’utente. In caso di inosservanza di questo principio, come spesso accade, andrebbe fatta una raccomandata alla direzione della Asl”.

Sempre da Cittadinanzattiva arriva un altro suggerimento per i pazienti: il blocco delle liste è stato vietato da una legge del 2005, da qui l’invito al cittadino a segnalare eventuali lungaggini.

“Anche in questo caso si dovrebbe attivare il percorso di tutela e la prestazione andrebbe pretesa in intramoenia senza costi aggiuntivi, bisogna dare cogenza alle norme che già esistono - prosegue Fava - Accanto alla pesante eredità e all’ingente carico di pegni che la pandemia ci ha lasciato, vanno sottolineati alcuni aspetti positivi, uno su tutti lo sviluppo della telemedicina: non come alternativa all’anamnesi, ma come integrazione per il follow-up dei pazienti, il monitoraggio a distanza di alcuni parametri corporei, il controllo dell’aderenza alle terapie”.

Gli esempi non mancano, in provincia di Treviso l’azienda sanitaria locale ha deciso di investire nell’intelligenza artificiale acquistando software capaci di leggere l’ischemia in trenta secondi e sperimentando una app per la lettura dei nei attraverso la fotocamera dello smartphone. Di recente, a Roma, è stato presentato REmoTE, il progetto di telemedicina nell’ambito delle malattie emorragiche congenite, in particolare l’emofilia, che ha coinvolto l’unità di Medicina interna, Malattie emorragiche e trombotiche dell’Azienda ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli e il dipartimento Malattie emorragiche e della coagulazione dell’Azienda ospedaliera Universitaria Careggi di Firenze, entrambe impegnate nell’erogazione di televisite.

“Il canale della telemedicina è stato super potenziato durante l’emergenza con un ottimo riscontro da parte dei pazienti - conclude Valeria Fava - la tecnologia può agevolare molto la gestione della cura, naturalmente senza sostituirsi al rapporto medico-paziente. Ecco perché nel Piano nazionale di ripresa e resilienza l’altro asse da potenziare sono le cure di prossimità, con la creazione delle case di comunità, l’attuazione del fascicolo sanitario, la digitalizzazione delle cartelle cliniche”.

Se si riuscirà in questa impresa, avremo ospedali più ”smart” per rispondere ai malati acuti e un territorio più reattivo per le cure primarie, mettendo il paziente al centro.

Valeria Fava, è responsabile per le Politiche della salute di Cittadinanzattiva, organizzazione fondata nel 1978 che promuove l’attivismo dei cittadini per la tutela dei diritti, la cura dei beni comuni, il sostegno alle persone in condizioni di debolezza

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