
3 minute read
Dalla compravendita di organi alla “remunerazione” del plasma
di / Vanda Pradal / Presidente Avis Veneto
Una cicatrice lunga una quindicina di centimetri sul fianco sinistro di una donna afghana è il simbolo di un fenomeno attivo da anni in Afghanistan, ma che oggi conosce una ripresa molto preoccupante: il traffico d’organi. Dopo il ritiro dei contingenti militari occidentali la povertà crescente ha visto aumentare in modo importante coloro che vendono i propri organi pur di sottrarsi alla fame. Non sono esenti nemmeno adolescenti e bambini: a volte vengono trovati uccisi e privi di cornee, reni e talora anche del cuore. Pare che un rene possa valere, sul mercato clandestino, circa 3500 dollari. Questi fatti appaiono inconcepibili alla nostra coscienza, inquietanti, inaccettabili, esecrabili sia per la constatazione della miseria in cui versano alcune popolazioni, sia perché gli acquirenti sono probabilmente ricchi cittadini occidentali. Senza scrupoli.
In riferimento a queste notizie si apre una riflessione che ci riguarda molto più da vicino. E se qualcuno proponesse, magari di fronte alla difficoltà di reperire donatori, di incentivare la raccolta di sangue e plasma con una qualche forma di remunerazione? Non necessariamente economica: accesso a cure mediche, buoni pasto, buoni benzina per gli spostamenti. Come suonerebbe alla nostra coscienza? La raccolta di sangue, plasma e derivati lasciata a più associazioni o società in regime di libera concorrenza: raccoglie di più, chi offre di più. Una prospettiva che ci farebbe inorridire come le notizie dall’Afghanistan?
A fronte della situazione afghana si avverte come sia in gioco la dignità stessa dell’Essere umano. Meno eclatante può apparire un’eventuale proposta di remunerazione delle donazioni di sangue e plasma. Ma la radice valoriale è la stessa: contraria ai principi di come le istanze più alte dell’uomo e della sua stessa umanità non possono essere oggetto di scambio commerciale. Non può essere pagata l’amicizia, non può essere pagato l’amore, non può essere pagato il corpo umano. L’acquisto di umanità è indisponibile alle carte di credito. I trattati che costituiscono la base etica dell’Europa - Convenzione di Oviedo (1997) -parlano chiaro: è vietato “trarre profitto dal corpo umano e dalle sue parti”.
E ancora i principi di riferimento del nostro Sistema sangue e della legge 219/2005 affermano che la donazione di sangue umano e suoi componenti debba essere “volontaria,
periodica, responsabile, anonima e gratu-
ita”. Eppure nello stesso continente, Patria della prospettiva solidaristica su cui poggiano gran parte dei Sistemi sanitari europei e di cui possiamo andare fieri, c’è il rischio che si insinuino (talora in buona fede) pensieri che conducono a una visione diversa.
Ecco perché una nota inviata al Governo e ai presidenti di regione, da Avis nazionale e da tutte le Regionali, ha inteso evitare da subito e con chiarezza ogni equivoco: nessuna apertura all’estendere il concetto di gratuità fino a comprendere anche indennizzi o rimborsi di tipo ristorativo a favore del donatore. Ne va del significato stesso della donazione. L’etica del dono non riguarda solo l’esclusione di eventuali remunerazioni. Le caratteristiche citate sopra - e che la donazione deve avere secondo Avis - parlano d’altro. Dicono che donare è un modo di essere, uno stile di vita, prima ancora che un fare. Lo stile di chi sceglie di prendersi responsabilmente cura degli altri, della propria comunità e in particolare di chi è più fragile. E si sceglie di farlo gratuitamente, senza ritorno personale, anzi senza addirittura farsi riconoscere e periodicamente, con continuità. È proprio nella continuità che risiedono la solidità e il valore di una scelta. Proprio la continuità dà conto del fatto che il dono è un abito di vita: quello di chi trova in questo modo di essere il punto di maggior realizzazione della propria Umanità. Parola quest’ultima che non deve mai lasciarci indifferenti, dobbiamo farla nostra, difenderla sempre, e invocarla di fronte alle terribili immagini che ci arrivano della guerra in Ucraina. Non possiamo che esprimere un pensiero di vicinanza alle tante famiglie che stanno soffrendo e una preghiera accorata affinché la pace e la ragione possano prevalere sugli egoismi e le violenze.