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L’esperto: “essenziale il pensiero critico”

E poi c’è anche l’analfabetismo digitale

Un’altra forma, più moderna, di “analfabetismo 2022” è quello digitale . I risultati si sono visti proprio durante la pandemia Covid-19 negli ultimi 2 anni. Sempre secondo l’OCSE, ma i dati si riferiscono al 2016/2017, solo il 37% degli italiani fra i 15 e i 65 anni, sarebbe stato “in grado di usare internet in modo complesso e diversificato”.

L’Italia, tanto per cambiare, risultava 28ª su 29 Paesi analizzati dallo studio. Un fenomeno che, unito a quello dell’analfabetismo funzionale di cui abbiamo parlato nelle pagine precedenti, ha rallentato la crescita economica del Paese, ma questo anche “grazie” al gap italiano di infrastrutture per la fibra aa banda larga. Ma il danno maggiore è quello di aver fatto deflagare ed espandere, più che in altri Paesi europei, il fenomeno delle “bufale” ovvero, se proprio vogliamo usarlo il termine, “fake news”.

Ne sappiamo qualcosa anche noi come Avis, quasi quotidianamente a combattere contro “notizie” (le virgolette sono d’obbligo) sul “sangue dei donatori vaccinati che si coagula”, sull’Rna o proteina spike o grafene e altre assurdità che “passerebbero” al trasfuso con il sangue dei vax. E così bufalando... Ma non è tutto. Se non si è al passo con i tempi i rischi anche per il “portafoglio” sono dietro l’angolo, per chi usa internet senza saper discernere il vero dal... verosimile che porta al.. falso. Le truffe, vere e proprie “rapine”, via internet sono ormai fra i reati contro il patrimonio più diffuse. Per non parlare di altro. Dal prossimo numero, grazie a “Informatici senza frontiere” e al loro presidente Dino Maurizio, il cui primo articolo leggete qui sotto, una pagina sarà sempre dedicata alla “Cultura informatica e “internettiana”. (b.c.)

stimenti a programmi automatici di trading, per non parlare delle azioni militari svolte dai cosiddetti droni e killer robot, che possono colpire un bersaglio guidate da un software. Questa nostra “delega” sta diventando sempre più una firma in bianco: non conosciamo i meccanismi di decisione delle macchine e non ci preoccupiamo di valutarne i possibili rischi.

L’esperto: “essenziale il pensiero critico”

di / Dino Maurizio* /

Parlare di tecnologie digitali può sembrare un po’ scontato, visto che sono uno strumento che pervade la nostra vita, perciò proverò a sottolineare alcuni aspetti che possono aiutare a diventare più consapevoli dell’evoluzione che stiamo vivendo. Le tecnologie digitali sono le protagoniste della quarta rivoluzione industriale, ma dobbiamo sottolineare il fatto che la moderna rivoluzione digitale è ben diversa dalle precedenti rivoluzioni industriali, segnate dalla macchina a vapore o dell’elettricità. Nelle epoche passate il lavoro manuale veniva sostituito da quello meccanico, oggi l’elaborazione digitale sta sostituendo il lavoro intellettuale.

Sempre più spesso deleghiamo certe attività legate al nostro modo di pensare e ragionare a delle macchine che lo fanno per noi. Non parlo solo delle operazioni matematiche, alla tecnologia affidiamo molte cose: la sicurezza della nostra vita al pilota automatico dell’aereo odell’automobile, le decisioni sui nostri inve-

*Dino Maurizio è presidente di Informatici Senza Frontiere. È una onlus nata nel 2005 con oltre 300 soci in tutta Italia. Operano per promuovere un uso della tecnologia più intelligente, sostenibile e solidale, la cui rilevanza è riconosciuta dall’ONU. La sede centrale è a Treviso.

www.informaticisenzafrontiere.org Mail: info@informaticisenzafrontiere.org

Proviamo allora a capire se tutto ciò sia un bene o un male per noi cittadini.

Dobbiamo constatare che nessun prodotto oservizio viene realizzato senza l’uso delle tecnologie digitali, e non parlo solo di cellulari odispositivi elettronici, bensì di medicine, assistenza ai malati, oggetti come porte o finestre, orari del treno o prenotazioni alberghiere.

Senza la digitalizzazione non avremmo avuto un vaccino Covid in meno di un anno, non sapremmo quello che succede in questo momento in tutto il mondo, non acquisteremmo musica stando a casa e non scopriremmo il significato di parole nuove in pochi secondi. Con le tecnologie digitali le persone non vedenti possono “leggere” il giornale e i chirurghi operare pazienti a distanza.

Tutti questi aspetti positivi sono dovuti al fatto che i dispositivi hanno un certo grado di intelligenza che riguarda il “pensare”, inteso come la capacità di acquisire informazioni, elaborarle e costruirne di nuove. Un processo che avviene attraverso degli algoritmi.

Ma dobbiamo anche renderci conto e prestare attenzione al fatto che i contenuti che vengono selezionati e riproposti attraverso le piattaforme social e i dispositivi tecnologici interagiscono col nostro pensiero, come non mai, andando a incidere sul nostro modo di pensare, sull’opinione che possiamo formare riguardo un argomento, sull’interazione che possiamo avere con altre persone. Insomma, senza che ce ne rendiamo conto, ci cambiano.

E poi, il volume e la velocità con cui ci vengono somministrate tante nozioni, sono tali da mettere in crisi la nostra capacità di assimilazione. Essere consapevoli e capire meglio i meccanismi di tale processo ci rende più capaci di usare la nostra testa per selezionare le informazioni che ci arrivano e per elaborarle secondo i principi etici ed umani che ci accompagnano.

Per quanto riguarda le macchine, lasciamo pure ad esse le operazioni ripetitive e complesse, ma senza delegare scelte critiche, mantenendo la consapevolezza e il controllo degli algoritmi che le governano.

Tutto questo è necessario per poter difendere i nostri bambini dai problemi di cyberbullismo che riguardano il 10% dei giovanissimi, per contrastare la pedofilia in rete o le frodi online che coinvolgono il 63% dei fruitori della rete, ma anche per combattere le fake news. L’argomento ci riguarda molto da vicino, perché sta anche a noi riconoscere le insidie della rete per evitare di amplificarle attraverso la pubblicazione. Pensiamo poi che il 62% dei ragazzi rimane sveglio fino a tarda notte per chattare, lasciare in mano ai nostri figli lo smartphone per tutta la giornata, senza regole e senza occasioni per stabilire rapporti diretti con le persone, rischia di portare verso individualismo e alienazione, finanche a mettere in gioco la propria incolumità attraverso l’uso improprio di selfie che possono finire nelle mani sbagliate.

Teniamo poi a mente che gli attuali “padroni” delle tecnologie hanno un enorme potere: trattano direttamente con i governi degli Stati, pagano migliaia di lobbisti e sono in grado di influenzare l’opinione pubblica su temi di rilevanza strategica; chiediamoci allora qual è l’impatto di questo sistema su di noi. I vari Google, Amazon… ormai hanno il monopolio della conoscenza, conoscono i nostri conti bancari, i gusti, gli acquisti, localizzano i nostri spostamenti.

Tutta questa mole di informazioni rappresenta una risorsa che ci viene estorta più o meno consapevolmente e che può essere trasferita o venduta a chicchessia.

Il risultato è una profilazione della nostra persona, utile a fornirci informazioni mirate per indurci a comprare o a pensare quanto ci viene suggerito. Quando parliamo di tecnologie non siamo quindi dentro un immenso campo libero, per trarre il buono che la tecnologia ci può dare dobbiamo prendere dimestichezza, allenare il nostro pensiero critico e avere cuore per muoverci nella giusta direzione.

Dino Maurizio, presidente di “informatici senza Frontiere”

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