Immaginaria Petrini

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Giuliana Zeppegno

Laura Manaresi

ANTOLOGIA ARIA

NARRATOLOGIA CON GRAPHIC NOVEL

Narrativa • Epica classica

Scuola di scrittura • Intelligenza Artificiale

PERCORSI DIGITALI INTERATTIVI

Gli elementi fondamentali del testo narrativo

In questa sezione scopriremo insieme che cos’è un testo narrativo e quali sono le sue principali caratteristiche contenutistiche e formali: il modo in cui è articolata la storia; la voce che narra; il punto di vista da cui si narra; i personaggi; lo spazio e il tempo in cui sono ambientate le vicende; il linguaggio scelto per raccontarle. Riconosceremo questi elementi prima in un graphic novel dalla tematica molto attuale, poi in una ricca selezione di racconti o estratti di romanzi, diversi per genere e tema, tratti dalla letteratura del Novecento o dei primi anni Duemila.

Competenze chiave europee

• Competenza alfabetica funzionale.

• Competenza personale, sociale e capacità di imparare a imparare.

• Competenza digitale.

SEZIONE

In questa sezione troverai

Il testo narrativo

Un graphic novel per cominciare

Unità 1 | La struttura narrativa

Unità 2 | La voce narrante e il punto di vista

Unità 3 | I personaggi

Unità 4 | Lo spazio e il tempo

Unità 5 | Lo stile

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Il testo narrativo

Il testo narrativo è un testo in cui si narra una storia, reale o inventata, che si svolge nel tempo. La storia è ambientata in un’epoca e in un luogo determinati e, nel caso di testi narrativi letterari, presenta uno o più personaggi.

Perché si narra?

La narrazione è un’attività sorta agli albori della civiltà, al punto da essere considerata quasi “connaturata” all’essere umano. Per molto tempo essa è stata orale, e ha risposto al bisogno di conservare e trasmettere la memoria delle conoscenze condivise all’interno di una comunità. Le storie venivano ripetute a voce, dalle persone anziane o da figure come i cantastorie, per tenere vivo il patrimonio collettivo e tramandarlo alle generazioni successive, ma anche per celebrare le divinità, fornire insegnamenti morali, esprimere emozioni, creare qualcosa di bello. È proprio con il graduale formarsi di una concezione estetica che alcuni testi iniziarono a essere percepiti come letterari e prese forma, poco per volta, l’idea di letteratura che abbiamo oggi.

Le forme della narrazione letteraria

Nel corso del tempo le forme della narrazione si sono evolute e diversificate, mentre i concetti stessi di storia e di letteratura subivano profonde trasformazioni. La narrazione si è sviluppata sia in versi (poemi epici, alcune favole, poemi cavallereschi) sia in prosa, oggi di gran lunga la forma prevalente della narrativa.

Le diverse forme letterarie sviluppatesi nel tempo sono i generi letterari, ovvero “tipi” di testi dalle caratteristiche uniformi. Tra i principali generi narrativi troviamo il mito, la fiaba, la favola, la novella, e soprattutto il racconto e il romanzo, oggi i generi prevalenti (I generi letterari  p. 206).

Finzione, “patto narrativo” e realtà

Gran parte della narrativa letteraria è narrativa di finzione (in inglese fiction). I fatti narrati sono immaginari e i personaggi non esistono nella realtà. Chi legge lo sa perfettamente, e chi scrive sa che chi legge lo sa. Entrambi, però, agiscono come se la storia fosse accaduta realmente

Si innesca così quello che viene chiamato “patto narrativo”: un tacito accordo che permette a lettori e lettrici di immergersi nella storia facendosi coinvolgere, tre-

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INTRODUZIONE Percorso e videolezione

mando di paura, tifando per un personaggio o piangendo per un altro senza pensare tutto il tempo «Tanto è tutto finto». Questo “autoinganno” avviene spontaneamente in noi tutte le volte che la storia narrata in un libro – ma anche in un film o in una serie – è credibile e ben costruita.

La letteratura è perlopiù finzione, ma non può fare a meno della realtà, anche solo per il fatto che la maggior parte delle storie è ambientata in un mondo uguale o molto simile a quello che conosciamo. Non solo: esistono casi in cui il racconto si muove sul confine tra finzione e realtà: pensa alle biografie di persone realmente esistite, ai romanzi storici, ai romanzi basati su fatti di cronaca e al resto di quel vasto territorio che oggi chiamiamo non-fiction.

Gli elementi della narrazione

I testi narrativi sono caratterizzati da alcuni elementi fondamentali: si tratta dei loro ingredienti di base, comuni a tutte le loro forme, ovvero delle caratteristiche tecniche che permettono a una storia di “accadere”.

Proseguendo nella lettura, scoprirete che in letteratura il cosa e il come sono due aspetti profondamente legati, a tal punto abbracciati tra loro che spesso risulta impossibile parlare di che cosa narra un libro senza dire anche, allo stesso tempo, come lo fa.

è articolata in una determinata

è narrata adottando una

è determinata dalle azioni e dai pensieri dei

è calata all’interno di

è narrata impiegando uno

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UNA STORIA STILE
VOCE NARRANTE TEMPO UNO O PIÙ PUNTI DI VISTA SPAZIO
STRUTTURA
PERSONAGGI
Flashcard per il ripasso attivo
Il testo narrativo

Un graphic novel per cominciare

Nelle pagine che seguono presentiamo un graphic novel inedito, Alys nella rete –Il metaspecchio e l’altro lato delle cose, che utilizzeremo per illustrare gli elementi fondamentali della narrazione.

Come sapete, il graphic novel racconta una storia sul modello narrativo di un romanzo, usando però il formato del fumetto. Alys nella rete è la storia di una ragazza, una moderna Alice nel Paese delle Meraviglie che è cresciuta e ha lo sguardo dell’adolescenza imperfetta. «A che cosa serve crescere? È come precipitare in un mondo senza certezze, fatto di assurdità e non sensi», ripete Alys, perdendosi nel ronzio del computer.

Nelle prossime pagine incontrerete non soltanto Alys ma anche tutti i personaggi che popolano il suo mondo… iniziamo a conoscerli.

L’Alice di Lewis Carroll è cresciuta. Si chiama Alys, ha quattordici anni e il viaggio che compie parte da se stessa. Tutto le va stretto, a partire dalla sua casa. Il metaspecchio con cui si confronta è lo schermo: un’ombra oscura, ma anche una via di fuga verso quell’altra dimensione, la rete, dove tutto sembra semplice.

La voce che racconta la storia, ossia il narratore, è un peluche, il Gatto Cesare. Compagno inseparabile di Alys fin da piccolissima, il suo nome richiama il Gatto del Cheshire, o Stregatto.

Hatta è il Cappellaio Matto, che segue la routine del tè per tutto il giorno. Hatta non è umano, pur comportandosi come se lo fosse. Esiste solo oltre il metaspecchio e sembra voler uscire da una dimensione di incompletezza — rappresentata dall’essere un bot, abbreviazione di robot — attraverso Alys e le sue storie. Lo stesso dialogare tra loro confonde Alys riguardo a ciò che è vero e ciò che non lo è.

La mamma di Alys è la Regina di Cuori su Instagram, food blogger appassionata di composizioni perfette, ma distratta e distaccata in famiglia.

Il papà di Alys, il Professor Bianconi, è un moderno Bianconiglio: corre sempre e non ha tempo di ascoltare.

L’inquietudine di Alys è personificata dalla Coperta, un mantello invisibile agli altri, che la segue ovunque. Accanto a una ragazzina che continua a cambiare, ci voleva qualcuno che restasse sempre uguale a se stesso.

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SEZIONE 2 | Gli elementi fondamentali del testo narrativo
Guarda il reel e la prima puntata di Alys nella rete
33 Un graphic novel per cominciare
34 SEZIONE 2 | Gli elementi fondamentali del testo narrativo
35 Un graphic novel per cominciare
36 SEZIONE 2 | Gli elementi fondamentali del testo narrativo
37 Un graphic novel per cominciare
38 SEZIONE 2 | Gli elementi fondamentali del testo narrativo
39 Un graphic novel per cominciare
40 SEZIONE 2 | Gli elementi fondamentali del testo narrativo Videotutorial Alys nella reteContenuti extra

Primi passi nel testo narrativo

Dopo aver letto il graphic novel, discutetene in classe provando a rispondere a queste domande.

Vi è piaciuto il graphic novel che avete letto?

C’è un personaggio con cui vi identificate?

Quali sensazioni o emozioni ha suscitato in voi la storia? Dove pensate sia ambientata la storia e quando?

Quale personaggio vi è piaciuto di più?

Che significato potrebbe avere il titolo?

Vi è piaciuto il modo in cui viene narrata?

Quali sono i temi affrontati nel testo?

Il graphic novel che avete appena letto è un esempio di testo narrativo in formato fumetto. Oltre alle caratteristiche proprie del fumetto, il testo presenta gli elementi fondamentali della narrazione, comuni a tutti i testi narrativi:

• narra una storia collocandola nel tempo e nello spazio;

• articola la storia in una struttura, dotata di un inizio, di una fine e di uno specifico ordine interno;

• ruota intorno alle azioni, ai pensieri e alle emozioni di alcuni personaggi;

• è raccontato da una voce narrante e da un punto di vista determinati;

• fa un uso mirato del linguaggio, adottando un certo stile.

Conoscere i meccanismi della narrazione permette di comprendere i testi in profondità: ci consente di capire le scelte autoriali, di formulare giudizi, di cogliere suggestioni, temi e spunti di riflessione che diversamente ci sarebbero sfuggiti, di apprezzare maggiormente ciò che leggiamo e di “farlo nostro” con più facilità. Lettori e lettrici non si nasce, si diventa!

Quanto più riusciamo a cogliere leggendo, tanto più il testo ci risulta vicino, proficuo e divertente. Allo stesso modo, l’attività di scrittura è tanto più piacevole e appagante quanto più si padroneggiano i suoi strumenti. Conoscere le tecniche della narrazione è indispensabile se vogliamo non soltanto leggere in modo attivo, ma anche scrivere testi narrativi efficaci e coinvolgenti.

Una volta interiorizzata, la consapevolezza di come è costruito un testo narrativo ci accompagnerà nella lettura e nella scrittura in modo naturale. Leggendo e scrivendo non dovremo più sforzarci di esaminare ogni aspetto, perché poco a poco il processo diventerà spontaneo.

Nelle unità seguenti approfondiremo uno a uno gli elementi fondamentali della narrazione e impareremo a riconoscerli nel testo, ad analizzarli e a integrarli nell’attività di scrittura.

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graphic novel per cominciare
Un

La struttura narrativa UNITÀ 1

In questa unità scopriremo che la stessa storia può essere narrata articolando i fatti in molti modi. A seconda degli effetti che si vogliono ottenere, si può seguire l’ordine cronologico o si possono introdurre salti temporali; si può iniziare a raccontare dall’inizio, ma anche da metà, e persino dalla fine; si può chiudere una storia o si può lasciarla aperta; si possono dosare narrazione, descrizione, dialoghi e riflessione, accelerando o rallentando il ritmo.

LA TEORIA

Raccontare una storia

Come inizia e come finisce il testo

L’ordine in cui è narrata la storia

Le sequenze e il ritmo della narrazione

AUTORI, AUTRICI E TESTI 1960 Fabio
Geda (1972) Anime scalze p. 68
1915
1900 1945
1930
Elena Ferrante (1943) L’amica geniale p. 57 Isabel Allende (1942) Eva Luna racconta p. 49
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Dino Buzzati (1906-1972) Il crollo della Baliverna p. 63
“L’opera letteraria è una di queste minime porzioni in cui l’universo si cristallizza in una forma, in cui acquista un senso.”
Italo Calvino

RISORSE DIGITALI

Percorsi digitali interattivi

Videolezioni

Videotutorial

Audioletture di tutti i brani

Mappe attive

Flashcard per il ripasso attivo

PDF Percorso di lettura Attraverso la narrativa con il WRW

Glossario delle figure retoriche e analisi testuale

Dizionario

Questa unità è disponibile anche nel formato “testo liquido” per studiare su qualsiasi device, personalizzando le opzioni di lettura.

LA SCUOLA DI SCRITTURA

Costruire un testo

La scrittura come "liberazione"

Leggere per imparare a scrivere e scrivere per imparare a scrivere

Che cosa scrivere?

Scrivere un testo organico

I trucchi del mestiere di Manlio Castagna

CLASSE ROVESCIATA CON L'INTELLIGENZA ARTIFICIALE

a casa

Lavorate con uno dei chatbot più diffusi per esplorare le caratteristiche generali del testo. Inserite le seguenti istruzioni (in sequenza):

1) Produci la parte iniziale e finale di una fiaba, motivando le scelte.

2) Arricchisci l’inizio inserendo più elementi descrittivi.

Valutate i risultati prodotti: quali sono gli elementi che caratterizzano l’incipit e la conclusione? Quali sono gli elementi che il chatbot ha aggiunto per rendere il testo maggiormente descrittivo? in classe

Confrontatevi sulle risposte che vi ha dato il chatbot e, al termine dell'unità, riconsiderate le vostre risposte: sono uguali o sono cambiate?

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Raccontare una storia

La struttura narrativa è il modo in cui un testo narrativo è articolato al suo interno. Essa dipende da alcuni aspetti fondamentali. Vediamoli insieme.

Come inizia e come finisce il testo

L’inizio o incipit può essere narrativo, descrittivo, riflessivo o dialogico.

In questo caso, l’inizio della storia è narrativo (= si concentra sulle azioni del personaggio), ed è in medias res (letteralmente “in mezzo alla situazione”) perché catapulta chi legge in mezzo agli avvenimenti senza fornire informazioni introduttive.

Anche il finale può essere narrativo, descrittivo, riflessivo o dialogico. A volte è tronco, cioè sopraggiunge di colpo, interrompendo bruscamente la narrazione. Altre volte è detto a sorpresa, in quanto rovescia completamente le aspettative di chi legge. Le pagine del graphic novel che hai letto si concludono con un finale aperto, che rimane in sospeso in modo da permetterci di immaginare diversi sviluppi possibili.

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LA TEORIA Percorso e videolezione

L’ordine in cui è narrata la storia

La fabula è l’ordine naturale degli avvenimenti, ovvero la loro successione cronologica. L’intreccio è il modo in cui gli avvenimenti vengono “montati” all'interno della narrazione.

• Se la fabula e l’intreccio coincidono → l’ordine della storia è lineare e cronologico.

• Se l’intreccio è alterato rispetto alla fabula → l’ordine è artificiale, cioè presenta sfasature temporali: salti indietro nel tempo (analessi o flashback) o salti in avanti (prolessi o flashforward o anticipazioni).

Salto indietro nel tempo: flashback o analessi. Può essere breve, come in questi due casi, o protrarsi per diverse pagine. Permette di fornire indicazioni su fatti passati, non raccontati in precedenza o anteriori all’inizio della storia.

Salto avanti nel tempo: flashforward o prolessi o anticipazione. Spesso è usato per stuzzicare la curiosità di chi legge, fornendo un “assaggio” di quel che succederà.

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Raccontare una storia | Unità 1

Le sequenze e il ritmo

della narrazione

Un testo è costituito da sequenze, cioè porzioni di testo dal contenuto omogeneo. Si ha una nuova sequenza ogni volta che: cambia il luogo; cambia il tempo; entra in scena o esce di scena un personaggio; il contenuto cambia radicalmente.

Le sequenze possono essere:

• narrative → predomina la narrazione;

• descrittive → predomina la descrizione;

• dialogiche → sono previsti dialoghi;

• riflessive → predomina la riflessione, dei personaggi o di chi narra la storia;

• miste → nella stessa porzione di testo, omogenea dal punto di vista dei contenuti, si trovano modalità diverse (per esempio narrazione e descrizione, riflessione e dialogo ecc.).

Sequenza narrativa Quando prevalgono sequenze narrative, il ritmo è più veloce.

Sequenza descrittiva

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SEZIONE 2 | Gli elementi fondamentali del testo narrativo

Sequenza dialogica

Sequenza riflessiva

Quando prevalgono sequenze descrittive e riflessive, il ritmo è più lento.

Alcuni testi dalla struttura lineare, come per esempio le fiabe, seguono uno schema narrativo ricorrente costituito da:

• situazione iniziale;

• rottura dell’equilibrio;

• sviluppo delle vicende;

• spannung, cioè momento di massima tensione narrativa;

• scioglimento e ritorno dell’equilibrio.

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Raccontare una storia | Unità 1 Flashcard per il ripasso attivo

IL TESTO NARRATIVO

RIPASSO VISIVO

si apre con

INIZIO (o incipit) sviluppo della vicenda

rottura dell’equilibrio

flashback o analessi chi racconta

richiama episodi svoltisi nel passato

INTRECCIO

l’ordine in cui vengono raccontati i fatti

FABULA

l’ordine cronologico in cui sono avvenuti i fatti

flashword o prolessi o anticipazione

chi racconta anticipa eventi futuri

di tipo statico se non contengono veri e propri eventi, per cui la vicenda non evolve

dinamico se contengono eventi/dialoghi che consentono alla vicenda di proseguire

la narrazione si sviluppa attraverso

nuclei narrativi fondamentali, le SEQUENZE, ovvero unità minime di senso compiuto in cui il testo può essere suddiviso

fino al momento di massima tensione, detto SPANNUNG dopo il quale la narrazione si avvia verso il

FINALE con scioglimento e ritorno dell’equilibrio

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Mappa attiva
SEZIONE 2 | Gli elementi fondamentali del testo narrativo

L’inizio (o incipit) introduce la protagonista: Belisa Crepuscolario. A lei è dedicata la prima, ampia sequenza, in cui si spiega in che cosa consiste la sua insolita attività.

TESTO GUIDA

Isabel Allende

Due parole

da: Eva Luna racconta (Cuentos de Eva Luna, 1990)

BIOGRAFIA 634

In questo racconto della scrittrice cilena Isabel Allende, Storia e credenze popolari si mescolano dando luogo a un’ambientazione quasi fiabesca, tipica del cosiddetto “realismo magico”, un genere frutto della combinazione tra realismo ed elementi magici sviluppatosi soprattutto nelle letterature sudamericane a partire dagli anni Sessanta.

La vicenda si svolge in Cile tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento: la popolazione è affamata; la lettura e la scrittura sono ancora alla portata di poche persone. Per Belisa Crepuscolario la scoperta dei segni scritti rappresenta la fine della miseria e l’inizio di una nuova vita. Per noi che leggiamo, la sua storia è un magnifico esempio del potere straordinario delle parole, con le quali è possibile informarsi, difendersi, persuadere, e persino far innamorare. Il racconto ha una struttura ricca e variegata: impiega salti indietro nel tempo per movimentare la narrazione, fa uso di tecniche per generare suspense e alterna costantemente narrazione, descrizione, dialoghi e riflessione.

Portava il nome di Belisa Crepuscolario, ma non per certificato di battesimo o trovata di sua madre, bensì perché lei stessa l’aveva cercato fino a scoprirlo e a indossarlo. Il suo mestiere era vendere parole. Percorreva il paese dalle contrade più elevate e fredde alle coste torride, installandosi nelle fiere e nei mercati, dove montava quattro pali con un tendone, sotto il quale si proteggeva dalla pioggia e dal sole per servire i clienti. Non aveva bisogno di decantare la sua mercanzia, perché dal tanto girovagare la conoscevano tutti. C’era chi l’aspettava da un anno all’altro, e quando si presentava in paese col suo fardello sottobraccio si metteva in coda davanti alla sua bancarella. Vendeva a prezzi onesti. Per cinque centesimi forniva versi a memoria, per sette migliorava la qualità dei sogni, per nove scriveva lettere da innamorati, per dodici inventava insulti per nemici irriconciliabili. Vendeva anche storie, ma non storie di fantasia, lunghe storie vere che recitava d’un fiato, senza saltare nulla. Così portava le notizie da un paese all’altro. La gente la pagava per aggiungere una o due righe: è nato un bimbo, è morto il tale, i nostri figli si sono sposati, son bruciati i raccolti. In ogni località le si radunava attorno una piccola folla per ascoltarla quando cominciava a parlare, e così venivano a sapere della vita degli altri, dei parenti lontani,

Audiolettura 5 10 15
49 La struttura narrativa | Unità 1

Per mezzo di un salto indietro nel tempo (flashback o analessi), la voce narrante ripercorre la storia precedente di Belisa fino al momento attuale, alterando momentaneamente l’ordine della storia.

Sequenza narrativa.

Sequenza dialogica.

delle vicende della Guerra Civile1. A chi acquistava per almeno cinquanta centesimi regalava una parola segreta per cacciare la malinconia. Non la stessa per tutti, naturalmente, perché sarebbe stato un inganno collettivo.

la sua con la certezza che nessun altro l’avrebbe adoperata per quello scopo nell’universo e dintorni.

Belisa Crepuscolario era nata in una famiglia così povera da non possedere neppure nomi per chiamare i figli. Venne al mondo e crebbe nella regione più inospitale, dove in certi anni le piogge si tramutano in valanghe d’acqua che si portan via tutto, e in altri non cade una goccia dal cielo, il sole s’ingigantisce fino a colmare l’orizzonte intero e il mondo si trasforma in un deserto. Fino ai dodici anni non ebbe altra occupazione e virtù che sopravvivere alla fame e alla fatica di secoli. Durante un’interminabile siccità le toccò seppellire quattro fratelli minori, e quando capì che veniva il suo turno decise di marciare per le pianure diretta al mare, per vedere se nel viaggio riusciva a beffare la morte. […]

Belisa Crepuscolario salvò la vita e per di più scoprì casualmente la scrittura. Giunta in un villaggio nelle vicinanze della costa, il vento le posò ai piedi una pagina di giornale. Raccolse quel foglio ingiallito e friabile e rimase ad osservarlo a lungo senza indovinarne l’uso, finché la curiosità poté più della timidezza. Si avvicinò a un uomo che lavava un cavallo nella stessa pozza torbida in cui aveva saziato la sua sete.

«Che cos’è questo?» chiese.

«La pagina sportiva del giornale,» replicò l’uomo senza dimostrarsi sorpreso della sua ignoranza.

La risposta lasciò attonita la ragazza, che però non volle sembrar sfacciata e si limitò a indagare il significato delle zampette di mosca tracciate sulla carta.

«Sono parole, bimba. Qui dice che Fulgencio Barba ha messo k.o. il Negro Tiznao al terzo round.»

Sequenza riflessiva e narrativa.

Quel giorno Belisa Crepuscolario apprese che le parole vagano libere senza padrone, e chiunque con un po’ di abilità può impadronirsene per farne commercio. Considerò la propria situazione e concluse che a parte prostituirsi o impiegarsi come domestica nelle cucine dei ricchi erano pochi i mestieri che poteva fare. Vendere parole le parve un’alternativa decente. A partire da quel momento esercitò questa professione, e mai s’interessò ad altre. All’inizio offriva la sua merce senza sospettare che le parole si potessero scrivere anche fuori dai giornali. Quando lo seppe calcolò le infinite proiezioni della sua attività, con i suoi risparmi pagò venti pesos2 a un prete affinché le insegnasse a leggere e scrivere e con i tre avanzati si comprò un dizionario. Lo esaminò dall’A alla Z e poi lo gettò in mare, perché non era sua intenzione truffare i clienti con parole inscatolate.

TESTO GUIDA 20 25 30 35 40 45 50 55
1. Guerra Civile: probabilmente la guerra civile cilena del 1891. 2. pesos: moneta cilena.
Ciascuno
riceveva
50 SEZIONE 2 | Gli elementi fondamentali del testo narrativo

Fine del flashback. La voce narrante ritorna al presente della storia: Belisa è adulta, sta svolgendo la sua professione nella piazza di una città, quando avviene qualcosa che sconvolgerà la sua vita (rottura dell’equilibrio).

Le vicende sono narrate per mezzo di sequenze narrative e dialogiche che si susseguono velocemente. Il ritmo è incalzante e la suspense crescente.

«Proprio te cerco,» le gridò indicandola con la frusta arrotolata, e prima che avesse finito di dirlo due uomini piombarono sulla donna abbattendo la tenda e fracassando il calamaio6, la legarono mani e piedi e la gettarono di traverso come un saccone da marinaio sulla groppa del cavallo del Mulatto. Partirono al galoppo verso le colline.

Qualche ora dopo, quando Belisa Crepuscolario si trovava in punto di morte con il cuore mutato in sabbia per gli scossoni del cavallo, sentì che si fermavano e quattro mani possenti la posarono a terra. Cercò di mettersi in piedi e di sollevare la testa con dignità, ma le forze le mancarono e si abbatté con un sospiro, sprofondando in un sonno offuscato. Si svegliò diverse ore dopo con il mormorio della notte nei campi, ma non ebbe il tempo di decifrare quei suoni perché aprendo gli occhi si vide dinanzi lo sguardo impaziente del Mulatto, inginocchiato al suo fianco.

«Finalmente ti sei svegliata, donna,» disse porgendole la borraccia affinché bevesse un sorso di acquavite con polvere da sparo e finisse di riprendere i sensi.

Volle sapere la ragione di tale maltrattamento, e lui le spiegò che il Colonnello aveva bisogno dei suoi servigi. Le permise di bagnarsi la faccia e poi la portò a un’estremità dell’accampamento, dove l’uomo più temuto del paese riposava su un’amaca tesa fra due alberi. Non poté vedergli il volto, coperto dall’ombra incerta del fogliame e dall’ombra incancellabile di molti anni di vita da bandito, ma immaginò che dovesse avere un’espressione dura se il suo gigantesco aiutante gli si rivolgeva con tanta umiltà. La sorprese la sua voce, soave e ben modulata come quella di un professore.

51 La struttura narrativa | Unità 1

TESTO GUIDA 60 65 70 75 80 85 90 95
4.
3. argomentazioni giuridiche: basi legali a sostegno della sua richiesta. 6.
irremissibilmente: irreparabilmente. 5. tumulto: parapiglia, rivolta. calamaio: recipiente per contenere l’inchiostro in cui si intingeva la penna. Diversi anni dopo, una mattina d’agosto, Belisa Crepuscolario si trovava nel centro di una piazza, seduta sotto il suo tendone a vendere argomentazioni giuridiche3 a un vecchio che sollecitava la pensione da diciassette anni. Era giorno di mercato e attorno c’era un gran tramestio. D’un tratto si sentirono urla e cavalli al galoppo; alzò gli occhi dalla scrittura e vide prima una nuvola di polvere e subito dopo un gruppo di cavalieri che irruppe nella piazza. Erano gli uomini del Colonnello, comandati dal Mulatto, un gigante famoso in tutta la zona per la sveltezza del suo coltello e la lealtà verso il suo capo. Entrambi, il Colonnello e il Mulatto, avevano passato la vita impegnati nella Guerra Civile, e i loro nomi erano irremissibilmente4 legati al tumulto5 e alla calamità. I guerrieri entrarono in paese come una mandria impazzita, avvolti dal frastuono, fradici di sudore, spargendo sui loro passi un terrore da uragano. Fuggirono svolazzando le galline, scapparono all’impazzata i cani, corsero via le donne con i figli e nel mercato non rimase anima viva tranne Belisa Crepuscolario, che non aveva mai visto il Mulatto e pertanto si meravigliò che questi si rivolgesse a lei.
Descrizione “negata” che aumenta il mistero: a causa dell’oscurità, Belisa può solo immaginare il volto dell’uomo che l’ha fatta rapire.

Nell’istante in cui il volto dell’uomo diventa visibile a Belisa, il Colonnello rivela, con un colpo di scena, il motivo per cui l’ha fatta condurre da lui.

Nuovo salto indietro nel tempo

(flashback o analessi): il colonnello spiega i motivi della sua decisione ripercorrendo la sua vita passata.

Sequenza riflessiva:

Belisa prova emozioni contraddittorie nei confronti dell’uomo.

Qualcosa sta avvenendo dentro di lei.

«Sei quella che vende parole?» chiese. «Per servirti,» balbettò lei, scrutando nella penombra per vederlo meglio. Il Colonnello si alzò in piedi e la luce della torcia impugnata dal Mulatto lo colpì di fronte.

più solo di questo mondo.

«Voglio diventare Presidente,» disse lui.

Era stanco di vagare per quella terra maledetta in guerre inutili e in sconfitte che nessun sotterfugio poteva trasformare in vittorie. Da molti anni dormiva alle intemperie, straziato dalle zanzare, cibandosi di iguana e zuppa di serpente, ma questi inconvenienti minori non costituivano ragione sufficiente per mutare destino. Ciò che in realtà lo infastidiva era il terrore negli occhi altrui. Desiderava fare il suo ingresso nei villaggi sotto archi di trionfo, tra bandiere variopinte e fiori, desiderava che lo applaudissero e gli recassero in dono uova fresche e pane appena sfornato. Era stanco di vedere che al suo passaggio gli uomini si davano alla fuga, le donne abortivano di spavento e i bambini tremavano, perciò aveva deciso di diventare Presidente. Il Mulatto gli aveva suggerito di marciare sulla capitale e di entrare al galoppo nel Palazzo per impadronirsi del governo, come avevano preso tante altre cose senza chiedere il permesso, ma al Colonnello non interessava diventare un ulteriore tiranno, di questi personaggi ne avevano già avuti abbastanza da quelle parti, e per di più in quella maniera non avrebbe ottenuto l’affetto della gente. La sua idea consisteva nell’essere eletto per votazione popolare alle elezioni di dicembre.

«Perciò devo saper parlare come un candidato. Puoi vendermi le parole per un discorso?» chiese il Colonnello a Belisa Crepuscolario.

Lei aveva accettato molti incarichi, ma nessuno come quello; tuttavia non poté rifiutarsi, temendo che il Mulatto le ficcasse una pallottola tra gli occhi, o peggio ancora che il Colonnello si mettesse a piangere. D’altro canto sentì l’impulso di aiutarlo, perché percepì un palpitante calore sulla sua pelle, un desiderio possente di toccare quell’uomo, di percorrerlo con le sue mani, di stringerlo fra le braccia.

Per tutta la notte e buona parte della giornata seguente Belisa Crepuscolario cercò nel suo repertorio le parole appropriate per un discorso presidenziale, sorvegliata da vicino dal Mulatto, che non staccava gli occhi dalle sue solide gambe da camminatrice e dai suoi seni verginali. Scartò le parole aspre e secche, quelle troppo fiorite, quelle ormai stinte dall’abuso, quelle che offrivano promesse improbabili, quelle carenti di verità e quelle confuse, per tenere solo quelle capaci di toccare con certezza il pensiero degli uomini e l’intuizione delle donne. Facendo uso delle conoscenze acquistate dal curato7 per venti pesos, scrisse il discorso su un foglio di carta e poi fece segno al Mulatto di sciogliere la corda con cui le aveva legato le caviglie a un albero.

TESTO GUIDA 100 105 110 115 120 125 130 135 140 7. curato: parroco.
La donna
la
e seppe all’istante di trovarsi di
all’uomo
vide
sua pelle scura e i suoi fieri occhi da puma
fronte
52 SEZIONE 2 | Gli elementi fondamentali del testo narrativo

Il dialogo tra Belisa e il Colonnello (sequenza dialogica) ci rivela che quest’ultimo è analfabeta, com’era comune all’epoca per buona parte delle classi popolari.

Alla fine del dialogo compare l’elemento che dà il titolo al racconto: Belisa sussurra due parole all’orecchio del Colonnello, ma a noi che leggiamo non viene detto di che parole si tratta.

Ritardando lo svelamento di questa informazione, la narrazione crea aspettativa e accende la nostra curiosità (suspense).

La condussero di nuovo dal Colonnello, e al vederlo riprovò la stessa palpitante ansietà del primo incontro. Gli porse il foglio e aspettò, mentre lui lo guardava tenendolo con la punta delle dita.

«Che cazzo dice qui?» chiese infine.

«Non sai leggere?»

«So far la guerra, questo so io,» replicò lui.

Lei lesse ad alta voce il discorso. Lo lesse tre volte, affinché il suo cliente potesse scolpirselo nella memoria. Quando ebbe finito vide l’emozione sul volto degli uomini della truppa che si erano radunati per ascoltarla, e notò che gli occhi gialli del Colonnello brillavano d’entusiasmo, sicuro che con quelle parole la poltrona presidenziale sarebbe stata sua.

«Se dopo averla sentita tre volte i ragazzi stanno ancora lì a bocca aperta, vuol dire che questa roba funziona, Colonnello,» approvò il Mulatto.

«Quanto ti debbo per il tuo lavoro, donna?» chiese il capo.

«Un peso, Colonnello.»

«Non è caro,» disse lui aprendo la borsa che portava appesa al cinturone con i resti dell’ultimo bottino.

«Per giunta hai diritto a un omaggio. Ti spettano due parole segrete,» disse Belisa Crepuscolario.

«Come sarebbe a dire?»

Procedette a spiegargli che per ogni cinquanta centesimi spesi da un cliente, lei gli faceva omaggio di una parola di uso esclusivo. Il capo si strinse nelle spalle, perché non gli interessava per niente quell’offerta, ma non volle essere scortese con chi l’aveva servito tanto bene. Lei si avvicinò senza fretta allo sgabello di cuoio su cui lui stava seduto, e si chinò per consegnargli il suo regalo. Allora l’uomo sentì l’odore di animale montano che esalava da quella donna, il calore da incendio che irradiavano i suoi fianchi, la carezza terribile dei suoi capelli, l’alito di verbena che gli sussurrava all’orecchio le due parole segrete alle quali aveva diritto.

«Sono tue, Colonnello,» disse lei ritirandosi. «Le puoi usare quanto vuoi.» […]

Nei mesi di settembre, ottobre e novembre il Colonnello pronunciò il suo discorso tante volte che se non fosse stato fatto di parole fulgenti8 e durevoli l’uso l’avrebbe ridotto in cenere. Percorse il paese in ogni direzione, entrando nelle città con aria trionfale e fermandosi anche nei villaggi più dimenticati, laddove solo la traccia delle immondezze9 indicava la presenza umana, per convincere gli elettori a votare per lui. Mentre parlava su una pedana al centro della piazza, il Mulatto e i suoi uomini distribuivano caramelle e pittavano10 il suo nome sui muri con talco dorato, ma nessuno prestava attenzione a quelle trovate da bottegaio, perché erano abbagliati dalla chiarezza dei suoi propositi e dalla lucidità poetica dei suoi argomenti, contagiati dal suo desiderio tremendo di correggere gli errori della storia, e

TESTO GUIDA 145 150 155 160 165 170 175 180 8. fulgenti: splendenti. 9. immondezze: immondizie. 10. pittavano: pitturavano.
53 La struttura narrativa | Unità 1

Il ricordo di Belisa Crepuscolario è espresso con parole quasi identiche a quelle impiegate per descrivere il momento del loro incontro, alcuni mesi prima. La ripetizione sottolinea il carattere ossessivo del ricordo.

Momento di massima tensione (spannung): quali sono le due parole? Che cosa succederà?

Il finale è aperto. Le due parole non vengono pronunciate e la vicenda resta in sospeso.

allegri per la prima volta in vita loro. […] Presto il Colonnello divenne l’uomo politico più popolare. Era un fenomeno mai visto, quell’uomo sorto dalla Guerra Civile, pieno di cicatrici e che parlava come un cattedratico11 , il cui prestigio si diffondeva per il territorio nazionale commuovendo il cuore della patria. La stampa si occupò di lui. Vennero da lontano i giornalisti per intervistarlo e ripetere le sue frasi, e così crebbe il numero dei suoi seguaci e dei suoi nemici.

«Andiamo bene, Colonnello,» disse il Mulatto dopo dodici settimane di successi.

Ma il candidato non lo ascoltò. Stava ripetendo le sue due parole segrete, come faceva sempre più di frequente. Le diceva quando lo inteneriva la nostalgia, le mormorava addormentato, le portava con sé sul suo cavallo, le pensava prima di pronunciare il suo celebre discorso e si sorprendeva ad assaporarle senza accorgersene. E in ogni occasione in cui quelle due parole gli venivano alla mente, evocava la presenza di Belisa Crepuscolario e gli si sconvolgevano i sensi al ricordo dell’odore montano, del calore da incendio, della carezza terribile e dell’alito di verbena, finché cominciò a vagare come un sonnambulo e i suoi stessi uomini compresero che avrebbe finito di vivere prima di raggiungere la poltrona presidenziale. […]

Stanco di vedere il suo capo declinare come un condannato a morte, il Mulatto si mise il fucile in spalla e partì in cerca di Belisa Crepuscolario. Seguì le sue orme per tutta quella vasta geografia fino a trovarla in un paese del sud installata sotto il tendone del suo lavoro, narrando il suo rosario di notizie. Le si piantò davanti a gambe spalancate e l’arma in pugno.

«Tu vieni con me,» ordinò.

Lei lo stava aspettando. Prese il calamaio, piegò la tenda della sua bancarella, si gettò lo scialle addosso e in silenzio scalò l’anca del cavallo. […]

Tre giorni dopo raggiunsero l’accampamento e subito condusse la sua prigioniera dal candidato, al cospetto di tutta la truppa.

«Ti ho portato questa strega perché tu le restituisca le sue parole, Colonnello, e perché lei ti renda il vigore», disse puntando la canna del fucile alla nuca della donna.

Il Colonnello e Belisa Crepuscolario si guardarono a lungo, misurandosi a distanza. Gli uomini compresero allora che ormai il loro capo non poteva più liberarsi dalla fattura di quelle due parole indemoniate, perché tutti poterono vedere gli occhi carnivori del puma farsi mansueti quando lei si fece avanti e gli prese la mano.

(I. Allende, Eva Luna racconta, trad. it. di G. Guadalupi, Feltrinelli, Milano 2005)

TESTO GUIDA 185 190 195 200 205 210 215
11. cattedratico: professore universitario.
54 SEZIONE 2 | Gli elementi fondamentali del testo narrativo

LAVORA SUL TESTO

Comprensione

1 Il racconto è già diviso in sequenze. Scrivi per ogni sequenza un breve titolo che ne sintetizzi il contenuto.

2 In che cosa consiste l’attività di Belisa Crepuscolario? Fai almeno tre esempi, spiegandoli con parole tue.

3 Che cosa chiede il Colonnello a Belisa?

A Di insegnargli a leggere e a scrivere.

B Di vendergli un dizionario contenente parole giuridiche.

C Di scrivergli un discorso politico.

D Di diffondere la notizia della sua candidatura.

4 Per quale motivo il Colonnello vuole diventare presidente?

5 Rileggi le righe 135-139 e indica con una crocetta che tipo di linguaggio ha usato Belisa nel suo testo e che tipo di linguaggio ha evitato.

1. Ha usato un linguaggio:

A spinoso.

B veridico.

C lucido.

D abusato.

E sobrio.

F ricco di ornamenti.

G sincero.

Analisi e interpretazione

2. Ha evitato di usare un linguaggio:

A confuso.

B significativo.

C altisonante.

D svuotato dall’uso.

E onesto.

6 Quali sfasature rispetto all’ordine cronologico presenta l’intreccio, e che cosa viene narrato in ognuna di esse?

7 Che tipi di sequenze prevalgono nel testo e che tipo di ritmo ne deriva?

A Narrative. B Descrittive. C Dialogiche. D Riflessive.

• Il ritmo che ne deriva è:

A lento. B veloce.

TESTO GUIDA
55 La struttura narrativa | Unità 1

8 Quale dei seguenti passi, inserito nel testo che hai letto, costituirebbe un flashforward (o prolessi o anticipazione)?

A Diversi anni dopo, davanti alla sua macchina da scrivere, Belisa avrebbe ricordato quei primi scarabocchi con infinita tenerezza.

B Il Colonnello quella notte aveva fatto un sogno che lo aveva riempito d’inquietudine.

C Si ritrovò di nuovo nel suo letto e capì che era stato tutto un sogno: il Colonnello, il Mulatto… non erano altro che prodotti della sua immaginazione.

D Non avrebbe mai creduto possibile che un uomo come quello potesse aver bisogno del suo aiuto.

9 Come viene rappresentato nel testo il potere che le parole esercitano sulle persone?

A Come qualcosa di ingannevole.

B Come qualcosa di eterno e di indistruttibile.

C Come qualcosa di magico.

D Come qualcosa di logico e razionale.

10 Il finale del racconto è aperto, ma la narrazione ci conduce verso un finale più probabile di altri. In base agli indizi disseminati nel testo, quali potrebbero essere le due parole che Belisa ha regalato al Colonnello e che cosa è possibile che succeda alla fine?

Lessico

11 Scrivi un sinonimo per ciascuno dei seguenti termini tratti dal testo.

1. fardello (r. 9) →

2. tramestio (r. 62) →

3. sotterfugio (r. 108) →

4. stinte (r. 136) →

5. fattura (r. 217) →

6. mansueti (r. 218) →

Riflessione ed esposizione orale

12 Il nascere dell’attrazione tra Belisa e il Colonnello presenta alcuni aspetti che oggi, a tanti anni di distanza dall’epoca in cui è ambientata la storia, possono stridere un po’. Individua gli aspetti attuali e quelli superati, confrontandoti con un compagno o una compagna. Poi condividete con la classe le vostre conclusioni.

OLTRE IL TESTO

13  SCRITTURA CREATIVA   Scrivi sul quaderno un finale a sorpresa, che rovescia completamente le aspettative create fino a quel momento: le due parole non sono quelle che sembravano e alla fine succede qualcosa di totalmente inaspettato.

TESTO GUIDA
56 SEZIONE 2 | Gli elementi fondamentali
del testo narrativo

Il capitolo si apre con un flashforward o prolessi, ovvero con .

TESTO LABORATORIO

Elena Ferrante

Come cominciò tutto

da: L’amica geniale (2011)

Il brano è tratto dal romanzo L’amica geniale, scritto dalla misteriosa autrice (o autore) che usa lo pseudonimo “Elena Ferrante”. Rievocando la sua infanzia, la narratrice Elena, detta Lenuccia o Lenù, ricostruisce il modo in cui cominciò la sua amicizia con Lila, diminutivo di Raffaella. Tutto ha inizio il giorno in cui Lila, che già da bambina esercitava su di lei un fortissimo ascendente, la trascina nell’ennesima prova di coraggio: recuperare la bambola gettata nello scantinato affrontando il temuto don Achille, che lei credeva l’avesse trovata e requisita.

Narrando a molti anni di distanza dagli avvenimenti, Elena conosce tutta la storia: ricorda ciò che è avvenuto prima e sa quel che succederà dopo. Questo le permette di compiere, per esigenze espressive, salti in avanti e indietro nel tempo che alterano l’ordine lineare e cronologico della storia.

La volta che Lila e io decidemmo di salire per le scale buie che portavano, gradino dietro gradino, rampa dietro rampa, fino alla porta dell’appartamento di don Achille, cominciò la nostra amicizia.

Mi ricordo la luce violacea del cortile, gli odori di una serata tiepida di primavera. Le mamme stavano preparando la cena, era ora di rientrare, ma noi ci attardavamo sottoponendoci per sfida, senza mai rivolgerci la parola, a prove di coraggio. Da qualche tempo, dentro e fuori scuola, non facevamo che quello. Lila infilava la mano e tutto il braccio nella bocca nera di un tombino, e io lo facevo subito dopo a mia volta, col batticuore, sperando che gli scarafaggi non mi corressero su per la pelle e i topi non mi mordessero.

Lila s’arrampicava fino alla finestra a pianterreno della signora Spagnuolo, s’appendeva alla sbarra di ferro dove passava il filo per stendere i panni, si dondolava, quindi si lasciava andare giù sul marciapiede, e io lo facevo subito dopo a mia volta, pur temendo di cadere e farmi male. Lila s’infilava sotto pelle la rugginosa spilla francese che aveva trovato per strada non so quando ma che conservava in tasca come il regalo di una fata; e io osservavo la punta di metallo che le scavava un tunnel biancastro nel palmo, e poi, quando lei l’estraeva e me la tendeva, facevo lo stesso.

Audiolettura 5 10 15 1.
BIOGRAFIA 638
57 La struttura narrativa | Unità 1

Rottura dell’equilibrio: accade qualcosa che mette in moto la storia.

La porzione di testo contiene i

della narratrice: la sequenza quindi è di tipo .

A un certo punto mi lanciò uno sguardo dei suoi, fermo, con gli occhi stretti, e si diresse verso la palazzina dove abitava don Achille. Mi gelai di paura. Don Achille era l’orco delle favole, avevo il divieto assoluto di avvicinarlo, parlargli, guardarlo, spiarlo, bisognava fare come se non esistessero né lui né la sua famiglia. C’erano nei suoi confronti, in casa mia ma non solo, un timore e un odio che non sapevo da dove nascessero. Mio padre ne parlava in un modo che me l’ero immaginato grosso, pieno di bolle violacee, furioso malgrado il “don”, che a me suggeriva un’autorità calma. Era un essere fatto di non so quale materiale, ferro, vetro, ortica, ma vivo, vivo col respiro caldissimo che gli usciva dal naso e dalla bocca. Credevo che se solo l’avessi visto da lontano mi avrebbe cacciato negli occhi qualcosa di acuminato e bruciante. Se poi avessi fatto la pazzia di avvicinarmi alla porta di casa sua mi avrebbe uccisa.

Aspettai un po’ per vedere se Lila ci ripensava e tornava indietro. Sapevo cosa voleva fare, avevo inutilmente sperato che se ne dimenticasse, e invece no. I lampioni non si erano ancora accesi e nemmeno le luci delle scale. Dalle case arrivavano voci nervose. Per seguirla dovevo lasciare l’azzurrognolo del cortile ed entrare nel nero del portone. Quando finalmente mi decisi, all’inizio non vidi niente, sentii solo un odore di roba vecchia e DDT1. Poi mi abituai allo scuro e scoprii Lila seduta sul primo gradino della prima rampa. Si alzò e cominciammo a salire.

Avanzammo tenendoci dal lato della parete, lei due gradini avanti, io due gradini indietro e combattuta tra accorciare la distanza o lasciare che aumentasse. M’è rimasta l’impressione della spalla che strisciava contro il muro scrostato e l’idea che gli scalini fossero molto alti, più di quelli della palazzina dove abitavo. Tremavo. Ogni rumore di passi, ogni voce era don Achille che ci arrivava alle spalle o ci veniva incontro con un lungo coltello, di quelli per aprire il petto alle galline. Si sentiva un odore d’aglio fritto. Maria, la moglie di don Achille, mi avrebbe messo nella padella con l’olio bollente, i figli mi avrebbero mangiato, lui mi avrebbe succhiato la testa come faceva mio padre con le triglie.

Ci fermammo spesso, e tutte le volte sperai che Lila decidesse di tornare indietro. Ero molto sudata, lei non so. Ogni tanto guardava in alto, ma non capivo cosa, si vedeva solo il grigiore dei finestroni a ogni rampa. Le luci si accesero all’improvviso, ma tenui, polverose, lasciando ampie zone d’ombra piene di pericoli. Aspettammo per capire se era stato don Achille a girare l’interruttore ma non sentimmo niente, né passi né una porta che si apriva o si chiudeva. Poi Lila proseguì, e io dietro.

Lei riteneva di fare una cosa giusta e necessaria, io mi ero dimenticata ogni buona ragione e di sicuro ero lì solo perché c’era lei. Salivamo lentamente verso il più grande dei nostri terrori di allora, andavamo a esporci alla paura e a interrogarla.

TESTO LABORATORIO 20 25 30 35 40 45 50 55 60 1. DDT: tipo di insetticida.
58
2 |
SEZIONE
Gli elementi fondamentali del testo narrativo

La narratrice ribadisce il

delle prime righe.

Salto indietro nel tempo (chiamato ).

Alla quarta rampa Lila si comportò in modo inatteso. Si fermò ad aspettarmi e quando la raggiunsi mi diede la mano. Questo gesto cambiò tutto tra noi per sempre.

2.

Sequenza di tipo .

Era stata colpa sua. In un tempo non troppo distante – dieci giorni, un mese, chi lo sa, ignoravamo tutto del tempo, allora – mi aveva preso la bambola a tradimento e l’aveva buttata in fondo a uno scantinato. Ora stavamo salendo verso la paura, allora ci eravamo sentite obbligate a scendere, e di corsa, verso l’ignoto. In alto, in basso, ci pareva sempre di andare incontro a qualcosa di terribile che, pur esistendo da prima di noi, era noi e sempre noi che aspettava. Quando si è al mondo da poco è difficile capire quali sono i disastri all’origine del nostro sentimento del disastro, forse non se ne sente nemmeno la necessità. I grandi, in attesa di domani, si muovono in un presente dietro al quale c’è ieri o l’altro ieri o al massimo la settimana scorsa: al resto non vogliono pensare. I piccoli non sanno il significato di ieri, dell’altro ieri, e nemmeno di domani, tutto è questo, ora: la strada è questa, il portone è questo, le scale sono queste, questa è mamma, questo è papà, questo è il giorno, questa la notte. Io ero piccola e a conti fatti la mia bambola sapeva più di me. Le parlavo, mi parlava.

Sequanza di tipo .

Aveva una faccia di celluloide con capelli di celluloide e occhi di celluloide. Indossava un vestitino blu che le aveva cucito mia madre in un raro momento felice, ed era bellissima. La bambola di Lila, invece, aveva un corpo di pezza gialliccia pieno di segatura, mi pareva brutta e lercia. Le due si spiavano, si soppesavano, erano pronte a scappare tra le nostre braccia se scoppiava un temporale, se c’erano i tuoni, se qualcuno più grande e più forte e coi denti aguzzi le voleva ghermire.

Questa parte della narrazione (in cui si mescolano descrizione, narrazione e riflessione) non si colloca in un punto preciso del tempo: vi si narra .

Giocavamo nel cortile, ma come se non giocassimo insieme. Lila era seduta per terra, da un lato della finestrella di uno scantinato, io dall’altro. Ci piaceva, quel posto, innanzitutto perché potevamo disporre, sul cemento tra le sbarre dell’apertura, contro il reticolo, sia le cose di Tina, la mia bambola, sia quelle di Nu, la bambola di Lila. Ci mettevamo sassi, tappi di gassosa, fiorellini, chiodi, schegge di vetro. Ciò che Lila diceva a Nu io lo captavo e lo dicevo a voce bassa a Tina, ma modificandolo un po’. Se lei prendeva un tappo e lo metteva in testa alla sua bambola come se fosse un cappello, io dicevo alla mia, in dialetto: Tina, mettiti la corona di regina se no prendi freddo. Se Nu giocava a campana in braccio a Lila, io poco dopo facevo fare lo stesso a Tina. Ma non succedeva ancora che concordassimo un gioco e cominciasse una collaborazione. Persino quel posto lo sceglievamo senza accordo. Lila andava lì, e io girellavo, fingevo di andare da un’altra parte. Poi, come se niente fosse, mi disponevo anch’io accanto allo sfiatatoio2, ma dal lato opposto.

TESTO LABORATORIO 65 70 75 80 85 90 95 100
2. sfiatatoio: apertura da cui fuoriesce l’aria.
59 La struttura narrativa | Unità 1

Il si conclude qui:

la narrazione si riallaccia a quanto anticipato all’inizio del capitolo.

Comprensione

La cosa che ci attraeva di più era l’aria fredda dello scantinato, un soffio che ci rinfrescava in primavera e d’estate. Poi ci piacevano le sbarre con le ragnatele, il buio, e il reticolo fitto che, rossastro di ruggine, si arricciolava3 sia dal lato mio che da quello di Lila, creando due spiragli paralleli attraverso i quali potevamo far cadere nell’oscurità sassi e ascoltarne il rumore quando toccavano terra. Tutto era bello e pauroso, allora. Attraverso quelle aperture il buio poteva prenderci all’improvviso le bambole, a volte al sicuro tra le nostre braccia, più spesso messe di proposito accanto al reticolo ritorto e quindi esposte al respiro freddo dello scantinato, ai rumori minacciosi che ne venivano, ai fruscii, agli scricchiolii, al raspare.

Nu e Tina non erano felici. I terrori che assaporavamo noi ogni giorno erano i loro. Non ci fidavamo della luce sulle pietre, sulle palazzine, sulla campagna, sulle persone fuori e dentro le case. Ne intuivamo gli angoli neri, i sentimenti compressi ma sempre vicini a esplodere. E attribuivamo a quelle bocche scure, alle caverne che oltre di loro si aprivano sotto le palazzine del rione, tutto ciò che ci spaventava alla luce del giorno. Don Achille, per esempio, era non solo nella sua casa all’ultimo piano ma anche lì sotto, ragno tra i ragni, topo tra i topi, una forma che assumeva tutte le forme. Lo immaginavo a bocca aperta per via di lunghe zanne d’animale, corpo di pietra invetriata4 ed erbe velenose, sempre pronto ad accogliere in un’enorme borsa nera tutto ciò che lasciavamo cadere dagli angoli divelti5 del reticolo. Quella borsa era un tratto fondamentale di don Achille, ce l’aveva sempre, anche in casa sua, e ci metteva dentro materia viva e morta.

Lila sapeva che avevo quella paura, la mia bambola ne parlava ad alta voce. Per questo, proprio nel giorno in cui senza nemmeno contrattare, solo con gli sguardi e i gesti, ci scambiammo per la prima volta le nostre bambole, lei, appena ebbe Tina, la spinse oltre la rete e la lasciò cadere nell’oscurità.

(E. Ferrante, L’amica geniale, Edizioni E/O, Roma 2011)

LAVORA SUL TESTO

1 Metti in ordine cronologico (fabula) i seguenti fatti narrati, numerandoli da 1 a 5.

La narratrice segue Lila su per le scale, terrorizzata.

Lila si avvia verso la casa in cui abita don Achille.

La narratrice e Lila diventano grandi amiche.

Lila si ferma e prende per mano la narratrice.

Giocando, Lila lascia cadere nello scantinato la bambola della narratrice.

TESTO LABORATORIO 105 110 115 120 125 130
3. si arricciolava: si attorcigliava, sollevandosi. 4. invetriata: vetrificata o smaltata di vetro. 5. divelti: strappati.
60 SEZIONE 2 | Gli elementi fondamentali del testo narrativo

2 Quanto tempo passa tra l’episodio della bambola e la decisione di Lila di andare da don Achille?

3 Che cosa prova la narratrice nei confronti di don Achille e perché?

4 Come definiresti i personaggi della narratrice da bambina e di Lila? Sottolinea gli aggettivi adatti a descriverle.

• Narratrice: autoritaria • insicura • immaginativa • succube dell’amica • indipendente

• Lila: intraprendente • ribelle • invidiosa dell’amica • incosciente • paurosa • dispettosa

Analisi e interpretazione

5 Che effetto ha il flashforward (o prolessi), ripetuto all’inizio (rr. 1-3) e alla fine del capitolo 1 (rr. 63-64)?

A Rendere più comprensibile la storia.

B Creare aspettativa in chi legge.

C Eliminare la tensione narrativa.

D Comunicare i pensieri dei personaggi.

6 Che episodio viene narrato tramite un flashback (o analessi)?

7 Rileggi le due descrizioni di don Achille alle righe 27-29 e 118-125, poi indica se sono descrizioni oggettive o soggettive ( p. 172), motivando la tua risposta.

8 Qual è il significato del commento che la narratrice fa nella sequenza riflessiva delle righe 72-80?

A Durante l’infanzia si soffre meno che in età adulta.

B Durante l’infanzia è difficile capire la causa dei propri sentimenti negativi.

C Le persone adulte vivono ossessionate dal pensiero del passato e del futuro.

D Durante l’infanzia è naturale avere un atteggiamento pessimista e aspettarsi sempre il peggio.

9 Come definiresti il sentimento ambivalente che Lila e Lenù provano nei confronti dell’ignoto e dei pericoli?

A Amore e odio.

B Obbedienza e ribellione.

C Indifferenza e curiosità.

D Paura e attrazione.

TESTO LABORATORIO
61 La struttura narrativa | Unità 1

Lessico

10 In ognuno dei seguenti gruppi di parole tratte dal testo, sbarra la parola “intrusa”, poi scrivi che cosa designano le altre parole del gruppo.

designano:

1. finestroni • rampa • scantinato • segatura • cortile

2. azzurrognolo • buio • nero • grigiore • gialliccia

3. caverne • ferro • vetro • celluloide • pietra

4. rumori • fruscii • scricchiolii • terrori • voce

OLTRE IL TESTO

11  CONFRONTO TRA IL ROMANZO E LA SERIE  Dopo aver letto il romanzo L’amica geniale e aver visto la prima stagione della serie che ne è stata tratta, metti a confronto le due versioni. Hai notato qualche differenza nella trama e nella resa dei personaggi? Se sì, quale? Che versione hai apprezzato di più e perché?

12  ATTIVITÀ CON L'INTELLIGENZA ARTIFICIALE  Se hai letto il libro, chiedi al chatbot :

• Produci una recensione al romanzo L’amica geniale di Elena Ferrante.

Valuta l’efficacia della recensione: il testo riassume i contenuti essenziali del libro? Il testo fornisce alcuni elementi per contestualizzare la vicenda (ambientazione geografica, periodo storico ecc.)? Infine, la recensione esprime un giudizio di valore sul romanzo della Ferrante?

13  DEBATE  Il debate è un modo per discutere in maniera efficace e consapevole delle proprie opinioni e confrontarsi con quelle altrui. Confrontatevi insieme su questo tema: Che cos’è il coraggio?

• La classe viene divisa in due gruppi, che dovranno difendere rispettivamente le tesi:

1) «Il coraggio è innato: significa non aver paura»;

2) «Il coraggio si impara: significa affrontare le proprie paure».

• I due gruppi preparano la propria argomentazione e la espongono in classe.

• Infine, sotto la guida dell’insegnante, i gruppi discutono intorno al tema.

TESTO LABORATORIO
62 SEZIONE 2 | Gli elementi fondamentali del testo narrativo

L’inizio è in

. Siamo subito catapultati nella vicenda.

TESTO LABORATORIO

Dino Buzzati Qualcosa era successo

da: Il crollo della Baliverna (1954)

Il racconto Qualcosa era successo di Dino Buzzati presenta una struttura molto particolare. Invece di seguire la tradizionale sequenza di una situazione iniziale, un momento di massima tensione e uno scioglimento finale, la storia procede con una tensione in crescendo dall’inizio alla fine.

Qualcosa era successo, come dice il titolo, ma che cosa? Ecco un esempio di come un racconto in cui non accade quasi nulla può trasformarsi, grazie al dosaggio sapiente della tensione narrativa, in un capolavoro di mistero e di suspense

Il treno aveva percorso solo pochi chilometri (e la strada era lunga, ci saremmo fermati soltanto alla lontanissima stazione d’arrivo, così correndo per dieci ore filate) quando a un passaggio a livello vidi dal finestrino una giovane donna. Fu un caso, potevo guardare tante altre cose invece lo sguardo cadde su di lei che non era bella né di sagoma piacente, non aveva proprio niente di straordinario, chissà perché mi capitava di guardarla. Si era evidentemente appoggiata alla sbarra per godersi la vista del nostro treno, superdirettissimo, espresso del nord, simbolo per quelle popolazioni incolte1, di miliardi, vita facile, avventurieri, splendide valige di cuoio, celebrità, dive cinematografiche, una volta al giorno questo meraviglioso spettacolo, e assolutamente gratuito per giunta.

Ma come il treno le passò davanti lei non guardò dalla nostra parte (eppure era là ad aspettare forse da un’ora) bensì teneva la testa voltata indietro badando a un uomo che arrivava di corsa dal fondo della via e urlava qualcosa che noi naturalmente non potemmo udire: come se accorresse a precipizio per avvertire la donna di un pericolo. Ma fu un attimo: la scena volò via, ed ecco io mi chiedevo quale affanno potesse essere giunto, per mezzo di quell’uomo alla ragazza venuta a contemplarci. E stavo per addormentarmi al ritmico dondolio della vettura quando per caso – certamente si trattava di una pura e semplice combinazione – notai un contadino in piedi

AR C CONTO IN T LARGE E
Audiolettura
5 10 15 20
1. quelle popolazioni incolte: le popolazioni contadine del Sud Italia, all’epoca oggetto di gravi pregiudizi da parte degli abitanti del Nord Italia.
BIOGRAFIA 635
63 La struttura narrativa | Unità 1

Questa sequenza, come quelle successive, è prevalentemente .

su un muretto che chiamava chiamava verso la campagna facendosi delle mani portavoce. Fu anche questa volta un attimo perché il direttissimo filava eppure feci in tempo a vedere sei sette persone che accorrevano attraverso i prati, le coltivazioni, l’erba medica, non importa se la calpestavano, doveva essere una cosa assai importante. Venivano da diverse direzioni chi da una casa, chi dal buco di una siepe, chi da un filare di viti o che so io, diretti tutti al muricciolo con sopra il giovane chiamante. Correvano, accidenti se correvano, si sarebbero detti spaventati da qualche avvertimento repentino che li incuriosiva terribilmente, togliendo loro la pace della vita. Ma fu un attimo, ripeto, un baleno, non ci fu tempo per altre osservazioni.

Che strano, pensai, in pochi chilometri già due casi di gente che riceve una improvvisa notizia, così almeno presumevo. Ora, vagamente suggestionato, scrutavo la campagna, le strade, i paeselli, le fattorie, con presentimenti ed inquietudini.

Forse dipendeva da questo speciale stato d’animo, ma più osservavo la gente, contadini, carradori2, eccetera, più mi sembrava che ci fosse dappertutto una inconsueta animazione. Ma sì, perché quell’andirivieni nei cortili, quelle donne affannate, quei carri, quel bestiame? Dovunque era lo stesso. A motivo della velocità era impossibile distinguere bene eppure avrei giurato che fosse la medesima causa dovunque. Forse che nella zona si celebravan sagre? Che gli uomini si disponessero a raggiungere il mercato? Ma il treno andava e le campagne erano tutte in fermento, a giudicare dalla confusione. E allora misi in rapporto la donna del passaggio a livello, il giovane sul muretto, il viavai dei contadini: qualche cosa era successo e noi sul treno non ne sapevamo niente.

Guardai i compagni di viaggio, quelli nello scompartimento, quelli in piedi nel corridoio. Essi non si erano accorti. Sembravano tranquilli e una signora di fronte a me sui sessant’anni stava per prender sonno. O invece sospettavano? Sì, sì, anche loro erano inquieti, uno per uno, e non osavano parlare. Più di una volta li sorpresi, volgendo gli occhi repentini, guatare3 fuori. Specialmente la signora sonnolenta, proprio lei, sbirciava tra le palpebre e poi subito mi controllava se mai l’avessi smascherata. Ma di che avevano paura?

Napoli. Qui di solito il treno si ferma. Non oggi il direttissimo. Sfilarono rasente a noi le vecchie case e nei cortili oscuri vedemmo finestre illuminate e in quelle stanze – fu un attimo – uomini e donne chini a fare involti e chiudere valige, cosí pareva. Oppure mi ingannavo ed erano tutte fantasie?

Si preparavano a partire. Per dove? Non una notizia fausta dunque elettrizzava città e campagne. Una minaccia, un pericolo, un avvertimento di malora. Poi mi dicevo: ma se ci fosse un grosso guaio, avrebbero pure fatto fermare il treno; e il treno invece trovava tutto in ordine, sempre segnali di via libera, scambi perfetti, come per un viaggio inaugurale.

TESTO LABORATORIO 2. carradori: carrettieri. 3. guatare: guardare. 25 30 35 40 45 50 55 60
64 SEZIONE 2 | Gli elementi fondamentali del testo narrativo

Sequenza .

In una sequenza

, molto dinamica, ci viene rivelato un indizio fondamentale.

Un giovane al mio fianco, con l’aria di sgranchirsi, si era alzato in piedi. In realtà voleva vedere meglio e si curvava sopra di me per essere più vicino al vetro. Fuori, le campagne, il sole, le strade bianche e sulle strade carriaggi4, camion, gruppi di gente a piedi, lunghe carovane come quelle che traggono ai santuari nel giorno del patrono. Ma erano tanti, sempre più folti man mano che il treno si avvicinava al nord. E tutti avevano la stessa direzione, scendevano verso mezzogiorno5, fuggivano il pericolo mentre noi gli si andava direttamente incontro, a velocità pazza ci precipitavamo verso la guerra, la rivoluzione, la pestilenza, il fuoco, che cosa poteva esserci mai? Non lo avremmo saputo che fra cinque ore, al momento dell’arrivo, e forse sarebbe stato troppo tardi.

Nessuno diceva niente. Nessuno voleva essere il primo a cedere. Ciascuno forse dubitava di sé, come facevo io, nell’incertezza se tutto quell’allarme fosse reale o semplicemente un’idea pazza, allucinazione, uno di quei pensieri assurdi che infatti nascono in treno quando si è un poco stanchi. La signora di fronte trasse un sospiro, simulando di essersi svegliata, e come chi uscendo dal sonno leva gli sguardi meccanicamente, così lei alzò le pupille fissandole, quasi per caso, alla maniglia del segnale d’allarme. E anche noi tutti guardammo l’ordigno, con l’identico pensiero. Ma nessuno parlò o ebbe l’audacia di rompere il silenzio o semplicemente osò chiedere agli altri se avessero notato, fuori, qualche cosa di allarmante.

Ora le strade formicolavano di veicoli e gente, tutti in cammino verso il sud. Rigurgitanti i treni che ci venivano incontro. Pieni di stupore gli sguardi di coloro che da terra ci vedevano passare, volando con tanta fretta al settentrione. E zeppe le stazioni. Qualcuno ci faceva cenno, altri ci urlavano delle frasi di cui si percepivano soltanto le vocali come echi di montagna.

La signora di fronte prese a fissarmi. Con le mani piene di gioielli cincischiava6 nervosamente un fazzoletto e intanto i suoi sguardi supplicavano: parlassi, finalmente, li sollevassi da quel silenzio, pronunciassi la domanda che tutti si aspettavano come una grazia e nessuno per primo osava fare.

Ecco un’altra città. Come il treno, entrando nella stazione, rallentò un poco, due tre si alzarono non resistendo alla speranza che il macchinista fermasse. Invece si passò, fragoroso turbine, lungo le banchine dove una folla inquieta si accalcava anelando a un convoglio che partisse, tra caotici mucchi di bagagli. Un ragazzino tentò di rincorrerci con un pacco di giornali e ne sventolava uno che aveva un grande titolo nero in prima pagina. Allora con un gesto repentino, la signora di fronte a me si sporse in fuori, riuscì ad abbrancare il foglio ma il vento della corsa glielo strappò via. Tra le dita restò un brandello. Mi accorsi che le sue mani tremavano nell’atto di spiegarlo. Era un pezzetto triangolare. Si leggeva la testata e del gran titolo solo quattro lettere. IONE, si leggeva. Nient’altro. Sul verso, indifferenti notizie di cronaca.

TESTO LABORATORIO
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4. carriaggi: grossi carri. 5. verso mezzogiorno: verso sud. 6. cincischiava: spiegazzava.
65 La struttura narrativa | Unità 1

Il momento di massima tensione

è detto Il finale è .

Comprensione

Senza parole, la signora alzò un poco il frammento affinché tutti lo potessero vedere. Ma tutti avevamo già guardato. E si finse di non farci caso. Crescendo la paura, più forte in ciascuno si faceva quel ritegno. Verso una cosa che finisce in IONE noi correvamo come pazzi, e doveva essere spaventosa se, alla notizia, popolazioni intere si erano date a immediata fuga. Un fatto nuovo e potentissimo aveva rotto la vita del Paese, uomini e donne pensavano solo a salvarsi, abbandonando case, lavoro, affari, tutto, ma il nostro treno, no, il maledetto treno marciava con la regolarità di un orologio, al modo del soldato onesto che risale le turbe7 dell’esercito in disfatta per raggiungere la sua trincea dove il nemico già sta bivaccando. E per decenza, per un rispetto umano miserabile, nessuno di noi aveva il coraggio di reagire. Oh i treni come assomigliano alla vita!

Mancavano due ore. Tra due ore, all’arrivo, avremmo saputo la comune sorte. Due ore, un’ora e mezzo, un’ora, già scendeva il buio. Vedemmo di lontano i lumi della sospirata nostra città e il loro immobile splendore riverberante un giallo alone in cielo ci ridiede un fiato di coraggio. La locomotiva emise un fischio, le ruote strepitarono sul labirinto degli scambi. La stazione, la curva nera delle tettoie, le lampade, i cartelli, tutto era a posto come il solito.

Ma, orrore!, il direttissimo ancora andava e vidi che la stazione era deserta, vuote e nude le banchine, non una figura umana per quanto si cercasse. Il treno si fermava finalmente. Corremmo giù per i marciapiedi, verso l’uscita alla caccia di qualche nostro simile. Mi parve di intravedere, nell’angolo a destra in fondo, un po’ in penombra, un ferroviere col suo berrettuccio che si eclissava da una porta, come terrorizzato. Che cosa era successo? In città non avremmo più trovato un’anima? Finché la voce di una donna, altissima e violenta come uno sparo, ci diede un brivido. «Aiuto! Aiuto!» urlava e il grido si ripercosse sotto le vitree volte con la vacua sonorità dei luoghi per sempre abbandonati.

(Dino Buzzati, Qualcosa era successo, in La boutique del mistero, Mondadori, Milano 1992)

LAVORA SUL TESTO

1 Dove si trova il narratore e dove si dirige?

A In macchina, va al lavoro.

B In treno, scende al Sud.

C Per strada, si dirige in stazione.

D In treno, va verso Nord.

2 Quali indizi nota il narratore relativi al fatto che è successo qualcosa ?

TESTO LABORATORIO 7. turbe: moltitudini. 105 110 115 120 125 130
66 SEZIONE 2 | Gli elementi fondamentali del testo narrativo

3 Qual è lo stato d’animo degli altri passeggeri?

A Provano angoscia, ma fanno di tutto per dissimularla.

B Sono inquieti a causa dello strano atteggiamento del narratore.

C Appaiono tranquilli e di buon umore.

D Sono irritati, ma nessuno si lamenta ad alta voce.

4 Sulla base degli indizi che fornisce il testo, quali dei seguenti avvenimenti potrebbero aver avuto luogo? Sottolineali. una rivoluzione • un’esplosione • un terremoto • un’epidemia • un’invasione armata • un incendio • un’inondazione

Analisi

5 Che tipo di sequenza prevale nel racconto?

A Narrativa. B Descrittiva. C Dialogica. D Riflessiva.

6 L’andamento della narrazione è molto dinamico. Per quale motivo fatti e immagini si susseguono tanto rapidamente?

7 Che effetto provoca il tipo di finale impiegato?

A Fa tirare a chi legge un sospiro di sollievo.

B Fa immaginare fatti atroci e innominabili.

Lessico

C Fornisce una spiegazione dei fatti precedenti.

D Introduce un colpo di scena

8 Partendo da quello meno intenso, ordina in modo crescente da 1 a 4 i seguenti sostantivi riferiti agli stati d’animo.

Paura. Suggestione. Orrore. Inquietudine.

9 Seleziona il sinonimo corretto per ciascuna delle parole evidenziate.

1. Volgendo gli occhi repentini: astuti. veloci. pentiti.

2. Non una notizia fausta: lieta. fatale. incredibile.

3. Nessuno […] ebbe l’audacia di rompere il silenzio: sfrontatezza. prontezza. coraggio.

4. più forte in ciascuno si faceva quel ritegno: timore. pudore. diffidenza.

OLTRE IL TESTO

10  SCRITTURA CREATIVA   Riscrivi il racconto mantenendo intatta la storia ma modificando l’intreccio, cioè l’ordine in cui vengono narrati i fatti. Il tuo racconto dovrà avere la seguente struttura:

• finale, che dovrai rendere narrativo, spiegando che cosa succede;

• analessi o flashback, cioè “salto indietro” in cui racconti la prima parte del viaggio;

• prolessi o flashforward, cioè “anticipazione” di ciò che avverrà in seguito;

• fine del viaggio e ricongiungimento con il finale narrato all’inizio.

TESTO LABORATORIO
67 La struttura narrativa | Unità 1

ALLENAMENTO INVALSI

Fabio Geda

Anzitutto sono nato

da: Anime scalze (2017)

BIOGRAFIA 638

Ercole, il protagonista e narratore del romanzo Anime scalze di Fabio Geda, è un ragazzo che è dovuto crescere in fretta, ingegnandosi per fare fronte a importanti mancanze affettive e materiali. In questo brano ci racconta – con alcuni andirivieni temporali che rendono la narrazione movimentata e coinvolgente – chi è, dove vive, e quali eventi fanno da premessa alla storia che sta per iniziare.

Da quel giorno1, il giorno in cui sono salito sul tetto con Luca, sono passati quattro anni, e di acqua sotto i ponti ne ho vista scorrere parecchia, specie sotto quello tra piazza Vittorio e la Gran Madre – e alla fine ci arriviamo; ma prima devo dirvi un altro paio di cose perché possiate farvi un quadro esatto della faccenda e capire come sono finito lassù.

Anzitutto sono nato. A Torino, in borgata Cenisia. Mamma raccontava sempre che appena mi ha visto, in sala parto, ha pensato che assomigliavo a Yoda2, solo con più capelli, ma che poi, per fortuna, sono migliorato e avrei potuto essere il figlio di Enrique Iglesias3. Non ho mai visto un sacco di cose e di posti, tipo l’aurora boreale, l’ammaraggio di un aereo, Gué Pequeno e Marracash4 cantare dal vivo, le piattaforme petrolifere, le tempeste di fulmini sopra la foce del fiume Catatumbo5 e la maggior parte delle città del mondo; ma sono stato a Milano e a Boves in gita scolastica, e a Pietra Ligure al mare. […]

A quindici anni, l’estate in cui tutto è esploso, in cui sono scappato con Luca eccetera, ero alto un metro e settantasei; e se state cercando di immaginarmi quello che posso dire è che ho ereditato le orecchie piccole e le spalle tonde da mio padre e gli occhi scuri e le ciglia lunghe da mia madre, con quell’espressione che, a detta di alcuni, sembra che sia sempre innamo -

1. quel giorno: nel capitolo precedente, il narratore ha anticipato il finale del romanzo, senza dirci però chi è Luca né che cosa lo porterà a fuggire insieme a lui. Per scoprirlo, dovremo leggere tutta la storia.

2. Yoda: Gran Maestro Jedi della saga Guerre stellari

3. Enrique Iglesias: cantante di musica pop spagnolo.

4. Gué Pequeno e Marracash: rapper italiani.

5

5. Catatumbo: fiume del Venezuela la cui foce è sovrastata da frequenti e potentissimi fulmini, a causa delle peculiari caratteristiche del territorio.

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68 SEZIONE 2 | Gli elementi fondamentali del testo narrativo

rato, o che stia guardando i fuochi d’artificio. Ma io mi sono innamorato solo una volta. E gli unici fuochi d’artificio che conosco sono quelli della notte del 24 giugno, quando a Torino si festeggia San Giovanni – e il mio compleanno.

Nell’autunno della prima elementare – quando avevo sei anni e mia sorella Asia undici […] mamma è andata via un giorno qualsiasi, uno che, ricordo, il tempo non era neppure malconcio come dovrebbero essere i giorni in cui le madri se ne vanno, chessò, piovoso, o con il cielo che sembra la pelle d’un pesce; e nonno è uscito a parlare con il proprietario di Tomba6 , poco prima di cena, e non è più tornato. È successo tutto nell’arco di una settimana. Papà se n’è accorto domenica. È rincasato a metà mattina dopo aver trascorso la notte fuori, ha aperto il frigo, ha preso il latte, l’ha annusato per controllare che non fosse andato a male, se n’è versato una tazza, ha cercato la scatola dei biscotti – ne era rimasto uno solo – si è seduto al tavolo della cucina, ha inzuppato l’unico biscotto bagnandosi le dita, quindi ha alzato lo sguardo, e a quel punto ha registrato la presenza mia e di Asia in piedi di fronte alla porta: io con Roxy sotto il braccio – l’orsacchiotto di pezza che prima di essere mio era stato di mia sorella e per questo lei aveva impedito che gli cambiassi nome – e Asia con la maglietta nera con la scritta «Il meglio deve ancora venire». Si è guardato attorno e ha detto: Dove cazzo sono finiti tutti quanti?

Asia ha detto: Chi?

Il biscotto mollo s’è spezzato ed è caduto nella tazza.

Vostra madre? ha chiesto papà alzando un sopracciglio.

Se n’è andata? ha risposto Asia imitandolo.

Capitava spesso che loro due parlassero facendosi delle domande che non erano delle domande.

Dove?

Tu lo sai?

Papà ha ingoiato quel po’ di biscotto che gli era rimasto sulle dita, se l’è leccate, si è alzato facendo strisciare la sedia con un rumore fastidiosissimo ed è andato in camera da letto. L’armadio era aperto e vuoto. Le grucce pendevano nude. Sul letto c’erano dei calzini spaiati, un reggiseno e una maglia che nonna le aveva portato da Porta Palazzo7 e che tutti dicevano non le donava, verde pistacchio, con una stampa a pappagalli ed elicotteri. Sul muro, l’impronta di un quadro che era stato rimosso. Papà è rimasto fermo e silenzioso a studiare l’armadio per un tempo infinito. Lo ricordo perché a me scappava la pipì, ma non volevo andare a farla perché a quel

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6. Tomba: nome del cane rottweiler di cui il nonno, appassionato di combattimenti canini, parlava spesso pri- ma di andarsene, poco dopo la morte della nonna. 7. Porta Palazzo: grande mercato all’aperto di Torino.
69 La struttura narrativa | Unità 1

punto, a furia di vedere sparire la gente, avevo paura che uscito dal bagno non avrei trovato più nessuno. Ha allungato un braccio per indicare quella desolazione e ha detto: Non ci posso credere, si è presa anche i miei vestiti. Macché, ha detto Asia, sono lì, e ha fatto segno col mento di guardare sul fondo dell’armadio.

Papà ha girato attorno al letto, si è chinato e ha sollevato un paio di pantaloni mimetici e una camicia rosa con il colletto a punta, una doppia onda di brillantini ricamati sul taschino. Ha alzato gli occhi al soffitto e sbuffato per il sollievo. Meno male, ha detto.

Così siamo rimasti solo noi: io, Asia e papà. Il fatto certo è che ora a casa nostra c’era tanto di quello spazio da non saperci che fare. Abitavamo all’ultimo piano – quarto senza ascensore – di un palazzo costruito tipo cento anni fa per accogliere gli operai di una fabbrica vicina e le loro famiglie: una cucina, una camera, un bagno. Io e Asia fino a quel momento avevamo dormito in un ritaglio della stanza dei nostri genitori, dietro una parete di cartongesso in cui entrava giusto il letto a castello, mentre nonno e nonna, i nonni materni, finché c’erano stati, avevano dormito in cucina, sul divano letto arancione, che per aprirlo bisognava spostare il tavolo e le sedie contro la credenza.

L’appartamento era della vedova Rispoli, che noi avevamo sempre e solo chiamato: la vedova. Una persona di buon cuore, amica del parroco, don Lino. Ce l’aveva affittato dopo che ero nato io. Di case, la vedova, ne aveva tante da non sapere che farne e don Lino l’aveva convinta a tenere il prezzo basso, ma tanto basso che ci pagava a mala pena le spese. Il mondo è così se lo sai prendere dal verso giusto: pieno di persone generose. Per fare contenta la vedova bastava che, quando passava a ritirare l’affitto, trovasse noi bambini pronti ad accoglierla con un sorriso e un disegno, che i nonni scambiassero due parole davanti a una tazza di caffè, che papà le facesse il baciamano – sempre che non fosse sgattaiolato via – e che le dessimo l’occasione di arrossire di fronte ai ringraziamenti per la sua generosità, prima di farla tornare a casa con una busta pesante di monete che mettevamo da parte appositamente, come a dire che per pagarla eravamo costretti a rompere il salvadanaio.

Dopo che mamma e i nonni sono scomparsi ad accoglierla siamo rimasti io e Asia. Facevamo la doccia. Ci pettinavamo. Indossavamo le magliette pulite. E alla domanda: Come va, piccoli, vostro padre ce la fa a occuparsi di voi ora che è rimasto solo? rispondevamo con degli sguardi e dei racconti cosí commoventi da far guadagnare a papà un posto ogni volta più alto nelle preghiere serali della vedova.

(F. Geda, Anime scalze, Einaudi, Torino 2017)

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70 SEZIONE 2 | Gli elementi fondamentali del testo narrativo

1 Completa le indicazioni relative ai tre piani temporali presenti nella storia.

• Al tempo della vicenda che si appresta a raccontare, il narratore-protagonista ha anni.

• Da allora, sono passati anni.

• Il narratore fa un passo indietro nel tempo per raccontare il momento in cui , quando lui aveva anni.

2 Indica se le seguenti affermazioni sul protagonista sono vere (V) o false (F).

1. Compie gli anni il 24 giugno. V F

2. Ha una sorella maggiore. V F

3. È sempre stato bellissimo. V F

4. Ha un’espressione sognante.

V F

5. Abita a Pietra Ligure. V F

6. Viene da una famiglia benestante. V F

3 Come definiresti i personaggi del brano? Seleziona gli aggettivi adatti a descriverli.

• Padre:

A distratto.

B responsabile.

C severo.

D assente.

E apprensivo.

• Ercole e Asia:

A viziati.

B timidi.

C intraprendenti.

D autonomi.

E trasandati.

4 Perché la vedova affitta l’appartamento alla famiglia di Ercole a un prezzo così basso?

A Perché è la loro nonna paterna.

B Perché la gratifica sentirsi generosa.

C Perché gli è molto affezionata.

D Perché don Lino le passa il resto dell’affitto.

5 Quale dei seguenti passi tratti dal testo contiene un flashforward (o prolessi o anticipazione)?

A Mamma raccontava sempre che appena mi ha visto, in sala parto, ha pensato che assomigliavo a Yoda. (rr. 6-8)

B A quindici anni, l’estate in cui tutto è esploso, in cui sono scappato con Luca eccetera. (rr. 15-16)

C Papà ha ingoiato quel po’ di biscotto che gli era rimasto sulle dita. (r. 49)

D Non ci posso credere, si è presa anche i miei vestiti. (r. 60)

6 In che punto del testo inizia il flashback (o analessi)? Sottolineala nel testo.

7 Individua la sequenza dialogica e analizza il suo tono.

• È alle righe:

• Il tono è:

A drammatico. B solenne. C ironico. D gioioso.

ALLENAMENTO INVALSI
71 La struttura narrativa | Unità 1

8 Quali delle seguenti espressioni tratte dal testo appartengono al linguaggio colloquiale?

A a detta di alcuni (r. 19)

B chessò (r. 27)

C è rincasato (r. 30)

D biscotto mollo (r. 42)

E desolazione (r. 60)

F tipo cento anni fa (rr. 69-70)

9 Abbina al significato corretto l’espressione prendere qualcosa per il verso giusto (r. 82) e le altre espressioni che contengono la parola verso

1. prendere qualcosa per il verso giusto

2. andare per il verso giusto

3. non esserci verso

4. fare il verso a qualcuno

10 Seleziona il significato dei ne evidenziati.

A. prendere in giro

B. saperci fare con qualcosa

C. procedere come sperato

D. essere impossibile

Ha aperto il frigo, ha preso il latte, l’ha annusato per controllare che non fosse andato a male, se n ’è versato una tazza, ha cercato la scatola dei biscotti – ne era rimasto uno solo.

n’ = A dal frigo   B di lui   C della tazza   D di latte

ne = A di scatola   B dalla scatola   C di biscotto   D di tazza

11 Indica con una crocetta la funzione dei che evidenziati.

congiunzione pronome relativo (soggetto)

pronome relativo (complemento oggetto)

1. E gli unici fuochi d’artificio che conosco (r. 21)

2. Capitava spesso che loro due parlassero (r. 45)

3. facendosi delle domande che non erano delle domande. (rr. 45-46)

4. avevo paura che uscito dal bagno non avrei trovato più nessuno (rr. 58-59)

OLTRE IL TESTO

12  RICERCA E DISCUSSIONE IN CLASSE   Questo testo affronta una problematica molto attuale, la disuguaglianza sociale. Informati sull'argomento in internet e insieme ai tuoi compagni e alle tue compagne rifletti sulla tematica proposta: secondo voi che cos'è la disuguaglianza sociale? Come pensate che questo tipo di disuguaglianza possa influenzare la vita delle persone? Pensate che potrebbe essere ridotta o risolta? In che modo?

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SEZIONE 2
Gli elementi fondamentali del testo narrativo

Costruire un testo

Il tuo libro di antologia serve per imparare a leggere e comprendere i testi in modo profondo, ma è anche un libro che insegna a scrivere, un’attività che fai tutti i giorni, ma che in realtà è difficile fare bene. Difficile ma non impossibile se si hanno le dritte giuste…

La scrittura come “liberazione”

Quella del foglio bianco è un’esperienza che terrorizza molte persone, anche quelle che sembrano avere una certa predisposizione naturale alla scrittura. È tuttavia davvero impossibile superare questa situazione di blocco ideativo prima che narrativo, che peraltro colpisce spesso anche gli scrittori e le scrittrici più affermati? Assolutamente no: si possono imparare tecniche tali che consentano davvero a tutti/e di stimolare la propria immaginazione, di mettere a frutto quanto studiato e di affrontare con successo la “prova scrittura”, non soltanto ai fini del percorso scolastico ma anche – e soprattutto –per le esigenze della vita. E magari si può addirittura scoprire un inatteso piacere nella scrittura!

Questo è proprio quanto ci proponiamo di fare nelle pagine del corso dedicate alla scuola di scrittura. E questo perché, come sosteneva il celebre scrittore Gianni Rodari, la parola possiede un «valore di liberazione […]. Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo», nemmeno del terrore del famigerato foglio bianco…

Leggere per imparare a scrivere e scrivere per imparare a scrivere

Accettato dunque con serenità il fatto che la capacità di scrittura non è innata, ma frutto di un processo complesso, ci troviamo nella condizione ideale per accettare la logica conseguenza di ciò: per imparare a scrivere bisogna scrivere (molto). Tutto qui.

In realtà non è proprio tutto qui, perché si impone una precisazione: per imparare a scrivere bisogna anche leggere (molto). La lettura di testi altrui, di diversi generi testuali e di diverse epoche, è basilare: ci offre un ricchissimo repertorio di modelli cui fare riferimento e da cui trarre ispirazione (che è ben altro dal copiare, sia inteso…) per le idee, lo stile narrativo, le scelte lessicali, la struttura e via dicendo.

Per questa ragione, il nostro corso di scrittura può considerarsi in un certo senso anche un corso di lettura: esso infatti si fonda sulla lettura e sull’analisi di brani delle varie tipologie testuali oggetto di studio. Solo in questo modo è possibile osservare come le tecniche di scrittura proposte sono state messe in prati-

73 LA SCUOLA DI SCRITTURA VideotutorialLa pagina bianca

ca da altri autori e autrici e apprendere operativamente, inizialmente in modo imitativo, come fare noi altrettanto. Con l’obiettivo ultimo di arrivare a definire un proprio stile personale che abbracci l’intero processo di scrittura, a partire dall’ideazione, passando attraverso un’attenta pianificazione, per arrivare alla stesura vera e propria del testo e all’imprescindibile sua revisione finale.

Che cosa scrivere?

Le tipologie di testi con le quali ci confronteremo sono riconducibili a tre macrocategorie, individuate sulla base dello scopo che esse si prefiggono:

SCRIVERE PER… tipologie testuali apprendere riassunti, schemi, scalette, appunti, parafrasi, commenti di testi letterari inventare testi narrativi, descrittivi, scritture cooperative, storyboard comunicare testi informativo-espositivi, argomentativi, regolativi, lettere ed e-mail

Scrivere un testo organico

Come sappiamo, il testo è una sorta di “tessuto”, la cui trama è fatta di fili – le singole parole e le frasi a cui esse danno vita – che formano un «tutto organico», ossia composto di parti distinte ma corrispondenti tra loro, che interagiscono in vista di un fine comune.

Per fare sì che i nostri testi siano organici, ma anche corretti nella forma e chiari, dobbiamo prestare particolare attenzione alla coerenza e alla coesione

La coerenza

La coerenza è la stretta connessione logica tra le diverse parti di un testo, a livello sia di contenuto sia di stile.

Affinché ciò che si scriva sia coerente dal punto di vista del contenuto, bisogna controllare sempre che:

• le informazioni siano articolate intorno a un argomento centrale, che funge da filo conduttore del discorso;

• ogni nuova informazione si colleghi alla precedente secondo un ordine logico o cronologico;

• non ci siano informazioni contraddittorie e/o digressioni eccessive.

Per quanto riguarda invece la coerenza dello stile, è importante operare scelte lessicali adatte al tema trattato e adottare un registro linguistico (formale, medio, informale) adeguato al contesto, al destinatario e allo scopo del testo.

La coesione

La coesione riguarda invece i rapporti morfologici e sintattici tra i diversi elementi (che compongono il testo: sostantivi, aggettivi, verbi ecc.).

74 SEZIONE 2 | Gli elementi fondamentali del testo narrativo

Affinché il testo risulti coeso, bisogna controllare di:

• avere stabilito accordi morfologici (ossia la concordanza di genere e numero tra articoli, aggettivi, sostantivi, pronomi e verbi) e sintattici (la concordanza tra soggetto e predicato) corretti;

• avere usato opportunamente i connettivi, vale a dire le congiunzioni coordinanti (ma, però, tuttavia ecc.), le congiunzioni subordinanti (mentre, quando, sebbene, poiché, affinché ecc.), gli avverbi e le locuzioni avverbiali (poi, in seguito, successivamente ecc.) utili a indicare i rapporti – principalmente di tipo temporale, di causa/effetto, di legame/opposizione – che le legano fra loro frasi e periodi;

• avere evitato il più possibile le ripetizioni, ricorrendo a pronomi, perifrasi (ossia giri di parole) e sinonimi.

E adesso, dopo aver chiarito come si costruisce un testo, non ci resta che… leggere, leggere, leggere e scrivere, scrivere, scrivere!

I TRUCCHI DEL MESTIERE

Ciò che ho imparato facendo lo scrittore

La scrittura sembra magia, ma non lo è

Quando crei una storia sei il Dio del tuo mondo: scrivi «sia la luce» ed ecco che si accende la luce. Scrivere è un puro atto di creazione, ma non dare troppo potere alla scrittura: un mago controlla la sua magia, non è lei a controllare lui. La prima lezione che devi tenere a mente sempre: scrivere è un lavoro. È fatica. È impegno. Quando mi chiedono dove trovo l’ispirazione per una nuova storia, mi viene da sorridere perché immagino subito un campo dorato in cui mi reco per scovare qualcosa, un frutto o un fiore, da cui far sbocciare tutta la vicenda. Invece non è così, l’ispirazione viene dall’impegno quotidiano. Martelli e sudore sono più importanti di bacchette magiche e formule di incantesimi. La magia arriverà quando avrete finito, non prima.

La curiosità è il segreto

Tutti ti dicono – me compreso – che per diventare scrittore o scrittrice devi leggere e scrivere molto. È vero, ma non è tutto. Questo ti aiuterà a capire come si costruisce una storia, ma che cosa mettervi all’interno dipende anche (e soprattutto) da altro. Da che cosa? Dalla curiosità. Sarà proprio lei la tua alleata più importante. Viaggia, vai in bicicletta, fai esperienze, ascolta le persone e parla con loro. Sorprenditi, assaggia piatti diversi, prendi i mezzi pubblici. Ecco dov’è l’ispirazione: ovunque attorno a te!

75 Costruire un testo | Unità 1
di Manlio Castagna

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