Attività motivazionali e prelettura
Strategie di lettura e scrittura WRW
Metodo Caviardage®
Philosophy for Children
Educazione civica e Orientamento
Percorsi digitali con video
Sabrina Galasso | Costanza PorroAttività motivazionali e prelettura
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Sabrina Galasso | Costanza Porro1 E. Salgari, Le Tigri di Mompracem
Parte 1 p. 339 |
Parte 2 p. 344
2 J. Kelly, Il mondo curioso di Calpurnia p. 355
3 J. London, Il richiamo della foresta p. 363
Prova d’ascolto L. Anholt, Gli occhi della libertà p. 386
Il racconto d’avventura
Audiolettura di tutti i brani
Il racconto d’avventura Flashcard per il ripasso attivo
Tutto il contenuto di questa unità è disponibile nel formato liquido
In ogni racconto di avventura c’è un eroe/un’eroina. Il primo che incontriamo è il celebre Zorro.
In gruppi, leggete l’articolo e osservate le immagini, poi elaborate un profilo dell’eroe.
Zorro in spagnolo significa “volpe”: è infatti astuto e veloce come una volpe lo spadaccino mascherato uscito nel 1919 dalla penna dello scrittore Johnston McCulley (1883-1958). È coraggioso e rapido come il fulmine, arriva all’improvviso sul suo fedele cavallo nero, Tornado, e, dopo aver compiuto le sue imprese, lascia un’inconfondibile firma: una lettera zeta, tracciata con la spada sui vestiti, sul terreno… Ma le caratteristiche che fanno da subito innamorare di lui sono la sua simpatia, unita a una cavalleresca gentilezza, e soprattutto il fatto che combatta a favore del popolo contro le persone potenti. Difatti le sue vicende sono ambientate nella California sotto dominio spagnolo fra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento. I capi (capitani, magistrati, proprietari terrieri) sono prepotenti e arroganti nei confronti del popolo, che vive in condizioni piuttosto misere. Contro ogni ingiustizia appare lui, Zorro, e si presenta tutto vestito di nero, mascherato e in groppa a Tornado. È dunque considerato un fuorilegge. In realtà, sotto i suoi panni si nasconde un nobile del luogo, il goffo Don Diego de la Vega, un giovane gentiluomo che finge di essere negato nell’arte delle armi. Don Diego riesce dunque ad architettare una copertura perfetta. È un abile stratega e sa dove assumere informazioni, è coltissimo e parla un gran numero di lingue, è un grande scienziato, che può mettere a disposizione delle sue imprese ottime conoscenze chimiche, matematiche, filosofiche. Infine ha un’eccellente preparazione fisica, sia nella scherma, sia nel combattimento corpo a corpo, sia nelle arti marziali.
Il personaggio di Zorro, dal libro di McCulley, è diventato protagonista di una serie innumerevole di film, fumetti e cartoni animati. Si è visto in lui, in qualche modo, il precursore del supereroe dei comic books americani. Come Batman, per esempio, è un valoroso eroe mascherato che combatte contro il male assumendo un’identità falsa. Ha abilità speciali e addirittura un animale simbolo, la volpe, anche se la volpe è solo nel significato del suo nome e non è richiamata dal suo abbigliamento.
(Le autrici)
Ambientazione storica (dove e quando):
Aspetto fisico:
Armi:
Animale simbolo (se presente):
Qualità:
Obiettivi:
Aiutanti:
Nemici:
A casa
1. Guarda online il primo episodio del cartone animato
La leggenda di Zorro. Lo puoi trovare inserendo nella ricerca le seguenti parole chiave: leggenda - zorro - episodio 1forza - gentilezza
Si tratta del primo episodio di una delle tante versioni cinematografiche dedicate al personaggio uscito dalla penna dello scrittore Johnston McCulley.
2. Mentre guardi l’episodio, prendi appunti tenendo presenti le seguenti domande. Ti serviranno in classe per svolgere un’attività con i/le compagni/e.
1. In quale epoca e in quale luogo si svolge il film?
2. Fai una lista dei personaggi della storia.
3. Quali sono gli ingredienti narrativi che, secondo te, sono contenuti in questo episodio della saga di Zorro? Prova a confrontarlo con i precedenti racconti che hai letto. C’è qualche differenza? Individui qualche elemento nuovo?
In classe
3. In gruppi, create una mappa cartacea o su slide in cui sintetizzate gli ingredienti narrativi che avete individuato, a partire dagli appunti che ognuno/a di voi ha preso sul proprio quaderno.
4. Confrontatevi con gli altri gruppi e con l’insegnante ed elaborate una mappa unica da esporre in aula.
Adesso preparatevi a incontrare nuovi eroi ed eroine... Buona avventura!
Via dell’avventura 1
Profilo d’autore
Emilio Salgari sognava di diventare un viaggiatore di mare. Nato a Verona nel 1862, non si è mai allontanato dall’Italia, ma ogni giorno prendeva il tram e andava in biblioteca per consultare mappe, riviste di viaggio e leggere racconti sui luoghi esotici da cui traeva ispirazione per la sua sterminata produzione di romanzi d’avventura. Dalla sua penna sono così nati personaggi incredibilmente coraggiosi e moralmente onesti, perché guidati dai sentimenti, dal desiderio di libertà o di vendetta verso chi aveva provocato del male. Scrisse moltissimo, più di ottanta romanzi e circa centocinquanta racconti. Morì nel 1911 a Torino.
Leggi il testo che segue e svolgi le attività proposte.
La notte del 20 dicembre 1849 un uragano violentissimo imperversava sopra Mompracem, isola selvaggia, di fama sinistra, covo di formidabili pirati, situata nel mare della Malesia, a poche centinaia di miglia dalle coste occidentali del Borneo.
Pel cielo, spinte da un vento irresistibile, correvano come cavalli sbrigliati, e mescolandosi confusamente, nere masse di vapori, le quali, di quando in quando, lasciavano cadere sulle cupe foreste dell’isola furiosi acquazzoni; sul mare, pure sollevato dal vento, s’urtavano disordinatamente e s’infrangevano furiosamente enormi ondate, confondendo i loro muggiti cogli scoppi ora brevi e secchi ed ora interminabili delle folgori.
Né dalle capanne allineate in fondo alla baia dell’isola, né sulle fortificazioni che le difendevano, né sulla tumultuosa superficie del mare, si scorgeva alcun lume; chi però, venendo da oriente, avesse guardato in alto, avrebbe scorto sulla cima di un’altissima rupe, tagliata a picco sul mare, brillare due punti luminosi, due finestre vivamente illuminate. Chi mai vegliava in quell’ora e con una simile bufera, nell’isola dei sanguinari pirati?
(E. Salgari, Le tigri di Mompracem, Fabbri, Milano 2005)
1. Quello che hai letto
è l’incipit di un famoso racconto d’avventura. Fai un disegno del luogo descritto.
2. A coppie Immaginate quale personaggio o quali personaggi si nascondano dietro le due finestre vivamente illuminate di cui si parla. Usate la fantasia! Confrontatevi e insieme scrivete un testo di 10-20 righe in cui lo/li descrivete. Leggete infine la descrizione in classe.
Audiolettura
Via dell’avventura 1 PER L’INSEGNANTE
In questo racconto scoprirai chi vegliava in quell’ora e con una simile bufera, nell’isola dei sanguinari pirati 5
Tra un labirinto di trincee1 sfondate, di terrapieni2 cadenti, di stecconati3 divelti, di gabbioni4 sventrati, presso i quali scorgevansi ancora armi infrante e ossa umane, una vasta e solida capanna s’innalzava, adorna sulla cima di una grande bandiera rossa, con nel mezzo una testa di tigre.
Una stanza di quell’abitazione è illuminata, le pareti sono coperte di pesanti tessuti rossi, di velluti e di broccati5 di gran pregio, ma qua e là sgualciti, strappati e macchiati, e il pavimento scompare sotto un alto strato di tappeti di Persia, sfolgoranti d’oro, ma anche questi lacerati e imbrattati.
Nel mezzo sta un tavolo d’ebano, intarsiato di madreperla e adorno di fregi6 d’argento, carico di bottiglie e di bicchieri del più puro cristallo; negli angoli si rizzano grandi scaffali in parte rovinati, zeppi di vasi riboccanti di braccialetti d’oro, di orecchini, di anelli, di medaglioni, di preziosi arredi sacri, contorti o schiacciati, di perle provenienti senza dubbio dalle famose peschiere di Ceylon, di smeraldi, di rubini e di diamanti che scintillano come tanti soli, sotto i riflessi di una lampada dorata appesa al soffitto.
Le Tigri di Mompracem
Descrizione dell’ambiente esterno, un’isola esotica, ambiente tipico dei racconti d’avventura
Descrizione accurata dell’ambiente interno: la capanna di Sandokan
1. trincee: opere di fortificazione formate da scavi sottoterra.
2. terrapieni: opere di fortificazione fatte di terra accumulata.
3. stecconati: recinti o chiusure costruite con stecconi; steccati.
4. gabbioni: reti metalliche, riempite di pietrame e disposte in serie regolari.
5. broccati: preziosi tessuti di seta con disegni a fiorami.
6. fregi: decorazioni.
Sandokan è un pirata malese di nobili origini, che combatte contro gli inglesi dopo che questi hanno sterminato la sua famiglia. È soprannominato la Tigre della Malesia, per la sua forza e per il suo coraggio. L’isola di Mompracem è la base dei suoi fedeli pirati, i tigrotti. Innamoratosi della bella Marianna, nipote dell’inglese Lord James Guillonk, riesce con l’aiuto dell’amico fraterno Yanez a portarla con sé. Dopo una serie di avventure e di scontri fra i pirati e gli inglesi, Sandokan e Marianna si rifugiano nell’isola di Giava…
25
30 35
In un canto7 sta un divano turco colle frange qua e là strappate; in un altro un armonium8 di ebano colla tastiera sfregiata e all’in giro, in una confusione indescrivibile, stanno sparsi tappeti arrotolati, splendide vesti, quadri dovuti forse a celebri pennelli, lampade rovesciate, bottiglie ritte o capovolte, bicchieri interi o infranti e poi carabine indiane rabescate9, tromboni di Spagna, sciabole, scimitarre, accette, pugnali, pistole.
Descrizione accurata dell’ambiente interno: la capanna di Sandokan
40
In quella stanza così stranamente arredata, un uomo sta seduto su una poltrona zoppicante: è di statura alta, slanciata, dalla muscolatura potente, dai lineamenti energici, maschi, fieri e d’una bellezza strana. Lunghi capelli gli cadono sugli omeri: una barba nerissima gli incornicia il volto leggermente abbronzato. Ha la fronte ampia, ombreggiata da due stupende sopracciglia dall’ardita arcata, una bocca piccola che mostra dei denti acuminati come quelli delle fiere e scintillanti come perle; due occhi nerissimi, d’un fulgore che affascina, che brucia, che fa chinare qualsiasi altro sguardo.
Descrizione del protagonista Sandokan, uno dei più celebri eroi della narrazione di avventura
45
50
Era seduto da alcuni minuti, collo sguardo fisso sulla lampada, colle mani chiuse nervosamente attorno alla ricca scimitarra10, che gli pendeva da una larga fascia di seta rossa, stretta attorno ad una casacca di velluto azzurro a fregi d’oro. Uno scroscio formidabile11, che scosse la gran capanna fino alle fondamenta, lo strappò bruscamente da quella immobilità. Si gettò indietro i lunghi e inanellati capelli, si assicurò sul capo il turbante adorno di uno splendido diamante, grosso quanto una noce, e si alzò di scatto, gettando all’intorno uno sguardo nel quale leggevasi un non so che di tetro12 e di minaccioso.
Il narratore è esterno
7. canto: angolo.
8. armonium: strumento musicale a tastiera.
9. rabescate: decorate con arabeschi, ghirigori.
10. scimitarra: corta sciabola dalla lama ricurva che si allarga verso la punta.
11. scroscio formidabile: rumore molto forte prodotto dalla pioggia.
12. tetro: cupo.
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60
– È mezzanotte – mormorò egli. – Mezzanotte e non è ancora tornato! […] Al rapido chiarore di un lampo vide un piccolo legno13 , colle vele quasi ammainate, entrare nella baia e confondersi in mezzo ai navigli ancorati. Il nostro uomo accostò alle labbra un fischietto d’oro e mandò tre note stridenti: un fischio acuto vi rispose un momento dopo. – È lui! – mormorò con viva emozione. – Era tempo14! Cinque minuti dopo un essere umano, avvolto in un ampio mantello grondante d’acqua, si presentava dinanzi alla capanna.
– Yanez! – esclamò l’uomo dal turbante, gettandogli le braccia al collo.
– Sandokan! – rispose il nuovo venuto, con un accento straniero marcatissimo. – Brr! Che notte d’inferno, fratellino mio.
– Vieni!
Attraversarono rapidamente le trincee ed entrarono nella stanza illuminata, chiudendo la porta.
Sandokan riempì due bicchieri e, porgendone uno allo straniero che si era sbarazzato del mantello e della carabina che portava ad armacollo15 gli disse, con accento quasi affettuoso:
– Bevi, mio buon Yanez.
– Alla tua salute, Sandokan.
– Alla tua.
Vuotarono i bicchieri e si assisero dinanzi al tavolo.
(> Il testo continua a p. 344)
(E. Salgari, Le Tigri di Mompracem, cit.)
Il narratore è esterno
L’incontro con l’amico
Yanez completa la scena e prepara allo sviluppo dell’avventura
1. Dove abita Sandokan? Per rispondere rileggi anche il brano a p. 338.
2. Riporta alcuni particolari dell’arredamento della stanza dove si trova Sandokan.
1. 2. 3. 4. 5.
3. Che cosa aspetta Sandokan impazientemente nel cuore della notte?
4. INVALSI Come è descritta la stanza dove si trova Sandokan?
A. In modo appena accennato.
B. In modo molto accurato.
C. Non viene descritta.
D. In modo confuso.
5. Completa il testo inserendo le parole date al posto giusto. Poi, aiutandoti con il contesto, scrivi per ciascuna il suo significato. ampia • fieri • ardita • omeri • abbronzato • acuminati • zoppicante • perle • muscolatura • fulgore In quella stanza così stranamente arredata, un uomo sta seduto su una poltrona : è di statura alta, slanciata, dalla potente, dai lineamenti energici, maschi, e d’una bellezza strana.
Lunghi capelli gli cadono sugli : una barba nerissima gli incornicia il volto leggermente
Ha la fronte , ombreggiata da due stupende sopracciglia dall’ arcata, una bocca piccola che mostra dei denti come quelli delle fiere e scintillanti come ; due occhi nerissimi, d’un che affascina, che brucia, che fa chinare qualsiasi altro sguardo.
1. ampia:
2. fieri:
3. ardita:
4. omeri:
5. abbronzato:
6. acuminati:
7. zoppicante:
8. perle:
9. muscolatura:
10. fulgore:
6. Scrivi almeno un sinonimo per ciascuna di queste parole, presenti nel testo.
1. capanna (r. 4):
2. adorno (r. 50):
3. grondante (r. 63):
7. Quali fra queste sono caratteristiche dello stile di scrittura di Salgari? Scegline quattro.
A. Usa frasi semplici e brevi.
B. Usa dei vocaboli che oggi suonano “antiquati”.
C. Usa frasi lunghe.
D. Adopera molti aggettivi.
E. Le descrizioni sono piene di particolari.
F. Utilizza dei vocaboli molto moderni.
G. Le frasi sono essenziali, con pochi aggettivi.
8. VERSO L’ESAME Riscrivi in prima persona, immaginando di essere Sandokan, le frasi alle righe 71-75: Attraversarono rapidamente le trincee ed entrarono nella stanza illuminata, chiudendo la porta. Sandokan riempì due bicchieri e, porgendone uno allo straniero che si era sbarazzato del mantello e della carabina che portava ad armacollo gli disse…
Ecco finalmente il nuovo arrivato...
(> Continua qui il testo da p. 341)
Il nuovo arrivato era un uomo sui trentatré o trentaquattro anni, cioè un po’ più anziano del compagno. Era di media statura, robustissimo, dalla pelle bianchissima, i lineamenti regolari, gli occhi grigi, astuti, le labbra beffarde, e sottili, indizio di una ferrea volontà. A prima vista si capiva che era un europeo, non solo, ma che doveva appartenere a qualche razza meridionale.
– Ebbene, Yanez, – chiese Sandokan, con una certa emozione, – hai veduta la fanciulla dai capelli d’oro?
– No, ma so quanto volevi sapere.
– Non sei andato a Labuan?
– Sì, ma capirai che su quelle coste guardate dagli incrociatori inglesi, riesce difficile lo sbarco a gente della nostra specie.
– Parlami di questa fanciulla. Chi è?
– Ti dirò che è una creatura meravigliosamente bella, tanto bella da essere capace di stregare il più formidabile pirata.
– Ah! – esclamò Sandokan.
– Mi dissero che ha i capelli biondi come l’oro, gli occhi più azzurri del mare, le carni bianche come l’alabastro1. So che Alamba, uno dei nostri più feroci pirati, la vide una sera passeggiare sotto i boschi dell’isola e che fu tanto colpito da quella bellezza da fermare la sua nave per meglio contemplarla, a rischio di farsi massacrare dagli incrociatori inglesi.
– Ma a chi appartiene?
– Da alcuni si dice che sia figlia di un colono, da altri di un lord, da altri ancora che sia nientemeno che parente del governatore di Labuan. […] Il pirata […] si era bruscamente alzato in preda ad una viva emozione […]. Non era più lo stesso uomo di prima: la sua fronte era burrascosamente aggrottata, i suoi occhi mandavano cupi lampi, le sue labbra, ritiratesi, mostravano i denti convulsamente stretti, le sue membra fremevano. In quel momento egli era il formidabile capo dei feroci pirati di Mompracem, era l’uomo che da dieci anni insanguinava le coste della Malesia, l’uomo che per ogni dove aveva dato terribili battaglie, l’uomo la cui straordinaria audacia, l’indomito coraggio gli avevano valso il nomignolo di Tigre della Malesia.
– Yanez! – esclamò egli con un tono di voce che più nulla aveva d’umano.
– Che cosa fanno gli inglesi a Labuan?
– Si fortificano – rispose tranquillamente l’europeo. – Forse che tramano qualche cosa contro di me?
– Lo credo. […]
– E mi odiano molto?
– Tanto che s’accontenterebbero di perdere tutte le loro navi, pur di appiccarti2 . – Ah!
– Dubiti forse? Fratellino mio, sono molti anni che tu ne commetti una peggiore dell’altra. Tutte le coste portano tracce delle tue scorrerie; tutti i villaggi e tutte le città sono state da te assalite e saccheggiate; tutti i forti olandesi, spagnoli e inglesi hanno ricevuto le tue palle e il fondo del mare è irto di navi da te mandate a picco.
– È vero, ma di chi è la colpa? Forse che gli uomini di razza bianca non sono stati inesorabili con me? Forse che non mi hanno detronizzato con il pretesto che io diventavo troppo potente? Forse che non hanno assassinato mia madre, i miei fratelli e le mie sorelle, per distruggere la mia discendenza?
Quale male avevo io fatto a costoro? […] Ora io li odio, siano spagnoli, od olandesi, o inglesi o portoghesi tuoi compatrioti, io li esecro3 e mi vendicherò terribilmente di loro, l’ho giurato sui cadaveri della mia famiglia e manterrò il giuramento! Se sono però stato spietato coi miei nemici, qualche voce spero si alzerà per dire che talvolta sono stato generoso.
– Non una, bensì cento, mille voci possono ben dire che tu sei stato coi deboli perfin troppo generoso, – disse Yanez. – Possono dirlo tutte quelle donne cadute in tuo potere che tu hai condotte, a rischio di farti colare a picco dagli incrociatori, nei porti degli uomini bianchi; possono dirlo le deboli tribù che tu hai difeso contro le razze dei prepotenti, i poveri marinai privati dei loro legni4 dalle tempeste e che tu hai salvati dalle onde e coperti di regali, e cento, e mille altri che ricorderanno sempre i tuoi benefici, o Sandokan. Ma dimmi ora, fratellino mio, che cosa vuoi concludere?
La Tigre della Malesia non rispose. Si era messo a passeggiare per la stanza colle braccia incrociate e la testa china sul petto. A che pensava quel formidabile uomo? Il portoghese Yanez, quantunque lo conoscesse da lungo tempo, non sapeva indovinarlo. […]
– Sai che voglio andare a Labuan?
– Tu!… A Labuan!…
– Perché tanta sorpresa?
– Perché tu sei troppo audace e commetteresti qualche pazzia nel covo dei tuoi più accaniti nemici.
Sandokan lo guardò con due occhi che mandavano fiamme ed emise una specie di sordo ruggito.
– Fratello mio, – riprese il portoghese, – non tentare troppo la fortuna. Sta’ in guardia! L’affamata Inghilterra ha messo gli occhi sulla nostra Mompracem e forse non aspetta che la tua morte per gettarsi sui tuoi tigrotti e distruggerli. Sta’ in guardia, poiché ho veduto un incrociatore irto di cannoni e zeppo d’armati ronzare nelle nostre acque, e quello là è un leone che altro non attende che una preda.
– Ma incontrerà la Tigre! – esclamò Sandokan, stringendo i pugni e fremendo dai piedi al capo.
– Sì, la incontrerà e forse nella pugna5 soccomberà, ma il suo grido di morte giungerà fino sulle coste di Labuan ed altri muoveranno contro di te. Morranno molti leoni, poiché tu sei forte e tremendo, ma morrà anche la mia Tigre!
– Io!…
Sandokan aveva fatto un balzo innanzi, colle braccia contratte pel furore, gli occhi fiammeggianti, le mani raggrinzate come se stringessero delle armi. Fu però un lampo: si sedette dinanzi al tavolo, tracannò d’un sol fiato una tazza rimasta piena e disse con voce perfettamente calma:
– Hai ragione, Yanez; tuttavia io andrò domani a Labuan. Una forza irresistibile mi spinge verso quelle spiagge, una voce mi sussurra che io devo vedere la fanciulla dai capelli d’oro, che io devo…
– Sandokan!…
– Silenzio fratellino mio: andiamo a dormire.
(E. Salgari, Le Tigri di Mompracem, cit.)
5. pugna: battaglia.
1. Chi è la fanciulla dai capelli d’oro?
2. Che cosa vogliono fare gli inglesi?
3. Qual è il soprannome di Sandokan?
4. Perché Sandokan ha giurato di vendicarsi?
5. Come si è comportato Sandokan con le persone più deboli?
6. Quali sono le caratteristiche fisiche e psicologiche di Yanez?
1. Caratteristiche fisiche:
2. Aspetti del carattere:
7. Se hai letto anche il testo a p. 339 ti sarai accorto che Sandokan è descritto con molta cura sia nell’aspetto fisico sia nel carattere. Dai suoi atteggiamenti è possibile dedurre la sua psicologia e costruire di seguito il profilo dell’eroe.
Ambientazione storica (dove e quando):
Aspetto fisico:
Armi:
Animale simbolo (se presente):
Qualità:
Obiettivi:
Aiutanti:
Nemici:
8. Nel testo sono presenti flashback e anticipazioni, evidenziali con due colori diversi.
9. Scrivi sul quaderno una frase con ciascuno di questi verbi, presenti nel testo, coniugandoli nella maniera opportuna.
1. tracannare 2. soccombere 3. detronizzare 4. saccheggiare 5 appiccare
10. Quali caratteristiche hanno in comune Sandokan e Zorro? Confrontati con un/una compagno/a e poi con la classe.
11. Scrivi sul tuo quaderno un dialogo fra Sandokan e Zorro. Usa la fantasia.
12. Inventare da lontano
Emilio Salgari è stato uno strano tipo di scrittore: non ha mai viaggiato fuori dall’Italia, ma ha scritto racconti ambientati in parti lontane del mondo, poco conosciute all’epoca in cui ha vissuto. Innamorato di questi mondi lontani ed esotici, scriveva i suoi libri d’avventure cercando informazioni sui testi contenuti in una biblioteca. Inventate anche voi un’avventura ambientata in Malesia o in Indonesia o nell’America centrale ai giorni nostri utilizzando le stesse modalità.
Formate gruppi di quattro persone.
• Ogni gruppo cerca un posto esotico in cui ambientare un racconto piratesco, sfogliando un atlante o navigando in internet.
• Recuperate un buon numero di informazioni su questo posto.
• Scrivete una storia d’avventura di due o tre pagine ambientata nel luogo che avete scelto e che abbia come protagonista un vostro eroe o una vostra eroina.
• Potete utilizzare il linguaggio piratesco che avete trovato nel brano letto, oppure inventarne uno vostro.
• Alla fine leggete le storie d’avventura in classe.
Istruzioni: 1= livello più basso: male, poco, per nulla… 4= livello più alto: molto bene, tanto
Indica con una X il livello con il quale pensi di aver agito durante le attività1 234
Ho compreso bene il compito che mi è stato affidato
Ho lavorato con serietà e impegno
Ho usato le mie conoscenze e abilità
Indicate con una X il livello con il quale IL VOSTRO GRUPPO pensa di aver:1234 lavorato con serietà concluso il lavoro rispettando i tempi concluso il lavoro rispettando le consegne rispettato i ruoli assegnati
Il racconto d’avventura è un testo narrativo d’azione, spesso ambientato in luoghi lontani o sconosciuti, che ha per protagonista un eroe o un’eroina: un personaggio coraggioso che può essere forte e audace, ma anche piccolo e apparentemente sfavorito, eppure capace di compiere una grande azione. Il termine “avventura” indica una vicenda singolare e straordinaria, infatti il/la protagonista fronteggia i pericoli e sconfigge nemici e difficoltà usando la propria abilità, o scoprendo di possedere risorse inaspettate: eventi straordinari e incredibili vengono descritti in maniera realistica, dando vita a una narrazione complessa e ricca di emozioni
Gli eroi più antichi sono per noi quelli greci dell’Iliade e dell’Odissea: Ulisse, che grazie all’intelligenza e all’audacia affronta pericoli di ogni genere, può già essere considerato un protagonista ideale. Il primo vero e proprio romanzo d’avventura, Robinson Crusoe, è stato scritto nel Settecento dall’inglese Daniel Defoe. Nel libro troviamo già gli elementi fondamentali del genere: un naufragio, un’isola sperduta, paesaggi esotici e misteriosi, situazioni estreme e difficoltà, un protagonista che deve usare ingegno e coraggio per superarle.
L’Ottocento è stato un secolo caratterizzato da progressi, esplorazioni e scoperte, dall’invenzione di nuovi mezzi di trasporto e dalla diffusione della letteratura economica di massa, che ha creato nuovi lettori e lettrici. Tutti questi fattori hanno contribuito al successo del romanzo d’avventura, che in questo periodo fiorisce grazie ad autori eccezionali.
In Francia Alexandre Dumas scrive storie di intrighi e vendette come Il conte di Montecristo, e avventurosi romanzi a sfondo storico, come I tre moschettieri
e il loro seguito, Vent’anni dopo; Jules Verne crea invece incredibili avventure ambientate in luoghi straordinari, già annunciati dai titoli, come Il giro del mondo in 80 giorni, Viaggio al centro della Terra, Dalla Terra alla Luna
In Italia Emilio Salgari pubblica romanzi popolarissimi e letti per generazioni: li ambienta in un’India misteriosa, tra i pirati della Malesia o nei Caraibi, e crea famosi personaggi come Sandokan o il Corsaro Nero.
In Gran Bretagna altri grandi scrittori d’avventura sono Robert Louis Stevenson, con la storia di pirati L’isola del tesoro, Joseph Rudyard Kipling, con Il libro della giungla che racconta la vita del giovane Mowgli, allevato da un branco di lupi.
Negli Stati Uniti Jack London ambienta Il richiamo della foresta e Zanna Bianca tra i ghiacci del Nord America, all’epoca dei cercatori d’oro; Mark Twain scrive invece Le avventure di Tom Sawyer, un ragazzo ribelle e anticonformista che si lancia a capofitto in una serie di avventure avvincenti e rischiose.
Nel Novecento hanno molto successo generi come l’horror, la fantascienza, il fantasy e il giallo, che spesso si intrecciano all’avventura creando contaminazioni. Romanzi che ancora rientrano pienamente nel genere sono La guerra dei bottoni: romanzo del mio dodicesimo anno del francese Louis Pergaud, e I ragazzi della via Pál dell’ungherese Ferenc Molnár: nel primo si scontrano due bande di ragazzini il cui bottino di guerra è costituito dai bottoni e dai lacci dei vestiti e delle scarpe che indossano, nel secondo due gruppi di giovanissimi combattono allo stremo per uno spazio in cui giocare. Le avventure possono essere anche bizzarre, come quelle di Pippi Calzelunghe, la stravagante ragazzina creata dalla scrittrice svedese Astrid Lindgren negli anni Quaranta.
Nella seconda metà del Novecento l’avventura si apre poi a tematiche di attualità, tra cui l’uso di scienza e tecnologia, la questione ambientale (come in La ragazza dei lupi di Katherine Rundell), la realizzazione femminile (pensiamo alla serie di Calpurnia di Jacqueline Kelly) o la storia e società contemporanea (come in Lawrence Anholt). Il genere inoltre si contamina ulteriormente, con romanzi che intrecciano momenti avventurosi a elementi diversi, a volte autobiografici come nel caso di Mehrnousch Zaeri-Esfahani.
London (> p. 361)
Salgari (> p. 337)
Un racconto d’avventura prevede una situazione iniziale che evolve in uno sviluppo articolato e ricco di colpi scena, per giungere di solito a un lieto fine Protagonisti e protagoniste possono essere persone comuni o eccezionali, ma sono sempre personaggi eroici ricchi di qualità positive (onestà, forza, coraggio, generosità…) che devono lottare contro terribili antagonisti (persone malvagie o animali, mostri, una natura ostile…) o talvolta contro difficoltà più comuni, che però li mettono a dura prova. Solitamente sia i protagonisti sia gli antagonisti hanno dei fedeli aiutanti
Il tempo è di solito definito: può essere un preciso periodo storico del passato, oppure l’epoca in cui vive chi scrive. Anche i luoghi sono ben descritti: spesso si tratta di ambienti sconosciuti o lontani dalla civiltà (giungla, ghiacci, oceani, abissi marini, isole deserte…), mentre a volte lo spazio è quello abituale, ma viene sconvolto da un imprevisto. Si crea così una contrapposizione tra luoghi familiari e conosciuti da chi legge e dai personaggi e situazioni estranee e ostili: l’esaltazione del senso dell’ignoto rende la lettura avvincente e affascinante.
Il romanzo d’avventura è avvincente, ricco di azione, e sviluppa alcuni temi ricorrenti, come il viaggio (in luoghi insidiosi e sconosciuti), la ricerca (di un tesoro, un nemico, un luogo misterioso, un oggetto raro…) o la salvezza (del/della protagonista, di qualcuno in pericolo, di un’impresa). Dominano le azioni mozzafiato e le sorprese ma, quando tutto sembra perduto, accade qualcosa che rende possibile il lieto fine, e dunque il trionfo del Bene sul Male.
Zaeri-Esfahani (> p. 369)
Anholt (> p. 386)
Il linguaggio è chiaro, con una sintassi semplice e frasi brevi, per fare facilmente presa su chi legge. A volte è arricchito da un lessico specifico (per esempio quello marinaresco o scientifico), legato all’ambiente in cui il racconto si svolge.
La narrazione ha un ritmo veloce, ricco di suspense e colpi di scena. Le descrizioni sono accurate ma sintetiche e prevalgono le scene d’azione; vengono utilizzati dialoghi brevi e vivaci, che rendono immediata la narrazione.
Nelle prossime pagine scoprirai diversi tipi di eroi ed eroine, grandi protagonisti e protagoniste dell’avventura. Chi sono questi personaggi eroici?
Si tratta di individui a caccia di tesori nascosti, di persone coraggiose spinte dall’estrema curiosità o di donne e uomini feriti guidati dall’obbligo di vendicarsi contro i malvagi che hanno distrutto la loro esistenza o ucciso i loro cari? Sono figure che vogliono ripristinare l’ordine fra il Bene e il Male o sono individui che si trovano quasi per caso ad affrontare dei pericoli e a crescere mettendosi alla prova?
le donne possono essere molto avventurose!
Via dell’avventura 2
Profilo d’autrice Jacqueline Kelly, nata in Nuova Zelanda, cresciuta nelle foreste del Canada e poi trasferitasi nel deserto del Texas, ha svolto per alcuni anni la professione di medica, seguita da quella di avvocata, prima di trovare la sua strada nel mondo dell’editoria per ragazzi e ragazze. L’evoluzione di Calpurnia è stato il suo primo romanzo, pubblicato nel 2009 e tradotto in quindici lingue.
Immagina che cosa può fare una ragazza di nome Calpurnia con questi ingredienti. Usa la fantasia!
Taccuino scientifico
Lombrichi
Una ragazza di nome Calpurnia
Un giorno, dopo un litigio con la madre, Calpurnia propone al Nonno di scappare e fare un viaggio con lei.
«Questo invito da parte tua è davvero gentile, ma di questi tempi la maggior parte dei miei viaggi la faccio in biblioteca. Un uomo seduto può viaggiare di più e andare più lontano, con il solo aiuto di un mappamondo e di un atlante. E trovo tutte le avventure di cui ho bisogno in questa fase della vita dietro le lenti del microscopio e del telescopio. Qui per me c’è abbastanza mondo, con i miei esemplari1 e i miei libri».
Ci pensai e mi resi conto che anch’io ero un’esploratrice. Non avevo forse attraversato il vasto oceano per arrivare in Inghilterra con il signor Dickens? Non avevo disceso in zattera il grande Mississippi con Huckelberry Finn? Non viaggiavo nel tempo e nello spazio ogni volta che aprivo un libro?
«Posso chiedere che cosa ti ha fatto concretizzare questo improvviso desiderio di scappare dalla nostra città?» chiese Nonno.
«Non mi sono comportata molto bene con Mamma. Ma non è stata tutta colpa mia. I miei fratelli mi hanno spinto ad agire male».
«I fratelli lo fanno» disse con tono grave, poi ascoltò la mia dolorosa storia2 e concordò con me che la vita non è giusta. Quindi mi chiese quanti anni compivo.
«Tredici».
1. esemplari: in questo caso il Nonno intende gli insetti che colleziona.
2. la mia dolorosa storia: si riferisce a un litigio con la mamma.
Il mondo curioso di Calpurnia
Siamo nel Texas, durante il capodanno del 1900. Calpurnia Tate ha tredici anni ed è l’unica femmina tra sei fratelli. È piena di speranze e certa che il nuovo secolo porterà un grande cambiamento nella sua vita. Spera che la Mamma si convinca che lei non è fatta per suonare il pianoforte e imparare a cucire, come tutte le ragazze dell’epoca, ma per studiare la natura meravigliosa che la circonda, ispirata dall’amato Nonno con la sua sterminata e fantastica biblioteca. Calpurnia vive un’avventura alla scoperta di se stessa e del mondo naturale, abitato da armadilli, ghiandaie, procioni, cavallette, lombrichi, armata del suo Taccuino scientifico e di una insaziabile curiosità.
«Tredici, eh? Tra poco sarai una signorina».
«Non dite così, per favore».
«Perché no?»
«Perché le ragazze hanno da fare piuttosto poco in questo mondo, e per quanto posso saperne, le signorine ancora meno».
«Hmm, c’è qualcosa di vero in quello che dici, anche se non so perché funzioni così. Mi sembra che a ogni ragazzina o signorina con un cervello ben funzionante dovrebbe essere consentito di realizzare qualsiasi cosa voglia».
«Sono contenta che la pensiate così, Nonno, ma non tutti sono dello stesso parere, soprattutto da queste parti».
«Parlando di compleanni e di viaggi, ho qualcosa per te in biblioteca che penso ti piacerà. Vieni con me».
Lo presi per mano e ci dirigemmo verso casa; ero felice che una ragazzina non possa crescere mai abbastanza da smettere di tenere suo nonno per mano.
Aprì la porta della biblioteca e scostò le pesanti tende verde bottiglia per fare luce. Poi prese un libro dalla sua vetrinetta, dicendo: «Prima di scrivere L’origine delle specie3, Darwin trascorse cinque anni navigando per il mondo su una piccola nave di Sua Maestà, il Beagle. Cinque anni interi raccogliendo esemplari ed esplorando terre lontane». Nonno fissò nel vuoto con gli occhi luccicanti. Come per magia i decenni svanirono dalla sua faccia, e io vidi il ragazzino che era stato un tempo.
«Un viaggio epico! Pensaci! Che cosa avrei dato per essere al suo fianco, sulle tracce del puma e del condor in Patagonia, a osservare il pipistrello vampiro in Argentina, a raccogliere orchidee in Madagascar! Ecco, guarda lì, sullo scaffale».
Indicò lo spesso boccione di vetro che conteneva la bestia sotto spirito inviatagli anni prima da Darwin in persona.
«Raccolse quel mollusco, la Sepia officinalis, al largo del capo di Buona Speranza. Il viaggio era arduo e privo di comodità, e diverse volte per poco non gli costò la vita, ma consolidò il suo amore per il mondo naturale e lo indusse a cominciare a riflettere sull’evoluzione4. Penso che troverai più facile navigare in questo libro che nell’Origine».
Mi porse il volume rilegato in pelle, Viaggio di un naturalista intorno al mondo «Buon compleanno» disse, «e bon voyage».
Oooh, il piacere, la meraviglia, le aspettative di un nuovo libro. Lo ringraziai con un abbraccio e un bacio sulla gota imbasettata5, poi nascosi il volume sotto il grembiule e corsi portandomelo in camera mia [...]. Lessi sino a notte fonda, accompagnando il signor Darwin alle isole Galapagos, in Madagascar, alle Canarie, in Australia. Insieme a lui, mi meravigliai per il forte, sconvolgente ticchettio emesso dalla Papilio feronia, una farfalla, ovvero un tipo di insetto che prima il mondo aveva considerato muto. Osservammo i capodogli6 saltare quasi del tutto fuori dall’acqua, con scrosci che tuonavano come cannoni. Insieme ci incantammo davanti al Diodon o pesce istrice, un pesce spinoso che quando veniva minacciato si gonfiava e diventava una palla immangiabile. (E anche se il signor Darwin offriva una descrizione vivace di questa stranezza, desiderai ardentemente vederla dal vero.) Insieme ci nascondemmo alle pantere e ai pirati, e cenammo con selvaggi, notabili7 e cannibali, seppur senza, si spera, mangiare carne umana.
Quella notte i miei sogni furono pieni di cigolii del sartiame8, del dondolio del ponte, della pressione del vento. Non male per una ragazzina che non aveva mai visto l’oceano. Davvero un bon voyage.
(J. Kelly, Il mondo curioso di Calpurnia, Salani, Milano 2015)
5. imbasettata: con le basette.
6. capodogli: mammiferi marini di grosse dimensioni.
7. notabili: persone influenti.
8. sartiame: complesso di corde e cavi di un’imbarcazione.
1. Il nonno di Calpurnia ama un particolare tipo di viaggi: quale?
2. A che cosa si riferisce secondo te la protagonista quando parla di Dickens e di Huckelberry Finn (rr. 7-11)? Se questi nomi non ti dicono nulla, fai una breve ricerca in rete.
3. Perché Calpurnia vuole scappare dalla sua città?
4. Che cosa pensa Calpurnia a proposito delle ragazze della sua epoca?
5. Che cosa pensa il Nonno della situazione delle ragazze nella loro epoca?
6. Quale libro regala il Nonno a Calpurnia?
7. Secondo te chi è Darwin?
8. Di che cosa parla il libro che il Nonno regala a Calpurnia?
ANALISI
9. IL FILO ROSSO Che cosa puoi dedurre dal testo del carattere di Calpurnia?
10. Il brano è scritto alla prima persona singolare. Come mai verso la fine del testo (rr. 63-73) viene spesso usata la prima persona plurale? A chi si riferiscono, per esempio, verbi come Osservammo, ci incantammo, ci nascondemmo?
11. In che arco di tempo si svolge la narrazione?
12. Che tipo di viaggio compie Calpurnia nel racconto? Confrontati con un/una compagno/a.
13. Scrivi un sinonimo per ciascuna di queste parole, presenti nel testo.
1. essere consentito (r. 27):
2. ci dirigemmo (r. 33):
3. scostò (r. 36):
4. mollusco (r. 49):
5. arduo (r. 50):
6. aspettative (r. 56):
14. Evidenzia la similitudine presente alle righe 60-70 (Insieme a lui … carne umana).
RIFLESSIONE
15. IL FILO ROSSO Calpurnia è la protagonista di un racconto di avventura. Che tipo di eroina è? In che senso le avventure che affronta si differenziano da quelle che incontri negli altri brani di questa unità? Confrontatevi a coppie.
16. Sapresti dire con quale scrittore di romanzi d’avventura presente in questo percorso il Nonno avrebbe potuto condividere le frasi di questi tempi la maggior parte dei miei viaggi la faccio in biblioteca (rr. 1-2) e Un uomo seduto può viaggiare di più e andare più lontano, con il solo aiuto di un mappamondo e di un atlante (rr. 2-4)?
PRODUZIONE
17. Riscrivi le righe 56-70 (Oooh, il piacere, la meraviglia, le aspettative di un nuovo libro… seppur senza, si spera, mangiare carne umana) trasformandole dalla prima alla terza persona, come se il narratore fosse esterno.
18. È meglio viaggiare con la fantasia o viaggiare davvero?
Gli alunni e le alunne si dispongono in gruppi di quattro persone.
• Ogni gruppo si confronta sul tema se sia preferibile viaggiare concretamente o con la fantasia (leggendo un libro, davanti a un film, un documentario ecc.).
• Ogni gruppo elabora un testo, in forma di sondaggio, che riporti le scelte dei/delle partecipanti e le relative motivazioni.
• Alla fine, i gruppi condividono le idee con la classe.
Istruzioni: 1= livello più basso: male, poco, per nulla…
4= livello più alto: molto bene, tanto
Indica con una X il livello con il quale pensi di aver agito durante le attività1234
Ho compreso bene il compito che mi è stato affidato
Ho lavorato con serietà e impegno
Ho usato le mie conoscenze e abilità
Indicate con una X il livello con il quale IL VOSTRO GRUPPO pensa di aver:1234 lavorato con serietà concluso il lavoro rispettando i tempi concluso il lavoro rispettando le consegne rispettato i ruoli assegnati
CONSIGLIATO PERCHÉ… i cani e l’avventura sono spesso legati in memorabili racconti. Ti sentirai sicuramente molto vicino al coraggioso Buck.
Profilo d’autore
Jack London (pseudonimo di John Griffith Chaney) nacque a San Francisco nel 1876. Fece i mestieri più disparati, dal cacciatore di foche al cercatore d’oro, ma la passione per la letteratura lo portò al successo con romanzi d’avventura (celebri Il richiamo della foresta, 1903, e Zanna bianca, 1906) e autobiografici (Martin Eden, 1909), in una produzione prolifica che sfiora le cinquanta pubblicazioni. Morì nel 1916.
1. Osserva queste foto di cani: quali ti sembrano più adatti a essere protagonisti di episodi avventurosi?
2. Risolvi questo rebus: scoprirai il motivo del viaggio dei protagonisti del prossimo testo.
La dell’
La dell’
Il richiamo della foresta
Il cane Buck vive nella grande villa di un giudice, in California, ma un giorno viene rapito e venduto come cane da slitta da un giardiniere della casa. Il trafficante che ha comprato Buck lo trasporta su una nave tra i ghiacci del Klondike e lo affida a un brutale addestratore. Buck viene picchiato selvaggiamente e costretto a diventare cane da slitta. In questa dura realtà Buck impara a difendersi con la forza, fino a diventare il capo della muta. Cambia padroni ma i maltrattamenti continuano. Un giorno viene salvato dal cercatore d’oro John Thornton. Fra i due si instaura un fortissimo legame e Buck aiuta più volte John in situazioni pericolose. Buck e Thornton si spingono verso est, in cerca di una miniera abbandonata ai margini di una foresta. Qui Buck comincia a sentire “il richiamo della foresta”: vi si addentra, incontra altri lupi, uccide un alce... Quando ritorna all’accampamento scopre che Thornton e compagni sono stati sterminati dagli indiani Yeehats. Buck li vendica, scagliandosi contro gli indiani, e man mano il “richiamo” si fa più forte. Infine Buck decide di vivere nella foresta insieme a un branco di lupi, di cui diventerà il capo.
Con questo episodio inizia il celebre libro di Jack London Il richiamo della foresta
Buck non leggeva i giornali; altrimenti avrebbe saputo che c’erano guai in vista, e non soltanto per lui, ma per tutti i cani della costa che avessero muscoli forti e pelo lungo e caldo, tra lo stretto di Puget e San Diego. Poiché alcuni uomini, brancolando nelle buie profondità settentrionali, avevano trovato un metallo giallo, e le compagnie di navigazione e quelle di trasporto avevano dato grande pubblicità al ritrovamento, migliaia di uomini si precipitavano verso il nord. Quegli uomini volevano dei cani, e volevano cani pesanti, con muscoli forti adatti alla fatica e una buona pelliccia per proteggersi dal gelo.
Buck viveva in una grande casa nell’assolata valle di Santa Clara. Si chiamava Residenza del giudice Miller. Era un po’ lontana dalla strada, seminascosta tra gli alberi, attraverso i quali si poteva scorgere a tratti la grande e ombrosa veranda che correva lungo i quattro lati. Alla casa si arrivava percorrendo viali di ghiaia che si snodavano per grandi prati, sotto i rami intrecciati dei pioppi. Sul retro lo spazio era ancora più vasto: c’erano le ampie scuderie, dove, tra palafrenieri1 e mozzi di stalla, lavorava una dozzina di uomini; c’erano, ordinate in file e ammantate di rampicanti, le case della servitù; c’era la sterminata distesa degli annessi2 della tenuta e poi lunghi filari di vite, pascoli, frutteti e appezzamenti coltivati a fragole.
C’era il pozzo artesiano3 con l’impianto di pompaggio e la grande vasca in cemento dove i figli del giudice andavano a tuffarsi al mattino e si rinfrescavano nei pomeriggi caldi.
E su questa grande proprietà Buck dominava. Qui era nato e qui aveva vissuto i quattro anni della sua vita. C’erano altri cani, è vero. Era inevitabile che ce ne fossero, in un posto così vasto, ma non contavano. Andavano e venivano, stavano negli affollati canili, o conducevano una vita oscura nei recessi della casa, come Toots, il cagnolino giapponese, o Ysabel, una cagnetta messicana senza pelo, strane creature che ben di rado mettevano una zampa a terra o il naso fuori casa. All’estremo opposto c’erano i fox-terrier, almeno una ventina, che abbaiavano minacciosamente
1. palafrenieri: persone adibite alla custodia dei cavalli.
2. annessi: parti secondarie dell’edificio.
3. pozzo artesiano: pozzo naturale dal quale l’acqua sgorga spontaneamente.
contro Toots e Ysabel, quando questi li guardavano dalla finestra, protetti da una legione di domestiche con scope e spazzoloni. Buck non era né cane da salotto né da canile. L’intero reame era suo. Si tuffava nella grande vasca con i figli del giudice o andava a caccia con loro; scortava le figlie, Mollie e Alice, nelle lunghe passeggiate al crepuscolo o nelle prime ore del mattino; nelle sere d’inverno se ne stava in biblioteca, sdraiato ai piedi del giudice, davanti al fuoco crepitante; portava in groppa i nipotini del giudice o li faceva ruzzolare sull’erba e ne sorvegliava i passi nelle avventurose spedizioni fino alla fontana, nel cortile delle scuderie, o anche più in là, verso i pascoli e gli appezzamenti di fragole. Fra i terrier incedeva maestoso, Toots e Ysabel li ignorava sovranamente, perché lui era re, re di tutto quanto camminasse, volasse o strisciasse nella tenuta del giudice Miller, uomini inclusi. Suo padre, Elmo, un enorme San Bernardo, era stato compagno inseparabile del giudice Miller, e Buck si avviava palesemente a seguire le orme paterne. Non era grosso come il padre – pesava circa sessanta chili – perché la madre, Shep, era della razza dei cani da pastore scozzesi. Ma quei sessanta chili, a cui si aggiungeva la dignità che nasce dal vivere bene e dal rispetto universale, gli consentivano un’andatura veramente regale. Da quasi quattro anni, da quando aveva smesso di essere un cucciolo, Buck conduceva la vita dell’aristocratico sazio e soddisfatto di sé; aveva una giusta fierezza, non senza una punta di egoismo, come accade a volte ai signori di campagna a causa del loro isolamento. Ma si era salvato non diventando un semplice e viziato cane da compagnia. La caccia e altre delizie della vita all’aria aperta lo mantenevano snello e gli irrobustivano i muscoli. Per lui, come per tutte le razze canine che non temono l’acqua fredda, l’acqua era stata un buon tonico che l’aveva conservato in salute. Questo dunque era Buck nell’autunno del 1897, quando la scoperta dell’oro nel Klondike trascinò uomini da tutto il mondo verso il gelido nord. Ma Buck non leggeva i giornali, e non sapeva che Manuel, uno degli aiutogiardinieri, era una conoscenza poco raccomandabile. Manuel aveva un vizio inveterato. Gli piaceva giocare alla lotteria cinese. E nel gioco aveva una debolezza inveterata: la fiducia in un sistema; era dunque votato alla rovina. Perché ci vuole denaro per giocare secondo un sistema e il salario di un aiutogiardiniere non va oltre le esigenze di una moglie e di una numerosa figliolanza.
La fatidica sera del tradimento di Manuel, il giudice era a un convegno dell’Associazione viticoltori e i ragazzi erano impegnati a organizzare un circolo sportivo. Nessuno vide Manuel e Buck mentre attraversavano il frutteto per quella che Buck immaginava fosse una semplice passeggiata.
E con l’eccezione di un solo uomo, nessuno li vide arrivare alla fermata ferroviaria a richiesta di College Park. L’uomo parlò con Manuel, e tra loro passò denaro sonante.
«Potresti anche impacchettare la merce prima di consegnarla» disse lo straniero con voce rauca, e Manuel passò due volte una corda robusta attorno al collo di Buck, sotto il collare.
«Dai uno strattone e lo soffochi che è una meraviglia» disse Manuel, e l’altro grugnì prontamente il suo assenso.
Buck aveva accettato con calma dignità quella corda. Era una cosa insolita, certo, ma lui aveva imparato a fidarsi degli uomini che conosceva e a fargli credito di una saggezza superiore alla sua. Ma quando i capi della corda passarono nelle mani dello straniero, Buck fece sentire un brontolio minaccioso. Aveva soltanto voluto avvertire del suo scontento, pensando, nel proprio orgoglio, che l’avvertimento valesse un ordine. Ma con sua grande sorpresa la corda gli si strinse attorno al collo, troncandogli il respiro. Con rapida furia balzò contro l’uomo; l’altro lo prevenne, lo afferrò alla gola e con un’abile torsione lo gettò a terra. Poi la corda si strinse spietatamente, mentre Buck lottava invano, furibondo, la lingua penzoloni, il gran petto ansante. Mai, in vita sua, era stato trattato in modo così abietto, e mai, in vita sua, aveva provato tanta furia. Ma la forza gli venne meno, gli si velarono gli occhi, e non capiva più nulla quando il treno venne fermato alla stazioncina, e i due uomini lo caricarono nel bagagliaio. Appena riprese i sensi, si rese vagamente conto di un dolore alla lingua e di venire sballottato qua e là in un mezzo di trasporto. Il fischio acuto di una locomotiva a un passaggio a livello gli rivelò dove si trovava. Troppe volte aveva viaggiato con il giudice per non saper riconoscere le sensazioni di un viaggio nel bagagliaio. Aprì gli occhi, nei quali balenò lo scatenato furore di un sovrano rapito. L’uomo fece per afferrarlo alla gola, ma Buck fu più svelto. Serrò le mascelle sulla mano e non le disserrò fino a quando non perse di nuovo i sensi.
(J. London, Il richiamo della foresta, trad. it. di F. Dei, Mondadori, Milano 1996)
Buck e il suo padrone, il giudice Miller, in una scena del film Il richiamo della foresta (2020).
1. Perché improvvisamente i cani forti e con pelo lungo e caldo sono molto richiesti?
2. Scrivi almeno sei azioni che avvengonoo abitualmente nella casa di Santa Clara.
1. 2. 3. 4. 5. 6.
3. Chi è Manuel?
4. In che cosa consiste il tradimento di Manuel?
5. Nella frase «Dai uno strattone e lo soffochi che è una meraviglia» disse Manuel, e l’altro grugnì prontamente il suo assenso (rr. 77-78), l’espressione l’altro a chi si riferisce?
6. Dove si ritrova Buck alla fine del testo che hai letto?
7. Metti in ordine cronologico i diversi momenti della vicenda.
Ribellione di Buck alla stretta della corda.
Secondo svenimento di Buck.
Presentazione di Buck.
Presentazione dell’ambiente in cui vive Buck.
Risveglio di Buck nel bagagliaio.
Viene trovato l’oro al Nord.
Incontro fra Manuel e la persona che compra Buck.
Presentazione di Manuel.
8. Dove è ambientato il racconto? Puoi aiutarti cercando in rete i nomi delle località citate.
9. In che anno inizia la vicenda?
10. IL FILO ROSSO Descrivi accuratamente ogni aspetto del cane Buck. Aspetto fisico Carattere
LESSICO
11. Che cosa significa l’espressione metallo giallo alla riga 5 del testo?
12. INVALSI Per ciascuna di queste parole presenti nel testo indica l’espressione che ha lo stesso significato.
1. fierezza (r. 52):
A. malvagità
B. giusto orgoglio
2. inveterato (r. 62):
A. radicato, difficile da correggere
B. di una certa età
3. fatidica (r. 67):
A. stabilita dal destino
B. che procura stanchezza
4. abietto (r. 90):
A. privo di gentilezza
B. impossibile
RIFLESSIONE
C. serietà
D. indifferenza
C. senza vertebre
D. recuperato
C. pericolosa
D. improvvisa
C. spregevole
D. vivace
13. IL FILO ROSSO In questo testo il protagonista è presentato in una fase iniziale, in cui non ha ancora assunto l’aspetto dell’eroe, come accadrà nel seguito del romanzo di Jack London, dunque non è ancora possibile definire il suo “profilo dell’eroe”. Rifletti però su quali caratteristiche ha già in qualche modo in comune con gli altri protagonisti che hai incontrato (Zorro, Sandokan). Confrontati con un/una compagno/a e poi con la classe.
14. Descrivi e disegna la grande casa nella valle di Santa Clara. Inserisci nel disegno i personaggi che vi abitano e scrivi il loro nome accanto.
15. Leggi la trama completa (> p. 362) del romanzo di Jack London, poi scrivine tu sul TACCUINO DELLA SCRITTURA (> p. XVI) un episodio. Il tuo testo deve essere lungo circa 35/40 righe.
CONSIGLIATO PERCHÉ… a volte non c’è niente di più coraggioso di una piccola, grande azione, come quella di cui è capace una dolce ragazzina.
Via dell’avventura 4 Mehrnousch
Zaeri-Esfahani
Profilo d’autrice
Mehrnousch Zaeri-Esfahani, nata nel 1974 in Iran, dal 1985 vive come rifugiata politica in Germania dove ha trovato casa con la sua famiglia, fuggita dal regime fondamentalista del suo Paese. Oltre a dedicarsi alla scrittura, lavora come assistente sociale per le persone profughe di guerra. In La bambina della luna racconta la storia vera della sua famiglia in chiave romanzata, per riflettere sul delicato tema della migrazione con la fantasia di chi ha viva la speranza nel cuore.
Mahtab vive felice e tranquilla con la sua famiglia, ma un giorno compirà un atto coraggioso...
Si narrano molte storie sulla mia nascita. Io credo di ricordare gli occhi di mia zia che mi teneva in braccio, mentre, dalla stanza accanto, la voce debole di mia madre chiedeva apprensiva: «Cosa succede? Perché non piange?».
In quel preciso istante lanciai il mio primo vagito. Mia zia trasalì e gridò: «È una femmina! Hai sentito? Una bambina meravigliosa!». Mi dette lesta1 alla levatrice e corse da mia madre. «Credimi, una bambina bella così non si era mai vista» disse. «Ha la pelle chiara come la luna e una testa piena di capelli. Mashallah2. Sia ringraziato l’Onnipotente. E gli occhi, poi! Scuri come datteri maturi. Un angelo ce l’ha portata. Un angelo!». Per quanto provata dal parto, alle parole della zia mia madre sembrò recuperare di colpo le forze. «Una femmina?» esclamò. «Dio, quanto ci avevo sperato!».
Nel frattempo la levatrice mi aveva avvolto in un asciugamano e mi aveva portato da lei. Mia madre mi guardò e scelse con cura le prime parole che avrei udito dalla sua voce. «Ti chiamerai Mahtab, la bambina della luna» mi sussurrò con infinita dolcezza. «E la tua buona stella ti porterà sempre fortuna».
1. lesta: veloce.
2. Mashallah: espressione di gioia e gratitudine per qualcosa o qualcuno che viene considerato come una benedizione dal cielo.
La bambina della luna
La piccola Mahtab trascorre giorni felici nel giardino di casa con i suoi gatti tanto amati, tra le splendide rose curate dalla mamma. Quando una crudele dittatrice prende il potere nel suo Paese e instaura un regime di terrore, la famiglia di Mahtab lascia il Paese e intraprende un viaggio lungo e pericoloso. Nel momento in cui la sorte della bambina e della sua famiglia è maggiormente in pericolo, Mahtab inizia un percorso magico dentro di sé che le permette di trovare la forza di aiutare se stessa e i suoi familiari.
Invece crebbi in tempi difficili, in un impero retto da un sovrano che il popolo non amava. C’erano zone molto pericolose nella nostra grande, antica città. La rabbia della gente sfociava spesso in liti e scontri feroci. Terrorizzata all’idea di perdermi, mia madre mi teneva sempre con sé e continuò a farlo anche quando tutti gli altri bambini della mia età cominciarono a frequentare la scuola materna. Finalmente, un giorno, quando ritenne che fossi ormai abbastanza grande, aprì l’ampia portafinestra e mi lasciò uscire in giardino, un giardino enorme, protetto da un muro altissimo nascosto dietro una siepe di oleandro che si alzava fino a sfiorare il cielo. Da allora ebbi il permesso di starmene da sola in giardino, nel mio giardino. Nelle calde giornate estive, la vedevo comparire di tanto in tanto. «Tutto bene?» mi chiedeva. E io: «Sì, tutto bene». In seguito cominciò a far finta che fossi invisibile. Nel mondo che mi ero costruita non era più la mamma, ma la Signora delle Rose, e lei stava al gioco. Con un tubo di gomma lunghissimo innaffiava il suo roseto, il cui profumo inebriante deliziava tanto le persone quanto gli animali e sarebbe rimasto per sempre nel mio ricordo. Le sue rose avevano tutti i colori che si potessero immaginare: bianco, rosa pallido, giallo, arancione – un arancione che virava a un rosso carico, intenso, quasi nero sul bordo dei petali. Mentre innaffiava, lottava con il tubo dell’acqua quasi fosse un enorme serpente da domare. Lo teneva stretto tra le mani e lasciava che il getto salisse in aria per poi ricadere sulle sue amate rose come un piccolo rovescio di pioggia. Io, allora, mi mettevo accanto a lei, l’Incantatrice di serpenti, per vedere l’arcobaleno che la luce formava con la miriade di goccioline. Era una maga capace di creare l’incanto di una pioggia dai mille colori. Poi, così come era apparsa, di colpo spariva, lasciandomi al profumo meraviglioso di quel piccolo Eden. […] Amavo tutte le creature del mio giardino. Aiutavo le gatte a crescere i piccoli, che ancora ciechi e indifesi reclamavano con insistenza il conforto del muso della mamma e di una mammella piena di latte. Io non toccavo mai quegli esserini fino a quando non aprivano gli occhi e sapevano miagolare come si deve, fino a quando non smettevano di richiamare l’attenzione con le loro voci acute e ostinate3 da cuccioli. Allora capivo che, da quel momento in poi, le mamme non li avrebbero più respinti per via del mio odore umano. E più avanti sceglievo un nome per ogni nuovo arrivato. A quel punto avevo osservato ognuno di loro abbastanza attentamente da sapere quale fosse il nome più adatto.
Poi, un giorno, udii un miagolio spaventoso. Era un gattino, ne ero certa. Ormai conoscevo tutte le possibili sfumature dei loro versi. Una volta mia nonna mi aveva detto: «Tu sai parlare ai gatti. A forza di starci insieme hai imparato la loro lingua. Sembra che si fidino di te».
Ancora oggi intuisco al volo che cosa vuole un gatto dal modo in cui miagola. E quella volta non ebbi dubbi: la bestiola aveva bisogno d’aiuto. Era in pericolo. La cercai dappertutto, in ogni possibile nascondiglio, in ogni anfratto4 del giardino. Ma non riuscivo a capire da che punto provenisse il lamento. […] Poi mi venne in mente che, a quell’ora, mio fratello Schadi doveva essere già tornato da scuola. Era la mia unica speranza. Nonostante avesse solo un anno più di me, mi aveva già aiutato un sacco di volte. Era sveglio, coraggioso, furbo.
Mi precipitai in casa. […]
«Schadi, c’è un gattino che miagola disperato. Ma non riesco a trovarlo. Vieni, presto!».
Corremmo in giardino. Il gattino miagolava ancora. «Ho già guardato dappertutto».
«Anche nel pozzo?» chiese Schadi.
«Sì, anche lì» risposi.
«Ho un’idea!» disse allora Schadi. «Seguimi!» Tornò di corsa in casa e imboccò le scale che portavano sul tetto. Io gli stavo dietro. Dalla terrazza panoramica potevamo vedere tutto il vicinato. A un tratto Schadi gridò: «Eccolo là! È nel cortile dei vicini!».
Mi precipitai da lui e guardai di sotto. Lo spettacolo che mi si presentò era raccapricciante e dovetti tapparmi la bocca per non gridare. C’era un gattino bianco e nero sdraiato a terra che miagolava disperato. Un branco di enormi corvi neri l’avevano circondato e lo stavano beccando, mentre altri volavano in cerchio sopra di lui e intanto scendevano sempre di più.
«Quelli se lo vogliono mangiare» disse Schadi.
«Cosa facciamo?»
«Proviamo a spaventarli» suggerì Schadi. «Dai, facciamo rumore».
«Via, stupidi corvi! Buuuuu! Sparite! Sciò! Sciò! Buuuuuu!».
Schadi urlava e saltava e si sbracciava come un forsennato. Io non sapevo cosa fare. Poi, a un tratto, uno dei corvi spiccò il volo e subito tutti gli altri lo seguirono, uno dietro l’altro.
«Visto? Che ti dicevo? Funziona. Avanti, dammi una mano!»
Recuperai un po’ di coraggio e cominciai a gridare anch’io. […]
I corvi, ora, erano tutti quanti in cielo. Poi, a un tratto, se ne staccò uno dallo stormo e scese in picchiata sul gattino. Avevo il cuore in gola. Mi concentrai, allargai le dita e battei le mani. Schadi era accanto a me. Se si allargano bene le dita e si tengono rigide e poi si battono le mani, i palmi incontrandosi producono uno schiocco che sembra una frustata. Il corvo, che aveva appena toccato terra, si spaventò e volò via di nuovo.
«Continua così, Mathab! Non smettere. Io scendo a suonare ai vicini e chiedo se mi fanno andare in cortile» disse Schadi. «No, ti prego, resta qui. Per favore. Ho paura!». Non credevo che ce l’avrei fatta da sola. Ma Schadi era già in fondo alle scale. Vedevo i corvi volare in cerchio sopra le nostre teste come lugubri ombre nere. Quel gattino mi faceva una gran pena. Poi, uno di quegli uccellacci scese a terra e si mise accanto alla povera bestiola, immobile, quasi volesse vedere se mi sarei azzardata a scacciare anche lui. Spalancai la bocca e urlai. Ma non uscì alcun suono. Non avevo più voce. Provai a urlare di nuovo. Ma ero muta. “Come nel sogno” pensai. Sognavo spesso di provare a urlare, senza però riuscirci. Stavo malissimo. Il corvo si avvicinò. Mi sentivo come se mi stessero lapidando5. Un altro passo e si fermò.
«Aiutami, Mathab» m’implorò il gattino. «Ti prego!». Non appena il corvo assestò la prima beccata, subito arrivarono anche tutti gli altri. «Il gatto parla» pensai. E di colpo seppi cosa dovevo fare. Un urlo pazzesco mi uscì dalla gola. L’urlo di una persona adulta. Di un uomo. Ora non saltellavo più nervosamente qua e là. Me ne stavo ferma al limite del tetto, immobile come una statua. Poi, all’improvviso, cominciai a crescere. In un attimo superai il parapetto della terrazza e mi allungai verso il cielo. Crescevo così in fretta, che mi sarebbe bastato fare un solo passo per ritrovarmi con un piede nel cortile dei vicini. E dal profondo delle viscere mi salì in gola uno strano brontolio, profondo, che riempì l’aria tutt’intorno e scese nella via. Ruggivo come una leonessa. Il ruggito durò ancora qualche istante, poi si smorzò in un ringhio soffocato. I corvi si presero una paura tale che schizzarono via tutti insieme e il frullo delle loro ali coprì i miei ultimi versi. Schadi entrò nel cortile e raccolse il gattino. Alzò il capo e mi guardò. Capii che era orgoglioso di me. Ero tornata piccola e mi accorsi che stavo tremando come una foglia.
(M. Zaeri-Esfahani, La bambina della luna, trad. it. di A. Valtieri, Rizzoli, Milano 2018)
1. Individua l’eroe o l’eroina protagonista di questo racconto di avventura.
2. Per quali motivi viene scelto il suo nome?
3. Perché la mamma non manda Mahtab alla scuola materna?
4. Descrivi il giardino in cui Mahtab passa l’infanzia.
5. Che rapporto ha la protagonista con i gatti?
6. Descrivi con una frase i tre personaggi della storia:
1. Mahtab:
2. la mamma:
3. Schadi:
ANALISI
7. Quali informazioni ricavi dal testo sull’epoca e sul luogo in cui è ambientato il racconto?
8. Il racconto ha un andamento descrittivo fino a quando comincia la parte più avventurosa. Riporta la frase che dà inizio alla seconda fase del testo.
9. Che tipo di avventura deve affrontare la bambina della luna?
10. Cambia il titolo del testo e mettine uno inventato da te.
11. Sottolinea le parole del testo da cui puoi dedurre che l’ambientazione del racconto sia in un Paese straniero, poi prova a immaginare di quale Paese potrebbe trattarsi. Confrontati con un/una compagno/a.
12. Cerca, nella prima parte del testo (rr. 1-30), i sinonimi di queste parole.
1. ansiosa:
2. pianto:
3. sussultò:
4. ostetrica:
5. mormorò:
6. terminava:
13. IL FILO ROSSO Secondo te l’avventura di Mahtab è diversa rispetto a quelle degli eroi dei testi precedenti che hai letto? Quali sono i caratteri di Mahtab che la identificano come eroina? Confrontati con un/una compagno/a.
14. Qual è secondo te la prima sequenza della storia? Disegnala sul quaderno e dalle un titolo.
15. Riscrivi sul TACCUINO DELLA SCRITTURA (> p. XVII) la prima sequenza del testo, da Si narrano molte storie a ti porterà sempre fortuna (rr. 1-18), cambiando qualche particolare, per esempio l’ambientazione, la figura della zia, il nome e/o il genere del personaggio, ma mantenendo la situazione, ovvero la nascita e l’attribuzione del nome.
Davide Morosinotto
La più grande (Rizzoli)
Shi Yu, la protagonista di questo romanzo d’avventura, è una ragazza orfana che lavora come serva in una locanda fino al un giorno in cui, grazie a un incontro casuale con Li Wei, un ragazzo esperto di arti marziali, viene a conoscenza di questa disciplina. Incuriosita, comincia a praticarla e si scopre abilissima tanto che quando finisce per caso su una nave pirata ha modo di far valere le sue capacità e viene arruolata nella ciurma del Drago d’Oro, terribile vascello pirata. La sua vita subisce una vera svolta: quali straordinarie avventure la aspettano?
La storia di Yu è ispirata alla storia vera della pirata cinese Ching Shih (1775-1844) a capo della più grande flotta di pirati di tutti i tempi, che terrorizzò il Mar della Cina all’inizio del XIX secolo. C’è chi parla di 300 giunche (le imbarcazioni tipiche dell’Estremo Oriente), chi di 1800; chi di 20.000 pirati, chi di 80.000, fra uomini, donne e perfino bambini. Entrò in conflitto con le principali potenze dell’epoca come l’Impero britannico, l’Impero portoghese e la dinastia Qing. È considerata da molti la pirata più vittoriosa di tutta la storia.
1. Quali pensi possano essere le qualità di Yu, da renderle possibile assumere una posizione considerata tipicamente maschile?
2. Svolgi una ricerca sulla figura della pirata cinese Ching Shih, poi inventa e scrivi un episodio della sua storia.
è un libro avvincente, esotico. Affascina l’ambientazione nella gelida Russia e la capacità dell’autrice di mescolare tutti gli ingredienti dell’avventura con un pizzico, ma solo un pizzico, di fantasy.
Via dell’avventura
Profilo d’autrice
Katherine Rundell, è una giovane e avventurosa scrittrice. È nata nel 1987 in Inghilterra e conduce una vita dinamica e fuori dall’ordinario: fin da piccola ha seguito i suoi genitori in diverse parti del mondo, in vari paesi dell’Africa e dell’Europa. Capriole sotto il temporale, suo romanzo d’esordio nel 2011, è ambientato in Zimbabwe, la terra dove è cresciuta vivendo un’infanzia selvaggia fatta di corse a piedi nudi, arrampicate sugli alberi e gare di nuoto nei fiumi. I suoi hobby sono stravaganti come lei: equilibrismo e arrampicata. Katherine inizia ogni giornata facendo una ruota perché, come lei stessa afferma «fare la ruota è come scrivere, mette il mondo sottosopra e ti leva il respiro».
A coppie, osservate la copertina di questo libro. Che cosa vi suggerisce il titolo? Di che storia si tratta? Quali potrebbero esserne i personaggi? Quali avventure dovranno affrontare? Confrontatevi tra di voi e con la classe.
La ragazza dei lupi
Nella fredda Russia, all’inizio del Novecento, Feo e Marina, figlia e madre, conducono una vita semplice, ma felice, in compagnia di tre lupi: Bianca, Grigia e Nero. Sono molto unite e si sono costruite da sole una bellissima casa di legno. Fanno uno strano mestiere: le “soffialupi”, ovvero rendono nuovamente selvaggi i lupi che una strana moda costringe a diventare stupidi animali domestici. I lupi segregati infatti finiscono per impazzire e azzannare, per questo vengono mandati dai “soffialupi”, che li addestrano a recuperare la libertà. La tranquillità delle due soffialupi viene improvvisamente minacciata dallo spietato generale Rakov che ordina di uccidere i lupi rimessi in libertà…
La piccola Feo e la madre, Marina, insieme ai loro lupi vengono improvvisamente aggredite...
Era notte fonda quando il ragazzo bussò alla sua finestra. Feo stava sognando la torta salata, e svegliarsi le parve un’ingiustizia. Spalancò la finestra, e trasalì sentendo l’aria notturna.
«Che c’è?».
Ilya non rispose. Era scosso da conati di vomito, come un gatto ammalato.
«Ilya, che cosa succede?».
«Ho… sciato… veloce» ansimò.
«Perché?».
«Per avvisarti. Stanno arrivando. Il generale Rakov. Con altri quattro».
Ilya parlava tanto in fretta che la prima volta Feo non riuscì a capirlo e fu costretta a fargli ripetere tutto. «Zampamolle1 ha ucciso una mucca. Si sono accorti che negli ultimi tempi mancava del cibo. L’hanno accusata di aver rubato una torta».
«Ma sei stato tu a rubarla! Per noi!» Feo lo fissò. Poi cominciò a gridare:
«Mamma! Mamma!».
«Quando l’hanno inseguita, lei ha morso un soldato. Le hanno sparato».
«Sparato?» Feo s’immobilizzò. Il mondo s’immobilizzò con lei.
«Mi spiace. Ho tentato…».
«Ma… Zampamolle? Hanno sparato a Zampamolle?» […] «Sì. È morta».
«No». Le uscì un suono stridente, che non sembrava affatto la sua voce. «Feo…».
«Era viva quattro ore fa. Le ho dato una mezza taccola2». Feo si lasciò andare contro la parete. «Sei sicuro?».
«Mi dispiace, Feo».
«Non possono averlo fatto. Ilya! Non possono». Le lacrime le gocciolavano dal mento nei capelli.
«Invece sì. È morta. Ci ho provato! Lo giuro, ci ho provato. Non sono riuscito a fermarli». Lei si accorse solo in quel momento che sul naso e sul mento Ilya aveva delle lacrime gelate.
Mentre si sedeva, Feo sentì il pavimento barcollare sotto di sé. «Chi? Dimmi chi è stato. Li uccido!».
«Non c’è tempo: stanno arrivando per ammazzare tutti gli altri. Arresteranno tua madre. Per tradimento allo Zar».
«Lo Zar? Come puoi tradire qualcuno che non hai mai incontrato?».
«Dicono che ha ignorato l’avvertimento3. Per favore…». Ilya afferrò Feo per le braccia e cercò di farla alzare. «Feo!» Aveva il naso che colava, il muco fin sopra le labbra, e il volto bagnato di lacrime. «Stanno arrivando. Adesso!»
«Tra quanti minuti, di preciso?» Marina era in piedi sulla soglia. «Mamma!» disse Feo. «Zampamolle…»
«Ho sentito. Va tutto bene, amore. Non farti prendere dal panico». La voce di sua madre era brusca, ma la sua presenza nella stanza rendeva più facile respirare. Si voltò a guardare Ilya. «Quanto tempo abbiamo?»
«Ho sciato più veloce che potevo, ma stanno arrivando con i cavalli. O la slitta. Non lo so… mezz’ora? Non sono bravo con i tempi. Forse solo dieci minuti».
«Grazie». Marina si accovacciò davanti alla figlia e la strinse in un abbraccio troppo energico.
«Ti ricordi il piano?»
«La mia borsa è accanto alla porta sul retro». Feo non aveva mai creduto che le sarebbe servita. Cercò di ricordare che cosa ci aveva cacciato dentro. Avrei dovuto prendere la cosa più seriamente, pensò. Le era sembrato impossibile che qualcosa cambiasse. La loro casa le era sembrata eterna. «Ilya, sta’ di guardia per favore» disse Marina. «Grida se li vedi arrivare». «Sì, signora!». Ilya fece il saluto militare e si allontanò da loro, appostandosi in un punto da dove poteva controllare la strada che saliva verso casa. «Feo, vestiti. Devi correre alla cappella. Aspettami lì. Cercherò di trattenerli abbastanza a lungo perché tu riesca a radunare i lupi, e poi ti raggiungo. Andremo a sud, verso Mosca. Ricordi?»
«Sì». Feo si asciugò il volto con i capelli. «Certo». «Presto, allora, mia cara!»
Con le dita che tremavano, tanto era agitata, Feo s’infilò la gonna più pesante che aveva e gli stivali più caldi. Prese una camicia dalla camera di sua madre. Le andava grande, ma almeno era più spessa delle sue. Poi indossò il maglione fatto ai ferri da sua madre e il mantello rosso. Sentì un grido alla porta: era la voce di Ilya. La porta si spalancò. La casa era immersa nell’oscurità. Feo corse fuori dalla stanza, nel corridoio. Ci furono delle urla, suoni e oggetti che si rompevano e stivali pesanti.
Quattro torce accese, quattro soldati. Avevano il volto in ombra, ma erano enormi – uomini di mezza età dalla pelle dura – ed erano armati. Uno di loro abbaiò un ordine e gli altri cominciarono a spaccare le lampade e le finestre con l’impugnatura dei fucili. Feo si appiattì contro il muro, con il cuore che le rombava nel petto. Corse nella sua stanza e afferrò uno sci. Sentì qualcuno che correva, la voce di sua madre in soggiorno e un urlo di dolore: dolore maschile.
Feo strinse lo sci e partì alla carica. Una volta in soggiorno riuscì a vedere il profilo di sua madre, con le spalle al muro, che agitava il coltello. Feo menava fendenti alla cieca con lo sci. La camera era immersa nella semioscurità, ma l’uomo che si scagliò verso di lei aveva le mani di Rakov, e il suo odore di tabacco. Feo colpì ancora, roteando su se stessa e incespicando nel buio. Rakov sbuffò: un soffio di rabbia che suonò come una risata.
«Non… ridere!» Feo snudò i denti. Si girò lo sci tra le mani, in modo da rivolgere la punta in avanti, e poi, invece di agitarlo a destra e a manca, colpì con un affondo.
Funzionò molto meglio. Tanto meglio che Feo ne fu spaventata. Lo sci picchiò sul collo di un soldato, che urlò cercando di sottrarglielo con una mano, mentre con l’altra si stringeva la gola ferita. Lei si ritrasse e attaccò di nuovo Rakov. Ebbe l’orribile sensazione di aver colpito qualcosa di morbido. Lui ruggì, e sputandole in faccia cercò di afferrarla.
«No» sussultò lei. Non riuscì ad alzare lo sguardo; lasciò cadere lo sci e fuggì, rovesciando le sedie con le ginocchia e sbattendo la porta sul retro dopo aver afferrato la borsa senza mai smettere di correre.
Udì un colpo di tosse, un urlo soffocato alle spalle, poi la voce di sua madre che gridava, e uno strillo. Non riuscì a capire di chi era lo strillo, le lacrime la accecavano, insieme a qualcos’altro: il fumo. Le fiamme lambivano il davanzale di legno della finestra, mentre il fumo si riversava nel freddo esterno alla casa.
Feo rimase a guardare la scena per parecchi secondi prima di capire: la sua casa stava bruciando. Si coprì le orecchie con le mani e gridò. I soffialupi non dovrebbero gridare, ma alla vista del fuoco la rabbia e la paura presero il controllo della sua gola. Dall’interno della casa in fiamme giunse una voce, un grido: «Feo! Corri!».
Feo corse più veloce di quanto non avesse mai fatto, con le spalle tese in avanti e sollevando i piedi mentre correva nella neve. Il suo respiro sapeva di stagno e di bile, lei si sentiva troppo piccola.
Tre ombre sbucarono correndo dal bosco, ed ecco i lupi, al galoppo, ansimanti, che annusavano la cenere nell’aria. Lei spalancò le braccia, e loro partirono alla carica, travolgendola. «Nero!» Lo strinse tra le braccia e gli affondò il volto nel fianco. […] Camminando all’indietro, i soldati tentavano di uscire dalla casa, tossendo e sfregandosi il viso. Con loro c’era qualcuno. Feo sentì una stretta al cuore. Era sua madre. Feo ne riconobbe il profilo sullo sfondo della casa in fiamme. Aveva le spalle tese all’indietro, le mani legate sulla schiena ed era stata imbavagliata e bendata con strisce di tela di sacco. Due soldati camminavano al suo fianco, tenendola stretta per le braccia. Feo si morse il polso per non gridare. La mamma inciampò, scivolando alla cieca sul braccio, e i soldati la sollevarono bruscamente, rimettendola in piedi. Feo sentì una risata nasale: proveniva dalla soglia. Rakov era fermo a pochi centimetri dalle fiamme che si levavano dalla casa. Aveva un occhio ferito e una manica coperta di sangue. Il petto era scosso da una risata. Una risata irregolare, fredda, scomposta, che si levò come uno staccato4 nella notte. Il tipo di risata che ti fa dubitare di tutto ciò che credevi di sapere del mondo.
Feo era in allerta con la schiena al muro e il respiro affannoso. Si pizzicò le palpebre per svegliarsi. Non funzionò, così raccolse un pugno di neve e lo strofinò sugli occhi aperti, sussultando per il dolore. Doveva essersi addormentata: non erano cose che succedevano nella realtà, quelle. Eppure, continuavano a succedere.
Rakov fece cenno al terzo soldato di aiutarlo a salire a cavallo. La sua risata si era spenta: raccolse una palla di neve e la premette contro l’occhio, con un’espressione autoritaria sul volto.
«Controlla la foresta verso ovest. La ragazza probabilmente si è rifugiata da qualche vicino. Brucia le loro case, se necessario».
Il soldato esitò e deglutì con un cenno di assenso. […]
Feo sentì la cena che le risaliva in gola. Nero cominciò a spingerla da dietro le ginocchia con la testa. Frastornata, salì a cavalcioni sul dorso del lupo. Prima ancora che potesse mettersi in equilibrio, Nero sfrecciò nella neve, lontano da casa, lontano dalla mamma.
«Aspetta!» mormorò Feo. «Devo tornare indietro!»
Ma non fece nulla per fermare il lupo. Ogni volta che respirava, le sembrava di avere un coltello puntato nel fianco. Il mondo all’improvviso ondeggiò, avvolto dalla foschia; quel senso di confusione le entrò nelle orecchie, e il mondo scivolò dal caos più ardente nell’oscurità.
(K. Rundell, La ragazza dei lupi, trad. it. di M. Pace, Rizzoli, Milano 2016)
4. staccato: modo di esecuzione musicale in cui le note sono nettamente separate tra loro da piccole pause.
1. Perché Ilya va nel cuore della notte a casa di Feo?
2. Come reagiscono Feo e Marina quando arriva Ilya ad avvertirle del pericolo?
3. Come si veste Feo per prepararsi alla fuga?
4. Sintetizza in poche righe le azioni di Feo durante il suo scontro con i soldati e con il generale Rakov.
5. Che cosa accade alla mamma di Feo alla fine dello scontro?
6. Quale ordine dà il generale Rakov ai soldati per trovare Feo?
7. Chi è Nero e che ruolo ha nel racconto?
ANALISI
8. Il narratore del racconto è interno o esterno?
9. Com’è il luogo dove vive Feo? Elenca gli elementi del testo che ti consentono di trarre delle informazioni in proposito, come nell’esempio.
1. trasalì sentendo l’aria notturna (r. 3): si tratta di un luogo freddo 2. 3. 4.
LESSICO
10. Scrivi un paio di aggettivi che possano caratterizzare il comportamento di Feo e di Marina.
Feo:
Marina:
11. Scrivi due aggettivi che caratterizzino il generale Rakov.
12. Sostituisci le parole in neretto con sinonimi adatti al testo. Frastornata , salì a cavalcioni sul dorso del lupo. Prima ancora che potesse mettersi in equilibrio, Nero sfrecciò nella neve, lontano da casa, lontano dalla mamma.
«Aspetta!» mormorò Feo. «Devo tornare indietro!» Ma non fece nulla per fermare il lupo. Ogni volta che respirava, le sembrava di avere un coltello puntato nel fianco. Il mondo all’improvviso ondeggiò , avvolto dalla foschia ; quel senso di confusione le entrò nelle orecchie, e il mondo scivolò dal caos più ardente nell’oscurità
RIFLESSIONE
13. IL FILO ROSSO A coppie, fate dei confronti fra le eroine dei racconti che avete letto finora.
14. IL FILO ROSSO L’episodio narrato nel testo mette la protagonista, Feo, in una situazione totalmente nuova. Quale cambiamento avviene nella sua vita e quali sono le reazioni che si susseguono in lei? Confrontatevi a coppie.
PRODUZIONE
15. IL FILO ROSSO Immagina l’aspetto fisico di Feo e descrivilo accuratamente.
Gli occhi della libertà è il titolo del libro da cui è tratto il testo che ascolterai.
Prova a immaginare: di che cosa può parlare un libro con questo titolo?
Di chi? Di quale libertà? Lasciati ispirare dalle immagini e usa la fantasia!
Audio del brano
Profilo d’autore su PDF online
Pip è un ragazzino che vive in orfanotrofio. In una notte d’estate del 1963, viene prelevato da uno sconosciuto e portato, dopo un lungo viaggio fra campi di cotone e zone desolate degli Stati Uniti del Sud, presso la sua nuova famiglia affidataria. Si troverà a vivere in una fattoria, dove abitano un vecchio agricoltore, sua moglie e una ragazzina muta e sfuggente. La vita di Pip sarà segnata dal fatto di essere un ragazzino nero negli anni Sessanta in America… una situazione non facile che lui saprà affrontare.
Primo ascolto
Fai attenzione ai personaggi presenti in questo testo e allo svolgimento generale della storia.
1. Dove si trova Pip all’inizio del racconto?
2. Perché il signor Zachery sceglie Pip?
3. Che cosa fanno Zachery e Pip dopo essere andati via dall’orfanotrofio?
Secondo ascolto
Fai maggiore attenzione ai particolari che riguardano la vicenda, il protagonista Pip e il suo “padrone”, il signor Zachery.
4. Com’è il mezzo su cui viaggiano?
5. Perché Pip è finito nella casa per bambini poveri?
6. Qual è il motivo per cui la madre di Pip lo ha chiamato così?
7. Che tipo è il signor Zacher y?
8. Riassumi in due o tre righe il flashback in cui Pip racconta come ha perso i genitori.
9. Quanto tempo circa dura la vicenda?
10. Quali elementi del racconto d’avventura riconosci in questo testo?
Fai attenzione al lessico e al linguaggio in generale.
11. Nel testo ci sono delle similitudini, per esempio lo rigirava come un quarto di bue; ne ricordi qualcun’altra?
1. 2. 3. 4.
12. Inventa una frase con una nuova similitudine che si adatti all’argomento e al linguaggio del testo.
13. IL FILO ROSSO Ricordi un altro libro di avventura che inizia con uno scambio di denaro e la vendita del protagonista? Fai un paragone fra i due testi soffermandoti sulla situazione del protagonista.
14. A coppie inventate un flashback che descriva un altro momento della vita di Pip con i suoi genitori.
15. Completa il cruciverba con le parole del testo che hai ascoltato corrispondenti alle definizioni.
Orizzontali
2. consumato
3. molto rovinata
9. colto
10. pieno
11. rumori sordi
Verticali
1. lamento
4. disgustoso
5. producendo rumore di ferro
6. molto sporche
7. oscillante
8. strisciò
16. Osserva le parole del cruciverba e le loro definizioni. Che impressione ti suscitano e che tipo di ambientazione ti suggeriscono? Confrontati con un/una compagno/a.
Il task viene svolto in modo individuale.
RIFLETTERE
Ogni alunno/a richiama alla mente le caratteristiche degli eroi e delle eroine incontrati/e nei brani letti, il loro profilo, le abilità, gli eventuali animali simbolo.
PROGETTARE
Di seguito, ognuno definisce il profilo di se stesso/a nei panni del proprio eroe/della propria eroina ideale:
• maschio / femmina / no gender
• aspetto fisico e abbigliamento
• ambientazione storica (dove e quando)
• qualità
• armi
• animale simbolo
• obiettivi
REALIZZARE
Ogni studente e ogni studentessa individuano un modo per trasformarsi nel proprio eroe o nella propria eroina utilizzando un’applicazione per creare avatar, online ne troverai numerose gratuite come Bitmoji, Face YourManga, Face.
Gli avatar vengono mostrati alla classe inviandoli in un’aula virtuale o in uno spazio condiviso.
Mappa attiva
SITUAZIONE INIZIALE CON PRESENTAZIONE DEL/DELLA PROTAGONISTA
ROTTURA DELL’EQUILIBRIO
AIUTANTI ANTAGONISTI/E NEMICHE/NEMICI
SVILUPPO DELL’AVVENTURA
È UN TESTO NARRATIVO, RACCONTATO IN MODO REALISTICO, IN CUI UN EROE O UN’EROINA DEVE COMPIERE UN’IMPRESA
CONCLUSIONE (SPESSO A LIETO FINE)
PERSONAGGI
EROINE ED EROI CON QUALITÀ POSITIVE E NEMICI TERRIBILI (UMANI, ANIMALI O FORZE DELLA NATURA)
TEMPO E SPAZIO
• TEMPO BEN DEFINITO, PASSATO O PRESENTE
• AMBIENTAZIONE IN LUOGHI LONTANI, ESOTICI MA REALI
LINGUAGGIO E STILE
• LINGUAGGIO SEMPLICE
• USO DI LESSICO SPECIFICO LEGATO ALL’AMBIENTAZIONE
• NARRAZIONE VELOCE
• SUSPENSE
TEMI
• IL VIAGGIO ALL A RICERCA DI UN OGGETTO, DI UN NEMICO O DI UN LUOGO
• IL TRIONFO DEL BENE SUL MALE
Viaggio al centro della Terra, di Jules Verne
Un intramontabile classico della narrativa scientifica d’avventura, nonostante sia stato pubblicato per la prima volta più di centocinquant’anni fa! In versione integrale o in edizione illustrata per ragazzi e ragazze, impossibile non appassionarsi.
Ribelli in fuga, di Tommaso Percivale (Edizioni EL, Trieste 2013)
Fantasia e storia si mischiano in questa emozionante avventura di un gruppo di ragazzi che nel 1928, su volere del regime fascista, vedono sciolte tutte le loro attività scout per aderire all’Opera Balilla. I giovani protagonisti però non abbandoneranno i valori dello scoutismo...
77 giorni, di Hantang Zhao (2017)
Ispirato a una storia vera, il film racconta un’avventura in solitaria durata settantasette giorni nell’asprezza della regione Qiang Tang, nel Nord del Tibet, fra deserti, montagne innevate e laghi salati.
Colonna sonora
Jumanji: benvenuti nella giungla, di Henry Jackman (2017)
Ascolta la colonna sonora del film, chiudi gli occhi… e ti sentirai subito catapultato nella giungla in una nuova emozionante avventura!
Rory’s Story Cubes Voyages (Asmodee)
Lancia i cubi e, traendo ispirazione dalle immagini che otterrai nel tuo turno di gioco, inventa ogni volta nuove incredibili storie d’avventura!
Leggi con attenzione il testo, poi svolgi gli esercizi.
Nella cittadina di mare Black Hill Cove, in Inghilterra, nella metà del XVIII secolo, vi è una locanda, l’“Ammiraglio Benbow”, che si affaccia sul mare. Jim è il giovane figlio dei proprietari. Un giorno arriva Billy Bones, un vecchio marinaio che affascina e terrorizza il ragazzo…
La sua voce era da vecchio, acuta e tremula, e sembrava essersi formata imitando il cigolio dell’argano. Picchiò poi alla porta con un corto bastone che portava con sé, simile ad un palanchino, e quando mio padre si affacciò chiese in tono sgarbato un bicchiere di rum. Lo bevve lentamente, da intenditore, assaporandone il gusto, e intanto si guardava intorno, passando di continuo con gli occhi dalle scogliere all’insegna della nostra locanda.
«È un’insenatura molto congeniale», disse infine; «e la bettola è in ottima posizione. Senti, compare: ci viene molta gente, qui?». Mio padre gli disse che no, disgraziatamente non ci venivano in molti.
«Be’», disse, «allora questo è il posto che ci vuole per me. Ehi, tu, compare», gridò all’uomo che spingeva la carriola, «accosta e aiutami a portare su la cassa. Mi fermerò qui per un po’», aggiunse. «Sono un uomo semplice; mi servono solo del rum, uova col bacon e quel promontorio lassù per guardare le navi che passano. Il mio nome? Potete chiamarmi capitano. Ah, so quello a cui state pensando – ecco qua», e gettò in terra, sull’uscio, tre o quattro pezzi d’oro. «Quando ve ne dovrò degli altri» aggiunse «me lo direte voi». E nel dire queste parole prese un’aria minacciosa, da vero comandante.
In effetti, per quanto logori fossero i suoi vestiti e sboccato il suo frasario, quell’uomo non aveva l’aria di un semplice marinaio; sembrava, piuttosto, un ufficiale o un capitano, abituato a essere obbedito incutendo timore. L’uomo che l’aveva accompagnato con la carriola ci disse che era stato lasciato dal corriere davanti al «George Inn», che si era informato sulle locande della costa e, sentendo parlar bene della nostra e saputo quanto fosse isolata, l’aveva eletta a suo luogo di residenza. Questo fu tutto ciò che riuscimmo a sapere sul conto del nostro ospite.
Era per natura un uomo molto taciturno. Passava l’intera giornata bighellonando per l’insenatura o arrampicandosi fin sulle scogliere con un cannocchiale d’ottone. La sera se ne stava seduto in un angolo della sala, accanto al fuoco, a bere rum con pochissima acqua. Di norma, quando gli si rivolgeva la parola non rispondeva, ma alzava di colpo gli occhi, con aria minacciosa, e soffiava forte col naso come una sirena da nebbia, sicché sia noi che quelli che frequentavano il nostro locale imparammo a lasciarlo in pace. Ogni sera, di ritorno dalla sua passeggiata, chiedeva se fosse passata da quelle parti della gente di mare. Dapprima pensammo che facesse quella domanda perché sentiva la mancanza della compagnia dei suoi simili, ma in seguito capimmo che il suo intento era quello di evitarli. Quando un uomo di mare si fermava all’«Ammiraglio Benbow» (come poteva succedere, se qualcuno prendeva la strada costiera per Bristol), lui prima di entrare nella sala lo scrutava ben bene da dietro la tenda della porta; e rimaneva muto come un pesce finché non se n’erano andati. Almeno per me, il motivo di questo suo comportamento non era un mistero, visto che anch’io, a mio modo, condividevo le sue preoccupazioni. Un giorno mi aveva preso da parte e mi aveva promesso una moneta d’argento da quattro penny al primo di ogni mese solo per «stare bene attento a un uomo di mare con una gamba sola», e farglielo sapere appena l’avessi visto. Spesso, quando arrivava il primo del mese e io andavo a chiedergli la mia paga, si limitava a soffiare col naso e fissarmi fino a farmi abbassare gli occhi; poi però ci ripensava e prima che passasse una settimana mi portava il pezzo da quattro penny rinnovando l’ordine di fare attenzione all’«uomo di mare con una gamba sola».
Inutile dirvi quanta agitazione questo personaggio introducesse nei miei sogni. Nelle notti di burrasca, quando il vento faceva tremare la casa fino alle fondamenta e le onde mugghiavano nell’insenatura superando col loro impeto anche le scogliere, l’uomo senza gamba mi appariva in mille forme, con mille diaboliche espressioni dipinte sul volto. Ora la gamba era tagliata all’altezza del ginocchio, ora all’anca; ora l’individuo si presentava come una sorta di creatura mostruosa nata con una gamba sola al centro del corpo. Vederlo saltare e correre, inseguendomi per siepi e fossi era il peggiore degli incubi. Tutto sommato, con queste abominevoli fantasie, si può dire che il mio pezzo mensile da quattro penny me lo guadagnavo.
Per quanto terrorizzato all’idea dell’uomo con una gamba sola, tra tutti quelli che conoscevano il capitano io ero quello che aveva meno paura di lui. C’erano sere in cui beveva molto più rum allungato con acqua di quanto potesse reggere e attaccava allora a cantare le sue vecchie canzoni marinaresche, bieche e dissolute, senza curarsi di nessuno; altre volte, invece, pagava da bere a tutti e costringeva la compagnia tremebonda ad ascoltare le sue storie o a fare da coro alle sue canzoni. Ho spesso udito la casa rintronare per lo «Yo-ho-ho, e una fiasca di rum», con gli altri avventori che, spaventati a morte, si univano anch’essi facendo a gara a chi cantava più forte per paura di contrariarlo. Quando lo prendeva questo stato d’animo, infatti, era il compagno di baldorie più prepotente che si fosse mai visto; batteva il pugno sul tavolo per avere silenzio; montava su tutte le furie se qualcuno gli rivolgeva una domanda, oppure se non gliene era stata fatta nessuna, segno evidente, secondo lui, che la compagnia non stava seguendo la sua storia. Nessuno, inoltre, poteva permettersi di lasciare la locanda fino a quando lui, ubriaco fino a non reggersi più in piedi, si trascinava verso la sua stanza.
Quello che più terrorizzava la gente erano le sue storie. Che storie orribili! Impiccagioni, passeggiate sull’asse, tempeste in mare, le isole Dry Tortugas, e mille imprese disperate lungo la costa dei Caraibi. A giudicare dalle sue storie, doveva aver trascorso la vita tra alcuni degli uomini più malvagi che Dio abbia mai fatto andare per mare; e il linguaggio con cui raccontava queste storie scandalizzava la nostra semplice gente di campagna quasi quanto i crimini che descriveva. Mio padre ripeteva in continuazione che avrebbe mandato in rovina la locanda, che la gente non poteva continuare a venire solo per il piacere di essere tiranneggiata, umiliata e spedita a letto tremante di paura. Io, però, sono convinto che la sua presenza fosse per noi un vantaggio. La gente a volte si spaventava, è vero, ma poi ripensandoci ci provava gusto: nella nostra piccola, tranquilla comunità quell’uomo era un eccellente diversivo. E non mancava un gruppo di giovani che si atteggiavano a suoi ammiratori, chiamandolo «vero lupo di mare», «grande navigatore», e nomi di questo genere, e sostenendo che erano uomini come questi a rendere l’Inghilterra temibile sui mari. Il capitano, però, rischiava anche di diventare la nostra rovina, giacché continuava a rimanere, settimana dopo settimana, mese dopo mese, così che il denaro dato all’arrivo si era da un pezzo
esaurito e mio padre non trovava il coraggio di insistere per averne ancora. Ogni volta che vi accennava, il capitano soffiava così forte col naso che sembrava ruggisse, e guardando fisso il mio povero padre lo faceva uscire dalla stanza. Dopo uno di questi rifiuti io l’ho visto torcersi le mani, e sono sicuro che la frustrazione e il terrore che doveva sopportare abbiano notevolmente affrettato la sua infelice e prematura morte. Per tutto il tempo in cui visse con noi, il capitano non introdusse alcun cambiamento nel suo vestiario se si eccettuano le calze, che comprò da un venditore ambulante. Un giorno gli si afflosciò una delle punte del suo tricorno e da allora, per quanto fosse una gran seccatura quando tirava vento, lasciò che penzolasse. Ricordo l’aspetto della sua giubba, che si rattoppava da solo in camera e che da ultimo era tutta una toppa. Non scriveva né riceveva lettere, e non parlava con nessuno, se non a quelli che gli erano seduti vicino, e per lo più solo quando era ubriaco di rum. La sua grossa cassa da marinaio nessuno l’aveva mai vista aperta.
(R.L. Stevenson, L’isola del tesoro, trad. it. di A.S. Novaro, Newton Compton, Roma 2012)
1. Come si presenta il capitano per la prima volta?
Punti /1
2. Perché il capitano decide di rimanere nella locanda?
Punti /1
3. Qual è l’aspetto del capitano? Descrivilo.
Punti /2
4. Come trascorre le sue giornate il capitano?
Punti /2
5. In quale parte del mondo è ambientata la storia?
Punti /1
6. Quale effetto produce il pensiero dell’uomo di mare con una gamba sola (rr. 57-58) sul narratore?
Punti /1
7. Quali storie racconta il capitano e che effetto hanno sugli altri avventori della locanda?
Punti /2
8. Come vengono definite le canzoni cantate dal capitano?
Punti /1
9. Che cosa contiene secondo te la cassa da marinaio?
Punti /1
10. Evidenzia nel testo i passi in cui sono presenti gli elementi tipici del racconto d’avventura.
Punti /5
11. Riscrivi con parole tue le seguenti espressioni:
1. è un’insenatura molto congeniale (r. 8):
2. il piacere di essere tiranneggiata (r. 99):
3. quell’uomo era un eccellente diversivo (rr. 103-104):
Punti /6
12. Le sequenze presenti nel testo sono in prevalenza descrittive, dialogate, riflessive o narrative?
Punti /2
Punteggio totale / 25
1. Scrivi tu un racconto d’avventura partendo da uno di questi incipit. Fai attenzione all’uso del narratore in terza o in prima persona.
1. Si ritrovarono fuori pista, nella neve fresca, avvolti nella nebbia e nel buio del tardo pomeriggio. A fatica si levarono gli sci e…
2. In classe era arrivato lui, il nuovo alunno, e le cose erano cambiate per sempre. Fin dal primo giorno avevo capito che era un ragazzo fuori dal comune…
3. La portiera dell’auto si spalancò e Chiara/Alex si ritrovò finalmente in riva al mare. Alle narici le/gli arrivò, penetrante, l’odore della salsedine. Il sole scintillava senza nubi in un cielo azzurro chiaro e proiettava la breve ombra del mezzogiorno sulla sabbia…
2. Collega questo incipit a una delle immagini e inventa un racconto d’avventura.
Ogni mattina, appena alzato dal letto, aprivo le tende delle due finestre della camera. La prima finestra, rivolta esattamente a est, aveva un panorama davvero suggestivo e perciò era sempre la prima che andavo a spalancare…
Ispirati a una di queste copertine e inventa tu un racconto d’avventura.