Biochimica for the future

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UNITÀ

LEZIONE 1

I DERIVATI DEGLI IDROCARBURI

I gruppi funzionali e la nomenclatura

In gran parte, i composti organici sono formati, oltre che da carbonio e idrogeno, anche da altri elementi (come ossigeno, azoto e alogeni) e derivano formalmente dagli idrocarburi per sostituzione di uno o più atomi di idrogeno con gruppi funzionali [Fig. 1].

I gruppi funzionali sono gli atomi o i gruppi di atomi che conferiscono proprietà fisiche e chimiche specifiche alle varie classi di composti organici.

Chem word Alcol | Alcohol dall’arabo al-kuh· l «polvere finissima» (usata in Oriente come cosmetico per gli occhi)

Pertanto, le molecole dei composti organici diversi dagli idrocarburi sono costituite in genere da una parte idrocarburica e da un gruppo funzionale. La parte idrocarburica può essere un alchile o gruppo alchilico (R−, residuo della molecola di un idrocarburo alifatico privata di un atomo di idrogeno) oppure un arile o gruppo arilico (Ar−, residuo della molecola di un idrocarburo aromatico privata di un atomo di idrogeno dell’anello). Esano (alcano) CH CH CH CH CH CH

Esile (alchile) → CH CH CH CH CH CH−

Nella Tabella 1 sono riportati i gruppi funzionali con la loro formula di struttura, in ordine di importanza (decrescente) secondo le regole della nomenclatura IUPAC. Infatti, quando vi è la presenza di più gruppi funzionali contemporaneamente, il più importante (il più in alto in tabella) viene detto gruppo funzionale principale (e decide la desinenza dell’intera molecola), quelli meno importanti vengono detti sostituenti (e vanno indicati con i prefissi). Inoltre si può notare come, a volte, nell’ultima colonna della tabella sono presenti due desinenze. In questi casi, va usata la desinenza in alto se la catena principale è lineare (il C del gruppo funzionale è compreso nella numerazione), bisogna invece usare la desinenza in basso se la catena principale è ciclica (il C del gruppo funzionale non è compreso nella numerazione, quindi va aggiunto). Per esempio, l’acido carbossilico lineare con 6 C viene chiamato “acido esanoico”, mentre nel caso di catena ciclica con 6 C si dice “acido ciclo esancarbossilico” (ci saranno 6 C nel ciclo più il settimo del gruppo principale).

Figura 1 L’alcol etilico contenuto nei disinfettanti è un composto organico della classe degli alcoli.


LEZIONE 1

I gruppi funzionali e la nomenclatura

35

Tabella 1 Classificazione dei gruppi funzionali secondo le regole IUPAC , in ordine di priorità decrescente. CLASSE

FORMULA DI STRUTTURA

Acidi carbossilici

O

SOSTITUENTE (PREFISSO)

GRUPPO FUNZIONALE PRINCIPALE (DESINENZA)

acido ….-oico

C

Anidridi

acido ciclo…-carbossilico*

R

OH

O

O

C

C

R

O

Esteri

anidride …-oica

alcossicarbonil-*

R…-oato di R’…-ile

R′

O C R

ciclo R… -carbossilato di R’…-ile* OR′

Cloruri acilici

cloroformil-*

O C

cloruro di …-oile cloruro di ciclo…-carbonile*

R

Cl

Ammidi

carbamoil-*

O C

...-ammide

(H)

R

ciclo…-carbossammide*

N (H)

Aldeidi

O C R

Chetoni

ossoo formil-*

…-ale

osso-

…-one

idrossi-

…-olo

ammino-

…-ammina

ciclo…-carbaldeide*

H O C

Alcoli

R

R′

R

OH

Ammine

(H) R

N (H)

GRUPPI CHE NON POSSONO MAI FUNGERE DA GRUPPO FUNZIONALE PRINCIPALE, MA SOLO DA SOSTITUENTI CLASSE

FORMULA DI STRUTTURA

SOSTITUENTE (PREFISSO)

Eteri

R

O

alcossi-

Nitro derivati

R

NO

nitro-

Alogenuri alchilici

R

X

fluoro-, cloro-, bromo-, iodio-

R′

* L’asterisco indica i casi in cui il carbonio del gruppo funzionale non è compreso nella catena principale e va quindi aggiunto.


36

UNITÀ 2

I derivati degli idrocarburi

1. RAGIONA CON LO SCHEMA Come si assegna il nome ai composti organici con più gruppi funzionali O C

CH

CH

OH O

O C

H

OH

NH Cl CH

C

CH

CH

O

CH

CH

1 Si individua il gruppo funzionale principale e la catena principale (la più lunga catena di C). Si scrive quindi la desinenza finale, preceduta dal prefisso che indica il numero di C della catena principale. 2 Si numera la catena principale dando il più basso numero possibile al gruppo funzionale principale e, in seconda battuta, ai sostituenti. 3 Si scrivono i vari sostituenti (con i prefissi), ponendoli in ordine alfabetico. A

O C

O OH O

O

C

OH O

C

OH O

osso

etil CH

CH

OH

CH

1 Acido … cicloesancarbossilico B

O H

C

CH

C CH

OH

CH

O Cl CH

O

CH

CH

H

C

NH CH CH

C CH

CH

OH idrossi

3 Acido 5-etil-3-idrossi-2ossocicloesancarbossilico

2 Gruppo principale in posizione 1; i sostituenti hanno i numeri più bassi se si procede in senso orario

NH CH

CH

ammino NH cloro metossi (alcossi) Cl C C O CH CH CH CH CH CH metil metil

O Cl CH

O

CH

CH

H

2 Gruppo principale in posizione 1 ed è compreso nella catena principale

3 3-ammino-4-cloro-2,3dimetil-4-metossibutanale

Gruppi funzionali

Regole IUPAC

Nomenclatura

1. Oltre a C e H, nei composti organici si ritrovano altri elementi come O, N e V F alogeni.

4. La desinenza che si usa per i chetoni è …..........…....…, mentre il …..........…....… 5. Il gruppo funzionale contenente l’azoto è caratteristico di: a. esteri b. alcoli c. ammidi d. chetoni

6. Il cloruro di 2,3-dimetil4-ossopentanoile è un …..............…… che ha come sostituenti due …..............…… e il quarto carbonio della catena ha un …..............…… con l’atomo di ossigeno. 7. La molecola CO può avere due nomi: .............. carbonica o ........... di carbonio.

1

…butanale

Organizza le idee

2. I sostituenti decidono la desinenza della V F molecola. 3. I sostituenti vengono indicati con dei prefissi e sono quindi riconoscibili dalla prima parte della V F nomenclatura.


LEZIONE 2

LEZIONE 2

Alcoli, fenoli ed eteri

37

Alcoli, fenoli ed eteri

Alcoli, fenoli ed eteri sono tre classi di composti organici in cui è presente almeno un atomo di ossigeno legato con un legame semplice a un atomo di carbonio. Le prime due classi sono caratterizzate dal gruppo ossidrilico −OH, mentre negli eteri è presente il gruppo etereo −O −, in cui l’ossigeno è legato a due residui organici.

2.1 La nomenclatura

Chem word Fenolo | Phenol dal francese phénol, derivato di phénique, e questo dal tema del greco fainomai «apparire, risplendere», perché il fenolo fu ottenuto dal gas illuminante Etere | Ether dal francese éther «etere», attribuito al composto chimico per la sua volatilità

Alcoli Negli alcoli il gruppo −OH è legato a un gruppo alchilico R: R−OH Secondo la nomenclatura IUPAC, il nome degli alcoli deriva da quello degli alcani corrispondenti, sostituendo il suffisso -olo alla desinenza -o degli alcani. L’alcol più semplice è il metanolo o alcol metilico (CH OH), in cui il gruppo R è un metile [Fig. 1A]. Il metanolo è un composto tossico che può provocare la cecità e la morte. Può essere ottenuto per riscaldamento del legno; per questo viene anche chiamato spirito del legno. L’etanolo o alcol etilico, secondo termine della serie (CH CH OH), proviene dall’etano [Fig. 1B]. È chiamato anche semplicemente alcol ed è l’unico adatto all’uso alimentare. La presenza dell’etanolo nel vino e nella birra è dovuta alla fermentazione alcolica per opera di microrganismi, che determina la trasformazione di soluzioni zuccherine in soluzioni contenenti alcol in percentuali variabili.

A

B

H H

C

H

OH

H metanolo

H

H

C

C

H

H

OH

etanolo

Nel caso in cui la catena sia ramificata, per la nomenclatura si seguono regole analoghe a quelle viste per gli alcheni o gli alchini: si sceglie la catena più lunga contenente il gruppo ossidrilico e la si numera in modo che a questo sia assegnato il numero più basso possibile. A partire dal propanolo si verifica isomeria di posizione: in questo caso il nome del composto deve contenere anche il numero della posizione del gruppo −OH:

OH CH CH CH OH

CH CH CH

1-propanolo

2-propanolo (isopropanolo)

Figura 1 Le molecole dei primi due alcoli: [A] metanolo e [B] etanolo.


UNITÀ 2

38

I derivati degli idrocarburi

Il gruppo funzionale degli alcoli è presente in numerosi composti naturali, fra cui molti componenti degli oli essenziali delle piante. Il loro nome richiama la fonte vegetale da cui provengono: per esempio, il citronellolo è abbondante nell’olio essenziale della citronella, il geraniolo in quello del geranio, mentre il mentolo si ricava dall’olio essenziale della menta [Fig. 2].

OH

OH mentolo

Figura 2 Molti oli essenziali presenti nelle piante sono degli alcoli.

OH citronellolo

geraniolo

Alcuni alcoli contengono più di un gruppo ossidrilico nella molecola (polialcoli): sono detti dioli se contengono due gruppi −OH, trioli se ne contengono tre. Un esempio di diolo è l’1,2-etandiolo, o glicol etilenico, normalmente impiegato come anticongelante nei motori, mentre l’1,2,3-propantriolo, noto comunemente come glicerolo, è un liquido denso dal sapore dolciastro, costituente dei grassi, largamente utilizzato nell’industria cosmetica, farmaceutica e alimentare [Fig. 3].

1,2,3-propantriolo o glicerolo

Gli alcoli con più di due atomi di carbonio possono essere classificati in primari, secondari e terziari a seconda del numero di gruppi alchilici o arilici, uguali o diversi, legati al carbonio che porta il gruppo ossidrilico [Fig. 4].

Figura 3 Il glicerolo è presente nel nostro organismo e ha molte applicazioni industriali.

H R

C

R OH

R

C

OH

R

C

H

R

alcol secondario

alcol terziario

H

H

CH

OH

CH

C

C

C

C

H

H

H

H

OH

H

C

H

R

alcol primario

CH

OH OH OH

CH

CH

CH

CH

C

OH

H

OH

CH

etanolo

2-pentanolo

2-metil-2-propanolo

Fenoli Nei fenoli il gruppo ossidrilico è legato a un atomo di carbonio dell’anello benzenico: Ar−OH Per questo essi possono essere considerati derivati dell’idrossibenzene, chiamato appunto fenolo [Fig. 5A]. Il fenolo, inizialmente conosciuto come acido fenico, è stato utilizzato, fin dalla sua scoperta nel 1865, come disinfettante. Dal fenolo fu preparata la prima plastica, la bachelite, che trovò un ampio utilizzo per la sua leggerezza e resistenza. Attualmente, il principale impiego del fenolo è come composto di partenza per la sintesi di numerosi prodotti industriali che vanno dall’aspirina, alle resine, ai collanti per il legno compensato e fino ai coloranti. Il gruppo arile legato al gruppo ossidrilico determina caratteristiche chimico-fisiche molto diverse rispetto a quelle degli alcoli, come vedremo in dettaglio nei prossimi paragrafi.

Figura 4 Esempi di alcoli primari, secondari e terziari.


LEZIONE 2

Alcoli, fenoli ed eteri

39

Sull’anello benzenico possono essere presenti più gruppi ossidrilici. Questi composti prendono il nome di polifenoli [Fig. 5B]. I polifenoli sono abbondanti in natura, soprattutto nella frutta e nella verdura, e rivestono una grande importanza per la salute, soprattutto per la loro attività antiossidante, ovvero la capacità di inibire reazioni di ossidazione dannose alle cellule. Alcune classi di polifenoli sono responsabili della colorazione dei fiori, che esercita una funzione attrattiva sugli insetti impollinatori.

A

B OH

OH O

HO

OH OH

I fenoli seguono la nomenclatura vista per i derivati benzenici. Per assegnare il nome si sceglie come sostituente in posizione 1 il gruppo ossidrilico e si numera la posizione degli altri sostituenti seguendo le regole già enunciate per i composti aromatici. In alternativa, si possono usare i prefissi orto-, meta- e para-. Essendo questi composti noti da tempo per la loro diffusione in natura, sono ancora molto impiegati i nomi comuni:

OH

OH CH

2-metilidrossibenzene (orto-cresolo)

OH 1,3-diidrossibenzene (resorcina)

Eteri Negli eteri l’atomo di ossigeno è legato a due atomi di carbonio di residui idrocarburici, che possono essere sia alifatici sia aromatici: R−O−R

Ar−O−Ar

R−O−Ar

Quando i due residui sono uguali, gli eteri sono detti eteri simmetrici, mentre se i residui sono diversi sono chiamati misti o asimmetrici. Per gli eteri è più comunemente usata la nomenclatura tradizionale, che prevede di far precedere o seguire il nome dei due residui alifatici o aromatici, in ordine alfabetico, alla parola etere:

O HC

O CH

HC

CH CH

dimetiletere etere dimetilico

etilmetiletere etere etilmetilico

O

O CH

difeniletere etere difenilico

fenilmetiletere etere fenilmetilico

Il principale composto di questa classe è l’etere dietilico o dietiletere (CH CH OCH CH ). È un composto altamente infiammabile impiegato come solvente. È stato utilizzato per lungo tempo come anestetico, ma a causa della sua pericolosità è stato sostituito da sostanze più sicure.

Figura 5 Il fenolo [A] e la pelargonidina, un polifenolo presente nel geranio e in alcuni frutti [B].


40

UNITÀ 2

I derivati degli idrocarburi

2.2 Le proprietà fisiche Alcoli e fenoli La presenza del gruppo ossidrilico influenza le proprietà fisiche degli alcoli e dei fenoli. La differenza di elettronegatività tra ossigeno e idrogeno permette la formazione di legami a idrogeno:

legame a idrogeno H

R

R

O

O H

H

O

O

R

R

H

La presenza di questi legami intermolecolari giustifica i valori più elevati dei punti di ebollizione di alcoli e fenoli rispetto agli idrocarburi con peso molecolare confrontabile; infatti, è necessario fornire più calore per rompere i legami a idrogeno che tengono unite le molecole. Gli alcoli con basso peso molecolare sono solubili in acqua perché formano con essa legami a idrogeno (il metanolo e l’etanolo sono, infatti, ottimi solventi per composti polari); all’aumentare della lunghezza della catena idrocarburica la solubilità degli alcoli diminuisce perché prevale la componente apolare, cioè idrofoba, della catena. I fenoli sono poco solubili o insolubili in acqua a causa della presenza dell’anello benzenico, altamente idrofobo. Eteri Rispetto agli alcoli e ai fenoli, gli eteri sono meno polari perché presentano solo legami carbonio-ossigeno e hanno punti di ebollizione più bassi, perché non formano legami intermolecolari forti. La bassa solubilità in acqua dei primi termini della serie diventa nulla all’aumentare del peso molecolare dei composti.

2.3 Le proprietà acide degli alcoli e dei fenoli La presenza del gruppo ossidrilico conferisce agli alcoli e ai fenoli proprietà acide. Alcoli Gli alcoli sono acidi debolissimi: l’alcol dovrebbe cedere all’acqua uno ione H , con conseguente formazione della sua base coniugata, chiamata ione alcossido. La loro costante di dissociazione acida, K , è però molto bassa (10 16−10 18), perciò l’equilibrio è spostato verso i reagenti.

R

+ HO

O

R

O

_

+ H O+

H alcossido (base coniugata)

alcol (acido)

All’interno degli alcoli l’acidità varia al variare del residuo a cui è legato il gruppo ossidrilico: la forza diminuisce dagli alcoli primari, ai secondari e ai terziari. Gli alcossidi sono molto reattivi; si ottengono trattando l’alcol con basi fortissime come i metalli alcalini o sodio idruro (NaH). La reazione deve avvenire in ambiente rigorosamente anidro, per evitare la riprotonazione da parte dell’acqua: _

2CH OH + 2Na

+ 2CH O Na + H

metanolo

metossido di sodio

sodio metallico

idrogeno

Fenoli La presenza dell’anello aromatico direttamente legato al gruppo −OH rende i fenoli degli acidi più forti rispetto agli alcoli, con valori di K di circa 10 .


LEZIONE 2

Alcoli, fenoli ed eteri

Facendo reagire il fenolo con una base forte si forma la specie carica negativamente, chiamata fenossido o fenato: _

O Na+

OH

+ HO

+ NaOH fenolo

fenossido di sodio

2.4 La reattività degli alcoli e dei fenoli Alcoli Una delle reazioni principali degli alcoli è quella di sostituzione, mediante l’utilizzo di un agente alogenante: in pratica l’OH dell’alcol viene sostituito da un alogeno, per ottenere l’alogenuro alchilico (R-X). Se si vuole aggiungere cloro l’agente alogenante è SOCl (cloruro di tionile), mentre nel caso del bromo viene usato PBr (tribromuro di fosforo). agente

R

OH + alogenante

R

alcol

prodotto

X + di scarto

CH − CH − CH − OH + SOCl

CH CH CH Cl + SO + HCl

1-propanolo

Un’altra reazione tipica degli alcoli è l’ossidazione, che può portare alla formazione di aldeidi, chetoni e acidi carbossilici, composti organici le cui caratteristiche saranno descritte nelle prossime lezioni. In questo schema sono rappresentate le possibili ossidazioni degli alcoli primari, secondari e terziari.

H R

C

O OH

ossidazione

R

C

O H

ossidazione

R

C

H

aldeide

H alcol primario

R′ R

C

O OH

ossidazione

R

C chetone

H alcol secondario

R′ R

C

OH

R′

ossidazione

Ossidante blando (ossidazione ad aldeide): PCC Ossidante forte (ossidazione ad acido carbossilico o chetone): KMnO4 oppure K2Cr2O7

ossidazione

R″ alcol terziario

Fenoli I fenoli si ossidano facilmente, ma i prodotti ottenuti sono poco prevedibili e la reazione è quindi poco impiegata dal punto di vista sintetico. Una reazione di grande interesse dal punto di vista biologico è l’ossidazione dell’idrochinone (1,4-diidrossibenzene), che porta alla formazione dell’1,4-benzochinone, comunemente detto chinone.

41


42

UNITÀ 2

I derivati degli idrocarburi

La reazione è reversibile e fornisce un sistema ossido-riduttivo fondamentale in molti processi biologici.

OH

O ossidazione riduzione

OH

O

idrochinone (1,4-diidrossibenzene)

chinone (1,4-benzochinone)

Questa reattività dei fenoli è molto importante, perché spiega l’azione antiossidante di molti composti naturali, tra i quali la vitamina E. Questa vitamina comprende otto diversi composti con struttura simile, tra cui il più importante è l’α-tocoferolo. Nel nostro organismo ha la funzione di proteggere dall’ossidazione i lipidi che costituiscono le membrane cellulari ed è, quindi, di fondamentale importanza. La principale fonte di vitamina E è l’olio di germe di grano, ma si trova anche in altri oli vegetali, nelle noci, nei cereali integrali e in misura minore negli asparagi, nei vegetali a foglia verde e nei pomodori [Fig. 6].

2.5 La reattività degli eteri Gli eteri sono composti relativamente inerti verso la maggior parte dei reagenti chimici, in seguito alla forza dei legami carbonio-ossigeno-carbonio presenti. La reazione tipica degli eteri è la scissione con acidi. Se trattati per lungo tempo ad alte temperature, gli eteri reagiscono con soluzioni acquose concentrate di acidi alogenidrici (HI, HBr). Questa reazione è detta di scissione perché comporta la rottura del legame etereo, con formazione di un alcol e dell’alogenuro alchilico. È utile soprattutto negli eteri simmetrici, come nel dietiletere:

O R

Figura 6 Le noci sono una fonte importante di vitamina E.

O R + HX

etere

acido alogenidrico

RX + ROH alogenuro alcol alchilico

H CH C

CH CH + HBr

dietiletere

acido bromidrico

CH CH Br + CH CH OH bromuro di etile

etanolo

Se si parte da un etere misto, si forma una miscela con 4 prodotti in totale (due alcoli e due alogenuri alchilici), che risulta non semplice da separare.

Organizza le idee Alcoli

Fenoli

Eteri

1. L’ossidazione forte di un alcol primario porta a ottenere l’aldeide/acido carbossilico. 2. Gli alcoli con pochi atomi di carbonio sono solubili/ insolubili in acqua. 3. Gli alcoli hanno bassi/ elevati punti di ebollizione grazie ai legami a idrogeno.

4. I fenoli sono più acidi V F degli alcoli. 5. L’idrossido di sodio è una base forte che riesce a strappare un H ai fenoli V F ma non agli alcoli.

7. La scissione degli eteri simmetrici con acido alogenidrico porta all’ottenimento di: a. due alcoli b. un alcol e un alogenuro c. un’aldeide e un alogenuro d. due alogenuri 8. Gli eteri sono più polari degli alcoli e dei V F fenoli.

6. I fenoli sono poco solubili o insolubili in acqua, perché l’anello benzenico che contengono è fortemente V F idrofobo.


LEZIONE 3

LEZIONE 3

Aldeidi e chetoni

Aldeidi e chetoni

Chem word

Le aldeidi e i chetoni sono detti composti carbonilici, perché sono caratterizzati dalla presenza del gruppo carbonilico, costituito da un atomo di carbonio e uno di ossigeno uniti da un doppio legame.

Chetone | Keton dall’inglese ketone, che deriva dal tedesco keton, variante di aceton «acetone»

Nelle aldeidi uno dei due residui legati al gruppo carbonilico è l’atomo di idrogeno, mentre l’altro può essere un atomo di idrogeno oppure un residuo alchilico o arilico (R). Nei chetoni il gruppo carbonilico è legato a due residui, uguali o diversi, alchilici o arilici (R e R′):

O

O

O

C

C

H H (HCOH)

R H (RCOH)

R R′ (RCOR′)

aldeide con 1 C

aldeide con più di 1 C

aldeidi

C

VIDEO Aldeidi e chetoni in natura e loro uso

R ≠ R′

R = R′

chetoni simmetrici

chetoni asimmetrici

IUPAC -ale

metanale (aldeide formica)

43

IUPAC -one

I composti carbonilici sono noti nella vita quotidiana per una loro proprietà peculiare: l’odore. L’odore tipico della vaniglia impiegata in pasticceria, per esempio per confezionare gelati, è dovuto alla vanillina, una sostanza appartenente alla classe delle aldeidi aromatiche. Un altro esempio è la benzaldeide, uno dei componenti dell’aroma delle mandorle, mentre la canfora è un chetone di origine vegetale dall’odore pungente, grazie al quale veniva impiegata come profumo nelle imbalsamazioni; oggi è usata soprattutto per le sue proprietà antimicrobiche [Fig. 1]. O H

Figura 1 Esempi di aldeidi e chetoni di origine vegetale.

O

HO OCH vanillina

canfora

3.1 La nomenclatura Secondo la nomenclatura IUPAC, le aldeidi hanno la desinenza -ale mentre per i chetoni la desinenza da usare è -one. L’aldeide più semplice è il metanale, comunemente noto come formaldeide o aldeide formica, un potente battericida impiegato per conservare campioni di materiale biologico. Nell’industria chimica è largamente utilizzato per la sintesi di composti polimerici come resine e materiali da rivestimento. Il primo composto della serie dei chetoni è il propanone, noto come acetone, un potente solvente, impiegato, a livello industriale, come composto di partenza per la sintesi di polimeri o altre sostanze più complesse. Le aldeidi non presentano isomeria di posizione, all’atomo di carbonio del gruppo carbonilico è attribuito sempre il numero 1, essendo terminale. Nei chetoni invece, a partire dal termine con cinque atomi di carbonio, si verifica isomeria di posizione, pertanto la posizione del gruppo carbonilico è indicata da un numero che precede il nome del composto. La numerazione della catena parte dall’estremità più vicina al C=O.

O CH

C etanale

O

O H

CH

C

CH CH 2-pentanone

CH

CH

CH

C CH 3-pentanone

CH

C

O

gruppo carbonilico


44

UNITÀ 2

I derivati degli idrocarburi

3.2 Le proprietà fisiche Una caratteristica tipica dei composti carbonilici, come abbiamo già evidenziato, è l’odore. Altre proprietà fisiche sono influenzate dal gruppo funzionale. Il doppio legame carbonio-ossigeno rende questi composti fortemente polari. Nel gruppo carbonilico l’ossigeno presenta una parziale carica negativa, mentre il carbonio risulta dotato di una parziale carica positiva. δ

δ

C

O

La polarità del gruppo carbonilico rende solubili in acqua aldeidi e chetoni a basso peso molecolare. Per i composti carbonilici con più di cinque atomi di carbonio l’effetto della polarità del gruppo carbonilico diventa trascurabile e la solubilità pressoché nulla. I punti di ebollizione sono più elevati di quelli degli alcani (apolari) a peso molecolare confrontabile, ma più bassi rispetto agli alcoli, in quanto la polarizzazione del legame carbonio-ossigeno fa formare legami intermolecolari più deboli rispetto ai legami a idrogeno che si stabiliscono tra le molecole di alcoli.

3.3 Le reazioni dei composti carbonilici Addizione nucleofila La reattività delle aldeidi e dei chetoni è dovuta alla presenza del gruppo carbonilico. L’atomo di carbonio è ibridato sp e forma un legame covalente di tipo σ e uno di tipo π con l’atomo di ossigeno. Eslegame sendo presente un doppio legame gli atomi del gruppo carbonilico e quelπ li adiacenti giacciono sullo stesso piano e hanno angoli di legame di circa 120°, con geometria trigonale planare, analogamente a quanto osservato per gli alcheni [Fig. 2]. Poiché l’atomo di carbonio possiede una parziale carica positiva ed è, quindi, impoverito di elettroni, sarà suscettibile all’attacco di specie “ricche” di elettroni, ossia di nucleofili. La reazione tipica dei composti carbonilici è, infatti, l’addizione nucleofila. L’attacco del nucleofilo determina la rottura del legame π ossigeno-carbonio e contemporaneamente la formazione di un nuovo legame σ carbonio-nucleofilo. L’atomo di carbonio, quindi, passa da un’ibridazione sp a una di tipo sp . Alla fine della reazione si ottiene un alcol, che però presenta sullo stesso carbonio un ulteriore gruppo funzionale, capace di influenzarne le proprietà chimico-fisiche.

δ

– legame σ

δ

+

120°

Figura 2 Le proprietà del gruppo carbonilico. Il gruppo carbonilico ha geometria trigonale planare. Il legame carbonio-ossigeno è polarizzato.

Addizione nucleofila al carbonile il legame π si rompe

OH

O C

+ Nu nucleofilo

H

C Nu

si forma un nuovo legame σ

Uno degli esempi più importanti è la reazione di addizione di alcoli (nucleofili all’ossigeno), che porta alla formazione di un emiacetale a partire da un’aldeide e di un emichetale a partire da un chetone. La reazione avviene in presenza di un catalizzatore acido. In presenza di un eccesso di alcol (o di un secondo alcol), l’emiacetale e l’emichetale formano rispettivamente un acetale e un chetale, i quali presentano i due gruppi alcossilici sullo stesso atomo di carbonio. La formazione di emiacetali e acetali è molto importante nel campo degli zuccheri, come vedremo più avanti.

VIDEO Il doppio legame carbonio-ossigeno del gruppo carbonilico


LEZIONE 3

Aldeidi e chetoni

45

Addizione di alcoli al carbonile O

OH

C CH

+

H

CH CH OH

CH

C

H etanolo

+

H

CH OH

C

CH acetone

CH metanolo

C

H

OCH CH acetale

OH

C

CH

H

emiacetale

O

CH

H

OCH CH

etanale

OCH CH

un altro

CH CH OH

OCH

un altro

CH OH

CH

CH

H

OCH

C

CH

OCH chetale

emichetale

Ossidazione e riduzioni dei composti carbonilici Per quanto riguarda le reazioni di ossidoriduzione dei composti carbonilici, solo le aldeidi possono essere ossidate ad acidi carbossilici (con ossidanti forti), mentre tutti i composti carbonilici possono essere ridotti ad alcoli (primari o secondari) mediante l’utilizzo di agenti riducenti. I più comuni sono sodio boro idruro (NaBH ) e litio alluminio idruro (LiAlH ), che agiscono come nucleofili all’idrogeno. In alternativa si può usare l’idrogeno gassoso (H ) con la presenza di Pd o Pt come catalizzatore.

O

H R

C

H

RID

R

C

H

aldeide

H alcol primario

R′

C

R

O OX

R

C

Riduzioni con H NaBH4 o LiAlH4 o 2 Pd Ossidazioni con KMnO4 o K2Cr2O7

O OH

H alcol secondario

OH

acido carbossilico

RID

C

R

chetone

R′

Organizza le idee Aldeidi

Chetoni

Reattività

1. La nomenclatura IUPAC della formaldeide è …..............…… 2. Nelle aldeidi il gruppo …..............…… è all’estremità della molecola e uno dei due residui è l’atomo di ...............

3. L’acetone o propanone non ha isomeria di V F posizione. 4. A parità di massa molecolare, i chetoni hanno punti di ebollizione più bassi degli alcani. V F

5. Aldeidi e chetoni si possono ridurre/ossidare entrambi per ottenere alcoli. 6. Solo le aldeidi possono ridursi/ossidarsi ad acidi carbossilici.


46

UNITÀ 2

LEZIONE 4

I derivati degli idrocarburi

Acidi carbossilici e derivati

Gli acidi carbossilici sono composti organici caratterizzati dalla presenza del gruppo carbossilico, in cui un gruppo ossidrilico è legato direttamente all’atomo di carbonio del gruppo carbonilico. Questo gruppo funzionale può quindi essere considerato la “somma” del gruppo carbonilico e del gruppo ossidrilico. gruppo carbonilico

O C

H O

gruppo ossidrilico

La geometria è quella tipica degli atomi di carbonio ibridati sp : gli atomi del gruppo carbonilico e quelli adiacenti sono complanari e formano angoli di legame di 120°. Il gruppo carbossilico può essere legato a un gruppo alchilico (RCOOH, acido carbossilico alifatico) o arilico (ArCOOH, acido carbossilico aromatico). Un composto molto noto appartenente alla classe degli acidi carbossilici è l’aspirina, uno dei prodotti più utilizzati come antipiretico e analgesico. L’aspirina è un derivato dell’acido salicilico, una sostanza ricavata dal salice. La sua scoperta deriva dallo studio di chimici e farmacisti che trovarono riportato nel papiro di Ebers (risalente al 1500 a.C.) e in alcuni ricettari medici inglesi più recenti l’utilizzo di corteccia di salice come cura per gli stati febbrili.

COOH OH

acido salicilico

4.1 La nomenclatura I nomi degli acidi carbossilici, secondo le regole IUPAC, derivano dai nomi degli idrocarburi con lo stesso numero di atomi di carbonio per aggiunta della desinenza -oico e anteponendo la parola acido. Per molti dei composti della serie sono impiegati nomi comuni. L’acido carbossilico più semplice è l’acido metanoico (HCOOH), noto come acido formico poiché fu ottenuto per la prima volta dalle formiche, che lo impiegano come arma di difesa a causa delle sue proprietà irritanti [Fig. 1A]. È un liquido incolore dall’odore pungente ed è corrosivo. Questo acido è principalmente impiegato come agente conservante e antibatterico nei mangimi per animali d’allevamento: vaporizzato sul fieno o su altri foraggi

A O C H

È prodotto da numerose specie di formiche.

OH acido formico

È il componente principale dell’aceto.

B

O C HC

OH acido acetico

Figura 1 Gli acidi carbossilici più semplici.


LEZIONE 4

Acidi carbossilici e derivati

47

ne arresta alcuni processi di fermentazione. Nell’industria è impiegato principalmente nella produzione della gomma. Il secondo termine della serie è l’acido etanoico (CH COOH), noto comunemente come acido acetico perché presente nell’aceto; allo stato puro è chiamato acido acetico glaciale [Fig. 1B]. Questo composto trova vasti impieghi industriali: è usato per la produzione di rayon, materie plastiche, pellicole fotografiche, solventi per vernici e farmaci. Negli acidi carbossilici la posizione del gruppo funzionale è sempre in testa alla catena, quindi non deve essere indicata. Se nella catena sono presenti ramificazioni o gruppi funzionali meno importanti, la numerazione viene effettuata sempre a partire dalla funzione carbossilica; il nome e la posizione dei sostituenti sono indicati dopo la parola acido:

O

O

C

C

HO

CHCH

HO

CH CHCH CH

CH

CH CH acido 3-etilpentanoico

acido 2-metilpropanoico

Se il gruppo carbossilico è legato a un anello aromatico (acidi carbossilici aromatici), la denominazione si effettua considerando i composti derivati dell’acido benzoico e la numerazione parte dalla funzione carbossilica:

O O

OH

O

C

OH C

OH C CH

Cl acido benzoico

acido 2-metilbenzoico acido orto-metilbenzoico

acido 4-clorobenzoico acido para-clorobenzoico

In natura sono presenti acidi carbossilici di interesse biologico costituiti da lunghe catene sature (per esempio, l’acido palmitico presente nell’olio di palma) o insature (per esempio, l’acido oleico di cui è ricco l’olio di oliva). Essendo dei costituenti dei grassi, sia animali sia vegetali, essi prendono il nome di acidi grassi [Fig. 2]. Ci occuperemo della loro importanza e delle loro proprietà nella prossima Unità. I composti che presentano, nella molecola, due gruppi carbossilici sono detti acidi dicarbossilici.

acido palmitico (saturo)

La nomenclatura IUPAC segue le regole stabilite per gli acidi carbossilici e l’utilizzo del suffisso -dioico, ma è spesso utilizzato il nome comune. Molti di questi composti sono di origine naturale e sono sia alifatici [Tab. 1] sia aromatici. doppio legame

Tabella 1 Acidi bicarbossilici alifatici. FORMULA CONDENSATA NOME IUPAC

NOME COMUNE

HOOC—COOH

Acido etandioico

Acido ossalico

HOOC—CH —COOH

Acido propandioco

Acido malonico

HOOC—(CH ) —COOH

Acido butandioico

Acido succinico

HOOC—(CH ) —COOH

Acido pentandioico

Acido glutarico

HOOC—(CH ) —COOH

Acido esandioico

Acido adipico

HOOC—(CH ) —COOH

Acido eptandioico

Acido pimelico

acido oleico (insaturo)

Figura 2 Acidi grassi saturi e insaturi.


48

UNITÀ 2

I derivati degli idrocarburi

L’acido tereftalico, un isomero dell’acido ftalico, riveste un alto interesse commerciale come materiale di partenza nella sintesi di polimeri.

COOH COOH COOH

COOH

acido ftalico

acido tereftalico

4.2 Le proprietà fisiche Gli acidi carbossilici con meno di dieci atomi di carbonio sono liquidi a temperatura ambiente e hanno un odore sgradevole o pungente. La polarità del gruppo carbossilico influenza le caratteristiche fisiche degli acidi carbossilici. La possibilità di formare legami a idrogeno tra le molecole di acido e quelle di acqua rende gli acidi a basso peso molecolare molto solubili in acqua; al crescere della componente idrocarburica (oltre i cinque atomi di carbonio) la solubilità decresce, mentre quelli ad alto peso molecolare e gli aromatici sono insolubili. I legami a idrogeno si instaurano anche tra il gruppo ossidrilico di una molecola e il C=O di un’altra, giustificando i punti di ebollizione elevati di questi composti. Per esempio, l’acido acetico ha un punto di ebollizione di 118 °C:

HC

O

H

O

O

H

O

C

C

HC

4.3 L’acidità del gruppo carbossilico I composti carbossilici sono sostanze più acide (K ≅ 10 ) sia degli alcoli (K ≅ 10 ) sia dei fenoli (K ≅ 10 ). In acqua si dissociano liberando lo ione idrogeno, H+, con formazione dello ione carbossilato, RCOO :

H + HO

RCOO

RCOO + H O

acido carbossilico

ione carbossilato

L’idrogeno del gruppo —OH negli acidi carbossilici viene ceduto più facilmente rispetto a quello di un gruppo alcolico o fenolico, per la presenza del gruppo carbonilico. La formazione dello ione carbossilato è favorita, perché la sua carica negativa è delocalizzata sui due atomi di ossigeno, come è reso evidente dalle due forme di risonanza:

R

O

O

C

C O

R

O

I derivati aromatici sono più acidi dei composti alifatici. Fra questi ultimi, i termini a catena più corta sono più acidi di quelli a catena più lunga. L’acido metanoico e l’acido acetico sono, infatti, i composti più acidi. In presenza di una base, si ha la formazione del sale, il cui nome deriva dall’acido di partenza ma sostituendo il suffisso -oico dell’acido con il suffisso -oato, seguito dal nome del catione:

RCOO acido carbossilico

H + NaOH

RCOO Na + H O sale dell’acido carbossilico


LEZIONE 4

Acidi carbossilici e derivati

49

4.4 La reazione di sostituzione L’atomo di carbonio del gruppo carbossilico è impoverito di elettroni perché è legato a due atomi di ossigeno, molto elettronegativi. Esso reagirà quindi con specie nucleofile, che andranno a sostituire il gruppo ossidrilico, come abbiamo già visto per gli alcoli. La reazione principale dei composti carbossilici è, infatti, la sostituzione nucleofila. nucleofilo

O R

O

NuH OH

+ HO R

acido carbossilico

Nu

derivato dell’acido carbossilico

Il meccanismo di reazione è caratterizzato da due stadi, rappresentati in [Fig. 3]. Le reazioni di sostituzione nucleofila avvengono però con difficoltà sugli acidi carbossilici; per questo sono spesso impiegati catalizzatori oppure gli acidi sono sostituiti con i loro derivati, che tratteremo di seguito, più reattivi.

Tabella 2 Alcuni degli esteri che O

O Nu

R

R

OH

Nu OH

acido carbossilico

intermedio tetraedrico

+ OH

OH intermedio tetraedrico

ESTERE

AROMA

O

essenza di banana

acetato di isopentile

Nu R

conferiscono l’aroma ai frutti.

O

O

O R

1 Il nucleofilo attacca il carbonio carbonilico e si forma un intermedio tetraedrico (addizione).

Nu

derivato dell’acido

2 Il gruppo —OH è eliminato e si ripristina il doppio legame del gruppo carbonilico (eliminazione).

O H

4.5 I derivati degli acidi carbossilici I derivati degli acidi carbossilici sono composti in cui il gruppo —OH è sostituito da un altro gruppo funzionale. I derivati più importanti sono gli alogenuri acilici, gli esteri, le anidridi e le ammidi:

R

O

C

C X

alogenuri acilici

R

R′ O

esteri

O

formiato di isobutile

Figura 3 Il meccanismo della sostituzione nucleofila negli acidi carbossilici.

O

essenza di lampone

R

O

O

O

C

C

C

O anidridi

R R

O

essenza di pera O

acetato di propile O

essenza di pesca O

acetato di benzile R′

O

essenza d’ananas

N

O

R″

butirrato di etile

ammidi

Gli esteri Gli esteri sono ampiamente diffusi in natura e sono i responsabili degli aromi di molti frutti, come banane, lamponi, pere, pesche e molti altri [Tab. 2]

O

essenza di mela O

butirrato di metile


UNITÀ 2

50

I derivati degli idrocarburi

Negli esteri il gruppo ossidrilico del gruppo carbossilico è sostituito dal gruppo alcossilico:

O R′

C R

O

Il nome IUPAC degli esteri è dato dalla combinazione della parte derivante dall’acido, che si indica eliminando la parola acido e sostituendo la desinenza -oico con -ato, e dal nome del radicale alchilico o arilico del gruppo estereo:

O

O

CH

C HC

CH CH

C

O

H CH CH C

etanoato di metile acetato di metile

O

butanoato di etile butirrato di etile

Gli esteri possono essere preparati a partire da un acido carbossilico e un alcol in presenza di acidi forti. È una reazione di sostituzione nucleofila, in cui il gruppo ossidrilico dell’acido è sostituito dal gruppo alcossilico dell’alcol [Fig. 4]. O + R OH R

+ HO

OH

acido carbossilico

Figura 4 La reazione di esterificazione.

O

H SO R

alcol

OR

estere

Esempio O

O C HC

OH + CH CH OH

acido acetico

C

H SO HC

etanolo

OCH CH + H O

acetato di etile

Figura 5 La molecola di un trigliceride.

L’esterificazione è una reazione di equilibrio, pertanto per riuscire a ottenere la maggiore quantità di estere possibile è necessario impiegare un eccesso di alcol, oppure eliminare acqua dall’ambiente di reazione. Una reazione degli esteri di particolare interesse è l’idrolisi alcalina, che consiste nel trattamento dell’estere con una base forte, come idrossido di sodio o di potassio, e che determina la formazione del sale dell’acido e dell’alcol.

O

O

O + NaOH

R

OR′ estere

+ R′ OH R

O Na sale

alcol

Dal punto di vista industriale è di interesse l’applicazione di questa reazione a un gruppo particolare di esteri costituito dai trigliceridi, grassi e oli naturali, rispettivamente solidi e liquidi. Questi composti sono triesteri formati da un alcol trivalente, il glicerolo, e acidi carbossilici a catena idrocarburica lunga [Fig. 5].

C CH

R

O O C

CH

O

R O C

CH

O

R


LEZIONE 4

Acidi carbossilici e derivati

51

L’idrolisi basica dei trigliceridi permette di ottenere il glicerolo e i sali degli acidi grassi, che costituiscono i saponi; per questo la reazione è meglio nota come saponificazione [Fig. 6].

O C CH

O

R

CH

O

O

O C

C CH

OH

R

+ 3NaOH

CH

+ 3 R

OH

O

sapone

C CH

O

O Na

CH

R

trigliceride

OH

glicerolo

La struttura dei sali degli acidi grassi presenta una testa polare idrofila (l’anione carbossilato —COO associato a un catione, per esempio il Na ) e una coda apolare idrofoba (la catena idrocarburica, R—) [Fig. 7A]. Queste sostanze sono i componenti principali dei detergenti, perché grazie alla loro particolare struttura portano via lo sporco. In acqua i saponi sono solubili perché formano aggregati sferici detti micelle: le porzioni idrofobe si orientano l’una accanto all’altra verso il centro della micella, permettendo alle porzioni idrofile di estendersi nell’acqua [Fig. 7B]. L’azione detergente è data dalla cooperazione della zona idrofoba e idrofila: la parte idrocarburica apolare discioglie i grassi (per esempio unto di vario genere) e, grazie alla parte idrofila, forma con l’acqua circostante una schiuma di acqua e olio, che può essere allontanata [Fig. 8C]. A seconda del catione che compare nella molecola, i saponi sono duri (Na ) oppure molli (K ).

A

Il sale di un acido grasso

C

O Na

Figura 7 Le proprietà e l’azione detergente dei saponi.

Azione detergente di un sapone

testa polare idrofila

+

Le micelle +

In acqua gli anioni dell’acido grasso formano le micelle.

+ –

– –

+

– –

– –

+

+ ioni sodio

grasso

+

+

+

B

VIDEO I saponi e l’azione detergente

Le code apolari sono rivolte verso la particella di grasso idrofoba.

O coda apolare idrofoba

Figura 6 La reazione di saponificazione.

+ +

– +

+

+

Le teste polari rimangono esposte all’esterno e quindi la micella, avendo una superficie idrofila, può essere rimossa con l’acqua.


52

UNITÀ 2

I derivati degli idrocarburi

Le ammidi Le ammidi sono derivati degli acidi carbossilici in cui il gruppo ossidrilico è sostituito da un gruppo amminico —NH . Le ammidi si classificano in primarie, secondarie o terziarie in funzione del numero di sostituenti legati all’azoto:

R

O

O

C

C R

NH

ammide primaria

O R

R

C R

N H

ammide secondaria

N

ammide R terziaria

Secondo le regole IUPAC il nome delle ammidi primarie è costituito dalla radice dell’acido corrispondente con il suffisso -ammide. Il nome delle ammidi secondarie e terziarie si compone allo stesso modo di quelle primarie, ma è fatto precedere da una o due N, per precisare la sostituzione di uno o due degli atomi di idrogeno legati all’atomo di azoto, seguita dal nome o dai nomi dei radicali alchilici o arilici:

O CH

CH

C

CH

O NH

CH

butanammide ammide primaria

C

O NH

CH

C

H

N-metilacetammide ammide secondaria

N

CH

CH N,N-dimetilformammide ammide terziaria

Le ammidi primarie si ottengono per trattamento dei derivati degli acidi carbossilici con ammoniaca. Per esempio dai cloruri acilici, con aggiunta di almeno 2 equivalenti di ammoniaca, si ottiene l’ammide primaria e il cloruro d’ammonio. Il secondo equivalente di ammoniaca serve a tamponare la formazione dell’acido cloridrico (sottoprodotto), che interferirebbe con la reazione.

O CH

C

O Cl + 2NH

etanoil cloruro

ammoniaca

CH

C

NH + NH Cl

etanammide

cloruro di ammonio

Per ottenere ammidi secondarie o terziarie è sufficiente aggiungere, al posto dell’ammoniaca, un’ammina primaria o secondaria. Le ammidi sono largamente diffuse in natura, soprattutto sotto forma di proteine.

Organizza le idee Acidi carbossilici

Proprietà

Derivati

1. Nel gruppo carbossilico il gruppo carbonilico è legato a quello V F ossidrilico.

3. Come gli alcoli, anche gli acidi carbossilici hanno alti/bassi punti di ebollizione, grazie al legame a idrogeno. 4. Gli acidi carbossilici danno reazioni di addizione/sostituzione nucleofila.

5. La reazione di …..............… permette di ottenere gli esteri, per aggiunta di un …..............…… agli acidi carbossilici (con catalizzatore acido). 6. Nella reazione di saponificazione i …..............…… si scindono in tre molecole di ione carbossilato a catena lunga (sapone) e una molecola di …..............……

2. L’acido etanoico è prodotto da numerose specie di formiche (si chiama anche acido V F formico).


LEZIONE 5

Ammine

LEZIONE 5

Ammine

A

Il doppietto elettronico è posto al vertice della piramide.

5.1 Il gruppo funzionale Le ammine sono composti organici con un gruppo amminico, in cui l’atomo di azoto è ibridato sp3 perché possiede un doppietto elettronico non condiviso. Gli orbitali ibridi dell’azoto si dispongono con una geometria piramidale triangolare [Fig 1A]. Le ammine sono composti largamente diffusi in natura e molte di esse sono state isolate e utilizzate dall’uomo. La maggior parte delle piante sintetizza ammine complesse, chiamate alcaloidi, molte delle quali hanno proprietà tossiche oppure attività biologiche. Ne sono un esempio la morfina, potente antidolorifico estratto da Papaver somniferum, la chinina, un farmaco antimalarico ricavato dalla corteccia degli alberi della china, e la nicotina, componente fondamentale del tabacco, impiegato per la sua tossicità come insetticida. Le ammine sono considerate derivati dell’ammoniaca: uno o più atomi di idrogeno dell’ammoniaca sono stati sostituiti da gruppi alchilici (ammine alifatiche) o aromatici (ammine aromatiche). In base a quanti gruppi organici sono legati all’atomo di azoto, le ammine si dividono in primarie, secondarie e terziarie [Fig. 1B].

N

R

R R 107° N H

H

Ammine

N

R

H

primaria

R

H

secondaria

R

R

Figura 1 Le ammine.

CH CH CHCHCH

CH CH CHCHCH CH CH CH CH

CH CH NH

CH CH CH NH

CH

amminometano

amminoetano

amminopropano

2-ammino-3-metilpentano

4-ammino-3-etileptano

Per le ammine alifatiche secondarie e terziarie si assegna il nome, come per quelle primarie, alla catena idrocarburica più lunga presente. Gli altri gruppi alchilici presenti sono indicati prima del nome preceduti dalla lettera N, a indicare la sostituzione degli atomi di idrogeno sull’azoto:

CH CHCH CH

CH CH CHCH CH CH N

N

CH CH CH

CH CH

CH CH

HC

N,N-dietil-2-amminobutano

N-metil-N-propil-3-amminoesano

La nomenclatura tradizionale, più comunemente usata, prevede di denominare le ammine alifatiche mettendo in ordine alfabetico i nomi dei sostituenti seguiti dal suffisso -ammina:

CH NH

CH CH NH

metilammina

etilammina

HN

R terziaria

NH

CH NH

CH

H

N

R

NH

N-metilamminoetano

H

N

Ammine alifatiche Il nome delle ammine primarie, secondo la nomenclatura IUPAC, è composto dal nome della catena idrocarburica legata all’atomo di azoto aggiungendo come prefisso il termine ammino. A partire dal termine con tre atomi di carbonio è necessario indicare la posizione del gruppo funzionale, poiché si verifica isomeria di posizione. La catena è numerata a partire dall’atomo più vicino al gruppo amminico e il numero della posizione è indicato prima del nome.

NH

B

Ammoniaca

5.2 La nomenclatura

CH CH

53

CH CH CH

CH CH etilpropilammina


54

UNITÀ 2

I derivati degli idrocarburi

Ammine aromatiche La nomenclatura delle ammine aromatiche fa riferimento all’anilina. L’anilina è l’ammina aromatica più semplice, ossia l’amminobenzene, nota materia prima per la produzione di numerosi coloranti sintetici. La preparazione del primo colorante sintetico, la malveina (nota anche come violetto di Perkin), fu realizzata casualmente dal giovane chimico inglese William Perkin (1838-1907) nel 1856, durante le sue ricerche sulla sintesi della chinina, utile a combattere la malaria che aveva prodotto molte vittime fra le truppe delle colonie inglesi. Per dare il nome alle ammine aromatiche si sceglie come sostituente in posizione 1 il gruppo ammino e si numera la posizione degli altri sostituenti seguendo le regole enunciate per la nomenclatura dei composti aromatici:

NH

NH CH CH

Cl anilina

4-cloro-2-etilanilina

NH

Br

CH CH CH

3-bromo-5-propilanilina

5.3 Le proprietà fisiche Le ammine primarie e secondarie possono formare legami a idrogeno intermolecolari grazie alla presenza del gruppo —NH—. Come abbiamo visto, la possibilità di formare questi legami influisce sia sulla solubilità sia sui punti di ebollizione dei composti. Le ammine con catene idrocarburiche con meno di cinque atomi di carbonio sono infatti facilmente solubili in acqua. Le ammine, inoltre, hanno punti di ebollizione più elevati rispetto ai paragonabili idrocarburi, ma inferiori a quelli degli alcoli a peso molecolare simile. I valori più bassi dei punti di ebollizione delle ammine rispetto agli alcoli sono giustificati dalle deboli interazioni intermolecolari. Il legame a idrogeno NH---N è più debole del legame OH---O, perché la differenza di elettronegatività tra l’azoto e l’idrogeno è minore rispetto a quella tra ossigeno e idrogeno. Le ammine primarie, avendo due atomi di idrogeno disponibili per formare legami intermolecolari, hanno punti di ebollizione maggiori rispetto a quelle secondarie e terziarie.

CH CH CH NH

CH CH NHCH

(CH ) N

1-amminopropano P.E. 48 °C

N-metil-1-amminoetano P.E. 37 °C

N,N-dimetilamminometano P.E. 3 °C

5.4 La basicità delle ammine Le ammine sono sostanze basiche grazie alla disponibilità del doppietto elettronico sull’atomo di azoto. In acqua accettano un protone con formazione dello ione alchilammonio, R—NH , e dello ione idrossido, OH :

H R

N

H+ H

O

H

R

N

H + OH

H

H

ammina

ione alchilammonio

Le ammine alifatiche sono leggermente più basiche dell’ammoniaca grazie ai gruppi alchilici che sostituiscono gli atomi di idrogeno sull’azoto [Tab. 1].


LEZIONE 5

Ammine

55

Tabella 1 Valori delle costanti di dissociazione basica dell’ammoniaca e di un’ammina primaria, secondaria, terziaria e aromatica. FORMULA

FORMULA

NOME

K

NH

ammoniaca

1,8 ⋅ 10

CH CH NH

etilammina

5,6 ⋅ 10

HN

H CH C

K

trietilammina 5,7 ⋅ 10

CH CH

dietilammina 9,5 ⋅ 10

CH CH

NOME

N CH CH

CH CH

NH

3,8 ⋅ 10

anilina

Reazione di salificazione Tutte le ammine, possedendo proprietà basiche, reagiscono con acidi inorganici donando il doppietto elettronico e formando il corrispondente sale d’ammonio; questa reazione è detta di salificazione:

H R

N

H+H

R

Cl

H + Cl

N

H

H

ammina

sale d’ammonio

5.5 Le reazioni delle ammine Le ammine sono forti nucleofili a causa del doppietto disponibile dell’azoto, che può attaccare atomi o gruppi di atomi con parziale o intera carica positiva. Reagiscono facilmente con alogenuri alchilici tramite una reazione di sostituzione nucleofila, detta alchilazione, per formare ammine secondarie o terziarie. L’attacco del nucleofilo sull’alogenuro alchilico forma il sale d’ammonio e il successivo trattamento con una soluzione acquosa di idrossido di sodio libera l’ammina. L’ammina che si forma, a sua volta, è un buon nucleofilo e tenderà a reagire con un secondo alogenuro alchilico. La reazione può procedere fino alla formazione di miscele di ammine. Se l’alogenuro alchilico è in forte eccesso, si potrà avere anche la formazione del sale d’ammonio quaternario. NH + R′

R

δ CH

δ X

R

CH ammina

alogenuro alchilico

NaOH

NH X R′

sale di ammonio

R

NH CH

R′

ammina secondaria

Organizza le idee Ammine

Proprietà

Reattività

1. Nelle ammine l’azoto ha ibridazione …..............……, ha infatti tre legami singoli e un …..............…… non condiviso. 2. L’1-propanammina e la 2-propanammina presentano isomeria di …..............……

3. Il legame a idrogeno delle ammine è più forte/debole rispetto a quello degli alcoli. 4. Le ammine alifatiche sono più/meno basiche di quelle aromatiche.

5. Le ammine reagiscono con alogenuri alchilici per dare reazione di sostituzione nucleofila. Un eccesso di alogenuro produce: a. ammoniaca b. ammina terziaria c. sale quaternario d. ammina secondaria


56

UNITÀ 2

LEZIONE 6

I derivati degli idrocarburi

I composti eterociclici

6.1 Eterocicli aromatici e non aromatici I composti eterociclici presentano strutture cicliche, ad anello, nelle quali sono presenti anche atomi diversi dal carbonio (“eteroatomi”). Spesso fungono da eteroatomi l’azoto, l’ossigeno o lo zolfo, come nei seguenti esempi:

N

N H

O

S

Piridina

Pirrolo

Furano

Tiofene

Chem word Eterociclico | Heterocyclic dal greco eteros «altro, diverso» e dal latino «cyclus» giro

VIDEO I polimeri: naturali e di sintesi

I composti eterociclici possono essere raggruppati in due grandi categorie: aromatici e non aromatici. Mentre le caratteristiche degli eterocicli non aromatici sono molto simili ai corrispettivi non ciclici, gli aromatici presentano caratteristiche molto peculiari e sono molto utilizzati dagli organismi viventi. Le caratteristiche di aromaticità emergono quando sulle strutture cicliche sono presenti doppi legami alternati, che danno origine a orbitali distribuiti sopra e sotto l’anello, contenenti elettroni diffusi e mobili. Le strutture risultano planari e particolarmente stabili.

6.2 La piridina Nella piridina un atomo di azoto sostituisce un carbonio dell’anello benzenico. L’atomo di azoto è ibridato sp , e possiede un doppietto di elettroni non condiviso. La struttura della molecola è planare, con forma di esagono quasi perfetto. Come il benzene, la piridina è solubile nella maggior parte dei solventi organici, ma a differenza degli idrocarburi è perfettamente miscibile anche in acqua. Inoltre, la molecola è polare, a causa della maggiore elettronegatività dell’azoto rispetto al carbonio. Il doppietto di elettroni sull’azoto può essere protonato, e ciò conferisce alla molecola caratteristiche di debole basicità. Rispetto alle ammine, comunque, il comportamento basico è molto più debole. Nelle ammine l’azoto possiede ibridazione sp . Anelli piridinici e piperidinici sono presenti in numerosissimi composti di origine naturale e che presentano attività biologica. L’anello aromatico può presentare anche più di un eteroatomo. Nell’anello benzenico della pirimidina si trovano due atomi di azoto (in posizione 1 e 3). La pirimidina e i suoi derivati hanno grande importanza in biologia. Timina, citosina e uracile, infatti, sono le basi azotate utilizzate per costruire gli acidi nucleici (DNA e RNA). Per la loro struttura, queste sono dette basi pirimidiniche [Fig. 1].

N N pirimidina

NH N

citosina

O CH

6.3 Eterocicli aromatici a cinque atomi Esistono anche composti eterociclici formati da cinque atomi, con carattere aromatico. Nel furano è presente ossigeno, mentre nel pirrolo azoto. L’ossigeno del furano, come gli atomi di carbonio, ha ibridazione sp . In uno dei tre orbitali sp è presente un doppietto di elettroni di non legame, mentre altri due elettroni sono presenti nell’orbitale 2π che non partecipa all’ibridazione. Come nel benzene e negli eterocicli a sei atomi di carbonio, sono presenti sei elettroni π delocalizzati sull’anello. Lo stesso vale per l’atomo di azoto del pirrolo: anche in questo caso si forma un sistema 6π aromatico. Siccome il doppietto elettronico dell’azoto è parte integrante del sistema aromatico, non viene protonato dagli acidi: il pirrolo risulta così meno basico rispetto alla piridina. L’anello del pirrolo è una struttura di grande importanza in biologia. Esso può essere considerato la molecola di base con cui si realizzano le porfirine, definite generalmente pigmenti, che presentano nella loro struttura quattro anelli pirrolici, trattenuti da gruppi —CH= a ponte [Fig. 2].

N H

O

HN N H

O

timina

O HN O

N H uracile

Figura 1 Le basi citosina, timina e uracile che formano il DNA e l'RNA sono derivati della pirimidina.


LEZIONE 6

NH

N

NH

N

N

HN

N

HN

57

I composti eterociclici

Figura 2 La struttura della porfirina.

porfina

La porfina rappresenta la struttura di base delle porfirine. Questi macro-anelli presentano struttura planare, e possiedono un sistema di 18 elettroni aromatici delocalizzati sull’anello. La struttura della porfina è un ibrido di risonanza delle due strutture indicate sopra. All’anello delle porfine si legano catene idrocarburiche e sostituenti di vario tipo. Le funzioni di queste molecole sono diverse, come il trasporto degli elettroni o l’interazione con le molecole di ossigeno. I gruppi eme sono porfirine contenute nell’emoglobina e nei citocromi. L’emoglobina è la proteina che riempie i globuli rossi, conferisce il colore rosso al sangue e consente di trasportare l’ossigeno ai tessuti del corpo. Al centro dell’anello porfirinico è presente uno ione Fe , che può legarsi in modo reversibile all’ossigeno (O ) per trasportarlo e cederlo ai tessuti che lo hanno consumato. Altre molecole estremamente abbondanti e importantissime in biologia, sono le clorofille. Si tratta di pigmenti che presentano una struttura porfirinica, simile ai gruppi eme. L’anello viene ancorato alle membrane dei cloroplasti per mezzo di una lunga catena idrocarburica idrofoba (catena fitolica). Al centro dell’anello è presente uno ione Mg . Il colore verde delle foglie e delle altre parti delle piante è dovuto in prevalenza alle clorofille, che sono indispensabili per il processo fotosintetico.

NH N

N

6.4 Indoli e purine

N

L’indolo è un eterociclo formato da un anello pirrolico fuso con un anello benzenico. Questa struttura è presente nell’amminoacido triptofano e in composti di simile struttura. Nella purina un anello pirimidinico risulta fuso con un anello imidazolico. Con il termine generico purine ci si riferisce a molecole che derivano dalla purina; le purine più importanti in biologia sono l’adenina e la guanina, le altre due basi azotate che insieme a quelle pirimidiniche costituiscono gli acidi nucleici [Fig. 3]. Alcuni esempi sono l’ATP,

H adenina

O

HN

N H indolo

N H

purina

N

N H

N N

N

HN

il GTP, il NADH e il coenzima A.

N

N

guanina

Figura 3 Le basi adenina e guanina che formano il DNA sono derivati della purina.

Organizza le idee Eterocicli

Piridina

Purine

1. Quale tra i seguenti NON è presente come eteroatomo nei composti eterociclici?: a. Cl b. N c. O d. S

2. Nella molecola di piridina un atomo di azoto sostituisce un carbonio dell’anello benzenico. V F

3. Sono molecole con un anello pirimidinico fuso con un anello benzenico/ imidazolico.


58

UNITÀ 2

LEZIONE 7

I derivati degli idrocarburi

I polimeri

7.1 Le caratteristiche dei polimeri

Chem word

L’innovazione più importante del XX secolo, che ha portato molti cambiamenti nella vita di tutti i giorni e nelle tecniche industriali, è dovuta all’introduzione dei materiali polimerici di sintesi.

I polimeri sono sostanze costituite da macromolecole, ossia molecole con un elevato peso molecolare, che sono caratterizzate dalla ripetizione di molte unità, dette unità ripetitive.

Polimero | Polymer dal greco polymerˉeś «composto di molte parti», composto di poly«poli-» e un derivato di méros «parte»

Le unità ripetitive sono generate da una molecola a basso peso molecolare, che prende il nome di monomero, attraverso il processo di polimerizzazione. Uno schema semplificato della formazione dei polimeri è rappresentato in [Fig. 1A]. Se i monomeri sono tutti uguali si parla di omopolimero, se sono diversi si ottiene un copolimero [Fig. 1B].

A La reazione di polimerizzazione

Figura 1 La formazione di polimeri.

polimerizzazione

n molecole di monomero

polimero

B Omopolimeri e copolomeri omopolimero

I monomeri sono tutti uguali.

copolimeri

I monomeri sono diversi e si possono legare in maniera ordinata o disordinata.

Incisione del tronco di Havea brasiliensis per estrarre la gomma.

7.2 La classificazione In base alla loro origine i polimeri possono essere classificati in due grandi gruppi: naturali e di sintesi. Dei polimeri naturali abbiamo già menzionato qualche esempio; inoltre, essi comprendono molte delle biomolecole di importanza fondamentale per la vita, come i carboidrati, le proteine e gli acidi nucleici. È un esempio di polimero naturale anche la gomma naturale, che si ottiene per semplice incisione delHC CH la corteccia della pianta Havea brasiliensis nativa dell’Amazzonia [Fig. 2]. Questo polimero era conosciuto sin dall’XI secolo dalle triC C bù indigene come Caa-o-chou («albero che piange»), da noi chiamato «caucciù». Nel 1839 l’inventore americano Charles Goodyear HC H (1800-1860) scoprì casualmente che la gomma riscaldata ad alta temperatura con zolfo acquista una serie di proprietà meccaniche e fisiche superiori a quelle del caucciù allo stato grezzo. Questa reazione venne brevettata sotto il nome di vulcanizzazione, in onore del dio del fuoco Vulcano, e segnò la svolta che determinò la nascita dell’industria della gomma negli Stati

Figura 2 L’isoprene, il monomero della gomma naturale.


LEZIONE 7

Uniti e in Europa. All’inizio del XX secolo la richiesta di gomma iniziò a crescere esponenzialmente, in parallelo allo sviluppo dell’industria dell’automobile. Nel 1860 Charles Greville Williams scoprì che il monomero della gomma era l’isoprene o 2-metilbutadiene. Da allora prese avvio lo studio dei processi di polimerizzazione, per sintetizzare nuovi materiali a minor costo o con proprietà superiori a quelli disponibili in natura. I polimeri di sintesi sono preparati industrialmente a partire, soprattutto, dai derivati del petrolio. In questa lezione tratteremo in particolare tali macromolecole. Un’altra classificazione dei polimeri può essere effettuata in base al tipo di concatenamento dei monomeri [Fig. 3]. In funzione del processo reattivo utilizzato, i polimeri possono essere classificati in polimeri di addizione e di condensazione. polimeri ramificati

polimeri lineari

I polimeri

59

Figura 3 Diversi concatenamenti dei monomeri.

polimeri reticolati

I monomeri formano lunghe catene. Lungo la catena principale si trovano ramificazioni.

Lunghe catene si legano a formare una rete.

7.3 La poliaddizione La poliaddizione è il processo di polimerizzazione più semplice; avviene tramite reazioni di addizione e i monomeri più impiegati sono composti contenenti doppi legami. Il polimero più noto, prodotto con questo processo, è il polietene, comunemente chiamato polietilene e indicato con la sigla PE. Il PE ha bassi costi di produzione ed è impiegato in diversi campi: cavi elettrici, buste di plastica, bottiglie per lo shampoo, giocattoli per bambini e giubbotti antiproiettile [Fig. 4]. Esso è costituito da una lunga catena di atomi di carbonio e deriva dalla polimerizzazione dell’etilene:

H

H

H

H

H

H

H

H

C

C

C

C

C

C

C

C

H

H

H

H

H

H

H

H

Figura 4 Sacchetti in polietilene.

La catena polimerica può anche essere rappresentata schematicamente riportando l’unità ripetitiva fra parentesi quadre:

H

H

C

C

H

H

oppure

n

CH

CH n

Preparazione del polietilene La reazione di polimerizzazione dell’etilene avviene tramite una serie di addizioni per via radicalica; inizialmente si ha, infatti, la formazione di un radicale, una specie molto reattiva a causa della presenza di un elettrone spaiato. La reazione procede in tre fasi. • Inizio: si ha la formazione delle prime specie radicaliche grazie alla luce o al calore o, più spesso, grazie all’aggiunta di iniziatori chimici, sostanze instabili che formano facilmente specie radicaliche; la prima specie radicalica che si forma in questa fase è quella che realmente dà inizio alla reazione di poliaddizione. • Propagazione: si ha l’addizione ripetitiva di molecole di monomero con unione detta testa-coda.


60

UNITÀ 2

I derivati degli idrocarburi

• Terminazione: si ha l’arresto della formazione della catena polimerica per accoppiamento di due radicali [Fig. 5].

A

Z + CH iniziatore chimico

CH

Z

etene

CH

Inizio: formazione della prima specie radicalica grazie all’aggiunta di iniziatori chimici.

CH

radicale

testa

B

Z

CH + CH

CH radicale

Z

CH

Z

etene

CH

CH

CH

CH

CH

radicale

CH

CH

CH

etene

Propagazione: addizione ripetitiva di molecole di monomero.

CH

Terminazione: l’accoppiamento di due radicali porta all’arresto della formazione della catena

CH + CH coda

CH

CH

radicale

C CH

CH

CH CH

CH CH

CH + CH

CH CH

CH

CH

CH

CH

CH CH

CH CH

CH CH

CH

Il polimero così ottenuto è detto polietilene a bassa densità ed è indicato con la sigla LDPE (dall’inglese Low Density Poly Ethylene). Si tratta di un composto ramificato, impiegato soprattutto nel campo degli imballaggi. Per ottenere polietilene lineare è necessario impiegare particolari catalizzatori, detti catalizzatori di Ziegler-Natta, dal nome dei chimici che li misero a punto e per i quali ricevettero il Nobel nel 1963. Il polimero ottenuto è detto polietilene ad alta densità (HDPE) (dall’inglese High Density Poly Ethylene), e risulta essere più rigido.

Figura 5 La formazione del polietilene.

Altri polimeri di addizione Altri polimeri comuni ottenuti tramite la reazione di poliaddizione sono: • il polivinilcloruro (PVC), ottenuto per polimerizzazione del cloroetene:

Cl n

H C

C

H

H

cloroetene vinilcloruro

Cl

H

C

C

H

H

n

polivinilcloruro

È utilizzato per la produzione di tubi per l’edilizia (per esempio grondaie e tubi per acqua potabile) e di pellicole rigide e plastificate per imballi e cartotecnica. • il polistirene (PS), ottenuto per polimerizzazione dello stirene:

n

HC

CH

H

H

C

C H n

stirene

polistirene

È impiegato per fabbricare un numero enorme di manufatti nei più diversi settori applicativi: domestico, industriale, alimentare. La forma commerciale più nota è il polistirene espanso, noto come polistirolo, un materiale leggerissimo impiegato nel campo degli imballaggi [Fig. 6].

Figura 6 Il polistirolo.


LEZIONE 7

I polimeri

61

7.4 La condensazione La policondensazione prevede la reazione tra monomeri con eliminazione di piccole molecole, come acqua, acido cloridrico o metanolo. I polimeri così ottenuti, perciò, non contengono tutti gli atomi presenti nel monomero di partenza. Per queste polimerizzazioni è necessario impiegare monomeri con due gruppi funzionali diversi, i quali possono coesistere nello stesso monomero oppure appartenere a due monomeri distinti. Nel primo caso si ottengono omopolimeri, nel secondo copolimeri. Le poliammidi e i poliesteri sono i polimeri più noti ottenuti tramite questo tipo di polimerizzazione. Le poliammidi Le poliammidi sono polimeri caratterizzati dalla ripetizione del legame ammidico lungo la catena. Il primo a sintetizzare le poliammidi fu Wallace Carothers (18961937), che nel 1930 preparò la prima fibra sintetica al mondo: il nylon [Fig. 7]. La reazione si svolge fra l’acido adipico e l’1,6-diamminoesano (esametilendiammina), che formano un legame ammidico con eliminazione di una molecola di acqua:

O HO

H

OH O

NH

N H

acido adipico

esametilendiammina

O HO

NH + H O

N H

O

legame ammidico

Poiché nella molecola così ottenuta il gruppo carbossilico e il gruppo amminico sono terminali, la reazione di polimerizzazione può procedere fino a disponibilità dei reagenti, portando alla formazione del polimero lineare chiamato nylon 6,6 (perché i monomeri contengono sei atomi di carbonio ciascuno), con formula:

O

O

H N

N H

n

nylon 6,6

Dopo lo sviluppo del nylon 6,6 sono stati molti i tentativi di polimerizzazione per formare nuove poliammidi e il termine nylon è da allora impiegato per indicare tutta la famiglia di poliammidi alifatiche. Il nylon è impiegato per produrre soprattutto calze da donna, ma trova uso anche in numerosi altri settori, come quello dell’abbigliamento sportivo (tute da ciclista, giacche a vento) o dell’arredamento. I poliesteri I poliesteri si ottengono impiegando come monomeri un acido carbossilico e un alcol. Il polietilentereftalato (PET) è sicuramente il polimero più noto di questa classe, ottenuto a partire dall’acido tereftalico e dal glicol etilenico:

O

O

HO

HO

H acido tereftalico

O

OH

glicol etilenico

O

O

HO

O

OH + H O

Figura 7 Rete da pesca realizzata in nylon.


62

UNITÀ 2

I derivati degli idrocarburi

Il prodotto della condensazione ha il gruppo estereo nella parte centrale e quelli carbossilico e ossidrilico alle rispettive estremità molecolari. Questi ultimi gruppi possono ancora reagire con un alcol e un acido fino a formare la catena polimerica del polietilentereftalato.

O

O

O

O polietilentereftalato

Anche in questo caso il polimero che si ottiene è lineare ed è impiegato come fibra, brevettata con il marchio Dacron. Gli anelli di benzene planari presenti in questo polimero lo rendono più rigido del nylon, che non ha gruppi aromatici nella sua struttura, e contribuiscono a dare origine a tessuti di poliestere ingualcibili. Lo stesso polimero utilizzato per dare forma a un foglio sottile, invece di una fibra, diviene il Milar, una pellicola molto resistente per nastri audio e video. Il PET, com’è noto, è anche impiegato nel settore dell’imballaggio per produrre bottiglie e contenitori trasparenti.

Biochimica for the future

La scoperta dei batteri plastivori Ci sono alcuni problemi che, per essere affrontati, necessitano di un radicale cambio di prospettiva: uno di questi è proprio la gestione della plastica, un materiale dalle incredibili proprietà e potenzialità, ma che si è trasformato in un gigantesco grattacapo da risolvere per l’umanità a causa della sua resistenza al degrado. Nel panorama delle soluzioni intelligenti e alternative si spazia dai metodi di riciclo più o meno creativi, alle plastiche biodegradabili e fino ai batteri mangia-plastica. Tra le proposte più curiose c’è il progetto Guilty Flavours, che mira a far mangiare “derivati della plastica” agli esseri umani. Il primo prodotto messo a punto dal progetto, ancora in fase sperimentale e tutto da verificare dal punto di vista della sicurezza alimentare, è un gelato alla vaniglia il cui aroma non deriva dal baccello vegetale, ma è stato creato a partire proprio da plastica digerita da alcuni enzimi batterici. L’idea è nata grazie alla scoperta del batterio Ideonella sakaiensis, che possiede due enzimi che lo rendono capace di digerire il PET depolimerizzandolo. Gli stessi enzimi sono stati utilizzati in vitro per scomporre la plastica nelle molecole che la costituiscono per ricrearne poi una simile alla vanillina. Una vera nuova frontiera che, grazie a processi biochimici creati da enzimi digestivi, potrebbe permettere in futuro agli esseri umani di mangiare in sicurezza composti derivati dalla plastica.

Organizza le idee Polimeri

Poliaddizione

Policondensazione

1. I monomeri sono macromolecole che si ottengono dall’unione di tante unità dette V F polimeri.

3. Nella preparazione del polietilene per via …..............……, la prima fase viene detta inizio, di seguito avviene la …..............…… e infine la terminazione. 4. Il polistirolo è il prodotto commerciale che si ottiene dalla polimerizzazione del vinil cloruro/dello stirene.

5. Le poliammidi sono polimeri caratterizzati dall’unione di due monomeri: una diammina e un diolo/diacido carbossilico. 6. Il polietilentereftalato (PET) è un polimero che contiene il gruppo funzionale delle ammidi/ degli esteri.

2. I polimeri di sintesi possono essere lineari, ramificati o V F reticolati.

n


63

Mappa

MAPPA DI FINE UNITÀ I DERIVATI DEGLI IDROCARBURI Biochimica for the future

si classificano grazie ai

La scoperta dei batteri plastivori prefissi per i sostituenti

la cui

Gruppi funzionali

prevede l’uso di

nomenclatura

desinenze per il gruppo principale

come

danno

alcoli

R–OH

fenoli

Ar–OH

sono abbastanza

eteri

R–O–R′

utili come

O

aldeidi

O

acidi

solventi perché poco reattivi

si possono

R–C–R’

acidi carbossilici

aldeidi, chetoni o acidi carbossilici

ossidare

dando

acidi carbossilici

ridurre

dando

alcoli primari

si possono

R–C–H

chetoni

per formare

ossidazione

O R–C–OH

dando

ridurre

danno reazioni di

alcoli secondari

sostituzione nucleofila

derivati

alogenuri acilici

O R–C–X possono unirsi per formare i

polimeri

esteri

anidridi

O

O

R–C–OR

ammidi O

O

R–C–O–C–R’

macromolecole

R–C–NH

formate da tanti

monomeri

poliaddizione

come il

polietilene

policondensazione

come il

nylon

si ottengono per


64

UNITÀ 2

I derivati degli idrocarburi

AREA OPERATIVA CONOSCENZE

Rispondi ai quesiti

LEZIONE 1

8 Qual è la differenza strutturale fra le aldeidi e i chetoni?

Concludi con il completamento corretto

9 Quali sono le principali caratteristiche fisiche dei composti carbonilici? Come sono giustificate dal punto di vista chimico?

1 La molecola di un idrocarburo alifatico privata di un atomo di idrogeno dà origine a un: a. amminoacido b. composto inorganico c. alchile d. arile 2 Tra i seguenti, il gruppo funzionale più importante secondo la nomenclatura IUPAC è: a. chetone b. alcol c. estere d. aldeide

LEZIONE 2 Concludi con il completamento corretto

3 Il 3-pentanolo è un: a. alcol primario b. alcol secondario

c. d.

alcol terziario fenolo

4 Negli eteri un atomo di ossigeno lega: a. due gruppi che possono essere sia alifatici sia aromatici b. due gruppi alifatici c. due gruppi aromatici d. un idrogeno e un gruppo alifatico

10 Qual è la reazione principale delle aldeidi e dei chetoni? In che cosa consiste?

LEZIONE 4 Concludi con il completamento corretto

11 Gli acidi carbossilici hanno una spiccata acidità perché: a. possono formare legami a idrogeno b. sono molto polari c. lo ione che si forma è molto stabile d. sono molto solubili in acqua 12 I saponi sono: a. sali di acidi carbossilici a catena lunga b. acidi carbossilici a catena lunga c. esteri a catena lunga d. trigliceridi Rispondi ai quesiti

13 Quali sono le principali caratteristiche strutturali degli acidi carbossilici? 14 Quali proprietà chimico-fisiche sono fortemente influenzate dalla formazione dei legami a idrogeno? 15 Perché gli acidi carbossilici sono acidi più forti di alcoli e fenoli?

Rispondi ai quesiti

5 Quali sono le principali caratteristiche fisiche di alcoli, fenoli ed eteri? Come sono giustificate dal punto di vista chimico? 6 Qual è la reazione comune agli alcoli e ai fenoli? In che cosa si differenzia nei due casi?

LEZIONE 3 Concludi con il completamento corretto

7 Il composto di seguito rappresentato è: O

a. b. c. d.

un alcol un’aldeide un etere un chetone

LEZIONE 5 Concludi con il completamento corretto

16 Le ammine hanno un comportamento: a. acido c. neutro b. basico d. anfotero 17 Individua fra le seguenti ammine quella aromatica: a. etilammina b. anilina c. N,N-dimetilammina d. propilammina Rispondi ai quesiti

18 In che cosa differiscono le ammine primarie, secondarie e terziarie? 19 Perché le ammine hanno punti di ebollizione inferiori a quelli degli alcoli?


65

Area operativa

LEZIONE 6

ABILITÀ E COMPETENZE

Concludi con il completamento corretto

31 Indica il nome IUPAC di ognuno dei seguenti composti; per gli eteri indica anche la denominazione comune.

20 Quale tra i seguenti non è presente come eteroatomo nei composti eterociclici? a. Cl b. N c. O d. S 21 Le basi puriniche sono: a. adenina e citosina b. adenina e uracile c. citosina e guanina d. adenina e guanina Rifletti e rispondi

OH CH CH CH

a. CH

C

LEZIONE 7 Concludi con il completamento corretto

24 I monomeri che si utilizzano per ottenere le poliammidi devono contenere: a. doppi legami b. un gruppo carbossilico e uno ossidrilico c. un gruppo amminico e uno ossidrilico d. un gruppo carbossilico e un gruppo amminico 25 Nel processo di polimerizzazione i due monomeri del PET formano un legame: a. estereo b. etereo c. amminico d. ammidico

CH

b. CH

CH

CH

CH

CH

c.

OH

OH

d.

O

Br

e. H C

CH CH CH CH

CH CH

32 Rappresenta la formula razionale di ciascuno dei seguenti composti. a. acido 3-idrossi-2-nitrocicloesancarbossilico b. 2-bromo-3-ossobutanale c. N-etil-2-isopropil-5-ossopentanammide 33 Indica i prodotti delle seguenti reazioni. HCl CH CH CH OH a. CH 1 - butanolo

OH

b. CH

CH

CH

CH

CH

ossidazione

CH

2 - esanolo

O

c. H CH C

CH CH

Hl

dietil etere

34 Indica il nome IUPAC di ognuno dei seguenti composti. O

26 Che cosa sono i polimeri?

C

a. H

O CH

CH

C

CH CHCH CH

28 Come si ottengono i polimeri di poliaddizione?

c. H C

CH CH CCH CH

29 Come si ottengono i polimeri di policondensazione? Che tipo di monomeri devono essere impiegati?

O

Rifletti e rispondi

C

30 È possibile ottenere un polimero impiegando come monomeri lo stirene e il polivinilcloruro? Prova a descrivere il processo reattivo e ipotizza i prodotti finali.

OH

CH

Cl

Rispondi ai quesiti

27 Come possono essere classificati i polimeri?

CH

CH

22 Spiega perché il pirrolo presenta caratteristiche di basicità molto inferiori rispetto alla piridina. 23 Spiega a cosa sono dovuti il colore rosso del sangue e il colore verde delle piante.

CH

b. H

O CH CH CH CH CCH CH CH

C

d. H CH C

CHCH CH CH


UNITÀ 2

66

I derivati degli idrocarburi

35 Rappresenta la formula razionale di ciascuno dei seguenti composti. a. 4-etileptanale b. 2-metil-3-esanone c. 2,3-dimetilbutanale d. 3-propil-2-eptanone

39 Completa le seguenti reazioni. O C

a. HO

acido pentanoico

b. H CO

NaBH

O

propanale

Cl C

O LiAlH

C

b. H C

c.

CHCH CH

H

3-metil-2-pentanone

CH

CH

CH CH CH CH CH

37 Indica il nome IUPAC di ognuno dei seguenti composti.

CH

CH

C

CH

CH CHCH CH CH NH OH

c.

O CH

C

CH

CH CH Cl

Br CH CH

CH CH

HN

O

d.

C

CH CH CH N

b.

O

c. H CH C

N

KMnO

butanale

CH

NH

CH

a.

O

CH

+ 2 CH

40 Indica il nome IUPAC di ognuno dei seguenti composti.

CH

CH

+

CH CH CH CH pentanoato di metile

CH CH

b. CH

NaOH

C

a. H

a. CH

propanolo

O

O C

H SO

CH CH CH CH

36 Indica i prodotti delle seguenti reazioni.

c. CH

+ CH CH CH OH

Cl

CH CH CH CH CH O

CH CH CH O C

d. H CH CH CH CH C

CH CH O

38 Rappresenta la formula razionale di ciascuno dei seguenti composti. a. Anidride butanoica metanoica b. 2-metilpentanoato di metile c. Butanoato di isopropile d. Acido 4-cloro-3-metilbenzoico

41 Rappresenta la formula razionale di ciascuno dei seguenti composti. a. N-etil-1-amminopropano b. N,N-dimetil-2-amminobutano c. N-etil-N-propil-3-amminopentano d. 3-cloro-N-metilanilina 42 Completa le seguenti reazioni. a. CH CH Cl +

NaOH

CH CH H

N CH CH CH


Area operativa

CH CH

b. H

43 Considera la reazione di protonazione della piridina da parte di un acido forte. Disegna la formula di struttura dello ione piridinio che si forma, e illustra le strutture di risonanza.

+ HCl

N

67

CH CH

ESERCIZIO SVOLTO 44 Completa il primo passo della reazione di policondensazione dei seguenti monomeri: CH

HO

OH + HOOC

CH

COOH

policondensazione

Soluzione Un gruppo ossidrilico (—OH) del primo monomero reagisce con un gruppo carbossilico (HOOC—) del secondo monomero, formando un dimero, in cui è presente il gruppo —COO—, e una molecola di acqua: CH

HO

CH

OH policondensazione

+ HOOC

Cl

OOC

COOH + H O

HO

Biochemistry in English Use the terms in the keyword list to complete the following sentences

49 The basic hydrolysis of triglycerides is called .................................

O

Choose the right answer for the following questions

50 What type of reaction is esterification? a. Nucleophilic addition b. Nucleophilic substitution c. Electrophilic substitution d. Salification

OH acido isoftalico

NH

NH m-amminoanilina

47 Individua l’unità ripetitiva dei seguenti polimeri. a. CH CH CH CH CH CH

CH

CH

48 1-propanol and 2-propanol are .................................

46 Scrivi la formula del dimero che si forma per condensazione dell’acido isoftalico e della m-amminoanilina:

b.

CH

COOH

45 Scrivi due unità di ripetizione del polimero di addizione ottenuto dal monomero CH C Cl

O

HO

CH

CH

Cl

Cl

C Cl

CH

C Cl

CH

CH Cl CH

C Cl

CH

51 Amines are organic derivatives of: a. nitrogen b. ammonia c. nitric acid d. nitric oxide 52 All polymers contain a repetition of units are called: a. monomers b. omopolymers c. additives d. radicals


68

UNITÀ 2

I derivati degli idrocarburi

Biochimica strategies CON L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

RISORSE DIGITALI

Premessa Capita, talvolta, che in laboratorio un esperimento non si possa realizzare per mancanza di qualche elemento o strumento. Non disperare, elenca al chatbot ciò che hai a disposizione e richiedi un esperimento personalizzato. Scoprirai che, anche con poche cose, puoi ottenere risultati strepitosi e apprendere divertendoti! Supponiamo di avere a disposizione acetone, aceto di vino, acqua, becher, pHmetro.

A. Videolezione

Provaci prima tu! Immagina un esperimento che potresti realizzare con i materiali che hai a disposizione. Descrivi dettagliatamente il tipo di esperienza. Usa l’Intelligenza Artificiale Poni a un chatbot questa domanda: Ho a disposizione, acetone, aceto di vino, acqua, becher, pHmetro. Suggerisci almeno cinque esperienze di laboratorio che potrei produrre. Descrivi nel dettaglio ogni esperienza e spiegami come realizzarla.

VIDEO Gruppi funzionali

Realizza un set di flashcard con Quizlet (https://quizlet.com ) abbinando a ogni esempio di molecola che compare nel video il nome del composto e del gruppo funzionale presente.

B. Videolezione VIDEO La formazione di una molecola di ammide

Riporta la conversazione su un file e confronta le esperienze di laboratorio proposte con l’esperimento che avevi immaginato.

Osserva il breve video, fai uno screenshot al minuto 0:57 della formula di etilpropanammide; valuta se la molecola è polare e se si può prevedere un processo di delocalizzazione elettronica. Confronta le tue risposte con quelle dei tuoi compagni condividendo un debate su Kialo (www.kialo-edu.com).

BIOCHIMICA FOR THE FUTURE

IMPARA AD ARGOMENTARE

La scoperta dei batteri plastivori

Il liquido antigelo dell’auto Il buon funzionamento del motore delle auto richiede che il sistema sia raffreddato in continuazione. A questo scopo una miscela di acqua e glicol etilenico circola nell’impianto di raffreddamento del veicolo. Le soluzioni impiegate sono comunemente note come liquidi antigelo per la loro proprietà di avere punti di congelamento più bassi rispetto a quelli dell’acqua in cui l’alcol è miscelato. Prova a spiegare i meccanismi che regolano questo fenomeno.

1 Qual è il principale problema affrontato nel testo? a. Inquinamento atmosferico b. Gestione della plastica c. Cambiamento climatico d. Sviluppo di materiali biodegradabili 2 Che cosa rende unico il gelato alla vaniglia del testo? a. Il suo prezzo elevato b. L’origine esclusivamente naturale degli ingredienti c. L’aroma ottenuto dalla plastica digerita da enzimi d. La sua produzione in Giappone

1. Comincia con

3 Qual è il ruolo del batterio Ideonella sakaiensis nella storia? a. Produce materiali simili alla plastica b. Si nutre di batteri mangiaplastica c. Possiede enzimi capaci di digerire il PET d. È stato utilizzato per produrre gelato alla vaniglia 4 I processi biochimici creati dagli enzimi digestivi menzionati nel testo possono avere un impatto significativo sul processo di riciclaggio della plastica, facilitandolo.

la descrizione del problema: evitare il danneggiamento del motore per espansione del liquido e la corrosione derivante dall’impiego di soluzioni saline.

2. Spiega perché

il glicole disciolto modifica le proprietà fisiche della soluzione.

3. Descrivi

gli effetti delle diverse concentrazioni di glicole sulle temperature di congelamento.

4. Concludi V F

proponendo altre possibili applicazioni dello stesso principio eventualmente anche, per analogia, sulla variazione del punto ebullioscopico.


Area operativa

69

Orientamento alle professioni

Lavorare nel settore dei materiali

Nulla come un corso in ingegneria richiama le idee di realizzazione e applicazione di nuovi oggetti o manufatti. Le ingegnere e gli ingegneri dei materiali sposano alla perfezione questi diversi aspetti, insieme alle idee di ricerca e sviluppo, dedicandosi allo studio di materiali innovativi. Tra le discipline padroneggiate vale la pena ricordare le scienze della materia (che studiano le proprietà di polimeri, metalli, ceramiche o materiali compositi), la chimica inorganica e organica, la metallurgia e le scienze della corrosione (che hanno per obiettivo la ricerca e lo sviluppo di materiali resistenti alla corrosione), insieme alla produzione di materiali per uso biomedico – come ad esempio le valvole cardiache artificiali. I compiti di questi professionisti riguardano tutte le fasi della produzione, dallo sviluppo all’installazione, dalla manutenzione dell’impiantistica fino alla ricerca laboratoriale di nuovi materiali, passando per il controllo dell’efficienza energetica degli impianti. Inoltre, quando parliamo di biomedicina, le ingegnere e gli ingegneri dei materiali conoscono bene la produzione, la trasformazione e l’applicazione dei materiali, in particolare nel settore delle nanotecnologie: basti pensare ai nuovi metodi per estrarre, coltivare e differenziare le colture cellulari in laboratorio, o ancora allo studio di nuovi biomateriali per favorire la crescita di tessuti e organi.

Che cosa fa una ingegnera o un ingegnere dei materiali?

Sviluppa materiali utili all’industria di produzione di manufatti biomedici, come nuovi biopolimeri.

Svolge attività di manutenzione, gestione e failure analysis di apparecchiature e impianti complessi.

Sviluppa nuove batterie ecologiche per auto e bus elettrici o sistemi per l’accumulo energetico da fonti rinnovabili.

Studia materiali per le industrie aereospaziali ed elettroniche, come nuovi conduttori elettronici o rivestimenti.

Percorso di studi

• Laurea Triennale in Ingegneria dei Materiali e delle Nanotecnologie oppure • Laurea Triennale in Ingegneria Biomedica seguite da • Laurea Magistrale in Ingegneria dei Materiali o in Ingegneria Biomedica

Sbocchi professionali

• Presso enti e aziende private • Presso organizzazioni e agenzie nazionali e internazionali, come l’Agenzia Aerospaziale Italiana • Libera professione • Nelle strutture del Sistema Sanitario Nazionale


70

UNITÀ 2

I derivati degli idrocarburi

Biochimica for the future La scoperta dei batteri plastivori

RICERCA SOSTENIBILITÀ

Chi sono i batteri plastivori? I primi lavori scientifici nei quali si è parlato di batteri mangia-plastica risalgono al primo decennio del 2000: da allora questa affascinante scoperta nel campo della microbiologia e dell’ecologia rappresenta una soluzione promettente per affrontare il problema dell’inquinamento da plastica. I batteri “plastivori” possiedono infatti la straordinaria capacità di degradare i polimeri di plastica, offrendo una prospettiva di gestione innovativa dei rifiuti generati da questo diffuso materiale.

Quando sono stati scoperti? Uno dei più noti batteri plastivori è Ideonella sakaiensis, scoperto nel 2016 in Giappone. Questo batterio è stato individuato in un campione di sedimento prelevato da una stazione di riciclaggio di bottiglie di plastica a Sakai. Questo batterio produce enzimi in grado di scomporre il polietilene tereftalato (PET), uno dei tipi di plastica più comuni, fino a piccoli frammenti e molecole che possono essere successivamente metabolizzate. Ideonella sakaiensis non è comunque l’unico batterio plastivoro conosciuto, ce ne sono altri che vengono classificati in famiglie in base alle plastiche che sono in grado di digerire.

Come sono stati scoperti? La scoperta dei batteri mangia-plastica è stata resa possibile grazie a una combinazione di metodi di campionamento ambientale, isolamento di ceppi batterici specifici e analisi molecolari avanzate. In particolare, i ricercatori hanno prelevato campioni di sedimenti da ambienti contaminati da plastica e li hanno analizzati in laboratorio per identificare i microrganismi coinvolti nella decomposizione della plastica. Hanno poi studiato nel dettaglio i meccanismi biochimici e gli enzimi coinvolti nella loro capacità di biodegradazione della plastica.


Area operativa

71

La degradazione della plastica in chiave biochimica I batteri plastivori producono enzimi (come estarasi, liasi e idrolasi) che accelerano la rottura dei legami tra le molecole polimeriche delle plastiche. Nel caso del PE, gli enzimi attaccano i legami carbonio-carbonio, scindendo le catene polimeriche in unità più piccole. Nel caso del PET, invece, agiscono rompendo i legami carbonio-ossigeno e separando quindi il tereftalato e il glicol etilene, che sono le unità di base del PET. Una volta che i legami polimerici sono stati scissi, i frammenti plastici diventano substrati per ulteriori reazioni biochimiche all’interno dei batteri. La plastica viene così trasformata in composti organici utilizzabili dal batterio per crescere e produrre energia.

Focus della ricerca e future applicazioni Attualmente la ricerca in questo campo si concentra su diversi aspetti, tra cui l’identificazione e l’ottimizzazione di enzimi chiave, la comprensione dei regolatori genetici coinvolti nella biodegradazione plastica e la progettazione di condizioni ottimali per l’attività dei batteri. Tra le applicazioni più promettenti in cui utilizzare i batteri plastivori ci sono: • la biodegradazione industriale della plastica; • lo sviluppo di nuovi materiali plastici biodegradabili, così da poter smaltire i rifiuti in modo più sostenibile; • la produzione di biocarburanti da plastica, in modo da ridurre la nostra dipendenza dai combustibili fossili.

Proposte di lavoro • Crea un’infografica che spieghi a un pubblico generalista come funzionano i batteri plastivori e l’impatto sulla vita che potrebbero avere se sarà possibile utilizzarli in maniera massiccia. • Puoi fare una ricerca online di immagini di alcuni ceppi di batteri plastivori da inserire nell’infografica e aggiungere anche immagini create utilizzando l’intelligenza artificiale.


UNITÀ

LEZIONE 1

VIE METABOLICHE

La degradazione del glucosio

1.1 Il metabolismo dei carboidrati I carboidrati costituiscono la maggiore fonte di energia di un organismo [Fig. 1]. Lo zucchero più utilizzato in qualità di combustibile nella cellula è il glucosio.

Il metabolismo del glucosio è l’insieme delle vie metaboliche che consentono l’apporto adeguato di glucosio nel sangue e il suo utilizzo come fonte di energia per lo svolgimento delle attività dell’organismo.

Chem word Glicolisi | Glycolysis dal greco glykýs «dolce» e lýsis «scissione» Fermentazione | Fermentation dal latino tardo fermentatio

Nel nostro corpo, il glucosio ha un ruolo centrale nel metabolismo di tutti gli organismi. In condizioni nutrizionali normali il cervello dei mammiferi trae l’energia esclusivamente dal glucosio, e durante uno sforzo muscolare intenso i muscoli lo degradano per sostenere la loro attività. Le cellule sono in grado di accumulare riserve di glucosio sotto forma di polisaccaridi: • l’amido nelle piante; • il glicogeno negli animali.

La digestione dei glucidi Il glucosio proveniente dagli alimenti si forma dall’idrolisi dell’amido, del glicogeno, del saccarosio e del lattosio nel corso della digestione. I carboidrati complessi, come l’amido e il glicogeno, sono inizialmente convertiti in carboidrati più semplici dall’enzima α-amilasi salivare nella cavità orale e, in seguito, nell’intestino tenue dall’α-amilasi pancreatica. Ulteriori enzimi completano la trasformazione degli oligosaccaridi prodotti in unità monosaccaridiche di glucosio. Il saccarosio e il lattosio sono scissi, rispettivamente, in glucosio e fruttosio dalla saccarasi e in glucosio e galattosio dalla lattasi, due enzimi prodotti dalle cellule intestinali. I monosaccaridi così prodotti (glucosio, fruttosio, galattosio) passano dalle cellule della mucosa intestinale al sangue, per essere poi trasportati al fegato, che ha il compito di mantenere costante la concentrazione di glucosio nel sangue. Il fruttosio e il galattosio sono trasformati in derivati del glucosio e come tali entrano nel metabolismo del glucosio stesso.

Figura 1 I carboidrati di cui ci nutriamo comprendono patate, pasta, riso, mais e altri cereali.


LEZIONE 1

La degradazione del glucosio

Fa parte dei glucidi anche il vasto gruppo delle fibre, una miscela di cellulosa e altri polisaccaridi presenti nelle parti commestibili di frutta e verdura e altri alimenti. Le fibre non sono digeribili, ma regolano l’attività intestinale, ci proteggono dal rischio di patologie gravi come il tumore del colon-retto e coadiuvano la terapia per il diabete e l’ipercolesterolemia [Fig. 2]. Si distinguono fibre solubili e insolubili in base alla disposizione esterna o interna di gruppi OH liberi: se i gruppi OH sono esterni, si formano legami idrogeno con le molecole d’acqua e le fibre si organizzano in miscele gelatinose; se i gruppi OH sono rivolti verso la parte interna le fibre trattengono le molecole di acqua al loro interno, ma non si sciolgono. Le fibre solubili, come la pectina della frutta e l’arabinoxilano dei cereali, riducono l’assorbimento intestinale di zuccheri e colesterolo, le fibre insolubili contenute nei cereali integrali favoriscono invece il transito intestinale. La loro assunzione giornaliera dovrebbe essere conforme alle indicazioni LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti, IV revisione del 2014) pari a 12,6-16,7 g/1000 kilocalorie.

1.2 La glicolisi La glicolisi è il processo principale attraverso il quale il glucosio, in quasi tutti i tipi di cellule, è degradato per produrre energia. Nelle cellule eucariotiche la glicolisi ha luogo nel citoplasma, grazie all’azione di specifici enzimi. L’intero processo avviene in condizioni anaerobiche, ossia in assenza di ossigeno. Si tratta di una via metabolica lineare, costituita da 10 tappe, che può essere suddivisa in due fasi principali: • la fase preparatoria endoergonica (le prime 5 reazioni); • la fase di produzione dell’energia (le ultime 5 reazioni). Fase preparatoria endoergonica In questa fase una molecola di glucosio è convertita in due molecole di gliceraldeide-3-fosfato, mediante l’utilizzo di due molecole di ATP. In questa prima fase, il processo di degradazione del glucosio porta a una perdita di energia. Fase esoergonica La seconda fase della glicolisi coinvolge ciascuna delle due molecole di gliceraldeide-3-fosfato prodotte. Durante la seconda fase della glicolisi: • due molecole di gliceraldeide-3-fosfato sono trasformate in due molecole di piruvato; • si formano due molecole di NADH; • si produce energia sotto forma di quattro molecole di ATP. In questa fase, la produzione di quattro molecole di ATP permette di compensare la «perdita» di energia della fase preparatoria, in cui sono consumate due molecole di ATP. Bilancio complessivo Nel processo della glicolisi, la molecola a sei atomi di carbonio del glucosio viene divisa mediante enzimi in due molecole a tre atomi di carbonio, il piruvato. Il bilancio complessivo porta a ottenere 2 ATP e 2 NADH.

133

Figura 2 Una prima colazione ricca di fibre solubili e insolubili ci aiuta a mantenerci in salute.


134

UNITÀ 5

Vie metaboliche

1. RAGIONA CON LO SCHEMA Le fasi della glicolisi A - Glicolisi: la fase preparatoria endoergonica

B - Glicolisi: la fase esoergonica gliceraldeide-3-fosfato (due molecole)

glucosio ATP 1 FOSFORILAZIONE esochinasi ADP

P

1 La fosforilazione impedisce al glucosio di attraversare le membrane e gli permette di rimanere confinato nel citoplasma.

P glucosio-6-fosfato

2 NAD 6 OSSIDAZIONE E FOSFORILAZIONE

gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi 2 NADH + 2H P

P

P

P

1,3-difosfoglicerato (due molecole)

2 ISOMERIZZAZIONE fosfoglucosio isomerasi

2 Il glucosio-6fosfato si trasforma nell’isomero fruttosio-6fosfato.

2 ADP 7 TRASFERIMENTO DI UN GRUPPO FOSFATO

fosfogliceratochinasi

P fruttosio-6-fosfato

ADP

3 FOSFORILAZIONE fosfofruttochinasi P

P fruttosio-1,6-difosfato 4 SCISSIONE aldolasi

3 Seconda fosforilazione con consumo di una seconda molecola di ATP.

4 e 5 Scissione in due triosi fosforilati; la fase preparatoria si conclude con la formazione di due molecole di gliceraldeide3-fosfato.

5 ISOMERIZZAZIONE trioso fosfato isomerasi P

7 Un gruppo fosfato permette la formazione di ATP da ADP.

2 ATP P

ATP

6 Ossidazione del gruppo aldeidico a carbossilico e fosforilazione in C-1 con formazione di NADH.

P

3-fosfoglicerato (due molecole) 8 ISOMERIZZAZIONE fosfoglicerato mutasi P P 2-fosfoglicerato (due molecole)

HO 2

9 DISIDRATAZIONE P enolasi fosfoenolpiruvato (due molecole) 2 ADP

2 ATP

P

10 TRASFERIMENTO

gliceraldeide-3-fosfato (due molecole)

fosfofruttochinasi

DI UN GRUPPO FOSFATO

C - Il bilancio complessivo della glicolisi glicolisi 2 piruvato glucosio

1 molecola a 6 atomi di carbonio

ATP

NADH

ATP

NADH

8 Si sposta il gruppo fosfato da C-3 a C-2 .

2 molecole a 3 atomi di carbonio

9 Si forma un doppio legame tra C-2 e C-3 per eliminazione di H2O.

10 Si stacca il gruppo fosfato da C-3 che permette la formazione di ATP da ADP. piruvato (due molecole)


LEZIONE 1

La degradazione del glucosio

135

1.3 Il destino del piruvato Il piruvato non è il prodotto finale del metabolismo del glucosio. Esso è soggetto a ulteriori trasformazioni, in base al tipo di organismo e alla presenza o all’assenza dell’ossigeno.

La via aerobica del piruvato In condizioni aerobiche, il piruvato è trasportato nei mitocondri, dove è trasformato in acetil-CoA. La reazione è una decarbossilazione ossidativa, che porta alla liberazione di una molecola di CO e alla formazione di una molecola di NADH + H [Fig. 3]. O C

O

C

O

NADH + H

NAD + HS-CoA

C

piruvato deidrogenasi

CH

S-CoA

CO

O

Figura 3 La conversione del piruvato in condizioni aerobiche.

CH

piruvato

acetil-CoA

La via anaerobica del piruvato: le fermentazioni Le fermentazioni sono una via di degradazione del piruvato in condizioni anaerobiche. In presenza di ossigeno, il NADH che è stato prodotto durante la glicolisi può essere, infatti, riossidato a NAD . Se l’ossigeno è carente, la cellula deve trovare una strategia alternativa. La fermentazione lattica e la fermentazione alcolica permettono di rigenerare NAD attraverso la riduzione del piruvato rispettivamente in lattato e in etanolo [Fig. 4].

A

fermentazione lattica O

O C

O

C

O

NADH + H

NAD H

lattato deidrogenasi

CH

C

O

C

OH

CH

piruvato

B

VIDEO Come l’uomo sfrutta le fermentazioni alcolica e lattica

lattato

fermentazione alcolica

O C C

CO

C

O

CH piruvato

NADH + H

H

O

piruvato decarbossilasi

NAD

O

CH acetaldeide

alcol deidrogenasi

H H

C

OH

CH etanolo

La fermentazione lattica La fermentazione lattica avviene nelle cellule muscolari a seguito di uno sforzo fisico molto intenso, quando l’apporto di ossigeno non è sufficiente per favorire la via aerobica del piruvato. Con il ciclo di Cori, l’acido lattico dopo lo sforzo fisico viene trasferito al fegato, dove è riconvertito in glucosio con il consumo di 6 molecole di ATP, per tornare quindi ai muscoli attraverso il sangue. I batteri lattici, microrganismi anaerobi che utilizzano la fermentazione lattica, sono impiegati nell’industria alimentare per produrre i derivati del latte, come yogurt e formaggi.

Figura 4 La conversione del piruvato in condizioni anaerobiche.


136

UNITÀ 5

Vie metaboliche

La fermentazione alcolica La fermentazione alcolica è un processo molto noto e diffuso, alla base della produzione del vino, della birra, del sidro e dei prodotti di panificazione [Fig. 5]. In alcuni microrganismi e nei lieviti (in genere Saccharomyces cerevisiae) il piruvato è trasformato in etanolo, in due tappe: • la decarbossilazione, catalizzata dall’enzima piruvato decarbossilasi, che porta alla formazione di acetaldeide e alla liberazione di una molecola di CO . L’enzima richiede la presenza di ioni magnesio (Mg ) e tiamina pirofosfato (TPP), una vitamina idrosolubile che funge da trasportatrice di CO ; • la riduzione dell’acetaldeide a etanolo, per azione dell’enzima alcool deidrogenasi, con la partecipazione di una molecola di NADH. La regolazione della glicolisi La degradazione del glucosio in piruvato richiede l’esistenza di sistemi di controllo, finalizzati ad aumentare la velocità del processo quando nella cellula vi è una richiesta di energia, o al contrario ad abbassare la velocità della glicolisi quando i livelli di ATP sono sufficienti. I punti di controllo della glicolisi sono rappresentati in particolare da tre enzimi, che catalizzano specifiche reazioni irreversibili del processo: esochinasi, fosfofruttochinasi e piruvato chinasi.

1.4 Non solo glicolisi

Figura 5 La fermentazione alcolica è utilizzata in campo alimentare.

Figura 6 La via del pentoso fosfato.

Nel citoplasma si verifica un processo catabolico alternativo che utilizza glucosio e viene definito via del pentoso fosfato [Fig. 6]. Esso si compone di due momenti: • la fase ossidativa causa l’ossidazione di glucosio-6-fosfato, con riduzione di due molecole di NADP a NADPH, che dopo una breve serie di reazioni si trasforma in ribosio-5-fosfato; questa via metabolica permette di ottenere un coenzima necessario per contrastare i processi ossidativi delle cellule e il ribosio, lo zucchero che costituisce i nucleotidi; • la fase non ossidativa causa la riconversione del ribulosio-5-fosfato in fruttosio-6-fosfato, che isomerizza subito come glucosio-6-fosfato attraverso l’azione degli enzimi transchetolasi e transaldolasi. L’enzima di riferimento per il controllo del processo è la glucosio-6-fosfato deidrogenasi, che viene inibita dalla presenza di elevate concentrazioni di NADPH.

fase ossidativa

fase non ossidativa

glucosio-6-fosfato NADP NADPH 6-fosfoglucone-δ-lattone transaldolasi 6-fosfogluconato NADP

transchetolasi

NADPH ribulosio-5-fosfato CO ribosio-5-fosfato

Organizza le idee Il metabolismo dei carboidrati

La glicolisi

1. Gli organismi ricavano energia principalmente dai carboidrati.

2. La glicolisi è una reazione catabolica. 3. La glicolisi è caratterizzata da una fase/due fasi.

V F

V F


LEZIONE 2

LEZIONE 2

La respirazione cellulare

137

La respirazione cellulare

2.1 Mitocondri ed energia

Chem word

In condizioni aerobiche, nelle cellule eucariotiche il piruvato viene trasferito nei mitocondri e trasformato in acetil-CoA. Proprio nei mitocondri, infatti, si verificano i passaggi significativi per una vantaggiosa produzione di energia sotto forma di molecole di ATP.

L’insieme dei processi ossidativi che avvengono nei mitocondri in presenza di ossigeno è detto respirazione cellulare. Questi processi comprendono il ciclo di Krebs, la catena di trasporto degli elettroni e la fosforilazione ossidativa.

2.2 Il ciclo di Krebs Il ciclo di Krebs, così chiamato dal nome dello scienziato Hans Adolf Krebs (1900-1981) che ne compì gli studi, è noto anche come ciclo dell’acido citrico.

Gluconeogenesi | Gluconeogenesis composto di gluco-, dal greco glykýs «dolce», neo-, dal greco néos «nuovo», genesi, dal latino genĕsis, dal greco ghénesis «nascita» Glicogeno | Glycogen composto di glico-, dal greco glykýs «dolce», e -geno, dal latino -gĕnus, greco -ghénes «che genera»

2. RAGIONA CON O SCHEMA Il ciclo di Krebs Acetyl-CoA 8 L’acido malico si ossida ad acido ossalacetico e si riduce NAD+ (enzima malato deidrogenasi).

1 Acetil-CoA reagisce con acido ossalacetico e forma acido citrico (enzima citrato sintasi).

2 L’acido citrico isomerizza ad acido isocitrico (enzima aconitasi).

acido ossalacetico acido citrico

7 Per addizione di H2O si forma acido malico (enzima fumarasi).

acido malico

CICLO DI KREBS

acido isocitrico

3 L’acido isocitrico è decarbossilato; si forma acido α-chetoglutarico e si riduce NAD+ (enzima isocitrato deidrogenasi).

acido fumarico 6 L’acido succinico è ossidato ad acido fumarico con riduzione di FAD (enzima succinato deidrogenasi).

acido α-chetoglutarico acido succinico succinil-CoA

5 La formazione di acido succinico, con distacco del CoA, libera energia necessaria per ottenere GTP (enzima succinil-CoA sintetasi).

4 Una seconda decarbossilazione con ossidazione riduce una molecola di NAD+ e forma succinil-CoA (enzima α-chetoglutarato).


138

UNITÀ 5

Vie metaboliche

Si verifica nella matrice dei mitocondri e comprende una serie di ossido-riduzioni che consentono il distacco di due molecole di CO dal gruppo acetilico legato al CoA e la riduzione di coenzimi che trasferiranno gli elettroni in modo da attivare la fase finale di produzione di energia. Esso è l’insieme di otto reazioni che procedono all’interno di un ciclo. Ciò significa che il prodotto finale, l’acido ossalacetico, è la stessa molecola che interagisce con acetil-CoA nella prima reazione. Il bilancio complessivo delle reazioni del ciclo di Krebs consiste nella formazione di: • due molecole di CO ; • tre molecole di NADH e una molecola di FADH ; • una molecola di GTP. L’importanza del ciclo di Krebs risiede nella formazione dei coenzimi NADH e FADH , i quali, nel processo successivo della fosforilazione ossidativa, permettono la formazione di molecole di ATP. Inoltre, alcuni intermedi prodotti nel ciclo sono dei precursori per la sintesi di biomolecole, come acidi grassi, steroli e amminoacidi. La velocità del ciclo di Krebs può essere regolata in base al fabbisogno energetico della cellula.

2.3 La catena di trasporto degli elettroni Per poter essere riutilizzati nelle vie metaboliche, i coenzimi NADH e FADH prodotti nel ciclo di Krebs devono tornare nella loro forma ossidata NAD e FAD. L’ossidazione avviene all’interno della membrana mitocondriale interna, dove i coenzimi ridotti trasferiscono elettroni all’ossigeno. Questo processo è denominato catena di trasporto degli elettroni (o catena respiratoria) e porta alla liberazione di una grande quantità di energia, che è utilizzata per produrre molecole di ATP in un processo successivo, detto fosforilazione ossidativa. Il trasporto degli elettroni dai coenzimi NADH e FADH all’ossigeno avviene attraverso quattro complessi enzimatici (I, II, III, IV) localizzati nella membrana mitocondriale interna, a cui si aggiungono due trasportatori mobili: coenzima Q (ubichinone) e citocromo c. Il trasporto avviene con una sequenza di passaggi [Fig. 1]: 1. NADH si ossida e cede al complesso I i suoi elettroni, che saranno trasferiti dal coenzima Q al complesso III; 2. FADH si ossida e cede i suoi elettroni al complesso II per essere trasferiti dal coenzima Q al complesso III; 3. gli elettroni dal complesso III sono trasferiti al complesso IV attraverso il citocromo c; 4. il citocromo c trasferisce gli elettroni all’ossigeno molecolare, che si riduce e forma una molecola di acqua.

1

2

Figura 1 La sequenza di passaggi della catena di trasporto degli elettroni.

complesso I complesso II

energia potenziale

complesso III

3

complesso IV

4


LEZIONE 2

La respirazione cellulare

139

L’ossigeno che l’organismo introduce attraverso la respirazione è necessario per poter far avvenire questa reazione. Alcuni veleni agiscono su specifiche molecole che operano proprio in questa fase del metabolismo cellulare; per esempio, l’azione tossica del cianuro è legata al blocco della catena respiratoria.

2.4 La fosforilazione ossidativa La fosforilazione ossidativa è il trasferimento di un gruppo fosfato a una molecola di ADP per produrre una molecola di ATP, utilizzando l’energia proveniente dall’ossidazione dei coenzimi NADH e FADH nella catena respiratoria. Vediamo come si svolge il processo [Fig. 2]. Nella catena respiratoria i complessi enzimatici ricevono gli elettroni dai coenzimi NADH e FADH , e gli elettroni vengono trasferiti da un complesso enzimatico all’altro. Il trasferimento degli elettroni è accoppiato al trasferimento di ioni idrogeno (ioni H ) dalla matrice mitocondriale allo spazio intermembrana. In pratica, i complessi enzimatici della catena respiratoria si comportano da pompe protoniche. Tale flusso di ioni H determina un aumento della concentrazione degli ioni H nello spazio intermembrana dei mitocondri. La differenza di concentrazione degli ioni H fra la matrice e lo spazio intermembrana è detto gradiente elettrochimico, dovuto alla diversa concentrazione di ioni idrogeno e all’accumulo di cariche positive nello spazio intermembrana dei mitocondri. L’energia potenziale che si genera grazie a questo gradiente è utilizzata da un altro complesso proteico presente nella membrana mitocondriale interna: il complesso dell’ATP sintasi (a destra nella figura). L’ATP sintasi si comporta come un canale che consente il passaggio degli ioni H . Quando lo ione H attraversa il canale, l’enzima sintetizza una molecola di ATP a partire da ADP e P . Questa trasformazione è reversibile, ma di fatto l’equilibrio è completamente spostato a vantaggio della produzione di ATP perché la molecola energetica è subito allontanata dalla matrice. Il meccanismo che sfrutta il gradiente protonico come fonte di energia per sintetizzare ATP è detto chemiosmosi. complesso I spazio intermembrana

complesso II

complesso III

complesso IV

VIDEO La fosforilazione ossidativa

ATP sintasi

complesso enzimatico

membrana interna

matrice mitocondriale

flusso di elettroni

Dal glucosio all’ATP: quanta energia La degradazione complessiva di una molecola di glucosio porta alla formazione di diossido di carbonio e acqua e alla liberazione di una grande quantità di energia. Bilancio dell’ATP nella fosforilazione ossidativa Le fasi del metabolismo terminale portano alla produzione della maggior parte dell’energia utile alla cellula, sotto forma di molecole di ATP. Il bilancio dell’intero processo può essere esattamente definito. L’energia proveniente dall’ossidazione di una molecola di NADH è sufficiente a sintetizzare 2,5 molecole di ATP, mentre l’energia proveniente dall’ossidazione di una molecola di FADH è sufficiente a sintetizzare 1,5 molecole di ATP, perché entra nella catena di trasporto a un livello energetico inferiore del NADH.

Figura 2 Disposizione dei quattro complessi enzimatici e del complesso dell’ATP sintasi nella membrana mitocondriale.


140

UNITÀ 5

Vie metaboliche

Bilancio dell’ATP nella degradazione completa di una molecola di glucosio Per calcolare il bilancio complessivo delle molecole di ATP generate dal catabolismo completo di una molecola di glucosio a CO e H O, occorre tener conto delle molecole di ATP generate durante i processi della glicolisi, della formazione dell’acetil-CoA, del ciclo di Krebs e della fosforilazione ossidativa; occorre ricordare che ogni molecola di glucosio genera due molecole di piruvato e quindi le reazioni che coinvolgono il piruvato devono essere considerate due volte. Il bilancio complessivo di ATP nel catabolismo di una molecola di glucosio è illustrato in Figura 3. Bilancio di ATP

glucosio

GLICOLISI

10 NADH

× 2,5

25 ATP

2 NADH

2 FADH

× 1,5

3 ATP

2 ATP

2 GTP

2 ATP

2 ATP

2 ATP

2 piruvato 2 NADH

32 ATP

2 Acetil-CoA Ossidazione completa di una molecola di glucosio

CICLO DI KREBS

2 GTP

CH O +6O

6 CO + 6 H O

6 NADH 2 FADH

Figura 3 Bilancio complessivo di ATP nella degradazione di una molecola di glucosio.

2.5 La gluconeogenesi Se un organismo si trova in condizione di necessità e le risorse di glucosio sono esaurite, per esempio durante stati di digiuno o sforzi intensi, la cellula è in grado di sintetizzare il glucosio da precursori non glucidici, attraverso la via metabolica della gluconeogenesi.

La gluconeogenesi è un processo che avviene principalmente nel fegato e nei reni a partire da precursori quali il lattato, gli amminoacidi e il glicerolo. Essi entrano nella via metabolica dopo essere stati trasformati in piruvato (il lattato e alcuni amminoacidi), oppure in altri intermedi della gluconeogenesi, come l’ossalacetato o il diidrossiacetone fosfato. Il lattato proviene dalla fermentazione lattica nei muscoli, gli amminoacidi dalla degradazione delle proteine e il glicerolo dalla scissione dei grassi. Poiché nella glicolisi il glucosio è degradato a piruvato, si potrebbe pensare che la gluconeogenesi sia l’inverso della glicolisi. In realtà, sette reazioni (quelle reversibili) sono esattamente l’inverso della glicolisi, mentre le altre tre reazioni sono irreversibili e quindi sono diverse nelle due vie metaboliche. Ci occuperemo nel dettaglio di queste tre reazioni. La formazione di una molecola di glucosio da precursori non glucidici è un processo che richiede energia, come risulta dal consumo di 4 molecole di ATP e 2 molecole di GTP. La gluconeogenesi e la glicolisi sono due vie metaboliche apparentemente opposte. Esse sono regolate reciprocamente, in modo tale che non siano contemporaneamente attive.

VIDEO La respirazione cellulare


LEZIONE 2

3. RAGIONA CON LO SCHEMA La gluconeogenesi ATP + CO2 ADP + P

ATP

PIRUVATO

piruvato carbossilasi ossalacetato

ADP + P piruvato chinasi

GTP

fosfoenolpiruvato carbossilasi

GDP

fosfenolpiruvato CO2

H2O

H2O enolasi

GLUCONEOGENESI

2 fosfoglicerato fosfoglicerato mutasi

ATP

ATP

ADP

ADP

fosfoglicerato chinasi

1,3 - difosfoglicerato

NADH

NADH

NAD

NAD

+ P

+ P

gliceraldeide 3-fosfato

diidrossiacetone fosfato

gliceraldeide 3-fosfato deidrogenasi

diidrossiacetone fosfato

aldolasi fruttosio 1,6-difosfato

H2O

fruttosio 1,6-fosfatasi

P

ADP + P fosfofrutto chinasi

fruttosio 6-fosfato

fruttosio 6-fosfato

fosfo glucosio isomerasi

fosfo glucosio isomerasi

glucosio 6-fosfato glucosio 6-fosfasi

ATP

glucosio 6-fosfato esochinasi

GLUCOSIO

ADP + P ATP

GLICOLISI

3 fosfoglicerato

La respirazione cellulare

141


142

UNITÀ 5

Vie metaboliche

2.6 Il metabolismo del glicogeno Abbiamo visto come l’organismo metta in atto strategie per sopperire a periodi di carenza energetica. Analogamente, quando la quantità di glucosio nel sangue è in eccesso, specialmente dopo un pasto abbondante, si attivano dei processi che provvedono alla sua conservazione sotto forma di glicogeno. Sappiamo che il glicogeno è un polimero costituito da catene altamente ramificate di α-glucosio, che forma legami 1-4 e 1-6 glicosidici. Esso svolge la funzione di riserva energetica negli animali ed è immagazzinato sia nel fegato sia nei muscoli. Il glicogeno viene prodotto o demolito in base alle esigenze dell’organismo, mediante due vie metaboliche opposte.

La glicogenosintesi è un processo anabolico che consente di ottenere il glicogeno a partire dal glucosio, mentre la glicogenolisi è un processo catabolico che degrada il glicogeno per generare glucosio.

La glicogenosintesi La biosintesi del glicogeno si svolge soprattutto nel fegato e nei muscoli, a partire dal glucosio-6-fosfato. Affinché il glucosio possa essere utilizzato per sintetizzare il glicogeno, è necessario che intervenga una determinata molecola: l’uridintrifosfato (UTP), un nucleotide simile all’ATP, ma avente come base azotata l’uracile [Fig. 4]. Prima di reagire con l’UTP, il glucosio-6-fosfato è isomerizzato a glucosio-1-fosfato per azione della fosfoglucomutasi. Il glucosio-1-fosfato reagisce con l’UTP in una reazione catalizzata dalla UDP-glucosio pirofosforilasi. Si forma l’UDP-glucosio (uridindifosfato glucosio), una forma «attivata» che funge da donatrice di molecole di glucosio. L’inizio della formazione di una molecola di glicogeno è il trasferimento di un residuo di glucosio a una proteina, la glicogenina. A questo primo residuo se ne aggiungono altri, fino a formare una piccola catena che farà da nucleo di sintesi per l’aggiunta di nuove molecole di glucosio. Le successive unità di glucosio sono aggiunte per azione dell’enzima glicogeno sintasi, che agisce solo se sulla catena di glicogeno sono presenti almeno 4 residui glucidici. Il legame che si forma è di tipo 1-4, ossia il glucosio si lega al C-4 del residuo terminale della catena di glicogeno. Le ramificazioni, ovvero i legami 1-6, si formano unità di glucosio

legame 1,4

glicogenina

A una catena preformata di glicogeno sono aggiunte unità di glucosio.

catena di glicogeno in formazione glicogeno sintasi

UDP

catena di glicogeno lineare enzima ramificante

Per azione dell’enzima ramificante si formano le ramificazioni. legame 1,6

catena di glicogeno ramificata

Figura 4 Reazioni della glicogenosintesi.


LEZIONE 2

La respirazione cellulare

143

su una catena di almeno 11 residui, per azione di un enzima ramificante. Le ramificazioni rendono più solubile la molecola del glicogeno e aumentano la sua velocità sia di sintesi sia di degradazione.

La glicogenolisi La degradazione del glicogeno è catalizzata dall’enzima glicogeno fosforilasi, che scinde il polisaccaride in unità di glucosio-1-fosfato; questo avviene a partire dall’estremità non riducente della catena, ovvero l’estremità avente l’ossidrile legato al carbonio 4 libero da legami [Fig. 5]. Un enzima deramificante converte le strutture ramificate in strutture lineari, che altrimenti non possono subire l’azione della glicogeno fosforilasi. Il glucosio-1-fosfato è isomerizzato a glucosio-6-fosfato dalla fosfoglucomutasi e può essere immesso nelle vie metaboliche. Il glucosio-6-fosfato è scisso in glucosio e fosfato per azione della glucosio-6-fosfatasi; ciò ha luogo solo nel fegato. Il fegato, in ultima analisi, svolge la funzione di controllo del livello di glucosio nel sangue: quando si verifica un abbassamento della glicemia, il glucosio libero dal gruppo fosfato è in grado di attraversare la cellula. All’interno dei muscoli il glucosio-6-fosfato è utilizzato, nella glicolisi, per produrre l’energia necessaria all’attività muscolare sotto forma di ATP. legame 1,6 glicogenina catena di glicogeno ramificata unità di glucosio enzima deramificante legame 1,4 glucosio

glicogeno fosforilasi

via del pentoso fosfato

fosfoglucomutasi glucosio-1-fosfato

glucosio-6-fosfatasi

fegato

catena di glicogeno lineare

ribosio

glucosio-6-fosfato muscoli cervello

glicolisi

piruvato

Figura 5 Reazioni della glicogenolisi.

Organizza le idee Il ciclo di Krebs

La catena degli e–

La fosforilazione

1. L’acetil-CoA deriva da acido lattico/piruvico. 2. Nel ciclo di Krebs non si produce direttamente V F ATP.

4. La catena di trasporto degli elettroni è costituita da V F complessi enzimatici. 5. Gli elettroni derivati da NAD / NADH e FAD/FADH sono ceduti sui complessi localizzati nella matrice/membrana interna dei mitocondri.

6. Gli ioni H sono “spinti” dalla matrice allo spazio V F intermembrana. 7. Il complesso di ATP sintasi utilizza il gradiente elettrochimico/ osmofisico per ricavare energia.

3. Dal ciclo di Krebs si liberano due/tre molecole di CO .


144

UNITÀ 5

LEZIONE 3

Vie metaboliche

La fotosintesi clorofilliana

Chem word

L’ossigeno necessario al metabolismo degli organismi proviene dalle piante e da altri organismi autotrofi (cianobatteri e alghe unicellulari eucariotiche), che lo producono mediante la fotosintesi.

La fotosintesi è la reazione che consente agli organismi autotrofi di produrre autonomamente il glucosio necessario al proprio nutrimento, a partire dal diossido di carbonio dell’atmosfera e dall’acqua assorbita dal terreno, con liberazione di ossigeno.

Clorofilla | Chlorophyll dal francese chlorophylle, composto del greco chloˉ rós «verde» e phŷ llon «foglia» Stroma | Stroma dal greco strôma «tappeto», derivato di stroˉ nnýnai «stendere» VIDEO La fotosintesi

La reazione avviene in presenza di luce solare e nelle cellule delle piante avviene all’interno di organuli detti cloroplasti.

3.1 La fotosintesi si svolge in due fasi Le radiazioni della luce solare sono assorbite da due complessi multiproteici: il fotosistema I (PSI) e il fotosistema II (PSII), che contengono centinaia di molecole di clorofilla, il pigmento responsabile del colore verde delle piante, e altri pigmenti. I fotosistemi si trovano nei cloroplasti all’interno della membrana dei tilacoidi, strutture membranose simili a vescicole appiattite e impilate a formare strutture cilindriche, dette grani. Il fluido contenuto all’interno del cloroplasto è detto stroma, mentre lo spazio all’interno dei tilacoidi è chiamato lume. In natura la clorofilla è presente in due forme, la clorofilla a e la clorofilla b, che differiscono per un gruppo chimico nella struttura molecolare [Fig. 1]. La fotosintesi si svolge in due fasi [Fig. 2]: • la fase luce-dipendente, nella quale avvengono le cosiddette reazioni «alla luce», finalizzate a produrre ATP e NADPH, e si forma ossigeno molecolare; • la fase luce-indipendente, nella quale, senza bisogno dell’energia solare, si svolge il ciclo di Calvin, che utilizza l’ATP e il NADPH per sintetizzare il glucosio a partire dal diossido di carbonio.

La fase luce-dipendente avviene nei tilacoidi e utilizza la luce solare per produrre NADPH ed energia sotto forma di ATP.

1 FASE LUCE-DIPENDENTE

ATP

Figura 1 La molecola di clorofilla a. La clorofilla b al posto del gruppo metilico cerchiato possiede un gruppo aldeidico. Il gruppo R rappresenta la coda di fitolo che ancora la clorofilla alla membrana dei tilacoidi.

CO2

NADPH ciclo di Calvin

luce stroma

2 FASE LUCE-INDIPENDENTE

zucchero

citoplasma tilacoidi fotolisi dell’acqua

Figura 2 Le due fasi della fotosintesi nel cloroplasto.

H2O

cloroplasto O2

La fase luce-indipendente avviene nello stroma e utilizza NADPH e ATP per sintetizzare il glucosio a partire da CO .


LEZIONE 3

La fotosintesi clorofilliana

145

3.2 La fase luce-dipendente Questa fase avviene a livello della membrana dei tilacoidi, in presenza di luce. Lo scopo di questa fase è produrre ATP e NADPH. Il processo avviene con la cooperazione di entrambi i fotosistemi.

4. RAGIONA CON LO SCHEMA La fase luce-dipendente della fotosintesi 4

5

1 3 luce

ATP sintasi

luce

stroma

membrana del tilacoide

lume del tilacoide

2

1

La radiazione luminosa colpisce il fotosistema II. Esso è costituito da aggregazioni di pigmenti (il sistema antenna) capaci di assorbire le radiazioni luminose e convogliarle verso il centro di reazione in cui una molecola di clorofilla a, con un picco di assorbimento a 680 nm, passa a uno stato eccitato. La condizione instabile determina la cessione di un elettrone al primo trasportatore di elettroni. L’energia luminosa diventa così energia chimica.

2

La molecola di clorofilla recupera l’elettrone attraverso l’ossidazione di una molecola d’acqua (reazione di fotolisi) che libera H+ e ossigeno molecolare: l’importantissimo sottoprodotto della fotosintesi!

3

Attraverso la catena di trasporto degli elettroni costituita da plastochinone, complesso dei citocromi e plastocianina, l’elettrone è trasferito al fotosistema I dove la clorofilla a con picco di assorbimento a 700 nm permette la riduzione delle ferredoxine, dirette responsabili della riduzione del NADP+ a NADPH. +

4

Il trasporto degli elettroni libera energia per trasferire contro gradiente altri ioni H dallo stroma al lume del tilacoide.

5

Il gradiente elettrochimico degli ioni H+ attiva il complesso dell’ATP sintasi con la fotofosforilazione di ATP.

Nel complesso, la fase luce-dipendente della fotosintesi clorofilliana porta alla formazione di ATP e NADPH, che possono essere utilizzati nella fase successiva.

3.3 La fase luce-indipendente: il ciclo di Calvin Questa fase avviene nello stroma dei cloroplasti e non richiede la presenza della luce. L’ATP e il NADPH prodotti nella fase luce-dipendente sono utilizzati per la sintesi di glucosio a partire da CO . Il processo prende il nome di ciclo di Calvin, il quale, analogamente al ciclo di Krebs, è costituito da una serie di reazioni all’interno di un ciclo, dove gli intermedi sono rigenerati. Il prodotto del ciclo è un carboidrato a tre atomi di carbonio, la gliceraldeide-3-fosfato, per la cui formazione è necessario che il ciclo si ripeta tre volte. La gliceraldeide 3-fosfato è in seguito utilizzata per la sintesi degli zuccheri.

PQ = plastochinone PC = plastocianina b f = complesso di citocromi Fd e FNR = ferredoxine)

VIDEO Le fasi della fotosintesi


146

UNITÀ 5

Vie metaboliche

5. RAGIONA CON LO SCHEMA Il ciclo di Calvin 1 Il CO entra nel ciclo di Calvin.

3 diossido di carbonio (CO )

3 P

P ribulosio 1,5-difosfato

3 ADP

ribulosio P difosfato 6 3-fosfoglicerato carbossilasi (rubisco) fissazione

3 L’ATP è usato per rigenerare il ribulosio 1,5-difosfato per la fissazione del carbonio.

6 ADP

CICLO DI CALVIN

3 ATP rigenerazione

6 ATP

6 P riduzione

P

2 ATP e NADPH provenienti dalla fase luce-dipendente sono usati per produrre carboidrati.

1,3-difosfoglicerato

6 NADPH

5

P

gliceraldeide-3-fosfato

6

P

6 NADP

gliceraldeide-3-fosfato P gliceraldeide-3-fosfato

Il ciclo si svolge in tre tappe. 1

Fissazione del carbonio. Ogni molecola di CO entra nel ciclo di Calvin e si lega al ribulosio 1,5-difosfato, uno zucchero a cinque atomi di carbonio, mediante una reazione catalizzata dall’enzima ribulosio difosfato carbossilasi; questo enzima è anche detto rubisco ed è il più abbondante in natura. Il prodotto di reazione (a sei atomi di carbonio) si scinde immediatamente in due molecole di 3-fosfoglicerato. Il termine fissazione indica che il carbonio del CO passa dall’atmosfera all’interno di molecole organiche.

2

Riduzione. Il 3-fosfoglicerato riceve un gruppo fosfato da una molecola di ATP e si trasforma in 1,3-difosfoglicerato, poi ridotto da una molecola di NADPH a gliceraldeide-3-fosfato. Da tre molecole di CO , unite ad altrettante molecole di ribulosio 1,5-difosfato, si ottengono sei molecole di gliceraldeide-3-fosfato, ma solo una di esse esce dal ciclo per essere utilizzata nella sintesi dei carboidrati.

3

Rigenerazione. In questa fase, le cinque molecole di gliceraldeide-3-fosfato vanno incontro a una serie di reazioni che richiedono, in totale, il consumo di 3 molecole di ATP e portano alla rigenerazione del ribulosio 1,5-difosfato di partenza.

Considerando il bilancio complessivo del ciclo di Calvin relativo a tre molecole di CO : 3CO + 9ATP + 6NADPH + 6H → gliceraldeide-3-fosfato + 9ADP + 8 Pi + 6 NADP + 3H O • si forma una molecola di gliceraldeide-3-fosfato, utilizzata per la sintesi dei carboidrati e di altri composti organici; • si consumano nove molecole di ATP; • si consumano sei molecole di NADPH.

glucosio e altre molecole organiche


LEZIONE 3

La fotosintesi clorofilliana

147

3.4 La fotosintesi e la respirazione Con la fotosintesi, gli organismi fotosintetici sfruttano l’energia solare per produrre ATP e NADPH, molecole ad alto contenuto energetico utilizzate per la sintesi dei carboidrati a partire dal diossido di carbonio. Come sottoprodotto, la fotosintesi libera ossigeno. I carboidrati non sono utilizzati solo dagli organismi fotosintetici (autotrofi) ma anche da quelli eterotrofi, che non sono in grado di produrre da soli il proprio nutrimento. Anche l’ossigeno è utilizzato sia dagli autotrofi che dagli eterotrofi per degradare, durante la respirazione, le biomolecole a CO . La vita sulla Terra, in definitiva, è totalmente dipendente dagli organismi fotosintetici. La fotosintesi e la respirazione hanno molte caratteristiche in comune e le due reazioni sono speculari [Fig. 3]. O

energia solare

Durante la fotosintesi i cloroplasti utilizzano l’energia solare per produrre carboidrati da CO e H O, liberando ossigeno.

Figura 3 Fotosintesi e respirazione a confronto.

ATP

glucosio (C H O )

cloroplasto

FOTOSINTESI 6 CO + 6 H O + energia solare → C H O + 6 O

Durante la respirazione i mitocondri degradano i carboidrati a CO e H O utilizzando l’ossigeno, per produrre energia sotto forma di ATP.

mitocondrio CO HO

RESPIRAZIONE C H O + 6 O → 6 CO + 6 H O + energia

Biochimica for the future

Energia: foglie, cellule e automobili La foglia artificiale è un dispositivo promettente per produrre energia imitando la fotosintesi delle piante. Questa foglia si presenta come una lamina di silicio immersa nell’acqua, esposta alla radiazione solare in presenza di catalizzatori con cobalto e sali di boro. Le bollicine che si liberano sono formate dai due componenti gassosi dell’acqua: l’ossigeno e l’idrogeno. Nell’arco di 10 anni gli studi sulla fotolisi artificiale dell’acqua hanno avuto notevoli impulsi per migliorare l’efficienza nella conversione energetica, negli aspetti economici e nella semplicità di conduzione delle trasformazioni in ambienti reali, con sistemi di catalisi molto efficienti. Lo scopo fondamentale della foglia artificiale è quello di ricavare ossigeno e idrogeno molecolari in un modo alternativo rispetto all’elettrolisi dell’acqua. Un secondo aspetto di grande rilievo è il fatto che la reazione fotosintetica permette di assorbire CO , uno dei maggiori responsabili dell’effetto serra che ha portato all’attuale crisi climatica. Proprio per ridurre le emissioni di gas serra, si stanno cercando fonti di energia alternative ai combustibili fossili anche per le auto e gli altri i mezzi di trasporto.

Organizza le idee La fotosintesi e la luce

Il ciclo di Calvin

1. La fotosintesi avviene in 2/3 fasi. 2. Lo stroma è il fluido interno dei ....................., mentre il ..................... è lo spazio interno dei tilacoidi.

3. Si compone di tre momenti: fissazione, V F riduzione e rigenerazione. 4. Il ciclo di Calvin è una reazione anabolica/catabolica.


148

UNITÀ 5

LEZIONE 4

Vie metaboliche

Il metabolismo di lipidi e proteine

4.1 I lipidi, un’importante riserva energetica Le riserve di glicogeno nel nostro corpo sono destinate a esaurirsi nell’arco di ore. Le necessità energetiche a più lungo termine sono garantite da un’altra classe di biomolecole: i lipidi. I lipidi sono contenuti negli alimenti in varie forme, di cui i trigliceridi sono la tipologia più abbondante. I trigliceridi sono utilizzati dall’organismo come fonte di energia. Essi sono accumulati all’interno degli adipociti, le cellule del tessuto adiposo, dove costituiscono la maggiore riserva energetica dell’organismo. Essendo apolari, essi non inglobano molecole di acqua, ma si dispongono in modo compatto occupando in modo efficace gran parte del volume delle cellule adipose. La quantità di energia ricavabile dalla demolizione dei grassi è più del doppio rispetto a quella ottenibile dalla degradazione dei carboidrati.

Chem word Glucagone | Glucagon composto di gluco-, dal greco glykýs «dolce», e tema del latino agĕre «condurre, agire», col suffisso -one Urea | Urea dal francese urée, derivato del greco oyròn «urina»

La digestione dei grassi Dopo essere stati assunti con gli alimenti, i trigliceridi sono digeriti all’interno dell’intestino tenue, in particolare nel duodeno, per azione delle lipasi. L’attività delle lipasi, che operano in ambiente acquoso, è favorita dalla presenza degli acidi biliari; questi, prodotti nel fegato e secreti nell’intestino con la bile, agiscono da emulsionanti per i grassi, i quali, invece, sono insolubili in acqua. I trigliceridi sono incorporati in micelle costituite da acidi biliari sotto forma di sali (sali biliari); sono quindi esposti all’azione delle lipasi, che li scindono in glicerolo e acidi grassi. Dopo il passaggio nelle cellule della mucosa intestinale, gli acidi grassi sono riconvertiti in trigliceridi e trasportati prima al sistema linfatico e poi al sangue, all’interno di aggregati molecolari contenenti proteine che prendono il nome di chilomicroni. I chilomicromi trasportano anche altri lipidi, come il colesterolo e le vitamine liposolubili. La loro funzione è principalmente quella di trasportare il colesterolo fino al fegato e i grassi fino al tessuto adiposo e muscolare. Nel tessuto adiposo e nei muscoli, i trigliceridi contenuti nei chilomicroni sono nuovamente idrolizzati da una lipasi extracellulare, quindi trasportati all’interno delle cellule, dove sono riconvertiti in trigliceridi per essere conservati come riserva energetica (nel tessuto adiposo) o degradati per fornire energia (nei muscoli). Uno schema semplificato del percorso dei grassi nel processo digestivo è mostrato in Figura 1.

acidi biliari

Fegato

Figura 1 Rappresentazione schematica della digestione dei trigliceridi.

lipasi trigliceridi

acidi grassi

Intestino tenue

trigliceridi mucosa intestinale

Tessuto adiposo

trigliceridi acidi grassi trigliceridi

Tessuto muscolare

Capillari sangugni

chilomicromi


LEZIONE 4

Il metabolismo di lipidi e proteine

149

4.2 Il catabolismo dei trigliceridi I trigliceridi sono una fonte di energia per quasi tutte le cellule, a eccezione di quelle cerebrali che utilizzano principalmente il glucosio. Il loro catabolismo avviene in tre fasi. Idrolisi dei trigliceridi La prima tappa della demolizione dei trigliceridi è la lipolisi, ovvero la loro idrolisi in acidi grassi e glicerolo. Questo processo avviene per azione di una lipasi, che agisce sotto stimolo di due ormoni: l’adrenalina e il glucagone. Ossidazione del glicerolo Il glicerolo liberato dai trigliceridi è ossidato a diidrossiacetone fosfato in un processo a due tappe. Il diidrossiacetone fosfato è un intermedio della glicolisi, all’interno della quale proseguirà la sua degradazione. Ossidazione degli acidi grassi La demolizione per via ossidativa dei grassi è detta anche β-ossidazione. Essa si svolge nella matrice mitocondriale.

6. RAGIONA CON LO SCHEMA La β ossidazione degli acidi grassi O R

CH

CH

OH + H

C

acido grasso

S

ATP

CoA

Per entrare nel mitocondrio, la molecola di acido grasso dev’essere attivata.

coenzima A

acil-CoA sintetasi AMP + PP O R

CH

CH

S

C

CoA

acil-CoA

citoplasma

traslocasi

matrice mitocondriale

Nel mitocondrio l’acido grasso viene demolito mediante una serie di reazioni, ripetute per più cicli, che portano alla rimozione di due atomi di carbonio per ciclo sotto forma di acetil-CoA.

O R 1 OSSIDAZIONE

CH

CH

S

C

CoA

acil-CoA

FAD

FADH

CH

CH

C

S

OH

O

O CH

C

S

C

CoA

acetil-CoA

S

C

acido grasso attivo (con due atomi di carbonio in meno)

2 IDRATAZIONE

CH

R

CoA

HO

R

CH O

O R

O

ripetizione del ciclo

S

3

CoA

R

NAD

NADH + H

C

CoA

HS-CoA 4 SCISSIONE O

CH

C

S

CoA

L’acil-CoA continua la degradazione metabolica nel ciclo di Krebs.

OSSIDAZIONE CATENA RESPIRATORIA

CICLO DI KREBS


150

UNITÀ 5

Vie metaboliche

I corpi chetonici L’ingresso dell’acetil-CoA nel ciclo di Krebs dipende dalla disponibilità dell’ossalacetato, che a sua volta è correlato alla glicolisi. Il catabolismo degli acidi grassi è quindi influenzato dal catabolismo dei carboidrati. In condizioni di carenza di glucosio, per esempio in un periodo di digiuno prolungato, o di patologie legate al metabolismo del glucosio, come nel caso del diabete, l’ossalacetato è consumato per produrre glucosio attraverso la gluconeogenesi. Per non interrompere l’ossidazione degli acidi grassi, l’acetil-CoA formatosi, non potendo entrare nel ciclo di Krebs, è utilizzato per la formazione dei cosiddetti corpi chetonici, ovvero l’acetoacetato, l’acetone e il β-idrossi-butirrato [Fig. 2].

O 2CH3 C

S

acetil-CoA

CoA

O

O

CH3 C

CH2 C

HS-CoA S

CoA

CH3

acetoacetil-CoA

O

O

C

CH2 C

O–

acetoacetato

NADH

decarbossilazione

NAD+ + H+ OH CH3

CH

O CH2

C

β-idrossibutirrato

O O–

4.3 Biosintesi degli acidi grassi Gli acidi grassi possono essere sintetizzati dalle cellule in condizioni nelle quali l’apporto energetico superi il fabbisogno dell’organismo. Precursori non lipidici, come proteine e carboidrati, se in eccesso, possono essere trasformati in grassi.

La sintesi degli acidi grassi, detta lipogenesi, ha sede nel citoplasma. Il precursore è l’acetil-CoA, generato dalla trasformazione del piruvato, a sua volta prodotto principalmente con la glicolisi. L’acetil-CoA, situato nella matrice mitocondriale, reagisce con ossalacetato per dare citrato, liberando il coenzima A. Il citrato viene trasportato attraverso la membrana verso il citoplasma. Qui il citrato reagisce nuovamente con una molecola di coenzima A per dare ossalacetato e acetil-CoA, che può quindi iniziare il percorso biosintetico. Nella prima tappa l’acetil-CoA è convertito in malonil-CoA mediante una reazione di carbossilazione; questa è catalizzata dalla malonil-CoA carbossilasi, che richiede la scissione di una molecola di ATP . La reazione avviene in presenza di ioni magnesio(Mg ) e del coenzima biotina, una vitamina idrosolubile che funge da trasportatrice di gruppi CO . La sua funzione è «attivare» l’acetil-CoA. Le tappe successive consistono in una serie di reazioni che si ripetono ciclicamente, per un numero totale di sette cicli. Il prodotto finale è un acido grasso a sedici atomi di carbonio, acido palmitico. Gli intermedi di reazione sono sempre legati alla proteina ACP (Acil Carrier Protein), mentre le reazioni sono catalizzate dal complesso enzimatico dell’acido grasso sintasi. Il coenzima NADPH garantisce il necessario processo di riduzione. Per ottenere acidi grassi a catena più lunga e inserire eventuali insaturazioni intervengono enzimi specifici nel reticolo endoplasmatico liscio.

CH3

C

acetone

CH3

Figura 2 La formazione dei corpi chetonici.


LEZIONE 4

Il metabolismo di lipidi e proteine

151

7. RAGIONA CON LO SCHEMA Biosintesi degli acidi grassi O CH

C

CoA

S

acetil-CoA matrice mitocondriale

ossalacetato CoA-SH

citrato

citoplasma

traslocasi

citrato

CoA-SH ossalacetato attivazione

CH

C

CoA

S

acetil-CoA

ACP

Il malonil-ACP reagisce con l’acetil-ACP per formare l’acetoacetil-ACP, con liberazione di una molecola di CO , che era stata trasferita nello stadio iniziale per attivare l’acetil-CoA.

malonil-CoA carbossilasibiotina-CO

CH

O CoA

S

C

COO

malonil-CoA

ACP

CH

HS-CoA

O

O CH

ACP

C

acetil-ACP

C

ACP

COO

malonil-ACP

acido grasso sintasi

NADPH + H

1 RIDUZIONE

O CH

CH

C

inizio di un nuovo ciclo

CO ACP O C

ACP

acetoacetil-ACP

4 CONDENSAZIONE O

NADP CH OH CH

Il butirril-ACP può cominciare un nuovo ciclo reagendo con la molecola di malonil-CoA, per allungare la catena di altri due atomi di carbonio.

HS-CoA

catalizza tutte le tappe del ciclo

Il gruppo chetonico dell’acetoacetilACP subisce una riduzione ad alcol, formando il β-idrossibutirril-ACP, mentre il NADPH si ossida a NADP .

ADP + P

ATP

O

CH

O CH

C

CH

CH

C

ACP

butirril-ACP

β-idrossibutirril-ACP

ACP

NADP 2 DEIDRATAZIONE

La riduzione del crotonil-ACP, in presenza di NADPH, porta alla formazione del butirril-ACP, un composto a quattro atomi di carbonio, due in più rispetto al composto di partenza.

NADPH + H O CH

CH

CH

C

ACP

3 RIDUZIONE

crotonil-ACP

Dopo sette cicli si ha l’arresto del ciclo e il rilascio del prodotto finale (l’acido palmitico) dal complesso enzimatico, che può così catalizzare un nuovo ciclo. Gli acidi grassi con insaturazioni collocate dal nono atomo di carbonio in poi non possono essere sintetizzati dall’organismo, perché non esistono specifici enzimi. Questi acidi, tra cui l’acido linoleico e l’acido linolenico, sono detti essenziali perché devono essere assunti con gli alimenti.


152

UNITÀ 5

Vie metaboliche

4.4 Dagli amminoacidi alle proteine I processi metabolici che coinvolgono gli amminoacidi sono destinati primariamente alla costruzione delle proteine o di altri composti azotati. Anche le proteine possono fornire energia, sebbene non sia la loro funzione principale. Il catabolismo degli amminoacidi può procurare all’organismo circa il 10-15% dell’energia di cui necessita, che viene liberata quando i lipidi e i carboidrati non sono sufficienti a soddisfare il fabbisogno energetico. Un’altra particolarità degli amminoacidi è la presenza nella loro molecola dell’atomo di azoto, che segue un destino metabolico differente dallo scheletro carbonioso. La porzione amminica di un amminoacido è, infatti, destinata alla biosintesi di composti azotati o eliminata attraverso il ciclo dell’urea.

La digestione delle proteine La digestione delle proteine avviene nello stomaco e nell’intestino, per opera di specifici enzimi proteolitici. Nell’ambiente acido dello stomaco le proteine sono idrolizzate dalla pepsina; questo enzima fa parte delle endopeptidasi, enzimi che scindono solo i legami peptidici interni della catena polipeptidica. Le proteine, parzialmente demolite in frammenti polipeptidici più piccoli, sono ulteriormente idrolizzate nell’intestino tenue – a pH basico – da altre endopeptidasi presenti nel succo pancreatico: la tripsina e la chimotripsina. La tripsina scinde il legame ammidico che coinvolge il gruppo carbossilico di una lisina o di una arginina, mentre la chimotripsina è specifica per il legame peptidico che coinvolge il gruppo carbossilico di amminoacidi aromatici. L’azione digestiva è portata avanti dalle esopeptidasi: la carbossipeptidasi, presente nel succo pancreatico, provoca il distacco degli amminoacidi con il gruppo carbossilico libero, mentre l’amminopeptidasi, situata sulla membrana delle cellule intestinali, idrolizza il peptide a livello dell’amminoacido con il gruppo amminico libero. Frammenti costituiti da due o tre peptidi sono infine idrolizzati nei singoli amminoacidi da dipeptidasi e da tripeptidasi. Gli amminoacidi liberi sono assorbiti dai villi intestinali e trasportati, attraverso i vasi sanguigni venosi, fino al fegato [Fig. 3]. proteine succo pancreatico

pancreas

Intestino tenue

Stomaco 1

pepsina

La digestione prosegue nell’intestino fino alla scissione in amminoacidi [3], che passano nel sangue per essere assorbiti a livello del fegato [4].

2 oligopeptidi amminoacidi

tripsina, chimotripsina, carbossipeptidasi peptidi

Figura 3 La digestione e l’assorbimento delle proteine.

amminopeptidasi

3 Fegato

Nello stomaco, la pepsina scinde le proteine in peptidi [1] che passano nell’intestino, dove gli enzimi pancreatici li demoliscono ulteriormente [2].

tripeptidi, dipeptidi amminoacidi

4

dipeptidasi, tripeptidasi cellule intestinali

amminoacidi

CAPILLARI VENOSI


LEZIONE 4

Il metabolismo di lipidi e proteine

153

4.5 Il destino degli amminoacidi Il catabolismo degli amminoacidi ha luogo principalmente nel fegato e ha inizio con la rimozione del gruppo amminico, per transaminazione e deaminazione ossidativa.

La transaminazione La transaminazione è una reazione in cui il gruppo amminico della molecola di un amminoacido è trasferito alla molecola di un α-chetoacido. Gli α-chetoacidi sono acidi carbossilici, nella cui molecola è presente un gruppo carbonilico legato direttamente al gruppo carbossilico (posizione α). Nel fegato, l’α-chetoacido che funge da accettore dei gruppi amminici per quasi tutti gli amminoacidi è l’α-chetoglutarato, un metabolita del ciclo di Krebs. L’α-chetoglurato, in seguito al legame con il gruppo amminico, si trasforma in glutammato [Fig. 4]. COO

COO

+

CH

HN

COO

O

C

HN

CH

C

PLP

H

COO +

CH

amminotransferasi (transaminasi)

R

H

C

C

CH

O

R

COO

COO α-chetoglutarato

α-amminoacido

α-chetoacido

glutammato

Figura 4 La transaminazione.

La transaminazione è una reazione reversibile, il cui equilibrio è regolato in base alla richieste cellulari. Essa è catalizzata da enzimi detti transaminasi o amminotransferasi. Il trasportatore dei gruppi amminici è un coenzima, il piridossal fosfato (indicato con la sigla PLP), la forma biologicamente attiva della vitamina B . Questi enzimi sono molto abbondanti nel fegato e la loro presenza nel sangue può essere indice di una cattiva funzionalità epatica. Le transaminasi sono specifiche per ciascun amminoacido. Per esempio, la molecola dell’alanina cede il gruppo amminico alla molecola dell’α-chetoglutarato e si trasforma in una molecola di piruvato. La reazione è catalizzata dall’alanina aminotransferasi (ALT), nota anche come glutammato-piruvato transaminasi (GPT). La deaminazione ossidativa Nel fegato, il gruppo amminico trasferito per transaminazione alla molecola del glutammato è rimosso sotto forma di ione ammonio (NH ) mediante un secondo processo: la deaminazione ossidativa, che avviene nei mitocondri. La reazione è catalizzata dall’enzima glutammato deidrogenasi, con la partecipazione dei coenzimi NAD o NADP [Fig. 5]. L’α-chetoglutarato che si genera sarà utilizzato nel ciclo di Krebs o nella gluconeogenesi, mentre lo ione ammonio seguirà il suo destino catabolico nel ciclo dell’urea, o anabolico in processi biosintetici. Alcuni amminoacidi possono andare incontro direttamente alla deaminazione ossidativa senza svolgere prima la transaminazione.

HN

C

Figura 5 La deaminazione ossidativa del glutammato.

COO

COO H

C NADP

CH CH COO glutammato

+HO

NADP(H) + H

glutammato deidrogenasi

O

CH CH COO

α-chetoglutarato

+

NH ione ammonio


154

UNITÀ 5

Vie metaboliche

Il ciclo dell’urea Lo ione ammonio è dannoso per l’organismo e viene eliminato convogliandolo nel ciclo dell’urea, una molecola non tossica che viene espulsa con le urine. Il processo si svolge nei mitocondri e nel citoplasma e richiede molta energia, fornita dall’ATP.

8. RAGIONA CON LO SCHEMA Il ciclo dell’urea 2 ATP

2 ADP + P O

NH

+ HCO

ione bicarbonato ammonio

carbamilfosfato sintetasi 1

HN

C

O

carbamilfosfato

P P

Passaggio nel citoplasma.

ornitina transcarbamilasi citrullina

matrice mitocondriale

2 ornitina

citoplasma

O NH urea

aspartato

3 argininosuccinato sintetasi

5 arginasi

C HN

citrullina

HO

ATP AMP + PP

arginina

argininosuccinato

Il processo comporta un dispendio energetico, con il consumo di tre molecole di ATP.

4

L’aspartato fornisce il secondo atomo di azoto per la formazione dell’urea.

fumarato

Lo scheletro carbonioso degli amminoacidi Lo scheletro carbonioso è la parte della molecola dell’amminoacido privata del gruppo amminico. Il catabolismo è piuttosto complesso, data la diversa natura chimica dei venti amminoacidi, i quali seguono tutti vie di degradazione differenti. Tuttavia, tutti i processi metabolici convergono, come abbiamo già più volte evidenziato, nel ciclo di Krebs. Gli scheletri carboniosi possono infatti essere trasformati in piruvato, acetil-CoA, acetoacetil-CoA, intermedi del ciclo di Krebs (ossalacetato, fumarato, succinil-CoA e α-chetoglutarato). Il piruvato, l’ossalacetato, il fumarato, il succinil-CoA e l’α-chetoglutarato possono essere utilizzati per la produzione di glucosio attraverso la gluconeogenesi. Pertanto, gli amminoacidi che vengono convertiti in questi composti sono detti glucogenici. L’acetil-CoA e l’acetoacetil-CoA sono precursori dei corpi chetonici e per tale motivo gli amminoacidi che vengono trasformati nei due metaboliti sono detti amminoacidi chetogenici. In conclusione, la demolizione dello scheletro carbonioso ha tre diversi destini: • ossidazione a CO e H O nel ciclo di Krebs per produrre energia; • sintesi del glucosio, attraverso la gluconeogenesi; • sintesi dei corpi chetonici.

Organizza le idee Il metabolismo dei trigliceridi

Il metabolismo degli amminoacidi

1. La molecola di ..................., dopo la sua ossidazione a diidrossiacetone fosfato, entra direttamente nella ...................

2. Il catabolismo degli amminoacidi provvede a evitare l’accumulo di ioni ..................., derivati dalla reazione di ................... ossidativa.


LEZIONE 5

LEZIONE 5

L’integrazione delle vie metaboliche

155

L’integrazione delle vie metaboliche

5.1 Dalla cellula all’organismo Le vie metaboliche non procedono isolate, ma sono strettamente integrate e coordinate attraverso la regolazione enzimatica. L’interdipendenza fra le reazioni chimiche del metabolismo cellulare acquista una fondamentale importanza nel contesto globale di un organismo, nel suo insieme di tessuti e organi che svolgono funzioni specializzate e allo stesso tempo coordinate. Nella regolazione del metabolismo di un intero organismo assumono rilevanza gli ormoni, i messaggeri chimici del nostro corpo, in grado di circolare nell’organismo trasmettendo segnali fra le cellule per modulare le loro attività e coordinare le funzioni degli organi. Consideriamo le interazioni biochimiche nelle condizioni di alimentazione e digiuno come esempio dei sofisticati meccanismi messi in atto dall’organismo per mantenere costanti i parametri fisiologici vitali.

5.2 La regolazione della glicemia Nelle fasi di digiuno e di alimentazione che si susseguono nell’arco di una giornata, il corpo mette in atto variazioni metaboliche per mantenere costante il livello di glucosio nel sangue [Fig. 1]. La glicemia è un parametro molto importante perché, come abbiamo già visto, il glucosio è la risorsa energetica principale per l’organismo. Valori di glicemia al di sotto di quelli normali generano ipoglicemia, ossia un abbassamento del livello di glucosio nel sangue. Viceversa, un eccesso di glucosio nel sangue comporta l’iperglicemia. Il controllo della glicemia è basato sull’azione di due ormoni di natura proteica: il glucagone e l’insulina, entrambi secreti dal pancreas. • Dopo il consumo di un pasto, poiché la quantità di glucosio nel sangue è aumentata, il pancreas produce l’insulina. Per rimuovere il glucosio dal sangue, l’insulina induce la sintesi del glicogeno nel fegato e nei muscoli (glicogenosintesi) e inibisce la glicogenolisi. Nel fegato, l’insulina induce un aumento della glicolisi; l’acetil-CoA in più, che non è necessario per la produzione di energia, è utilizzato per la sintesi degli acidi grassi. La sintesi degli acidi grassi si intensifica anche nel tessuto adiposo, dove l’ingresso del glucosio è favorito dall’azione dell’insulina. Nei muscoli, l’insulina favorisce anche la sintesi delle proteine. • Già qualche ora dopo il pasto, la concentrazione del glucosio diminuisce. L’ipoglicemia provoca un abbassamento della secrezione di insulina e stimola, invece, la secrezione di glucagone. Il glucagone induce nel fegato la degradazione del glicogeno (glicogenolisi) e stimola la gluconeogenesi, che portano alla produzione di glucosio da rilasciare nel sangue; contemporaneamente inibisce la glicolisi. Inoltre, il glucagone induce la mobilizzazione dei grassi nel tessuto adiposo; gli acidi grassi sono trasportati nel fegato e nei muscoli, dove sono ossidati allo scopo di produrre energia, risparmiando il glucosio necessario per rifornire il cervello. • La colazione del mattino, dopo il digiuno notturno, riavvia la fase di alimentazione. Il glucosio in ingresso è destinato ai tessuti periferici, mentre il fegato continua la gluconeogenesi, da cui ricava il glucosio necessario per il ripristino delle riserve di glicogeno. Quando le riserve epatiche di glucosio sono ricostituite, il fegato consuma l’eccesso di glucosio per la sintesi degli acidi grassi. • Nel caso di digiuno prolungato, è necessario assicurare il giusto apporto di glucosio al cervello e ai tessuti che lo usano come unica fonte di energia.

Figura 1 La glicemia è regolata in modo fine nel nostro corpo per assicurare la disponibilità di glucosio sia durante le fasi di alimentazione che di digiuno.


156

UNITÀ 5

Vie metaboliche

L’energia proviene principalmente dall’ossidazione degli acidi grassi, ma con il protrarsi del digiuno il metabolismo è direzionato verso la produzione dei corpi chetonici e la demolizione delle proteine muscolari, con ripercussioni sullo stato di salute.

9. RAGIONA CON LO SCHEMA La regolazione della glicemia L’insulina è secreta dal pancreas e abbassa i livelli di glucosio nel sangue (ipoglicemizzante).

Insulina favorisce l’ingresso di glucosio nelle cellule

Pancreas Fegato Glucosio

Cellule

Glicogeno il livello di glucosio nel sangue aumenta (dopo un pasto)

Aumenta la sintesi degli acidi grassi nel tessuto adiposo. Aumenta la sintesi delle proteine nei muscoli.

Aumenta la glicolisi.

Livelli normali di glucosio nel sangue

Glucosio

Globuli rossi il livello di glucosio nel sangue diminuisce

Fegato Glucosio Glicogeno

Aumenta la gluconeogenesi. È inibita la glicolisi. Aumenta l’ossidazione degli acidi grassi. È inibita la sintesi degli acidi grassi.

Pancreas

Glucagone

Il glucagone è secreto dal pancreas e aumenta i livelli di glucosio nel sangue (iperglicemizzante).

Organizza le idee Vie metaboliche

Insulina e glucagone

1. Nelle nostre cellule le vie metaboliche sono coordinate V F dall’azione di enzimi e ormoni.

4. L’insulina è un ormone ..................... che favorisce l’ingresso del ..................... nelle cellule. 5. L’azione coordinata di insulina e glucagone assicura il mantenimento della glicemia entro V F valori ottimali.

2. I meccanismi di controllo metabolico del nostro organismo sono evidenti nelle fasi di alimentazionedigiuno/sonno-veglia. 3. In mancanza di zuccheri e lipidi, il nostro corpo inizia a demolire le proteine per ricavare energia. V F


Mappa

157

MAPPA DI FINE UNITÀ IL METABOLISMO

Biochimica for the future Energia: foglie, cellule e automobili è suddiviso in

è suddiviso in

reazioni cataboliche

reazioni anaboliche

che degradano

che sintetizzano

carboidrati

lipidi

proteine

attraverso la

negli autotrofi

glicogeno

glucosio

acidi grassi

nella

nella

nella

gluconeogenesi

lipogenesi

glicogenosintesi

digestione

da

da

da

in cui sono idrolizzati in

glucosio-6fosfato

lattato, amminoacidi e glicerolo

acetil-CoA

monosaccaridi

acidi grassi

amminoacidi

che sono ossidati nella

che sono ossidati nella

che sono degradati con la

glicolisi

β-ossidazione

è prodotto per

in

acetil-coA che entra nel

glucosio

transaminazione e deaminazione ossidativa

in

scheletri carboniosi che entrano nel

ciclo di Krebs seguito da catena respiratoria e fosforilazione ossidativa si producono CO , H O e molecole di ATP dalle molecole di glucosio

amminoacidi

fotosintesi da

NH che entra nel

H O, CO e radiazione solare

ciclo dell’urea

grazie a

in assenza di ossigeno si ottengono 2 molecole di ATP per ogni molecola di glucosio

clorofilla e a altri pigmenti contenuti nei cloroplasti


158

UNITÀ 5

Vie metaboliche

AREA OPERATIVA CONOSCENZE

LEZIONE 2

LEZIONE 1

Concludi con il completamento corretto

Concludi con il completamento corretto

11 Il ciclo di Krebs si svolge: a. nella matrice mitocondriale b. nello spazio intermembrana dei mitocondri c. nella membrana mitocondriale interna d. nella membrana mitocondriale esterna

1 Il prodotto ultimo della fase preparatoria della glicolisi è: a. il diidrossiacetone fosfato b. la gliceraldeide-3-fosfato c. il fruttosio-1,6-difosfato d. il piruvato 2 L’enzima che catalizza la fosforilazione del glucosio è: a. la fosfofruttochinasi b. la fosfogliceratochinasi c. l’esochinasi d. la fosfoglucosio isomerasi 3 La fermentazione alcolica può avvenire: a. nei lieviti e in alcuni microrganismi b. nelle cellule muscolari c. nei microrganismi aerobi d. in tutti gli organismi 4 Test Medicina-Odontoiatria 2019 Durante la glicolisi: a. da ogni molecola di glucosio si producono due molecole di fruttosio-1,6-difosfato b. il fosfoenolpiruvato è convertito in piruvato dall’enzima isomerasi c. quattro molecole di ADP sono fosforilate per formare ATP d. sono necessarie due molecole di glucosio per ottenere una molecola di acido piruvico e. per ogni molecola di glucosio si produce una molecola di gliceraldeide-3-fosfato Completa le frasi

5 La fermentazione .................................... può verificarsi nelle cellule muscolari volontarie. 6 Il primo passaggio della fermentazione alcolica è una ........ ............................ che prevede il distacco di una molecola di ... .................................

Evidenzia l’opzione corretta

7 La via del pentoso fosfato è utile per ottenere pentosi/esosi. 8 Nella glicolisi la maggior parte delle reazioni è reversibile/ irreversibile. Rispondi ai quesiti

12 All’ingresso nel ciclo di Krebs l’acetil-CoA reagisce con: a. c. ossalacetato citrato d. fumarato b. succinato 13 Il numero di molecole di ATP prodotte dalla degradazione di una molecola di glucosio è: a. 32 d. 10 b. 25 c.

40

14 Il complesso enzimatico che non funziona da pompa protonica nella catena respiratoria è il: a. III d. IV I b. II c. 15 Test Medicina-Odontoiatria 2018 Per gluconeogenesi si intende: a. la biosintesi del glicogeno ad opera della glicogeno sintetasi b. il processo che dal piruvato porta alla formazione di glucosio c. l’ossidazione del glucosio d. la demolizione del glucosio e. la conversione del piruvato in lattato 16 La molecola necessaria per attivare il glucosio nella glicogenosintesi è: a. c. l’ATP l’UTP b. l’UDP d. l’ADP 17 Nella gluconeogenesi il piruvato è trasformato in: a. c. ossalacetato acetato d. acido ossalico b. ossalato 18 L’enzima che catalizza la demolizione di catene lineari di glicogeno è: a. la fosfoglucomutasi b. la glicogenofosforilasi c. la glicogenosintasi d. l’enzima ramificante Completa le frasi

19 La molecola di .................................... è ad alta energia come la molecola di ....................................

9 Qual è il bilancio complessivo della glicolisi?

20 Il coenzima Q e il citocromo c sono definiti trasportatori ............................ nella catena di trasporto degli .............................

10 Qual è l’importanza della via del pentoso fosfato?

21 La pompa protonica genera un gradiente ..................................


159

Area operativa

33 Completa le reazioni e indica la via metabolica.

Evidenzia l’opzione corretta

22 L’ossidazione dei coenzimi ridotti NADH e FADH2 produce/consuma energia.

COO

23 Con l’ossidazione di NADH si ottengono 2,5/1,5 molecole di ATP. 24 Nella molecola del glicogeno i legami 1,4/1,6 determinano le ramificazioni.

C

ATP

O + HCO

CH piruvato

bicarbonato

piruvato carbossilasi fosfoenolpiruvato carbossilasi GDP

Vero o Falso COO

25 Le reazioni della gluconeogenesi sono le reazioni inverse della glicolisi.

V F

26 L’accettore finale della catena di trasporto degli elettroni è O2.

V F

27 La glicogenosintesi avviene nel fegato e nel cuore. V F

C

fosfoenolpiruvato

LEZIONE 3 Concludi con il completamento corretto

28 Da dove proviene l’acetil-CoA che entra nel ciclo di Krebs?

34 Il ciclo di Calvin si svolge: a. nel lume tilacoidale b. nella membrana tilacoidale c. nella membrana interna del cloroplasto d. nello stroma

30 Qual è il bilancio delle molecole di ATP nella fosforilazione ossidativa? 31 In occasione di un’attività improvvisa e intensa (considerando che le riserve di glicogeno non siano esaurite) si attiverà preferibilmente la glicogenolisi o la gluconeogenesi? Risolvi i problemi

32 Completa le reazioni rappresentate in Figura inserendo il nome degli enzimi che le catalizzano e spiega di quali reazioni si tratta.

.......................................

a. .....................................................................................................................

.......................................

b. ......................................................................................................................

P

CH

Rispondi ai quesiti

29 Come viene sfruttata l’energia prodotta nella catena respiratoria?

O

35 La sostanza di partenza del ciclo di Calvin è: a. c. CO2 O2 b. H 2O d. glucosio 36 L’accettore finale di elettroni nella fase luce-dipendente è: a. c. NADPH O2 b. H 2O d. NADP+ 37 Test Medicina-Odontoiatria 2021 Quale dei processi elencati non porta alla sintesi di ATP? a. Fermentazione lattica del glucosio b. Ciclo di Krebs c. Glicolisi d. Ciclo di Calvin e. Catena di trasporto degli elettroni 38 Test Medicina-Odontoiatria 2020 Quali molecole prodotte durante la fase luminosa della fotosintesi verranno utilizzate nel ciclo di Calvin? a. Zuccheri e H2O d. CO2 e ADP b. H 2O e O 2 e. ATP e NADPH c. NADPH e O2 Evidenzia l’opzione corretta

39 Per reazione di fotolisi si intende la formazione/scissione di una molecola per effetto della luce/acqua. 40 L’ultima fase del ciclo di Calvin è detta fase di rigenerazione/riduzione.


160

UNITÀ 5

Vie metaboliche

Completa le frasi

41 Con il termine .................................... del carbonio si intende il suo inserimento in una molecola .................................... 42 Il centro di .................................... di un fotosistema è formato da molecole di .................................... Rispondi ai quesiti

43 In che cosa consiste la fotolisi dell’acqua? 44 A che cosa serve la gliceraldeide 3-fosfato?

55 Il glucagone inibisce la: a. lipolisi b. sintesi del colesterolo c. sintesi degli acidi grassi d. sintesi dei corpi chetonici Completa le frasi

56 I chilomicroni trasportano acidi grassi, .................................... e vitamine ....................................

45 Qual è la funzione della fotosintesi?

57 Con la sigla ACP si intende proteina trasportatrice dei ....................................

LEZIONE 4

58 L’enzima aminotrasferasi viene anche definito più comunemente ....................................

Concludi con il completamento corretto

Rispondi ai quesiti

46 Il β-idrossibutirrato è: a. un intermedio della lipogenesi b. un intermedio della lipolisi c. un intermedio della β-ossidazione d. un corpo chetonico

59 Qual è l’importanza dei trigliceridi nell’organismo?

47 L’enzima che catalizza le reazioni della lipogenesi è: a. l’acido grasso sintasi b. l’acil-Co-A sintetasi c. la glicerolo chinasi d. la malonil-CoA carbossilasi Evidenzia l’opzione corretta

48 L’idrolisi dei trigliceridi è determinata dalla presenza di lipasi/proteasi. 49 La α/β ossidazione degli acidi grassi avviene nei mitocondri/nel citoplasma. 50 Per la deaminazione ossidativa interviene il coenzima NAD+/NADP+. 51 Il più comune accettore dei gruppi amminici è: a. c. l’α-chetoglutarato l’ossalacetato d. il fumarato b. il piruvato 52 La tripsina: a. agisce a pH acido b. agisce a pH basico c. agisce a pH neutro d. è indipendente dal pH 53 Lo ione ammonio entra nel ciclo dell’urea sotto forma di: a. c. fumarato aspartato d. carbamilfosfato b. ornitina 54 Lo scheletro carbonioso dell’alanina è trasformato in: a. c. α-chetoglutarato piruvato d. fumarato b. ossalacetato

60 Che cosa sono i chilomicroni? 61 Come avviene il catabolismo del gruppo amminico degli amminoacidi? 62 A che cosa serve il ciclo dell’urea?

LEZIONE 5 Concludi con il completamento corretto

63 Nella fase di digiuno aumenta: a. la glicolisi b. la gluconeogenesi c. la sintesi degli acidi grassi d. la sintesi delle proteine 64 Individua fra le seguenti vie metaboliche la via anabolica del glucosio: a. glicogenolisi b. gluconeogenesi c. via del pentoso fosfato d. glicolisi 65 L’insulina: a. stimola la glicogenosintesi b. stimola la glicogenolisi c. inibisce la sintesi degli acidi grassi d. inibisce la glicolisi Completa le frasi

66 Il glucagone oltre a svolgere una funzione ............................... sui valori della glicemia, favorisce la .................................... dei trigliceridi. 67 Gli ormoni insulina e glucagone sono prodotti dalle cellule .................................... del pancreas e sono veicolati in tutto il corpo attraverso il ....................................


161

Area operativa

ABILITÀ E COMPETENZE 68 Completa la reazione, indicando il nome del reagente, del prodotto, dell’enzima e del coenzima in essa coinvolti. O

75 Per ogni coppia di metaboliti indica che tipo di trasformazione è avvenuta, quale gruppo chimico è stato coinvolto nella reazione, i coenzimi coinvolti e la via metabolica di cui fanno parte.

O

C

O

C

O

H

CH

C

O

C

OH

69 Osserva la seguente reazione del ciclo di Krebs. a. Di che tipo di reazione si tratta? b. Interpreta i cambiamenti strutturali passando dai reagenti ai prodotti. c. Indica a quale tappa del ciclo corrisponde la trasformazione. NAD

NADH + H

CHOH CH

CH

C

OH

O CH

ACP

C

R

CH

CH

O CH

S

C

CoA

CH

a. Quali sono i gruppi funzionali nelle molecole del reagente e del prodotto? b. Che tipo di reazione si verifica? c. Dove avviene questo tipo di reazione?

COO

O

CH

CH

O CH

C

O ACP

R

CH

C

O CH

C

S

CoA

76 Indica le funzioni svolte da ciascuna struttura durante le fasi di alimentazione e digiuno. Pancreas

Fegato

Tessuto adiposo

Muscolo

COO C

malato deidrogenasi

OH

O

CH

COO

COO

malato

ossalacetato

70 Individua la reazione del ciclo del ciclo di Krebs in cui si verificano i seguenti eventi: a. decarbossilazione del substrato; b. formazione di un legame carbonio-zolfo; c. formazione di NADH. 71 Individua quali, fra i seguenti elementi, partecipa alla fase luce-dipendente della fotosintesi e quale al ciclo di Calvin: ATP sintasi, NADPH, O2, gliceraldeide 3-fosfato, clorofilla, ribulosio 1,5-difosfato, citocromi, CO2, rubisco, ADP, ATP, NADP+. 72 Attribuisci i seguenti eventi alla respirazione o alla fotosintesi: eccitazione degli elettroni, riduzione di O2, sintesi di ATP, ossidazione di NADPH, ossidazione di NADH, produzione di CO2, fotolisi di H2O, ossidazione di FADH2, fissazione del carbonio. 73 Quante molecole di acetil-CoA si formano dall’ossidazione completa di un acido grasso contenente 18 atomi di carbonio? 74 Quanti cicli di β-ossidazione sono necessari per ossidare un acido grasso contenente 20 atomi di carbonio?

Biochemistry in English 77 Test Medicina in Inglese 2023 In which reactions of glycolysis are isomerase enzymes involved? a.

During the phosphorylation of both glucose and fructose-1-phosphate

b.

When glucose-6-phosphate is changed to fructose-6-phosphate

c.

In the steps in which dehydrogenase enzymes are involved

d.

When four enzyme-catalysed reactions convert each triose phosphate molecule to a molecule of pyruvate

e.

To convert fructose 1-6-diphosphate to glyceraldehyde 3-phosphate and dihydroxyacetone phosphate


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UNITÀ 5

Vie metaboliche

Biochimica strategies METTITI IN GIOCO

RISORSE DIGITALI

Recupera le energie! • Leggi attentamente il testo “Recupera energia”, cliccando sull’icona PDF qui sotto. • Calcola, con i dati in tuo possesso, le quantità necessarie per raggiungere il fabbisogno energetico di 300 kcal. • Riporta i tuoi risultati in un documento Word. • Esprimi i valori inseriti in kJ, sapendo che 1 kcal = 4,186 kJ. • Cerca in rete il documento “LARN - Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana. IV Revisione” per scoprire che cosa si intende per porzione standard e quali sono le porzioni standard dei diversi alimenti.

A. Videolezione

APPROFONDIMENTO Recupera energia

VIDEO Respirazione aerobica

Considera 4 fotogrammi significativi per il bilancio energetico complessivo della respirazione cellulare; ricava i corrispondenti screenshot e riportali in un file Word in modo da evidenziare le quantità di ATP prodotte in ciascuno di questi passaggi.

B. Videolezione VIDEO Il ciclo dell’acido citrico

Evidenzia il ruolo centrale rappresentato dall’acetil-CoA per il metabolismo cellulare attraverso una mappa che puoi creare con Coggle (https://coggle.it).

BIOCHIMICA FOR THE FUTURE

IMPARA AD ARGOMENTARE

Energia: foglie, cellule e automobili

Facciamo due conti L’acido tetradecanoico è un acido grasso saturo a 14 atomi di carbonio, conosciuto come acido miristico dal nome della pianta tropicale da cui si ricava la noce moscata, la Myristica fragrans. Con la β-ossidazione può essere demolito in molecole di acetil-CoA. Quanta energia si potrà ricavare in tutto, considerando che gli acetil-CoA prodotti entrano nel ciclo di Krebs?

1 L’obiettivo principale della foglia artificiale è: a. ottenere acqua b. ottenere idrogeno e ossigeno molecolari c. ottenere glucosio d. ottenere anidride carbonica 2 I problemi da risolvere riguardano: a. costi b. ambiente di reazione c. fotosistemi artificiali e gli enzimi d. tutti i precedenti 3 La foglia artificiale è formata da una lamina di: a. ferro b. carbonio c. silicio d. cobalto 4 La foglia artificiale può aiutare a risolvere i problemi V F energetici e a ridurre la CO2 atmosferica.

1. Comincia

calcolando quanti passaggi di β-ossidazione sono necessari.

2. Descrivi

quanti e quali coenzimi ridotti si ottengono per ogni ciclo di β-ossidazione.

3. Spiega perché

l’acetil-CoA può continuare la via catabolica del ciclo di Krebs. Calcola la somma complessiva delle ATP prodotte.

4. Concludi

considerando perché un rapporto energetico molto vantaggioso è utilizzato solo in mancanza di molecole di glucosio.


Area operativa

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Orientamento alle professioni Lavorare nel settore della biochimica I processi chimici degli organismi viventi sono molto complessi; poterli analizzare e comprendere rappresenta una garanzia di miglioramento nella qualità di alimenti, farmaci e ambiente. Il settore della biochimica si occupa proprio di questo: studiare, monitorare, analizzare tutte le sostanze che interagiscono con gli organismi viventi. È indubbio che orientarsi in questa direzione professionale richiede una profonda trasversalità tra due discipline: Biologia e Chimica.

Che cosa fa una biochimica o un biochimico? Pianifica attività di ricerca per comprendere struttura e funzioni di biomolecole e processi biochimici di interesse per il settore agroalimentare, farmaceutico, della chimica verde e della bioenergia.

Esprime valutazioni rispetto al rischio biologico e al controllo di qualità e rivolge la conoscenza dei processi biologici molecolari al settore clinico diagnostico.

Si mantiene costantemente aggiornato sull’impiego di tecniche e strumentazioni sofisticate per lo studio e l’analisi delle sostanze e dei processi chimici che interagiscono con gli organismi viventi.

Esercita nelle bio-based industries mantenendosi aggiornato sulle opportunità internazionali, come quelle proposte dal Bio-based Industries Consortium (BIC) e dalla UE per i progetti di economia circolare.

Percorso di Studi

• Il primo passo è ottenere una Laurea di primo livello in Biologia, Biotecnologie o Chimica. • A seguire, ci si orienterà verso la Laurea Magistrale in Biologia molecolare (con particolare riferimento all’ingegneria proteica e metabolica) o in Biotecnologie industriali. • Per la professione di biochimico clinico è necessaria anche la successiva specializzazione in Patologia clinica e Biochimica clinica (4 anni).

Sbocchi professionali

• Presso enti pubblici: laboratori universitari e centri di ricerca come il CNR, dogane e Ministero dell’Interno e della Difesa (Polizia scientifica, Nucleo Anti-Sofisticazioni ecc.) • In aziende private del settore chimico, farmaceutico, alimentare, dell’ambiente • Nei laboratori pubblici e privati per le analisi cliniche


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UNITÀ 5

Vie metaboliche

Biochimica for the future Energia: foglie, cellule e automobili ATP: il nostro motore cellulare L’energia che permette alle nostre cellule di svolgere ogni tipo di lavoro è custodita nei legami altamente energetici della molecola di ATP, continuamente ricostituiti mediante le reazioni ossidative del catabolismo dei macronutrienti, soprattutto glucosio. Si può calcolare che dalla defosforilazione di una mole di ATP si liberano 7,3 kcal · mol , cioè 30,56 kJ · mol . La trasformazione catabolica della respirazione cellulare si può considerare come un motore, cioè una macchina che permette di trasformare una forma di energia in un’altra forma utile da utilizzare per compiere un lavoro.

Dal motore della cellula a quello dell’auto Tra le diverse tipologie di motori consideriamo quelli termici in cui l’energia in ingresso è rappresentata dall’energia chimica presente nei legami delle molecole di combustibile, per esempio la benzina o il gasolio per il motore diesel. Possiamo calcolare il rendimento di un motore termico dal rapporto tra l’energia utile, cioè l’energia utilizzata per compiere per esempio un lavoro meccanico, e l’energia chimica posseduta in partenza dai combustibili. Questo calcolo espresso in percentuale per il motore a benzina corrisponde al 28%, per un motore diesel al 38%.

Rendimento del motore cellulare Nel motore termico si ha un passaggio intermedio dell’energia chimica a calore prima di trasformarsi in energia utile, cioè energia meccanica: un passaggio molto riduttivo per la macchina. Le nostre cellule possono essere considerate dei motori termici particolari dal momento che l’energia potenziale viene convertita in molecole di ATP attraverso un processo di combustione frazionata, cioè a rilascio scaglionato di energia che limita la produzione di calore. I processi sequenziali di ossidazione consentono al motore cellulare di avere un rendimento anche di oltre il 60%.

RICERCA SOSTENIBILITÀ


Area operativa

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Dispersione di energia nel motore delle auto Abbiamo visto che il motore cellulare ha un rendimento molto più alto del motore delle nostre automobili. Le dispersioni di energia nei motori a benzina e diesel dipendono da diversi fattori: in parte dall’irraggiamento del motore, dal sistema di raffreddamento (radiatore) e dai gas di scarico che fuoriescono molto caldi; ma vanno considerate anche le perdite di energia dovute agli attriti interni ed esterni.

Rendimento dei motori a idrogeno ed elettrici Nei motori diesel negli ultimi anni si tende a incrementare il più possibile il rendimento con la riduzione di dissipazione di calore, per portarlo al valore obiettivo del 50%. Nei motori a idrogeno con fuel cell, in cui l’energia chimica è convertita direttamente in energia elettrica, il rendimento però aumenta e viene calcolato dal 40% al 60%. Il massimo rendimento spetta ai motori elettrici che raggiungono valori compresi tra l’80 e più del 90%.

Proposte di lavoro Conosci i motori a GPL? Parti dall’acronimo (Gas di Petrolio Liquefatto) e considera le caratteristiche principali con vantaggi e svantaggi. • I motori a GPL sono motori termici? • Qual è il loro rendimento percentuale? Rispondi a queste domande, approfondisci gli aspetti energetici e legati alla sostenibilità dei motori a GPL e poi crea una breve presentazione in PowerPoint per illustrare i risultati ai tuoi compagni.


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