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22 DICEMBRE 2009 24 FEBBRAIO 2010 Biblioteca Valvassori Peroni Milano
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COORDINAMENTO DEL PROGETTO DELLE MOSTRE E DEL CATALOGO Ignazio Gadaleta
MOSTRE COORDINAMENTO ORGANIZZATIVO
Ignazio Gadaleta ALLESTIMENTO
Costabile Piccirillo, Marta Ravasi UFFICIO STAMPA
Elisabetta Kluzer UFFICIO MOSTRE
Antonia Iurlaro, Silvia Perindani
CATALOGO TESTI CRITICI
Rolando Bellini, Ignazio Gadaleta, Gaetano Grillo GRAFICA ED IMPAGINAZIONE
M. Marra - NSN997 FOTOGRAFIE
Matteo Girola STAMPA
nome e cognome
CON IL CONTRIBUTO Consiglio di Zona 3 Comune di Milano 4
Accademia di Belle Arti di Brera
Consiglio di Zona 3 con il patrocinio
presentano
progetto artre
Giulio Pace Duerama Giuliano Giagheddu
22 DICEMBRE 2009 24 FEBBRAIO 2010 Biblioteca Valvassori Peroni Milano
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Pietro Viola Presidente del Consiglio di Zona 3
Gianluca Boari Presidente della Commissione Cultura
La Commissione Cultura e Manifestazioni del Consiglio di Zona 3, da sempre attenta alla promozione delle arti visive e delle altre forme di espressione, è lieta di poter dare il via ad un rapporto di collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Brera. ArTre è il nome scelto per identificare sia il progetto generale sia questa prima iniziativa. Un ciclo di mostre dedicato a tre giovani artisti, scelti tra i migliori allievi dell’Accademia. Il binomio Giovani & Merito costituisce uno dei criteri privilegiati da seguire perché siamo convinti che il compito delle Istituzioni e della Politica non è solo quello della buona gestione della res publica ma è anche di contribuire affinché chi ha qualità e volontà in una determinata disciplina possa esprimere e vedere riconosciuto
il proprio talento nell’interesse proprio e della comunità nazionale. Il Consiglio di Zona, quale istituzione più vicina ai cittadini, intende svolgere questo ruolo in relazione alle peculiarità del territorio di competenza e delle realtà aggregative in esso presenti. La collaborazione con la nuova biblioteca di via Valvassori Peroni 56, situata nel quartiere Città Studi, intende rispondere a questo scopo. Niente di meglio di una realtà giovane e utilizzata da tanti ragazzi e ragazze, luogo aperto e vitale, per accogliere e sviluppare iniziative in cui essi stessi sono i protagonisti, a servizio degli altri e del proprio avvenire.
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Gastone Mariani Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Brera
L’Accademia di Belle Arti di Brera, con entusiasmo ha accettato la richiesta di avvio di rapporti di collaborazione istituzionale con il Consiglio di Zona 3 del Comune di Milano. Il progetto Artre, ideato e curato da Ignazio Gadaleta, è certamente qualificante per le due istituzioni coinvolte nel fare sistema. Obiettivo generale è l’organizzazione di attività culturali, specificamente riferite all’ambito delle Arti Visive, finalizzate ad arricchire l’offerta culturale della città e promuovere occasioni d’incontro fra i cittadini residenti nel quartiere della Zona Tre del Comune di Milano. Così si intende promuovere lo sviluppo della creatività delle giovani generazioni, incentivando dinamiche di comunicazione sociale anche intergenerazionale e promuovendo la conoscenza dell’eccellenza degli studi che si compiono nell’Accademia di Belle Arti di Brera. Obiettivo a medio termine è la realizzazione nella Zona 3 (e in particolare nella Biblioteca Valvassori Peroni) di un centro permanente di riferimento nella Città di Milano per la ricerca artistica giovanile. Nell’immediato questa collaborazione si concretizza in un ciclo di eventi espositivi comprendente tre mostre personali di giovani artisti individuati tra gli studenti d’eccellenza dell’Accademia di Belle Arti di Brera. Il luogo particolarmente idoneo allo scopo è una delle sale della Biblioteca Valvassori Peroni, per la sua particolare conformazione spaziale e per la sua particolare possibi-
lità d’utilizzo. L’attività complessiva della Biblioteca potrà essere ulteriormente valorizzata mentre nella stessa sala potranno comunque essere organizzate altre performance come conferenze, concerti e gruppi di discussione. È importante lo svolgimento di tale iniziativa nella Biblioteca Valvassori Peroni, che già costituisce punto di aggregazione rilevante nella vita del quartiere. La Biblioteca potrà diventare così anche centro di promozione e diffusione della creatività artistico/visiva delle giovani generazioni, in sinergia con la contigua presenza territoriale di un nucleo importante di gallerie d’arte d’avanguardia che si dislocano in Via Massimiano e in Via Ventura. Fondamentale potrà essere l’instaurarsi di relazioni fra questa iniziativa e il territorio in cui si inserisce, con la possibile virtuosa attivazione di un dialogo anche con le strutture educative del quartiere. Si prevede un programma di visite guidate, con i giovani artisti disposti ad incontrare gli alunni delle scuole che potranno essere coinvolti in specifiche attività didattiche e laboratori correlati. È in prospettiva che si intravede l’utilità, anche sociale, della costituzione di un polo di riferimento per la creatività giovanile avente carattere internazionale (Gli studenti di Brera provengono da 95 diverse Nazioni). Un polo d’attenzione collocato in posizione decentrata ma potenzialmente irradiante in tutta la città e oltre.
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Arte formazione arte L’Accademia di Belle Arti di Brera, leader in Italia e nel mondo fra le istituzioni di alta formazione artistica, tradizionalmente radicata nella storia, è costantemente impegnata a trasmettere le evoluzioni dei saperi dell’arte del passato e ad operare azioni concrete finalizzate a valorizzare l’arte in via di formazione. Attraverso il presente, nella proiezione di quel futuro che inevitabilmente è destinato a diventare passato, si promuove quella linea d’eccellenza nel campo delle arti che, lungo i corsi storici, ha sempre contraddistinto il made in Brera. La tendenziale indicibilità dell’arte produce in ognuno di noi l’urgenza di considerarla attraverso un metodo scientifico, entro una processualità fondata sulla pratica del dubbio metodico, come primo indispensabile atto di ricerca di sé rispetto al mondo. L’arte è quindi, forse, il fare interrogante per eccellenza. Il linguaggio più antico e vitale in rapporto propriamente produttivo (creativo) con la realtà, che associa l’individuo al gruppo attraverso un codice (auto)normativo in evoluzione costante, capace di trovare in sé le ragioni con le quali determinare il farsi di nuove conoscenze e nuove aperture relazionali. Disponiamo oggi di un sistema operativo esteso che comprende l’eventuale utilizzo di nuovi media e nuove tecnologie, che certo non prescinde dai mezzi tecnici e dai materiali originari o tradizionali. Non la tecnica e nemmeno la
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tecnologia che lo supporta, ma il pensiero che lo sottende qualifica il farsi dell’arte. L’apertura in atto più consistente nella pratica del fare arte oggi, sembra essere, oltre il continuo scarto linguistico, la possibile espansione oltre i confini dell’opera intesa come entità spaziale conclusa. Un evento formale realizzato entro un sistema di riferimento circoscritto, superficie o volume, leggibile dall’esterno dal soggetto fruitore, appare ormai da tempo non più rispondente alle necessità espressive del linguaggio dell’arte. È proiettato verso il superamento di limiti prestabiliti e contrasti ideologici il percorso prodotto dalle domande che la realtà rivolge all’arte. Queste non preludono risposte certe ma solo ipotesi affascinanti. Un’apertura che finalizza la sua azione all’espansione fisica e mentale nella dinamica della moltiplicazione: verso il pluridisciplinare, verso il pluridimensionale, verso il polisensoriale. Quest’ultimo aspetto non solo inteso come compresenza di molteplici modalità percettive attraverso i sensi, ma anche e soprattutto come amplificazione del senso. Il linguaggio dell’arte ha la sua eleganza logica che nella possibile deriva poetica trova il destino del suo progetto. Due processi sono strettamente connaturati l’uno all’altro: la formazione dell’arte, la formazione all’arte. Se l’innata naturalità comunicativa dell’arte si costituisce come linguaggio, la strutturalità insita nello stesso richia-
Ignazio Gadaleta Vice Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Brera
ma la necessità di costruzione di processi di formatività dell’opera e di formazione dell’operatore (l’artista), ovvero di procedimenti di trasmissione del sapere e del saper fare, sistematizzati in chiave didattica, che ne costituiscono il fondamento. La stretta connessione fra il fare arte e il formare all’arte è oggi ancora più di ieri avvertita sia dagli stessi artisti che dai teorici. Gli sviluppi della ricerca artistica sono, da sempre, strettamente coincidenti con quelli dell’ambito formativo proprio perché l’opera per sua natura è didattica in quanto veicolo di conoscenza. Il percorso di circolarità esponenziale che va “dalla ricerca alla formazione” e “dalla formazione alla ricerca”, come sostiene anche Nicola Carrino, si estende “dal particolare dell’arte al generale del vivere quotidiano”. Lui stesso dichiara che: “Se si intende la didattica come estensione della ricerca, e della ricerca propriamente individuale dell’artista docente, si intende anche come l’arte possa essere di per se stessa formativa, contenendo già in sé teoria e prassi. Teoria confortata dalla pratica operativa, la quale a sua volta produce nuova teoria. L’arte è sistema conoscitivo del reale, e procede nella ricerca paritariamente alla scienza. La scienza mutua dall’arte la creatività. L’arte mutua dalla scienza il metodo conoscitivo dei sistemi naturali e quello operativo della verifica”. Il processo di formazione dell’opera d’arte si fonda sulla
costituzione di un metodo di pensiero e di operatività. Esso può essere assunto dagli esempi della storia dell’arte. Nella sua natura di linguaggio in continuo divenire, l’arte crea al proprio interno sempre nuovi processi operativi, per mutazione, anche lieve, rispetto a quelli esistenti. Tanto che la storia dell’arte può considerarsi la storia dei mutamenti linguistici specifici in rapporto allo svolgersi degli aspetti comunicativi come dei contenuti concettuali. In questa logica di mutazione (o evoluzione), assume particolare rilevanza il modo con cui formare i futuri artisti nelle accademie. Se è il metodo che consente la costruzione dell’arte, è pure con metodo che si deve formare alla pratica dell’arte, assicurandone la permanenza della sua pregnanza. Ogni arbitrio privo di scientificità metodologica, pur in nome della libertà dell’arte, appare insensato e non funzionale all’esercizio della creatività. Cosa insegnare dell’arte per fare arte? Ciò che si può e si deve insegnare è la graduale strutturazione di un metodo operativo entro la logica del linguaggio visivo, la costruzione di un autonomo complesso di norme che regolano le singole proposizioni formali e queste fra loro. Poiché il linguaggio oltre ad essere autonormativo è plurale, è necessario programmare una metodologia di ricerca per formare l’arte realizzata attraverso il confronto dialettico di posizioni differenti, varie culture, diversi modi di sentire.
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Le Accademie di Belle Arti, forti della loro tradizione storica radicata in secoli di attività didattica, già da tempo (e già prima della legge di riforma 508/99) hanno aperto i loro assetti organizzativi all’ampliamento e all’aggiornamento dell’offerta formativa, rivolgendo le proprie attenzioni al mondo delle professioni e facendo risaltare gli aspetti progettuali e comunicativi relativi al fare arte e alle conseguenti modalità della sua gestione. Se in passato nelle Accademie si formavano esclusivamente gli artisti, oggi le diverse attività didattiche, di ricerca e di produzione artistica comprendono anche la progettazione e la gestione di eventi performativi in tutte le loro estensioni e articolazioni, la progettazione finalizzata alla produzione industriale e artigianale, l’uso di tecnologie sempre più avanzate, la conservazione e il restauro, la valorizzazione dei beni culturali e la comunicazione e didattica dell’arte. Se l’arte è comunicazione, e se la stessa può essere compiutamente percepita con efficacia in relazione ad un contesto di riferimento e di relazione, insorge la necessità di una comunicazione dell’arte. L’incontro fra l’opera e la sua percezione intenzionale può essere incentivato da adeguate procedure di induzione al progressivo avvicinamento. Il mondo dell’impresa, sia di quella cosiddetta culturale e sia di quella più propriamente produttiva ancora attende più puntuali formalizzazioni di proposte da parte delle Accademie. Ma, fra le agenzie formative d’eccellenza, sono
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proprio queste le più competenti all’innesto di qualità estetiche nel sistema della produzione, contribuendo così a caratterizzare ulteriormente la specifica qualificazione d’eccellenza costituita dal cosiddetto Made in Italy. Una specificità quella italiana che deve essere tutelata, proprio alimentandola nel suo continuo divenire. In questo senso sia gli aspetti di ricerca e di produzione della creatività, sia gli aspetti della loro comunicabilità sono ancora da spingere oltre l’ideale positività delle intenzioni. Già oggi, di fatto, pur nelle difficoltà di una lenta messa a regime (sul piano normativo) della riforma delle nostre Istituzioni di Alta Cultura cui è riconosciuta l’equiparazione universitaria, nelle Accademie si trasmettono specifiche competenze artistiche e professionali nel campo delle arti visive e si forniscono ai discenti conoscenze e metodologie di comunicazione delle modalità di realizzazione delle opere d’arte, della loro interpretazione e fruizione. Oltre le mission dei Dipartimenti di Arti Visive e di Comunicazione e Didattica dell’Arte, le azioni del Dipartimento di Progettazione e Arti applicate con il particolare impegno della Scuola di Progettazione artistica per l’Impresa si prefiggono l’obiettivo formativo d’incidenza nella continuità dell’eccellenza del Made in Italy. Un valore d’incidenza che si rende possibile solo con il continuo scambio di esperienze fra ricerca pura e ricerca applicata, fra Storia e prospettive di sviluppo.
Anche per tutte queste ragioni è ancora oggi importante la permanenza della contiguità e della connessione anche fisica fra il sistema museale e il sistema formativo nel Palazzo di Brera. La storia può vivere la sua produttività solo in stretto contatto con le linee evolutive di nuove energie creative nell’atto del loro formarsi. Un’arte in divenire per alimentare il divenire permanente del museo. Questo è il valore del brand BRERA. Un valore che va salvaguardato prima ancora di ogni possibile azione di ulteriore promozione. Un valore che non è solo morale o culturale, e nemmeno affettivo o nostalgico, è un valore portatore di economia reale: diretta o indotta.
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Richiami (ricami) Giulio Pace è ancora studente ma già a suo modo artista nel senso pieno e vero del termine. In quanto capace già, mentr’indugia un’ultima volta sulla soglia dell’Accademia che lo ha formato, di esprimere una propria personale espressione artistica di stampo pittorico. Di che cosa si tratta? Direi che la tessitura costruita da Giulio Pace va sommando al segno lo strappo e la cucitura e all’evocazione del segno l’evocazione dello strappo, all’atto del risarcimento o risanamento, altre presenze: la traccia e il ricamo. E attraverso una pennellata sempre più sorvegliata e composta, una cucitura sempre più delicata e inquietante, il lavorio di Giulio Pace assomiglia in molto e assomiglia sempre più a un ludo segnico di stampo orfico, in cui va trasfigurandosi l’iniziale pregnanza semantica. Si è di fronte, preciserò, ad elaborato che riesce a dissipare la distinzione o distanza che intercorre tra significante e significato, una distinzione-distanza e un passaggio solitamente affidato, per dirla con uno storico dell’arte francese, André Chastel, alla forma. Il segno-traccia, la cucitura-ricamo, intrisi di delicatezza, in questo caso si fanno “parol”, per adottare terminologia desaussueriana. E la figurazione che credevi di leggervi perde la propria identità e si mescola alla non-figurazione e il tessuto conclusivo può dirsi paradossalmente figurale e a-figurale, dotato di una sua consistenza e di una sua liquidità come la parol. La cromia, l’impasto materico-segnico, il ductus-segno-
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Rolando Bellini
strappo e cucitura che costruisce questo segno-parol manifesta così analoga duplicità pur mantenendo invariata e anzi rinserrando e affermando sempre più saldamente una peculiare struttura, paragonabile in molto alla grammatica generativa profonda d’ogni segno. Lo diresti un esercizio assimilabile in molto a una improvvisazione jazz. A cui si somma pure qualcosa del rock metallaro-metropolitano odierno e gocciola entro il corpo vivo, sonoro, d’ogni sintagma scaturito dal gesto del dipingere, del tracciare, dello strappare-ricucire esplicitato da Pace, il raggiunto esito di un esercizio astrattivo e rappresentativo, figurativo e a-figurativo, appunto, che si dispiega come fosse una monumentale tautologia. Ne discende un incanto fragile e paradossale e tuttavia saldo e immutabile, fatto di segnigesti frantumati, risicati, minimizzati e asciugati e tradotti alfine in un numero selezionato, limitatissimo di metasegni che, in ogni caso, riescono comunque – riescono proprio per questo? – a suscitare una sorta di inusuale e anzi di irripetibile ed unica melodia percettiva. Richiami, li ha nominati Giulio Pace. Va già aprendosi verso altre avventure questo giovane autore, con il coinvolgimento massiccio di tecnologie avanzate, dell’elettronica soprattutto, d’altro ancora, ma muove ancora e sempre da questa tessitura magmatica e melodiosa che va assorbendo e rimodellando l’universo mondo (vichiano) che tutta la contiene e ne è contenuto.
Artifici del fuoco e pittura staccata Nel novembre 2006, in aula 1, un giovane studente appena iscritto al primo anno del mio corso di pittura apre un MacBook bianco e comincia a scorrere una presentazione di immagini. Mi incuriosisce la rispettosa compostezza del ragazzo che con fare sicuro esibisce un telecomando con il quale istruisce la macchina. Già quelle immagini erano animate da germinazioni di segni che avevano sapori originari, ancestrali, eppure fortemente radicati in esperienze di libere espressività dal sapore trasgressivo. Insomma il ragazzo aveva “combattuto” guerre di lettere armate come già Rammelzee (che avevo incontrato direttamente nel 1982 a Martina Franca) mi aveva narrato. Il ragazzo mi spiegava che le lettere erano anche quelle di proprie frequentazioni consuete essendo cresciuto in una tipografia fra caratteri mobili, linotype, tecnologie digitali, carte e odori di inchiostro. In quei lavori avevo pure già individuato ascendenze campane timidamente celate, ammesse con reticenza verbale eppure prepotentemente comunicate nella dimensione strutturale del linguaggio grafico-pittorico. Avvertivo una linea di continuità con tanti echi di pittura felicemente espressa nei recenti anni ’80 (anche quelli delle mie espressività di allora, già consapevoli di formatività già costruita e raggiunta) che nella mediterraneità aveva trovato le proprie ragioni. Una continuità destinata a divenire presto autonoma, perchè tanto quei segni prefiguravano. Nel corso degli anni, Duerama ha sviluppato un codice
Ignazio Gadaleta
espressivo tutto suo che nella tenacia e nella passione partecipata in modo assoluto trova il fondamento motivazionale. Egli avverte l’urgenza delle ragioni della pittura come linguaggio inesaurito e inesauribile. Evolve gli agglomerati segnici in costruzioni pittoriche salde ponendo in contrasto campiture tese ed inespressive nella loro stesura “industriale” con proposizioni di pura pittura sensibile. Sono principalmente flussi di linee i grovigli di forme che mette in campo, sono filamenti che disegnano macchie che veicolano i sensi del naturale (organico o minerale) e del sintetico. Si costituiscono come tracce memoriali di metamorfosi, di situazioni in trasformazione “che non smettono mai di essere tutto quello che erano prima” come egli stesso dichiara con fermezza. Le sue recenti evoluzioni linguistiche comprendono spericolate avventure processuali che superano ogni consueta medialità, forzando il limite del quadro. Gli artifici del fuoco, fissano inedite modalità di legamento del pigmento al supporto attraverso piccole esplosioni fisicamente controllate memori di profonde napoletanità di feste piriche. La sua recentissima pittura staccata supera la definizione di opera come costrutto statico e immobile per conquistare le eventualità di infinite declinazioni che nella provvisorietà individuano molteplici possibilità di espansione (o contrazione) vitalistica. Duerama stesso scrive: “Cerco questa pittura scritta, scrivendo quello che non si può scrivere”.
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Pittore, pastorale, concettuale Ho conosciuto Giuliano Giagheddu dieci anni fa, quando ero docente di Pittura all’Accademia di Belle Arti di Sassari. Quel ragazzo mostrava una particolare vivacità nel suo sguardo e un trasporto non comune per la pittura. Era silenzioso ma, allo stesso tempo avido di sapere e di capire; si metteva in gioco con umiltà ma, allo stesso tempo con orgoglio e determinazione. Dipingeva in aula ma anche nei corridoi e nelle belle giornate (che erano tante) si spostava in un angolo nel giardino dell’Accademia a ridosso di una rete metallica che fungeva da cavalletto. I sardi, si sa, sono perseveranti e ostinati ma talvolta quest’indole caratteriale finisce per irrigidire le menti, il che, soprattutto per i giovani, non è una qualità. Giuliano Giagheddu ha fatto invece, della sua ostinazione, la forza del proprio lavoro bagnandola nelle acque fredde del clima artistico milanese che alla passione per la pittura preferisce la speculazione concettuale. Giuliano ha sfidato la tendenza alle mode, tipica di questa città, proponendoci un lavoro di “poesia intelligente”, autentico e modulato su istanze attuali. Il suo mondo, quello della bellissima Gallura, quel territorio arcaico e pastorale, sospeso nel tempo e denso di memorie e di racconti sminuzzati all’ombra dei sughereti, si proietta nel nostro tempo con una stupefacente freschezza. Sembra filtrato culturalmente dalla lezione di
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Gaetano Grillo
Giotto ma anche antropologicamente dalla semplicità di un popolo mansueto. La sua pittura scorre su superfici dense e lavorate ma senza essere pesante, gioca con la riduzione delle immagini lasciando loro spazio evocativo senza volerle descrivere banalmente, proprio come fa la poesia nella sua sorprendente pratica espressiva. Noi docenti delle Accademie, per il nostro lavoro siamo pagati malissimo ma per fortuna ripagati dal contatto continuo con giovani straordinari perché coloro che studiano da noi sono ragazzi particolarmente sensibili, forse il meglio che la società esprime. Di recente avverto che l’ultima generazione sta riscoprendo la pittura con una diffusa insofferenza verso le mode e tutto ciò che è frivolo e passeggero; è una generazione che vuole rifondare un nuovo “statuto dei valori”. Giagheddu è uno di questi, è un giovane pittore maturo e coerente su cui puntare perché continuerà (con ostinazione sarda) a ricercare e a dipingere con qualità, autenticità, intelligenza e cuore.
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Giulio Pace
RICHIAMI dal 22 dicembre 2009 al 9 gennaio 2010
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Duerama
SEMPRE LA STESSA COSA dal 14 gennaio 2010 al 2 febbraio 2010
le Mostre
Giuliano Giagheddu NATURAL GAMES dal 4 febbraio 2010 al 24 febbraio 2010
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Giulio Pace RICHIAMI
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dal 22 dicembre 2009 al 9 gennaio 2010
Giulio Pace Collegamenti (particolare), 2009 olio su tela e filo cerato
Giulio Pace RICHIAMI
Giulio Pace nasce a Lecco il 2 luglio 1986, vive e opera fra Milano e la Brianza dove ha studio a Macherio. Studia Pittura a Milano, con Franco Marrocco, nell’Accademia di Belle Arti di Brera, nell’ambito del Corso di Diploma Accademico di I livello. Le sue esperienze espositive comprendono: Oltre Mare Blu, Hotel Vista Palace, Monte Carlo, 2009; Madre Terra,
Giulio Pace Collegamenti, 2009 olio su tela e filo cerato cm 110 x 130 x 7 22
Oda Teatro, Foggia, 2009; Salon Primo 2008, ex Chiesa di San Carpoforo, Milano, 2009; Aula 8, galleria d’arte contemporanea Fuori Centro, Roma, 2008; 12 artisti per una stanza, Assessorato al Turismo e alla Moda della Provincia di Milano, Milano, 2008; L’esteriorità dell’anima, galleria Il Chiostro, Saronno, 2007.
Giulio Pace Drappo, 2009 olio su tela e stoffa cm 100 x 85 x 10 23
Giulio Pace Drappo, 2009 olio su tela e stoffa cm 150 x 135 x 15 24
Giulio Pace Drappo, 2009 olio su tela e stoffa cm 155 x 155 x 8 25
Giulio Pace Riflessi, 2008 olio su tela cm 150 x 200
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Giulio Pace Immagine, 2009 olio su tela cm 110 x 105
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Giulio Pace Riflessi (particolare), 2008 olio su tela cm 150 x 200
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Duerama
SEMPRE LA STESSA COSA
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Duerama 200 metri, 2009 acrilico su pvc
dal 14 gennaio al 2 febbraio 2010
Duerama SEMPRE LA STESSA COSA
Duerama (Michelangelo Marra) nasce a Napoli il 22 maggio 1983, vive e opera tra Milano e Padova. Fin dall’età di tredici anni, per i disegni in strada, assume un nome d’arte per trasformazione del suo cognome secondo la seguente sequenza: MA-RRA, RRA MA, 2RA MA, Duerama. Ha studiato Pittura a Milano, con Ignazio Gadaleta, nell’Accademia di Belle Arti di Brera, dove ha conseguito nel 2009 il Diploma Accademico di I livello.
Le sue esperienze espositive comprendono: Sguardi Irrequieti, Castello dell’Abate, Castellabate (SA) 2009; Salon Primo 2008, San Carpoforo, Accademia di Belle Arti di Brera, Milano, 2009; Kaibak 2007 – interferenze, Associazione Kaibak, Castione della Presolana, Bergamo, 2007; Il gioco del tessile, Ministero Affari Esteri e Accademia di Belle Arti di Brera, Pechino, Istambul, Los Angeles, 2007; Concorso regionale di arti visive Elios (1°premio), Quarto di Napoli, 2000.
Duerama Pennellate, 2009 acrilico su pvc dimensioni variabili 32
Duerama Staccata, 2009 acrilico su pvc dimensioni variabili 33
Duerama L’ Artificio del Fuoco (frame), 2009 video 1’37’’
Duerama Artificio del Fuoco 24, 2009 tecnica mista su cartobe naturale cm 70 x 100 34
Duerama L’ Artificio del Fuoco
Duerama Senza titolo (particolare), 2009 acrilico su tela cm 100 x 190
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Duerama Senza titolo (particolare), 2009 acrilico su tela cm 100 x 190 36
Duerama Senza titolo (particolare), 2008 acrilico su tela cm 100 x 190 37
Duerama Lavoro Accademico, 2007-2009 acrilico su tela
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Giuliano Giagheddu NATURAL GAMES 40
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dal 4 febbraio al 24 febbraio 2010
Giuliano Giagheddu Autoritratto [la stanza bianca](particolare), 2009 tecnica mista su tela
Giuliano Giagheddu NATURAL GAMES
Giuliano Giagheddu nasce ad Alghero il 30 giugno 1974, vive e opera tra Milano e la Sardegna. Ha studiato Pittura a Sassari, con Gaetano Grillo, nell’Accademia di Belle Arti, dove ha conseguito nel 2002 il Diploma Accademico di I livello con la tesi Anselm Kiefer e i nuovi Selvaggi. Nel 2003 si è trasferito a Milano dove ha collaborato, come assistente, nello studio del suo maestro. Nel 2009 ha conseguito il Diploma Accademico di II livello in Pittura a Brera, dove dal 2007 frequenta il Corso di II livello ad indirizzo didattico per l’insegnamento di Discipline pittoriche.
Giuliano Giagheddu EARTHQUAKE (particolare), 2009 gomma siliconica
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Le sue esperienze espositive comprendono: Natural games, Museo di Olbia (OT), 2009 (personale); Percorsi dell’incisione contemporanea da Valencia a Urbino, Valencia (ES), 2007; Yacht club, Porto Cervo (OT), 2006 (personale); Corraini, Mantova, 2005; Nature, galleria Simpliciana, Olbia, 2004; Galleria dell’Hotel Giagoni, San Pantaleo (OT), 2003; Meno trenta, Spazio Laboratorio Haiech, Milano, Museo Canopoleno, Sassari, 2002; Galleria dell’Hotel Giagoni, San Pantaleo (OT), 2002; Corpo a Corpo, Palazzo della Provincia di Sassari (SS), 2000.
Giuliano Giagheddu Ambientazione giottesca (particolare), 2008 tecnica mista su tela
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Giuliano Giagheddu Nuragico, 2009 olio su tela cm 100 x 90
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Giuliano Giagheddu De rerum naturae, 2008 tecnica mista su tela cm 192 x 200
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Giuliano Giagheddu Altura 2, 2009 tecnica mista su su tela cm 130 x 90 46
Giuliano Giagheddu Senza titolo, 2009 smalto su tela cm 70 x 70
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Giuliano Giagheddu vulcanico (particolare), 2009 tecnica mista su tela cm 140 x 200 48
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Si ringraziano per l'Accademia di Belle Arti di Brera il Direttore Prof. Gastone Mariani, il Preside del Dipartimento Arti Visive Prof. Franco Marrocco, il Prof. Gaetano Grillo, il Prof. Rolando Bellini, la Dott.ssa Mirella Bet per il Comune di Milano la Direttrice della Bibblioteca Valvassori Peroni Dott.ssa Rosa Gessa, il Direttore del Settore Zona 3 Dott. Salvatore Sirna
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Artre è presentato da
Biblioteca Valvassori Peroni - Milano
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