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In tavola: Una fame da lupi!

Gli animali sono nostri maestri. Dal lombrico che fertilizza la terra all’aquila reale che sorveglia i cieli, gli altri animali ci accompagnano. E ci nutrono, non solo il corpo. E allora perché non farsi guidare in questa avventura enogastronomica nei parchi proprio da loro, che in quei territori protetti trovano casa e rifugio? Partiamo da un parco nazionale, quello dell’Arcipelago Toscano, che comprende due santuari per animali, quello internazionale dei cetacei e quello delle farfalle sull’isola d’Elba. Qui il mare offre all’uomo la palamita, erroneamente considerata sottospecie del tonno, pesce generoso dalle mille possibilità che l’uomo sapientemente lavora in cucina. La palamita del mare di Toscana è un prodotto conservato, Prodotto Agroalimentare Tradizionale (PAT) e Presidio Slow Food: i filetti sono preparati sott’olio con foglie di alloro, pepe e il fondamentale “zenzero”, che all’Elba è il nome del peperoncino! Al Giglio provate il Panficato, una pagnotta bruna e dolce di fichi bagnati nel vino e impastati con frutta a guscio, miele e cioccolato fondente.

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Isola d'Elba - Balate Dorin/Shutterstock

Una fame da lupi!

Sulle orme dell’orso

Isola del Giglio Artyart/Shutterstock.com

Non ce lo dimentichiamo, vero, che in Italia abitano gli orsi? E cosa mangiano questi pelosoni plantigradi? Ma il miele, naturalmente! Il mìel di rasabèch, ossia di rododendro – “l‘albero delle rose” -, può dare a seconda delle specie un miele velenoso o uno delizioso, delicatissimo e quasi trasparente. Come quello che si produce nel Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martin in Trentino-Alto Adige, regione dove vive l’orso bruno, animale da trecentocinquanta-quattrocento chili. Nel Parco Adamello Brenta, la più vasta area protetta del Trentino, segnaliamo la leggerissima Acqua Minerale Surgiva, la stessa che bevono gli orsi che vi abitano. Sono poco più di una cinquantina in tutto, invece, gli orsi bruni marsicani, una sottospecie più piccolina che un tempo popolava gli Appennini fino alla Puglia. Oggi, a causa del bracconaggio e dell’eccessiva caccia, sono rimasti solo nei boschi del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Se siete in zona, non perdetevi il torrone di Alvito.

Pale di San Martino Ihor Serdyukov/Shutterstock.com

Gatti e gattò

Nel borgo di Alvito si produce questo dolce a base di pasta reale, ossia mandorle tritate finissimamente e cotte con zucchero a bagnomaria quasi un’intera giornata. «Le mandorle arrivano dalla Sicilia – spiega la signora Virginia, titolare della pasticceria Macioce – Perché? Perché noi facciamo parte del Regno delle Due Sicilie! Il nostro torrone morbidissimo si chiama Ducato di Alvito perché il nostro era un Ducato (feudo del Regno di Napoli, poi confluito nel Regno delle Due Sicilie, n.d.r.)». E allora visitiamo le terre del Regno! A Lentiscosa (Salerno), borgo sdraiato su un colle affacciato a mare, si produce il Maracuoccio, legume simile al pisello, protetto da Slow Food, con la cui farina si fa una polenta. Siamo nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, e in queste foreste abita il gatto selvatico, felino massiccio e solitario. Parliamo di gatti, nel Regno delle Due Sicilie: e che dire del gattò? Lo si deve alla équipe di cuochi francesi al servizio di Maria Carolina d’Asburgo, moglie di Ferdinando I di Borbone. Un “gateau” rustico di patate schiacciate e farcite con prosciutto, salame, pecorino, provola, fiordilatte, oggi mitico PAT della Campania.

Testaroli al pesto Fotografiche/Shutterstock.com

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