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prefazione. Anche quest’anno il tanto atteso Informatore Arianese fa la sua comparsa inserendosi a pieno nelle attività che ci accompagneranno durante tutto il periodo estivo, sia per le persone di Ariano che per i tanti forestieri che verranno a farci visita. In questa edizione abbiamo preferito inserire più contenuti di carattere storico-culturali eliminando dall’interno l’elenco telefonico che ormai con l’avvento delle nuove tecnologie risulta obsoleto, oltre a poterlo sfogliare on-line per favorire anche coloro che sono lontani di poterlo visionare e stare a contatto con la propria città. Ringrazio tutte le attività che hanno dato il loro apporto, l’amministrazione comunale e tutte le persone che si sono impegnate affinchè questa importante guida potesse realizzarsi anche quest’anno. Auguro a tutti una buona lettura e una buona estate. Amedeo Iacobacci
Si ringrazia il Comune di Ariano Irpino
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si ringrazia. ALLIANZ ALTERIO GESSI ANIMAL HOUSE ARCHEGROUP ARCOS ARIANO FOLK FESTIVAL ARTELEGNO ASSIARIANO ASSICURAZIONI AUTOFFICINA AFFIDATO BAR GIÒ BAR JOSO BAR VOGLIA DI CAFFÈ BCC FLUMERI BIOGEM CAFFÉ TUTICUM CAIAI CARD SERVICE CARROZZERIA IRPINIA CARTOLIBRERIA MAINIERO LA CASA DEL PULITO CO.GE.SUD DAMACO DI TUTTO PER TUTTI DOLCI TENTAZIONI DOTOLO MARIO PIAGGIO E-DIRECT SRL EDIL MIRO ELETTRAUTO TINO
105 57 90 33 56 35 38 87 107 53 50 34 36 67 103 106 00 21 17 92 1 61 41 54 95 108 65 85
EUROIRPINIA CARROZZERIA FERRAMENTA COSTANZO FERRARO FUTURAUTO GALEO GIOELLERIA GE G TABACCHI GIOCHERIA GIULIART GRAFICHE LUCARELLI GRASSO CALDAIE I MASCHI E LE FEMMINE IUOZZO MOTO KISENÈ KLIMAUS L’IMMAGINE L’UOMO MOCCIA LA CASA DI NINNA B E B LA PORTA VIAGGI LA SFINGE LA TORRE NORMANNA LAVANDERIA DEG LE ROSE RISTORANTE LEPORE LIDO ROSA MACELLERIA DA GUIDO MAIOLICHE PIETROLÀ MAPI MIANO SRL
15 101 51 104 80 26 78 58 97 19 10 20 49 48 27 24 63 22 66 55 40 84 29 23 83 39 12 64
6 MONDOCELLULARE 97 NEW BOLERO 52 OLEIFICIO TISO 91 O.F. LO CONTE 14 OTTICA DE PASQUALE 47 PANIFICIO ANGELUCCI 2° COP. PANIFICIO MASUCCIO 62 PARRUCCHIERA MARYROSY 25 PARTIAMO PER IL MONDO 13 PASTAIO ARIANESE 102 PEDALE ARIANESE 96 PHOTO FANTASY 30 PIGNATA IN BELLAVISTA 11 PIU OTTICA 28 PIZZERIA IL RITROVO 4° COP PUBBLIHOUSE 93 SALZA PALMINO 4-9 SEAR 59 TRATTORIA I DUE NANI 46 TUA ASSICURAZIONI 60 - 72 UNIPOL SAI 16 VECCHI VIGNETI 88 VILLA ANTICO MULINO 89 WORD PRINT 82 YOGURTERIA 98 ZOO MARKET
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sommario. pag. 2 pag. 3 pag. 6 pag. 9 pag. 11 pag. 13 pag. 14 pag. 16 pag. 17 pag. 18 pag. 20 pag. 22 pag. 25 pag. 27 pag. 29 pag. 31 pag. 34 pag. 36 pag. 39 pag. 42 pag. 49 pag. 52 pag. 55 pag. 61 pag. 70 pag. 81 pag. 85 pag. 89 pag. 94 pag. 98 pag. 103 3° COP
Prefazione Si ringrazia Ariano irpino Dati generali Piantina Giunta comunale Strade cittadine Gli uffici Le scuole Consigli utili di A.I.O.S. Turni farmacie Orari autobus air Orari treni Orari S.S. Messe Numeri utili Ricette tipiche Ricettività Banche e uffici postali Lu telefonino (Luigi Pietrolà) Conventi e monasteri in ariano nei documenti (Ireneo Vinciguerra) Pietro Paolo Parzanese (Alessandro Di Gruttola) Quando il volontariato riesce a calarsi nel dolore (G.Vigoroso) La fabbrica ottocentesca del campanile della cattedrale di Ariano (S. Grasso) Vocabolario arianese La riforma monetaria varata da Ruggero II nell’assemblea di Ariano del 1140 (Mario Zecchino) Volti Arianesi (Marco e Dora Memoli) Ariano Beach (Vincenzo Cardinale) La Rivoluzione Francese e il Regno di Napoli (G. Grasso) Ariano Irpino com’era, comè (Antonio Peluso) Le Vignette di Gigi (Luigi Pietrolà) Il ciclismo ad Ariano (Antonio Alterio) Hanno collaborato
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Ariano Irpino Dopo Avellino, Ariano Irpino è il maggior centro della provincia. E’ situato ad oltre 800 metri di altitudine e si adagia su un colle da dove è possibile ammirare un magnifico panorama.
Fino a pochi anni fa, essi rappresentavano uno spaccato di vita della civiltà contadina ed artigiana; lì era possibile scorgere botteghe di calzolai, fabbri e sellai, mentre nelle serate estive, vi si riunivano i mietitori di ritorno dalle campagne.
Le origini di Ariano risalgono all’insediamento neolitico della Starza, sito lungo la Statale 90 bis che da Benevento conduce a Foggia.
Ancora oggi, camminando tra i vicoli e soffermandosi nei piazzilli, sembra di rivivere un’atmosfera quasi medievale.
Ma la vita, in questo luogo, ha avuto breve durata e così si è estinta intorno al 900 a.C., portando gli studiosi a far coincidere la sua vera origine con la nascita di una colonia romana, fondata dai Sanniti. Si arrivò così all’insediamento sul Tricolle, luogo dove oggi sorge Ariano. Si trattava di un posto strategico, facilmente difendibile per la sua altezza e per questo ottimo riparo dal continuo andirivieni di Goti e Bizantini. Caratteristici restano i piazzilli arianesi, i punti di incontro della gente del borgo nonchè depositari del vivere quotidiano.
Ma Ariano Irpino è famoso, in Italia ed all’estero, per la pregevolissima ceramica popolare: frammenti di maioliche, ritrovate negli scavi del castello normanno, raccontano, infatti, che la lavorazione della ceramica, sul Tricolle, fosse diffusa già dal XIII secolo. In quel periodo, la produzione era soprattutto di utensili e suppellettili di vario genere, tutti dai colori brillanti e vivi.
Mondocellulare di Alessandro Bruno Ariano Irpino - Tel 0825.828479
Via Guglielmo Marconi 7 (presso Tribunale) 8
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Photo: Marco Memoli
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informazioni utili.
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DATI GENERALI. Comune Ariano Irpino denominazione dal 5 giugno 1930 Ariano di Puglia denominazione dal 1868 al 1930 Ariano denominazione fino al 1868 Provincia Avellino Regione Campania Ubicazione Italia meridionale Coordinate geografiche 41°09’ Latitudine 2°38’ Longitudine Denominazione degli abitanti Arianesi Altitudine min. (m s.l.m.) 179 Altitudine max. (m s.l.m.) 811 Altitudine al mastio del castello 817 Superficie 185,52 Kmq Densità (ab/Kmq) 124,19 Popolazione residente 23.040 (ISTAT: Censimento 2001) Fiumi che lambiscono il territorio Miscano, Ufita Fiumi che attraversano il territorio Fiumarella, Cervaro Strade di accesso A16 (Autostrada NA-BA) - S.S. 90 delle Puglie - S.S. 90 bis -S.S. 414 Linea ferrata Roma - Napoli - Foggia - Bari Santo Patrono della Città e Diocesi S. Ottone Frangipane Codice Postale 83031 Rete Telefonica: Distretto di Avellino Area Locale di Ariano Irpino comprendente le reti urbane di: A.S.L. Comunità Montana Regione Agraria Consorzio di Bonifica
Ariano Irpino, Casalbore, Grottaminarda, Savignano Irpino ASL AV Valle Ufita Alto Cervaro Ufita
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ABBIGLIAMENTO & CALZATURE
Via Cardito, 199 Tel/Fax 0825 891591 Ariano Irpino (AV) www.imaschi.it info@imaschi.it
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giunta comunale.
Sindaco Domenico GAMBACORTA
Vice Sindaco Giovannantonio PUOPOLO
Assessore Filomena GAMBACORTA
Agricoltura, Cimitero, Acquedotti, Fognature, Mobilità, Trasporto Pubblico Locale, Traffico, Viabilità Rurale
Bilancio, Finanze, Tributi, Personale, Commercio, Decoro Urbano
Assessore Mario MANGANIELLO
Assessore Raffaele LI PIZZI
Assessore Debora AFFIDATO
Politiche Giovanili, Sport, Turismo, Spettacolo, Associazioni, Patto Dei Sindaci Per L’energia Sostenibile
Politiche Sociali, Ambiente, Difesa Del Suolo, Servizi Igiene Urbana, Edilizia Sociale (ERP), Patrimonio, Metanizzazione, Pubblica Illuminazione
Affari Legali, Istruzione, Edilizia Scolastica, Fondi Europei, Trasparenza, Partecipazione, Pari Opportunità
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strade cittadine. Via Adinolfi Via Albanese Via Annunziata Via Anzani Via Barberio Via Battisti Largo Bevere Vicolo Caggianelli Via Calvario
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Via Capezzuti Via Cappuccini Via Carafa Via Cardito Via Castello Via / Rampa Conservatorio Via / Rampa Covotti Via D’Afflitto Via De Franza Via De Piani Piazza Duomo Via Ecli Corso Europa Vicolo Figlioli
Via Fontananuova Via Foscolo Piazza Garibaldi Via Guardia Via Intonti Via Leopardi Via Loreto Vicolo Luparella Piazzale / Via Lusi Piazza Madonna di Fatima Piazza / Via Mancini Largo Manzoni Via Marconi Via Martiri
Via Matteotti Piazza Mazzini Via Nazionale Via Parzanese Via Pascoli Via Pasteni Via Pellico Vicolo Perciafango Via Petrara Piazza Pirelli Via Pisacane Piazza Plebiscito Via IV Novembre Via del Riscatto
Via Roma Via Russo - Maddalena Piazzetta S. Andrea Rampa S. Biagio Via S. Croce Piazza S. Francesco Via S. Leonardo Via S. Liberatore Rampa S. Paolo Via S. Pietro Via S. Sebastiano Via S. Stefano Rampa Seminario Via Spada
Viale Tigli Via Tranesi Via Tribunali Via Tucci Via Umberto I Via XXV Aprile Via Villa Caracciolo Via Vinciguerra Via Virgilio Via Vitale Corso Vittorio Emanuele
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gli uffici. ACI Via Cardito
tel. 0825 891881
Alto Calore Via Marconi
tel. 0825 872667
AMU Piano di Zona
tel. 0825 829705
ANAS C.da Grignano
tel. 0825 891037
ASL Piazza Mazzini (uffici)
tel. 0825 828503
ENEL - Per le aziende • Servizio Clienti Elettricità • Servizio Clienti Gas
tel. 800 900 860 tel. 800 997 733
Genio Civile Via Fontananuova
tel. 0825 873211
Ispettorato Agrario Via Fontananuova
tel. 0825 828578
ASL C.so Vitt. Emanuele (ospedale) tel. 0825 873411
INPS Piazza Mazzini
tel. 0825 828641
ASL Pronto Soccorso C.so Vitt. Emanuele (ospedale)
tel. 0825 872111
ASL Via Cardito
tel. 0825 892346
Poste Italiane Ag. di Coord. di Ariano Irpino Via XXV Aprile
tel. 0825 824665
CIA Confederazione Italiana Agricoltori Via XXV Aprile tel. 0825 824955
PROTEZIONE CIVILE A.I.O.S. tel. 0825 1801540 Via Parzanese - Ex Mercato coperto tel. 324 9999300 S.I.A.E. Società Italiana degli Autori ed Editori Vico De Franza tel. 0825 824915
Compagnia Carabinieri R.ne Piano di Zona
tel. 0825 823600
Comune di Ariano Irpino Centralino - P.zza Plebiscito
tel. 0825 8751
UMA Via Tribunali
Comunità Montana dell’Ufita Via Cardito
tel. 0825 892007
UCA Unione Commercianti Arianesi Via R. D’ Afflitto tel. 0825 828788
Coldiretti - Via XXV Aprile
tel. 0825 824952
ENEL - Per i privati • Servizio Clienti Elettricità • Servizio Clienti Gas
Vigili del Fuoco Via Nazionale delle Puglie (S.S. 90) tel. 0825 872455
tel. 800 900 800 tel. 800 998 998
Vigili Urbani Piazza Mazzini
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Ufficio delle Entrate Via Cardito tel. 0825 892262 tel. 0825 828245
tel. 0825 875142
le scuole.
Istituto Comprensivo “Don Lorenzo Milani” Via Calvario tel. 0825 871543 Istituto Comprensivo “Camporeale” Via Villa Caracciolo tel.
0825 871425
Istituto Comprensivo “Cardito” Rione Cardito
0825 871482
Istituto Comprensivo “A. Covotta” Via Piano della Croce
tel. tel.
0825 871627
Liceo delle Scienze Sociali/Linguistico/Artistico “Ruggero II” Via Piano della Croce tel. 0825 871642 Scuola Magistrale Statale delle Scienze Sociali “Ruggero II” Piazza Dante tel. 0825 871001 Istituto Tecnico Statale “Bruno” commerciale e per geometri Via Piano della Croce tel. 0825 871251
Istituto Professionale Statale per l’agricoltura e l’ambiente “De Gruttola” Via Piano della Croce tel. 0825 824597 Istituto d’istruzione superiore Industria e Artigianato “De Gruttola” Rione Martiri tel. 0825 871579 Liceo Ginnasio “P.P. Parzanese” con annesso Liceo Scientifico Via Pasteni tel. 0825 871443 Scuola Infermieri Professionisti A.S.L. N° 1
tel.
0825 82850
Istituti Professionali per i servizi Alberghieri e della Ristorazione “De Gruttola” Via Cardito tel. 0825 872149
RIVENDITA GIOCHI
FORNITURE PER UFFICI ED ENTI PUBBLICI
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Consigli della Protezione Civile A.I.O.S. Cosa sono le ondate di calore? “Si verificano quando si registrano temperature molto elevate per più giorni consecutivi, spesso associate a tassi elevati di umidità, forte irraggiamento solare e assenza di ventilazione. Queste condizioni climatiche possono rappresentare un rischio per la salute della popolazione. La prevenzione degli effetti negativi delle ondate di calore è possibile e ciò permette di mirare in maniera ottimale gli interventi preventivi verso le persone a rischio più elevato. I soggetti maggiormente vulnerabili sono: anziani, bambini e neonati, malati cronici, non autosufficienti e coloro che svolgono una intensa attività all’aperto” FISSA LA TEMPERATURA del climatizzatore tra 24-26°C Non indirizzare i ventilatori meccanici direttamente sulle persone, ma fai circolare l’aria in tutto l’ambiente FAI DOCCE e bagni tiepidi, bagna viso e braccia con acqua fresca CONSULTA IL MEDICO DI FAMIGLIA Durante le ore notturne, il sabato e la domenica chiama la guardia medica. In caso di malore chiama il 118.
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OCCUPATI della salute dei familiari e dei vicini che possono avere bisogno di aiuto. Dedica attenzione agli anziani soli, bambini piccoli e persone non autosufficienti ARIEGGIA la casa durante le ore fresche, come la sera tardi e durante la notte per fare entrare l’aria fresca, dormi e soggiorna nelle stanze più fresche in assenza di condizionamento, evita correnti d’aria CHIUDI I VETRI e le persiane durante le ore calde del giorno e provvedi a schermare i vetri delle finestre con strutture come persiane, veneziane o tende, per evitare il riscaldamento eccessivo dell’ambiente. LIMITA l’uso del forno e utilizza gli altri elettrodomestici durante le ore notturne ESCI IL MATTINO PRESTO o la sera tardi, evita di uscire nelle ore calde, dalle 11 alle 18, e di fare esercizio fisico o svolgere lavoro intenso NON LASCIARE in sosta l’automobile con persone o animali all’interno. Quando risali in auto apri gli sportelli e ventila l’abitacolo. Prima di sistemare i bambini nei seggiolini di sicurezza controlla che non siano surriscaldati BEVI MOLTA ACQUA almeno 2 litri al giorno, anche in assenza di stimolo sete. Evita bevande fredde e quelle alcoliche. Mangia frutta fresca. Consuma pasti leggeri.
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turni farmacie. sabato aperti tutti
1F Farmacia del Tricolle
2C Ciccarelli
Via Cardito - tel. 0825 872125
Via Castello - tel. 0825 871501
1D D’Amico
2R Ruzza
C.so Vitt. Emanuele - tel. 0825 871198
Via Martiri - tel. 0825 873191
1M Mastrangelo
2P Padula
P.zza Plebiscito - tel. 0825 871038
Via Roma - tel. 0825 871178
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orari autobus AIR Ariano
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Benevento
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IC
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Roma Termini
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Roma Termini
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autobus
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IC
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Ariano Irpino
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autobus
feriali
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08.00 Madonna del Carmine Ospizio Capezzuti San Pietro Apostolo San Giovanni Evangelista (scalo) 08.30 Madonna di Fatima Santa Barbara Santo Stefano Martiri 09.00 Cattedrale 09.30 San Liberatore San Michele (Turco) Ospedale San Nicola a Trignano San Vito (Camporeale)
10.00 San Pietro dei Reclusis (Rione San Pietro) San Giovanni Battista 10.30 Santa Barbara Manna San Gerardo Maiella (Stillo) 11.00 Cattedrale San Giovanni Evangelista (Scalo) Santa Maria delle Grazie (Orneta) San Pietro Apostolo Santa Teresa del Bambin GesĂš (Tressanti)
11.15 Madonna del Carmine 11.30 Madonna di Fatima Santa Maria del Buon Consiglio (Frolice) Santa Maria dei Martiri Maria delle Grazie (Brecceto) Difesa Grande 17.00 Valleluogo 18.00 San Giovanni Battista 18.30 Cattedrale Madonna di Fatima
orario festivo sante messe. 19.00 San Vincenzo Pallotti (Sant’Agostino) Cervo
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numeri utili. Comune Centralino Ufficio Tecnico Biblioteca Museo Cimitero Polizia - Soccorso Pubblico Commissariato di P.S. Carabinieri pronto intervento Carabinieri centralino Vigili del Fuoco ACI Soccorso Guardia di Finanza Guardia Forestale Vigili Urbani Alto Calore Guasti Trenitalia
8751 875318 875410 875107 875129 113 829311 823600 871061 115 116 871146 871431 875142 872677 881113
Sidigas Comunità Montana Ufita Ufficio Postale Tribunale Curia Vescovile ASL/AV Centralino Ospedale Pronto Soccorso Guardia Medica ASS.P.A. Associazioni Protezione Civile AIOS “VITA” Servizio Ambulanza 891070 Freccia Azzurra Croce Rossa Italiana
445444 872755 871124 871401 871139 877111 872111 871583 87694 324 9999300 825552 825531
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Ingredienti per 4 persone: 450 grammi di fagioli 320 grammi di pasta di grano duro Un litro di brodo di carne e e verdura 400 grammi di pomodori pelati 50 grammi di cotenna di maiale (ovvero la cotica) Un po’ di strutto (in Irpinia note come ‘nzogna) Una cipolla Un aglio Olio extravergine di oliva Sale e Pepe
Ricette tipiche Pasta e Fagioli con Cotiche
Innanzitutto bisogna trattare la cotenna di maiale: farla bollire per qualche minuto, poi scolarla raschiarla. Mettere a soffriggere un cucchiaio di strutto, un po’ d’olio, cipolla e aglio. Dopo qualche minuto aggiungere al tutto i pomodori e schiacciarli. Ancora qualche minuto ed è il momento di aggiungere i fagioli lessati. Poi, ancora, aggiungere le cotiche ed allungare il tutto con il brodo preparato precedentemente. Salare e far cuocere per circa una mezz’ora (se necessario aggiungere altro brodo o un po’ d’acqua, semmai di cottura della pasta). Nel frattempo lessare la pasta. Quando è tutto pronto unire e mescolare il tutto, aggiungendo un po’ di pepe. E’ il momento di servire.
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Ricette tipiche La Pastiera Ingredienti 600 grammi di grano cotto 300 grammi di farina di grano tenero Tipo 00 350 grammi di zucchero 9 uova 500 grammi di ricotta di pecora Mezzo litro di latte intero 180 grammi di sugna Un limone Cannella in polvere 80 grammi di canditi misti 40 grammi di fior d’arancio Un goccio di liquore Strega Zucchero a velo Sale
Preparazione Innanzitutto prendere il grano e metterlo in una casseruola insieme al latte. Grattugiare dal limone la scorza, aggiungerla a grano e latte e lasciar cuocere tutto fino a che il latte non sarà assorbito dal grano. Preparare la pastafrolla: mettere in un contenitore la farina, 150 grammi di zucchero, 3 tuorli di uovo e 150 grammi di sugna e mischiare il tutto energicamente fino a che non risulterà una pasta elastica ed omogenea. Stendere questa pasta su un foglio di pellicola, avvolgerla e lasciarla riposare per circa 30 minuti nel frigorifero. Quindi tritare i canditi, metterli in un contenitore alto e unire lo zucchero rimasto, il fior d’arancio, la ricotta, un bicchierino di Strega ed un pizzico di cannella. Amalgamare il tutto aggiungendo uno alla volta sei tuorli d’uovo ed infine il grano cotto. Infine aggiungere gli albumi montati a neve con un pizzico di sale. Riprendere la pasta frolla e stenderla in una tortiera circolare. Aggiungere l’impasto completare il lavoro aggiungendo sopra la torta realizzata delle strisce di pasta frolla tagliate con lo sperone. Infornare in forno caldo a 180 gradi per circa un’ora. Quando sarà ben dorata tirarla fuori dal forno e farla raffreddare e poi spolverizzarla con lo zucchero a velo.
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Alberghi
La Pignata Viale Tigli, 2 - 0825 872571
Fontana del Re C.so Vittorio Emanuele, 1 0825 827956
Le Masserie C.da Orneta - 0825 826490
Hotel Incontro C.da Foresta - 0825 891250 Hotel Kristall Via Serra - 0825 891187 Hotel Villa Sorriso Via Scarnecchia - 0825 891450 Masseria dei Briganti - Bed & Brekfast C.da Camporeale - 0825 881266 Hotel Life Via S. Barbara - 0825 891060 Torre Normanna - Bed & Breakfast Via Russo Anzani - 0825 871130
Le Rose Via Martiri - 0825 828566 Marra C.da Tressanti - 0825 876212 Maeba C.da Serra - 338 6387407 Oasi Via Villa Caracciolo - 0825 828111 O’ Pullastiello Via Camporeale - 0825 881030 San Domenico C.so Vitt. Emanuele - 0825 872172 Villa Antico Mulino Via Ficucelle - 0825 819368
La casa di Ninna C.da Foresta - 0825 891766
Villa Sorriso Via Scarnecchia - 0825 891450
Pizzerie / Ristoranti
Pignata in Bellavista C.da Sterda, 19 - 0825 872433
Biffy Via Cardito - 0825 891117
Osteria Varanalle C.da Bosco, 8 - 0825 825243
Grand Hotel Biffy Via Cardito, 50 - 0825 828682
ricettività. Agriturismi
Antichi Sapori Via Monticchio 4/a - 338 585 8417
Antiqua Tempora Via S. Barbara,59 - 0825 891236
Pizzerie al taglio e da asporto
Colli la Pezza C.da S. Barbara 31/A - 0825 891483 Il Focolare C.da Orneta - 0825 820921 La Lanterna S. Nicola a Trignano - 0825 876018 La Locanda del Bosco Via Camporeale - 0825 881154 Li Ddoie Aulive Via Cerreto - 333 9269852
Pulcinella Express Rione Martiri - 0825 825633
Torreamando Via Torreamando - 0825 891132
La Sfinge Via Cardito, 44 - 0825 891811
Vecchi Vigneti Via S. Barbara,11 - 0825 891441
The Black rose XXV Aprile n. 35 - 3384504518
Le Anfore Via Valleluogo 45/A - 339 206 2166
Incontro C.da Foresta - 0825 891250
Lamerì BarPub Art Rione San Pietro - 0825 872979
Antica Tuticum C.da Camporeale,78 - 338.9722745
Kristall Via Serra - 0825 891187
Donald Viale Tigli 15 - 0825 827763
La Fortezza C.da Orneta - 0825 826019
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La Margherita Rione Martiri 30/1 - 0825 871216
Regio Tratturo C.da Camporeale - 0825 881407
Il Principe Pirata Via Cardito, 42 - 0825 891687
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La Brace Rione S. Pietro 40/1 - 0825 827886
Pizza Mania P.zza Mad. di Fatima 0825 872063
Tre Colli C.da Turchiciello, 19 - 0825 827130
I due nani C.da Santa Barbara, 1 0825 1853895
Il Ritrovo P.zza Mazzini - 0825 828467
Macchiacupa Via Camporeale,79 - 0825 825275
Pub / Birrerie
Caruso Resturant Via Cardito, 51 - 0825 892016
Le 4 Torri Via Castello,33
Il Ghiottone Via Cardito - 377.4353496 Vecchio Borgo C.so Vitt. Emanuele - 0825 821003 Il Tricolore Via S. Antonio - 339 3394228 Al Duomo Via Parzanese, 8 - 0825 827832 La Casa della Pizza Via XXV Aprile, 20 - 324.614 4730
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Banche e Uffici Postali
Monte Dei Paschi Di Siena Via Cardito, 2 Telefono: 0825 892106 Credito Coop. Di Flumeri Via Giacomo Matteotti, 37 Telefono: 0825 828402 Credito Coop. Di Flumeri Rione Martiri, 137 Telefono: 0825 872629 BPER Banca Via XXV Aprile, 9 Telefono: 0825 871297 Banco di Napoli S.p.A. Piazza Plebiscito 2 Telefono: 0825 872886 Banca Popolare di Puglia e Basilicata Piazza Duomo Credito Coop. Irpina Via Serra, 6 Telefono: 0825 892599
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Unicredit Piazza del Plebiscito 34 Telefono: 0825 164 7012 Banca Apulia Via Torana, 190/A Telefono: 0825-892278 Uffici Postali Via Mancini 10 Telefono: 0825 873631 Rione Piano Di Zona Snc Telefono: 0825 828537 Via Martiri Snc Telefono: 0825 872537 Contrada La Manna Snc Telefono: 0825 891062 Contrada Palazzisi Snc Telefono: 0825 876047
curiositĂ e cultura.
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Lu Telefonino a cura di Luigi Pietrolà Ah che billezza sarrìa, a truvà na cabbina miezzu la via, e quere surate rint a li cabine di giurgione,o l’interrurbane cu na pila di gettoni, ti reva la linea cu nu pulsante, la bonanima di Redente, ma chi tineva la parlantina.. faceva fa la fila nnanz a la cabina, e si nu la finivi di parlà , ‘t’abbiavano a tuzzilà, e si insistivi cu l’apparecchio ti cacciavano pi na recchia, picchè la’ dinto chi ci steva doie ore, pi telefono faceva puru l’amore. Si po’ a casita tinivi lu telefono fisso, manco putivi chiamà spisso, e pi impedì ca s’ausava, ti mittevano lu mashco cu la chiava, ma ci steva nu trucco viecchio, e si smuntava lu cupierchio, e si faceva la telefonata, cu la rundella di coppa svitata. Si chiamavi a la nnammurata, ti mittivi d’accordo pi l’orario di la chiamata, picchè si rispunneva la mamma o lu frate,po’ currevano mica palate, e si facevano piglià pi pacci, minimo ti sbattevano lu telefono ‘nfacce, oppure , si nun vulivi esse chiamato, facivi rice ca ivi asciuto, mo so’ cazzi, cu lu gipiess ,sanno puru si sta a lu cess. Lu telefono come invenzione, sirveva a mette in cuntatto li persone, mo poco ci manca si va a virè, ca ti face puru lu cafè. E chi mi l’eva rice ca li telefonine , cangiavano lu munno chiu li di li pinnicilline. Lu fatto insomma, mo eia dilicato, di come la vita c’è cangiato… ormai è divintata na malatia, quanno si scarica la batteria, da lu munno si tagliato fore, come staccassero lu rispiratore, li giuvini nun piensino manco tanto a la fica, ma quanto li restino di gica, e paricchi vanno in depressione, quanno li finisce la promozione, mille chiamate , internette illimitate, tanta sms da cunsumà, ca nun sa manco a chi ca cazzo li mannà,
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quanno nun ci steva la waifai..si parlava a nui a nui, oggi si s’esce cu l’amici si staie ansieme sulu pi dice, li viri tutti a lu stesso tavulino, ma ognuno mastrea cu lu telefonino, la capa acalata azzaccheno bittuni, mi parino tutti tanta cugliuni, miezzo la via da la matina a la sera,ognuno azzecca la tastiera, rinno ca iescino ansieme a l’ati, sulu picchè stanno vicino assittate, ma ognuno cuncintrato,a virè che l’hanno mannato, li futugrafie di feisbuk ca s’allargano si li tucc, si cocche cosa pò ti scappa,ti la mannino cu wazapp, insomma, ‘nci staie chiù pace, tra nu cundivido e nu piace, e cu l’amici ca ha iuto a mangià, pi ti rice come sta, da nu quarto a n’ato di lu tavulino, ti lu scrivi pi telefonino, e doppo ca tutti si s’a hanno iuto, tieni rito e cuollo ‘ntisicuto, tanto puru si stamo a nui a nui,ognuno staie pi li cazzi sui. N’ta cosa ca mi piace trimente, eia l’espressione di la gente, lu criaturo, l’omo e la vecchia, tutti cu nu telefonino a la recchia, e chi si mette paura di lu tumore,si mette sulu l’auricolare, ca quanno telefona,e dice nu fatto,pare ca parla sulu come a nu matto . Insomma è stata na rivoluzione, ‘ndà l’abbitudini di li pirsone, risse nu viecchio tuttu ‘ngazzato, di come lu munno mò è cangiato, “quanno ‘nci steva lu tilifunino, li cose si facevano da vicino, è finutu lu cuntatto personale, ogni cosa mò eia virtuale, tra nu cuntu e na risata si passava la sirata, mo’ di sta ‘nvinzione la cunsiguenza, è aumintato sulu puttanicio e dilinquenza”. N’ata cosa assai curiosa, eia lu selfi cu la posa, obbligatorio pi la femminuccia, mette lu mussu a cionna di cuccia, po’ si li mànnino l’unu cu l’ato,pi virè com’hanno asciuto, insomma eia proprio na malatia quessa di la futugrafia, ma feisbuch e istagramm fanno ‘ngiro sulu rann, picchè , ‘ncoppa na pirsona la virità, mò la viri sulu là, nun pinza ca si spusato, o ca canusci buono lu nnammurato, riceva na vota nu ritto antico, ca pi ti canosce buono cu n’amico, o nu sintimento quanto vale, t’iva mangià almeno ansieme nu sacco di sale, mò…si vuò sapè veramente chi ti staie vicino….l’ara virè da lu telefonino.
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La prima testimonianza di edifici di culto ad Ariano si lega al mondo pagano e alla presunta esistenza di due templi: uno dedicato al dio Giano, l’altro ad Apollo. De Augustinis, nel ricostruire le origini della città, scrive: “… questa città arricchita di tanti valentissimi, et nelle lettre, et nell’arme da Giano1 discendeva, il quale aveva in essa il suo Tempio edificato…” . Successivamente, sempre nella sua indagine storica, aggiunge altri particolari come le descrizioni di Leandro Alberti: “Vedesi nel mezo di detti fiumi un molto aspro et difficile colle sopra il quale è posta la città d’Ariano dagli antichi Ara Jani nominata…”, e di Scipione Mazzella: “Tra li fiumi Mescano e Tripaldo sorge un’altro colle, sù la cima del quale è la città d’Ariano, che gli antichi chiamarono Ara Jani da un famoso tempio, che vi era à Giano dedicato nel quale di hogi dì appaiono i vestigi”. Il De Augustinis, tuttavia, conclude dicendo “…benchè non vi si vede segno alcuno d’antichità”2. Quasi coeva all’opera del suddetto notaio arianese è quella dell’abate Giovan Battista Capozzi, Cronica della Città d’Ariano. In questo lavoro riporta la notizia del ritrovamento del tempio e dell’altare di Giano, una sua breve descrizione e la sua distruzione: “Sortì in quel tempo3 che fu ritrovato nel colle del mezzo della città, con scavare la terra, un simulacro di Giano Bifronte, con l’antico altare e con bellissime colonne di color nero con l’iscrizione addotta: Quintus Babrius, e con le vestigia dell’antico tempio di Giano, distrutto a tempo de’ Goti…” 4. Notizia, questa, confermata ed arricchita dal Barberio che, nel XVII secolo, in una sua opera il Catalogo dei Vescovi di Ariano aggiunge: “Inoltre se mi si chiederà anche in quale epoca quel celeberrimo tempio di Giano è stato distrutto e da chi, si apprenderà con certezza dagli Annali Romani che fu devastato dai Goti, sotto Totila loro re…”5. A fare chiarezza sulla presunta presenza del tempio di Giano provvede il Vitale che, alla fine del XVIII secolo, dopo aver riportato e smentito una lunga serie di ipotesi, scrive,: “E quantunque nissuno possa assicurarsi della realtà del detto Tempio…”6. Infine il Flammia conferma le parole del Vitale: “Ariano non ha traccia alcuna di monumenti romani. Qua non ci sono archi, strade, acquedotti, templi, musaici, 1 S. De Augustinis, L’Amor’ infinito, ch’alla Patria si deve. La Descrittione d’Ariano di un notaio del XVI secolo, edizione critica a cura di G. Stanco, Avellino 2008. p. 8. 2 Ivi, p. 20-21. 3 Il Capozzi data questo evento intorno al XII secolo, legandolo alla presenza in Ariano di S. Ottone. 4 G. B. Capozzi, Cronica della Città d’A., a cura di O. Zecchino, Montevergine 1984, pp. 30-31.
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Conventi e Monasteri in Ariano nei documenti a cura di Ireneo Vinciguerra tombe, fori, case, fontane; assolutamente nulla…”7. L’unica elemento, a mio avviso non sufficiente per dimostrare la presenza di un edificio di culto pagano, è una colonna sulla quale è collocata, quasi certamente in epoca longobarda, una croce8. Il secondo edificio pagano, invece dedicato ad Apollo, sarebbe sorto sull’attuale sito della Cattedrale. Infatti, nel 1954, durante lavori di scavo effettuati sotto la fabbrica religiosa, si rinviene la testa della statua della divinità titolare. È questa l’unica traccia di questa presunta antichità. Le emergenze architettoniche di natura ecclesiastica, in Ariano, sono già importanti durante il periodo angioino e lo saranno almeno fino alle soppressioni ecclesiastiche di epoca murattiana. La Città è già sede vescovile nel X secolo e, la prima testimonianza di un edificio di culto cristiano, risale all’879. Questo documento ci tramanda la memoria di una fabbrica dedicata a S. Potito, sottoposta al Monastero di S. Modesto di Benevento. La sua ubicazione rimane incerta ma il toponimo s’incontra spesso nella lettura dei documenti, anche di epoca rinascimentale: “…ad S. Potito, intorno a detta Chiesa … una vigna”9; “Item a S. to Laurenzo sotto S. to Petito lo d.cto Capto tene una vigna … et altri arbori fruttiferi et infruttiferi…”10; “Item un’altra vigna dove si dice a S. Petito…”11. Il tema del lavoro, tuttavia, ci porterà alla conoscenza della presenza monastica e conventuale nella storia del territorio arianese. Cominciamo dal Monastero di San Bernardo retto dai Cistercensi ubicato nei pressi della porta della Guardia. La costruzione del complesso risalirebbe alla seconda metà del XIV secolo. La chiesa ed il monastero sono seriamente F. Barberio, Catalogo dei Vescovi di Ariano, op. cit., p. 10. T. Vitale, Storia della Regia Città di Ariano e sua Diocesi, Roma 1794, p. 22. N. Flammia, Storia della Città di Ariano dalla sua origine sino all’anno 1893 composta in cinque libri, op. cit., pp. 125-126. 8 Nel 1778 quattro olandesi, Willem Carl Dierkens e Willem Hendrik Nieuwerkerke, a cui si aggiungono Nicolaas Ten Hove e Nathaniel Thornbury, si recano in Sicilia attraversando l’Italia meridionale e la Puglia. Li accompagna il pittore Louis Ducros 5
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danneggiati a seguito del terremoto del 1456 tanto da comportare il definitivo allontanamento dell’ordine12. La Visita Pastorale del Vescovo Ferrera del 1591, descrive la chiesa di San Bernardo “diruta et malamente trattata”13. Nelle successive visite risulta sempre inagibile al culto fino alle definitiva alienazione. Importante è il Monastero e la chiesa di San Benedetto della Congregazione benedettina di Montevergine, sito nel rione della Strada sulla via Regia medievale, nel cuore della città. La sua fondazione, ci riferisce il Vitale, è “antichissima, e quasi contemporanea alla stessa Congregazione Benedettino-Verginiana”14. Nei pressi di Piazza Plebiscito troviamo il Monastero delle Monache dell’Ordine Casinese. La sua fondazione, nella seconda metà del XVI secolo, è legata ad alcune elargizioni: la “Signora Covella Romaneo, Arianese …” dona “… una casa, e di alcuni stabili…” alle quali “vi si aggiunsero le altre” grazie alla “…Signora Antonicca del Balzo Duchessa di Termoli”15. Nel corso dei secoli subisce diversi ampliamenti, ad esempio, “colla compra fatta del Palazzo de’ Signori Sebastiani”. Il Vitale, alla fine del XVIII secolo, così ce lo descrive: “…tiene due Chiostri, con molte, e commode stanze superiori, cortile, grate, baracca di più stanze, piccolo Giardino, Belvedere, e tutte l’Officine necessarie”16. La chiesa che è “situata nel mezzo del Monastero”17, è ben delineata. “Situata nel mezzo del Monastero, che la circonda a riserba della pubblica strada d’avanti, contiene 5 Altari. Il Maggiore con marmi ben commessi di ottimo lavoro è dedicato alla Trasfigurazione del Signore … consagrato da M. Pulce Doria. Sonovi inoltre le seguenti Cappelle con quadri di ottimo pennello; una dedicata all’Assunzione di Maria Santissima … L’altra dedicata a S. Anna, … una delle Protettrici della Città, L’altra di S. M. del Carmine … E l’ultima della B. Vergine delle Grazie, S. Teresa, e S. Gaetano”18. Nel piccolo Museo Giuseppina Arcucci sono custodite alcune che Ten Hove ingaggia con l’incarico di fissare su tela i momenti salienti del viaggio: “Il 20 aprile 1778 abbiamo deciso di passare la giornata ad Ariano. In un primo momento abbiamo creduto che il paese avrebbe potuto essere l’ Aequum Tuticum di cui parla Orazio, ma l’oste ci assicurò che in Ariano c’erano molte sorgenti d’acqua cosa che capovolse le nostre congetture in proposito…”. In occasione della sosta in città, il suddetto pittore, realizza un’ opera che ritrae in primo piano il monumento citato nel testo e sullo sfondo una veduta di Ariano. 9 Visita Pastorale, Alfonso Ferrera, 1585-85, (16), f. 319 r. 10 Visita Pastorale, Alfonso Ferrera, 1591 ss., (18), f. 167 r. 11 Visita Pastorale, Alfonso Ferrera, 1591 ss., (18), f. 92 r. 12 C. De Padua, P. Giardino, Ariano Storia e Assetto Urbano dalle origini al tramonto dell’età moderna, Vol. I, Ariano Irpino 2008, p. 114. 13 Visitatio Urbana anni 1591 sub Episcopo Alfonso Ferrera abita per Marcum Antonium de Condittis ubi habentur statua Capituli et alia notabilia, f. 98 r. 14 T. Vitale, Storia della Regia Città di Ariano e sua Diocesi, Roma 1794, p. 270.
opere interessanti. Un Crocifisso ligneo; una Madonna con Bambino che, iconograficamente, ricorda le immagini bizantine; un Addolorata, tela di piccolo formato datata 1738. Si tratta di un’opera di carattere devozionale, realizzata nella bottega dei “Sarnelli”, così come ci indica la una firma sul retro. Infine un San Raffaele e Tobia, collocabile nella prima metà del XVIII secolo. Il convento dei Cappuccini, invece, è sito fuori dall’antico circuito murario in un’area pianeggiante ai piedi del costone Tranesi. In un documento del Capitolo della Cattedrale si legge: “Il convento dei Padri Cappuccini fu edificato all’incirca nell’anno 1545 e proprio in una vigna che fu di proprietà di Pasquale mancino, come risulta dalle scritture del Capitolo”19. Il Vitale, invece, riporta come anno di fondazione il 1583. Nella Visita del Vescovo Ferrera del 1591, invece si legge che fu “edificato da questa Città fa termino di due anni”20, facendolo così risalire alla fine degli anni ottanta del XVI secolo. E’ possibile ricostruire, a grandi linee, la struttura del convento: dotato di “un giardino grande e murato”21 e “pozzo d’acqua dolce”22, “Il locale di detto Monastero consiste in un Chiostro, nel quale esistono una stalla, una Cantinetta, una Stanza col molino del Tabacco, un’altra con una Tina vecchia, ed un’altra per uso di legna. La Cucina con due altre stanze ed il Refettorio con dentro altri locali. Nel quarto Superiore esistono venti Celle per comodo dei PP. Più altra stanza per riporre grano ed un’altra per uso di Carboni. Nella fine del Corridoio per una porta si entra nel Coro e nella Chiesa, ov’esistono l’Altare Maggiore con tre Altarini e la Sagrestia23. Dopo la soppressione degli ordini ecclesiastici il complesso conventuale è messo all’asta24 ed oggi risulta totalmente abbandonato. Al pian terreno del convento, sulla parete di fondo del salone dell’antico refettorio, ancora oggi resistono alcune delicate tempere, unica testimonianza artistica rimastaci. Le stesse raffigurano frati cappuccini ed angioletti che sembrano accarezzare un’iscrizione. Sulla parete opposta si vedono, ormai appena accennati, altri frati. L’alienazione non riguarda la chiesa dello Spirito Santo annessa al convento. La stessa continua Ivi, pp. 277-278. Ivi, p. 279. Ibidem 18 T. Vitale, Storia della Regia Città di Ariano e sua Diocesi, op. cit. p. 279-280. 19 Archivio Capitolare della Cattedrale di Ariano, cart. CLXXVIII, 2. 20 Visitatio Urbana anni 1591 sub Episcopo Alfonso Ferrera abita per Marcum Antonium de Condittis ubi habentur statua Capituli et alia notabilia, op. cit., f. 98 v. 21 Vitale, Storia della Regia Città di Ariano e sua Diocesi, op. cit. p. 270. 22 Visitatio Urbana anni 1591 sub Episcopo Alfonso Ferrera abita per Marcum Anto15
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così la sua funzione liturgica. Ma, pochi anni dopo, si rivela un danno strutturale e il tempio viene tempestivamente abbattuto: “dopo 300 anni la volta era così forte che si è dovuto sudar molto per demolirla”25. Pericolo che, stando alla testimonianza del Ciccone, non è così importante. Sulla chiesa ci fornisce poche ma interessanti notizie il solito Vitale: “Nell’Altare maggiore vi è un quadro rappresentante la venuta del detto Spirito Santo…Le Cappelle laterali sono dedicate alla B. V. de’ sette Dolori e a S. Antonio di Padova, ed a S. Felice”26. Sempre il Ciccone, c’informa che “gli oggetti sacri, cioè quadri, confessionali, e la campana furono dai Signori d’Afflitto, oggi Duca Caracciolo, donati alla Chiesa di S. Domenico e l’altare maggiore col magnifico quadro della Pentecoste è stato situato elegantemente sotto la volta maggiore del Tempio che fa uno spicco sorprendente. Le statue di S. Antonio di Padova e quella di S. Felice da Cantalicio27, perché rovinate dall’umido non si sono potute esporre alla venerazione dei fedeli”28. Il suddetto quadro della Pentecoste e tutte le altre opere risultano scomparse. Un altro convento che sorge, invece, intramoenia è quello degli agostiniani. La chiesa e il complesso conventuale risalgono al 1500. L’iniziativa è di Padre Assalone di Felice, frate agostiniano d’origine arianese. Ad ufficializzare la nascita una Bolla di Alessandro VI, “…Tibi dicta civitate Domum sb invocatione Sancti Augustini, cum Ecclesia, Campanili, Cimiterio, Dormitorio, Refectorio hortis, hortalitatis, et aliis officiis de licentia tamen Superioris…”29. Dalla lettura di alcuni documenti si leggono dati interessanti che riguardano il convento: ad esempio, in una Visita Pastorale del Vescovo de Laurentiis, nella parte dedicata ai beni del Capitolo della Cattedrale, si legge. “Item possede…una potecha sita alla Piazza Ferrara sotto il cortile del Monastero de S. Agostino quale sta a man sinistra della porta del detto Monastero…”30. Ne emerge una situazione estremamente interessante: la presenza di una bottega nei pressi del cortile del convento. Non viene specificato il tipo di attività che vi si svolge. Tuttavia, il primitivo nome della piazza Ferrara deriverebbe dalla presenza di artigiani che lavorano il ferro. Il convento, dopo il 1867, viene incamerato dallo Stato e trasformato in nium de Condittis ubi habentur statua Capituli et alia notabilia, op. cit., f. 98 v. 23 A. Alterio, Appunti sulla Storia di Ariano Omaggio a Tommaso Vitale, op. cit. p. 158. 24 L’asta se l’aggiudicò tale Pantaleone D’Afflitto per una cifra pari a 2128 ducati. 25 F. Ciccone, Continuazione delle memorie patrie dal 1790, epoca in cui cessa la Storia del Patrizio T. Vitale, in Il Gazzettino di Ariano, n, 8, 27-3-1881. 26 T. Vitale, Storia della Regia Città di Ariano e sua Diocesi, op. cit. p. 270. 27 Felice da Cantalice (1515-1587) fu il primo santo dell’ordine dei cappuccini.
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tribunale. A seguito del terremoto del 1962, l’antico edificio viene demolito per far posto ad uno stabile comunale. La chiesa, tutt’oggi esistente, a seguito del suddetto evento tellurico, è interessata da radicali lavori di consolidamento e restauro. Gli stessi comportano il rifacimento dell’interno e, purtroppo, la distruzione di un sepolcreto che occupa tutta la superficie sottostante la navata destra del tempio.31 Interessante è la facciata, tripartita da due lesene, che ricorda le caratteristiche di una chiesa tardo-rinascimentale. Il tempio conserva delle testimonianze artistiche rilevanti. Procediamo con ordine: all’ingresso sono collocate due acquasantiere a colonna in pietra arenaria scolpita, di ambito campano e risalenti al primo quarto del XVII sec. Sulla navata destra si conserva il cosiddetto Arco di S. Lorenzo, antico sepolcro della famiglia Bruno; proseguendo troviamo una tela che raffigura S. Biagio in abito vescovili. A facilitare la sua identificazione un suo attributo iconografico, il pettine per lana. È probabile che questa tela, in origine, sia collocata sull’altare maggiore dell’omonima e demolita chiesa. Nell’abside un capolavoro di arte scultorea: il Crocifisso di San Francesco. E’ il classico Christus patiens, iconografia molta cara al carisma francescano. Probabilmente risale alla prima metà del XVII secolo ed è un ottimo prodotto di una bottega napoletana. Attorno a quest’opera, in origine, ci sono anche tre angeli con calice, oggi custoditi nel deposito della chiesa. Interessante è anche un’Immacolata, di ambito campano, quasi sicuramente ottocentesca. Un tempo nella chiesa di S. Francesco, oggi è posizionata su un elegante altare in marmi policromi di foggia barocca e dedicato a S. Vincenzo Ferrer. Infine un San Antonio da Padova anche’esso di ambito campano e risalente alla fine XVIII secolo. Le numerose riedificazione subite hanno cancellato alcune parti della chiesa. Infatti si ha notizia della presenza di due cappelle, una dedicata a S. Donato ed una a S. Lucia32. Il campanile con la caratteristica cupola a cipolla 28 F. Ciccone, Continuazione delle memorie patrie dal 1790, epoca in cui cessa la Storia del Patrizio T. Vitale, in Il Gazzettino di Ariano, n, 8, 27-3-1881. 29 T. Vitale, Storia della Regia Città di Ariano e sua Diocesi, op. cit., p. 412. 30 Visitatio Urbana Episcopi Donato de Laurentiis 1571-1576, vol. I. A. II S.1. C. 13, f. 546 v. 31 “A DIO OTTIMO MASSIMO. Questa cappella integralmente costruita a cura dei Padri di questa Chiesa e specialmente da F. N. Scolpino, è dotata di una facile discesa per mezzo di gradini, di altare, di volta e, più internamente. Quelli che iscritti al sacro cingolo hanno sperimentato tra i vivi la protezione efficace di S. Monica scelsero prima degli altri (questo luogo) per godere della protezione della stessa anche dopo morti. L’anno del Signore 1805”. Cfr C. De Padua, P. Giardino, Ariano Storia e Assetto Urbano dalle origini al tramonto dell’età moderna, p. 213. 32 La chiesa di S. Donato fu demolita nel 1557 durante i lavori difensivi degli spagnoli. È probabile che anche la chiesa di S. Lucia ebbe la stessa sorte. In questa occasione furono create le due cappelle in S. Agostino. Cfr C. De Padua, P. Giardino, Ariano Storia e
fu, invece, demolito a seguito del terremoto del 1930. Il convento e la chiesa di San Francesco rappresentano uno dei maggiori complessi architettonici della città; una struttura che occupa il centro del lungo crinale di Ariano, in una posizione dominante in tutte le immagini storiche della città. La prima notizia storica è un atto notarile datato 1374, trascritto ed ora conservato, nei registri dell’Archivio Storico della Diocesi di Ariano-Lacedonia. Interessante sono le descrizioni che fanno sia il Vescovo Ferrera che il De Augustiniis, Rispettivamente scrivono: “Item anco il Monastero di S. Francesco dell’ordine di zoccolanti sito dentro la Città non molto distante dalla Chiesa Vescouvale…una chiesa bellissima il luogo è comodo con belli giardini dentro et morati tutti intorno”33; “Il luogo di San Francesco di Frati Zoccolanti è posto nel mezzo della Città poco distante dal Vescovato dalla parte superiore collocata a tramontana la sua Chiesa, ma il resto del luogo alla parte de levanti per comodità di frati, questo luogo disegna il monte di mezzo de li tre che fa la Città per sua insegna”34. Dopo la legge di soppressione cambia la destinazione d’uso del convento che passa ad essere una caserma. Della chiesa medievale non abbiamo descrizioni mentre, di quella cinquecentesca, ce ne parla ancora una volta De Augustinis: “Da poco tempo in qua questa Chiesa e incominciata ad arricchirse di belle Cappelle di rustico marmo et ben scolpiti, et di vaga pettura fatte in Napoli da valentissimi pittori, et tuttavia i devoti del luogo continuano i loro bei pensieri ad rannobilirla chi d’uno, et chi d’un’ altro modo et tra queste Cappelle vin’e una Privilegiata dalla buona memoria di Gregorio terzo decimo, vi sono due giardini per comodità di frati. La Chiesa hà bellissima Sacristia lammiata con comodi vestimenti necessarij al culto divino”35. Della chiesa ottocentesca ci da una breve descrizione il Flammia: “Ha una sola navata, un Assetto Urbano dalle origini al tramonto dell’età moderna, p. 106. Si legga anche “Cappella di S. Lucia … Cappella di S. Donato… trasportate nella Chiesa di S. Agostino a’ tempo della guerra d’Ostia per la fortificazione di questa città quali furono smantellate”. Cfr. ADA, Visitatio … 1591 sub Episcopo de Herrera …, ms, f. 98v. 33 Visitatio Urbana anni 1591 sub Episcopo Alfonso Ferrera abita per Marcum Antonium de Condittis ubi habentur statua Capituli et alia notabilia, op. cit., f. 96 r. 34 S. De Augustinis, L’Amor’ infinito, ch’alla Patria si deve. La Descrittione d’Ariano di un notaio del XVI secolo, p. 79. 35 Ivi, pp. 80-81. 36 N. Flammia, Storia della Città di Ariano dalla sua origine sino all’anno 1893 composta in cinque libri, op. cit. p. 154. 37 Fra Tommaso da Vasto morì l’11 ottobre 1685. Si dice che vi abbia lavorato con diuturna pazienza fatica per venti anni della sua vita. Le notizie intorno a lui ce lo descrivono di insigni virtù. Il Pisapia, che cita dal Necrologico francescano, ci dice che spesso, dopo una lunga giornata di lavoro, preso un breve riposo con la fonte
grazioso organo, nove altari tutti di marmo, due bellissimi cori di noce intagliati, ampia sagrestia, un bel concerto di campane. Aveva pure un simpatico campanile colla cupola orientale e mattonelle verniciate, distrutto dal fulmine il 4 novembre 1873. Il convento ha un vasto cortile, con cisterna, cameroni, orto”36. Le altre opere e gli arredi sacri del tempio francescano sono ricollocati: nella Cattedrale, lungo le navate, le tele della Via Crucis. Nell’abside, invece, si può ammirare un coro ligneo opera di Fra Tommaso da Vasto37; sistemata in una cappella, una scultura lignea di San Francesco. Nel Museo Diocesano, un San Pietro Alcantara, ricollocato dopo un accurato restauro. Abbiamo anche una Maddalena in maiolica. La grande tela dell’Annunciazione del Cobergher che è possibile ammirare in una delle sale del Palazzo Vescovile. Infine, come già ampiamente descritto, nella Chiesa di S. Agostino. Un altro importante complesso conventuale presente in Ariano è quello dei domenicani. Il convento, con annessa chiesa, è ubicato non lontano dalla scomparsa porta di San Nicola e prossimo al quartiere dei Tranesi lungo il tratto della Strada Regia modificata in epoca Vicerale. Il primo documento che fa riferimento al convento è la Platea del Vescovo Ferrera del 1591: “Fuori della q.le terra è un monastero di fti di S. Domenico poco distante che il suo titolo è di S. Giovanni Battista…”38. “E’ luogo di Teologia con Lettori, e Studenti”.39 I frati tengono il convento fino a quando, il decreto murattiano del 29/4/1813, non ne decreta la soppressione. La sua destinazione d’uso muta in Gendarmeria Reale e magazzino del sale. Poi, per trovare un locale adeguato ad ospitare i carcerati, nel 1885 si decide di trasferire i Reali Carabinieri da San Domenico presso un palazzo denominato De Filippis e, nel 1892, di conseguenza il convento viene adibito a Carcere Giudiziario. Riguardo la chiesa, il Vitale c’informa che è dedicata alla Santa Croce e che, dopo il terremoto del 1732 avendo subito ingenti appoggiata al marmo dell’altare maggiore, riprendeva la sua fatica. Il necrologico ufficiale dell’ordine, alla data della sua morte riportava: Ariani, in Apulia, dormitio Servi Dei Fr. Thomae a Vasto, diocesis Thienensis, qui fuit de numero conversorum, at tantis meritis plenus ut in summa laude et gloria vitam finiverit.» D. Pistella, La Real Chiesa di San Francesco in Ariano Ariano Irpino 1982, p. 60. 38 Visitatio Urbana anni 1591 sub Episcopo Alfonso Ferrera abita per Marcum Antonium de Condittis ubi habentur statua Capituli et alia notabilia, op. cit., f. 98, r. 39T. Vitale, Storia della Regia Città di Ariano e sua Diocesi, op. cit. p. 272. 40T. Vitale, Storia della Regia Città di Ariano e sua Diocesi, op. cit. p. 270. 41 Ivi, p. 271. 42 L. Albanese, La presenza domenicana in Ariano, in Vicum, Calitri mar-giu 2001, p. 91. 43 N. Flammia, Storia della Città di Ariano dalla sua origine sino all’anno 1893 composta in cinque libri,op. cit. p. 154. 44 L. Albanese, La presenza domenicana in Ariano, op. cit. p. 99.
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danni, “fu riedificata quasi da fondamenti, e più abbellita”40. La descrive citando le cappelle presenti: “…della Circoncisione del Signore, della Beatissima Vergine, e di S. Francesco Saverio, di S. Vincenzo Ferreri, della Beatissima Vergine del Rosario, e S. Domenico, della Beatissima Vergine delle Grazie, e S. Pio V”41. Un documento recuperato dall’Albanese ci dice delle ricostruzione post-terremoto e amplia in un certo senso la descrizione dell’edificio: “…in puro stile barocchetto, fu abbellita con buoni stucchi in parte dorati”… e non più nel “primitivo stile normanno – gotico”42. Interessante è anche la descrizione che fa della chiesa il Flammia alla fine del XIX secolo: “La chiesa di S. Domenico sta al lato orientale, è bella, a una sola nave con 7 altari. Aveva un buon concerto di campane che furono rubate dai francesi. L’altare maggiore è dedicato allo Spirito Santo era dei Cappuccini. Due altari di S. Domenico passarono uno alla catedrale, l’altro alla chiesa di S.Angelo”43. C. De Padua, P. Giardino, Ariano Storia e Assetto Urbano dalle origini al tramonto dell’età moderna, op. cit., p. 116.
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A seguito del sisma del 1962, anche a causa dei danni che subisce, cessa la sua funzione. Pochi anni dopo tutta la struttura, convento e chiesa, furono demoliti44 . Considerata, “dopo la Cattedrale, la più ricca di sacri paramenti e di altari…” ci lascia numerose testimonianze artistiche. Una tela di San Domenico Guzman e una di San Vincenzo Ferrer conservate nel Museo Diocesano. Nel palazzo vescovile si custodiscono una Madonna con Bambino tra Pio V e S. Liborio, di ambito napoletano, un’altra Madonna con Bambino tra San Francesco Saverio e Santa Rosa datata 1717 e firmata Andrea D’Aste. Infine una Madonna del Rosario tra santi domenicani, di cerchia giordanesca che si può ammirare nel Museo degli Argenti. Si segnalano, infine, il Monastero di S. Angelo che potrebbe coincidere con la chiesa di S. Angelo che, anche dal Vitale, viene spesso citata come tale e dipendente da Santa Sofia in Benevento e un monastero femminile di Santa Croce, attestato nel 1274. Non si hanno ulteriori dati, a parte il titolo della chiesa domenicana, appunto Santa Croce. Si ipotizza che i domenicani siano subentrati alle monache .45
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Pietro Paolo Parzanese a cura di Alessandro DI GRUTTOLA Pietro Paolo Parzanese, nacque ad Ariano Irpino (allora Ariano di Puglia) l’11 novembre del 1809 e trascorse quasi interamente la sua vita ad Ariano, dove svolse l’attivita’ di insegnante di letteratura e di teologia nel Seminario Vescovile Arianese. Si recava, spesso a Napoli dove ebbe contatti con i circoli letterari del capoluogo partenopeo. E’ stato uno dei personaggi illustri di Ariano: sacerdote, educatore e poeta: e’ stato uno dei maggiori poeti dell’ottocento ed un grande patriota, sostenitore della causa dell’Unita’ d’Italia Napoli, gli ha dedicato, dove mori’ il 29 agosto del 1852: un monumento nel recinto degli uomini illustri nel cimitero monumentale e successivamente un busto bronzeo eretto in Piazza del Plebiscito e successivamente donato alla citta’ natia di Ariano, poi collocato nella villa comunale. Ad Ariano, inoltre, resta a suo nome il Liceo classico e scientifico.
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Terzo di 11 figli, Pietro Paolo, nacque da Giuseppe, commerciante venditore di tessuti e da Giovanna Faretra. Entro’ nel seminario Vescovile di Ariano nel 1820 e nel 1830 fu ordinato Sacerdote. Nel 1834 divento’ Canonico Teologo del Capitolo della Cattedrale di Ariano e tra il 1837 ed il 1838 anche Vicario della Diocesi. Si distinse, da giovanissimo, per le precoci doti di improvvisatore poetico che lo resero subito noto in Campania ed in Puglia. Pubblico’ a Napoli, “panegirici” e le traduzioni delle melodie ebraiche di Byron e la preghiera per tutti di V. Hugo’ e tante altre tra cui “Armonie italiane e Nuove Poesie”. Naufrago’ il progetto di un periodico “il giornale Irpino” E nel 1846 pubblico “il Viggianese” e tante altre numerose opere, conservate nelle biblioteche della Campania.
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Una storia tristissima ancora avvolta da tante ombre e mistero che ha scosso e rattristato profondamente la comunità arianese, ma nello stesso tempo una tragedia che ha rafforzato ancora di più il volontariato ad Ariano Irpino. E’ davvero encomiabile ciò che hanno fatto decine di volontari per ben 15 giorni rocamboleschi e interminabili pur di trovare in vita Pasqualino La Porta. Un 2017 che ad Ariano si è aperto con questa storia terribile che nessuno potrà mai dimenticare. Hanno trascurato ogni cosa, mettendo da parte anche le loro famiglie e il lavoro, pur di poter ritrovare vivo quell’uomo. Sono stati i primi a scendere in campo dal giorno della scomparsa, anche quando ancora non vi era un piano ben preciso da parte della Prefettura di Avellino. Un grande lavoro da parte della Protezione Civile Aios, in sinergia con il Gruppo Comunale e quello flumerese, affiancati dai carabinieri. Una grande forza che però non è bastata a setacciare un territorio assai vasto e impervio, per quindici giorni interminabili. Speravamo tutti loro in un altro epilogo, ma purtroppo si sono imbattuti in quella tristissima scena davanti ai loro occhi. Giorni difficilissimi e frenetici. 16 notti gelide, un destino crudele ha voluto inspiegabilmente così. La cronaca di quel triste pomeriggio che spezzò il cuore ad ognuno di quei volontari scesi in campo in suo aiuto: Erano da poco passate le 14.00, Francesco Schiavone, stava pascolando le sue caprette nelle
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Quando il volontariato riesce a calarsi nel dolore Ariano, la tragedia dell’inverno che ha scosso Cardito a cura di Gianni Vigoroso
campagne di Cardito, lato Ponnola Vitone, quando ha avvertito una strana reazione degli animali. Sembravano impauriti e improvvisamente li ha visti stranamente indietreggiare. L’uomo che era lì in compagnia di sua moglie si è avvicinato e ha subito notato il corpo di un uomo
adagiato ad un albero quasi come se volesse abbracciarlo. Ha capito immediatamente che potesse trattarsi di Pasqualino La Porta. Non ha perso tempo e ha subito rintracciato poco distante da quel luogo, Vittorio Albanese proprietario di quel terreno. Siamo alle 14.20 circa quando sua figlia Michela allerta i volontari Aios attraverso Veronica, Gianluca Cocca e Gianfranco Lo Conte. Immediatamente arrivano sul posto Amedeo Iacobacci e Pasquale Caruso, reduci da una precedente ispezione sulla Variante.
Sul posto giungono subito i carabinieri con il capitano Andrea Marchese e poco dopo anche i Vigili del Fuoco appena rientrati da una perlustrazione in località Scarnecchia, il Gruppo Comunale di Protezione Civile, la Polizia e il Soccorso Alpino. Una scena terribile, quella che si è presentata dinanzi agli occhi dei presenti. L’accesso alla contrada viene sbarrato, ma nonostante ciò non mancano i curiosi in quella zona impervia e da ieri
maledetta. Poco dopo le 15.00 arriva a Cardito la moglie di Pasqualino, Giuseppina Masiello e i due figli Amanda e Gerardo. Vengono avvertiti anche i fratelli dell'uomo, già in viaggio verso la Svizzera, all’altezza di Milano. In tanti notano quel via vai di auto insolito verso la vallata e in poco tempo la notizia fa subito il giro del web gelando tutti coloro che da giorni avevano seguito attentamente la triste storia, senza mai perdere la speranza. Vento gelido, lacrime, dolore e rabbia, un pomeriggio, quello di giovedì 9 febbraio 2017 che non verrà facilmente dimenticato ad Ariano Irpino. Una bella immagine della Protezione Civile, sempre in crescita, orgoglio di una nazione intera sin dagli anni 80, da quelle macerie del terremoto fatte di morte, dolore e distruzione in Alta Irpinia.
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La fabbrica ottocentesca del campanile della Cattedrale di Ariano a cura di Silvio GRASSO Più volte ricostruito nei secoli precedenti per i crolli causati dai terremoti, il campanile della Cattedrale di Ariano è uno dei monumenti più significativi della città. Della sua prima costruzione non abbiamo notizie storiche documentate, così come esigue risultano le fonti sulla primitiva struttura della Basilica romanica. E’ verosimile ipotizzare che, come avvenne per il Duomo, il campanile venne distrutto nella metà del XIII secolo, per poi essere ricostruito dagli angioini nel 1309. Demolito nuovamente dal rovinoso terremoto del 1456 fu riedificato sotto il vescovo Carafa nel 15301. Purtroppo, anche in questo caso, la torre campanaria non ebbe lunga vita, visto che già nel 1577 l’arcivescovo di Benevento, in seguito a reclamo del Capitolo contro l’allora Vescovo assente in città2, dovette provvedere alle riparazioni, sequestrando ben 500 ducati sulla rendita della Mensa Vescovile3. 1 Il 10 dicembre 1530 il vescovo Diomede Carafa stipulava con alcuni muratori beneventani il contratto per la costruzione del campanile della Cattedrale. Il testo viene interamente riportato in T. Vitale, Storia della Regia città di Ariano e sua Diocesi, Roma 1794, p. 413. 2 A quel tempo titolare della Diocesi di Ariano era l’ascolano Donato de Laurentiis. 3 E. Pisapia, Il Duomo di Ariano, Napoli 2000, p. 46.
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Il campanile fu così, anche in quella circostanza, riedificato ma rimase in piedi solo fino al terremoto del 29 novembre 1732.Da allora passarono quasi cento anni dalla sua nuova ricostruzione. Fu sotto il Vescovo Domenico Russo, infatti, che venne innalzato “il primo piano in travertino e laterizi”4 mentre il piano successivo fu completato dal Vescovo Francesco Capezzuti che, con scrittura del 28 giugno 1847, affidò i lavori all’appaltatore Giuseppe Aliprandi. 5 Lo stesso giorno venne rogato però un ulteriore atto in cui si legge che alla presenza del notaio Domenico Grifone di Ariano si costituirono le seguenti parti: “il Signor Don Giuseppe Aliprandi fu Signor Don Isidoro Benestante domiciliato qui in Ariano e i germani Giuseppe e Nicolangelo Palmieri fu Girolamo, Sabino Guerriero fu Nicola Vito, e Francesco Tarone di Giovanni, maestri scalpellini domiciliati nel vicino Comune di Monteleone”. 6 Dalla premessa dell’atto apprendiamo che l’Aliprandi aveva non solo “impreso l’appalto da questo Illustrissimo Monsignor Vescovo di completare il secondo piano del Campanile della Cattedrale, innalzare altro piano al di sopra dell’attuale, e più chiuderlo mediante un loggiato di travertino,” ma anche che, per l’appunto, aveva bisogno “delle pietre travertine, e propriamente di quelle che sono nella contrada Ibidem. Dopo il terremoto del 1732, nel lungo periodo che mancò la torre, alcune campane furono sospese ad un piccolo campanile “a vela” situato di fianco la facciata della Cattedrale verso via del Riscatto. 5 D. Minelli, La Basilica Cattedrale di Ariano: storia e arte, Napoli 1992, p. 220. 6 Archivio di Stato di Avellino, Protocolli notarili di Ariano, Notaio Domenico Grifone (junior) anno 1847, b. 476, fol. 254v. 7 Località a confine tra i territori di Savignano Irpino e Monteleone di Puglia. 8 Archivio di Stato di Avellino, Protocolli notarili di Ariano, Notaio Domenico 4
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Targiana7 tenimento di Savignano di proprietà del Signor Duca di Bovino, che per compiacenza ha accordato al permesso di estrarre la corrispondente quantità di dette travertine.” 8 Gli scalpellini Palmiro, Guerriero e Tarone, quindi, dopo aver visionato il progetto, si impegnarono a cominciare i lavori “non più tardi del dì cinque dell’intrante Luglio, e continuati senza interruzione, dimodocchè debbano tutti esser pronti e perfezionati per tutto Giugno 1848; dovendo ciascun pezzo presentare quelle perfezioni richieste in un’opera di tal fattura.” 9 A tal riguardo tutte le parti dell’opera dovevano essere portate “a perfezione per ciocchè è visibile a martellina, restando facultati (gli scalpellini) a portare tale perfezione, o sul luogo o qui in Ariano.”10 Il lavoro di scalpellatura poteva quindi avvenire anche sul luogo, presso la cava di Targiana, con il presupposto essenziale che le spese di trasporto restassero a carico del Signor Aliprandi. Questa condizione poteva venir meno se “nello spedirsi le carrette sul luogo, non si trovassero approntati i corrispondenti pezzi da trasportarsi,” ed allora, solo in quel caso, la spesa di vettura, andava “caricata a’ mentovati intraprenditori.” 11 Continuando nella lettura dell’atto viene rivelata anche la paga che corrispondeva a “grani dodici per ogni palmo de’ lavori a pelle piana, grana diciotto il palmo per le curve degli archi, grana ventidue il palmo Grifone (junior) anno 1847, b. 476, fol. 254v-254r. Ibidem Archivio di Stato di Avellino, Protocolli notarili di Ariano, Notaio Domenico Grifone (junior) anno 1847, b. 476, fol. 255v. 11 Ibidem 9
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per i pezzi scorniciati; quali lavori composti, saranno allora misurati a paramento visto, dall’ingegnere (che probabilmente rappresentava una sorte di garante del lavoro) che come si è detto destinerà il lodato Monsignor Vescovo.” 12 Risultava inoltre “fissato il prezzo di ducati sei per ogni colonnetta da formare il detto loggiato; quali colonnette dovranno essere, e per la forma, e pe’l diametro, a lavorio, ed altezza uniformi al disegno.” 13 Durante i lavori di composizione dei pezzi sul campanile doveva per di più “assistervi assolutamente uno, o più di essi imprenditori, a misura del bisogno, a ciò gratuitamente per essersi compensata una tale assistenza, e travaglio nel prezzo di sopra fissato.” 14 Dopo aver pagato centocinquanta ducati in forma di caparra, l’Aliprandi, in continuazione dei suddetti lavori, si obbligava infine “a passare delle somme anche in acconto agli espressati intraprenditori, però non meno di ducati trenta per ciascuna volta, […] mentre resta facultato fare detti pagamenti ad un solo di essi, ritenendosi come fatti a tutti, di modo che il ricevo dovrà dico riconoscersi, come se fosse firmato da tutti, ossia che non potranno in verun modo impugnarlo, dietro poi la misura finale de’ lavori, che sarà come si è detto eseguita dell’Ingegnere, a Ibidem 13 Archivio di Stato di Avellino, Protocolli notarili di Ariano, Notaio Domenico Grifone (junior) anno 1847, b. 476, fol. 255r. 14 Ibidem 15 Archivio di Stato di Avellino, Protocolli notarili di Ariano, Notaio Domenico Grifone (junior) anno 1847, b. 476, fol. 256v. 12
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destinarsi dal Prelato […], il Signor Aliprandi si obbliga immantinente soddisfare a pronti contanti il dippiù che potrà esser dovuto à detti imprenditori a saldo dell’opera.” 15 Dai documenti rileviamo infine che l’opera di assemblaggio, iniziata con anticipo nel maggio del 1848 fu terminata, come nel rispetto dei patti, nel settembre dello stesso anno. Purtroppo però, anche in questo caso il campanile rimase in piedi per pochissimo tempo. Infatti, nonostante le opere di consolidamento eseguite tra il 1965 e il 1968, durante il terremoto del 1980 la struttura crollò interamente. I successivi lavori di ricostruzione, cominciati nel 1984, furono portati a termine 3 anni più tardi, nel 1987, rispettando la forma architettonica e le dimensioni di quello costruito nella metà del XIX secolo.
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Vocabolario Arianese A
Abbuffato = chi ha mangiato troppo Abbuttare = gonfiare Abbafilato = di chi ha mangiato troppo Acciaccalardo = pesta lardo Accio = sedano Aciervo = acerbo Acino = chicco Acito = acido AcĂŹto = aceto Aino = agnello Allaccanuto = di chi ha fame insaziabile Amennula = mandorla Ammagliare = Masticare Ammula = boccale Ammulillo = piccolo boccale Ammunnare = sbucciare Anchiato = gonfiato Apparecchiata = (tavola ) imbandita Appicciare = accendere Areuna = origano Arricittare = mettere in ordine Arrusto = arrosto Arrustuto = arrostito Aruca = ruchetta Auciello = uccello Auliva = oliva Azziccata = bevuta (di vino) Azzurbato = di chi ha mangiato troppo
B
Bicchinotto = Pasticcino Braciòla = involtino Broro = brodo Buffetta = tavolo per mangiare Burraccia = borraccia Buttiglione = bottiglia oltre il litro
C
Caccavella = pentola Cachisso = caco Callaro = caldaia Cannaruto = goloso Cannarone = esofago Capone = cappone Cappuccia = cavolo Capucuollo = salame Cardusciello = erba per insalata Casatiello = dolce pasquale a base di grano e ricotta Casicavallo = provolone piccante Caso = formaggio pecolrino Cavaiuoli = ravioli Cecole = ciccioli Chianca = macelleria Chianchiere = macellaio Chichilo = pezzo di pasta arrotolata Ciaccia = carne Ciambotta = patate a zuppa Ciammaruca = lumaca Ciampa = Zampa Cicatielli = gnocchi Cicino = orciuolo Ciciri = ceci Ciculatera = caffettiera Cimarulo = peperone verde
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Cimminera = camino Cirnicchio = crivello Cirasa = ciliegia Cistiello = cesta Cistilluzzo = piccola cesta Cotica = cotenna del maiale Criscento = lievito Crugnaletto = piccolo pesce per frittura Cruro = crudo Cucchiarella = cucchiaio di legno Cucchiaro = cucchiaio Cuccio = coniglio Cucozza = zucca Cuchizielli = zucchini Cugno = parte di pane Curniciello = peperoncino forte Cumposta = conserva di sottaceti Cunzare = condire Cuppino = mestolo Cuonzolo = pranzo portato per conforto Curtiello = coltello Custate = costolette Cutugno = cotogna
F
Facetula = specie di uccelli,beccafico Facianella = carruba Fascella = contenitore per ricotta Fasuli = fagioli Fazzatora = madia per preparare il pane Fella = fetta Fezza = sedimento del vino Fica = frutto del fico Ficusecca = fico secco Fieto = puzza Fillata = affettato di salumi
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Finucchiello = semi di finocchio Firulini = pasta con farina e formaggio Frecola = piccola porzione Frissola = padella Frisulo = spicchio Furnacella = piccola cucina mobile Furcina = forchetta
G
Gliotte = ingoiare Gravone = carbone Gravunella = carbonella
I
Iallina = gallina IanchiĂ = biancheggiare Iazzo = ricovero del maiale Ienchere = rempire Ittatto = buttato
L
Laianelle = tagliatelle con uova Laina = sfoglia Lainaturo = matterello Lasco = troppo lungo (brodo ,sugo) Lenga = lingua Leune = legna Licchillo = goloso di dolci Lopa = fame Lota = fango
M
Maccaturo = fazzoletto Macinello = macinino
Maliva = malva Mantegna = piccola botte dove si conservano i peperoni Mappina = strofinaccio Mariculi = more Matrella = mobile ove si conserva il pane Menna = mammella Milo = mela Milone = melone Minesta = verdura Minicculi = lenticchie Misale = tovaglia Misuriello = misura Mizzano = medio Mugliatielli = involtini con interiora di agnello Mulignama = melanzana Murcione = vasellame di poco pregio Muzzicare = mordere Muzzichetto = spuntino Muto = imbuto ‘mbosta = panino ‘Mbipatiello = biscotto con farina e miele ‘mmitato = invitato ‘mbriacata = sbornia ‘mbroglia = corpo estraneo,nel sugo ,nel brodo ‘mbrillaro = ombrellaio
N
Nuci = noci ‘Ncupirchiare = coprire con il coperchio ‘Nfusso = bagnato ‘Nghiummone = chi si presenta a pranzo senza invito ‘Nnoglia = dolce regalo ‘Ntrita = nocciola tostata ‘Nzalata = insalata ‘Nzerta = traccia di agli ,peperoni,taralli ‘Nzivato = unto
O
Ova = uova Onge = ungere Ogna = unghia
P
Pacchitelle = pomodori tagliati e bolliti Palummessa = pala in legno per informare il pane Panaro = paniere in vimini Panepaniello = pane di granturco Panicuotto = pane cotto Panza = pancia Panzarotto = dolce ripieno di ricotta Pappulo = parassita dei legumi Patana = patata Paulina = fame Picuriello = agnello Pignata = pignatta Pignuolo = pinolo Pipilli = peperoni Pirazzo = Pera selvatica Pircoca = pesca Pirone = prugna Pirtuallo = arancia Piruto = ammuffito Pisaturo = pestello Pizzpanaro = rustico pasquale Prisutto = prosciutto Prucchiacca = erba porcellana per insalata Pulenta = polenta Prucchio = pidocchio
Affittacamere La Casa di Ninna C.da Foresta - Ariano Irpino (AV) 83031 Tel. 0825.891766 - 339.7009838 - 333.2280793 P.Iva 02257010641 www.lacasadininna.it - arianotour@libero.it
A
O AFFITTA C STE AM L E
LITA’ E’ DI C ITA AS SP O
L’ LO E R
‘Nzogna = sugna ‘Nzusimuto = stantio ‘Nzuccuso = che non si ingoia facilmente
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Pummarora = pomodoro Pirtuso = buco Pittima = petulante Pròie = porgere Pittinessa = pettine Pizzota = forma di formaggio Pitaturo = attrezzo agricolo per tagliare legna Purciello = pasta che si regalava al fornaio Purpetta = polpetta Puorco = maiale Putrisino = prezzemolo
Q
Quatrara = ragazza Quartino = piatto piĂš grande del normale
R
Ramera = lamiera Rasizzo = avaro Rasta = pezzo di mattonella
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Riculiare = rotolare Ristoccia = sterpaglie Rolla = porcile Raciuoppolo = grappolo Rafaniello = ravanello Raggia = fame Ranogna = ranocchia Ranurinio = granturco Raro = gradino Raritora = spatola per pulire la madia o lo spianatoio Rataviello = attrezzo di legno per tirare il pane dal forno Rascia = abbondanza Ratiglia = graticola Rattacaso = grattugia Riale = piatto reale;grande piatto Ricchitelle = orecchiette (pasta ) Rimasuglio = avanzo Riuno = digiuno Ruagna = vasellame ,oggetto molto fragile Ruoccolo = broccolo Rumare = masticare
Ruoto = teglia da forno Ranarulo = salvadanaio Recchia = orecchio Ribbusciato = fannullone Rannaneta = grandinata Rinale = orinatoio Rattapone = persona poco delicata nei movimenti
S
Salèra = saliera Saliza = salsa Salisicchio = salsiccia Sammucchio = sanguinaccio Saraca = alice sotto sale Sarcinella = colazione a sacco Scallato = lesso Scarcioffila = carciofo Scagnuliare = sgranare Scella = ala Schanare = ultima fase della preparazione del pane Schanta = una parte del grappolo Scatella = scintilla Scistiata = sbornia Scisto = carburo per lampade Scorcia = buccia Siritizzo = stantio Scriscintato = lievitato troppo Scummarella = mestolo bucherellato Scunfunnerio = grande fame Scunfirato = stanco Sfunnelato = sfondato Sfriculiare = sbriciolare Sirola = contenitore in terracotta
Soriva = nespola Spalici = asparagi Spangillato = costole del maiale Spasetta = grande piatto Spirone = rotella dentata per tagliare la pasta Spulicarielli = tipo di fagioli Spulliche = togliere la carne dagli ossi a morsi Squiccio = schizzo Stiaucco = tovagliolo Stizza = goccia Stintine = interiora Stozza = pezzo di pane Stutare = spegnere Strafucare = mangiare con aviditĂ Strivillo = piccolo legno per otturare le botti Suffritto = piatto tipico con interiora di maiale Supersata = salume di maiale Scazzimariello = folletto Sarduto = bruciato Spalandrone = palo di legno
T
Taccuni = pasta molto grossa ,quadrata Tallo = efflorescenza della cicoria Tavirnaro = oste Tianella = tegame Tiesti = coperchi Tiraturo = cassetto Tozzira = pane duro Treppete = treppiedi Trippa = pancia Trizzetto = grande piatto Truncio = sazio
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Truvilo = torvido Tumpagno = spianatoio Turtiera = teglia
U
Uallo = gallo Uaglione = ragazzo Uantiera = vassoio Uppilato = otturato Uppilo = tappo Uallinaro = pollaio Uardia = guardia Uorio = orzo
V
Vacca = mucca Varrile = barile Vasinicola = basilico Vavuglia = bava Vavularia = leccornia
Veppeta = bevuta Viccio = tacchino Vilunia = albume Viluozzo = tuorlo Vocca = bocca Vrassicare = girare i fagioli Vrenna = crusca Vuccone = boccone Vussica = vescica del maiale Vampa = fiamma Varra = sbarra Vulio = voglia
Z
Zirro = contenitore per olio Zuccarera = zuccheriera Zita = sposa Zucuso = succoso ZichitiĂ = scuotere
Via Cardito, 44 Ariano Irpino Tel. 0825 891811 68
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Biogem scarl è strutturata in tre aree funzionali: Genetics and Translational Medicine (GTM), Medicinal Investigational Research (MIR), Life and Mind Science School (LIMSS). L’area Genetics and Translational Medicine (GTM) opera nel campo della ricerca biomedica con lo scopo di facilitare diagnostiche e terapeutiche. L’area è strutturata nei seguenti laboratori: Biologia delle cellule staminali, Bioinformatica, Tossicologia dei sistemi biologici, Immunogenetica, Nefrologia traslazionale, Oncologia molecolare, Modelli L’area Medicinal Investigational Research (MIR) è orientata alla ricerca preclinica, nel processo di sviluppo di nuovi farmaci. Il MIR è suddiviso in 5 unità tra loro integrate: Preclinical Pharmacology and Toxicology; Drug Discovery; Protein Factory & Functional Genomics; Natural Products; Forensic Genetics. Uno dei punti di forza del MIR è la Animal Facility, struttura rilevante per dimensioni (può accogliere Capecchi ha scritto in merito: “...lo stabulario di Biogem è eccezionale... ed è il migliore tra quelli che io ho visto in Europa”). L’area Life and Mind Science School (LIMSS) realizza, in collaborazione con 4 Università, una laurea magistrale. Organizza, inoltre, corsi di formazione post-laurea e corsi ECM.
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SOMMARIO: 1. Il contesto. 2. Ducatus. – 3. Tres follares. – 4. Tercia ducalis e tarì. – 5. Dalle enunciazioni alla reale circolazione delle monete.
1. Il contesto Per cogliere il senso e la reale portata della riforma monetaria varata da Ruggero II nel corso dell’Assemblea dei grandi del Regno, convocata in Ariano nel settembre del 1140, occorre aver ben chiaro il contesto storicopolitico nel quale si colloca l’evento. Com’è noto, Ruggero dieci anni prima aveva cinto la corona di re di un Regno da lui fondato per fusione dei tanti potentati e signorie nei quali caleidoscopicamente era diviso il Mezzogiorno d’Italia. All’unificazione, formalmente sancita con la solenne incoronazione del Natale 1130 nella Cattedrale di Palermo, non corrispondeva però il reale dominio su tutti i territori del neonato Regno. Consapevole di ciò, Ruggero in un decennio di campagne militari, condotte direttamente o affidate ai figli, piegò ogni resistenza interna e sconfisse la coalizione avversa guidata dal papa. Conseguita così la pacificazione interna ed ottenuto il definitivo riconoscimento della Chiesa, Ruggero potè finalmente rivolgere l’attenzione all’edificazione istituzionale del Regno. A tal fine convocò in Ariano, che era stato uno dei centri più attivi nell’opposizione al suo disegno di unificazione, un’Assemblea generale della feudalità laica ed ecclesiastica dell’intero Regno, per gettare le basi della nuova costruzione istituzionale. Senza addentrarci nel dibattito sui reali poteri dell’Assemblea (prevalente è ormai la tesi che i feudatari fossero convocati soltanto ad audiendum verbum), ci basti prendere atto che due furono le fondamentali decisioni assunte in quella sede: la promulgazione di un corpo di leggi (noto come ‘Assise di Ariano’) e l’introduzione di un nuovo sistema monetario per l’intero Regno, senza ovviamente poter d’un colpo abolire né tutte le norme e le consuetudini locali, né le tante monete variamente circolanti sul territorio del Regno. Puntuale notizia dell’evento ci giunge da un cronista del tempo, Falcone Beneventano, notoriamente contrario al re normanno: Arianum civitatem advenit, ibique de innumeris suis actibus, curia procerum et episcoporum ordinata, tractavit. Inter cetera enim suarum dispositionum, edictum terribile induxit, totius Italiae partibus aborrendum et morti proximum, et egestati, scilicet ut nemo in toto eius
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La riforma monetaria varata da Ruggero II nell’assemblea di Ariano del 1140 a cura di Mario ZECCHINO regno viventium romesinas accipiat vel in mercatibus distribuat. Et mortali consilio accepto, monetam suam introduxit unam vero, cui «ducatus» nomen imposuit, octo romesinas valentem, quae magis magisque erea quam argentea probata tenebatur ; induxit etiam tres follares ereos romesinam unam appretiatos. De quibus orribilibus monetis totus Italicus populus paupertati et miseriae positus est, et oppressus; et de regis illius1 actibus mortiferis mortem et depositionem regni optabat . Dunque Ruggero, per dare finalmente senso e concretezza alla proclamata unificazione, assume le due decisioni fondamentali riportate da Falcone: nuove leggi e nuove monete. Si è molto scritto e dibattuto sulla configurazione giuridico-costituzionale della monarchia, quale emerge dalle Assise di Ariano, il cui significato e valore sono stati da tempo messi in luce dalla storiografia, la quale a ragione ne ha sottolineato la natura di corpo organico di leggi promulgato da una monarchia consapevole, per la prima volta dopo il lungo periodo della frantumazione istituzionale dell’alto Medioevo, del proprio ruolo unitario e dell’importanza 2 della propria potestà di governo . 1 Falcone di Benevento, Chronicon Beneventanum. Città e feudi nell’Italia dei Normanni, a cura di E. D’Angelo, Firenze 1998, pp. 234-235: “andò ad Ariano, e lì trattò molti suoi affari, davanti ad un’assemblea di nobili e di vescovi. Fra le altre disposizioni adottate emanò un provvedimento terribile, veramente da aborrirsi da parte di tutta l’Italia, e che portava alla morte e alla povertà, e cioè che nessuno in tutto il suo regno doveva ricevere o utilizzare nei mercati le romesine. Decise poi nefastamente di introdurre una sua sola moneta, che chiamò ducato, del valore di otto romesine, nel cui conio era contenuto assai più bronzo che argento; e introdusse anche tre follari di bronzo, del valore di una romesina. A causa di queste terribili monete tutto il popolo d’Italia si trovò oppresso ed esposto al pericolo della povertà e della miseria; e tutti si auguravano per quelle nefaste disposizioni la morte e la deposizione del re”. 2 M. Caravale, Giustizia e legislazione nelle Assise di Ariano, in ID, La monarchia meridionale. Istituzioni e dottrina giuridica dai Normanni ai Borboni, Roma-Bari 1998, p. 3.
Da quel testo e dalla sua concreta azione politica emerge in definitiva che Ruggero intese il suo potere come pieno ed illimitato, e che la sua fu, come è stato3 detto, una ‘concezione imperialistica del potere regio’ . Ne fanno fede proprio tante dichiarazioni e tante norme contenute nelle Assise. Il Proemio è tutto un inno all’autonomia e pienezza del potere regio, di derivazione divina (in proposito, assolutamente eloquente, ancor più delle dichiarazioni verbali, il celebre mosaico della Martorana in cui Ruggero si fa raffigurare nell’atto di ricevere direttamente da Cristo la corona regia). Significativa nelle Assise l’introduzione del crimen maiestatis (ripreso dalla tradizione imperiale romana), a protezione della persona del re. Quanto innovativa e carica di significato politico fosse una tale norma lo chiarisce bene questa considerazione di un grande storico del diritto: mentre la scienza giuridica ancora sulla fine del Duecento si accanirà a polemizzare se di crimen laesae maiestatis fosse corretto parlare fuori della persona dell’imperatore, 4 Ruggero II aveva risolto il problema fin dal 1140 . Ma particolarmente significativa sul tema delle monete, che a noi qui interessa, è una norma delle Assise (Vat. XXI) che sotto la rubrica “Dei fabbricanti di monete false” recita: Irroghiamo la pena di morte e la confisca dei beni ai fabbricanti di monete false e a coloro che consapevolmente le abbiano accettate; perseguiamo con la stessa pena anche i concorrenti. Coloro che abbiano raschiato, tinto o in qualunque modo danneggiato monete d’oro o d’argento subiscano la pena dell’asservimento pubblico nelle persone e nei beni5. Con l’irrogazione della pena di morte per i falsari, Ruggero innova rispetto al diritto longobardo, largamente utilizzato fino ad allora nel Mezzogiorno d’Italia, che prevedeva invece la pena, comunque più blanda, del taglio della mano. Un giurista trecentesco, Biagio da Morcone, massimo studioso delle differenze tra diritto romano e diritto longobardo (la sua opera maggiore è appunto il De differentiis inter ius longobardorum et ius romanum6) ha rilevato che il differente trattamento sanzionatorio si spiega con una diversa concezione del potere e con una 3 F. Calasso, I glossatori e la teoria della sovranità. Studio di diritto comune pubblico, Milano 1957, p. 142. 4 F. Calasso, Gli ordinamenti giuridici del Rinascimento medievale, Milano 1965, p. 163. 5 Le Assise di Ariano. Testo critico, traduzione italiana e note, a cura di O. Zecchino, Cava dei Tirreni 1984, pp. 41-45. In passato un problema ricorrente era la tosatura delle monete che consisteva nell’asportazione di metallo dal bordo della moneta per riutilizzarlo per diversi scopi. 6 Biagio da Morcone, De differentiis inter ius longobardorum et ius romanum, a cura di G. Abignente, Napoli 1912.
diversa valutazione delle sue prerogative inalienabili e imprescindibili, le regalie7. Ruggero, nella sua concezione maiestatica del potere, ritenne appunto che tra le prerogative inalienabili e imprescindibili del suo potere vi fosse anche quello di battere moneta, in via esclusiva e con piena forza vincolante per tutti i sudditi del suo Regno. Nel fondatore della monarchia meridionale non poteva d’altronde non essere ben presente ciò che era acquisito nell’ordinamento della lontana patria d’origine, dove da tempo il potere ducale aveva assunto configurazioni maiestatiche sia con la previsione del crimen laesae maiestatis (fin dal 1050, in sorprendente anticipo rispetto alla riscoperta del diritto romano operata dalla scuola di Bologna) e sia con l’espressa affermazione della esclusività del potere ducale di battere moneta: Nulli licuit in Normannia monetam facere, si legge infatti in un documento del 10918. Il tema delle regalie, e tra esse il diritto di battere moneta in via esclusiva, com’è noto, diciott’anni dopo la promulgazione dell’ Assise, sarà al centro della Dieta di Roncaglia del 1158, nella quale Federico Barbarossa vorrà riaffermare la pienezza del suo potere imperiale. Ma Falcone s’è soffermato sulla riforma monetaria del 1140 anche in un passo successivo, forse non sempre adeguatamente considerato, nel quale narra che Ruggero, prima di imbarcarsi da Salerno per la Sicilia, ordinò al rettore della città di Benevento di accettare ‘le nuove monete’ da poco introdotte e che il papa molto si era doluto dell’innovazione monetaria, foriera di fame e afflizioni: Cumque, ut praediximus, praedictus Rex Rogerius monetas illas superius dictas introduceret, domino Ioanni subdiacono Sanctae Romanae Sedis, beneventano rectori et civibus Beneventanis delegavit, ut monetas illas infra civitatem suscitiate; quod praedictus rector audiens mirabiliter contristatur. Aiebat quidem rector ipse, quoniam sine domni Papae licentia monetas illas recipere non posset, precipue cum ad totius Italiae mortem monetarum illarum introductio spectaret; tandem, comunicato consilio, rector prefatus praedicto pontifici regis edicta mandavit ut, quid super his negotiis esset agendum, mittere dignaretur. Pontifex itaque Innocentius his auditis, ultra quam credi potest, condoluit et super Regis Rogerii 7 Biagio da Morcone, op. cit., p. 56. 8 J. Yver, Premières institutions du Duché de Normandie, in I Normanni e la loro espansione in Europa nell’Alto Medioevo (XVI Settimana di studio del Centro di Studi sull’Alto Medioevo, 18-24 aprile 1968), Spoleto 1969, p. 343.
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execrandis actionibus mirabatur. Confestim Beneventanis mandavit literas suas ita continents: Facta Regis et monetarum suarum inventiones et a vobis accepimus, et ab aliis nobis in veritate referentibus. Unde mandamus, ut non terreamini neque iam mentes vestras moveatis, quoniam transitura sunt et cito possunt emendari. Nos autem circa utilitates vestras cotidie invigilamus. Literis talibus acceptis et lectis, gratiarum egimus actions et aliquantulum roborati respiravimus. Et his actis, prefatus pontifex Innocentius ad Regem transmisit Rogerium significando, qualiter totus populus Italiae et extra de introductione monetarum istarum doluisset, et quomodo ad famis afflictionem devenisset…9. Il passo, ai nostri fini, è interessante perché conferma che Ruggero decise nell’assemblea del 1140 il conio di più monete (monetas illas superius dictas introduceret), ma, sul piano più generale, è interessante anche per la notizia della riprovazione di papa Innocenzo II, di un provvedimento di politica monetaria emanato da un sovrano, perchè giudicato dannoso per ‘tutto il popolo d’Italia’ (Pontifex Innocentius ad Regem transmisit Rogerium significando qualiter totus populus Italiae et 9 Falcone di Benevento, op. cit., pp. 238-239: “Ora il re, dopo che ebbe introdotto, come ho raccontato, quelle famose monete, mandò a dire a Giovanni, suddiacono della Sede Romana, allora rettore di Benevento, ed ai cittadini beneventani, che le dovevano accettare anche nella loro città, ascoltando la qual cosa il rettore si addolorò profondamente. Infatti il rettore diceva che non poteva accogliere quelle monete senza il permesso di Sua Santità il papa, soprattutto perché la loro introduzione mirava a gettare tutta l’Italia nella rovina; alla fine il rettore decise di mettere al corrente il pontefice delle disposizioni del re, per sapere da lui che cosa bisognasse fare in quella circostanza. Allora papa Innocenzo, ascoltato tutto, si addolorò incredibilmente, ed era esterrefatto di fronte a quelle esecrande azioni di Ruggero. Allora subito inviò ai Beneventani sue missive di questo tenore: ‘Abbiamo saputo da voi, e da altri che ce ne riferivano veritieramente, quello che il re ha fatto e di quella sua invenzione delle monete. Per cui vi consigliamo caldamente di non spaventarvi, né di preoccuparvi, poiché son cose che passano e possono agevolmente essere accomodate. Noi, da parte Nostra, vegliamo continuamente sui vostri interessi’. Ricevute e lette queste lettere, rendemmo grazie, ed essendone rinfrancati tirammo un sospiro di sollievo. Fatto ciò papa Innocenzo fece sapere a Ruggero quanto tutto il popolo d’Italia, e quello di altre nazioni, si lagnassero dell’introduzione di quelle monete, e come stesse ormai per essere ridotto alla fame…” (con questo passo si conclude, incompiuta, la Cronica di Falcone).
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extra de introductione monetarum istarum doluisset et quomodo ad famis afflictionem devenisset). Sulla scia di Innocenzo II altri papi si ergeranno a paladini contro le politiche monetarie dei sovrani, ritenute dannose per i sudditi. Innocenzo III interverrà contro Pietro II d’Aragona per denunziare che il re aragonese aveva deciso, irrequisito assensu populi, di mantenere in circolazione una moneta del padre che era stata legitimo pondere defraudata. Con la decretale Quanto sanzionò infatti duramente il comportamento del re aragonese ‘essendo quella moneta a tal punto diminuita e resa di minor valore, da generare perciò grave scandalo nel popolo’10. Anche Gregorio IX, nella scomunica del 26 marzo 1239, tra le accuse rivolte a Federico, in linea con l’intervento innocenziano, includerà quella di falsario per aver ordinato una fortissima svalutazione, il 19 luglio 1238, durante l’assedio di Brescia. Anche alle innovazioni monetarie di Filippo il Bello non furono risparmiati i fulmini papali. Il re francese aveva emesso un nuovo tipo di moneta, un “doppio”, la cui percentuale di argento fino era appena superiore alla metà di quella del denaro ma, con atto d’imperio il valore del ‘doppio’ era stabilito in due denari11. Com’è noto, l’arbitrio del re francese alimentò il già aspro contenzioso con Bonifacio VIII e fu oggetto delle rampogne dantesche: ‘Lì si vedrà il duol che sovra Senna / Induce, falseggiando la moneta, / Quel che morrà di un colpo di cotenna’12. Chiarito il contesto e il senso politico delle decisioni di Ruggero in materia monetaria, occorre ora tentare 10 Gregorio IX, Decretales, II, 28, in Decretales D. Gregorii papae IX, suae integratati una cum glossis restitutae. Ad exlemplar Romanum diligenter recognitae, Editio ultima, Parisiis 1612, col. 757; Sul tema: P. Grossi, Ricerche sulle obbligazioni pecuniarie nel diritto comune, Milano 1960, p. 53 ss. 11 J. Favier, L’enigma di Filippo il Bello, tr. it., Roma 1982, p.165. 12 Paradiso, XIX, 118-121. Sul conflitto Filippo il Bello – Bonifacio VIII, oltre al già citato J. Favier, cfr. anche A. Paravicini Bagliani, Bonifacio VIII, Torino 2003 (particolarmente la Parte Settima, Fronteggiando Filippo il Bello, pp. 279-346).
di meglio comprenderne il contenuto specifico, in particolare occorre definire ed individuare il numero e la tipologia delle monete introdotte nell’occasione.
2. Ducatus Il primo autore che ha affrontato il tema della riforma monetaria del 1140 sembra essere stato Salvatore Fusco, agli inizi del diciannovesimo secolo in un’opera specifica (Dissertazione su una moneta del re Ruggeri detta Ducato, Napoli 1812). A lui si deve l’individuazione del ducato, di cui narra Falcone, in una ben nota moneta concava, ormai da tutti pacificamente classificata come tale. Della moneta diede la seguente interpretazione iconografica, poi avallata da tutti gli studiosi: Dritto: + IC XC RG / IN AETRN (AE in legamento). (Jesus Christus regnat in aeternum). Busto di Cristo Pantocrator, con il libro dei Vangeli nella mano sinistra. Rovescio: R DX AP / R R SLS / / AN / R / X (AP e AN in legamento) (Rogerius dux Apuliae, Rogerius rex Siciliae, anno regni X). Il re Ruggero a destra e suo figlio Ruggero duca di Puglia, tengono tra loro la doppia croce patriarcale, su lunga asta poggiata su tre gradini. Il re indossa la corona con pendenti e un loros gemmato, e tiene il globo crucigero sulla mano sinistra (la croce sul globo è sempre posta sotto la R, a formare la X per ReX); il duca indossa una corta tunica militare con piccolo mantello e berretto e tiene la spada nella mano destra. Il re è rappresentato frontalmente, il duca lateralmente. Un secolo dopo, Sambon, in uno specifico saggio sulla monetazione di Ruggero II, mostrò di non condividere le dure critiche di Falcone Beneventano all’introduzione del
Ducato di Ruggero II. (Riprendiamo le immagini, con relativa numerazione, da L. Travaini, La monetazione nell’Italia normanna, Roma 1995, tav. 14, n. 241).
ducato: Una delle osservazioni di Falcone è facilmente oppugnata. E mi fa senso che i nummografi, prima di far plauso alle accuse di quel cronista, non abbiano avuto ricorso al saggio della moneta. Falcone dice che il ducato conteneva assai più rame che argento: magis magisque erea quam argentea probata tenebatur; in quella vece ripetuti saggi del ducale hanno dato 566/1000, 563/1000, 508/1000, di fino ed alcuni saggi della tercia ducalis 500/1000. Dovunque, in Italia e nel resto d’Europa, nella prima metà del XII secolo, la moneta di argento andava rapidamente peggiorando [….] La moneta di Ruggiero non era dunque di lega inferiore a quella delle migliori monete coniate in quel torno in Italia, e altrove13. Secondo Sambon, inoltre, il ducato fu coniato a Palermo ed ebbe corso nell’intero Regno come moneta universale e moneta fiscale. Ruggero, perciò, abolì nel 1140 tutte le monete del continente tranne i follari di Salerno, che però non dovevano uscire dalla regione14. Andando in contrario avviso rispetto a Sambon, Magli ha, invece, attribuito la coniazione del ducato alla zecca di Bari e ritenuto che esso fu destinato a sostituire il miliarese bizantino15. Lucia Travaini, autrice di una fondamentale opera sulla monetazione normanna nell’Italia meridionale, specificamente analizzando i 61 ducati della collezione di Vittorio Emanuele III, ha potuto mostrare che in media il loro contenuto di argento è poco più del 50 % (‘un ducale pesa teoricamente g. 2,80, con peso in fino di circa g. 1,5’16). Nonostante che la lega non fosse quindi qualitativamente inferiore rispetto a quella delle monete del tempo, Travaini dà però una convincente spiegazione del catastrofismo di Falcone nell’annunciare la notizia dell’introduzione della nuova moneta: tenuto conto che il ducato era valutato otto vecchie romesine e che la romesina di cui parla Falcone in realtà era il denaro di Rouen (diffusamente circolante nel Mezzogiorno fino al 1140)17, il cui contenuto di fino era di circa g. 0,35, ne consegue che otto romesine/denari di Rouen, cumulativamente, avevano un contenuto di g. 2,8 13 A. Sambon, Monetazione di Ruggiero II Re di Sicilia (1130-1154), in «Rivista Italiana di Numismatica e Scienze Affini», XXIV (1911), pp. 451- 452. 14 A. Sambon, op. cit., p. 457. 15 G. Magli, La zecca di Bari durante la dominazione normanna, 1946, pagina web http://emeroteca.provincia.brindisi.it/Japigia/1946/Articoli/fascicolo%201/ La%20Zecca%20di%20Bari1946.pdf. 16 L. Travaini, La monetazione nell’Italia normanna, Roma 1995, p. 299. 17 Sull’identificazione della romesina con il denaro di Rouen, documentata motivazione in L. Travaini, La monetazione, op. cit., pp. 297 e ss., che in tal senso rivede sue precedenti valutazioni (L. Travaini, La riforma monetaria di Ruggero II e la circolazione minuta in Italia meridionale tra X e XII secolo, in «Rivista Italiana di Numismatica e Scienze Affini», LXXXIII (1981), p. 145, nota 64).
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di argento fino, quindi più che doppio rispetto a quello di un ducato, fermo invece a g. 1,5 (circostanza, quindi, tale da giustificare ampiamente i malumori riportati da Falcone). Secondo Travaini, inoltre, il conio del ducato molto probabilmente avvenne nella zecca di Palermo, anche se la sua circolazione allo stato è attestata prevalentemente in Puglia, a partire dal 114018, a conferma di quanto già rilevato da Von Falkenhausen e Martin (ma il rinvenimento di un ducato in un tesoretto in Alife del 1995, oggetto di studio di Travaini19, molto probabilmente ne testimonia la circolazione anche nel Principato di Capua20). Più recentemente Ruga, disquisendo sulla monetazione nella Calabria Normanna, ha osservato come nella documentazione d’archivio del periodo compreso tra Ruggero II e Tancredi tutte le indicazioni sono espresse in tarì. [….] Non compare mai la moneta d’argento (il ducalis) [….] l’immagine che emerge dai documenti, pur in presenza di un mercato realmente vivace, è falsata, dandoci l’impressione di un uso parsimonioso della moneta reale di valore medio o basso21. Abbiamo ritenuto necessario offrire questa succinta panoramica delle più significative opinioni intorno al ducato perchè, allo stato, non può ancora dirsi tutto pacifico intorno a tale moneta. Aperta resta infatti la questione dell’ambito di circolazione del ducato e conseguentemente quella della sua valenza di moneta a validità generale o territorialmente circoscritta. Causa prima, come generalmente avviene per ogni aspetto della vita medievale, è l’esiguità di fonti disponibili. I rinvenimenti e le menzioni del ducato in atti e documenti - stante l’assoluta loro esiguità attuale - sono tali da non offrire certezze. Sul punto, l’unica certezza, come già ampiamente rilevato in premessa, è quella desumibile dal contesto in cui maturò la decisione di coniare la moneta. Esso dice infatti dell’enfasi maiestatica impressa 18 L. Travaini, La monetazione, op. cit., pp. 216-217: “Diverso successo è registrato nel beneventano, dove si continuavano ad usare denari d’argento settentrionali, affiancati tuttavia ai tarì di Amalfi e Salerno. Lo scarso successo del ducale nell’area di Benevento coincide con l’aspro giudizio di Falcone, e sembra indicare in quella regione una già radicata area del denaro argenteo…. Non vi sono finora dati precisi su rinvenimenti di ducali, ma la provenienza di alcuni esemplari nella collezione di Vittorio Emanuele III conferma la circolazione in Puglia: il re ne ricevette in dono tre esemplari di Ruggero II da Bitonto, uno di Guglielmo I da Barletta”. 19 L. Travaini, Provisini di Champagne nel Regno di Sicilia: problemi di datazione in «Revue numismatique», 154 (1999), pp. 211–229. 20 Allo stato attuale dei ritrovamenti monetali, questo risulta essere l’unico ritrovamento documentato con certezza di un ducale di Ruggero II. 21 A. Ruga, La moneta nella Calabria Normanna: produzione e circolazione in I Normanni in finibus Calabriae, a cura di F. A. Cuteri, Soveria Mannella 2003, pp. 174-175.
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da Ruggero all’avvenimento: edificare il nuovo Regno su nuove leggi e nuove monete, come fondamentali strumenti di unificazione di una realtà profondamente diversificata. Appare davvero poco credibile che Ruggero - dopo dieci anni di tribolazioni per rendere effettivo il dominio sull’intero territorio del Regno da lui fondato, davanti ai proceres di tutte le terre del Regno, dalla Sicilia al Tronto, convocati per dare senso solenne all’unità tanto soffertamente perseguita – desse poi un così vistoso segnale di smembramento, decidendo proprio in quella sede di introdurre una moneta per il solo Ducato di Puglia, dando corpo ad una sorta di « sistema comitale » e sancendo un ritorno alla logica del « particolarismo baronale »22. A dar forza invece all’idea di moneta a valenza generale, in piena aderenza alle insuperabili ragioni della sua introduzione e al contesto in cui ciò avvenne, v’è poi il dato della zecca da cui – ormai per generale convincimento - uscì la nuova moneta: significativamente quella regia di Palermo. La solennità dell’emissione, infatti, non avrebbe potuto far ricadere la scelta se non sulla zecca della capitale del Regno23. A ciò si aggiunga infine quanto dice Falcone che, dando notizia nel noto passo dell’introduzione del ducato, qualifica la decisione come ‘provvedimento terribile, veramente da aborrirsi da parte di tutta l’Italia’ e quando dice nell’altro passo, meno noto, a proposito delle lamentele del papa: … papa Innocenzo fece sapere a Ruggero quanto tutto il popolo d’Italia, e quello di altre nazioni, si lagnassero dell’introduzione di quelle monete… Ora - pur con tutte le difficoltà a penetrare nel reale significato che Falcone ha inteso attribuire alla parola “Italia”, da lui due volte citata - attenendosi alle fonti coeve, per “Italia” dovrebbe intendersi l’intera realtà peninsulare e che “Puglia”, nell’uso corrente, fosse spesso sinonimo di “Italia”24. Al tema, Pietro Giannone, con la consueta
22 Pispisa usa entrambe le espressioni per descrivere il processo disgregativo nel tramonto della potenza sveva, ma esse ben si attagliano anche a tutte le fasi della vita del Regno, ciclicamente segnate dal prevalere delle spinte centrifughe (E. Pispisa, Il Regno di Manfredi. Proposte di interpretazione, Messina 1991, pp. 43-44). 23 A sostegno di tale tesi Travaini rileva che la tercia ducalis, frazione del ducale, “secondo la tradizione islamica, porta il nome di zecca: Palermo” (L. Travaini, La monetazione, op. cit., p. 211). 24 Giannone, citando varie fonti, aggiunge: “Perciò intitolandosi Ruggiero Rex Apuliae, non della Puglia presa nel suo stretto e vero senso deve intendersi, ma di tutto ciò che ora forma il nostro regno…onde si fece che a Ruggiero riuscisse meglio chiamarsi re d’Italia che di Puglia, così, per essere un titolo più sublime e spezioso, risorgendo nella sua persona quello de’ re d’Italia, del quale se n’erano fregiati i Goti ed i Longobardi, come anche perché sopra la Puglia non ritrovava questo titolo di re, siccome lo trovò sopra la Sicilia” (P. Giannone, Istoria civile del
acribia, ha dedicato molte pagine in quel monumento storiografico che è la sua Istoria del Regno di Napoli (pubblicata nel 1723), prospettando la tesi dell’esistenza di due regni separati, quello di Sicilia e quello “d’Italia ovvero di Puglia” - con due capitali distinte, Palermo e Salerno uniti nella persona di uno stesso re, e se tra le nostre antiche memorie non abbiamo che Ruggiero avesse mandato nel regno di Puglia alcun vicerè… ciò non fu per altro, se non perché egli e’ due Guglielmi suoi successori solevano molto spesso in Salerno venire ed anche perché il lor costume era di creare i figliuoli o duchi di Puglia, o principi di Capua o di Taranto ed a’ medesimi commettere il governo de’ ducati o principati25. La tesi giannoniana, pur non avendo avuto seguito nella sua radicalità, ha però molto confortato la tesi della distinzione, nell’organizzazione burocratica e finanziaria del Regno, tra le parti insulare e peninsulare, come retaggio delle diverse modalità di acquisizione del potere da parte dei conquistatori normanni26. Volendo quindi dar peso, anche in relazione al nostro tema, al dato di fatto di tale distinzione, si dovrebbe, al più, ritenere che il ducato e le altre monete introdotte con la riforma del 1140 dovessero aver corso nell’intera parte peninsulare del Regno. Ma lo stesso Giannone, pur sostenendo la tesi dei “due” regni, a proposito delle Assise di Ariano, ammette che Ruggero volle ‘che quelle leggi s’osservassero in tutti e due questi reami, e fossero comuni ad ambedue’27, giungendo alla stessa conclusione per le monete introdotte contestualmente alle nuove leggi28. La tesi del ducato come moneta a valenza regionalmente limitata29 è stata certamente influenzata dalla sua stessa denominazione. Ma un tale dato, oltre a non avere la forza di incrinare le ragioni politico-istituzionali fin qui addotte, può forse trovare una spiegazione proprio all’interno delle vicende politiche del tempo. Ruggero, appena nel luglio dell’anno precedente, aveva chiuso la decennale contesa con Innocenzo II. Da vincitore sul piano militare, aveva comunque dovuto elemosinare un’udienza al Regno di Napoli, IV, Milano 1823, pp. 267-268). 25 Ibidem, p. 269. 26 Alla possibile incidenza di tale distinzione sulla monetazione accenna Travaini (L. Travaini, La monetazione, op. cit., p. 1). Su tale distinzione da ultimo: Martin Cuozzo (J. M. Martin – E. Cuozzo, Federico II. Le tre capitali del regno. Palermo - Foggia - Napoli, Napoli 1995, p. 100 ss.). 27 P. Giannone, Istoria civile, op. cit., p. 272. 28 Ibidem, p. 273. 29 Sostenuta, per esempio, con tutta la sua autorevolezza, da Martin (J. M. Martin, Le monete d’argento nell’Italia meridionale del sec. XII secondo i documenti d’archivio, in «Bollettino di Numismatica», 6-7, Gennaio-dicembre 1986, p. 89 ss.).
papa, suo prigioniero, per sancire il suo pieno rientro nella communitas christiana. Innocenzo II, nelle nuove intese, pur non potendo ignorare e misconoscere la presenza del Regno unitario, puntigliosamente fece di tutto per evitare la menzione del ‘Regno scismatico’30, del Regno cioè nato dall’investitura dell’antipapa Anacleto, e, ricevendo finalmente Ruggero II con i due figli Ruggero e Anfuso, volle dare loro ‘l’investitura con tre vessilli, al re per la Sicilia, al duca Ruggero per la Puglia e ad Anfuso per Capua’31. E Ruggero, ‘freddo e calcolatore, che disprezzava la trionfante soddisfazione della vendetta, se il piacere di un momemento avesse messo in pericolo il successo futuro’32, assecondò in tutto il papa nelle sue effimere pretese di prigioniero che detta le condizioni al carceriere vincitore. Accettò che nominalmente non esistesse più il “Regno di Sicilia e di Puglia” e che nominalmente la sua monarchia fosse la sommatoria delle parti distinte che la componevano: il Regno di Sicilia (di cui Innocenzo II volle artificiosamente sottolineare una preesistenza antica, pur di disconoscere l’investitura del suo rivale Anacleto), il Ducato di Puglia e il Principato di Capua. « Il titolo regio recitò nella nuova formula del 1139: ‘re di Sicila, del Ducato di Puglia e del Principato di Capua’ »33. La dizione così introdotta, nata da contingenti ragioni di opportunità politica, finì poi per restare come dato puramente nominale. Alla luce di quanto detto, non c’è da stupirsi se Ruggero abbia voluto appellare la nuova moneta “ducato”. Verosimilmente ciò avvenne, ad un tempo, per continuare a dar risalto alla finzione, cara al papa, delle parti separate del Regno; per omaggiare nominalmente nella nuova moneta il nucleo originario dei possedimenti normanni in Italia e per omaggiare, infine, il suo primogenito ed erede al trono che si fregiava del titolo di duca di quelle terre.
3. Tres follares Subito dopo aver dato la notizia, in sé priva di difficoltà interpretative, dell’introduzione del ducato, la cronaca contiene un altro passo, la cui interpretazione, invece, ha acceso dispute mai sopite: induxit etiam tres follares ereos romesinam unam appretiatos. De quibus orribilibus monetis totus Italicus populus paupertati et miseriae positus est, et oppressus; et 30 E. Caspar, Ruggero II e la fondazione della monarchia normanna di Sicilia, tr. it., Roma-Bari 1999, p. 212. 31 Ibidem, p. 211. 32 Ivi, p. 211. 33 Ibidem, p. 212.
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de regis illius actibus mortiferis mortem et depositionem regni optabat34.
di Engel: ‘Falcone di Benevento menziona i follari di Ruggiero Re, dei quali tre componevano una romesina’39.
1. Sul punto l’interpretazione di Fusco non risulta particolarmente chiara:
Arturo Sambon, a sua volta, così si esprime sul tema:
il tre-follari, e tal esser dovette ancora il valore di ognuna delle abolite romesine35. Or se i nostri tre-follari corrispondevano a tre de’semplici folli, va a risultarne, che il Ducato di Ruggieri, che costava di otto tre-follari, veniva a rappresentare ventiquattro folli, e quindi era uguale al migliarese di argento, che pur ventiquattro folli di rame valeva”36. Fusco - mentre inizialmente lascia intendere di interpretare l’espressione tres follares ereos, come riferita ad una singola moneta (“il trifollaro”, espressione che egli è il primo a usare: ‘il tre-follari si ragguagliava a tre de folli suddetti’) - subito dopo parla invece al plurale de “i trefollari”. Meno oscuro, Bianchini commenta il passo controverso nel senso di ritenere che Ruggero, con la riforma del 1140, avesse introdotto oltre al ducato, una seconda moneta, chiamata trifollaro: improntò poi in puro rame lo stesso Ruggieri il tre-follaro eguale nel valore ad una romesina; quindi ogni ducato partivasi in ventiquattro follari. E poichè ogni tre-follari uguagliavansi alla romesina valevan la secentesima parte dell’oncia di oro, o sia un grano, e quindi dell’oncia ne avea il ducato otto grani ovvero otto secentesime parti37. Interptretazione antitetica viene, invece, da Arthur Engel. Per il numismatico francese Ruggero avrebbe introdotto, oltre al ducato, tre altre monete, follari, tra loro simili, individuandoli in tre esemplari riprodotti in Appendice al suo studio38. Foresio, pochi anni dopo, si allinea all’opinione 34 Falcone di Benevento, op. cit., p. 234: “Introdusse anche tre follari di bronzo, del valore di una romesina. A causa di queste terribili monete tutto il popolo d’Italia si trovò oppresso ed esposto al pericolo della povertà e della miseria; e tutti si auguravano per quelle nefaste disposizioni la morte e la deposizione del re”. 35 In nota aggiunge Fusco: “non son d’accordo gli scrittori, se le romesine fossero state monete romane, o pur de’ greci Imperatori, la maggior parte di loro però conviene che abbiano a mettersi nella classe delle picciole e tenui monete, ma niuno di essi ne ha fissato il valore: si è disputato pure se erano o no di argento, di che a me sembra che non abbia a dubitarsi” (S. Fusco, Dissertazione su una moneta del re Ruggeri detta Ducato, Napoli 1812, p. 34 nota n. 3). 36 Ibidem, pp. 34-35. 37 L. Bianchini, Della storia delle Finanze del Regno di Napoli del Cav. Lodovico Bianchini, I, Palermo 1839, p. 55. 38 A. Engel, Recerches sur la numismatique et la sigillographie des Normandes de Sicile et d’Italie, Paris 1882, p. 69: «On sait que ces follares furent émis en mm ề e temps que le ducat, probablement dans le mềme atelier et en vertu de la mm ề e ordonnance; on peut donc raisonnablement supposer qu’ils s’en rapprochent en quelque façon, par leur style et par leur type; d’autre part, l’étude des poids devrait aussi aider à le dis-
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Falcone ci dice: Induxit autem tres follares aereos romesinam unam appretiatos. La frase disgraziatamente è di senso ambiguo e alcuni hanno inteso moneta di tre follari valutata una romesina; altri tre diversi follari valutati una romesina i tre, altri tre follari valutati ognuno una romesina. Probabilmente si deve intendere che Ruggiero al valore della romesina abolita di tipo vario sostituì quello di follari con impronta regia40. Successivamente, il numismatico francese specifica che i follari recanti l’iscrizione “R II” sarebbero stati battuti nel 1140 ‘per aver corso in tutto il Regno’41. Un anno dopo gli studi di Sambon, Riccardo Filangieri di Candida, sostanzialmente aderendo alle tesi di Engel, esprime il convincimento che Ruggero II avesse fatto coniare tre tipi di follari del valore ciascuno di una romesina42. Adesione alla tesi di Engel - dell’introduzione cioè, oltre che del ducato, di tre diversi follari – è venuta tinguer. Malheureusement, on sait que sous les Normands, comme sous les empereus byzantins, ces poids, pour les monnaies de cuivre, variaient souvent du simple au double, et cette circostance rendra la dètermination des follares assez conjecturale. Je crois néanmoins les retrouver dans les trois pièces gravées pl. VI, 28, 29 et 30, les plus lourdes de tous les cuivres du roi Roger, et les seules qui aient avec le ducat des analogies de type assez sensibles. Ces monnaies ayant déjà été décrites ailleurs, je n’y reviendrai pas». 39 G. Foresio, Le monete delle zecche di Salerno, Salerno 1891-1893, rist. anast, Salerno 1988, I, p. 11. Analizzando poi gli esemplari individuati da Engel, Foresio aggiunge: «Questa moneta e le due che seguono, l’Engel è di opinione, che siano appunto i tre follari, che ricorda il Cron. Beneventano Falcone, tra noi introdotti dal Re Ruggiero, al tempo della coniazione della nuova moneta, detta Ducato, su descritta; e che siano della stessa zecca del Ducato per la somiglianza di stile e di conio. In verità, parmi giusto il giudizio, ma ritengo che il Ducato e i tre follari siano, non di Brindisi, ma di Sicilia. Più, che i detti follari siano di più antica coniazione, che il Ducato, per la legg. R II; e che in questa occasione si fossero fatti riconiare in gran numero, per spargerli più abbondantemente nella Sicilia, e nel nostro continente» (G. Foresio, Le monete, cit., II, p. 20). 40 A. Sambon, Monetazione di Ruggiero II Re di Sicilia (1130-1154), in «Rivista Italiana di Numismatica e Scienze Affini », XXIV (1911), p. 460. Aggiungeva inoltre: «Egli, forse prima del 1130, aveva coniato in Sicilia o in Calabria i seguenti trifollari di rame, di gr. 10 a 11. Trifollaro. D/ R II Ruggiero seduto in trono. R/ CESV Busto del Redentore. (Rame, forma concava convessa) Lo stesso tipo ripetevasi su tondini di peso minore, corrispondenti al doppio follaro o al follaro. Di lui ancora si avevano le seguenti monete: D/ R II Figura del re in piedi. R/ Croce e le sigle IC XC NI KA. (Rame, gr. 4,20) Ma è da notare che tutte le monete di rame di Ruggiero, che si possono con sicurezza attribuire dopo il 1140, non oltrepassano il peso di 3 grammi”. 41 G. Sambon, Repertorio generale delle monete coniate in Italia e da Italiani all’estero dal sec. V al XX, periodo dal 476 al 1266, Parigi 1912, p. 159. 42 R. Filangieri di Candida, Notizie sulle monete in uso nella Puglia dal secolo X al XII tratte dalle carte pagensi del tempo, in «Supplemento all’opera Le monete del reame delle due Sicilie da Carlo I d’Angiò a Vittorio Emanuele II», a cura di M. Cagiati, a. III, fasc. 5-7 (maggio-luglio 1913), p. 26.
anche da Magli: indipendentemente dagli apprezzamenti del cronista, dettati probabilmente da spirito di partigiana avversione, sta il fatto che importanti innovazioni vennero introdotte da Ruggero II nel sistema monetario allora esistente, quali: la messa in circolazione di una nuova moneta d’argento ch’egli chiamò ducato destinata a sostituire il miliarese bizantino; la abolizione delle ‘romesine’ e in genere delle antiche monete di rame; la introduzione di ‘follari’ di modulo e peso costanti43. Libero Mangieri, in uno studio del 1995, ha prospettato la tesi secondo cui non sarebbero stati introdotti né tre diversi follari, né un trifollaro, perchè ‘il periodo va letto nel senso che il sovrano introdusse un nuovo rapporto per cui una ramesina (cioè il follaro bizantino) equivaleva a tre follari salernitani’44. Lucia Travaini – che, sposando la tesi di Philip Grierson45, ha identificato la romesina di cui parla Falcone, nel denaro argenteo di Rouen – ha contestato che il passo del cronista beneventano debba intendersi nel senso che ciascuno dei tres follares introdotti da Ruggero valesse una romesina, sostenendo che debba intendersi, invece, nel senso che tre follari valessero una romesina. La studiosa italiana ha confermato tale tesi, anche in una fondamentale opera sulle monete medievali dell’Italia meridionale scritta con lo stesso Grierson46. Da ultimo va segnalata la tesi di Giuseppe Ruotolo47 che ha identificato le ramesine con delle monete di rame pugliesi e ha interpretato il passo di Falcone nel senso che otto grandi monete in rame equivalevano ad un ducato e tre piccoli follari riformati (monetine in rame pugliesi) ad una ramesina. La panoramica della letteratura fin qui esposta, ancor più di quella sul ducato, ha mostrato significative divergenze tra i numismatici, non facilmente superabili, soprattutto in mancanza di oggettivi elementi esterni di riscontro. 2. Premessa la condivisione della tesi di Lucia Travaini sulla identificazione della romesina nel denaro argenteo di Rouen e scartata, perché priva di riscontri e nettamente minoritaria in dottrina, la tesi secondo cui Ruggero avrebbe 43 G. Magli, La zecca di Bari durante la dominazione normanna, 1946, p. 10, pagina web http://emeroteca.provincia.brindisi.it/Japigia/1946/Articoli/fascicolo%201/La%20Zecca%20di%20Bari1946.pdf. 44 G. Libero Mangieri, Badia di Cava dei Tirreni. La collezione numismatica Foresio. Periodo medievale: Salerno, Roma 1995, p. 40. 45 P. Grierson, Monnaies du Moyen Age, Fribourg 1976, pp. 109, 137, 144. 46 P. Grierson - L. Travaini, Medieval European Coinage. With a catalogue of the coins in the Fitzwilliam Museum, Cambridge. 14. Italy (III) (South Italy, Sicily, Sardinia), Cambridge 1998. 47 G. Ruotolo, La monetazione normanna anteriore all’istituzione del Regno di Sicilia, in La monetazione della Daunia. Le monete Normanne dell’Italia Meridionale. Atti del 1° Congresso di Numismatica, Bari 21-22 Novembre 2008), Bari 2009 (La monetazione pugliese dall’età classica al Medioevo, I, p. 204.
introdotto oltre al ducato un’altra moneta denominata “trifollaro”, resta aperta la questione se Falcone abbia inteso dire che ciascuno dei tre nuovi follari singolarmente valesse una romesina o se, al contrario, che i tre nuovi follari, insieme, valessero una romesina. La prima ipotesi possiamo ascriverla ad Engel (e Sambon48) che, a sostegno, individua i tre nuovi follari in tre monete di peso e dimensioni particolarmente consistenti, a suo avviso battuti nel 1140 (« les plus lourdes de tous les cuivres du roi Roger, et les seules qui aient avec le ducat des analogies de type assez sensibles »49). Tali follari dai più sono però attribuiti al periodo ducale perché recanti la dicitura R II. Oltre alla somiglianza di stile e di conio con il ducato (molti esemplari sono di forma concava), l’iconografia di queste monete è chiara e non lascia spazio a dubbi sulla solennità delle emissioni. Ruggero è rappresentato con gli abiti e i simboli tipici della dignità imperiale di tradizione bizantina: loros, corona, croce astile e globo crucigero. I tre tipi di follaro messinesi50 hanno un peso e un’iconografia unica nel loro genere, tale da differenziarsi nettamente rispetto a tutti gli altri follari circolanti sul continente (che avevano un peso minore e costante rispetto alle su citate monete). I rinvenimenti dei follari in questione al momento censiti sono i seguenti: Follaro concavo con al D/ Ruggero in trono e al R/ Busto di Cristo tra CESSV (S rovesciata): uno a Brucato (PA)51, due a Tropea(VV)52,unoaSantaSeverina(KR)53,unoaMilazzo(ME)54. Follaro con al D/ il sovrano in piedi diademato e al R/ Cristo in trono: uno a Gallico Marina (RC)55, uno a Grotteria (RC)56, uno a Reggio Calabria57. 48 G. Sambon, Repertorio generale, op. cit., p. 159. 49 A. Engel, Recerches, op. cit., p. 69. 50 Questi follari, tuttavia, potrebbero essere stati battuti dalla stessa zecca del ducato e della tercia ducalis: Palermo. Questa ipotesi potrebbe trovare fondamento anche dalla forma concava (come il ducato) di alcuni di essi. 51 G. Bresc-Bautier, Les monnaies, in Brucato, Historie et archéology d’un abitat medieval en Sicilie, Roma 1984 (Collectione l’École Française de Rome, 78), p. 484; L. Travaini, La monetazione, op. cit., p. 378. 52 F. Barello, Riflessioni sulle monete dagli scavi di Gerace e Tropea, Roma 1998 (Mélanges de l’École française de Rome, 110, 1), p. 426; E. A. Arslan, Ancora sulla circolazione della moneta in rame nella Calabria di X-XIII sec., in Società e insediamento in Italia Meridionale nell’età dei Normanni, Actes du sèminare de Roccelletta di Borgia, 12-13 novembre 1994, Roma 1998 (Mélanges de l’École française de Rome, 110, 1), p. 372. 53 E. A. Arslan, art. cit., p. 372. 54 Attualmente conservato presso il Museo della Civiltà Normanna di Ariano Irpino. 55 G. Guzzetta, Per la Calabria bizantina: primo censimento dei dati numismatici, in Calabria bizantina. Istituzioni civili e topografia storica, Reggio Calabria 1986, p. 263; E. A. Arslan, Ancora sulla circolazione, art. cit., p. 372. 56 E. A. Arslan, art. cit., p. 372. 57 G. Guzzetta, Per la Calabria bizantina, art. cit., p. 265; E. A. Arslan, Ancora sulla circolazione, art. cit., p. 372.
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I tre follari sopra descritti (riprendiamo le immagini, con relativa numerazione, da L. Travaini, La monetazione, op. cit., tav. 11, nn. 174-176).
Follaro con al D/ il sovrano diademato e al R/ Croce e legenda IC XC NI KA: tre ad Atene e tre a Corinto58, due a Tropea (VV)59. Questi pur limitati ritrovamenti, allo stato, documentano quindi una diffusione significativamente ampia: Sicilia, Calabria e Grecia. La seconda ipotesi, che cioè i tre nuovi follari, insieme, valessero una romesina è sostenuta da ultimo, con particolare dovizia di argomenti, da Travaini che, senza però specificarli, si sofferma tuttavia sulla « emissione siciliana di rame subito posteriore alla riforma », descrivendo in particolare questo follaro messinese del 1141-42: Questi follari, somiglianti alle terciae ducales, hanno anche impressa la data araba (536 Egira) corrispondente all’anno 1141-2. Allo stato delle nostre conoscenze bisogna convenire che resta altamente problematica l’interpretazione del passo di Falcone (il valore della romesina pari a quello di ciascuno dei tre nuovi follari o a quello dei tre nuovi follari insieme) e conseguentemente l’individuazione dei tre follari. Entrambe le tesi fin qui prospettate sono sorrette da ragionevoli argomenti. Engel, fautore della prima tesi, 58 L. Travaini, La monetazione, op. cit., p. 386. 59 F. Barello, Riflessioni sulle monete, art. cit., p. 426.
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Follari della zecca di Messina con al dritto legenda cufica su tre righe: bi-‘l-amr al-maliki duriba (battuta per l’ordine regnante); al rovescio legenda cufica circolare: duriba bi-Masina sanat 536 (in lettere); (battuta a Messina nell’anno 536); nel campo, croce, semplice [243] o accantonata da globetti [244]. (Riprendiamo le immagini, con relativa numerazione, da L. Travaini, La monetazione, op. cit., tav. 14, nn. 243-244).
coerentemente individua i tre follari nei tre tipi di gran peso e dimensione e di grande valenza simbolica, innanzi descritti (anche dal punto di vista tecnico questi follari sono di particolare pregio, come evidenzia la stessa Travaini: « si può dire che la coniazione di monete di rame di simili dimensioni e spessore, e quindi durezza, necessitasse di grande sforzo ed abilità »). Travaini, fautrice della seconda tesi, altrettanto coerentemente individua invece i follari di cui parla Falcone in tre più piccole monete (‘i nuovi follari di Ruggero II, battuti sia a Messina che a Salerno, pesano circa g. 1,5-2 ; essi sono stati variamente definiti dai numismatici, come frazioni di follaro, mezzi follari, quarti di follaro, decanummi o pentanummi; mi sembra tuttavia che le monete di rame del 1140 possano essere denominate follari: tre dei quali avevano il valore di una delle abolite romesine’60). Nell’assoluta mancanza di certezze, l’individuazione dei follari della riforma nelle tre grandi monete innanzi descritte - dalla forte valenza simbolica e dalla forma concava così singolarmente simile a quella del ducato - potrebbe avere una qualche attendibilità. La principale obiezione a tale tesi, legata al fatto che la legenda R II (Ruggero II) imporrebbe la 60 L. Travaini, La monetazione, op. cit., p. 299.
datazione al periodo ducale (1127-1130)61, e quindi a prima dell’investitura regia, non sembra irresistibile. Nulla infatti specificamente prova che quella legenda sia esclusiva del periodo ducale. Al contrario, va richiamata la mai contestata tradizione storiografica che ha sempre individuato il primo re del regno di Sicilia come Ruggero II.
Tercia ducalis. Dritto: al centro legenda cufica su due righe: bi-madinat Siqilliyyah (nella città di Sicilia, cioè Palermo); legenda circolare esterna cufica: duriba sanata (535-538 Egira – 1141-43). In basso globetto.
4. Tercia Ducalis e Tarì
Rovescio: croce con estremità forcate e ornate di globetti entro un cerchio lineare. Intorno: + Tercia Dvcalis.
Pur in mancanza di riscontri diretti, è ormai opinione condivisa che nel 1140 Ruggero realizzò una riforma monetaria di più vasta portata di quella descritta da Falcone. Insieme al ducato e ai follari, la riforma probabilmente introdusse anche un’altra moneta pari alla terza parte del ducato (tercia ducalis62) ed un nuovo tipo di tarì.La tercia ducalis non è menzionata nella cronaca di Falcone, ma la sua introduzione nell’ambito della riforma del 1140 si può desumere dal fatto che gli esemplari noti di questi sottomultipli del ducato recano come data di emissione anni immediatamente successivi al 1140, con legenda cufica al dritto e legenda latina al rovescio, e indicano come zecca di provenienza quella di Palermo. Per quel che riguarda i rinvenimenti di terciae ducales, ad oggi sono noti solo due ripostigli. Il primo, occultato verso la fine del XII secolo, è stato scoperto nel 1971 a Montescaglioso (Ma)63 ed è composto da 876 monete, tra cui numerosissimi denari di diversa provenienza e 81 terciae ducales. Il secondo, anch’esso occultato nello stesso periodo64, scoperto nel 1995 in un mausoleo di età romana di Alife (CE), conta di quattro terciae ducales, un ducato65 e molte altre monete (prevalentemente denari “stranieri”). Un ritrovamento isolato sarebbe poi avvenuto anche a Messina66. La sua circolazione, anche alla luce dei ritrovamenti, fu estesa a tutto il Regno, come sostengono Grierson-Travaini, (‘while the ducalis was intended to circulate on the mainland only, the fraction was used in the whole Regno’67), che invece, non riconoscono la stessa condizione per il ducato. Sembra ormai certo, infine, che nell’ambito della riforma sia stato introdotto anche un nuovo tipo di tarì (recante 61 R. Spahr, Le monete siciliane dai bizantini a Carlo I d’Angiò (582 – 1282), Zurich-Graz 1976, pp. 149-150. 62 La moneta, dal peso medio di 0,8 gr. aveva un contenuto di fino di circa il 50% di argento (simile a quello del ducale). L. Travaini, La monetazione, op. cit., p. 220. 63 A. Curtotti, Il tesoro di Montescaglioso (Matera), in «Bollettino Storico della Basilicata», 5 (1989), pp. 181-191. 64 L. Travaini, Provisini di Champagne, art. cit., pp. 211–229. 65 Allo stato attuale dei ritrovamenti monetali, questo risulta essere l’unico ritrovamento documentato con certezza di un ducale di Ruggero II. 66 P. Grierson - L. Travaini, Medieval European Coinage, op. cit., p. 403. 67 Ibidem, p. 121.
(Riprendiamo le immagini, con relativa numerazione, da L. Travaini, La monetazione, op. cit., tav. 14, n. 242.A).
una croce astile e legenda cufica circolare invece che su righe orizzontali) e che si sia proceduto anche ad una riorganizzazione delle zecche68. Sui nuovi tarì sarà indicata la data (in arabo, a partire dal 535 Egira, 1140-41) e il nome della zecca di appartenenza (Messina o Palermo). I nuovi tarì, a differenza di quelli continentali delle zecche di Salerno e Amalfi che circolavano a numero, venivano spesi a peso e sembra che, almeno fino alla fine del regno di Guglielmo I, seguirono lo standard fatimita di 1,05 gr. (nel regno vigeva un sistema unitario basato sull’oncia di 30 tarì siciliani e sul tarì di 20 grani). I nuovi tarì (circolanti in tutto il Regno), che avevano un contenuto aureo di sedici carati, divennero il perno dell’economia della monarchia e il solido di quattro tarì divenne la principale moneta di conto.
5. Dalle enunciazioni alla reale circolazione delle monete Si è detto di una tesi sulla valenza limitatamente regionale delle nuove monete. Per il ducato si è rilevato che la documentazione disponibile attesta una diffusione prevalentemente in un ambito regionale, tanto da essere definito moneta essenzialmente pugliese. Ma la tesi, oltre a confliggere con le considerazioni storico-politiche rappresentate in apertura di questo saggio, difficilmente si concilia anche con il fatto che il ducato quasi certamente fu coniato nella zecca di Palermo. Quanto ai tre follari, i rinvenimenti stessi mostrano invece una loro circolazione più ampia, certamente documentata per Calabria, Sicilia e Grecia. In conclusione, sembra difficilmente confutabile che l’introduzione del “ducato”, dei “follari”, della “tercia ducalis” e dei “tarì” rispondesse, almeno nelle intenzioni del re, alla stessa logica della promulgazione delle Assise: compiere i primi, significativi passi per unificare nei fatti il neonato Regno 68 L. Travaini, La monetazione, op. cit. p. 61.
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e affermare concretamente la pienezza del potere centrale del re. E strumenti di questa strategia erano appunto le nuove leggi valide per tutti (che si sovrapponevano a consuetudini e diritti particolari, senza annullarli e comprimerli, se compatibili con esse) e le nuove monete che egli introdusse perché fossero il segno di questa volontà unificatrice anche nel variegatissimo sistema monetario presente nel Regno. Minori certezze abbiamo invece su quanto di quelle intenzioni si sia realizzato nella concretezza della vita del Regno, sull’instaurazione cioè di un reale sistema monetario unitario e sull’abolizione, pur con talune eccezioni, delle monete locali e straniere. Questo del divario tra enunciazioni e realtà, tra diritto promulgato e diritto vivente, è tema notoriamente complesso e dibattuto in via generale. Può dirsi solo, in una valutazione, tanto sintetica quanto sommaria, che tutta la vita del Regno, non solo nella fase normanna, ma anche in quella sveva, fu caratterizzata da grande fluidità e da grande mutevolezza dei rapporti di forza all’interno di una monarchia che, ancorchè pensata e voluta dai suoi sovrani come centralizzata, era pur sempre una monarchia feudale.
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Tarì di Ruggero II. Dritto: al centro, uno o più globetti, o altro segno. Legenda circolare: al-malik Rujar al-mu’tazz bi-llah (il re Ruggero forte per grazia di Dio). Giro esterno, formula di zecca e data. Rovescio: IC XC NI KA (Cristo vince) ai lati dell’asta della croce. Giro esterno, formula di zecca e data. (Riprendiamo le immagini, con relativa numerazione, da L. Travaini, La monetazione, op. cit., tav. 13, n. 216).
Volti Arianesi Photo: Marco Memoli Dora Memoli
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Volti Arianesi Photo: Marco Memoli Dora Memoli
Via XXV Aprile, Ariano Irpino
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Ariano Beach a cura di Vincenzo CARDINALE Una di li cose chiù brutte, chiù tristi.. ..ea ca nun sapimo attirà li turisti. Picchè vinnuti buono ngoppa Trivago.. ..facessimo chiù visite di Chicago. Se vulissi verè il muro del pianto.. ..ma Gerusalemme costa tanto.. ..ngoppa Ariano, cu tanto rispetto.. ..tinimo, a li Martiri, n'ato muretto.. ..andò se a uno lu sbagli a trimende.. ..ti fanno pure chiange veramente. Se tinite a lu stomaco tanto dulore.. ..ma nun tinite li soldi pe lu duttore.. ..vinite ala Frolice e doppo dui tornanti.. ..vi sagliono nganna tutti quanti.. ..li cicatielli mangiato da quann ivi criaturo.. ..fino all'epoca nosta andò si maturo. Vulite fa nu viaggio ngoppa la Luna? Ma nun tinite manco li soldi pe na fiat duna. Tranquilli, a la Creta ci iate cu pochi rinari.. ..e putite verè tutti li crateri lunari E si iate a la pieri pe nun paià dazio.. ..addivintate leggeri come rint a lu spazio.
..sparagnanno li soldi pe ghì a lu mare. Amanti delle situazioni pericolose? Vi eccitano li cose spaventose? Cappiello niro quann abbìa la scurìa.. ..fuienno veloce miezzo ala via.. ..di Contrada San Liberatore.. ..e sa quanta fucili vi fanno vatte lu core? Avete la passione dei paradossi? Qua tinimo proprio li chiù gruossi, Soprattutto se iate a la stazione ahimè.. ..e vi accorgete che una stazione non c'è. Alcatraz ea na meta ca vi face sognà? A lu Calvario lu parcheggio coperto vi pote aiutà. Parcheggiate la machina e aspettate mezzanotte.. ..e vi nghiurono rint senza di si ni fotte. Hai voglia a alluccà fino a li sei di Matina.. ..Alcatraz in confronto ea lu castiello de la regina.
Desiderate na sauna ma lu cash s'è finito? Vi stamo aspettanno, qua abbascio Cardito.
Se vi paciono li cose toste, qua nun si discute.. ..nun capite male stongo parlanno di sagliute.. ..quera di Santu Pietro ea sicuro la chiù tosta de lu munno.. ..e si riesci ad arrivà ngoppa senza ricovero a lu Rummo.. ..ea come si avissi vinto ala lotteria.. ..picchè truovi pure la pizzeria!
Li finestrini tutti belli alisati.. ..e miezz a lu traffico imbottigliati.. ..rint a na SPA vi sembrerà di stare..
Insomma se ci sapessimo venne buono.. ..putessimo spaccià la cattedrale pe Duomo
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Venti anni di appassionata e coinvolgente attività dell'Associazione per la Rievocazione storica del donodelle "Sante" Spine ha sicuramente innescato quel "processo" di riappropriazione di un avvenimento centrale nella storia della Città. Non è folklore, ma ricostruzione sempre più verosimile di un vissuto straordinariamente radicato nel popolo arianese e nel suo forte "attaccamento" al suo credere. La manifestazione, ancor oggi , si snoda nei tre giorni di agosto (11-12 e 13) nella più naturale e suggestiva cornice del percorso tra monumenti, veri segni della storia, e simboli riproponenti nella partecipazione collettiva la rigenerata forza del "ricostruire". L'incendio del campaniale ed il grillo di distruzione e morte attraverso il suono "doloroso" delle campane e i colori del ferro e del fuoco, lasciano sconcerto solo al pensiero di funesti accadimenti. La popolazione, però, si lascia coinvolgere ancor di più nel momento più alto della Rievocazione simboleggiato dal "Dono". Simbolo potente del "sacrificio" patito e della fedeltà alla "causa" mai abiurata, le due preziose reliquie sono donate da re Carlo al vescovo. Il corteo con più di trecento figuranti, dal Castello e dalla piazza d'armi, attraverso il cuore della città segue il Re e i suoi dignitari che si apprestano a porgere il "Sacro Dono" sul sagrato della Basilica Cattedrale. La rievocazione del2015 è avvenuta a seguito dell'ingresso nella diocesi Ariano Irpino-Lacedonia, del neo vescovo mons. Sergio Melillo che ha condiviso da subito l'evento, con il suo popolo festante, ricevendo nelle proprie mani il ripetuto "gesto". Le bandiere, i gonfaloni, i simboli dei quartieri delle contrade fanno da corollario ai cosueti festeggiamenti ed al Palio in onore del Re. La ricorrenza del ventennale della rievocazione intende testimoniare la validità della proposta degli iniziatori e dei continuatori della manifestazione, che ha già assunto notorietà nazionale e che intende sempre proiettarsi nella conoscenza storica , nonché nei rilievi per la promozione turistica e commerciale in favore della città. La particolare longevità della manifestazione è di per sé già premio per l'abnegazione di tutti i partecipanti e per le intelligenti proposte atte a percorrere, con il concorso delle istituzioni, anche sovracomunali, nuovi traguardi e nuove spazialità.
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La Rivoluzione Francese e il Regno di Napoli Primi movimenti giacobini in Irpinia a cura di Gaetano GRASSO
Quando, il 21 agosto 1790, il Re Ferdinando IV di Borbone (I delle Due Sicilie), la Regina Maria Carolina d’Austria e le Principesse Maria Teresa e Maria Luisa, passarono per Ariano diretti a Vienna, erano appena cominciate le attenzioni poliziesche nei confronti dei francesi che per vari motivi, commerciali, turistici, ecc. vivevano a Napoli o vi transitavano. Il Primo Ministro del regno di Napoli, l’Ammiraglio John Acton, aveva dato precise istruzioni ai suoi ambasciatori: trattare con grande scrupolo e attenzione il rilascio di “visti” ai cittadini francesi. Ferdinando IV fin dall’immediato consolidarsi della Rivoluzione Francese del 1789 aveva temuto l’infiltrazione di suoi agenti nel Regno Borbonico. La Rivoluzione non aveva ancora esportato la sua forza distruttrice del vecchio assetto sociale ed economico. La borghesia la considerava ancora come un movimento che aveva fatto una “pessima riuscita”. C’è una eloquente testimonianza offertaci dal notaio Tommaso Crescitelli di Altavilla Irpina che, in coda al repertorio degli atti da lui rogati nel 1792, annota: “I Francesi alla fine di quest’anno 1792 si sono ribellati al di loro cristianissimo monarca Luigi, hanno avuto la temerità di formare un’assemblea, ed indi una Repubblica totalmente contro il loro piissimo monarca. Indi di porre lui e tutta la sua famiglia nel Temple (sta per carcere); dopo temerariamente han fatto morire il Monarca suddetto; essi hanno abiurato la fede Cristiana si sono resi atei; ed hanno formato per loro idolo una donna ignuda, e due che la tengono abbracciata significando la libertà.
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S’aspetta il loro castigo da Dio...”1 L’avvenimento d’oltr’Alpi, tuttavia, aveva cominciato a suscitare l’interesse di pochi studenti, di qualche intellettuale e di qualche sacerdote più colto, anche nel Regno di Napoli e nella nostra provincia. Dove si cominciarono a costituire i primi club giacobini a Montecalvo2, ad Ariano, ad Accadia e in altri comuni. Tanto che nella repressione poliziesca contro la così detta “congiura giacobina” del 1794, furono implicati 98 irpini dei quali quattro erano arianesi: Antonio Di Franza, Michele Cardinale, Gaetano Di Donato e Francesco Pascale.3 La congiura, velleitaria per la impreparazione e la ingenuità dei “congiurati”, che si proponeva il cambiamento violento della forma di governo, fu scoperta a causa della delazione di un “affiliato”. Furono processati 52 “giacobini” e ne furono giustiziati tre (tra cui il ventiduenne Vincenzo Galiani di Montoro nonostante, sotto minaccia di tortura, avesse denunziato i suoi amici congiurati). Tutti avevano avuto validissimi difensori d’ufficio. Uno di questi fu l’arianese Flavio Pirelli. Di quei congiurati Benedetto Croce, nella sua Storia 1 In: AA. VV.: “Echi della Rivoluzione Francese in Alta Irpinia”, 1989. 2 Il primo Club di cui si ha notizia era costituito a Montecalvo da tre persone: Gaetano Rendesi, ufficiale di dogana; Felice Caccese, guardiano di vigne; Vincenzo Buchicchio, esattore di dogana sottoposto al Rendesi. La notizia perviene da una denunzia, a cui non si dette immediato seguito da parte delle autorità, presentata il 15 giugno 1793 da un tale Giuseppe Boccasi di Montecalvo contro i tre accusati di “dispotismo e di sedizione”. “Il loro ardore di propaganda veniva dimostrato dal fatto che, credendosi annunziatori di un nuovo evangelo, ognuno di essi aveva assunto il nome di un apostolo: Pietro, Paolo e Barnaba”. Cfr. F. Scandone “Giacobini e Sanfedisti nell’Irpinia” Estratto dalla Rivista Samnium Anno I n. 1, 1928, pag. 46, 47. 3 In: Francesco Scandone: “Cronache del giacobinismo irpino” - Atti della società storica del Sannio - Fasc. vari.
del Regno di Napoli, scrive che, pur essendo candidi sognatori, “...quei giacobini napoletani uniti con i loro fratelli di tutta Italia, trapiantarono in Italia l’ideale della libertà secondo i tempi nuovi”. Negli atti che riguardano questa congiura si incontra anche il nome di Don Marcello Luparella4, Tesoriere della Cattedrale di Ariano. Fu “tirato in ballo” dalla confessione di Vincenzo Galiani contro il Duca di Accadia, Fabrizio Venato-Dentice. Questi era accusato di aver avuto varie riunioni segrete, alle quali partecipava anche Luparella. Il Principato Ultra aveva come capoluogo Montefusco, dove c’era il Tribunale e dove risiedeva il Preside (oggi Presidente) della Provincia. L’unica città demaniale era Ariano, che era anche la più popolosa con i suoi 9.089 abitanti.5 Nella provincia e ad Ariano, le condizioni economicosociali erano molto precarie, come d’altra parte in tutto il Regno. La vita delle popolazioni si trascinava sotto il peso della feudalità e dei suoi abusi. L’economia era fondata soprattutto sull’agricoltura condotta con metodi arcaici da contadini che, in grandissima percentuale, erano analfabeti. In questo periodo emerge un nuovo ceto, quello “medio”, che si interpone tra la nobiltà e le classi popolari e contadine. Mentre comincia una presa di 4 Don Marcello Luparella: nacque nel 1743 da Giuseppe e Cristina Colmeta. Fu Tesoriere della Cattedrale di Ariano, Amministratore Apostolico prima della Diocesi di Bisceglie e poi di quella di Manfredonia. Nella Frammassoneria occupò il posto di Grande Oriente. Morì il 31 dicembre 1803. E’ ricordato dallo storico Carlo Botta nella sua “Storia d’Italia dal 1789 al 1814”. 5 Il dato è in: Attilio Simioni “Le origini del Risorgimento politico dell’Italia Meridionale” . Tommaso Vitale attribuisce ad Ariano, per lo stesso periodo, 15.000 abitanti. Nicola Flammia ci fornisce il dato ufficiale del censimento del 1881: 14.435 abitanti.
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distanza dei grandi feudatari dell’Italia del Nord dai loro beni. Ne è esempio concreto la vendita delle terre di Monteleone di Puglia effettuata il 30 agosto 1793 dai Marchesi Odescalchi di Milano a favore di Fabio Figlioli di Ariano, che fu in grado di pagare la bella cifra di 71.781 ducati. Una parte notevole, estesissima, del territorio arianese era nelle mani della Chiesa. Basti pensare alle grandi estensioni dell’Aspirina, S. Donato, Scannaturo, Macchiacupo, S. Eleuterio, Starza. Per non parlare dei beni immobili nel centro urbano. Un altro ceto numeroso e determinante era quello ecclesiastico. Ad Ariano c’erano un centinaio di sacerdoti e altrettanti religiosi e religiose. Una percentuale molto superiore a quella del 5 per mille abitanti stabilita nel Concordato tra il Regno di Napoli e la Santa Sede.
Le motivazioni vanno cercate nei numerosi privilegi di cui godevano gli ecclesiastici e quindi del potere di cui potevano disporre anche nella amministrazione della città. Ancora alcuni decenni dopo, nel 1851, Pietro Paolo Parzanese descrive un quadro affatto edificante della situazione del clero ad Ariano. “...dei molti benefizi di Chiesa ciascuna famiglia si studia di procacciarne alcuno pei suoi figli; donde accade che un clero numeroso ed indòtto ingombri le vie e cresca la folla degli oziosi. Perocchè non so a quanto di bene possa riuscire un prete che per solo amor di lucro fa le viste di consacrarsi a Dio; e che senza studi, senza nobiltà di affetti, senza altezza di animo, assaporando appena un po’ di teologia pratica, vive con lucri e stipendi inferiori a quelli degli artigiani rompendo ad ora ad ora la pigra sua vita con numerose e sozze scampagnate. E’ da piangere, quando si considera che di circa ottanta preti che siamo, non ve ne son due che valgano a fare da maestri nel seminario, né uno solo che abbiasi letta per una volta la Bibbia: cosa incredibile, ma vera! Dei pochi preti buoni dirò più avanti: ma troppo pochi, e questi medesimi o ignoranti, o di scarsa dottrina”.6 Il 6 marzo 1798, nel tentativo di rimpinguare le casse dello Stato napoletano, dal momento che non era bastata la stretta fiscale iniziata fin dal 1793, fu emanato un decreto reale con il quale si ordinava ai Vescovi di consegnare tutti gli ori e gli argenti che non fossero strettamente legati all’esercizio delle funzioni 6 Pietro Paolo Parzanese, Memorie della mia vita.
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eucaristiche. Il Governo avrebbe rilasciato “carte Bancali” per il corrispettivo di 15 ducati e 20 grana a libbra di argento, il cui costo ordinario era invece di 13 ducati e 60 grana.7 Con questo sistema il Governo incassò più del doppio di quanto incassava con la tassazione ordinaria di un anno. Ma nello stesso tempo accrebbe il malcontento e le opposizioni del popolo che si ritenne espropriato di un suo patrimonio costituito da anni e anni di offerte dei fedeli. Gli argenti di Ariano, consegnati direttamente a Napoli, in quanto gli amministratori arianesi delle reliquie non si fidarono dei loro colleghi di Montefuso, pesarono 51 libbre e 6 once, per un valore di oltre 775 ducati. Questa somma non fu mai pagata, nemmeno con le “carte Bancali”. Gli argenti furono fusi. Le sacre reliquie contenute in essi furono sistemate, dopo averle descritte, in una cassa di legno chiusa e sigillata. Fu salvata la statua d’argento di S. Oto. Con un tacito patto con la Chiesa, infatti, il Governo borbonico aveva consentito che si salvassero solo le statue dei Santi Patroni di ciascun paese, per evitare eventuali sollevazioni popolari. Si raccontava anche, ma tantissimi anni fa, che la statua si era salvata perché la Diocesi aveva pagato in “numerario”, cioè in denaro, l’equivalente del peso di essa. Se sia una leggenda metropolitana o una spiegazione data dal clero per sottacere del patto tra la Chiesa e i rappresentanti del Re, è difficile saperlo. 7 Una libbra equivaleva a circa 453 grammi e un’oncia a 28 grammi. Un grana era un centesimo di ducato. Per cercare di conoscere il valore del ducato si pensi che un impiegato statale dell’epoca aveva uno stipendio mensile di 15 ducati.
Copia del verbale della riunione del Capitolo della Cattedrale del 5 maggio 1798 è in mio possesso. La crisi economica e sociale, aggravata dalla così detta “finanza di guerra”, aveva fatto sviluppare a dismisura il fenomeno della criminalità tanto che il governo avvertì la necessità di inviare nel Principato Ultra (oggi provincia di Avellino) un Delegato straordinario per la lotta al brigantaggio. Le prigioni erano strapiene di ladri, malfattori, disertori. Il carcere8 di Ariano, nell’agosto del 1786, fu semidistrutto dai banditi che liberarono 16 detenuti.
8 Il carcere di Ariano era “orrido”. “Solo il genio del male potè nel passato secolo collocarlo al di sotto delle sepolture del Duomo” dice lo storico irpino Giuseppe Zigarelli. Bisognerà aspettare il 1820 per avviare il miglioramento del carcere distrettuale di Ariano sotto la spinta dell’Intendente dell’epoca Valentino Gualtieri. Ma ci vollero ancora più di venti anni per la consegna del nuovo (si fa per dire) carcere alla Carnale (20 settembre 1842). Era Sindaco Giovanni Florio.
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La ASD Pedale Arianese è l’evoluzione di una precedente squadra ciclistica, con oltre 10 anni di attività sia di livello ciclo amatoriale che agonistico. La nuova direzione come pedale arianese nata nel 2014 è una delle pochissime società sportive in Campania e l’unica in provincia di Avellino a ridosso del Irpinia e del Sannio, essa si pone l’obiettivo di entrare a far parte tra le migliori squadre d’Italia. Specialmente nella categoria juniores 17-18 anni, una delle più difficile in quanto dopo la categoria Allievi se non si trova squadra si smette di gareggiare e anche perché per poter gareggiare ogni domenica si fanno delle lunghe trasferte fuori regione come Abruzzo, Marche, Lazio e Toscana. Le categorie da noi praticate sono giovanissimi 7-12 anni esordienti 13-14 anni allievi 15 16 anni Juniores 17-18 anni, la direzione è affidata ad un tecnico internazionale sia come allenatore che come meccanico con esperienza trentennale maturata nei grandi eventi come il Giro d’Italia dilettanti, Giro della Lunigiana, giro Basilicata e tecnico accompagnatore a molte rappresentative campane oltre a tanti i Campionati Italiani.
ASD PEDALEARIANESE VIA CAPPELLUZZO B/8 | 83031 ARIANO IRPINO AV PRESSO CICLI DOTOLO 104
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Dirigenti e consiglio direttivo Presidente Arena maria Sofia Vice presidente Trancucci Gabriele (ex dilettante anni 78/80) Segretario Perna Luigi (amatore categoria MTB) Consigliere Clericuzio Carmine Consigliere Lo Conte Ottavio Consigliere Iannarone Pasquale (campione regionale ciclocros) Consigliere Iachetta Antonio Dir.sportivo - allenatore e meccanico Dotolo Pasquale
E-Mail: pasqualedotolo@libero.it ASD PEDALE ARIANESE
Il ciclismo ad Ariano a cura di Antonio ALTERIO Era da poco terminata la prima grande guerra mondiale, ancora ad Ariano si piangeva per gli oltre duecento giovani caduti sui campi di battaglia o negli ospedali eppure si tentava di ripristinare una certa normalità nella vita quotidiana squassata da un sì tremendo turbine. Ecco apparire sul giornale “La Voce dei Combattenti Arianesi” del 14 settembre 1919 un articolo dal titolo “Gara Sportiva”, con cui si annunciava “Ad iniziativa di un Comitato sorto ad Atripalda è indetto un giro ciclistico di tutta l’Irpinia nei giorni 17, 18 e 19 corrente. Il mattino del giorno 19 i corridori passeranno per Ariano”. Era previsto un traguardo a S. Domenico in corso Vittorio Emanuele, dove ci sarebbe stata “una fermata di cinque minuti”, indicata come “fermata di neutralizzazione”. Qui ad Ariano fu costituito un apposito comitato, definito “giuria”, composto dai “Signori: Sottoprefetto Cav. Rizzi, Avv. Nicoletti Silvio, Sindaco; Avv. Ireneo Vinciguerra, Assessore; Avv. Vincenzo Scalone, Avv. Raimondo De Furia, Capitano Attilio Di Benedetto; Capitano Mario De Paola”. Ebbene tale consesso “lavora attivamente perché il ricevimento di questi forti campioni dell’Irpinia riesca abbastanza solenne”, come venne riportato dal giornalista, il quale aggiunse che ad esso si erano uniti altri collaboratori. Si trattava “di professionisti, corrispondenti di giornali e giovani studenti”, che erano “incaricati della raccolta delle offerte pro corridori”.
Intanto la civica amministrazione aveva messo a disposizione un contributo di “L.100” ed era stata programmata una rappresentazione teatrale per raccogliere altri fondi. Ecco cosa riportò il giornale “La sera del 18 a cura del locale Circolo Filodrammatico e, diretto dal valoroso ingegnere Mosco, nel Teatro Gambacorta sarà dato uno spettacolo il cui ricavato sarà devoluto a quei corridori che arriveranno prima ad Ariano. Le modalità saranno fissate dalla giuria”. Il programma prevedeva inoltre per il giorno 19 anche la presenza della banda cittadina “gentilmente concessa” anch’essa dalla civica amministrazione. Il giornalista chiudeva il suo articolo con questo auspicio “Siamo certi che questa festa sportiva, la prima dell’Irpinia, avrà veramente un ottimo risultato mercè il consenso e la buona volontà di tutti”. Non posso dirvi se la programmata gara sia stata realizzata, ma è certo che qualche anno dopo il Corriere dell’Irpinia di sabato otto luglio 1933 annunciò a caratteri cubitali la realizzazione de “Il Giro Ciclistico dell’Irpinia- Attraverso 80 Comuni della Provincia sul percorso di 506 Km”. Con orgoglio il giornalista, che si firmava Marhascka, aggiunse “La Gara si svolgerà sotto gli auspici del Corriere dell’Irpinia-Tre tappe- Ricchi premi in palio- La coppa del Giornale- L’organizzazione perfetta sarà curata dal Comando Federale dei FF.GG. e del Fascio Giovanile di Valle- L’entusiastica adesione degli sportivi della Campania”. Dopo avere inneggiato alla magnifica macchina organizzatrice messa in moto dalle organizzazioni sportive provinciali del fascismo, il nostro bravo cronista volle ricordare le vecchie glorie, citando i nomi di “Guerriero, Percopo, Boccieri, Dorso, De Concilis, Capitano pionieri del ciclismo e del podismo”. Infine
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aggiunse “Ma non tutti sanno che già prima di Napoli e delle altre città del Mezzogiorno fu Avellino ad avere un foglio rosa: il piccolo Corriere Sportivo”. La competizione doveva essere realizzata in tre tappe per complessivi 506 chilometri, attraversando tutti i comuni dell’Irpinia. La prima tappa di 201 chilometri partiva da Avellino per toccare i comuni sul versante ovest di questa città e poi quelli presenti ad est per giungere e sostare al traguardo di Ariano. La seconda tappa doveva svolgersi su un percorso di 196 chilometri, con partenza da Ariano ed, attraversando buona parte del territorio dei comuni della del Baronia, giungere a S. Angelo Lombardi per farvi sosta. L’indomani partenza da tale cittadina per giungere dopo 109 chilometri sul “Viale Regina Margherita” ad Avellino, attraversando le vie del vino e delle nocciole. Anche per questa tanto preannunciata gara non sono in grado di riferire se mai sia stata realizzata, mi farebbe piacere se qualche esperto di questi eventi sportivi ne desse contezza. Intanto però sul “Corriere dell’Irpinia” del 7 settembre 1935 venne preannunciata
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la realizzazione del “I Giro Ciclistico dell’Irpinia- per Indipendenti e Dilettanti” da realizzarsi “nei giorni 12, 13 e 14 settembre 1935 XIII”. Venne pubblicato anche il regolamento della gara, che prevedeva la partecipazione “a tutti i corridori in possesso della tessera della F.G.I. per l’anno 1935, per le categorie indipendenti e dilettanti”, con il pagamento di una tassa di iscrizione “fissata in lire 5 per la seconda categoria e in lire 3 per la terza”. La classifica di ciascuna tappa era a tempo, mentre la classifica generale sarebbe stata fatta “sommando i tempi impiegati da ciascun corridore in ognuna delle tre tappe”. Fu istituito anche “Un Premio della Montagna”, da assegnare “al 1, al 2, e al 3 classificato in base alla somma dei punti acquisiti al passaggio del culmine di due salite per tappa”. Gli itinerari erano tre per complessivi 484 chilometri: “Prima tappa: (Km.141) Avellino- Ariano Irpino; Seconda Tappa: (Km.132) Ariano Irpino- S.Angelo dei Lombardi; Terza Tappa: (Km. 211) S.Angelo dei Lombardi-Avellino”, con partenza per la prima alle ore 11 del giorno 12 settembre, per la
seconda alle ore 12 del giorno 13 e per la terza alle ore 9 del giorno 14. Particolarmente interessante era la norma prevista dall’articolo 10 che stabiliva “Qualsiasi aiuto ai corridori è proibito, e lungo il percorso è vietato ogni rifornimento di cibarie e bevande”. All’articolo 8 venne riportato “E’ a carico degli organizzatori il vitto e alloggio dei concorrenti esclusivamente nei giorni 12, 13, e 14 settembre. Anche il trasporto degli abiti dei corridori durante le tre tappe è a carico del Comitato organizzatore”. I premi previsti in denaro erano così ripartiti: “di Tappa al I L.400, al II L. 300, al III L.200” e poi a scalare fino al decimo posto; per le categorie inferiori i premi erano di lire 100, 50, 30 per i primi tre. Più consistenti erano i premi previsti per la classifica generale: al primo arrivato £. 1000, al secondo £. 800, al terzo £. 600 ed a scalare fino al decimo con £.100. Purtroppo non sono in grado di dirvi chi furono i vincitori delle singole tappe, tanto meno il ciclista che si aggiudicò il premio della classifica generale Passa per Ariano il giro d’Italia Nel dopoguerra il giro d’Italia riprese a correre e ad attraversare le contrade della nostra patria e non mancò di percorrere anche i tratti di strada dell’Irpinia e del territorio arianese. Nel 1947, durante il 30° giro d’Italia, i girini passarono per Ariano il giorno 3 giugno 1947 per il trasferimento da Napoli a Bari con una tappa di 288 chilometri. La partenza avvenne da Napoli alle ore 7, 30 e l’intera carovana passò per Grottaminarda alle ore 10, 28 dopo avere percorso circa 89 chilometri, mentre ad Ariano, dove era previsto il gran premio della Montagna, i corridori transitarono alle ore 10, 52 come riportarono i cronisti dei giornali sportivi.
Il gran premio se lo aggiudicò Gino Bartali che passò primo sotto la striscione, mentre Coppi era a 10 metri seguito da Bresci e poi più distaccati da: Corrieri, Cecchi, Peverelli e tutti gli altri. La tappa a Bari venne vinta da Bettocchi in ore 8,57’ e 01” alla media di 32 Km orari circa, mentre a guidare la classifica generale era Bartali seguito da Coppi e Bresci, ma a vincere il giro fu Coppi. L’anno successivo il 25 maggio il giro, durante la nona tappa da Bari a Napoli di 306 chilometri, nuovamente passò per Ariano dove fu posto lo striscione del terzo traguardo del gran premio della Montagna. I primi a presentarsi sulle rampe del tricolle alle ore 12 e trenta furono Ortelli che transitò per primo, seguito da Brignole, Baito, Logli, Cecchi e Salimbeni, mentre Coppi e Bartali si presentarono con un ritardo
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Foggia, seguito da Bartali secondo e da Coppi e Magni al ventiseiesimo posto. Il giro, era il 34°, se lo aggiudicò Fiorenzo Magni, precedendo Coppi classificatosi quarto e Bartali decimo. Il giro tornò per le nostre terre il 26 maggio 1954 durante la tappa da Bari a Napoli, portando un giorno di tregua alle battaglie ingaggiate da lavoratori e sindacati nella lotta per scongiurare la chiusura del cementificio Maridionale. Qui ad Ariano da giorni si verificavano gravi incidenti provocati dagli oltre 200 operai licenziati, tanto che in vista del passaggio dei corridori e per assicurare il regolare svolgimento della gara le autorità disposero l’invio da Napoli di una compagnia di Carabinieri. Per fortuna tutto andò per il meglio, non ci furono incidenti e fu quello un giorno di festa anche per i malcapitati operai, che dovettero abbandonare per sempre il posto di lavoro. Altra manifestazione ciclistica qui ad Ariano si svolse di 14 minuti e 50 secondi. Quell’anno 1948 vinse il giro proprio il giorno prima del grave sisma del 21 agosto 1962. Si disputò una gara di dilettanti organizzata dalla Fiorenzo Magni e Bartali si classificò all’ottavo posto. Passarono tre anni perché il giro di nuovo attraversasse pro-Ariano nell’ambito delle manifestazioni sportive e la nostra terra; era il 28 maggio 1951 quando la carovana ricreative dell’estate arianese. Il percorso affrontato dai del Giro d’Italia dovette affrontare la dura salita dalla corridori fu alquanto impegnativo perché, partendo da fontana della Maddalena fino a San Giovanni per la Ariano, i girini si diressero a Grottaminarda e poi a Sturno tappa da Napoli a Foggia di 181 chilometri. Dal gruppo, e Frigento per ritornare sul tricolle. Ad aggiudicarsi la subito dopo la partenza, si erano staccati Corrieri e vittoria fu Vicenzo Gioiello della società sportiva Ignis De Santi, accumulando ben 12 minuti di vantaggio di Salerno, che compì l’intero percorso alla media di sul gruppo, ma perdendoli appena cominciarono Km.29, 826 all’ora. Intanto qui ad Ariano Francesco ad affrontare la salita. Sul colle di Ariano transitarono Macchione fin dagli anni cinquanta del secolo scorso alle 16,00 ed il gran premio della montagna se lo si era distinto per molte gare vinte nella categoria dilettanti, trasmettendo la passione per tale sport al aggiudicòC.da Corrieri, seguito da DeARIANO Santi aIRPINO sei secondi; Camporeale Z. I. 83031 Avellino T. +39 333 9036500 - Mail: info@caiai.it - Web: www.caiai.it Bartali fu terzo a cinque minuti e cinque secondi e figlio Nicola. Negli anni ’70 formò un nutrito gruppo di precedette Astrua, il francese Bobet, l’austriaco Kubler atleti che si affermarono in molte gare svolte non solo e Magni. Corrieri vinse la tappa, giungendo primo a qui ad Ariano, ma anche e soprattutto nel napoletano
C.da Camporeale Z. I. 83031 ARIANO IRPINO Avellino T. +39 333 9036500 - Mail: info@caiai.it - Web: www.caiai.it
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e nelle altre province campane. La squadra era composta da giovani di grande talento e comprendeva tra gli altri: Carmine Viola, Ciriaco Serluca, Nicola Macchione, Vittorio Giorgione. Memorabile fu la vittoria che i nostri si aggiudicarono il 28 aprile del 1974 a Bosco Tre Case, primeggiando rispetto ad altri giovani campioni dell’intera Campania. Ed allora le cronache giornalistiche dell’epoca non mancarono di esaltare le gesta dei nostri quattro campioni, scrivendo “Il poker d’assi del Nucleo arianese è stato invano insidiato nella sua passerella trionfale su per la micidiale impennata vesuviana dal casertano Rumitallo, dai napoletani Zandoli e Dirozzi e dai salernitani Senatore e Pierro”. Il cronista del giornale “Tuttociclismo” continuò nell’esaltazione delle gesta dei nostri concittadini e scrisse “C’era da dire tutto in salita e dalle prime mosse gli irpini si sono seduti in cattedra per dare spettacolo con un superlativo Macchione, scalatore della giornata con punti 31- cinque volte primo e due volte secondo nei sette giri del circuito del Gran Premio Montagnacon Serluca punti 19. con Giorgione punti 15 e Viola punti 4 alla sommità dell’ascesa”. I premi consegnati ai vincitori furono molti e ricchi, ma il giornalista volle sottolineare che gli organizzatori avevano anche consegnato un premio insolito ed “uno dei più semplici un abbonamento a Tuttociclismo”. Poi arrivarono altri giovani protagonisti nel ciclocross come Luca Graziano, che nel 1987 diventò campione regionale allievi e nel 1988 campione regionale juniores. Anche Luca come tanti altri veniva fuori dalla squadra Brashiwood creata e diretta da Francesco Macchione. Questa società, di recente, si è ricostituita per continuare le gesta precedenti con nuovi giovani campioni. Essa si avvale del seguente direttivo:
Presidente Nicola Macchione; Vice Presidente Felice Cardinale; Segretario- Tesoriere Federico Bongo; Consiglieri Luca Graziano, Luigi Cardinale, Ciriaco Serluca e Filippo Ferrara. A loro lunga vita e mille successi!
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Antonio ALTERIO
Vincenzo CARDINALE
Gaetano GRASSO
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Il ciclismo ad Ariano
Ariano Beach
La Rivoluzione Francese e il Regno di Napoli
La riforma monetaria
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