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CHIEDETELO A

La rubrica “Chiedetelo a…” è uno spazio attraverso il quale i nostri lettori (ma anche la redazione stessa) possono avere risposte ad argomenti di diversa natura. Le domande devono essere inviate all’indirizzo email redazione@ecod.it I quesiti proposti saranno evasi da persone competenti negli specifici settori.

Che utilizzo hanno i polifosfati nelle produzioni della salumeria?

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Gli additivi sono sostanza chimiche che hanno esclusivamente proprietà funzionali, la cui aggiunta intenzionale ha uno scopo tecnologico nella produzione e trasformazione dell’alimento in lavorazione. Di solito sono utilizzati in piccole quantità sotto l’1%. Fa eccezione solo il sale (che non è additivo in senso specifico, ma un ingrediente) il cui impiego è dell’ordine del 2% e che può arrivare fino al 4% o poco più in alcuni prodotti stagionati fermentati. Nel caso specifico della lavorazione delle carni il numero di sostanze chimiche approvate come additivi è piuttosto limitato e soggetto a prescrizione definite con precisi limiti di impiego. La legislazione europea che regola l’impiego degli additivi è il Regolamento (CE) n. 1338/2008; mentre L’EFSA si preoccupa di valutarne periodicamente la rispondenza ai requisiti di sicurezza nell’impiego e nei dosaggi consigliati, ogni volta che il mutamento delle condizioni del loro uso e nuove informazioni scientifiche lo rendano necessario. I fosfati rientrano nella categoria degli “stabilizzanti”: rendono possibile la formazione di legami stabili tra le proteine e altri ingredienti – in particolare l’acqua – che non avrebbero modo di legarsi direttamente tra loro per la formazione dell’alimento ricostituito. Cominciamo con il dire che il loro livello di impiego è fissato entro i valori dello 0,05-0,5%. I fosfati hanno un’ampia applicazione nell’industria della lavorazione della carne e migliorano il legame e la consistenza nei prodotti di carne lavorati. Aumentano direttamente la capacità di trattenere l’acqua aumentando il pH, poiché il loro stesso pH è alcalino (superiore a 7,0). I fosfati stabilizzano anche la consistenza dei prodotti a base di carne aumentando la solubilità delle proteine in relazione al sale e riducono l’ossidazione/rancidità dei lipidi e quindi la comparsa di sapori negativi. I fosfati hanno anche dimostrato la capacità di ridurre la crescita microbica. I fosfati più comuni usati nella lavorazione della carne sono: - Il sodio tripolifosfato STPP (che ha un pH=9,8) - Il sodio di-fosfato SDP (con pH=7,3) Per le preparazioni di carne come le miscele finemente macinate tipo wurstel e mortadelle, dove i fosfati sono aggiunti come polvere secca, sono preferiti i fosfati con un effetto alcalino moderato, in particolare i di-fosfati. I di-fosfati sono la forma più efficace per aumentare il legame con l’acqua. Tuttavia, i di-fosfati hanno una bassa solubilità in acqua. Quindi, per le salamoie da iniettare nella carne, nella produzione di prosciutti cotti e affini contenenti fosfati, si possono usare i polifosfati più solubili. Nei prodotti a macinatura finissima l’acqua viene aggiunta in quantità di circa il 15-35%. Rende i prodotti succosi e facilmente masticabili. L’acqua non è usata principalmente solo come “riempitivo” nei prodotti di carne cruda/cotta. È assolutamente necessaria come vettore e solvente per favorire l’estrazione delle proteine muscolari. L’acqua insieme al sale e ai fosfati, che rafforzano il processo, è indispensabile per l’estrazione desiderata e per legarsi

alle proteine muscolari in modo stabile. Poiché l’estrazione delle proteine è migliore a basse temperature, l’acqua viene spesso aggiunta congelata come ghiaccio nelle lavorazioni al cutter per mantenere bassa la temperatura della carne nella farcia (oppure come acqua fredda direttamente nelle impastatrici). Le basse temperature sono necessarie anche per evitare un aumento eccessivo della temperatura nell’area vicina alla rotazione veloce dei coltelli nel cutter. Temperature eccessive rovinerebbero la capacità delle proteine di legare l’acqua e gelificare. Per una distribuzione rapida e uniforme (al fine di ottenere un istantaneo effetto di raffreddamento in tutte le parti della ciotola del cutter), si dovrebbero usare fiocchi di ghiaccio di piccole dimensioni ovvero i blocchi di ghiaccio dovrebbero essere frantumati in piccoli pezzi prima di essere aggiunti alla farcia. Qualora il contenuto di carne sia basso, al fine di facilitare la formazione di una rete proteica e il legame con l’acqua, possono essere utilizzate piccole quantità di proteine aggiunte, come proteine di soia o derivate del latte (proteine del latte, caseinato) oppure fecole di patata e amidi modificati. Nei prodotti a muscolo intero o ricostituito, come il prosciutto o la spalla cotta o gli arrosti di tacchino (e altre specialità cotte), l’aggiunta del fosfato unitamente ad altri ingredienti ed additivi avviene mediante solubilizzazione in acqua a formare una salamoia. Questa viene iniettata direttamente nelle parti muscolari: per favorire l’estrazione proteica e il legame dell’acqua presente in salamoia si rende necessario procedere a zangolatura o massaggio per un tempo definito in apposite macchine burattatrici. Anche in questo caso l’aggiunta del fosfato, specie in combinazione con il sale, aumenta la capacità di legare l’acqua della carne cruda e contribuisce a migliorare la consistenza del prodotto finale dopo il trattamento termico. Nei prodotti a basso costo con una maggiore resa (prosciutti ricostituiti), possono essere utilizzati ulteriori ingredienti non a base di carne, come proteine isolate di soia e amidi modificati. Bisogna fare attenzione nella preparazione delle salamoie che tutti gli additivi siano completamente sciolti e distribuiti uniformemente. Per questo, soprattutto nel caso di soluzioni complesse, occorre rispettare rigorosamente l’ordine di impiego di ingredienti e additivi: il fosfato è sempre il primo additivo che deve essere disciolto in acqua; a seguire le proteine aggiunte; il sale e i nitriti, con zuccheri, gelatine e carragenine (anche premixati insieme); gli amidi modificati e il sodio ascorbato, con spezie e aromi. Naturalmente l’impiego del fosfato e di proteine aggiunte, unitamente all’acqua dichiarata nella lista degli ingredienti, trova il suo massimo utilizzo nei prodotti a basso costo con una maggiore resa. 

Quali sono le informazioni obbligatorie da riportare in etichetta?

Quando si parla di alimenti intendiamo un prodotto sicuro ma chi garantisce la sicurezza alimentare? Verrebbe da dire che la responsabilità sia solo dei produttori e dell’industria, in realtà è condivisa insieme alle istituzioni e ai governi e coinvolge anche i consumatori. C’è un modo con cui le informazioni sulla sicurezza dell’alimento vengono comunicate ai consumatori, che sono l’ultimo anello della catena: l’etichetta. Il Regolamento (UE) 1169/2011, stabilisce i criteri che devono essere comunicati ai consumatori per garantire trasparenza informativa, elenca le menzioni obbligatorie che devono comparire sull’etichetta o direttamente sull’imballaggio e dispone alcuni principi che devono essere seguiti per l’indicazione di altre informazioni. Secondo il Regolamento, devono comparire nello stesso campo visivo (art. 13, par. 5) la denominazione dell’alimento, la quantità netta e, per le bevande che contengono più dell’1,2% di alcol in volume, il titolo alcolometrico volumico effettivo. Questa disposizione ha l’obiettivo di comunicare immediatamente al consumatore le principali caratteristiche del prodotto. Le informazioni devono essere oltremodo chiare: sono facilmente visibili, perfettamente leggibili e indelebili. Per questo il regolamento stabilisce la forma e la grandezza dei caratteri, che dipendono dalle dimensioni dell’imballaggio. Nell’allegato IV si specificano quanto devono essere grandi i caratteri: facendo riferimento all’altezza della x la dimensione dei caratteri deve essere pari o superiore a 1,2 mm. Mentre nel caso di contenitori o imballaggi la cui superficie maggiore misuri meno di 80 cm2, l’altezza della x della dimensione dei caratteri deve essere pari o superiore a 0,9 mm.

Il Regolamento, all’articolo 9, prevede le seguenti indicazioni obbligatorie: - la denominazione dell’alimento, che è il nome merceologico con cui il prodotto è commercializzato (ed è conosciuto dal consumatore). - L’elenco degli ingredienti; nel caso particolare dei prodotti di salumeria, l’acqua in un prodotto (cotto) è sempre dichiarata qualora nel prodotto

finito sia superiore al 5%; la carne utilizzata come ingrediente è indicata con il nome di “carne di” a cui segue il nome della specie animale; anche il tenore di grasso e tessuto connettivo deve rispettare precisi limiti secondo la specie, che se vengono superati devono essere indicati. - Qualsiasi ingrediente o coadiuvante tecnologico, elencato nell’allegato II o derivato da una sostanza o un prodotto elencato in detto allegato, che provochi allergie o intolleranze, usato nella fabbricazione o nella preparazione di un alimento e ancora presente nel prodotto finito, anche se in forma alterata. In questo caso le sostanze che provocano allergia devono essere evidenziate con carattere chiaramente distinto dagli altri ingredienti per dimensioni, stile o colori di fondo. - La quantità di taluni ingredienti o categorie di ingredienti. - La quantità netta dell’alimento. - Il termine minimo di conservazione o la data di scadenza. - Le condizioni particolari di conservazione e/o le condizioni d’impiego. - Il nome o la ragione sociale e l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare di cui all’articolo 8, paragrafo 1.

È il soggetto che se non è il produttore o il confezionatore, è responsabile della fornitura delle informazioni in materia di etichettatura. Per i prodotti di origine animale è previsto indicare anche la marchiatura di identificazione, con il numero di riconoscimento dello stabilimento (bollo CE). - Il Paese d’origine o il luogo di provenienza, ove previsto dall’art. 26. - Le istruzioni per l’uso, per i casi in cui la loro omissione renderebbe difficile un uso adeguato dell’alimento. - Per le bevande che contengono più dell’1,2% di alcol in volume, il titolo alcolometrico volumico effettivo. - Una dichiarazione nutrizionale. Per i prodotti preimballati è possibile ripetere nel campo visivo principale o il solo valore energetico o il valore energetico accompagnato dalla quantità di grassi, acidi grassi saturi, zuccheri e sale, anche in forme e simboli grafici.

Inoltre, anche se il Regolamento europeo non lo specifica, è obbligatorio riportare l’indicazione della sede di stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento (D. Lgs. 145/2017) e l’indicazione del lotto ai sensi della Direttiva 2011/91/UE relativa alle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare. Infine dal 1° gennaio 2023 (in seguito a ulteriore proroga), diventerà obbligatoria in Italia l’etichettatura ambientale (D. Lgs. 116/2020). In cosa consiste? Nell’apporre su tutti gli imballaggi immessi al consumo in Italia, siano essi primari, secondari o terziari, la codifica alfanumerica come da Decisione 129/1997/CE che identifica il tipo di materiale (codifica europea). Negli imballaggi destinati al consumatore finale, oltre alla codifica alfanumerica dovrà essere indicata in forma estesa la tipologia di materiale di imballaggio e la destinazione in raccolta differenziata. Sul sito del CONAI, Consorzio nazionale Imballaggi, sono disponibili online le Linee Guida sull’etichettatura degli imballaggi che forniscono una dettagliata descrizione dell’approccio all’etichettatura e le indicazioni necessarie su come adempiere a tali obblighi, collegandosi al sito https:// www.etichetta-conai.com/documenti/ linee-guida/ 

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