citta dei mille aprile maggio 2013

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SIMONE PADOIN ATELIER

APRILE / MAGGIO 2013

Anno 16 - N째2 Aprile/Maggio 2013 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB BERGAMO In caso di mancato recapito si restituisca a: Editrice Bergamasca Srl - via Madonna della Neve, 24 - 24121 Bergamo, che si impegna a pagare la relativa tassa. Euro 3,00


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Edito riale

Editoriale

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nche in questo numero vi raccontiamo Bergamo a modo nostro. In maniera poliedrica, da diversi punti di vista. Parlando con i personaggi, presentando gli eventi, immergendoci nelle branche del sapere e del fare con i migliori professionisti dei vari settori attraverso la ricca sezione di rubriche. Ci sembra un buon modo. Le istituzioni hanno naturalmente il loro peso. L’intervista con il generale Giuseppe Zafarana, nuovo comandante dell’Accademia della Guardia di Finanza, era d’obbligo, specialmente in un momento in cui le voci di uno spostamento dell’attività a Roma si fanno sempre più insistenti. «In ogni caso non è una cosa immediata – spiega il generale - perché c’è da fare tutta una serie di opere di ristrutturazione e spostamenti di reparti. Ci vuole tempo». Quindi il fashion: vi accompagniamo nel Simone Padoin Atelier grazie a Valentina Sala, titolare della boutique nonché moglie del calciatore della Juventus. Un «bagno di stile» che è diventato storia di copertina, e non poteva essere altrimenti. Poi la storia di una bergamasca che ha scelto di lavorare nel circo, e di seguire il suo sogno per l’Europa. Ora Francesca Martello è a Londra. «Con Bergamo mi sono riappacificata – racconta -. Quando me ne sono andata mi stava davvero stretta. Ma è bellissima, e c’è anche più energia rispetto a un tempo». Completano l’offerta i reportage vippaioli, all’insegna del «chi c’era», e il capitolo riservato a spettacoli e cultura. Dove segnalo, in particolare, la cinquantesima edizione del Festival Pianistico Internazionale: un traguardo ragguardevole per una kermesse d’eccellenza.

Buona lettura!

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La mia

rubrica

Sfoglieremo ancora un libro?

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ra il lontano 2007 quando in America -ancora da là veniva il nuovo- Amazon lanciò Kindle, il primo vero e proprio lettore di libri elettronici: possiamo prenderla come data d’inizio della rivoluzione digitale dell’editoria. sA distanza di sei anni i lettori di libri elettronici si sono moltiplicati in tutto il mondo nelle varie versioni, destinati ad essere letti non più solo in dispositivi appositi, come il Kindle appunto, ma anche in tanti altri diversi, come smartphone e tablet. Oggi forse ci si può cominciare a interrogare sui pro e i contro di queste nuove tecnologie, uscendo dalla falsa ingenuità di pensare che il supporto non influenzi sia il contenuto dei testi, sia l’operazione del leggere e, alla lunga, il lettore stesso. Molti ormai sono i dati in nostro possesso per tentare un bilancio, non troppo prevenuto nei confronti del nuovo ma nemmeno troppo incline a facili entusiasmi. Proveremo, nel prossimo numero, a sentire alcuni pareri per potere almeno provare a costruirci il nostro.

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di Emanuela Lanfranco e.lanfranco@inwind.it


Approfondimento

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Good news

e il mondo è ammalato, come sosteneva in tutta allegria un noto cantautore, è pur vero che molto dipende dalla nostra incapacità di vedere il sano che c’è. Fuori di metafora: esistono, a saperle cercare, zone in cui qualcosa di positivo accade. E se qualcuno soffrisse di vertigine della lista, stia alla larga perché l’elenco è lungo e dettagliato: una selva di conquiste, invenzioni, scoperte, curiosità, racconti, riflessioni, comunicati stampa che ci rimandano l’immagine di un mondo all’insegna della happy-end. Per esempio il giorno di San Valentino, a San Diego California, è nata in cattività un’orca marina oppure veniamo a sapere che in Tasmania una famiglia si è messa

in salvo dal fuoco per merito di un arzillo nonno che ha salvato tutti da morte certa. Oppure ci viene annunciato che dei ricercatori, vicino al Lago Maggiore, sono quasi riusciti a produrre carburanti da rifiuti organici, il che può essere la svolta epocale della mobilità su strada. Venendo a questioni più vitali, apprendiamo che un team di ricerca dell’Università di Siena ha scoperto un autoanticorpo naturale presente nei pazienti di sclerosi multipla capace di stabilizzare la malattia e tale da poter diventare un possibile marker prognostico per definire l’evoluzione della malattia stessa nei singoli pazienti. Mentre è ormai cosa certa che aprirà in Sicilia un Centro di Biotecnologie e

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Testo: Emanuela Lanfranco

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Ricerca che porterà lavoro e opportunità all’intera isola. E se vogliamo fare qualche nome e cognome, Patrice Motsepe, il primo Sudafricano di colore ad ammassare una fortuna da un miliardo di dollari, ha recentemente dichiarato d’aver firmato l’Impegno a Donare, destinando almeno metà dei suoi beni familiari alle sue fondazioni nate per sostenere la sanità e l’istruzione in Sudafrica. E’ il primo africano a aderire al progetto filantropico lanciato da Warren Buffet e Bill e Melinda Gates per convincere i miliardari a donare almeno metà del loro denaro a istituzioni benefiche. Queste sono solo alcune delle notizie che trova chi ha la pazienza di cercarle in “Good Agency” o in ”Good news”, solo alcuni dei molti siti che periodicamente si occupano di raccogliere il meglio dell’umano e di farlo girare per il pianeta. Resta ora da capire perché, mentre leggiamo buone notizie, non siamo

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capaci di gioirne: sfido chiunque, dopo avere dato una lettura con il sorriso sulle labbra, a non avere poi alzato le spalle per prendere in mano invece il “solito” quotidiano che trasuda le solite terribili notizie. E’ solo l’antico dilemma del bicchiere mezzo pieno per l’ottimista e mezzo vuoto per il pessimista? Ma se così fosse, allora la tensione all’ottimismo e quella al pessimismo sarebbero soltanto una delle tante variabili “genetiche”? La versione “pessimista” della vita dovrebbe poi stupirci ancora di più perché nel nostro Occidente ha funzionato finora la tradizione cristiana che ci ha insegnato che se il passato è male, perché stato il tempo del peccato originale, il presente è occasione di redenzione, mentre il futuro è salvezza in quanto è la realizzazione del progetto di Dio sul mondo. E a lungo il nostro immaginario collettivo è stato abitato da una sorta di inevitabilità del lieto fine: i poveri prima o poi diventano ricchi, le fanciulle trovano il principe

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azzurro, i cow-boys, sempre belli e buoni, arrivano in tempo a uccidere gli indiani, sempre brutti e cattivi. Oggi invece facciamo fatica a trovare un senso perché la storia ha smesso di parlare, ha smesso, appunto, di essere “storia” (quando un adolescente dice che “ha in ballo una storia” vuol proprio dire questo, che sta vivendo un’esperienza dotata di senso). E se crolla tutta l’impalcatura, se il tempo fornito di senso implode, viene a mancare lo scopo e il perché e tutti i valori si svalutano. Per questo forse non riusciamo più a credere in nessuna buona notizia e lo sguardo ottimista non è più il nostro. Del resto molto dipende anche dal punto di vista: quello che il bruco chiama fine del mondo il resto del mondo chiama farfalla dice il saggio Lao Tse. Il finale? C’è sempre una prossima puntata: bisogna non smettere di scrutare il mondo, forse l’unica soluzione è continuare a cercare di capire.


Sommario Editoriale La mia rubrica L’approfondimento

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cover story

Università. inaugurato il 44° anno accademico Passaggio di consegne all'Accademia della GdF Fedra, la borsa icona di Tiziana Fausti

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vip & news

Speciale: Azzano San Paolo

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peciale

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Una festa per Arg-Italia

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vip & news

Speciale: Stezzano

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Editore: Editrice Bergamasca S.r.l. www.ediberg.it

La moda passa, lo stile resta

peciale

L'accademia andrà a Roma. Ma non subito Circo: una bergamasca a Londra

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interviste

Speciale: Grassobbio

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Città dei Mille - anno 16 n. 2 Aut. Trib. n. 52 del 27 Dicembre 2001

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Federmanager, ricambi al vertice Ortisgreen, muri come giardini pensili

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imprese

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shopping

Gelato, due brevetti rivoluzionari al via 22° convegno dei Cavalieri dell'UNCI

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imprese

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rubriche

Bergamo Music Festival, 8a edizione Cinquant'anni con i grandi del pianoforte «I tre crocifissi» di Vincenzo Foppa a Milano

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cultura

Direzione e Redazione: Via Madonna della Neve, 24 Bergamo Tel. 035 35 91 011 Fax 035 35 91 117 www.cittadeimille.com Direttore responsabile: Claudio Gualdi Direttore editoriale: Emanuela Lanfranco Redazione: Fabio Cuminetti Abbonamenti: 035 35 91 011 segreteria@ediberg.it 1 anno - 27 euro

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La moda passa, lo stile resta

Nuovo centro di gravità permanente nel mare magnum del fashion: il «Simone Padoin Atelier», a Seriate, sposa classe e amore per il contemporaneo. Très chic

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n tripudio di turchese. L’abito fasciante della linea Jolie di Carlo Pignatelli che coniuga eleganza, raffinatezza, brio. Le decolleté più cool, Versace, a completare l’outfit easy chic. Ci accoglie nel migliore dei modi Valentina Sala, titolare e anima del «Simone Padoin Atelier» di Seriate, nuovo centro di gravità permanente – l’inaugurazione risale al 21 febbraio - nel mare magnum del fashion. Con lei due angeli custodi d’eccezione. Il marito, con la fama del nome (giocare nella Juventus non è da tutti) a suggellare la sete – meritatissima - di notorietà del negozio. Scarpa Versace blu cobalto, giacca destrutturata Armani in tinta e tessuto ottoman, jeans basico Takeshy Kurosawa, camicia bianca ancora Armani: l’ideale per la personalità di Simone, per nulla appiattita – assicura chi lo conosce – all’icona omologata del macho calciatore.

E poi, in giacca Carlo Pignatelli, jeans Armani e scarpe Versace, Mauri Magri, art director dell’atelier, professionista conosciuto e apprezzato nel mondo della moda e dell’arte. E personaggio a tutto tondo, che ama scherzare e mettersi in gioco come solo un vero creativo sa fare. Proprio da un sogno di Valentina, dalla sua passione per lo stile e dall’incontro con Mauri ha mosso i primi passi l’idea dell’atelier. L’ambizione era quella di dar vita a una boutique d’alta moda dove classe e ricercatezza si sposassero con una propensione al contemporaneo. Risultato raggiunto: basta guardarsi attorno per apprezzare il lavoro strabiliante del designer Iriam Bettera. Il negozio conferisce un senso di armonia non comune. Niente minimalismo, né sfarzo. Equili-

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Di Fabio Cuminetti

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brio, per mettere in risalto le collezioni. Il vetro e l’acciaio proiettano nel futuro, il cemento spalmato conferisce austerità, il legno vecchio scalda il cuore. L’habitat ideale per capi ed accessori dei più prestigiosi brand dell’alta moda. Di Armani, Versace, Carlo Pignatelli e Takeshy Kurosawa abbiamo già parlato. A questi si aggiungono Clips, Love Moschino, Tricot Chic, Naughty Dog, Vdp, Alexander McQueen, Patrizia Pepe, Marc Ellis, Naughty Dog, Via delle Perle, Pas de Cliche, Salco, Bruno Bordese e Fiorinda Sposa. Charme ed eleganza fanno da fil rouge tra

le firme selezionate. Per arrivare a questo ventaglio di brand è stato fatto un lavoro lungo e certosino. Un’operazione destinata ad avere successo a lungo termine, non un gioco. Perché «la moda passa, lo stile resta», sentenziava Chanel. Un lavoro, soprattutto, capace di proporre una selezione di capi per uomo e donna esclusivi, ideali per diverse occasioni. Quotidiane o mondane che siano. Senza dimenticare le cerimonie grazie alle grandi collezioni e i modelli sartoriali più ricercati. Per la sposa e lo sposo, per gli invitati. Chi vuol essere impeccabile avrà soddi-

sfazione: come da definizione, l’atelier (altrimenti che atelier sarebbe) mette a disposizione un servizio sartoriale interno di primissimo livello. Il cliente viene coccolato in ogni passaggio. A partire da Mauri, estremamente esigente. Perché esige che ognuno si senta bene con ciò che indossa. E alla fine il capo viene preparato su misura con mani esperte. Quelle di Anna. Mani di fata. Aprire un monumento del glamour come il Simone Padoin Atelier, infine, impone delle scelte basilari. Anche sul luogo. Scegliere la rotonda del Cassinone, all’uscita della superstrada e vicino al casello dell’A4 di Seriate, punta sulla comodità. Apre la possibilità a chi viene dalla provincia, o da altre provincie, di accedervi facilmente. Perché qui ci si può sentire davvero in sintonia con la propria immagine. «La moda è quello che uno indossa. Fuori moda è quello che indossano gli altri», ha scritto Oscar Wilde. Ma se c’è il consulente giusto è più facile. SIMONE PADOIN ATELIER Via Pastrengo 1/B - Seriate (Bg) Tel. 035 301193 info@simonepadoinatelier.com simonepadoinatelier.com

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Università, inaugurato il 44° anno accademico

Il Magnifico Rettore Stefano Paleari: «L’Università deve avere un’anima che la faccia vivere, e l’anima sua dev’essere fatta di scienza, di sapienza e di amore»

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iovedì 14 febbraio, presso il Teatro Sociale in Bergamo Alta, è stato inaugurato l'anno accademico 2012-2013 dell'Università di Bergamo. Con l’inno nazionale “Fratelli d’Italia”, eseguito dal Coro degli studenti dell'Università, insieme ai due solisti Mauro Cimino e Andrea Ghislotti, diretti dal maestro Laura Pesenti, è iniziata la cerimonia. Dopo i saluti delle autorità, e gli interventi del rappresentante degli studenti e del personale tecnico-amministrativo, la relazione del Magnifico Rettore Stefano Paleari e il conferimento del titolo di “Professore Emerito” a Pietro Enrico Ferri e Alberto Castoldi. Come tradizione di ogni inaugurazione, l'Università ha ospitato una personalità del mondo accademico e quest'anno la prolusione è stata affidata al professor

Michael Herzfeld, docente di Scienze Sociali al Dipartimento di Antropologia all'Università di Harvard con un intervento dal titolo “La sfida dei nostri tempi: ripensare il senso comune”. Chiusura in musica ancora con il coro studentesco che ha eseguito il “Gaudeamus igitur”, da sempre considerato l'inno internazionale degli studenti universitari. Nell’occasione è stato distribuito il volume, alla sua terza edizione, “Università degli Studi di Bergamo 2012”, che raccoglie i moltissimi incontri, le iniziative nazionali e internazionali, gli eventi originali e specifici organizzati nel corso del 2012: un lavoro per conoscere meglio l'attività dei docenti, al di là della loro impegno di didattica quotidiana, e degli studenti che partecipano alla vita pubblica della loro Università. Ha partecipato alla cerimonia il ministro Terzi di Sant'Agata.

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Passaggio di consegne all'Accademia della Guardia di Finanza

Il Generale di Divisione Giuseppe Zaffarana ha preso il comando dell’istituto di formazione del Corpo. Sostituisce il Generale di Divisione Rosario Lorusso, promosso Comandante Regionale in Liguria

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l 3 febbraio 2013, alla presenza del Generale di Corpo d'Armata Vito Bardi (ispettore per i reparti d’istruzione, a capo cioè di tutte le scuole e gli istituti di formazione del Corpo), nella piazza d'armi dell' Accademia Guardia di Finanza di Bergamo in via dello Statuto, si è svolta la cerimonia del passaggio di consegna del Comando, tra il Generale di Divisione Rosario Lorusso ed il Generale di Divisione Giuseppe Zaffarana. Lorusso andrà ad assumere l'incarico di Comandante Regionale Liguria. A rendere gli onori erano presenti un battaglione di formazione di Allievi Ufficiali, la Banda del Corpo, una formazione di rappresentanza del personale in servizio all’Accademia, il Gruppo Bandiera dell’Anfi di Bergamo ed un folto numero di familiari dei comandanti. Il Generale

Zafarana, 49 anni, è nato a Piacenza il 2 maggio 1963 e ha iniziato la carriera militare nel 1981 frequentando l'Accademia della Guardia Finanza proprio a Bergamo. Ha ricoperto numerosi incarichi operativi e di staff in Veneto, Calabria, Sicilia e Lazio: in particolare, ha retto dal 2001 al 2003 l'Ufficio del Comandante Generale, dal 2003 al 2008 è stato Comandante Provinciale di Roma e, dal 2008 al 2009, Capo Ufficio Personale Ufficiali del Comando Generale. Dal gennaio 2009 al gennaio 2013 è stato Capo del I Reparto del Comando Generale. Laureato in Giurisprudenza, Scienze Politiche e Scienze della Sicurezza Economica e Finanziaria, ha conseguito alla «Bocconi» di Milano il master di 2° livello in Diritto Tributario dell'Impresa.

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Fedra, la borsa icona di Tiziana Fausti

'è chi racconta la storia di famiglia affidandola a un diario, chi la raccoglie nelle pagine di un libro, chi la trasforma nella sceneggiatura di un film. Tiziana Fausti, che è cresciuta annusando l’ odore delle pelli e della colla tra la fabbrica e il negozio dei genitori, l’ ha narrata in una borsa. Nata dai ricordi di quelle lunghe giornate trascorse in campagna con il padre (“una montagna d’uomo, bellissimo”) e da quel mondo dell’equitazione che Tiziana Fausti frequenta fin da bambina, come hanno poi fatto le sue figlie, questa borsa capiente rivela la sua ispirazione hunting con piccoli dettagli significativi. Come l’infilatura a mano di una fettuccia nel bordo esterno, che reinterpreta particolari delle capezzine sulla fronte del cavallo. Manici lunghi, da spalla e da braccia, ma anche la tracolla interna che rielabora le cartucciere per portarla a bandoliera. Sfoderata, tranne che per alcuni pellami, come sfoderata era la prima borsa in cuoio realizzata dalla famiglia.

Perché c’è un po’ la storia della pelletteria del dopoguerra nel lavoro di questa coppia: lui, nato per caso a Varese, visto che gli altri Fausti vivevano a Washington D.C. Lei, Fedra Filippi, toscana, si era trasferita a Milano e lavorava per le famose Pirovano. Matrimonio nel giorno della liberazione, il 25 aprile 1945, e trasferimento a Bergamo, dove esperienza e competenza si fondono in un modo nuovo di intendere il negozio. Nascono così la Valigeria Fausti, poi Valnova, dedicata alle borse di avanguardia. Erano gli anni in cui Francesco Fausti se ne andava a Varese, allora nota per la valigeria, e tornava con il furgone carico di bauli e valigie. Intanto si andava affermando il “gusto Parma” con i marchi che sarebbero diventati celebri. Tiziana Fausti è cresciuta in questa atmosfera ottimista e sperimentale, collaborando con i genitori finché il 12 maggio 1979 apre il suo primo negozio. Piccolissimo, 16 mq, dove il primo giorno guadagna 500mila lire. Ogni numero bene inciso nella memoria. Poi, come si dice, da cosa nasce cosa: la grande

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boutique, il negozio di accessori (China Red) e quello, sempre dedicato agli accessori, che sta per aprire a Lugano. Perché questo è il suo mondo, al quale aggiunge oggi la sua borsa icona, Fedra, che sarà numerata e timbrata come sigillo di personalità e qualità. A dimostrazione della grandissima cura con cui questa borsa, disponibile in 18 cromie diverse, è creata, impiegando pellami dalle lavorazioni pregiate. Basti pensare che la limited edition in coccodrillo è realizzata con pelli di cocco Louisiana, appartenenti all’ archivio di casa da oltre trent’ anni.

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Azzano San Paolo

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«Azzano al lavoro», incontri al via Interessante iniziativa comunale al via. La Commissione Cultura di Azzano San Paolo propone infatti «Azzano al lavoro», serie di incontri al centro servizi Marchesi (ore 20:30). Si parte martedì 9 aprile con «Tendenze moda. Capelli, trucco e abbigliamento», a cura di Costantino Hair Styler. Giovedì 18 aprile è la volta di «Caffé, cioccolato e derivati», a cura di Andrea della Caffetteria dell’Ospite. Martedì 23 aprile si passa a «Primavera fiorita in casa» (presso il cortile di Vicolo Staletti, in caso di maltempo al Centro Marchesi), a cura di Amadei Emiliano. Giovedì 23 maggio, infine, «Il ritratto fotografico», a cura di Tiziano di Fototiziano. Ingresso libero e gratuito. Per informazioni 035.532289.

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Le due chiese, tra passato e futuro Azzano San Paolo ha due chiese, entrambe dedicate al patrono. Il presbiterio e parte della navata centrale della chiesa vecchia esistevano già nel XV secolo; nel 1705 la navata centrale fu allungata e rifatta in forme barocche, ma solo nel 1886 furono aggiunte le navate laterali su progetto dell’architetto Antonio Piccinelli. Il campanile, staccato dalla chiesa, fu costruito nel 1731. La volta della navata centrale è affrescata con scene della vita di San Paolo, l’abside è decorato con affreschi tra cui ne spiccano due attribuiti ad Antonio Cifrondi: un’Ultima cena molto ben conservata e un Sacrificio di Melchisedec purtroppo gravemente danneggiato dall’umidità. La nuova è espressamente dedicata alla Conversione di San Paolo. È stata edificata su progetto dell’architetto Aldo Piantanida e consacrata il 27 maggio 1970. La struttura è in travi di cemento armato a vista, mentre le pareti esterne sono rivestite in travertino dicromo. La luce entra all’interno da sei finestre in vetrocemento colorato e dalla lanterna del triburio ottagonale posto sopra l’altare maggiore. Il campanile, inglobato nel lato anteriore, sovrasta la porta centrale e porta un concerto di otto campane in Do maggiore fuse nel 1951. Il soffitto è decorato da una tempera Gloria di San Paolo tra i quattro Evangelisti di Emilio Nembrini, quattro ovali di Antonio Cifrondi: i santi Pietro e Paolo e due Dottori della Chiesa e una Conversione di San Paolo di Gian Paolo Cavagna provenienti dalla chiesa vecchia.

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Forse non tutti lo sanno ma c’è anche «Azzano d’Italia», associazione di undici fra comuni e frazioni italiani che portano nel loro nome il toponimo Azzano e i cui cittadini si chiamano azzanesi. Il monumento simbolo dell’iniziativa è opera di Dante Turchetto, di Azzano Decimo. Ogni anno a giugno ha luogo il raduno degli Azzano d’Italia, momento di incontro e di festa che vede anche la partecipazione delle rispettive bande comunali.

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La storia del paese Le origini risalgono all’epoca della dominazione romana ed il toponimo, secondo molti studiosi, deriva da un nobile possidente di quel periodo storico, tale Attius. La prima citazione nota risale al 875, in un testamento nel quale è citato come testimone un certo Agemundi de Aciano. Si susseguirono poi le dominazioni dei Longobardi e del Sacro Romano Impero, fino ad arrivare al medioevo. Il fatto forse più significativo di tutta la storia del paese avvenne il 20 febbraio 1083, quando il conte Alberto, figlio di Arduino III, permise ai servi della gleba di appropriarsi di case, terreni ed ogni tipo di bene. Questo evento, riportato da documenti ufficiali, anticipò di quasi sette secoli le conquiste democratiche verso gli schiavi, avvenute in Europa soltanto a partire dal XVIII secolo.

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Gruppi di Cammino (e salute) attivati anche ad Azzano. Grazie all’Asl Il comune di Azzano San Paolo, in collaborazione con il Dipartimento di Prevenzione dell’Asl di Bergamo, intende promuove i Gruppi di Cammino, un’esperienza già in atto in diversi comuni della bergamasca. Si tratta di gruppi di persone coordinate da un conduttore che camminano ad andamento sostenuto attraverso un percorso stabilito; quindi una semplice attività fisica adatta a tutti, come modalità di prevenzione di tante malattie, ampiamente documentata dalla letteratura scientifica. Camminare è un’attività piacevole, naturale, sana, particolarmente benefica per l’apparato muscolo-scheletrico, il sistema cardiocircolatorio e l’apparato respiratorio. Lo diventa ancora di più se praticato in compagnia e in mezzo alla natura. Questi gli orari di attività dei gruppi ad Azzano: lunedì dalle ore 9,30 alle 11 circa; martedì dalle ore 14,30 alle 16 circa; giovedì dalle ore 20,00 alle 21,30 circa. Gli interessati si dovranno presentare, nel giorno prescelto e nell’orario previsto, al piazzale Brigata Orobica (piazza del mercato, vicino al centro servizi Marchesi) con un abbigliamento consone. Si può scegliere di iscriversi a più gruppi. Le iscrizioni si effettuano presso il settore istruzione sport e cultura e in biblioteca. È inoltre possibile farlo anche direttamente nei giorni di svolgimento delle camminate rivolgendosi ai conduttori. Per ulteriori informazioni telefonare ai seguenti numeri: 035/532230 oppure 035/532227 (biblioteca).

Zona a traffico limitato fino a giugno Va avanti fino a giugno la zona a traffico limitato istituita dalla Giunta comunale (con deliberazione 199 del 26 settembre) lungo le vie Papa Giovanni XXIII e Stezzano, direzione centro, solo in ingresso dalla Circonvallazione Est di Stezzano, limitatamente al periodo scolastico, dalle ore 7,45 alla ore 9,15. Una ztl con alcune deroghe per i soli residenti azzanesi e per le particolari categorie indicate nella deliberazione.

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Roof Garden, una festa per Arg-Italia

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omenica 27 gennaio, la dottoressa Silvia Bernini, ha voluto festeggiare il suo compleanno, in maniera un po' insolita. Dopo la cena, svoltasi al ristorante Roof Garden, gli ospiti sono stati invitati a spostarsi nella sala convegni dell'hotel, dove specialisti dell'ospedale Gaetano Pini di Milano, con i quali la dottoressa Bernini collabora da diciotto anni, occupandosi delle problematiche alle articolazioni della bocca dei bambini malati di artrite reumatoide, hanno presentato tale patologia, e, soprattutto, cosa fortemente voluta dalla dottoressa Bernini, è stata presentata, dalla Presidente dottoressa Valeria Gerloni, l'annessa Associazione ARG-ITALIA, onlus. Alla fine non poteva mancare la torta e un messaggio importante: questa associazione ha bisogno di aiuti e tutti sono stati invitati a non far regali ma eventualmente contribuire a favore della Onlus ARG-ITALIA, Iban IT 76 D 05048 01657 0000 00016959.

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Gita a Cervinia con lo Sci Club Escursionisti

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Gita fuoriporta di sicuro interesse per tutti gli appassionati a inizio aprile. Lo Sci Club Escursionisti Stezzano organizza infatti un weekend a Cervinia, località che non ha bisogno di presentazioni, con partenza sabato 6 aprile alle 5.30 e ritorno domenica 7 alle 20. Per informazioni rivolgersi alla sede di via Cevedale 2, in paese, chiamare al tel. 035.4540820, contattare il gruppo su Facebook.

Sconto Family, mille euro di risparmio in duecento negozi Mille euro di sconti e promozioni da cogliere fino all’estate. Il distretto del commercio “Morus Alba”, che unisce nel rilancio dei negozi di vicinato i comuni di Stezzano, Azzano San Paolo, Grassobbio, Orio al Serio e Zanica, ha invieto a casa di 18 mila famiglie residenti nei comuni del distretto un libretto di sconti da poter utilizzare negli oltre 200 punti vendita aderenti fino al 30 giugno 2013. L’iniziativa intende rilanciare i consumi nei negozi di fiducia attraverso un carnet di promozioni, con tanto di “eurobollini” da trasformare in euro sonanti di sconto ad ogni spesa. La Sconto Family abbraccia tutto l’universo possibile degli acquisti, dai negozi di alimentari (dal fruttivendolo al macellaio, dalla pescheria al panificio alla salumeria, dalla gelateria alla pasticceria, con sconti dal 10 al 30 %) all’ hi-tech, dai negozi di abbigliamento e calzature, a bar, ristoranti, enoteche e pizzerie d’asporto, dai negozi di arredamento e design ai fioristi, dalle ferramenta alle farmacie, dalle edicole alle gioiellerie. Non mancano le adesioni di officine, carrozzieri, gommisti, negozi di animali, lavanderie, autoscuole, concessionarie d’auto e artigiani specializzati in ogni campo dalla posa del pavimento a quella degli infissi. Tra le attività aderenti anche studi odontoiatrici, fisioterapisti, palestre, parchi gioco e perfino l’asilo nido. C’è solo l’imbarazzo della scelta anche per la remise en forme e il benessere, dai centri estetici ai parrucchieri, dall’erboristeria alla profumeria, dal centro olistico allo studio di medicina estetica. Gli sconti vanno dal 3-4% delle agenzie viaggi per salire fino al 40% nei negozi di ottica e arrivare al 50% per i massaggi. La media degli sconti è elevata, si aggira attorno al 20%, e sono molte le attività a non indicare una soglia minima di acquisto. Fare shopping nel distretto consente, considerata l’ampia proposta commerciale che abbraccia ogni esigenza, di dare un taglio di mille euro in otto mesi al budget familiare.

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Dalla Schneider investimento di 4 milioni in paese La Schneider Electric (circa 700 dipendenti) vuole investire altri 4 milioni su Stezzano, portando qui il reparto della media tensione, attualmente nello stabilimento di Guardamiglio, in provincia di Lodi. L’annuncio è dello scorso ottobre e dovrebbe andare in porto entro settembre. Il condizionale però è d’obbligo, dato che è in corso una trattativa sindacale e alcune questioni devono ancora essere sistemate. I dipendenti del Lodigiano, infatti, non vedono di buon occhio lo spostamento. Che li costringerebbe a lunghe trasferte. «L’azienda ha ribadito le sue posizioni – ha commentato il segretario della Fiom Cgil Giovanni Ranzini -, così non c’è stata una grande discussione. La Schneider sostiene che il trasferimento dei lavoratori a Stezzano sia una priorità per mantenere l’assetto concorrenziale. Noi riteniamo che si possano trovare delle soluzioni alternative pur andando incontro alle esigenze dell’azienda legate alla produttività. Ci sono altre possibilità anche per investire, secondo i numeri che ci sono stati forniti si potrebbe intervenire su alcuni fattori, come i costi della struttura o la maggiore flessibilità sulle linee, da questo punto di vista i lavoratori si sono dimostrati disponibili». I sindacati ritengono che si possa ragionare sul futuro del sito di Guardamiglio e sono convinti che il trasferimento di 160 persone nella Bergamasca potrebbe creare più di una difficoltà allo stabilimento orobico, dove si contano 580 addetti. Insomma, per il momento la multinazionale francese non ha ancora ufficializzato i successivi sviluppi dell’eventuale trasloco.

Boom di abitanti: 22 per cento in più in 10 anni

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La Grande Bergamo diventa sempre più grande. Grazie all’hinterland, però, perché il capoluogo, a livello demografico, è praticamente immobile. E nei paesi di prima fascia attorno alla città è la parte a Sud-Est che è cresciuta maggiormente, da Gorle a Treviolo, passando per Seriate e Stezzano. Una «striscia» caratterizzata da boom immobiliare più di altre, e che più di altre ha potuto vivere un notevole boom immobiliare e un incremento dei pendolari che si recano a Bergamo. Stezzano, in particolare, ha aggiunto ben 2.283 abitanti ai 10.340 del 2011, raggiungendo quota 12.623 abitanti: un 22 per cento di tutto rispetto. Nella fascia di cui sopra fa meglio, a livello percentuale, solo Gorle: più 27,2 per cento, pari a 1.382 residenti in più.

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Stezzano al suo verde ci tiene. E stanzia 600 mila euro in tre anni Al suo verde ci tiene. Vuole che sia curato, in ordine, al passo con l’immagine di un paese che proprio della sostenibilità ambientale e paesaggistica ha fatto uno dei suoi fiori all’occhiello. Ecco perché Stezzano, nella veste del Comune, ha presentato un piano triennale delle opere pubbliche all’insegna della tutela di parchi e aiuole, senza dare il via a particolari stravolgimenti del piano urbanistico. Importante la cifra totale stanziata per il piano: 1 milione e 830 mila euro, che in questi tempi di vacche magre per gli enti locali non sono bruscolini. Verrà ripartita equamente sull’arco dei tre anni. Tradotto significa che dal 2013 al 2015 la Giunta guidata dal sindaco Elena Poma avrà a disposizione 610 mila euro annui per coordinare e portare a termine gli interventi. Come verranno spesi i soldi? Innanzitutto attraverso una manutenzione senza soluzione di continuità. Immobili comunali, strade, segnaletica. Il tutto per la cifra di 410 mila euro. Gli altri 200 mila saranno destinati alla cura del verde esistente e fruibile dalla popolazione. Che ringrazia.

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L’Accademia andrà a Roma. Ma non subito

Il Generale Giuseppe Zafarana è il 15° Comandante dell'Accademia della Guardia di Finanza. La stessa dove negli anni ’80 è diventato un ufficiale delle Fiamme Gialle

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la fucina da cui nascono gli ufficiali del Corpo. Parliamo dell'Accademia della Guardia di Finanza, nata nel lontano 9 febbraio 1896 quando re Umberto I istituì nella sede del palazzo vanvitelliano della Reggia di Caserta la «Scuola speciale per abilitare i marescialli e i brigadieri della Regia Guardia di Finanza a conseguire il grado di Sottotenente del Corpo». Il 16 agosto 1896 ebbe inizio il 1° Corso. Nel 1908 all'istituto, che cambiò la sua denominazione in «Scuola Allievi Ufficiali», furono ammessi anche giovani diplomati delle scuole medie superiori. Nel 1925, la scuola venne trasferita a Roma, prima nella caserma Vittorio Emanuele III (caserma "Piave" dopo il referendum istituzionale) e in seguito, nel 1953, in un edificio adiacente, appositamente costruito.

Nel novembre 1984 l'Accademia si trasferì a Bergamo. Il 1° dicembre dello stesso anno la bandiera dell'istituto raggiunse la nuova sede di Via dello Statuto 21. Tra questi allievi del primo corso Osum II c'era Giuseppe Zafarana. Nato a Piacenza nel 1963 da genitori siracusani, a tredici anni con la famiglia torna a Siracusa dove frequenta il liceo. Nel 1981 inizia la sua carriera militare entrando nell'Accademia della Guardia di Finanza a Roma. Attraverso i vari incarichi ha operato in Veneto, Calabria, Sicilia e Lazio. Poi sempre più su. Dal 2001 al 2003 ha retto a Roma l'Ufficio del Comandante Generale; dal 2003 al 2008 è stato Comandante Provinciale di Roma, dal 2008 al 2009 Capo Ufficio personale Ufficiali del Comando Generale, dal 2009 al gennaio 2013 Capo

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di Emanuela Lanfranco

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del I Reparto del Comando Generale. Ora, dal 4 febbraio guida l’Accademia da cui è partita al sua carriera. Comandante, il suo è un ritorno a Bergamo e da allora di strada ne ha fatta parecchia. «E' vero, sono arrivato a Bergamo da Allievo e vi sono ritornato da Comandante dell’Accademia dopo 28 anni. Sono il primo Comandante uscito dall'Accademia di Bergamo e infatti non ho sentito più di tanto la fase di transizione e di ambientamento. Mi sono subito trovato bene, come se fossi rientrato in un ambiente familiare». Allora, quando vedeva camminare nei corridoi dell'Accademia il suo comandante, avrebbe detto che un giorno sarebbe toccato a lei quel compito? «No, non l'avrei mai pensato, anche se devo dire che mi sarebbe piaciuto, un giorno, poterlo fare. Ma, all’epoca, questo pensiero era per me distante anni luce». Subito una domanda che riguarda anche i cittadini bergamaschi: l'Accademia va o resta? Si portano i tre anni di studi a Roma o portiamo anche gli ultimi due a Bergamo? «In questo periodo l'esigenza prioritaria è quella di ridurre i costi: abbiamo tutti subito dei tagli significativi sui bilanci e di conseguenza dobbiamo razionalizzare il più possibile le nostre strutture. L'orientamento è quello di portare tutti i corsi in un'unica sede. A Roma abbiamo la disponibilità di una nostra caserma dove potrebbero trovare allocazione tutti i cinque anni accademici con significativi risparmi in termini di risorse finanziarie, umane e materiali. Non si tratta di una cosa immediata perché occorre preliminarmente eseguire una complessa serie di opere di ristrutturazione e di spostamento di Reparti. Ritengo, quindi, che ci vorrà qualche anno». Non c'è la volontà dei bergamaschi di lasciare l'Accademia a Bergamo o c'è la voglia dell'Accademia di portare tutto a Roma? «Non vedrei il problema in questi termini.

Non è una questione di una realtà geografica piuttosto che di un'altra. Come dicevo, abbiamo l’assoluta necessità di contenere i costi e di ridurre lo sforzo che facciamo per mantenere le nostre due strutture. Dal momento che la soluzione è già a portata di mano a Ostia, vicino Roma, siamo orientati in questo senso. Se ci fosse stata una struttura anche a Bergamo, certamente avremmo potuto estendere il campo delle possibili opzioni anche all’ipotesi di rimanere in questa bellissima città». Il primo incarico avuto dalla sua nomina a Generale di Divisione è stato il comando dell'Accademia: si immaginava la situazione che ha trovato o si aspettava qualcosa di diverso? «L'Accademia è un reparto splendido e prestigioso perché è quello che, più di altri, custodisce la storia, i valori e le tradizioni del Corpo: in virtù di questo, è una struttura che esprime già di suo straordinari livelli di eccellenza. Sull’Accademia c’è sempre stata molta attenzione da parte del nostro Comando Generale perché qui si formano le generazioni di Ufficiali che governeranno la Guardia di Finanza nei prossimi decenni. Tutto ciò fa sì che gli standard di efficienza dell’Istituto siano ben collaudati, fermo restando che ogni Comandante, come è naturale che sia, fornisce quel valore aggiunto che gli deriva dalla propria storia professionale». Comandante Zafarana, come tutti i militari anche a lei avrà fatto tanti traslochi. All’uscita dall’Accademia, nel 1985, ho prestato servizio in Veneto, terra che amo molto, per poi essere trasferito in Calabria, a Lamezia Terme, per due anni. Sono quindi approdato a Roma, che è un po' la mia città di adozione, ove sono stato impiegato tra il Comando Generale e il Nucleo Centrale di Polizia Tributaria. Nel 1997, dopo aver frequentato il Corso Superiore di Polizia Tributaria, ho prestato servizio a Palermo, per ritornare, quindi, nuovamente a Roma dove, tra gli altri, ho ricoperto l’incarico di Comandante Provinciale della Capitale per

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quattro anni, e di Capo del I Reparto del Comando Generale per ulteriori quattro anni». Comandante, che rapporto ha con gli allievi? «Con gli allievi il Comandante ha un rapporto frequentemente diretto ma, nel quotidiano, è filtrato dal quadro Istruttori che si occupa nel dettaglio del loro processo addestrativo e formativo. Dal mio punto di vista sento fortissima la responsabilità di quello che faccio perché sono consapevole che sulla base della mia azione di comando saranno forgiate e plasmate le prossime generazioni di Ufficiali. Poi c'è l'aspetto umano che ti fa provare emozioni molto forti: a parte il rivedere me stesso anni fa, questi ragazzi, così giovani, fanno anche un po' di tenerezza perché hanno fatto una scelta coraggiosa che li ha portati lontani dalle proprie famiglie ed affetti». Finita l'Accademia con il grado di tenente, questi ragazzi hanno la certezza del lavoro. C'è qualcuno che sceglie questo indirizzo proprio per questo motivo? «Ogni anno per un concorso da 55 posti pervengono al Comando Generale più di 6.000 domande ma, per rientrare tra i vincitori, devono essere affrontate tutta una serie di prove, come ad esempio test psico-fisici ed esami scritti ed orali di cultura generale, che riesci a superare solo se sei veramente motivato. Senza dubbio c’è anche un movente occupazionale, ma il fatto di avere una così vasta platea di concorrenti rispetto ai posti disponibili ci permette di effettuare una selezione mirata su quelli che fanno una scelta consapevole. È vero che hai un posto sicuro, che dà anche una qualcerta visibilità sociale, ma è anche vero che è una vita di grandi sacrifici, impegno e rinunce, sol se si considerino i continui trasferimenti cui si è sottoposti con i disagi familiari che ne conseguono. A ciò è da aggiungersi che l’esigenza di una forte motivazione è indotta anche dal ruolo sempre più impegnativo che la Guardia di Finanza ha assunto nel corso

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degli ultimi decenni, ruolo che presuppone una costante attività di studio, di impegno e di applicazione, per far fronte al continuo divenire dei contesti operativi di riferimento: a titolo esemplificativo, oggigiorno, i nostri giovani Ufficiali sono chiamati a sviluppare indagini economiche e finanziarie molto complesse, spesso con significative proiezioni internazionali. La stessa attività di polizia tributaria presuppone un aggiornamento permanente per la velocità con cui cambiano le

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norme di settore, oltre al possesso di doti di sensibilità ed attenzione, ora più che mai per via della crisi economica, incidendo sovente sulle storie aziendali e familiari, con ricadute sul piano economico e sociale. In definitiva la vita che attende i futuri Ufficiali della Guardia di Finanza è fatta di sacrificio, impegno, responsabilità e studio continui (il Generale Zafarana è laureato in Giurisprudenza, Scienze Politiche e Scienze della Sicurezza Economica e Finanziaria ed ha conseguito, inoltre, presso l'Università Bocconi di Milano il

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Master di 2° livello in Diritto Tributario d'impresa, ndr) il che rende indispensabile una forte motivazione in tutti loro. Io sono molto soddisfatto dei miei ragazzi e delle mie ragazze per la loro caparbietà e tenacia». Una volta l'ingresso in Accademia era anche un modo per seguire le orme familiari. «Nella storia della mia famiglia c'è questa tradizione militare: mio padre è un Ufficiale dell'Esercito Italiano e mio fratello ha frequentato la Scuola Militare della


Nunziatella: poi ha scelto la carriera in magistratura». Cosa ne pensa dell'ingresso delle donne in Accademia? «Quando fui allievo non vissi questa realtà in quanto, all’epoca, le donne non erano ancora nel mondo militare. Come Comandante le posso dire che spesso le ragazze primeggiano in molte attività e sono state, sicuramente, un arricchimento per la nostra Istituzione. Attualmente il numero di Allieve supera il 20% e sono perfettamente integrate nella realtà accademica». Chi era il suo comandante? «All’epoca il mio Generale Comandante

era Amilcare Mion, che ora abita a Bergamo ed è il papà dell'attuale Comandante di Battaglione degli Allievi dell'Accademia». Comandante: come passa il suo tempo libero, visto che già la città la conosce. «Ho dei punti di riferimento: sono un fan di “Bergamo Alta” dove amo molto fare jogging nonché i “Colli” in quanto offrono dei paesaggi molto suggestivi ed unici». Come fan di Bergamo, la squadra di calcio che segue? «Posso dire di essere milanista ma seguo con simpatia anche le partite dell'Atalanta».

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I 15 COMANDANTI DELL’ACCADEMIA alla sede di Bergamo 1 - Gen. Mion Amilcare dal 18 Ottobre 1982 al 1° Ottobre 1985 2 - Gen. Malgeri Vincenzo dal 2 Ottobre 1985 al 5 Ottobre 1986 3 - Gen. Boi Ennio dal 6 Ottobre 1986 al 8 Ottobre 1989 4 - Gen. Culmone Franco dal 9 Ottobre 1989 al 6 Settembre 1991 5 - Gen. Cucuzza Osvaldo dal 7 Settembre 1991 al 24 Settembre 1993 6 - Gen. La Nave Giuseppe dal 25 Settembree 1993 al 7 Luglio 1995 7 - Gen. Patroni Alberto dal 8 Luglio 1995 al 13 Gennaio 1998 8 - Col.t. ST Izzo Eugenio dal 14 Gennaio 1998 al 30 Settembre 1998 9 - Gen. Quaranta Giuseppe dal 1° Ottobre 1998 al 1° Ottobre 2003 10 - Gen. Minervini Domenico dal 2 Ottobre 2003 al 2 Ottobre 2005 11 - Gen. Attardi Francesco dal 3 Ottobre 2005 al 27 Settembre 2006 12 - Gen. Ritondale Filippo dal 28 Settembre 2006 al 23 Ottobre 2007 13 - Gen. Calandro Michele dal 24 Ottobre 2007 al 28 Settembre 2010 14 - Gen. Lorusso Rosario dal 29 Settembre 2010 al 3 Febbraio 2013 15 - Gen. Zafarana Giuseppe dal 4 Febbraio 2013 al…

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Circo: una bergamasca a Londra

Francesca Martello, classe 1975, ha trovato la sua dimensione Oltremanica: «Non pensavo si potesse fare questo lavoro a tale livello di professionalità. In Italia non era una cosa neppure pensabile»

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er inseguire il proprio sogno ha girato l’Europa. Oltremanica ha trovato la sua dimensione, a Londra. Francesca Martello, classe 1975, ha seguito le orme di un altro bergamasco eccellente: Enrico Rastelli, morto nel 1931, considerato il più grande giocoliere di tutti i tempi. Come lui ha fatto del circo la sua vita. Ma il percorso effettuato è molto diverso. Rastelli era nato in una famiglia circense, in Russia, e fin da piccolo aveva vissuto nell’ambiente. Francesca è del quartiere Loreto, ha frequentato il liceo scientifico Mascheroni e poi il Dams di Bologna. Il mondo della chapitau, il «tendone» (anche se in realtà oggi per «circo» si intendono diversi contenitori, diverse arti e espressioni), è venuto dopo. Raccontaci com’è nata questa passione. «È cominciato tutto dieci anni fa. Ero

andata a Barcellona facendo l’Erasmus per il Dams, e dovevo laurearmi di lì a poco, come effettivamente poi è successo. Lì c’è una scuola di circo, e un luogo dove tutti i giocolieri si ritrovano una volta a settimana. Ho cominciato a praticare la giocoleria in Catalogna, dunque, e pian piano sono venuta a conoscenza della possibilità di farlo come lavoro». Galeotta fu la Spagna. «Esatto. Anche perché il passo successivo è stato alla scuola di circo “Carampa” di Madrid, dove ho fatto un corso preparatorio di quattro mesi in varie discipline». Poi l’Inghilterra. «Ho fatto le prove d’ammissione per la Circus Space di Londra. Collocata all’interno di una delle mitiche ex power station (centrali elettriche) della metropoli, nel quartiere Hoxton, è una delle maggiori tre scuole circensi d’Europa. Lì si può ottenere una vera e propria laurea

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di Fabio Cuminetti

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di tre anni. Io l’ho presa, e a Londra sono rimasta». Un attestato d’alto livello per un’attività che in realtà già svolgevi. «Sì, già praticavo, ma non pensavo che si

potesse fare questo lavoro a tale livello di professionalità. In Italia non era pensabile, al di fuori dei circhi tradizionali. O nascevi in famiglie circensi, Orfei e Togni su tutte, o niente. Ora pero le cose stanno

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cambiando anche qui: a Torino ci sono due scuole». Anche a Bergamo ci sono novità. «Si, grazie soprattutto a Lorenzo Baronchelli di Ambaradan, che organizza anche una scuola di circo estiva per bambini». Ora a Londra cosa stai facendo? «Lavoro su diversi progetti. C’è il mercato formato cabaret. Pezzi di 5-10 minuti, per una settimana circa nello stesso locale. Veniamo anche chiamati per animare feste ed eventi. Infine, i festival, soprattutto d’estate: lì devi avere uno spettacolo tutto tuo, di mezz’ora circa. Ho parecchie collaborazioni, insomma: è il tipico lavoro self employed, autonomo. Si avvicina al mondo del teatro, da questo punto di vista». La scelta di andare all’estero è stata obbligata. «Quando ho cominciato io effettivamente non avevo alternative: in Italia non si poteva campare con questo mestiere. Ora, come dicevo, le cose stanno cambiando, ma le possibilità che ci dà Londra sono ancora un miraggio per l’Italia». In che ambiti ti sei specializzata? «Mi sono laureata in giocoleria. Ma pratico abitualmente anche clowneria, teatro mimico, danza. Un po’ di tutto, insomma». Cosa ti piace di più della tua attività? «Adoro incontrare vecchi artisti circensi. Al Circus Space ho studiato con Angela De Castro, ad esempio, che ha lavorato per vari anni con Slava, clown noto per lo “Snowshow”, lo spettacolo della neve». E di Rastelli, ne senti parlare spesso? « Ne l l’ a m b i e n t e è c o n s i d e r a t o u n a leggenda. Corrono tutti in processione alla sua tomba, al cimitero di Bergamo, dove una statua a grandezza naturale lo ritrae con un pallone in equilibrio sul dito». Il tuo rapporto con Bergamo. «Ora con la città mi sono riappacificata. Quando me ne sono andata mi stava davvero stretta. Ancora adesso mi dispiace che sia priva di stimoli: ci potrebbero essere molte più cose, a Bergamo. Manca iniziativa. Ma è bellissima, e c’è anche più energia rispetto a un tempo».

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Calendario del Parco del Serio, Grassobbio protagonista Ruolo da protagonista per Grassobbio nel calendario 2013 (dal titolo «La vita dell’uomo nel Parco del Serio») del Parco del Serio, nato dagli scatti premiati all’interno del concorso fotografico «Emozioni … sul Serio» per l’anno 2012. «Il parco – scrive il presidente Dimitri Donati - non è fatto però solo da una serie di luoghi da osservare ma è anche un luogo di esperienza nel quale fare un’escursione a piedi o in bicicletta, partecipare a una visita guidata, assistere a uno spettacolo teatrale, correre, assaggiare un prodotto con il marchio agroalimentare del Parco del Serio. Per questo vi ricordo che per tenervi aggiornati sulle iniziative organizzate dal Parco è possibile iscriversi alla newsletter direttamente dal sito internet www.parcodelserio.it». Il Parco del Serio è inserito all’interno di un territorio plasmato dall’azione secolare dell’uomo. I paesaggi che oggi osserviamo sono il risultato del complesso rapporto tra uomo e ambiente naturale. I segni e le testimonianze dell’attività dell’uomo sono molteplici; castelli, cascine, chiese, santelle, opere di ingegneria idraulica (palate, rogge, canali). Nella foto di Emiliano Cometti: fiume Serio a Grassobbio.

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Grassobbio Monte Pora, Luca dà il nome alla mascotte È stato un piccolo cittadino di Grassobbio - Luca Battaglia di 9 anni - a indicare il nome, poi scelto tra centinaia di altri, per la mascotte della scuola di sci del Monte Pora. Il simpatico leone d’ora in poi si chiamerà Spidi. Luca è stato premiato domenica 10 marzo.

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La lunga storia di Grassobbio: dall’antica Roma, tra alti e bassi Le origini di Grassobbio risalgono all’epoca romana, quando vennero insediati piccoli accampamenti considerati luoghi di avvistamento nonché avamposti difensivi della città di Bergamo. A suffragare questa ipotesi vi sono alcuni ritrovamenti di lapidi ed iscrizioni funerarie, che lasciano intendere che questo insediamento fosse interessato dal passaggio di una via che metteva in comunicazione la pianura bergamasca con la val Seriana. Al termine della dominazione romana si pensa che Grassobbio abbia attraversato una fase di spopolamento, come si evince dall’assoluta mancanza di reperti e di riferimenti scritti. Il primo documento che ne attesta l’esistenza risale addirittura al 1186, quando viene menzionato in un atto redatto per conto dell’imperatore Federico Barbarossa. Fu in questo periodo medievale che il borgo venne interessato da un consistente sviluppo abitativo e demografico, favorito dalle migliorate condizioni economiche. Tuttavia in ambito sociale e politico venne investito dalle lotte fratricide tra guelfi e ghibellini, che imperversavano in quasi tutta la provincia bergamasca. A tal proposito dovette dotarsi di edifici fortificati, tra cui un castello, volti alla difesa del territorio e degli abitanti. La situazione ritornò alla normalità soltanto all’inizio del XV secolo, quando irruppe la Repubblica di Venezia. Tuttavia la popolazione visse ancora momenti di grande difficoltà, tra cui alcune epidemie di peste (la più devastante nel XVII secolo), carestie e straripamenti del Serio, che distrusse parte del centro abitato nel 1646 e nel 1920. I secoli successivi videro l’arrivo della dominazione francese al termine del XVIII secolo, a cui poi subentrarono gli austriaci, per poi passare definitivamente al Regno d’Italia nel 1859, senza che nel paese di Grassobbio avvenissero episodi di rilevanza politica. Soltanto a partire dalla seconda metà del XX secolo il territorio comunale ha visto una progressiva trasformazione economica, che lo ha portato ad abbandonare l’anima rurale che lo aveva contraddistinto per secoli, per trasformarsi in piccolo centro industriale.

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Federmanager, ricambio al vertice

Diego Macario è il nuovo presidente dell'associazione legata a Confindustria. Insediato il direttivo della sede provinciale. «Sono molto soddisfatto della squadra che mi affiancherà durante i prossimi tre anni»

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iego Macario è il nuovo presidente di Federmanager Bergamo. E’ stato eletto il 23 febbraio dal Consiglio Direttivo dell’organismo di rappresentanza dei dirigenti delle imprese industriali della provincia di Bergamo. Alla vice presidenza è stata designata la geometra Bambina Colombo, mentre l’incarico di tesoriere è stato affidato alla dott. ssa Silvia Gardini. Segretario provinciale di Federmanager Bergamo è l’ing. Mauro Giovanelli. Oltre a loro, del neo Consiglio Direttivo di Federmanager Bergamo, che rimarrà in carica per il triennio 2013-2015, fanno parte anche: Silvana Iseni, Davide Orobona, Pierantonio Bonassi, Pierluigi Gatti, Claudio Pesenti, Giovanni Pezzoli e Roberto Spagnolo. Con Macario, Gardini e Giovanelli, Iseni

e Orobona rappresenteranno i dirigenti in servizio; insieme a Colombo, i restanti cinque daranno voce ai manager in pensione. «Sono molto soddisfatto della squadra che mi affiancherà durante i prossimi tre anni», ha commentato il neo presidente Macario. Che ha aggiunto: «Oltre a un amplissimo rinnovamento – otto degli undici componenti sono infatti freschi di prima nomina - anche anagrafico, sottolineo con piacere la confermata presenza di addirittura tre colleghe. Un particolare, quest’ultimo, che già tre anni fa vide la nostra Territoriale primeggiare, fra le consorelle lombarde, per l’incidenza della partecipazione femminile nel nostro massimo organismo di rappresentanza».

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a cura della redazione

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«A nome dell’intero Consiglio Direttivo – ha proseguito Diego Macario – sento di dover rivolgere un ringraziamento particolare al mio predecessore per il lavoro

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svolto durante i quindici anni in cui ha guidato l’associazione». «Mario Giambone – ha concluso Macario – ha messo una straordinaria dose di

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passione nella sua attività a favore dei Dirigenti. Non solo rappresentandoli a Bergamo, ma impegnandosi sia a livello regionale sia nazionale».


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Ortisgreen, muri come giardini pensili

L’azienda bergamasca ha presentato «Hoh!», componenti di verde d’arredo a misura d’ambiente e facili da allestire. Proprio come appendere un quadro. Un buon modo per dar vita ad angoli suggestivi

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n anteprima a Macef 2013, la più importante manifestazione del settore home decor, è stato presentato un nuovo oggetto d’arredo della bergamasca Ortisgreen: «Hoh!». Il nome deriva da un acronimo dal sapore internazionale - Hang.Oasi.Home - che sintetizza il desiderio ormai diffuso di introdurre componenti di verde d’arredo a misura d’ambiente e facili da allestire, proprio come appendere un quadro. Sempre più utilizzato per creare angoli suggestivi, il verde indoor si sviluppa ora verso l’alto, appendendosi alle pareti così da evitare ingombri a terra. Non più solo vasi, ma anche vere e proprie superfici verdi, piccole aiuole da muro, da posizionare sulle pareti di salotti, corridoi, stanze, uffici, hotel e centri benessere. «Hoh!» è composto da

un contenitore in plastica dalle dimensioni agevoli (38x27x7cm) con alcune aperture dove poter inserire e realizzare la propria composizione di verde verticale indoor, totalmente personalizzabile in base ai gusti e adatta a ogni tipo di ambiente: pubblico, domestico o commerciale. Un oggetto affidabile e di minima manutenzione: nel substrato di sfagno può contenere un variegato mix di varietà vegetali garantendo loro sostegno e nutrimento con una semplice irrigazione manuale. Il design minimale e le forme lineari arricchiscono con un tocco «natural» qualsiasi ambiente interno, creando un’opera di verde a regola d’arte da esibire. La sua capacità decorativa si sviluppa in diversi effetti cromatici, volumi e sfumature.

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L’uomo, L’uomo, le le sue sue passioni... passioni... ricordarlo ricordarlo con con le le sue sue passioni. passioni. Bergamo si prepara a Bergamo si prepara a contribuire alla spedizione contribuire alla spedizione dei “Mille”. 174 cittadini appartenenti dei “Mille”. 174 cittadini appartenenti a tutte le classi sociali, assunsero a tutte le classi sociali, assunsero una rilevanza nazionale e storica una rilevanza nazionale e storica per la partecipazione agli eventi di per la partecipazione agli eventi di quell’epoca. quell’epoca. Ricciardi Giovanni Battista fu uno Ricciardi Giovanni Battista fu uno dei partecipanti alla spedizione. dei partecipanti alla spedizione. Ritornato dall’impresa gloriosa, Ritornato dall’impresa gloriosa, per la quale ebbe le medaglie per la quale ebbe le medaglie commemorative e la pensione commemorative e la pensione dei Mille (legge 22 gennaio 1865), dei Mille (legge 22 gennaio 1865), riprese l’ufficio di scrivano, che tenne riprese l’ufficio di scrivano, che tenne fino alla morte. Lo si ricorda ancora fino alla morte. Lo si ricorda ancora oggi per quello che fu in vita. oggi per quello che fu in vita. Storia e passioni per un ricordo perenne. Storia e passioni per un ricordo perenne. Bergamo, città dei mille, Bergamo, città dei mille, delle famiglie che con la delle famiglie che con la loro tenacia hanno costruito l’economia loro tenacia hanno costruito l’economia bergamasca costituita soprattutto bergamasca costituita soprattutto da piccole-medie imprese, con la da piccole-medie imprese, con la presenza di grandi industrie, presenza di grandi industrie, che vanno dal settore alimentare che vanno dal settore alimentare a quello metalmeccanico. a quello metalmeccanico. Famiglie con uomini con veri valori. Famiglie con uomini con veri valori.

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Gelato, due brevetti rivoluzionari al via

Presentata la Iri, Imprenditori riuniti italiani, una nuova sfida tra Bergamo e Brescia. Prevista l’apertura di 50 punti vendita in franchising entro il 2013

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i parla sempre di gelo nei consumi. Ma per un coraggioso gruppo di imprenditori bergamaschi e bresciani il momento di crisi si batte proprio col gelo. Anzi, col gelato. In una veste rivoluzionaria, s’intende. Grazie a tecnologia e ricerca. Una novità presentata lo scorso 28 febbraio all’Hotel Master di Brescia e firmata Iri, che sta per Imprenditori Riuniti Italiani. Un progetto guidato da Luciano Cremaschini (amministratore delegato) e Vito Belli (business manager), centrato su due brevetti internazionali. Nesfruit, innanzitutto, preparato derivato da frutta fresca al 99% che consente di ottenere un gelato artigianale in 8 minuti, eliminando il ciclo del freddo. Il tutto senza addensanti chimici. Con una busta da un chilo e mezzo di soluzione, due litri e mezzo di acqua e un chilo di zucchero

«si ricavano otto chilogrammi di ottimo gelato alla frutta, in 24 gusti», chiosa Belli. E senza far ricorso a particolari macchinari: un mantecatore e una frusta sono sufficienti. Niente attrezzature costose, niente corsi e diplomi. Stesso discorso per Nescream, secondo brevetto depositato dalla Iri. Con la palese differenza del gusto: creme (10 varietà ) al posto della frutta. I due brevetti sono la sorgente. A cascata arriva il resto del business: un nuovo ghiacciolo alla frutta battezzato Fruit Up, in vendita nella grande distribuzione da maggio), e Fruitline, linea di frutta fresca al 100% per bar e pasticcerie. Non da tenere in frigo, ça va sans dire. Poi il network commerciale «Non Dirmi No»: mira ad associare più gelaterie fornendo campagne di marketing (concorsi per il «miglior mangiatore», ad esempio). Infine

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due reti di franchising: Granita Express (il costo di partenza chiavi in mano è di 29.900 euro) e Bel Gelato Outlet (60.379 euro, pagabili anche a rate). L’idea è nata in Africa. Galeotto fu un viaggio in Kenya (dove è anche prevista anche un’operazione di solidarietà : la costruzione di una scuola con campo da calcio attraverso Fondazione Iri e Norton Football Club)

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che ha permesso ai partner - 8 in tutto, tra persone giuridiche e fisiche, guidati dal bresciano Ettore Marchina - di passare ai fatti. I soci sono: Fin Marc srl di Gussago, Immobiliare Ronco srl di Gussago, F.lli Belotti srl di Albino, San Lorenzo Srl di Gussago, Pakulska Marlena Barbara di Provaglio D’Iseo, Moreschi Marco di Gussago, Gualdi Claudio di Bergamo,

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Rodella Cristian di Cazzago San Martino, Venturelli Elisabetta di Brescia. L’investimento? Due milioni di euro. Due le reti di franchising sul campo. Obbiettivo: oltre 350 punti vendita da aprire in 5 anni, 50 entro il 2014 (quattro sono già in cantiere a Puegnago del Garda, Manerbio, Flero e Verolanuova). Un progetto ambizioso, in ottica disgelo.


Impre se

22° convegno dei Cavalieri dell’UNCI

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li insigniti della sezione provinciale dell’Unci (Unione Nazionale Cavalieri d’Italia) domenica 10 marzo dopo la messa nella chiesa di San Bartolomeo, concelebrata dall’arcivescovo emerito di Siena mons. Gaetano Bonicelli, e padre Silvestro Vernier, accompagnati dalla soprano Elena Morfea e dal tenore Giovanni Capurro, si sono ritrovati in una sala affollata dell’hotel Excelsior San Marco per la 22ª riunione annuale. All’appuntamento che si è tenuto con il patrocinio della Provincia, del Comune di Bergamo e della Camera di Commercio, sono intervenute numerose autorità: civili, militari e religiose. Erano presenti il presidente nazionale Ennio Radici, la responsabile nazionale delle donne nell’Unci Tina Mazza Annoni, la vice presidente provinciale Teresa Frigeni, l’assistente ecclesiastico don Lino Lazzari, il console Unci della Regione Lombardia e presidente della delegazione provinciale di Lodi Silverio Gori, i presidenti provinciali: Roberto Scarpa di Venezia, Nino Onofrio Bernardi di Verona, Vincenzo Riboni di Vicenza, Antonio Sergio Sossella di Treviso, il delegato della città di Treviso Dino Dian, il presidente della Commissione Distinzione Onore e Merito Unci Remo Degli Augelli, il presidente della delegazione di Como Luigi Cabano, il consigliere provinciale della sezione di Brescia Giulio De Santis, il delegato mandamentale di Chioggia Alessandro Penso, il segretario della sezione di Milano Lucio Tabini, il direttore della rivista “Il Cavaliere d’Italia” Romano Da Col, la delegata mandamentale Giudicarie-Rendena Andreina Zambotti. La riunione si è aperta con l’inno d’Italia cantato dalla soprano Elena Morfea e dal tenore Giovanni Capurro. Parole di elogio per l’organizzazione guidata da Annoni e da Tina Mazza, sono state espresse da alcune autorità intervenute all’Hotel

Excelsior San Marco. Hanno preso la parola l’assessore comunale ai Lavori Pubblici Alessio Saltarelli e l’assessore provinciale allo Sport Alessandro Cottini. Tutti hanno ricordato che l’appartenenza all’Unci significa mantenere alto il sentimento morale, avere doti di probità e correttezza morale. E’ seguita la relazione del vice presidente nazionale e presidente provinciale Marcello Annoni, il quale ha ricordato che i soci Unci di Bergamo sono oggi circa 500 e - prima di proporre all’attenzione di tutti i presenti una relazione sui programmi, le iniziative e le attività che l’associazione stessa ha realizzato nel corso di un anno - ha letto la lettera del presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano e del ministro degli Esteri Giulio Terzi. Ha poi ricordato un tangibile riconoscimento a chi opera in favore dei cittadini più bisognosi. Il 25 novembre è stato proposto il 19° Premio della Bontà Unci città di Bergamo, con consegna di un contributo a sette associazioni che operano nel volontariato. Sono seguiti gli autorevoli interventi del console regionale Silverio Gori e del

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presidente nazionale Ennio Radici: i quali hanno sottolineato che il riconoscimento del cavalierato della Repubblica è prima di tutto un riconoscimento al merito di persone che si dedicano con impegno e dedizione alla loro attività, vista come missione. Una scelta di vita con cui si contribuisce alla costruzione di una società più giusta. Non è più tempo di delegare – hanno proseguito – ed essere cavalieri significa anche rendere più salda questa Repubblica, far crescere lo Stato italiano sui pilastri che fondano la nostra Costituzione. Per essere d’esempio e di sprone, affinché altri percorrano questa strada di saggezza e lungimiranza. Si è proceduto alla consegna dei diplomi ai nuovi soci simpatizzanti (che non sono insigniti), ma che condividono le finalità dell’Unci: Massimiliano Balduzzi, Gianluigi Belotti, Enrico Bernini Franco Comotti, Alessandro Cottini, Alessandro Di Leo, Giovanni Diodato, Rosamaria Esposito, Alessandro Fabiani, Massimo Foglia, Giovanni Fornoni, Antonella Goisis, Elena Morfea, Adriano Nosari, Pierangelo Pendeggia, Renato Propersi, Enrico Remondini, Adib Salim, Teresa Sangaletti, Maurizio Ubiali, Antonino Vento, soci insigniti: Geom. Roberto Arrigoni, Comm. Marcello Bonomi, Pietro Busi, Lorenzo Camera, Angelo Campa, Orfeo Damiani, Flavia Fabiani, Luigi Ferrajoli, Vincenzo Lattanzio, Gianfranco Manfrotto, Maria Mariani, Lucio Mistri, Giulio Zinetti. Inoltre consegna ai soci che hanno avuto un avanzamento di Onorificenza: Giovanni Antonio Cividini, Isidoro FratusGiuseppe Lupi, Luigi Mariani e Umberto Zanetti. L’incontro si è concluso con il brindisi e il pranzo sociale durante il quale i soci Unci come ogni anno, hanno raccolto fondi per il “Premio della Solidarietà” consegnato quest’anno all’Associazione Cure Palliative Onlus di Bergamo. APR-MAG 2013


Un nuovo network per i laureati

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e attività e i progetti di LUBERG, l’associazione dei laureati dell’università di Bergamo, entrano nel vivo con il primo degli appuntamenti in calendario per il 2013. Per promuovere lo scambio e la condivisione di esperienze fra gli associati e le istituzioni locali, nel corso dell’anno verranno organizzati incontri e momenti di aggregazione di carattere culturale e professionale. Le modalità e i tempi di attuazione saranno definiti nel tempo secondo le esigenze e le aspettative dei laureati. La volontà di LUBERG è quella di offrire eventi di approfondimento su temi di attualità e momenti informali utili per conoscersi e stringere relazioni. Gli incontri si svolgeranno con frequenza periodica in forma di conferenza, tavola rotonda, dibattito e avranno per oggetto temi di interesse ambientale, economico, sociale, culturale e artistico. Il primo incontro si è tenuto il 20 marzo scorso presso il Teatro Donizetti ed ha visto la partecipazione di numerosi laureati che hanno avuto modo di conoscere le attività di LUBERG. Per conoscere e partecipare agli eventi organizzati da LUBERG è possibile consultare il sito www.luberg.it.

SOCIAL NETWORKING Per offrire a tutti i laureati la possibilità di conoscersi e condividere esperienze, dal mese di marzo sono stati attivati i profili Facebook e Linkedin dell'associazione. Il gruppo Marketing Strategico di LUBERG si è impegnato negli scorsi mesi a costituire un ecosistema multimediale dell'Associazione con l'obiettivo di costruire e rafforzare la community dei laureati attraverso la divulgazione di contributi di carattere informativo e scientifico per mezzo delle piattaforme di social networking. Grazie alle possibilità offerte dai nuovi media, tutti i laureati dell'ateneo cittadino potranno essere costantemente informati

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delle iniziative di LUBERG e partecipare attivamente allo sviluppo di nuove attività. CORSI SPECIALISTICI Tra le finalità di LUBERG vi è il continuo supporto ai laureati durante il loro percorso di carriera professionale o imprenditoriale. In tale ambito l’area Corsi Specialistici dell’Associazione ha programmato corsi formativi finalizzati a soddisfare le esigenze dei laureati e del territorio attraverso il trasferimento di metodologie e strumenti manageriali utili per operare con successo nel mondo del lavoro. L’avvio dell’attività formativa è avvenuto nel 2012 con il corso "Diventare sostanziali" la cui seconda edizione si terrà nei mesi di aprile e maggio. L’iniziativa, che si articola in sei incontri di tre ore cadauno, si propone di fare acquisire ai partecipanti, attraverso esercitazioni pratiche e interattive, le competenze necessarie per operare in modo responsabile, affidabile ed efficace. La seconda proposta formativa è il corso “Banca e PMI” che si terrà nei mesi di maggio e giugno e che si propone di colmare il gap di comunicazione tra banca e impresa. L'obiettivo primario del corso è di chiarire alle imprese i meccanismi con i quali sono valutate dagli istituti di credito e supportare le banche nella corretta lettura delle performance e del merito creditizio dell’azienda. Impren-

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ditori, manager e bancari lavoreranno insieme per comprendere i meccanismi con cui le imprese sono valutate, definire le informazioni più importanti e cogliere le reali potenzialità dell’azienda. Il taglio operativo, basato su esercitazioni e casi di studio, e la forte interazione tra partecipanti e docenti sono gli elementi distintivi del corso. Le iscrizioni ai corsi sono aperte a tutti i laureati: per maggiori informazioni sul programma e sulle modalità di iscrizione è possibile consultare il sito Luberg.it oppure scrivere all'indirizzo info@luberg.it. COME ASSOCIARSI A LUBERG Sei un laureato dell'Università di Bergamo e vuoi accrescere il tuo patrimonio professionale e culturale attraverso incontri, convegni o corsi di formazione? Se ti riconosci nella mission di LUBERG sostieni l’associazione: avrai l'opportunità di contribuire a valorizzare l'università di Bergamo e a rafforzarne il legame con la città. ■ I SOCI ORDINARI Tutti coloro che abbiano conseguito presso l'Università una laurea, un diploma universitario, una laurea (D.M. 509/99), una laurea specialistica, una laurea magistrale, in qualsiasi momento questo sia avvenuto, possono diventare soci ordinari mediante il versamento della quota annua associativa di 20 Euro per i laureati fino ai 30 anni d'età e di 50 Euro per i laureati oltre i oltre i 30 anni. ■ I SOCI SOSTENITORI Sono considerati soci sostenitori dell'associazione le persone fisiche e/o giuridiche, gli Enti e le Associazioni che si impegnano a sostenere economicamente l'Associazione mediante un contributo annuale o una tantum . Per maggiori informazioni sulle modalità di iscrizione o rinnovo della quota associativa, consulta il sito Luberg.it alla sezione "SOCI".


*Enologia di Pietro Pellegrini

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e c’è luogo al mondo, enologicamente parlando, difficile e complicato questo è sicuramente la Borgogna. Non solo perché la sua struttura normativa è la più complessa che esista, ma anche perché, pur in presenza di ferrei disciplinari, non esiste altro posto in cui, per un produttore, sia possibile esprimersi al massimo ricercando la peculiarità di ogni singola parcella di vigna e identificandone il relativo vino. E tutto assolutamente nel rispetto delle regole. In Borgogna infatti non solo si parla di Cru o di Grand Cru ma è anche di uso comune l’espressione di Climat. Il termine Climat non è facilmente traducibile in italiano e va ben oltre il concetto di designazione di un’area geografica. In modo semplice si potrebbe intendere come identità di uno o più vigneti che, nel loro insieme, sono da sempre chiamati con lo stesso nome, intrecciando sia significati legati alla geologia del terreno, al microclima, all’esposizione sia ad un patrimonio storico culturale. In un Climat la vigna è presente da secoli e rappresenta un’identità trasmessa nel tempo e soprattutto invariata nei suoi confini, dove la viticoltura è ancora oggi più viva che mai. In pratica, ognuna di queste parcelle va oltre la logica delle sia pur già complicate (e l’aggettivo complicato ritorna) regole dei Crus. La Côte d’Or, così si chiama il “cuore” della Borgogna, è disegnata da 1.247 diversi Climats che compongono il territorio viticolo che si estende per non più di sessanta chilometri tra Dijon e Santenay. Quest’area tra l’altro è candidata a diventare Patrimonio Mondiale dell’Unesco e la decisione finale è attesa per l’estate di quest’anno. Ma facciamo qualche passo indietro. La vite arriva in Borgogna dall’Italia, ce la portarono i Galli, al rientro dalle loro scorribande nel nostro paese. Saranno però i Romani, durante la loro lunga dominazione, a sviluppare maggiormente la produzione di vino, riuscendo a contrastare il consumo della birra, la bevanda più amata dai Celti. È proprio in quel periodo che la Borgogna consolida una vera e propria cultura vitivinicola. Dopo il crollo dell’Impero Romano e un susseguirsi di guerre sarà la stirpe dei Burgundi a stabilirsi nell’area della Borgogna e anche durante questo lungo periodo la viticoltura non perde vigore. Nei secoli che seguono inizia l’epoca del vino delle abbazie e dei monaci ed è proprio grazie a loro che prendono forma la maggior parte di quelle parcelle che ancora oggi sono identificabili come le migliori e più preziose della Borgogna. I monaci erano soliti coltivare la vigna vicino all’abbazia e la stessa vigna veniva completamente circondata da un muro, in

questo modo sono nati i Clos (vigneti completamente circondati da muri di confine) che ancora oggi portano gli stessi nomi: Clos de La Roche, Clos de Bèze, Clos de Vougeot, Clos de Lambray, Clos de Tart, solo per citarne alcuni. Nello stesso periodo in cui viene istituita la classificazione dei vigneti di Bordeaux (1855) viene impostata anche quella in Borgogna, con una grande differenza però. Mentre nel bordolese la classifica è identificata con la proprietà, in Borgogna viene fatta sulla base del “terroir”, dando quindi il peso principale ai vari Climats. Nasce proprio in quel periodo la pratica di unire al nome di un paese quello del suo vigneto di riferimento: Gevrey diventa Gevrey-Chambertin, Chambolle diventa Chambolle-Musigny, Aloxe diventa Aloxe-Corton, Chassagne diventa ChassagneMbotrachet e così via. Il territorio della Borgogna si estende, da nord a sud, dallo Chablis fino al Mâconnais e, a seguire, al Beaujolais. La parte più importante però è quella centrale, il cosiddetto “cuore” della Borgogna, denominata Côte d’Or. La sua capitale è Beaune, a nord della quale è situata la Côte de Nuits, mentre a sud si trova la Côte de Beaune. I grandi vini rossi trovano posto soprattutto nella zona a nord di Beaune (anche se non possiamo sottovalutare i grandi rossi di Volnay e di Pommard che si trovano a sud) mentre i grandi vini bianchi trovano la loro migliore localizzazione nella Côte de Beaune, con l’eccezione del Grand Cru di Corton che è situato poco a nord di Beaune. Le uve che compongono i vigneti in Borgogna sono fondamentalmente due: il Pinot Nero e lo Chardonnay. Una terza uva, l’Aligoté, è un’uva bianca presente per poco più del 7% nel vigneto borgognone e viene utilizzata, raramente in purezza, solo nella produzione dei vini base solitamente etichettati come Bourgogne Blanc. Il Pinot Nero è caratterizzato da un grappolo piccolo e compatto di colore nero violaceo e produce un succo abbondante e incolore. Il vino che si ottiene ha un profilo aromatico riconducibile alla famiglia dei frutti rossi: lampone, fragola, prugna, ciliegia. Ha un acino con una buccia molto sottile e un relativo contenuto di tannini, tanto che in taluni casi viene utilizzata parte dei raspi in vinificazione. Gioca tutto il suo equilibrio nel rapporto tra frutto e acidità e il suo principale merito è senza dubbio la capacità di tradurre nei vini i caratteri e le tipicità dei diversi terroirs di provenienza, esaltandone, nei casi migliori, le impareggiabili doti di finezza. Le sue migliori espressioni si trovano soprattutto a nord di Beaune, nella Côte de Nuits, in particolare nei comuni di Nuits-St-Georges, Vosne-Romanée,

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Vougeot, Chambolle-Musigny, Morey-St-Denis e Gevrey-Chambertin. Lo Chardonnay in Borgogna rappresenta la stragrande quantità dell’uva utilizzata per produrre vini bianchi: da Chablis al Mâconnais. In entrambi i territori si producono vini di ottima qualità che raggiungono il loro massimo livello nei vari Grands Crus di Chablis (Bougros e Vaudesir ad esempio) e nei migliori “lieux-dits” di Pouilly-Fuissé e Saint Veran nel Mâconnais; ma è nella Côte d’Or che troviamo i grandissimi bianchi di Borgogna, in particolare a sud di Beaune, nella Côte de Beaune appunto, con le massime espressioni nei comuni di Meursault, Chassagne-Montrachet e Puligny-Montrachet. Non pensate però ai grandi Chardonnay di Borgogna come a degli ottimi Chardonnay molto fruttati, tipici di altre provenienze (Nuovo Mondo in particolare) al contrario è proprio il carattere poco aromatico dello Chardonnay di Borgogna a tradurre nei vini le diverse provenienze, Climats o Crus che siano, e le molteplici varianti climatiche e geologiche del territorio borgognone. Non dobbiamo sottovalutare inoltre le importanti differenze stilistiche legate al metodo di vinificazione, all’uso dei lieviti e al dosaggio dei legni scelti per la vinificazione e il successivo affinamento. È importante ricordare, infatti, che tutti i vini di Borgogna vengono vinificati in botti di rovere, soprattutto pièces da 228 litri, anche se ultimamente è abbastanza frequente l’uso di demimuids che hanno una capienza variabile dai 400 ai 700 litri. Concludo accennando a una curiosità che riguarda la Borgogna: nelle cantine dei produttori si degustano quasi sempre, contrariamente a quanto succede da noi, prima i vini bianchi e poi quelli rossi. Questo ci fa capire, da una parte, quanto estreme possono essere l’eleganza e la finezza dei grandi rossi e dall’altra la dimensione dei grandi bianchi, senza dimenticare la cosa che ritengo essere la caratteristica più affascinante dei migliori vini bianchi della Côte de Beaune: la loro longevità. Provare per credere. APR-MAG 2013


*Cucina di Chicco Cerea

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na bella iniziativa, nata in terra bergamasca, ha meritato l'interesse del più importante convegno dedicato all'alta cucina in Italia, il congresso d'Identità Golose che si è svolto a Milano lo scorso febbraio. Parlo di In Gruppo, una proposta che riunisce alcuni dei migliori ristoranti di Bergamo e provincia con lo scopo di offrire agli avventori la possibilità di sedersi alle nostre tavole gourmet a un prezzo davvero competitivo. In questi tempi così difficili è importante per noi ristoratori di qualità consentire ai clienti di avvicinarsi senza timore e con immutato piacere alla nostra cucina. Al tempo stesso, grazie a questa proposta low cost, ci proponiamo di farci conoscere a un pubblico più vasto. Perché – e io ne sono certo – la soddisfazione più grande di In Gruppo sta proprio nella capacità di noi ristoratori di lavorare insieme, di unire insomma le energie, senza sacrificare la filosofia di cucina di ognuno, ma scommettendo piuttosto su quanto di meglio ci accomuna. Per essere più forti. I miei clienti che, attratti da In Gruppo, sono venuti dal mantovano, dal milanese, dalla zona del lago di Como e anche dalla Svizzera si sono dichiarati soddisfatti e intenzionati a conoscere i ristoranti dei miei colleghi. Ma vediamo nel dettaglio questa bella promozione. Quindici ristoranti bergamaschi, a partire dal 15 di gennaio e fino al 30 di aprile (con l'esclusione solo dei giorni di Pasqua e pasquetta), hanno

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creato dei menu appositi al costo di 99 euro la coppia, che prevede una degustazione di un pasto completo, compreso l'abbinamento di vino, bevande, caffè, senza costi aggiuntivi. Anche il nostro ristorante tristellato, Da Vittorio, partecipa volentieri a quest'iniziativa e, a dispetto dei nostri alti costi di gestione, abbiamo creato un grande menu degustazione tutto incentrato sul pesce – al costo di 99 euro a persona: “Il gusto dei colori”, questo il titolo del nostro menu, si apre con una tavolozza di aperitivi, un vero e proprio tripudio cromatico, che rimanda proprio a quegli ingredienti che mi permetteranno di “affrescare” la tavola dei miei ospiti. Ed ecco il quadro d'insieme: aprirà gli antipasti Purple violet (a base di gamberi di Oneglia), quindi Green days (un'altra entrée di calamaretti), poi Red passion, il primo piatto di pasta e crostacei. Al centro la portata principale: Black cod, con protagonista il merluzzo. Gran finale con il colore più emblematico: Total white, cocco e cioccolato. I ristoranti sono invitati a modificare i loro menu durante il periodo della promozione e così eravamo intenzionati a fare anche noi. Tuttavia, il grande successo dei nostri clienti che sono ritornati con il preciso obiettivo di gustare gli stessi piatti, ci ha convinti a continuare a riproporre questo menu, ora come non mai esaltato dai profumi e dai colori della primavera. Ecco, la sfida alle tante offerte che corrono sul web e che molto spesso si rivelano delle trappole per i clienti, per di più con

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condizioni capestro per i ristoratori, io credo possa proprio essere vinta da un'iniziativa come la nostra. Nessun costo extra per gli esercenti, eccetto le piccole spese di “segreteria” e massima disponibilità per soddisfare le esigenze del cliente, anche grazie a materie prime di assoluta qualità. Questo mi fa dire con entusiasmo che è da sinergie come la nostra che possiamo rappresentare un modello di sviluppo da ripetere anche altrove: ed è una ricetta che già, da fuori, ha destato la più viva attenzione.


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*Wedding di Angelo Lorenzi

Wedding planner? Sì, grazie!

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na sera come le altre, sempre di corsa come è classico che sia, se non necessariamente per un wedding planner, almeno secondo le mie abitudini.

Nonostante le perplessità accettai la proposta, ma all'unica condizione che Susanna si sarebbe presa tutto il tempo necessario per decidere se volermi realmente tra i piedi... e tra i veli!

Avevo appena salutato nel cuore di Bergamo Valentina e Rosy dell'atelier di Giuseppe Papini, al termine di una giornata tra pizzi, tulle ed organze, quando ricevo una chiamata inusuale. Laura e Matteo, una mia coppia di sposi (ora amici!) volevano farmi assolutamente conoscere la sera stessa qualcuno che aveva urgentemente bisogno di me. Come dire di no ad una richiesta del genere?

Arrivo all'incontro.

Piede sull'acceleratore e via!

Il sorriso di Susanna mi colpì quanto la sua curiosità nei confronti del mio lavoro e quanto la voglia di voler sapere tutto il più in fretta possibile per cercare di immaginarsi il proprio sogno realizzato, almeno nella mente e con la fantasia. Luca la guardava con quell'ingenua e burbera dolcezza tipica di un giovane innamorato, sforzandosi di fare il duro anche di fronte alla parola matrimonio. Matteo si burlava amichevolmente di lui per la scena, rivedendosi in quel momento.

Richiamo Laura per saperne di più e non arrivare all'incontro digiuno di informazioni. L'unica risposta che ottengo è che Susanna, che l'aveva scelta come testimone di nozze, del proprio matrimonio avesse solo una certezza: si sarebbe sposata con Luca. Il resto era tutto da decidere, se non per un altro piccolo dettaglio: Laura aveva deciso che io sarei stato il suo regalo di nozze per l'amica. Mi sorge qualche dubbio. E' possibile far stare un wedding planner in un pacchetto regalo con tanto di fiocco e biglietto d'auguri? Quale sarebbe stato il modo migliore di comportarsi in questo caso? E soprattutto, una sposa che fondamentalmente non ti ha scelto d'istinto e non ti ha cercato di propria iniziativa perché l'aiutassi a realizzare il Giorno dei propri Sogni, come si sarebbe comportata davanti ad un dono di nozze del genere? Per una futura sposa non dev'essere semplice ritrovarsi di fronte un perfetto sconosciuto incaricato di prenderle la mano per la realizzazione delle proprie nozze.

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Suono il campanello e varco la porta. Mi raggiunge Matteo. L'atmosfera è distesa e da subito mi ritrovo seduto a capo tavola come uno di famiglia. Cinque minuti dopo si brindava con dello champagne agli sposi e a quella che capimmo sarebbe stata l'inizio di una bellissima intesa.

L'idea di Laura era stata accolta di buon grado. Spiegai a Luca e Susy che avrei potuto disegnare le loro nozze in pochi istanti, ma che non era mia abitudine farlo, come non avrei svelato loro subito tutte le risposte che cercavano: per rendere il loro Giorno veramente unico e per personalizzarlo dovevo conoscere i loro gusti, le passioni che li animano, le esperienze comuni ed il loro vissuto. Solo in questo modo un evento diventa irripetibile per una coppia di sposi. Li lasciai con un compito tutt'altro che semplice: meditare su tutto questo e iniziare a pensare al leit motiv del matrimonio. Un

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wedding planner non può fare tutto da solo, non trovate? Confermata prima la chiesa e poi la location per il ricevimento, dopo qualche naturale incertezza e dopo aver scartato alcune soluzioni, avevamo il tema dell'evento: il viaggio. Come declinarlo? Non si trattava di un percorso qualsiasi, ma del cammino che aveva portato alla concretizzazione dell'amore di una coppia, passando attraverso gli anni e la scoperta dei sensi. Grazie ad una parola chiave su cui concentrarmi e lavorare insieme, potevo iniziare a ideare le loro nozze e a costruire le fondamenta di un matrimonio che a tratti e flash iniziavo ad immaginare tra i miei pensieri. Iniziammo con la raccolta di foto, di ritagli e di ricordi conservati fin da piccoli, per arrivare ad un video pre-wedding studiato sulla quotidianità di Susanna e Luca, coinvolgendo sentimenti, luoghi e persone. Alberi intagliati nel cartone, assi di legno sbiancate e mille altri dettagli mi hanno aiutato ad allestire nel corso del ricevimento delle vere e proprie "fermate", simili a quelle dei bus che corrono per le strade, per raccontare le tappe di un viaggio pieno di emozioni. Sarebbero potute mancare le valigie, simbolo indiscusso di ogni viaggio? Tutto in total white ovviamente, ad eccezione del fiore: migliaia di Rose Pacific Blue color lilla che hanno dato un elegante tocco di vivacità ad una giornata indimenticabile. Ma tutto da dove è iniziato? Se vi dicessi che la partecipazione di nozze non era una classica busta, ma una confezione che anticipava il racconto di questo viaggio?


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*Golf di Mario Ugo Pasini Professionista presso il Golf Parco dei Colli Bergamo

Come e quali muscoli ci fanno eseguire lo swing: backswing e downswing

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a sequenza di uno SWING completo è divisa in più fasi, durante le quali la parte muscolare del nostro corpo deve lavorare in un'azione controllata e sincronizzata. In questo numero descriverò ciò che avviene durante le fasi di BACKSWING e DOWNSWING sia tecnicamente che muscolarmente. Il BACKSWING è la fase che porta il bastone intorno al corpo e verso l'alto. Dividendo il BACKSWING in due parti, possiamo dire che la prima parte inizia con il TAKE-AWAY, attraverso il quale, con una rotazione dell'asse delle spalle su di un perno (colonna vertebrale), porta a muovere spalle, braccia e mani, tutto insieme in un unico movimento, mantenendo il triangolo che gli stessi formano e completandolo il più tardi possibile dalla rotazione dei fianchi e dalla flessione dei polsi. Nella seconda parte del BACKSWING il

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movimento di salita del bastone, prosegue, con le braccia che si alzano, con i polsi che completano la loro flessione, con le spalle e con i fianchi che completano la loro rotazione iniziata nel TAKE-AWAY. Nel BACKSWING l'azione corretta dei muscoli deve permette di sincronizzare la rotazione delle spalle, dei fianchi, di alzare le braccia e di far flettere i polsi, facendo sì che il corpo crei una carica di torsione che genera velocità. Il DOWNSWING è la discesa del bastone dall'apice del BACKSWING fino all'impatto.Nel DOWNSWING, la sequenza dei movimenti è opposta di quella della salita, i fianchi che sono stati gli ultimi a muoversi nel BACKSWING, sono i primi a creare un movimento in senso opposto di rotazione e traslazione verso il bersaglio, creando lo spazio per la simultanea discesa delle braccia. Attraverso questo passaggio, di rotazione e traslazione, si genera ulteriore velocità,

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che, sommata a quella del BACKSWING e trasferita alle spalle, alle braccia e attraverso i polsi alla testa del bastone, produce un'effetto frusta e quindi il massimo di velocità all'impatto. Nel DOWNSWING avviene un'importante contrazione muscolare di tutto il corpo, data dal movimento che le braccia fanno verso il basso e dallo spostamento verso il bersaglio della parte inferiore. Tale contrazione non dev'essere generata da pura forza fisica ma dalla resistenza che ci permette di restare appoggiati sulla parte inferiore del corpo e dal movimento che avviene per rotazione e traslazione della parte superiore. La difficoltà di eseguire uno SWING,sono convinto si riduca con una buona condizione muscolare, allenare forza, mobilità articolare e resistenza, ci porta sicuramente a migliorare e a sostenere la tecnica.


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*Moda Mina da Prato

Le nuove tendenze

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ercoledì ore 20,00... sfilata FRANCESCO SCOGNAMIGLIO. Venerdì ore 09,30... sfilata MOSCHINO. Venerdì ore 18,00... sfilata JO NO FUI. La settimana della moda è già molto

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frenetica di per sè, se poi ci metti la neve diventa un disastro e per noi addette ai lavori, rigorosamente chic e con tacco 12, ve lo lascio immaginare!!! Ma neve a parte, i veri protagonisti delle sfilate sono loro, i "blogger" che si vestono per attirare i fotografi fuori dai palazzi delle passerelle di Milano. Sono loro le vere STAR, con look sempre più accattivanti che si cambiano con velocità da non credere e si presentano con tenute diverse ad ogni sfilata per essere tra i più fotografati, postati e cliccati nelle loro pagine web. E poi finalmente dentro si spengono le luci parte la musica e inizia lo show. Le nuove proposte per il prossimo inverno sono il tartan, sempre il maculato, il giallo, il grigio, il bordeaux e ancora stampe, non sarà certo una stagione all'insegna del solito nero, abito morbidi e il ritorno di giacca e gonna. Ovvio che se diamo uno sguardo oggi dentro le nostre boutique è un tripudio di colori, dai rosa agli arancio abiti meravigliosi con stampe geometriche e floreali, e must della stagione ma anche della prossima la "felpa" da indossare ora con jeans e capri leggeri, il prossimo inverno con pantaloni in pelle. Questa è anche la stagione delle cerimonie ed è per me soddisfazione vestire la mamma della sposa o sposo e naturalmente le ospiti, dare forma ai loro "non so ancora cosa indossare" e vedere che si guardano allo specchio con ammirazione. Le nostre clienti sanno che creiamo loro il

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look perfetto. Lo stesso vale per il mio outlet in via Quarenghi, la cerimonia a prezzi outlet. Quest'anno si sposa il mio secondo figlio, quindi sarò anche io la mamma dello sposo. Che ne dite, troverò qualcosa da indossare???


Lascia che siano gli altri a chiamarlo Stile. Per te, è Vita. Quell’equilibrio perfetto tra eleganza e versatilità, lusso e spirito sportivo. Nuova XF Sportbrake: fascino, prestazioni, tecnologia. Motori diesel da 2.2 a 3.0 V6, sistema Stop/Start per ridurre le emissioni di CO2 e ottimizzare i consumi. Sa darti tutto il piacere di guida di un’auto sportiva e il lusso di una berlina. E’ efficienza allo stato puro.

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*Motori Jaguar XF Sportbrake, versatile ed elegante

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na Jaguar con il portellone e un bel bagagliaio. Ora c’è e si chiama XF Sportbrake, la versione station wagon della berlina alto di gamma britannica che arriva ad arricchire una gamma e mira catturare quei clienti che finora, pensando ad una familiare premium, avevano dovuto considerare solo le solite tedesche. Lunga 4,966 metri, la Sportbrake è leggermente più lunga della berlina. La silhouette ispira quel dinamismo che una Jaguar deve avere. Grazie al gioco visivo tra la finestratura avvolta da una cornice cromata, i fianchi alti e la coda che tende a rastremarsi chiudendosi nel lunotto avvolgente, questa XF fila sotto gli occhi e riesce persino a mascherare l’aumento dell’altezza grazie al quale i passeggeri posteriori posso godere di ben 48 mm in più per la testa. Tecnicamente la Sportbrake mantiene le migliori caratteristiche della berlina. L’aerodinamica è la stessa così come la rigidezza torsionale della carrozzeria e l’aggravio di peso è contenuto in 70 kg. Un aggiunta importante sono le molle pneumatiche livellanti posteriori, utilissime perché ristabiliscono sempre l’assetto ideale quando si viaggia a pieno carico oppure con una barca o una roulotte (fino a 1.850 kg), a tutto vantaggio della sicurezza. La Sportbrake è disponibile solo con unità a gasolio, tutte accoppiate esclusivamente con un cambio automatico a 8 rapporti con convertitore idraulico di coppia. Si parte dal 4 cilindri di 2,2 litri che eroga 200 cv e 450 Nm. C’è poi il noto V6 3 litri con sovralimentazione biturbo sequenziale-parallela disponibile in due livelli di potenza. La prima ha 240 cv e

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500 Nm, la seconda ha 275 cv e permette di andare fino ai 250 km/h autolimitati con uno 0-100 km/h in 6,6 secondi. La trazione è posteriore e, per il momento, non è prevista la trazione integrale che invece arriverà all’inizio del prossimo anno. La plancia è pulita nel disegno, con pochi pulsanti che riguardano fondamentalmente la climatizzazione e poco altro, mentre il resto si trova sulla corona del volante e sullo schermo da 7 pollici a sfioramento, ricco di informazioni espresse in modo chiaro e senza problemi di leggibilità per colpa del sole. Di altissimo livello l’impianto audio, disponibile in tre livelli, con i due superiori firmati Meridian e quello più costoso forte di ben 15 canali, 17 altoparlanti e 825 Watt. Ai capitoli

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pelle e legno, fondamentali per una Jaguar, non si rimarrà delusi. La XF Sportbrake su strada è fluida, facile, sicura ma mai noiosa, anzi. La dinamica di questa Jaguar piace davvero tanto, grazie anche a uno sterzo che è l’esatta fotografia di tutta la vettura: equilibrio tra sensibilità, precisione e prontezza. Con la XF Sportbrake è bello guidare e viaggiare per tanti chilometri perché ci si sente amici della strada. Con il V6 la spinta è esuberante, con il 4 cilindri è più misurata e continua. Perfetto il cambio. Viene commercializzata a partire da 50.550 euro, ovvero 3.700 euro in più rispetto alla berlina. Identica l’articolazione della gamma che prevede quattro allestimenti (base, Luxury, Premium Luxury e Portfolio).


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*Sanità Dott. Bottini Stefano odontoiatra

Un sorriso tutto nuovo

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l Polo Odontoiatrico del Centro di Radiologia e Fisioterapia di Gorle propone una serie di trattamenti per ridare luminosità ai propri denti. I consigli del dottor Stefano Bottini Un sorriso smagliante e luminoso. Denti bianchi e splendenti capaci di comunicare più sicurezza e maggior vitalità. Un sogno per molti e una realtà per chi sceglie di affidarsi a un bravo odontoiatra per dare una nuova luce ai propri denti deteriorati dal tempo, dal fumo, da un certo tipo di alimentazione e stile di vita. Faccette in ceramica, corone o un semplice sbiancamento sono solo alcuni dei trattamenti a cui sottoporsi per ri-avere il sorriso di un tempo, come ci racconta il dottor Stefano Bottini, odontoiatra del Centro di Radiologia e Fisioterapia di Gorle. “Innanzitutto si parte da una visita per capire le esigenze della persona e vedere il livello di deterioramento dei denti – spiega il dottor Bottini - e studiare insieme a lei il percorso da intraprendere”. L'innovativa tecnologia delle faccette estetiche permette di riavere il bianco naturale dei propri denti attraverso poche sedute. “Le faccette – prosegue il dottore – possono aiutare a superare problemi quali malformazioni dentali, diastemi (cioè il progressivo aumento dello spazio tra i denti), denti usurati anche dalla semplice funzione nel corso degli anni, fratture dentali e discromia dentale, magari causata da inefficaci trattamenti di sbiancamento dentali”.

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L'operazione è semplice e non richiede la devitalizzazione dei denti. Le faccette sono delle sottili lamine in ceramica con spessore di 0,5 millimetri che vengono cementate sulla superficie esterna del dente, cioè sullo strato di smalto. “In questo modo rendiamo i denti più giovani, – prosegue l'odontoiatra – e per un tempo molto più prolungato se non illimitato”. Quella delle faccette è una soluzione assolutamente non invasiva perché il dente non viene intaccato. Naturalmente, per essere efficace, il procedimento di creazione e applicazione delle faccette deve essere effettuato solo da esperti odontoiatri supportati da odontotecnici altrettanto capaci. “La preparazione a cui devono essere sottoposti i denti destinati ad accogliere la faccetta interessa soltanto lo stato superficiale dei denti stessi, lo smalto, per permettere la loro adesione ottimale – prosegue il dottor Bottini - Una volta terminato il procedimento viene rilevata un'impronta delle arcate dentali del paziente che viene inviata al laboratorio odontotecnico”. Le faccette quindi vengono create ad hoc e nella seduta successiva, una volta valutato il prodotto finito, si procede con l'applicazione vera e propria. “Il materiale utilizzato è il disilicato di litio, un tipo di ceramica molto resistente con una resa estetica uguale a quella del dente originale – spiega il dottor Bottini – Questo

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tipo di intervento è però sconsigliato per pazienti affetti da sfregamento e serramento dei denti o qualora siano presenti precedenti ricostruzioni troppo estese”. Laddove invece il deterioramento del dente sia a uno stadio ormai avanzato è consigliabile procedere con l'impiego delle corone in ceramica integrale o sistemi implantologici. In questo caso potrebbe essere necessario devitalizare il dente. Le corone, composte dalle stesso materiale delle faccette, vanno a rivestire completamente il dente compromesso e rovinato. Altro trattamento è il classico sbiancamento che deve essere preceduto da una seduta di controllo a cui segue una seduta per pulire i denti dalle macchie che hanno intaccato l'estetica del bel sorriso. “Lo sbiancamento perde la sua efficacia qualora siano presenti otturazioni, capsule, ponti o altre protesi –spiega il dottor Bottini - Questa metodica al plasma garantisce un risultato in soli 20 minuti, non ha controindicazioni ma per mantenere la brillantezza il paziente deve fare il trattamento di mantenimento a casa con una mascherina apposta che viene indossata durante la notte per circa due settimane e così il risultato sarà una bocca brillante e sorridente". www.centroradiofisio.it CENTRO DI RADIOLOGIA E FISIOTERAPIA

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*Arte Mario Donizetti

La resina gomma lacca nella pittura e nel restauro

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on ho mai sentito parlare di gomma lacca dagli artisti pittori. Marco Polo tornò dalla Cina con tutto quello che poteva, ma i commerci di gommalacca fiorirono tardi, dopo la scoperta dell’ America. Il nome di gomma lacca è stato dato a questa resina perché viene raccolta dai rami dell’ albero della lacca e si è sempre pensato fosse una secrezione dell’ albero. Oggi sappiamo che è la secrezione della cocciniglia: un insetto che staziona sull’ albero, quindi è di origine animale. Il commercio, oggi, offre resine di gomma lacca decerate e molto chiare. La più chiara si scioglie interamente soltanto in etanolo puro. L’ alcool a 90° scioglie solamente gomma lacca scura e poco adatta alla pittura. Non mi è più stato possibile avere una gomma lacca bianca . Mio padre la usava per verniciare legni bianchi o chiari come l’ acero, ed io ancora bambino avevo per la gomma lacca il sentimento del sacro. Io uso la gomma lacca come legante per i colori in polvere. Devo raccomandare di usarla in ambiente asciutto e, dopo verniciatura finale, è bene mettere il dipinto al caldo. Questa è una necessità. Una perfetta e duratura verniciatura passa attraverso l’esposizione in un ambiente asciutto e leggermente caldo, altrimenti si può alterare facendo affiorare un velo bianco opaco. Questo velo può affiorare dopo pochi giorni come dopo molti anni. L’ uso di questa resina è conosciuto dalla

tradizione antica cinese che ha prodotto oggetti dalla conservazione perfetta. La gomma lacca è molto dura e, nel medesimo tempo, è elastica. Ricordo un quadro restaurato da Mauro Pelliccioli. Dopo anni dal restauro il dipinto si coprì di un velo bianco tipico della resina gomma lacca. Con ogni probabilità l’ opera da poco verniciata era stata conservata nei depositi umidi della nostra Accademia Carrara. Pelliccioli, quando fissò i colori dell’ ultima cena di Leonardo con gomma lacca, non verniciò la superficie del dipinto, così il cromatismo generale dell’ opera era rimasto inalterato. Le osservazioni fatte da me agli ingrandimenti con un microscopio stereoscopico sulla “Cena” vent’anni dopo l’ operato di Pelliccioli avevano messo in evidenza una perfetta conservazione. (Per gli esiti dell’ultimo recente restauro vedi “Costume” n.48/49-dic.1982- consultabile in Biblioteca May ) Ricordo Mauro Pelliccioli che, con orgoglio, mi mostrava le prove di tecnica a suo tempo fatte per conoscere le proprietà della gomma lacca. Pelliccioli per valutare il potere legante della resina aveva fatto un impasto di gomma lacca decerata e sabbia e l’ aveva stesa su un vetro, mi invitava a toccare il tenacissimo ed elastico spessore del composto e mi faceva notare che non si scrostava dal vetro. Giurava che le particelle originali del dipinto di Leonardo non

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si sarebbero mai più staccate dal muro. Voglio parlare anche dei difetti di questo meraviglioso materiale: mentre l’ artista procede aggiungendo pennellate sul quadro, il velo bianco di cui sopra può farsi vedere subito e impedire una corretta valutazione della tinta soprammessa. A determinare questo inconveniente è l’ acqua che si usa miscelare alla gomma lacca, previa aggiunta di ammoniaca. Questo si fa per ritardare la volatilità dell’ alcool. Le verniciature intermedie bisogna applicarle con gomma lacca senza acqua. Si può aggiungere della glicerina alla gomma lacca per evitare questi inconvenienti, ma io sconsiglio questo uso perché non è sufficientemente sperimentato anche se è stato dato da me nell’entusiasmo alla prima scoperta. Bisogna conservare all’ asciutto caldo per molto tempo il quadro affinché la resina con ogni altro componente si sia polimerizzata. Ritengo molto utile velare sottilmente la verniciatura finale con cera d’ api e carnauba con quattro parti della prima e una della seconda, con diluizione a caldo di acqua ragia. Il velo di cera protegge la resina dall’ umidità e opacizza la vernice che è piuttosto brillante per sua natura. Con questa tecnica a pastello e gomma lacca ho eseguito già da parecchi anni molte opere, fra le particolarmente impegnate indico il dipinto “Delizia Fisica e Delizia Intellettuale” realizzato per l’ atrio della nave “Deliziosa” di Costa Crociere

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*Spiritualità don Pietro Biaggi Dir. Ufficio Catechistico di Bergamo

Il catechismo a Bergamo. Ieri ed oggi. Il Sacramento della Penitenza

"E' anzi cosa dolce al cuore"

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uaresima, tempo di penitenza e di confessioni. Prepararsi alla Comunione pasquale significa accostarsi al Sacramento della Penitenza. “Riconciliazione, penitenza, confessione”, tre termini che indicano tre aspetti, tutti fondamentali, del quarto sacramento. Il primo indica la meta, il fine ossia la riconciliazione dopo una rottura, dopo il peccato, con Dio e con i fratelli. “Penitenza” sottolinea l’atteggiamento non solo preparatorio ma soprattutto l’impegno concreto, molto umano, di una riconciliazione che voglia essere sincera, realistica. “Confessione” esprime quell’atto personale di un dire qualcosa di se stessi, del proprio cammino interiore a volte burrascoso, spesso lontano da Dio, a cui il Sacramento vuole dare nuovo vigore, una nuova energia. E’ significativo che Papa Francesco la mattina dopo la sua elezione si sia recato in Santa Maria Maggiore e abbia raccomandato ai domenicani confessori il dovere, ancor prima il dono della misericordia. Eppure proprio il quarto Sacramento sembra essere quello più in crisi in questo nostro mondo, anche nell’atteggiamento di fede di molto credenti. Basti vedere la differenza anche solo di vent’anni fa, quando ho iniziato il mio ministero: chiese per Pasqua ancora piene di fedeli in fila accanto ad un confessionale. Oggi? Possiamo dire che la qualità delle confessioni giustifichi il brusco e prevedibile calo dei numeri? E’ colpa anche dei preti sempre più occupati nella gestione di servizi, di impegni ed iniziative certo pastorali che li tengono lontani dal

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silenzio di un confessionale? Il Catechismo di mons. Speranza che vogliamo prendere come spunto per la nostra riflessione dedica molto spazio alla Penitenza, soffermandosi e spiegando con grande accuratezza le sue parti, il senso del dolore “perfetto” ed “imperfetto”, aiutando così l’adulto di metà Ottocento ad entrare nel significato profondo di un Rito che ieri come oggi sembra essere sconosciuto o frainteso. Vogliamo prendere tra le tante una domanda con asterisco che riflette tutta la fatica, a volte il senso di fastidio o di vergogna che può vivere il penitente e che quindi scoraggia o allontana dal Sacramento. “D. E’ però un po’ gravoso, questo dovere di confessare i propri peccati! R. Lo fosse anche: qualunque sacrificio è un nulla, trattandosi di schivare l’inferno. Qual partito, per quanto gravoso, non accetterebbe un condannato a morte, purché gli fosse lasciata la vita? Ma è poi tutt’altro che gravoso. Il confessare le proprie colpe sotto il più rigoroso secreto, ai piedi di un uomo che rappresenta Dio medesimo, il sentirsi da lui eccitati a penitenza, animati a fiducia, assicurati del perdono, è anzi cosa dolce al cuore, e conforme alla natura stessa dell’uomo, il quale quando non sia indurito dal vizio, sente piuttosto un bisogno di sfogare con alcuno il male che ha commesso. Ben sarebbe gravoso il dover di continuo soffocare nel cuore le proprie colpe nell’incertezza, nell’inquietudine, nel rimorso; e non avere un fedele ministro di Dio a cui aprirsi liberamente, e da cui ricevere lume, consiglio, aiuto. Sicché vedete quanto sia stata grande la sapienza di

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Dio nell’ordinare la confessione dei peccati, che è di tanto conforto al peccatore pentito, e tanto giova a correggerlo, ad emendarlo, ed impedisce poi o ripara nel mondo tanti danni, tanti scandali, tanti delitti.” Ho riportato tutto il testo per far cogliere la grande attualità ma soprattutto la profonda umanità e limpida psicologia che lo sorregge. L’Autore ribalta per così dire la prospettiva facendo emergere un lato insospettabile del problema: non è cosa gravosa ma anzi dolce vivere i gesti ed il Rito della Confessione in quanto è fondamentale per ogni uomo rapportarsi a Dio non in un atteggiamento isolato e narcisistico che rischierebbe di proiettare nel cielo troppe dinamiche ed atteggiamenti personali. Nella lunga risposta del catechismo bergamasco emerge una dimensione antropologica capace di cogliere autentici bisogni legati alla colpa, al desiderio di un discernimento, alla richiesta di un perdono. Si evidenzia contemporaneamente la distinzione tra il sacerdote che rappresenta Dio ed agisce in Suo nome con la sua capacità di ascoltare, di lenire, di incoraggiare dubbi ed angosce che lasciate a se stesse potrebbero portare ad una patologia non solo dell’anima ma anche del corpo. Credo profondamente attuale riscoprire questa dimensione del Sacramento e viverla con persone capaci di gestirla seriamente in un contesto ove si manifesta l’enorme bisogno di ascolto profondo e contemporaneamente l’insospettabile ricerca personale di Dio. Anche o soprattutto davanti alla colpa e al fallimento.


Cult

Bergamo Musica Festival, 8ª edizione

Due i titoli donizettiani: «Maria de Rudenz» (20 e 22 settembre), titolo di apertura della manifestazione, e «Il furioso all’isola di San Domingo». Omaggio a Verdi con due opere nel bicentenario della nascita del maestro di Busseto

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ottava edizione del Bergamo Musica Festival Gaetano Donizetti, nel duecentocinquantesimo anniversario della nascita di Johann Simon Mayr, che di Donizetti fu maestro, idealmente rinsalda i legami tra discente e docente, grazie alla calendarizzazione di una serie di eventi diversi dedicati alla figura di Mayr stesso. Si terrà al Teatro Donizetti, domenica 16 giugno, la recita unica della «Ginevra di Scozia», nell’esecuzione della Münchner Rundfunkorchester diretta da George Petrou. Presso la Casa Natale di Gaetano Donizetti sarà inaugurata una nuova sala dedicata a Mayr, lungo le cui pareti scorrerà una linea del tempo, analoga a quella presente nella sala dedicata alla biografia di Donizetti.

La Fondazione Donizetti sarà parte attiva del Convegno Internazionale di Studi che si terrà ad Ingolstadt, città nei cui pressi Mayr nacque; sarà quindi ente organizzatore del Convegno Internazionale di Studi, pure intitolato a Mayr, che si terrà invece a Bergamo. Non di meno il Bergamo Musica Festival proseguirà, come ormai di consuetudine, programmando due titoli donizettiani tra i mesi di settembre ed ottobre, tradizionalmente dedicati alle produzioni del compositore di Borgo Canale: in cartellone «Maria de Rudenz» (20 e 22 settembre), titolo di apertura del Festival, presentato nella nuova edizione a cura della Fondazione Donizetti, e «Il furioso all’isola di San Domingo» (11 e 13 ottobre), anche nuova produzione

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a cura di: Fabio Cuminetti

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del Bergamo Musica Festival pure nella nuova edizione della Fondazione Donizetti, in coproduzione con Opera Giocosa di Savona, Teatro Pavarotti di Modena, Teatro Sociale di Rovigo, Teatro Municipale di Piacenza. Il Festival 2013 non poteva mancare l’omaggio a Giuseppe Verdi, nel bicentenario della nascita: in programma due titoli del maestro di Busseto, «Il trovatore» (31 agosto e 1 settembre) in coproduzione con la Musiksaal di Basilea e «Un ballo in maschera» (8 e 10 novembre), in coproduzione con il Teatro Sociale di Rovigo e con il Teatro dell’Opera Giocosa di Savona. L’omaggio a Verdi si completa poi con il recital del grande baritono verdiano Leo Nucci. Come il Festival 2012, anche l’edizione 2013 della manifestazione programmerà titoli in prima esecuzione assoluta.

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L’opera del contemporaneo Michele Varriale, nell’ambito del progetto didattico «La Scuola all’Opera»: si tratta della «Finta semplice» (dal 20 al 25 novembre) su libretto di Carlo Goldoni, opera buffa in due atti per sei voci, coro e orchestra, che nasce «all’insegna di una moderna rivisitazione della grande tradizione lirica italiana, proponendosi come rincorrersi brioso di figure buffe e melodie moderne che giocano intorno allo “scher zo d’amore” scritto dal grande commediografo veneziano». La produzione del titolo sarà affidata a una giovane compagnia di artisti selezionati durante le audizioni, che la Direzione artistica del Bergamo Musica Festival tiene regolarmente presso il Teatro Donizetti. Due atti unici, rispettivamente a firma di Vittorio Montalti e Raffaele Grimaldi, in coproduzione con la Biennale di Venezia

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(30 ottobre). A completare il cartellone, come di consuetudine nel mese di dicembre, due balletti, entrambi in coproduzione con il Balletto del Teatro Nazionale di Riga: il classicismo «La bella addormentata nel bosco» di Pëtr Il'ič Čajkovskij (14 e 15 dicembre) e il meno frequentato «Le corsaire» di Adolphe Adam (21 e 22 dicembre). Molti gli eventi programmati nei fine settimana, con concerti ed eventi alla Casa Natale del compositore, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Studi Musicali “G. Donizetti” di Bergamo. Rispetto al passato, oltre al tradizionale abbonamento a tutti i titoli in cartellone, la possibilità di acquistare carnet per gli spettacoli mayriani e donizettiani e per i titoli contemporanei.


Cult

Cinquant’anni con i grandi del pianoforte

Da Michelangeli a Sokolov, il Festival Pianistico Internazionale compie mezzo secolo. Ecco il programma ufficiale dell’edizione 2013, sempre divisa tra Bergamo e Brescia

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opo le anticipazioni date lo scorso mese di novembre, il Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo presenta ufficialmente il cartellone della 50ª edizione, che si svolgerà dal 27 aprile al 13 giugno. Sarà un festival che per una volta rinuncia alla sua caratteristica tematica per guardare alla sua non trascurabile storia. Saranno ripresi alcuni percorsi tracciati negli ultimi anni, mentre la musica dei nostri giorni avrà il suo protagonista in Krzysztof Penderecki, una delle voci più alte del nostro tempo. Novità assoluta sarà anche la prestigiosa London Symphony diretta da Antonio Pappano e un gradito ritorno la Russian National Orchestra sotto la guida del suo fondatore Mikhail Pletnev. Suscita grande interesse la partecipazione di Franco Battiato, mentre l’inaugura-

zione sarà affidata a Umberto Benedetti Michelangeli che dirigerà la IX Sinfonia di Beethoven. Il programma prevede 12 concerti al Teatro Grande di Brescia, un concerto, sempre a Brescia, all’Auditorium San Barnaba e 13 concerti al Teatro Donizetti di Bergamo. A questi si aggiunge il tradizionale concerto commemorativo della strage di Piazza della Loggia, che si terrà alla Chiesa di San Francesco il 28 maggio a Brescia. Parallelamente al cartellone principale, per il terzo anno consecutivo il festival promuove Uto Ughi Progetto Giovani, iniziativa che ha lo scopo di avvicinare le nuove generazioni alla musica classica, il cui programma sarà annunciato nei prossimi giorni. Tra ritorni eccellenti e novità di rilievo, la manifestazione celebra cinque decenni

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a cura di: Fabio Cuminetti

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di grandi interpreti: da Arturo Benedetti Michelangeli, ospite delle prime 5 edizioni dal 1964 al 1968, a Grigory Sokolov, il pianista che più di ogni altro ha caratterizzato il festival del nuovo millennio. E il nome di Grigory Sokolov sarà accom-

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pagnato nell’edizione 2013 da quello di altre stelle del pianoforte molto amate dal pubblico di Brescia e Bergamo come Yuja Wang e Alexander Lonquich, che, come il pianista russo, saranno impegnati in recital solistici. Yuja Wang suonerà il 9 maggio a Bergamo e il 10 a Brescia;

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Alexander Lonquich sarà a Bergamo domenica 26 maggio e a Brescia mercoledì 5 giugno; Grigory Sokolov si esibirà il 9 giugno a Bergamo e il 10 a Brescia. Informazioni dettagliate su www.festivalpianistico.it


Cult

«I tre crocifissi» di Vincenzo Foppa a Milano

Fino al 2 giugno il capolavoro dell’Accademia Carrara in prestito al Museo Diocesano. Tradizionalmente datata al 1456, la tavola è considerata una delle opere più importanti dell’artista

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stata inaugurata lo scorso 18 marzo la mostra «Vincenzo Foppa. I tre crocifissi», a cura di Andrea Biscottini, che il Museo Diocesano di Milano dedica allo straordinario dipinto di Vincenzo Foppa (1427 ca. - 1516 ca.), proveniente dalla Carrara. L’opera appartiene alla collezione di Giacomo Carrara, ma non se ne conosce la provenienza. Particolare il formato alto e stretto, certamente originale, come dimostra la “cresta”, ancora visibile, che segna la fine della pittura sui margini in alto e sui lati; mentre in basso la tavola è stata leggermente decurtata. Di grandissimo interesse la trama fitta di incisioni sullo strato preparatorio, che tracciano tutte le linee di costruzione e di fuga dell’architettura, con una precisione davvero incredibile e un interesse per la costruzione geometrica rarissimo a date così alte.

Tradizionalmente datata al 1456, o riferita al 1450 in base alla recente rilettura dell’iscrizione da parte della critica, la tavola è considerata una delle opere più importanti di Vincenzo Foppa, agli esordi del suo percorso. Un arco di ispirazione classica, ripreso da modelli padovani, introduce la scena e si spalanca su un passaggio incantato, di sapore ancora tardogotico, in cui castelli e paesi conducono lo spettatore fino all’orizzonte vibrante di luce. I corpi dei tre crocifissi, modellati da un sapiente chiaroscuro e prospetticamente impostati, rivelano una precoce attenzione del pittore verso le importanti novità che Donatello proprio in quel momento stava elaborando a Padova, aprendo anche per la Lombardia una nuova stagione artistica.

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a cura di: Fabio Cuminetti

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