citta dei mille dicembre09 gennaio10

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Anno 12 - N°6 Dicembre - Gennaio - 2009/2010 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB BERGAMO In caso di mancato recapito si restituisca a: Editrice Bergamasca Srl - via Madonna della Neve, 24 - 24121 Bergamo, che si impegna a pagare la relativa tassa. Euro 4,00

DICEMBRE 2009/2010 GENNAIO

COVER

Vintage e dintorni

ART HOUSE

VIP & NEWS

ANTONIO PERCASSI Dall’Atalanta alla laurea Honoris Causa

TOBIA VESCOVI

Il maestro dello scalpello

TRAFFIC GALLERY L’arte di Karin Andersen

INTERVISTE

SARAH VIOLA

La famiglia vista dalla psicologa

Ecosostenibilità d’avanguardia

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CARI LETTORI

DICEMBRE - GENNAIO

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ecologia è uno dei temi costantemente all’ordine del giorno nei vertici dei grandi della Terra. Il perché è chiaro a tutti: alternative non ce ne sono. Dello stesso parere è Roberto Sancinelli, presidente della Montello Spa, ditta all’avanguardia in Europa per trattamento, recupero e riciclo di rifiuti organici e imballaggi in plastica: «Senza attenzione all’ambiente non si va da nessuna parte. È per questo motivo che credo fortemente nelle energie rinnovabili: nei prossimi decenni dovranno sostituire il petrolio. Guai se non fosse così. È in atto una trasformazione che porterà a un mutamento sostanziale del sistema economico produttivo». La chiacchierata con l’illuminato imprenditore bergamasco è uno dei punti di forza di questo numero, costruito come da tradizione attorno alle eccellenze del panorama orobico. Passando dalle parole intriganti della psicoterapeuta Sarah Viola, consulente richiestissima dai programmi tv più quotati, per arrivare alla creatività di Luciana Radici, direttrice del prestigioso ristorante “Roof Garden”. Ricca la sezione dedicata alle aziende di cui non possiamo non segnalare la ricerca appassionata per il mondo di abiti e oggetti vintage d’arte di Fiorella Maffeis, titolare di Art House. Occhio alla salute e al benessere con Farmacia Bresciani e Anahata, mentre l’enogastronomia accarezza le proposte gourmand della Latteria Sociale di Branzi e della rassegna “Sapori nei cortili” di Treviglio. La consueta gimkana vippaiola ci porta - giusto per dare un assaggio - alla Traffic Gallery per l’inaugurazione della mostra di Karin Andersen, al Centro Congressi per la laurea honoris causa di Antonio Percassi, al Grand Hotel di Zingonia - dove una sfilata ha accostato alta moda e gioielli - e alla Galleria Scaccabarozzi in occasione della retrospettiva sul grande scultore Tobia Vescovi. Chiudono la rivista alcuni excursus tra spettacoli e cultura a trecentosessanta gradi. Dall’arte dell’Officina delle Idee alla prestigiosa mostra sul Tiepolo, dal nuovo cartellone del Teatro Creberg - “recuperato” in extremis da un paziente lavoro di tessitura del neo assessore alla Cultura Claudia Sartirani - all’incontro dedicato al beato Carlo I organizzato dall’Associazione Culturale “Alle Radici della Comunità”, a cui hanno partecipato due nipoti dell’imperatore. Noblesse oblige. Buona lettura! Claudio Gualdi

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Emanuela Lanfranco, Direttore Editoriale

ALLA RICERCA DEL BENE COMUNE

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LA MIA RUBRICA

DICEMBRE - GENNAIO

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volte aprendo i giornali, tutti i giornali di questi giorni, temo quello che diranno i figli. Se ne abbiamo, ovvero i nostri figli, altrimenti i figli intesi come i giovani, tra un po’ di anni si guarderanno indietro e faranno un bilancio: «Dunque - diranno - nel primo decennio del nuovo millennio, in Italia…». E qui i puntini di sospensione un po’ ci vogliono. Non per fare sfoggio dell’ennesima figura retorica ma per esercitare l’omissione del già visto, del già detto, di questo immobilismo che tutto riveste nella sua gommosità, nella sua resistenza ad ogni possibile cambiamento. Il ministro che dice e disdice, il magistrato che accusa ed è accusato, il Cavaliere in diretta, il Pd alla ricerca di un’identità, il PdL alla ricerca della governabilità, gli scandali sessuali, la finanza che scricchiola… meglio i puntini, lasciano spazio all’immaginazione e tra uno e l’altro forse anche a un po’ di speranza. Eppure, dentro a tutto questo, resiste il nostro bisogno di misurarci col bene comune, la nostra istanza di uscire dal puro narcisismo dei propri interessi, la nostra esigenza di orizzonti più ampi, non fosse altro che per potere dire che a qualcosa è servito il nostro passaggio qui. Anche in questa Italia, che è quella che ci tocca, in questi tempi che sono i nostri. La politica ci ha delusi, ammettiamolo, ci ha proprio delusi, la partecipazione pare non funzionare più, eppure sentiamo che pensare solo al nostro orticello non è sufficiente. E allora il bene comune si cerca, e forse si tutela, perché no, attraverso pratiche di solidarietà. La solidarietà che non è beneficienza, non solo, non più. Ma prima di tutto è rifiuto dell’indifferenza, della passività, dell’isolamento, dell’egoismo. Instaurazione di rapporti ispirati all’impegno dentro ambiti non teorici ma concreti, nell’osservazione di bisogni reali e nel tentativo di una risoluzione ora, adesso, a partire da quel che ciascuno può fare. Sarebbe interessante andare a vedere cosa succede nella nostra città, quali sono le associazioni che si occupano di progetti di solidarietà. Lo faremo, ci proveremo. Anche per evitare di cadere nel buonismo, nel pensare che tutto ciò che appare buono lo sia per davvero. O viceversa per trincerarsi dietro ad uno sterile «tanto non serve a niente». Chiedo una mano anche ai lettori che potranno segnalarci iniziative di volontariato e raccontarci le loro storie, i loro incontri. Come sempre ne faremo non tanto una questione di cifre, di quantità, ma di qualità.

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DICEMBRE - GENNAIO

Editoriale 5

Cari Lettori

DICEMBRE - GENNAIO

Sommario

Vip & news 7 12 14 16 18 22 24 26 28 30

La mia rubrica. I noi passati Cibo d’arte e arte del cibo al “Cracking Food Feast” Traffic Gallery presenta l'arte di Karin Andersen Percassi, dall’Atalanta alla laurea honoris causa Appuntamento con la moda al Grand Hotel di Zingonia Tobia Vescovi, maestro dello scalpello Bergamoscienza, la 7ª edizione fa registrare 87 mila presenze Passeggiar Gustando supera i 10 mila euro Carrera Cup, bilancio positivo per Bonaldi Motorsport Speciale Natale

Aziende 50 54 58 60 62 64

Art House Centro Medico San Giuseppe Il Mattioli Anahata Foppapedretti Estetista Gabriela

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DICEMBRE - GENNAIO

Interviste 34 38 42 46

Luciana Radici Jr. Direttore artistico Roof Garden La famiglia secondo Sarah Viola I nuovi vecchi Roberto Sancinelli Ecosostenibilità d’avanguardia

Mangiar Bene Città dei Mille anno 12 n. 6 Aut. Trib. n. 52 del 27 Dicembre 2001 Editore: Editrice Bergamasca Srl www.ediberg.it Direzione e Redazione: Via Madonna della Neve, 24 Bergamo Tel. 035.3591116 Fax 035.3591117 www.cittadeimille.com Direttore responsabile: Claudio Gualdi Direttore editoriale: Emanuela Lanfranco Redazione: Fabio Cuminetti Grafica: Denis Colosio - Fabio Toschi In questo numero hanno collaborato: Luna Gualdi Francesco Lamberini Fotografie: Vincenzo Lombardi Tiziano Manzoni Stampa: Sigraf - Treviglio (Bg) Pubblicità: Tel. 035.359 1158

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Il formaggio porta turismo Più stranieri in Val Brembana Weekend all’insegna della cultura e dei piaceri del palato

Arte e cultura 70 72 74 76 78

L’officina delle idee di Massimo Facheris Tiepolo, un percorso unico grazie al “Paradiso” di Rovetta Creberg Teatro, trovata l’intesa tra Comune e gestore Emerson Gattafoni premiato dal Centro Pio Manzù Martino e Caterina d’Austria in città per ricordare Carlo I


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Vip & News

DICEMBRE - GENNAIO

di Emanuela Lanfranco

Cibo d’arte e arte del cibo al “Cracking Food Feast” Cracking Art Group e Roof Garden Restaurant assieme per un nuovo progetto dedicato alla gastronomia. Arte da vedere e gustare con le creazioni del celebre gruppo e dello chef Fabrizio Ferrari

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n gruppo artistico di rottura, il Cracking Art Group, un eclettico chef, Fabrizio Ferrari, e una location spettacolare come il Roof Garden Restaurant di Bergamo (Piazza della Repubblica, 035/366159): sono stati questi i protagonisti dell’esclusivo evento Cracking Food Feast che si è tenuto domenica 27 settembre per presentare, in anteprima, il nuovo progetto dedicato alle opere food del celebre gruppo artistico con la realizzazione di pezzi d’arte ispirati a frutta, verdura, pane, dolci, carne. Le creazioni in plastica hanno “giocato” e si sono confuse con quelle autentiche e gustose dell’executive chef Fabrizio Ferrari e del suo staff. L’originale ed eclettico cuoco metropolitano, come lui stesso ama definirsi, per l’occasione ha realizzato un

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“Cracking menù” fatto di presentazioni speciali e sapori sorprendenti. Una sinergia tra le opere ispirate al cibo del gruppo Cracking e il cibo inteso come autentica forma d’arte di Ferrari: il risultato è stato un gioco dove realtà e finzione si intrecciano, si confondono, si compenetrano. Cibo da ammirare, arte da gustare. La serata ha avuto inoltre uno spumeggiante partner, la cantina Ronco Calino, con le bollicine di Franciacorta Brut Docg dell’azienda di Adro. Ma la collaborazione tra Roof Garden Restaurant e Cracking Art Group non si è esaurita con la serata “Cracking Food Feast”. Per tutto il mese di ottobre, grazie alla collaborazione con lo Studio d’arte Fioretti (www.studiodartefioretti. it), nella spettacolare terrazza del Roof Garden all’8° piano dell’Hotel Excelsior San Marco, sono stati esposti alcuni esemplari di Cracking Art Group, i Suricati.



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di Emanuela Lanfranco

Traffic Gallery presenta l’arte di Karin Andersen Videoclip, visual art, installazioni e performance artistico-visive: è questo l’orientamento con cui la galleria diretta da Roberto Ratti si è imposta nel panorama artistico nazionale ed internazionale

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al 5 novembre gli spazi di Traffic Gallery ospitano la mostra “Hotel d’Hiver” di Karin Andersen a cura di Claudia Attimonelli, curatrice e ricercatrice nell’ambito di sociosemiotica di visual culture e media. Videoclip, visual art, installazioni e performance artistico-visive: è questo l’orientamento con cui Traffic Gallery - diretta da Roberto Ratti - si è imposta nel panorama artistico nazionale ed internazionale, con l’intento di promuovere le nuove tendenze dell’arte contemporanea espresse dalle ultimissime generazioni. Negli spazi di Traffic Gallery la Andersen espone un progetto inedito che mette in scena un dialogo fra video e pittura: venti tele di piccole e medie dimensioni mostrano le figure che costituiscono il cast di “Hotel d’Hiver”, videoclip animato della durata di 5 minuti. Queste opere costituiscono un ulteriore sviluppo del suo percorso che vede, ancora una volta - ma in questo caso capovolgendone i termini - realtà e artificio a confronto; non solamente dal punto di vista tecnico (l’uso della pittura su tela e delle riprese in live action con personaggi animati), ma anche dal punto di vista artistico, secondo la cifra ormai nota dell’autrice. I sei personaggi che si aggirano tra gli stretti corridoi dell’Hotel d’Hiver sono, infatti, figure zoomorfe, tipi grassocci dall’aria mite e completamente assorbiti nell’attività frenetica della ricerca di una stanza dove trovare rifugio dai rigori dell’inverno.

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In realtà la sutura evidente tra le riprese dal vivo e l’elemento fantastico costituiscono il puncutm dell’opera: mostrare la perdita di centralità dell’orientamento antropocentrico mettendo in agenda la priorità del mondo animale e dei suoi ritmi cui gli umani continuano a opporre resistenza. In conclusione l’hotel/dormitorio (un edificio ex sovietico con reminiscenze art nouveau) si rivela come inizio di una nuova era. Alla serata d’inaugurazione, lo scorso 4 novembre, erano presenti gli artisti Karin Andersen, Christian Rainer, Nark Bkb, la critica e semiologa Claudia Attimonelli, vari personaggi della cultura bergamasca tra cui l’Architetto Cesare Rota Nodari e il critico Mauro Zanchi.


Roberto Ratti, direttore artistico di Traffic Gallery. Classe 1980. Laureatosi nel 2006 in Architettura presso il Politecnico di Milano, nel 20022003 ha frequentato la Tecnische Universitaet di Berlino con il progetto Erasmus. Dal 2007 è direttore artistico di Traffic Gallery, galleria d’arte contemporanea specializzata in arte digitale, video e multimedia art, arte urbana e street art.

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Percassi, dall’Atalanta alla laurea honoris causa Riconoscimento accademico in Ingegneria Edile conferito dall’Università di Bergamo al noto imprenditore di Clusone. Difensore in nerazzurro, sempre all’attacco nella vita

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ell’Atalanta era partito come centrocampista, ma la sua tenacia l’aveva portato in difesa. Per il resto Antonio Percassi ha passato la sua vita all’attacco. Abbandonata la carriera calcistica ha fondato una piccola impresa edile con i fratelli nel paese d’origine, a Clusone. Poi l’intuizione: aprire due negozi Benetton a Bergamo. La prima scelta illuminata di una carriera priva di ombre, che l’ha portato ad essere uno dei personaggi più in vista del panorama immobiliare italiano. Il suo talento ora ha ricevuto un riconoscimento accademico. Lo scorso 28 settembre l’Università di Bergamo gli ha conferito infatti la laurea honoris causa in Ingegneria Edile. «Antonio Percassi - ha affermato il professor

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Paolo Riva nella laudatio - dimostra di saper coniugare l’attenzione per le tematiche dell’ingegneria, dell’architettura, dell’ambiente e della sostenibilità, operando in un campo così delicato quale quello dell’edilizia. Prova ne è che Percassi ha chiamato a collaborare a diverse delle sue realizzazioni alcuni dei più importanti progettisti del pianeta». Tra le innumerevoli operazioni di rilievo del suo gruppo immobiliare si possono annoverare il centro commerciale Oriocenter, ad Orio al Serio, la nuova sede Ibm di Segrate, il Franciacorta Outlet Village di Rodengo. Tra i progetti di futura realizzazione spiccano il polo del lusso ad Azzano San Paolo e la rivalorizzazione urbana del centro termale di San Pellegrino, in Val Brembana. «Dobbiamo lottare per la bellezza, perché senza la bellezza si vive male», ha chiosato il neo ingegnere nella sua lectio magistralis.



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di Emanuela Lanfranco - foto Fabio Toschi

Appuntamento con la moda al Grand Hotel di Zingonia Sfilata all’insegna dell’eleganza, del buon gusto e della praticità organizzata dalle titolari della Boutique del Borgo di Osio Sotto. Con in più la poesia dei gioielli Cornaro

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iorno, sera, tempo libero. Un abito per ogni occasione. Questo è quello che Marika e Luisa, titolari della Boutique del Borgo di Osio Sotto, hanno presentato al Grand Hotel di Zingonia. Una passerella all’insegna dell’eleganza, del buon gusto e della praticità. Ad ogni abito è stato abbinato il suo accessorio, scarpe, borse, e splendide pellicce sono state presentate nel corso della sfilata, illuminata «dalla poesia dei gioielli Cornaro… poesia fatta soprattutto di luce valore che caratterizza tutte le sue creazioni…».

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di Emanuela Lanfranco

Tobia Vescovi, maestro dello scalpello La Galleria Giorgio Scaccabarozzi ha ospitato una retrospettiva sullo scultore nato a Zandobbio e cresciuto tra i marmi della cave di proprietà. Grande l’affluenza di visitatori

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enerdi 30 settembre alla Galleria Giorgio Scaccabarozzi (viale Vittorio Emanuele 52b, Bergamo) è stata presentata la mostra dello scultore bergamasco Tobia Vescovi. Nato a Zandobbio nel 1893, cresce a bottega, a contatto con il marmo

delle cave di proprietà dove impara tutti i segreti del marmo e dell’uso dello scalpello. Studia alla scuola d’arte Andrea Fantoni e successivamente all’Accademia Carrara diretta dal professor Ponziano Loverini. Grande affluenza di visitatori alla mostra, conclusasi alla fine di ottobre, che ha visto esposte 18 opere tra le più suggestive degli anni ’30-’40.


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Bergamoscienza, la 7ª edizione fa registrare 87 mila presenze 1551 i volontari che hanno contribuito al successo della rassegna, tra cui 1250 studenti provenienti da 19 istituti scolastici, 150 professori, 80 giovani, 65 genitori, 6 volontari Avis e 34 associazioni, fondazioni e musei

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i conferma il grande successo di BergamoScienza, giunta alla 7ª edizione, con 87.176 presenze ai 124 eventi. Sessanta i luoghi coinvolti dalla manifestazione conclusasi lo scorso 18 ottobre. Il pubblico si è dimostrato particolarmente preparato soprattutto durante le 37 conferenze. Affollatissima quella del Premio Nobel John F. Nash, che ha fatto registrare il tutto esaurito: mille le persone che hanno potuto seguire l’incontro nella sala del Centro Congressi, mentre 600 quelle che hanno ascoltato la conferenza dai maxischermi. Trionfo suggellato dal gran finale della kermesse: 680 presenze per la conferenza del fondatore di Wikipedia Jimmy (Jimbo) Wales al Teatro Sociale e 600 per il pilota Alex Zanardi all’Auditorium di Piazza della Libertà.

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DICEMBRE - GENNAIO

Passeggiar Gustando supera i 10 mila euro Il ricavato della rassegna gastronomica è stato interamente devoluto ad progetto di Confcommercio L’Aquila per far ripartire le attività commerciali della città, devastata dal terremoto

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0.127 euro e oltre 6 mila degustazioni offerte: è questo il bilancio record della quarta edizione di Passeggiar Gustando, la manifestazione dei gastronomi, salumieri, macellai e fruttivendoli Ascom e dei panettieri dell’Aspan. Dal Sentierone, trasformato domenica 4 ottobre in “ristorante”, in occasione dell’ormai tradizionale festa del commercio e della famiglia, le categorie dell’Ascom hanno voluto lanciare un importante messaggio di solidarietà ai colleghi abruzzesi: il

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ricavato della manifestazione è stato interamente devoluto al progetto di Confcommercio L’Aquila per far ripartire le attività commerciali della città, devastata dal terremoto. «Si tratta della continuazione del percorso intrapreso dai nostri rappresentanti di categoria che hanno mostrato la loro solidarietà in occasione del vertice nazionale della Fida nel capoluogo abruzzese - ha dichiarato Paolo Malvestiti, presidente dell’Ascom -. Siamo orgogliosi del successo della manifestazione». A Passeggiar Gustando ha partecipato anche l’assessore alle attività produttive Enrica Foppa Pedretti, che ha sottolineato l’interesse della rassegna gastronomica, patrocinata dal Comune. La vicepresidente nazionale dei dettaglianti alimentari (Fida) nonché presidente dell’Ascom di Reggio Emilia, Donatella Prampolini, ha sottolineato la professionalità di tutte le categorie coinvolte: «E’ importante dare visibilità al lavoro spesso nascosto dei nostri piccoli commercianti. Questa rassegna gastronomica mette in mostra la professionalità degli operatori, impegnati nel realizzare al momento ricette che celebrano il territorio e la tradizione». Per avere un’idea della portata della manifestazione benefica, questi i numeri della manifestazione: i macellai hanno portato sul Sentierone 2200 chili di carne (tra salamelle, spiedini e hamburger), i salumieri 250 chili di salumi (6 prosciutti crudi e 4 cotti, 20 salami, 10 lardi millesimati); 200 i chili di formaggio consumati, 350 i chili di riso e 300 di orzotto preparati con 350 chili di riso e 20 di verdure; 4000 le porzioni di frutta offerte in assaggio dai fruttivendoli. I panificatori dell’Aspan hanno infornato in tutta la giornata 150 chili di pane. Sono state stappate infine ben 250 bottiglie di vino per la degustazione.


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DICEMBRE - GENNAIO

Carrera Cup, bilancio positivo per Bonaldi Motorsport Calato il sipario sulla terza edizione del campionato monomarca della Porsche. Di tutto rispetto i risultati ottenuti dal team bergamasco: una pole, tre secondi posti, un terzo e un quarto posto

È

calato il sipario, sabato 17 e domenica 18 ottobre, sulla terza edizione del campionato monomarca di Porsche Italia, che tornerà nel 2010. Anche nell'ultimo round, elettrizzante oltre che incerto sino alla bandiera a scacchi, il Team Bonaldi Motorsport del Centro Porsche Bergamo è salito sul podio, con il terzo posto conquistato dal pilota Alex Zampedri in gara 1. Il team orobico ha concluso così un anno impegnativo ma che ha regalato tante soddisfazioni - una pole, tre secondi posti, un terzo e un quarto posto - a dimostrazione di come la sinergia tra un pilota esperto come Alex

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Zampedri (uno dei talenti della scena internazionale e già vincitore nel 2005 del campionato Porsche Michelin Supercup), l'affiatamento del team e una vettura che si è dimostrata competitiva, abbia consentito a Bonaldi Motorsport di entrare sempre nel vivo dell'avvincente sfida tra i più acclamati piloti italiani, al volante di ventiquattro 911 GT3 Cup. Tutti aspetti che oggi invitano il team a rimettersi al lavoro con entusiasmo per puntare al top nella stagione 2010. Fondamentale è stata la partecipazione delle aziende che hanno voluto credere a questa sfida, sostenendo Bonaldi Motorsport nella stagione 2009: Datacol, Insidea, Sonax, AEZ, GMA, Gammaplast e Bergamo Isolanti.


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di Emanuela Lanfranco - foto Fabio Toschi

Luciana Radici jr., direttore artistico «La mia volontà è far diventare il Roof un luogo piacevole dove si possono creare eventi mirati che diano la possibilità di far conoscere la nostra cucina locale. Non solo: vogliamo educare al gusto»

Interviste

È

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AL ROOF GARDEN

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un vulcano di idee: da qualsiasi parte volge lo sguardo, prende spunto per realizzarle. Luciana Radici, che ha lo stesso nome della nonna, ma «non sono la nipote prediletta, perché la nonna vuole bene a tutti i suoi nipoti indistintamente», è la nuova addetta alle pubbliche relazioni del Ristorante Roof Garden, che si trova all’ottavo piano dell’Hotel Excelsior San Marco. «Se devo dare un nome al ruolo che svolgo direi più direttore artistico, perché amo sposare l’arte con la comunicazione». E con la cucina. «Soprattutto con la cucina. Il Roof Garden, oltre ad essere una location bellissima, offre una cucina di ottima qualità, e abbinare cucina e arte non è un paradosso, in quanto cucinare è un’arte». Luciana, partiamo dall’inizio, raccontaci un po’ la tua storia. «Ho viaggiato molto, nei periodi estivi andavo spesso all’estero a lavorare, ho frequentato l’istituto Marangoni e nel frattempo mi sono occupata di moda vivendo esperienze importanti. In questo contesto credo si sia formato il mio gusto, lavorare con le materie prime mi ha portato alla conoscenza del prodotto e alla ricerca del particolare. Ho fatto la cameriera in un bar e questo mi è servito a conoscere molta gente, ho girato per ristoranti dove in ognuno cercavo sempre il particolare, guardavo tutto, dal servizio ai sapori, devo dire che ho vissuto molte esperienze. Nel frattempo mi sono anche laureata e mi sono diplomata in recitazione». Attrice? «No, assolutamente, sono abbastanza timida, volevo fare teatro in terapia sociale, stare dietro la scena».


Torniamo alla direzione artistica del Roof «Direzione artistica perché ho sempre ritenuto che la cucina sia anche un’arte, un’esperienza sensoriale. È importante lasciarsi sedurre da qualche elemento nuovo. La mia volontà è far diventare il Roof un luogo piacevole dove si possono creare eventi mirati che diano la possibilità di far conoscere la nostra cucina locale. E soprattutto far conoscere il gusto. Per esempio ci saranno serate a tema, già state avviate negli anni passati, ma che vogliamo fortemente riprendere perché è giusto che la gente sappia apprezzare e capire il gusto e il sapore del cibo, ovviamente in sinergia con lo chef Fabrizio, stimato professionista con grande esperienza e padronanza, che non si risparmia neppure nel rispondere alle varie domande del cliente; ciò dimostra che il cliente è sempre di più attento al cibo e ai sapori».

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«PERDUTAMENTE... ROOF!», viaggio alla scoperta dei sapori della tradizione italiana

FABRIZIO FERRARI, CHEF Fabrizio, lei si definisce cuoco metropolitano. Cosa significa? «Dove nasce l’identità di un cuoco? Da quello che vede nel mondo. Dopo ventitrè anni di lavoro, nei viaggi che uno compie porta a casa un tassello di quello che è il grande puzzle della cucina. L’ingrediente che credevi dimenticato lo riproponi e così si crea una cucina di fusione, questo è fare cucina metropolitana, dare a tutti la possibilità di avere un riferimento». Lei è stato allievo di George Pralòus, “maestro del sottovuoto”. «Sono amante della cucina tecnologica, e mi piace esprimere la mia creatività usando anche nuove tecnologie». Lei propone il cibo cotto sottovuoto. Il cliente che si vede arrivare una spigola chiusa in un sacchetto, come reagisce? «È sorpreso soprattutto il cliente bergamasco, tanto legato alle tradizioni. Questo è il modo per poter sdoganare il concetto di cottura sottovuoto al cliente. L’uso era per addetti al lavoro, perché sappiamo quali sono i vantaggi della concentrazione all’interno del sacchetto, la pressione dell’atmosfera è quasi 0, c’è una concentrazione dell’aromaticità e al tempo stesso la cottura a bassa temperatura lascia una consistenza al cibo impossibile da raggiungere con un altro tipo di cottura». E la nostra cucina locale? «Sono convinto che bisogna lasciare le cose come stanno, lasciare integre le cose che fanno parte del Dna. L’uso di una tipologia non va a modificare la tradizione, le due cose vanno in parallelo, bisogna andare all’origine per poterle ricreare uguali». Quale è stata la vera innovazione? «La vera innovazione c’è stata nel 1970 quando un gruppo di cuochi hanno dato vita alla Nouvelle Cousine. C’è stata una fortissima evoluzione, perché ha portato ad una presa di coscienza importante e Gualtiero Marchesi è stato l’anello di collegamento tra la cucina classica e la Nouvelle Cousine. Che è finita subito perché come esperienza si è evoluta, la ricerca è diventata la nuova cucina».

Ha debuttato giovedì 12 novembre la rassegna gastronomica “Perdutamente... Roof!”, voluta dallo chef Fabrizio Ferrari per rendere omaggio all’immensa varietà di prodotti tipici italiani, talvolta “celati” nelle valli e pianure della nostra penisola. La prima tappa di questo viaggio del gusto non si è allontanata dalla città che ospita l’elegante ristorante all’8° piano dell’Hotel Excelsior San Marco, nel cuore di Bergamo: è stata infatti dedicato al Branzi, celebre formaggio prodotto in Val Brembana, il primo menu che, dopo l’anteprima del 12 novembre, rimarrà in carta per tutto il mese successivo. «L’Italia vanta una ricchezza di specialità gastronomiche che non trova uguali in nessun altro Paese -afferma Ferrari-. Da sempre cerco di valorizzare nella mia cucina le materie prime, utilizzando prodotti, ma anche metodi di cottura, che fanno parte della nostra tradizione. Con “Perdutamente” renderemo omaggio ad alcuni di questi prodotti, a molti sconosciuti, creando ricette che ne valorizzino la qualità e la versatilità». Il menu ha preso il via con un viaggio intorno al Branzi, ovvero Sciatt di Branzi giovane alla farina gialla, valeriana e aceto balsamico, Budinetto al Branzi vecchio e fonduta all'extravecchio. A seguire i Pizzoccheri di segale, coste e patate con Branzi vecchio e il Risotto al Branzi in tre stagionature. Il Morbido di vitello al fumo leggero e Branzi vecchio con polentina e lo Shot di limone ghiacciato, ad anticipare la Degustazione dei formaggi nei tre invecchiamenti, con l’aggiunta di un’autentica rarità: il Branzi Riserva di 36 mesi, accompagnato da un’altra eccellenza bergamasca, il Moscato di Scanzo Docg delle Aziende Agricole La Brugherata, Biava e De Toma. Dulcis in fundo, il Semifreddo alle castagne con salsa al cioccolato. Il menù presentato in anteprima il 12 novembre e introdotto da Francesco Maroni, direttore della latteria Sociale di Branzi, resterà nella carta del Roof Garden sino all'8 dicembre 2009. Tutta la cena è stata accompagnata dai vini Valcalepio, mentre il gran finale ha visto in campo il Moscato di Scanzo, la più piccola DOCG italiana, per la prima volta proposto in abbinamento al Branzi proprio dal Presidente del Consorzio, Paolo Bendinelli. “PERDUTAMENTE... ROOF!” - IL BRANZI costo per persona 70 euro (vini compresi) Per informazioni e prenotazioni: ROOF GARDEN RESTAURANT Piazza Repubblica, 6 - Bergamo Tel. 035.366159 - ristorante@hotelsanmarco.com


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La famiglia secondo Sarah Viola A tu per tu con la psicoterapeuta bergamasca famosa tra i telespettatori per l’apparizione in alcune trasmissioni di primo piano quali “L’Italia sul Due” e “Mattino Cinque”

Interviste

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SARAH VIOLA

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pesso capita di essere presi da un immagine televisiva. Così mi è successo con la dottoressa Viola, non ricordo quale trasmissione fosse, so che mi aveva colpito il suo modo gentile di porsi, il tono della voce, basso, molto pacato, educato, che, ciò nonostante, emergeva tra mille voci, anzi urla, di altri ospiti a quella trasmissione. La dottoressa Viola partecipava quale esperta in psicologia e ricordo che si stava discutendo di come poter gestire i figli, come aiutarli quando i genitori si separano. A un certo punto la dottoressa Viola mi colpì ulteriormente, disse che aveva cinque figli, da tre mariti diversi, e candidamente disse che lei nella vita aveva amato solo tre uomini, e li aveva sposati. Dottoressa Viola, avevo capito giusto? «Io credo di avere una struttura di personalità di tipo assolutamente monogamico familiare, nel senso che non sono mai riuscita nella vita a vivere una storia che non fosse progettuale, che non fosse monogamica. Conobbi il mio primo marito a sedici anni, lui era molto più grande di me, purtroppo si ammalò. Quando il suo medico mi disse che il fatto che io ci fossi o no non avrebbe cambiato nulla per la vita di quest’uomo, presi il mio bambino e me ne andai. Poi c’è stato il capitolo più lungo, più importante e più drammatico della mia vita, avevo ventiquattro anni, anche il mio secondo marito era più grande di me, abbiamo avuto tre figli e pensavo veramente che questo matrimonio non potesse finire mai. Infatti ho impiegato diversi anni dopo la separazione ad elaborare il fatto che fosse veramente finita, perché per molto tempo ho vissuto con lo sguardo rivolto all’indietro. Quello che mi viene sempre in mente è che il mio matrimonio è finito l’anno delle torri gemelle, a settembre 2001, a posteriori pensavo che avevo vissuto due eventi per me incredibili». La guerra si fa in due. «Naturalmente, quando un fallimento si realizza non è mai colpa di uno solo.


Devo dire che io sono particolarmente testarda, faccio molta fatica a mollare una situazione, arrivo oltre il limite del tollerabile, quindi è l’altro che decide se è finita. Ed è stato così. L’altra persona ha deciso che quell’esperienza familiare non andava bene e, pur avendo cinquantacinque anni lui e quaranta io, finì». Rimpianti? «La mia grande fortuna è stata quella di non rimpiangere questi due uomini, perchè se avessi visto nella loro vita degli spazi normali, mi sarei detta “sei proprio un disastro, non hai saputo tenerli”. Ma sono stati tanto rocamboleschi nelle loro relazioni successive che anche i miei figli mi dicono che in quel disegno di vita non potevamo starci». Non ha mai pensato che forse era meglio star da sola? «Ho proprio pensato che non mi sarei più sposata. Invece poi ho trovato una persona che, capendo la mia situazione, di saturazione, cosa ha fatto? Si è conquistato i miei ragazzi. Lui ha capito che in quel momento io ero abbastanza delusa, e sono stati proprio i miei figli ad incoraggiarmi, si sono molto affezionati a Luca, infatti lui mi dice che non ha trovato una famiglia ma ha fatto una famiglia». E questo è stato il motivo per cui si è risposata? «Essendo lui un quarant’enne incredibilmente single, mi sarebbe dispiaciuto non poter far sì che anche lui potesse vivere un affetto, ma non l’ho fatto per questo. Oggi, se avessi qualche anno di meno farei subito un altro figlio». Quindi lei ha cinque figli. «Il più grande ventotto anni, e l’ultima tre... Mi piacerebbe averne un altro, invecchiando anziché passarmi la voglia di avere figli è aumentata e oggi penso sia in assoluto la cosa più interessante. Ogni tanto penso che la parte finale della mia carriera mi piacerebbe dedicarla ai piccoli». Perché solo ai piccoli? «Perché mi sembra che la società stia togliendo sempre di più gli spazi ai

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bambini». Ne nascono anche meno. «È vero, ne nascono molti meno, però sono sempre i bambini che devono adattarsi alle situazioni, alle separazioni, alle nuove famiglie, ai nuovi patner, alla famiglia che si disfa di nuovo, alle copie omosessuali. Io non ho nulla contro le coppie omosessuali, ma prima di pensare ai loro diritti, mi piacerebbe si pensasse a quelli dei bambini; tutti hanno il diritto di essere genitori, ma dovremmo innanzitutto tenere conto delle esigenze dei bambini. Si sta togliendo sempre di più terreno al mondo dell’infanzia; per esempio, anche nella comunicazione quotidiana, la televisione, le parole che noi usiamo, gli atteggiamenti, i messaggi che diamo, non rispettiamo i piccoli. Quindi il fatto di dedicarsi ai bambini per me è una cosa molto importante». Mi scusi dottoressa Viola, ma dopo tutto quello che mi ha detto mi verrebbe da dire, naturalmente in senso buono, che lei predica bene ma razzola male... «Si, lo può assolutamente dire. Il problema è questo, che io ho sempre cercato, pur fallendo, di costruire una famiglia. Per me la famiglia, con tutti i suoi limiti, è assolutamente un valore. Io non riesco a vedere coppie, se non all’interno di un progetto familiare. Le coppie di innamorati, di adulti che girano il mondo, non mi interessano, certo è meglio stare in due che da soli, ma la coppia, dal mio punto di vista, forse per quella radice cattolica che non mi è passata mai, deve avere una propulsione verso il futuro, deve diventare famiglia. E oggi purtroppo la famiglia è diventata un laboratorio, si fa, si disfa, poi si ricompone, io penso che se si facesse saldo l’amore e la dedizione ai piccoli il senso della famiglia lo conserveresti. Non per discolparmi, ma io mi sarei tenuto sia il primo marito e soprattutto il secondo, ma tu non puoi puntare una pistola alla tempia di un uomo e dirgli: “adesso tu devi fare il padre”. Io accetto la sua giusta osservazione, predico bene e razzolo male, me lo dico tute le mattine. Mi dico anche che sono una figlia del mio tempo, sono nata nel sessantuno, i miei genitori sono stati dei sessantottini arrabbiati, rimasti insieme ma palesando tutte le loro contraddizioni che hanno vissuto con noi figlie. Quindi sono già cresciuta con tutte le loro problematiche». Nonostante questo crede nella famiglia. «Essendo schematica, e con il complesso da prima della classe, per me il fallimento, non tanto del mio primo matrimonio perché davvero ero molto giovane,

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ma del secondo matrimonio, è stato il fatto di sentirmi da il primo della classe a Pierino la peste». Si è sentita un po’ in colpa? «Mi sono anche colpevolizzata, ma soprattutto ho vissuto anche la perdita di un’identità. Pensavo che non avrei più potuto riciclarmi perché un altro personaggio, al di là di prima della classe, non avrei potuto essere. La fine di questo matrimonio mi ha messo nella condizione di mettere fuori la faccia. In realtà ho imparato che quel poco valore che avevo non era l’essere prima della classe, ma avere avuto anche il coraggio di dire “Io credo assolutamente nella famiglia”, pur essendomi andata in questo modo, anche sicuramente per responsabilità mia, ma dirò di più: se dovesse finire con questo uomo, cosa che mi auguro non succeda, sono certa che non mi metterei con un altro tanto per, ma vorrei fare famiglia, dare comunque ai miei figli questa sensazione di una funzione materna e una funzione paterna». Anche se il padre è diverso, i figli si sentono coinvolti tutti nella stessa famiglia? «Tenga conto che ormai i miei figli sono grandi, e poi sono stati loro a cercare questo padre. Come dicevo lui è arrivato a me tramite i miei figli, erano cuccioli da adottare. Se il mio ex marito fosse stato veramente un padre probabilmente non avrebbe distrutto la famiglia, avrebbe magari fatto la sua vita, mantenendo però la famiglia unita. Pur essendo io una che avrebbe sparato se tradita, non avrei mai lasciato un uomo che non fosse stato un buon padre, mi sarei ritirata in me stessa, ma non sarei riuscita a disfare la famiglia perché per me è fondamentale la funzione genitoriale». Dottoressa Viola, quindi secondo lei è meglio che, se ci sono figli, una coppia non si separi? «Io lo dico quotidianamente. Quando le coppie vengono a chiedere cosa è meglio fare per i figli, scindo il mio discorso. Se parlo da psicoterapeuta per gli adulti, anche la legge oggi dà la possibilità di rifarsi una famiglia, ma se mi chiedono cosa è meglio per i figli, allora la risposta è inequivocabile: rimanete insieme. È vero che una coppia che configge è comunque un danno per il figlio, ma mi creda, nessun bambino accetta mai la separazione dei genitori. E non è nemmeno vero che una separazione metta a tacere il conflitto anche dopo». Torniamo alla figura del padre: non tutti gli uomini hanno questo spiccato senso paterno, però ci sono anche quelli che si dedicano ai


figli in modo completo. «I nuovi papà così mammi non mi piacciono. Sono una forzatura, ma soprattutto ai bambini non servono due mamme, come non hanno bisogno di due padri; il padre deve fare l’uomo e spesso il figlio che non ha un riferimento paterno rivolge su se stesso anche le malattie». Ho la sensazione che i nostri figli non avranno un futuro roseo, per colpa nostra. «Noi siamo cresciute con ancora dei pensieri, ma credo che ai nostri figli è arrivata solo angoscia. La spiegazione che mi do è questa, che noi non eravamo ancora pronte alla democrazia, noi siamo state la prima generazione che si è confrontata con la democrazia, quindi con concetti come educazione, responsabilizzazione del bambino, anziché impostazione. Il concetto di democrazia è per adulti. I valori a noi sono passati come frutto di ricerca, di discussione, di confronto e li abbiamo passati ai nostri figli, ma la società non era pronta per una perdita totale dei limiti e delle regole. Noi eravamo abbastanza adulti, ma non abbastanza per essere così democratici. E i nostri figli hanno scambiato la nostra democraticità per debolezza, mancanza di “palle”, di confusione, e noi stessi con le nostre scelte gli abbiamo dato ragione». Quindi, come ci vedono i nostri figli? «Come persone smidollate che si sentono in colpa e quindi elargiscono. E i figli giustamente ne approfittano. Questo è stato il meccanismo di passaggio, abbiamo abdicato pensando di fare un ragionamento adulto con dei bambini. E poi si è perso quel senso di distanza, oggi i nostri figli sanno tutto dei genitori, siamo amici, siamo alla pari. Nessuno si prende più la briga di dire che non siamo allo stesso livello, “ti voglio bene ma non sono tuo amico”. È il genitore che deve avere il potere sul figlio, invece ci siamo fatti mettere al muro per i sensi di colpa. Eccesso di democrazia da una parte e sensi di colpa dall’altra hanno fatto crescere i nostri figli soli e senza riferimenti». La nostra società è comunque cambiata, i problemi sono diversi da quelli che potevano avere i nostri genitori. «Certo, noi dobbiamo essere belli, magri, giovani sempre, tenere su tutto ciò che ogni giorno va cadendo, gli amici, la palestra, il lavoro, sempre con il cellulare in mano. Se passiamo questo messaggio, che tipo di vita avranno i nostri figli? La prognosi è riservata, non mangiano, bevono, si fanno di qualsiasi cosa trovano, perdono la loro esistenza su internet, su facebook. Che aspettative

di vita e di successo possono avere? Quelli che ce la faranno, secondo me, restaureranno una serie di principi, magari anche un po’ superati, però che ci vogliono». Che cosa ci resta da fare per i nostri figli? «Esserci, possiamo solo esserci, dedicare loro sempre più tempo». Dottoressa Viola, è recente la notizia che i bambini potranno nascere da staminali. Cosa ne pensa? «È un danno, si mette al mondo “nessuno” e senza radici. Se pensiamo che il bambino adottato, appena ragiona, la prima cosa che chiede è di conoscere chi lo ha messo al mondo. A “nessuno” cosa diciamo? Non ha nemmeno il diritto di avere qualcuno che lo ha generato. Tutti hanno il diritto di essere genitori, ma questo sarebbe il trionfo dell’egoismo dell’animale». Il curriculum Laurea in Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Milano, 1985 - 110/110 e lode. Abilitazione all’esercizio della professione, Università degli Studi di Milano, 1985. Specializzazione in Psicologia a indirizzo medico, Istituto di Psicologia, Università degli Studi di Milano, 1990 - 70/70 e lode. Iscrizione Albo degli Psicoterapeuti, 1993.

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I nuovi vecchi Si vive molto più a lungo e molto meglio che in passato, soprattutto se si è ricchi ed occidentali. Le vecchie categorie appaiono superate. Ma del resto differenti sono state nella storia dell’uomo le modalità con cui si è affrontata la vecchiaia

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LA TERZA ETÀ

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ecchiaia, parola difficile anche solo da pronunciare. Non piace nemmeno dirla ad alta voce: si inciampa nel suono, quelle c così doppie e così dure, quel miagolare finale di i e di a. Pronta a mettere in moto antiche domande sul nostro destino di umani, sul nostro percorso di vita ma, sia giocata sul piano individuale che su quello collettivo, risulta ancora più complicata da affrontare oggi poiché è in una fase di mutazione per certi aspetti radicale. I vecchi aumentano di numero e di età. Si vive molto più a lungo e molto meglio che in passato, soprattutto se si è ricchi ed occidentali. Insomma, siamo di fronte a nuovi vecchi. E anche a nuove situazioni sociali entro cui il conflitto generazionale, finora smussato dallo stato di benessere, potrebbe perfino sfociare in nuove forme: una inedita declinazione di quello tra ricchi e poveri, con i giovani però nella parte dei poveri. Resta comunque valida la constatazione che da qualsiasi angolazione si guardi al problema, da un punto di vista statistico o economico o sociologico o medico o esistenziale, esso si rivela urgentemente bisognoso di ripensamenti. Le vecchie categorie appaiono superate. Ma non dobbiamo poi molto scandalizzarci di questo. Differenti sono state nella storia dell’uomo le modalità con cui si è affrontata la vecchiaia. Essere vecchi nel mondo antico, e ancora oggi nei popoli sottosviluppati, era un avvenimento eccezionale: la vita media non superava i trent’anni. La categoria dei vecchi dunque brillava innanzi tutto per la sua eccezionalità. E i vecchi potevano essere sia sottoposti a rifiuto che essere oggetto di venerazione, a seconda di numerosi fattori economici, sociali, psicologici e magico religiosi. Giocava contro la vecchiaia la scarsità di risorse e dunque la tendenza ad espellere dal tessuto sociale


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chi è improduttivo. In altre situazioni erano invece i vecchi i depositari di conoscenze preziose per tutti, testimoni di avvenimenti lontani, mediatori tra questo mondo e l’altro perché prossimi alla soglia della morte. Insomma è evidente che il posto dei vecchi, che può essere di potere o di subordinazione, viene assegnato non per scelte individuali ma per scelte collettive. E allora cosa ci resta di dire? Qual è lo spazio entro cui muoversi per ridare senso anche a questo tratto di strada? La nozione di limite, poco amata dalla mentalità contemporanea, ci può forse aiutare. La vecchiaia ci mette maggiormente di fronte alla nostra limitatezza, al fatto che dobbiamo giocare al meglio le nostre carte, quelle che abbiamo in mano, quelle che siamo stati capaci di costruirci. Fare il bilancio del nostro passato e decidere che la vita che abbiamo

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avuto è stata quella che ci consegna al presente, fare pace con quel che siamo stati e prendere coraggio per cambiare finalmente, rispolverare i ricordi e comprendere tutto ciò che di positivo e anche di negativo ci hanno consegnato, non smettere di tenere vive le passioni, i de-sideri: sono loro che ci porteranno alle stelle, i sidera dei latini. Giunti vicini al limite, forzarlo al massimo come si fa l’attimo prima di tuffarsi nell’acqua. E ricordarsi sempre di ciò che abbiamo attorno per assaporarlo fino alla fine. Fino al giorno prima. Essere insomma come il suonatore Jones dello Spoon River “che giocò con la vita per tutti i novant’anni”: la vita è la cosa più seria che abbiamo tra le mani e forti di questo vivere sapere affrontare anche il morire. Siamo mortali. (A.P.)



di Fabio Cuminetti

Ecosostenibilità d’avanguardia La Montello Spa ha ricevuto il prestigioso Premio “Sviluppo sostenibile 2009”. Il presidente Roberto Sancinelli: «Ci è stata riconosciuta l’eccellenza nel trattamento, recupero e riciclo di rifiuti a matrice organica e imballaggi in plastica post consumo»

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ROBERTO SANCINELLI

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Roberto Sancinelli, presidente della Montello Spa, la parola «smaltimento» proprio non piace. Meglio recupero e riciclo, perché questo è ciò che fa la sua azienda: trasforma i rifiuti da problema a risorsa producendo energia elettrica (60 milioni di kWh/el annui) e termica (52 milioni di kWh/th annui), fertilizzante organico di alta qualità, materie prime seconde sotto forma di scaglie e granuli di materie plastiche e manufatti utilizzati nel settore edilizio. Un’ecosostenibilità tangibile e d’avanguardia dunque, che mette a frutto l’impegno dei cittadini e delle istituzioni nella raccolta differenziata dando lavoro a 260 addetti in un’area industriale di 350 mila mq sita nell’omonimo comune. Con risultati eccellenti, tant’è che all’azienda è stato assegnato per il settore rifiuti il Premio “Sviluppo sostenibile 2009”, istituito dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile con la collaborazione di Ecomondo-Rimini Fiera e l’adesione del Presidente della Repubblica. Secondo i giudici infatti gli impianti della Montello dedicati al riciclo di rifiuti a matrice organica e quelli rivolti al recupero della plastica comportano notevoli benefici sul piano ecologico: si risparmiano energia e materie prime riducendo gli impatti ambientali dello smaltimento e l’emissione di gas serra (50 mila ton/anno di CO2 in meno col solo impianto di trattamento di rifiuti organici). Avete compreso prima di molte altre realtà l’importanza di salvaguardare l’ambiente, facendo dell’ecosostenibilità il vostro corebusiness. La vostra lungimiranza è stata ricompensata. «Il Premio “Sviluppo sostenibile” non può che farci piacere. E’ stato dato a un’azienda come la Montello - spiega Sancinelli - perché rappresenta un esempio da seguire nel trattamento, recupero e riciclo di rifiuti a matrice organica e imballaggi in plastica post-consumo».


Un’impresa vincente, insomma. «Conti che abbiamo cominciato a trattare queste tipologie di rifiuti nel 1996, in piena emergenza rifiuti in Lombardia e anche nella provincia di Bergamo. Abbiamo partecipato in modo significativo alla risoluzione di tale emergenza ed è stato in quel momento che abbiamo capito quanto il rifiuto da problema poteva diventare invece un’opportunità e una risorsa, termine ormai di dominio pubblico quando si parla di rifiuti». Ma siete andati oltre il termine «risorsa». «Sì, perché è vero che siamo partiti da lì, ma bisognava lavorarci sopra per far sì che questa risorsa diventasse valore. Oggi per noi il rifiuto è diventato materia di base per fare un prodotto. E’ per questa filosofia, sostanzialmente, che la Montello ha ottenuto il premio: abbiamo trasformato dei concetti in concretezza». Ci parli più diffusamente dei vostri prodotti. «Dalla plastica produciamo sia materie prime di riciclo, ovvero scaglie e granuli che vanno poi a sostituire la materia prima vergine, e addirittura manufatti, come nel caso della geomembrana bugnata Geomont®, usata in edilizia per isolare dall’umidità le fondamenta delle costruzioni. Abbiamo in particolare un know-how, ovvero una nostra tecnologia, che ci permette di partire dai contenitori per liquidi come nel caso di flaconi usati di shampoo e di detersivo per arrivare al manufatto senza interruzioni di processo: una cosa impensabile fino a qualche anno fa». E per la sezione organica? «Una parte viene trasformata in biogas, con cui produciamo energia elettrica e termica. Una parte diventa fertilizzante». L’innovazione è fondamentale: nella motivazione del premio conferitovi a Rimini rientra infatti l’utilizzo di detettori ottici automatici che consentono di separare le plastiche per polimero e per colore. «La ricerca e la sperimentazione di nuovi sistemi sono elementi decisivi nel nostro lavoro. Siamo stati i primi in Europa a utilizzare tali mezzi. Nel 1998 avevo visto lavorare un detettore ottico NIR (Near Infra Red) nel selezionare i fagioli per colore e per dimensione. Da lì ho interpellato la multinazionale norvegese che lo produceva, chiedendo se fosse possibile utilizzarlo per separare la plastica in base al polimero e al colore. Così è nata la prima macchina sperimentale, su cui abbiamo lavorato per un anno e mezzo. Dopo le necessarie messe a punto, nell’agosto del 2000 abbiamo realizzato il primo impianto industriale, tuttora funzionante, che ha rivoluzionato il sistema di selezione e recupero degli imballaggi in plastica post consumo». Quante tonnellate di imballaggi trattate annualmente?

«120 mila. Il settore impiega 80 addetti, mentre senza automazione ne sarebbero serviti 800. Con tutte le problematiche igienico-sanitarie connesse. Il salto tecnologico è stato infatti motivato anche dalla necessità di evitare il contatto diretto tra il rifiuto e l’operatore. L’impianto per il trattamento di rifiuti organici, anche questo totalmente automatizzato, ha invece una potenzialità di trattamento di circa 180 mila ton/anno». Da dove provengono i rifiuti? «Innanzitutto la Montello è impianto di Piano rifiuti della Provincia di Bergamo. Abbiamo una specifica convenzione con la Provincia e dunque i rifiuti delle due tipologie già descritte vengono conferiti alle nostre strutture. Abbiamo poi rilevanza regionale e, dunque, arrivano rifiuti

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all’interno dei nostri impianti. Stiamo studiando un processo di gassificazione per produrre gas di sintesi. In questo modo chiuderemmo il cerchio del riciclo». Un risultato eccezionale. «Decisamente, soprattutto se si pensa che fino al 1996 tutti questi rifiuti finivano in discarica. Vorrei sottolineare però una cosa: alla base di questo percorso ci dev’essere il contributo del sistema di gestione all’origine del rifiuto tramite la raccolta differenziata, ed in questo il lavoro svolto dalla provincia di Bergamo è stato encomiabile». E l’ambiente ringrazia. «Conti che negli anni ’50 la Terra aveva 4 miliardi e mezzo di abitanti. Oggi siamo 6 miliardi e mezzo, nel 2050 saremo 9 miliardi e mezzo. Senza attenzione all’ambiente non si va da nessuna parte. È per questo motivo che credo fortemente nelle energie rinnovabili: nei prossimi decenni dovranno sostituire il petrolio. Guai se non fosse così. E’ in atto una trasformazione che porterà a un mutamento sostanziale del sistema economico produttivo».

Francesca Sancinelli

anche da altre Province. Che noi, ci tengo a ribadirlo, non smaltiamo, ma recuperiamo». Quali sono i vostri obbiettivi per il futuro? «Continuiamo a puntare su nuove tecnologie, per fare sempre meglio. Oggi riusciamo a riciclare in prodotti l’80% dei rifiuti; lo scarto delle nostre lavorazioni lo conferiamo ai termovalorizzatori o alle discariche. Contiamo di poter recuperare presto anche questo restante 20%

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w w w . p i n z i m o n i o b a n q u e t i n g . i t i n f o @ p i n z i m o n i o b a n q u e t i n g . i t + 3 9 0 3 5 5 1 2 6 9 1 p a r t n e r e f o r n i t o r e u f f i c i a l e a l b i n o l e f f e c a l c i o


Aziende DICEMBRE - GENNAIO

foto di Fabio Toschi

«L’eleganza è l’unica bellezza che non finisce mai» Questa la massima con cui Fiorella Maffeis, titolare di Art House, introduce la straordinaria collezione di abiti, accessori e oggetti d’epoca che il suo negozio propone. Un inno al vintage, un’armonia tra alta moda e fascino del passato

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Collezione capi spalla e accessori: Chanel, Dior, E. Ungaro, Hermès, Louis Vitton, Paco Rabanne, Prada, Roberta di Camerino, Valentino, Vivienne Westwood, Ysl e L'AlÏ Pellicce: Dellera, Dior, Jean Louis Scherrer, Style American Vintage, Tivoli Modelli vintage

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È la strada che collega la partedicembre antica della città con quella nuova. Tra - gennaio passato e presente, tra l’Accademia Carrara e la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea. Via San Tomaso, a Bergamo, è un elogio alla bellezza; il quartiere degli artisti, che conquista chi fa del gusto una ragion d’essere. La location ideale per Art House, un negozio in cui si incontrano il fascino del passato, l’alta moda e l’amore per il vintage. La vetrina, piccola e magnetica, cattura l’attenzione con il suo insolito spettacolo che anticipa i segreti di una collezione di abiti e accessori vintage da lasciare senza fiato. Un tesoro scoperto direttamente dalla titolare di Art House, Fiorella Maffeis, con l’aiuto della figlia Dafne, in anni di ricerche appassionate. Chicche introvabili scovate durante i suoi viaggi. «Concepisco la vendita -spiegacome concretizzazione della bellezza della ricerca. È questo l’aspetto più affascinante del mio lavoro: girare il mondo in cerca delle rarità, di

qualcosa di unico che mi faccia sussultare nel percepirne il richiamo e la seduzione della sua storia. Compio questa attività di selezione per piacere personale e per permettere alle persone di gustare abiti e accessori straordinari». Pezzi da sogno, irripetibili e fuori produzione, tant’è che spesso Fiorella li mette a disposizione delle più importanti mostre dedicate al vintage, da Firenze a Montecarlo. Oltre al vintage in senso stretto l’atelier propone infine abiti e capispalla di nuova realizzazione, dove qualità, raffinatezza dei dettagli e uno sguardo al passato sono tradotti con l'utilizzo di tessuti d’epoca e con la confezione di vestiti dal sapore antico. Si ringraziano: Sig. Pietro Balasso e l'Alì (www.lali.it).

Art House Oggetti d’epoca - vintage e accessori Via San Tomaso, 57/a - 24121 Bergamo Tel 035.233338 arthouse.vintage@yahoo.it

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Aziende DICEMBRE - GENNAIO

di Francesco Lamberini - foto di Fabio Toschi

UNA STRUTTURA SANITARIA CHE GUARDA AL FUTURO Al Centro Medico San Giuseppe di via Marconi a Seriate elevate professionalità, tecnologie all’avanguardia, visite a tariffe contenute e tempi di attesa brevi

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uando si parla di salute, l’elevata professionalità di cui sono dotati gli operatori che offrono le prestazioni e l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia appaiono garanzie irrinunciabili. Se a questi due cardini essenziali aggiungiamo un ampio ventaglio di terapie, costi moderati e tempi di attesa brevi, la scelta di rivolgersi al Centro Medico San Giuseppe (Cmsg) di via Marconi 11/A a Seriate, può rivelarsi davvero quella giusta. Inaugurata nello scorso febbraio, la struttura sta ottenendo un crescendo di consensi, anche perché a farla decollare sono stati

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il dottor Marco Piccinelli e la dottoressa Giuseppina Bresciani, due nomi noti nel settore sanitario bergamasco. Entrambi, infatti, gestiscono da 23 anni la farmacia che sorge nella stessa via Marconi a Seriate, punto di riferimento di una clientela numerosa. A gestire il Cmsg sotto tutti gli aspetti pratici è invece il direttore sanitario Francesco Rubino. «Nell’aprire questo centro - dice il dottor Piccinelli - abbiamo voluto proporlo come punto di incontro tra la medicina tradizionale e quelle alternative, come l’omeopatia, l’osteopatia e l’agopuntura, e fare in modo che fossero facilmente accessibili attraverso costi abbastanza moderati e appuntamenti fissati in tempi brevi. Naturalmente ci avva-


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dicembre - gennaio

liamo della collaborazione di specialisti qualificati, una ventina a rotazione, che operano già nel loro settore di competenza. Si tratta per lo più di primari impegnati negli ospedali o nelle cliniche». Queste le prestazioni offerte dalla struttura: pneumologia e allergologia, cardiologia, dermatologia, medicina ad indirizzo estetico, angiologia e flebologia, medicina interna, otorinolaringoiatria, urologia e andrologia, ostetricia e ginecologia, pediatria, medicina non convenzionale (che comprende omeopatia, fitoterapia, agopuntura, test per intolleranze alimentari), psicologia, osteopatia e ortopedia. Le visite, le ecografie e comunque tutte le prestazioni erogate dal Cmsg sono a carattere privato. Di conseguenza lo sono anche le tariffe, per quanto contenute rispetto ad altri complessi sanitari. Chi fosse interessato a prendere un appuntamento può farlo contattando una delle segretarie al numero telefonico 035.301831 (che è anche fax). I tempi di attesa sono contenuti nell’arco di una settimana, e spesso anche meno. Il centro è accessibile tutti i giorni escluso i festivi dalle 8,30 alle 12,30 e dalle 14,30 alle 19. Al sabato è aperto solo al mattino. Per ulteriori contatti: info@centromedicosangiuseppe.com e www.centromedicosangiuseppe.com «Di progetti nel cassetto - aggiunge la dottoressa Bresciani - ne abbiamo molti. Di recente il centro è stato dotato di un ecografo che ci permette di eseguire tutte le indagini radiologiche. Il nostro obiettivo è comunque quello di arricchire sempre più la struttura con opportune strumentazioni a disposizione dei medici. Ad esempio intendiamo consentire al dermatologo di procedere alla mappatura dei nei o supportare il reumatologo con la Moc, esame finalizzato al controllo della densità ossea». «A distanza di nove mesi dall’apertura - aggiunge il dottor Piccinelli - direi che la nostra iniziativa sta raccogliendo grande interesse. Il fatto di essere conosciuti da tanti anni come titolari della farmacia e di aver acquisito la fiducia in chi si rivolge a noi, può essere considerato un valore aggiunto nei riguardi della clientela che ha bisogno di una visita. Ma credo che il centro venga scelto soprattutto per la qualità del servizio che offre. Naturalmente l’affluenza varia nelle diverse discipline. Ad esempio l’osteopata ha numerosi appuntamenti e viene nella

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struttura quasi tutti i giorni, mentre di solito il cardiologo è presente un giorno o al massimo due alla settimana». Punto di riferimento vero e proprio del Cmsg è il direttore sanitario Francesco Rubino, il quale garantisce una sua presenza costante nella struttura sanitaria. «Il centro - dice il dottor Rubino - è una realtà che rappresenta un’integrazione territoriale tra ambulatorio specialistico e medicina generale e offre un collegamento diretto con un istituto di ricovero e cura denominato Chirone Clinic. Una struttura la cui particolarità è quella di realizzare interventi di chirurgia multidisciplinari, anche in anestesia generale, e che quindi è in grado di esprimere un criterio di eccellenza per i pazienti».



Aziende DICEMBRE - GENNAIO

di Francesco Lamberini

IL MATTIOLI AMA PRENDERE CHIUNQUE PER LA GOLA Ottimi piatti, cortesia e un ambiente caldo: tutto questo si può trovare a pochi minuti dal centro di Bergamo. Serate a tema e musica completano l’offerta del ristorante

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uoni piatti, che appaiono ancor più appetibili in quanto offerti con professionalità e un immancabile sorriso. E visto che gli occhi, ma anche le orecchie vogliono, come si suol dire, la loro parte, perché non aggiungere ai manicaretti un ambiente caldo e ospitale, che in alcune occasioni è anche valorizzato dalla musica? A chi crede di chiedere troppo consigliamo di programmare un pasto al ristorante «Il Mattioli», per rendersi conto che tutto questo può ottenerlo e per di più a un costo contenuto. Il locale, che sorge nell’omonima via al quartiere Longuelo di Bergamo, si trova a cinque minuti dal centro cittadino. Una volta giunti a destinazione, si scopre subito che ogni dettaglio dell’ambiente ha un proprio design ed è tra l’altro arricchito dalla presenza alle pareti di una serie di opere della pittrice bergamasca Daniela Mologni. Cinquanta i posti a sedere in un contesto che offre anche la possibilità di conversare in maniera riservata. Altro vantaggio non trascurabile è rappresentato dall’ampio parcheggio situato proprio di fronte al ristorante. A livello di scelta dei piatti e di idee finalizzate all’intrattenimento, una ventata di aria nuova a «Il Mattioli» l’ha sicuramente data Maria Bongermino, responsabile del locale dallo scorso mese di giugno. Per la pausa pranzo «Il Mattioli», che è sempre pieno e questo la dice lunga sulla validità delle pietanze somministrate, propone due menù che prevedono la scelta fra quattro primi e altrettanti secondi, ma si può optare anche su quanto offre il buffet. Chi sceglie la formula

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da 9 euro può pranzare con un piatto (primo o secondo) compreso il contorno, il coperto, l’acqua, il vino e il caffé. Mentre l’altra da 12 euro prevede due pietanze e le stesso tipo di bevande. Il dolce non è previsto nei due menù ma naturalmente si può decidere di gustarlo pagando un extra di 3 euro. Questo tipo di pranzo è offerto a «Il Mattioli», che è


chiuso alla domenica e al lunedì sera, durante tutta la settimana. Nelle serate dal martedì al sabato, invece, il locale propone un menù terra o mare alla carta. I piatti di carne o pesce vengono comunque preparati nella maniera più mediterranea possibile ed anche le porzioni, di conseguenza, possono considerarsi più che soddisfacenti. Le proposte spaziano dai filetti alle costate, compresa la carne di cavallo, dai primi a base di funghi porcini con pasta fatta a mano alle zuppe e agli spaghetti allo scoglio. «Essendo di origini pugliesi -sottolinea Maria Bongerminosovente introduco dei piatti tipici, come la burrata, che provengono da questa fetta d’Italia rinomata per la cucina. Inoltre nel locale non utilizziamo pesce congelato ma rigorosamente quello fresco». Ma, sempre alla sera, è anche possibile orientarsi su un menù fisso da 25 euro, con coperto e bevande inclusi, che prevede la scelta fra una serie di primi e di secondi piatti. Si tratta di un prezzo alla portata di un po’ tutte le tasche e in questo caso le pietanze sono volutamente più popolari: vanno dai casoncelli al coniglio, dalla polenta al brasato. Interessanti sono anche le iniziative che Maria Bongermino ha messo a punto per rendere ancora più lieta la permanenza dei clienti nel locale. «Al giovedì sera -dice- proponiamo musica dal vivo, a partire dalle 21, attraverso l’esibizione di singoli musicisti o gruppi. Un venerdì al mese è invece riservato a delle serate a tema, centrate sulla gastronomia e la musica di alcune regioni. C’è già stata la serata pugliese con prodotti tipici provenienti direttamente dalle località di questa terra, e successivamente sono state proposte la serata siciliana e quella napoletana. Probabilmente la prossima sarà ispirata alla Sardegna». «Completamente diversa -aggiunge la responsabile del locale- è l’atmosfera, ma anche il tipo di consumazione, riservata al sabato sera poiché i clienti hanno a disposizione un ampio buffet con una ricca scelta di aperitivi. In tale circostanza si respira un’aria molto giovanile, contrassegnata da molta musica con numerosi pezzi di revival. Ma una zona del locale resta comunque riservata a quelle persone che dovessero arrivare per gustare una cena tradizionale». «Per quel che riguarda i frequentatori -conclude Maria Bongermino- a pranzo si fanno vedere molti impiegati ma a volte anche operai perché magari stanno lavorando in un cantiere vicino. Alla sera, invece, prevale soprattutto la presenza di coppie e gruppi di amici. Da sottolineare che ultimamente sto anche puntando molto sull’organizzazione di cene aziendali, con menù a scelta ma comunque tutti abbastanza convenienti». Sempre a «Il Mattioli» si preannunciano particolarmente ricchi di sorprese e di atmosfere accattivanti i due appuntamenti clou delle prossime feste: il pranzo di Natale e la cena dell’ultimo dell’anno.

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Aziende DICEMBRE - GENNAIO

di Giacoma Velardita

CENTRO BENESSERE ANAHATA

Il centro Benessere nel centro Estetico. ADESSO SI RINNOVA! Primo centro ad introdurre l’innovativa tecnologia dei trattamenti Intraceuticals, importati dall’Australia. I trattamenti stanno prendendo piede sempre più velocemente, eccellenti per i risultati e assolutamente unici per la formulazione totalmente naturale, sfruttano la tecnologia anti-age che combinata con l’ossigeno iperbarico, danno assoluta giovinezza alla pelle.

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l nostro obiettivo: bellezza, forma fisica, salute Esperienza, prodotti mirati ed attrezzature all’avanguardia, sono aspettative, che possono essere soddisfatte, dopo opportuni e specifici trattamenti, ed Il Centro Benessere Anahata si propone proprio in questo. Eliana Rota, Facial Visagist e professional beauty, è da anni, che cerca di portare un nuovo concetto alla bellezza, che si traduce anche, con vitalità e armonia interiore, ma soprattutto benessere psicofisico. Già da parecchi anni, ha gestito, con successo, il Centro Anahata a Chignolo d’Isola in via Galilei, 39, e adesso si ripropone con una nuova formula e con un Centro ancora più moderno, attuale e riservato presso il complesso Commerciale Corte Zappello a Villa d’Adda. Il Centro Benessere Anahata si trova a pochi chilometri da Bergamo e da Lecco e fanno da cornice a questa innovativa struttura le romantiche e suggestive colline del Monte Canto, a pochi passi dal parco dell’Adda, nota attrattiva scelta da molti, tra cui anche l’artista-scienziato Leonardo da Vinci. «Il nostro nuovo Centro -ci spiega entusiasta Eliana Rota, la direttrice- è specializzato in trattamenti viso e corpo, massaggi e tecniche derivanti da studi in discipline orientali». Prosegue ancora Eliana, «Entrare nel nostro Centro significa aprire la porta alla serenità e alla bellezza, staccarsi dalla routine quotidiana, per non avere più tempo, ma lasciarsi cullare solo da mani esperte e provare nuove emozioni attraverso trattamenti semplici e inno-

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vativi. Tutto è studiato per approfondire in modo totale la piacevolezza del proprio sé, ma soprattutto la cura del corpo. Il trasferimento del centro a Villa d’Adda, è motivata dalla convinzione, che la nuova location ci permetterà, di esprimerci al meglio professionalmente e la clientela ci sta dando grosse soddisfazioni con la pubblicità più importante: il passaparola. Dal punto di vista strettamente professionale continuerò ad avvalermi del personale, che mi ha affiancato finora a Chignolo, è verrà anche ampliato con la presenza di un medico. Anni di esperienza ci hanno insegnato cosa ama la nostra clientela, che da noi diventa ospite. Accudito sin dal primo momento percepirà l’atmosfera e il tepore di un ambiente unico ed esclusivo. Il percorso incomincerà con l’accoglienza del nostro personale e l’assaporare una calda tisana, a base di tè verde o di miscele ayurvediche». Anahata crea un’immediata curiosità, perché questo nome? «Anahata è il nome del quarto chackra, il chackra del cuore, la quarta via. Rappresenta la purezza, purezza che nasce dall’amore incondizionato, la bellezza cosmica. Anahata è il centro dell’intero sistema energetico, collega i centri superiori legati al cielo, più spirituali, e quelli legati alla terra, più fisici ed emotivi. L’evoluzione di questo chackra permette di cogliere la bellezza e l’armonia di tutto ciò che ci circonda». Sappiamo, che lei professionalmente è molto preparata, ci descriva in breve le sue qualifiche? «Estetologa, Facial visagist, cosmetologa e professionista della bellezza». Cosa è possibile trovare in quella che considera la «bomboniera» di Villa d’Adda?


«Il massaggio terapeutico, quello modellante, per la cellulite e la ginnastica antalgica, tanto per fare solo alcuni esempi. Siamo gli unici, in tutta la Bergamasca, ad avere la radiofrequenza che lavora sulla cellulite e sulle cicatrici ed esclusivisti per l’Isola dei trattamenti e prodotti di Maria Galland, che è una linea francese». Il prodotto di punta fra le sue proposte? «Viaggio spesso e mi sposto in particolare a Parigi per verificare trattamenti nuovi, poiché mi occupo molto dell’invecchiamento della pelle. Durante questi spostamenti è maturata in me l’idea di portare in Italia, dall’Australia, i trattamenti Intraceuticals. È un trattamento all’ossigeno iperbarico, contro i segni dell’età, utilizzato dalla star Madonna che lo ha anche ampiamente pubblicizzato. In questo momento sul mercato non c’è niente di meglio». Può essere considerato il vostro fiore all’occhiello? «Sicuramente perché è un prodotto che abbiamo importato oltre un anno fa ed è molto richiesto. Si tratta di una vera e propria alternativa alle iniezione anti-rughe. Non è causale dunque che i nostri clienti, interessati all’Intraceuticals, vengano al centro Anahata da ogni parte d’Italia». Eliana Rota è stata anche invitata alla Fiera del Benessere, che si è tenuta recentemente a Milano, dove c’era ospite nello stand dell’Intraceuticals Michelle Peck, l’estetista personale di Madonna e di altre note celebrità di Holliwood. Piacevole è stato l’incontro, che ha dimostrato ancora una volta il protagonista assoluto: il Centro Benessere Anahata all'avanguardia con i suoi trattamenti Intraceuticals, che, danno soddisfazioni a milioni di persone nel mondo per i loro risultati e che adesso stanno soddisfando ampiamente, anche la clientela italiana. Per informazioni dettagliate info@centrobenessereanahata.it

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MANGIAFUOCO

Foppapedretti, regali di Natale per tutte le tasche Una vasta scelta di prodotti che soddisfano mille gusti ed esigenze, per stupire i propri cari con doni «che non durano - recita lo slogan dell’Albero delle idee - da Natale a Santo Stefano»

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alle novità per la casa ai prodotti per l’infanzia: il prossimo Natale, sotto l’Albero delle idee di Foppapedretti, ci saranno piccoli pensieri e grandi regali. Una vasta scelta di prodotti per tutte i gusti e per tutte le tasche. Si parte dall’oggettistica per la casa con prodotti da soli 3 euro, come il tagliere o il segnaposto, per arrivare ai best sellers Foppapedretti, come l’asse da stiro Asso e lo stendibiancheria Gulliver, passando dalla nuova collezione Tuttintavola: dal set utensili bar Happyhour a quello per la cucina Duttile, dal portabottiglie

Brillo al portarotolo Galletto, dal portatovaglioli Chiccirichì all’orologio Puntale, fino al portaspezie La Spezia. Tante anche le novità 2009 per la casa: i carrelli da cucina Benchef e Servi-tu; gli stendibiancheria Lilliput e Appoggio; l’appendiabiti Alberico nero e bianco, che ricorda il logo aziendale dell’Albero delle idee, e la pratica scala laScaletta in 3 dimensioni. E poi tante proposte per i più piccoli e il mondo colorato di Lazzari: dai simpatici contenitori per giocattoli o biancheria a forma di casa, lavatrice o tazza da caffè, alle pratiche e capienti borse fino ai beauty multicolor. Infine la collezione Tati di Lazzari: culle e lettini di design che crescono con il bambino e coloratissimi tavolini e sedie dalle forme originali.

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di Francesco Lamberini

«Per fare bene l’estetista ci vuole grande passione» Gabriela Raduta, 35 anni, romena, con un’esperienza ventennale, svolge da 10 anni questa attività nella Bergamasca. La cura del viso rappresenta la sua specialità

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ue occhi profondi e un sorriso accattivante fanno di Gabriela Raduta, 35 anni, romena, una persona capace di ispirare subito fiducia nelle persone che si rivolgono a lei. Un buon punto di partenza, visto che di professione fa l’estetista. Nonostante la sua giovane età è in pratica cresciuta fra creme e trattamenti poiché è un lavoro che svolge da vent’anni.Il mestiere di far più bello il prossimo l’ha imparato in Romania, frequentando a Bucarest il corso quadriennale nella scuola di Euro cosmetica. Giunta dieci anni fa in Italia ha scelto di mettere a frutto quanto imparato in terra orobica. «Il viso - dice Gabriela - rappresenta un po’ la mia specialità e stando a quanto ho avuto modo di verificare in vari centri estetici direi che è più approfondita la preparazione che viene acquisita in Romania. In ogni caso qui in Italia esercito questa attività con la mia tecnica e mi fa piacere

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constatare che i clienti rimangono molto soddisfatti dei risultati». «In Italia - continua Gabriela - c’è poi un’altra mentalità rispetto alla Romania. Se ad esempio un adolescente ha problemi di acne viene mandato dal dermatologo mentre nel mio Paese è un compito che affronta l’estetista, quando il caso lo richiede con la collaborazione di un medico. La stessa cosa si può dire per chi ha un callo o un’unghia incarnita: mi sembra esagerato indirizzare chi ne è affetto da un podologo quando basterebbe un’estetista a risolvere il problema». Ma per esercitare bene questa attività, quale dote occorre avere innanzitutto? Su questo Gabriela non ha dubbi: «Soprattutto la passione. Ci sono molte ragazze che scelgono di fare l’estetista, quando sono chiamate a decidere cosa fare nella vita, perché lo ritengono un lavoro tutto sommato facile e ben remunerato. In realtà non è così. Quello dell’estetista è un’attività che necessita di molta passione, grande pazienza e soprattutto richiede un’adeguata preparazione. Certo, non si può essere bravi in tutto per cui ritengo che sia importante acquisire una specializzazione, come ad esempio io ce l’ho per il viso». Secondo Gabriela sono anche cambiati, negli ultimi anni, gli stimoli che inducono ad avere maggior cura del proprio corpo. Ad esempio gli uomini, rispetto a prima, si curano molto di più e quindi frequentano maggiormente i centri estetici, per sottoporsi a dei massaggi, alla pulizia del viso oppure a una serie di trattamenti specifici. Ormai si equivale il numero delle donne e degli uomini che finiscono sotto le lampade o sdraiati su un lettino. «Un tempo chi aveva dei problemi sottolinea Gabriela - non esitava a rivolgersi al chirurgo, anche perché non c’erano molte alternative. Ma oggi in Italia si è raggiunta un’elevata preparazione nel campo della medicina estetica, per cui sono a disposizione moltissimi trattamenti in grado di risolvere una grande quantità di problemi senza ricorrere al bisturi. I miracoli non li fa nessuno ma noi estetiste, a volte, ci andiamo vicino».


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Il formaggio porta turismo Più stranieri in Val Brembana Allo spaccio della Cooperativa casearia di Branzi il 20% della clientela è di provenienza estera: viaggiatori che da Orio fanno 50 km per acquistare le eccellenze del territorio

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pazi più ampi, possibilità di degustazione in loco, prodotti suddivisi per aree tematiche. Il punto vendita della Latteria sociale casearia di Branzi da luglio si presenta completamente rinnovato. Anche perchè Branzi, Formai de Mut e Strachitund sono sempre più internazionali: da tempo, infatti, sono molti i turisti che da Orio salgono fino in alta Val Brembana per acquistare le eccellenze gastronomiche della zona. «Il 20% della clientela del nostro punto vendita è straniera», conferma

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Francesco Maroni, responsabile della qualità della Latteria. Oltre alla vendita diretta e alla promozione dei prodotti di alta montagna, lo spaccio risponde a diversi bisogni, primo su tutti quello di valorizzare il territorio e i suoi «frutti», offrendo un ulteriore contributo alla vendita e svolgendo un’azione formativa e divulgativa dell’attività agricola. In tempi dove gli scandali alimentari si susseguono creando paura e incertezza al consumatore, sempre più attento alla qualità dei prodotti e alla loro origine certificata, le cooperative alimentari possono infatti garantire un elemento fondamentale sulla tracciabilità e sulla qualità dei prodotti.


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DICEMBRE - GENNAIO

Weekend all’insegna della cultura e dei piaceri del palato Vini e prodotti tipici bergamaschi sono stati i veri protagonisti, il 10 e 11 ottobre a Treviglio, delle due manifestazioni «Storia e sapori nei cortili» e «Bere Bergamo». Tra carpacci di manzo e Valcalepio doc

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n weekend all’insegna dei piacere del palato. Vini e prodotti tipici bergamaschi sono stati i veri protagonisti, sabato 10 e domenica 11 ottobre a Treviglio, delle due manifestazioni «Storia e sapori nei cortili» e «Bere Bergamo». La prima si è svolta sabato pomeriggio e ha visto partecipare, in veste di ciceroni, una sessantina di studenti degli Istituti «Zenale e Butinone» e «Oberdan». Giunta alla quarta edizione, la manifestazione promossa da Fiera Agricola, Cassa rurale e dall’associazione «Botteghe città di Treviglio», anche quest’anno ha richiamato migliaia di persone. Sono tra i 3 mila e le 4 mila i visitatori che hanno preso parte al percorso enogastronomico tra i cortili del centro storico. Filo conduttore, la cultura locale, con le sue bellezze architettoniche, le antiche tradizioni e i sapori nostrani. «E’ stata una manifestazione più ordinata rispetto quelle degli anni precedenti - spiega Giuseppe Fattori, referente della Fiera Agricola Treviglio - che ha permesso a centinaia e centinaia di persone di conoscere la storia di Treviglio e di alcune sue dimore storiche e di assaggiare prodotti tipici del territorio». Suddivisi in gruppi, i partecipanti hanno avuto la possibilità di ricevere informazioni storiche dettagliate sulla città e di assaggiare, in ognuna delle cinque dimore storiche, un prodotto tipico diverso. In via Verga, largo a salami e salumi, nel cortile di Palazzo Semenza in via Galliari si è potuto degustare del carpaccio di manzo, mentre nel chiostro del piazzale del Santuario sono stati offerti vari tipi di formaggio. Miele e dolci sono stati serviti nel

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chiostro del Centro Civico, mentre frutta e insalate, nel cortile della Cassa rurale concludevano il tour. Grande successo anche per la manifestazione «Bere Bergamo», la degustazione guidata di vini Valcalepio doc che si è svolta domenica all’interno del cortile della Casa del socio. Sommelier e produttori hanno illustrato le caratteristiche dei vini a cinquecento persone nell’arco della giornata.


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Arte e Cultura

DICEMBRE - GENNAIO

L’officina delle idee di Massimo Facheris Carlo Previtali gli ha fatto scoprire il mondo classico, che lo scultore di Villa d’Almè ha rivisitato con un linguaggio plastico e ricco di suggestioni. Ora è a una nuova svolta: le figure religiose

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l suo laboratorio è un’officina delle idee. È li - in mezzo a mobili da restaurare, terracotte, tele arrotolate - che abbozzano o prendono forma le sue opere artistiche. È come stare dietro le quinte di un teatro, dove trovi mille cose gettate alla rinfusa, ma tutte con un loro fascino. Lui è Massimo Facheris, 53 anni, di Villa d’Almé. Restauratore di

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professione, nelle sue mani sembrano riprendere vita e vigore quei pezzi del passato che ognuno di noi vorrebbe avere fra i mobili di casa. Ma con le sue mani dà sfogo al suo spirito creativo e al suo estro, che sfociano e prendono corpo in opere singolari e soprattutto uniche. La sua arte sembra dettata da un’esigenza interiore, certamente influenzata dallo stile di alcuni maestri bergamaschi, come pure da lezioni accademiche. Se è pur vero che Facheris ha avuto come iniziatore un maestro del calibro di Carlo Previtali - almeno per quanto riguarda il disegno -, se è altrettanto vero che si è abbeverato all’Accademia Carrara alla fonte di artisti noti come Marra e Longaretti, va pure aggiunto che per quanto riguarda la scultura è da ritenersi esclusivamente un autodidatta. Dunque Facheris trae spunto e ispirazione dal maestro, da quel mondo magico e misterioso popolato di personaggi mitologici e dalla natura, tipico di Previtali, ma al tempo stesso lascia con la sua impronta un segno nuovo sulle sculture. Se la terracotta - ma anche il cemento - è il materiale povero preferito dall’artista, a ciò Facheris aggiunge talvolta smalti e doratura che conferiscono un aspetto decisamente moderno alle opere. Ora il percorso di Facheris sembra nuovamente deviare verso orizzonti più concreti. E’ il caso dei cardinali, che nulla hanno a che vedere con chissà quale conversione se non artistica, ma che segnano il momento attuale della sua produzione. Tirato il tendone del teatro visionario gremito di personaggi mitologici, Facheris vuole ora calarsi nella realtà riprendendo quelle figure religiose - cardinali, papi, Cristo sofferente che lo hanno sempre impressionato, ma che finora - forse per timore reverenziale - non aveva mai voluto far uscire dalle sue mani.


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DICEMBRE - GENNAIO

Tiepolo, un percorso unico grazie al “Paradiso” di Rovetta L’esposizione della grande tela, che a conclusione del restauro si potrà per la prima volta ammirare da vicino nel Palazzo della Ragione di Bergamo Alta, diventa un’occasione unica per vedere riunite tutte le opere che l’artista eseguì per il territorio di Bergamo

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n’opportunità unica: ammirare tutte le opere che Giovan Battista Tiepolo eseguì per il territorio bergamasco. È quanto offre, dal 15 dicembre 2009 al 31 gennaio 2010, l’iniziativa “Tiepolo a Bergamo. Il restauro della pala di Rovetta e l’itinerario tra le opere in città”, promossa da Rotary Club Bergamo Nord e dalla Parrocchia di Rovetta, in collaborazione con Accademia Carrara di Bergamo e COBE Direzionale SpA, e con il patrocinio del Comune di Bergamo e del Consiglio Regionale della Lombardia. L’occasione nasce dal restauro della grande pala intitolata “Gloria di Ognissanti” (cm. 383 di altezza e 236 di larghezza), nota anche come “Quadro del Paradiso”, eseguita dal pittore per il presbiterio della chiesa parrocchiale di Rovetta (Bergamo), dove fu collocata nel 1736 in una sontuosa cornice, opera della bottega dei Fantoni. Affidato al restauratore Antonio Zaccaria (già autore del restauro nel 2000-2001 dell’altra grande pala tiepolesca nel Duomo di Bergamo) con la direzione tecnico scientifica di Amalia Pacia della Soprintendenza ai beni storici e artistici di Milano, l’intervento conservativo restituisce al dipinto, con un forte impatto visivo e scenografico, i toni settecenteschi della pellicola pittorica, notevolmente offuscati dai depositi di polvere sedimentatisi nel tempo e dall’alterazione dei vecchi protettivi dovuti al restauro pittorico effettuato nel 1973, a seguito del rocambolesco furto del dipinto. Il recupero odierno ha comportato anche una significativa messa a punto, eseguita per la prima volta sul capolavoro tiepolesco, di una serie di indagini volte ad approfondire i materiali e la tecnica esecutiva utilizzati dall’artista veneziano, avvalendosi di efficaci metodi e di aggiornate strumentazioni diagnostiche.

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Orari della mostra in Palazzo della Ragione: da martedì a venerdì 9.30 - 17.30, sabato e domenica 10 - 18 (chiuso lunedì, 25 dicembre e 1° gennaio). Ingresso: intero euro 5, ridotto euro 3. Orari di apertura dei luoghi tiepoleschi (ingresso gratuito): - Cappella Colleoni: tutti i giorni 9 - 12.30 e 14 - 16.30. Info tel. 347.4027093 - Duomo: feriali 9 - 12 e 15 - 17.30; domenica 15 - 17.30 e alle 15.30 e 16.30 visita guidata gratuita alla Cattedrale. Info tel. 035.210223. - Chiesa di S. Salvatore: tutti i giorni 7 - 12 e 14 - 18 (si consiglia di contattare preventivamente la parrocchia, tel. 035.246834)


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DICEMBRE - GENNAIO

Creberg Teatro, trovata l’intesa tra Comune e gestore La stagione, cominciata il 18 novembre con il concerto dei Nomadi, avrà il suo culmine a Capodanno con lo show del Mago Forest. Sartirani: «Problemi risolti guardando al futuro»

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nizialmente si respirava un po’ di tensione, perché l’accordo tra Comune e Officine Smeraldo per la nuova stagione c’è, almeno per quest’anno, però è arrivato a tempo quasi scaduto e porta con sè alcune riserve. Ma la ricchissima programmazione e uno splendido estratto dal vivo dallo spettacolo degli Oblivion - capaci di riassumere i Promessi Sposi in dieci minuti di parodie delle più note canzoni italiane - hanno più o meno rasserenato la conferenza di presentazione del cartellone 2009/2010 del Teatro Creberg. «E’ difficile immaginare questo teatro senza il nostro lavoro, quindi abbiamo superato i problemi che si erano creati. Certo, non possiamo dire di essere soddisfatti. Rispettiamo l’accordo siglato tre anni fa, ma per la prossima stagione dovremo riparlarne», ha commentato Gianmario Longoni, presidente di Officine Smeraldo. Una tregua armata, insomma, sui due punti caldi del contendere: il canone d’affitto di 40 mila euro l’anno e le opere di insonorizzazione a carico del Comune. Claudia Sartirani, assessore alla Cultura del Comune, ha ricordato che «c’è stato un momento di riflessione, ora i problemi sono stati risolti. Guardando al futuro». Angelo Piazzoli, segretario generale della Fondazione Creberg, ha assicurato il sostegno della banca anche per gli anni a venire e ha ringraziato l’assessore Sartirani del lavoro svolto «per ricucire i rapporti con il gestore». Ma veniamo alla stagione. Partita il 18 novembre con il concerto dei Nomadi, finirà il 23 aprile con Aterballetto. In mezzo c’è tutto il meglio del teatro, dei concerti, della comicità e dei musical. Basti citare nomi di sicuro richiamo come il Mago Forrest (che animerà

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il Capodanno), Maurizio Crozza, Giobbe Covatta, Enrico Brignano, per restare nel campo della risata. O concerti di levatura sublime: il pianista jazz Stefano Bollani e Massimo Ranieri. O ancora perle inattese quali il debutto teatrale di Ornella Muti. Senza dimenticare i grandi musical e le provocazioni di Marco Travaglio e Vittorio Sgarbi. Insomma, ci sarà da divertirsi. Almeno per quest’anno.



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DICEMBRE - GENNAIO

Emerson Gattafoni premiato dal Centro Pio Manzù Diploma e Medaglia della Camera dei deputati per il progetto di solidarietà “Roadway For Africa - Un ospedale viaggiante per l’Africa”. Motivazione firmata nientemeno che da Mikhail Gorbaciov

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n progetto di solidarietà inedito e coraggioso: acquistare una “Clinica mobile” - ospedale viaggiante che, grazie al Dott. Claudio Costa e alla sua equipe medica, si prende cura dei piloti sulle piste del Motomondiale e del Mondiale di Superbike - e metterla a disposizione delle popolazioni rurali e nomadi del Senegal, prestando servizio ai bisognosi nei villaggi dove la sanità è carente e per lo più difficilmente raggiungibile. E’ quanto messo in atto da “Roadway for others” - organizzazione non lucrativa di utilità sociale, presieduta dal regista di documentari televisivi Emerson Gattafoni, bergamasco d’adozione (è titolare, con Valeria Cagnoni, della Gekofilm di via Borgo Palazzo, in città) - con il progetto “Roadway For Africa - Un ospedale viaggiante per l’Africa”. Ora per Gattafoni è arrivato un riconoscimento tra i più prestigiosi. Lo scorso 25 ottobre, in occasione della XXV edizione delle Giornate Internazionali di Studio del Centro Pio Manzù, ha ricevuto il diploma “La potenza nomade” nonché la Medaglia della Camera dei deputati. La motivazione, firmata nientemeno che da Mikhail Gorbaciov, recita: «Autore di programmi televisivi e regista di memorabili imprese, sempre pronto a raccogliere le sfide più ardue, Emerson Gattafoni porta avanti una missione: documentare la vita di chi sta ai bordi delle strade. Con quindicimila ore di immagini girate in ogni angolo del Pianeta, in sella alla sua motocicletta, Emerson Gattafoni ci offre uno straordinario spaccato dell’umanità attraverso i cinque continenti». E conclude: «Il Centro Pio Manzù esprime ad Emerson Gattafoni la sua ammirazione per la vulcanica passione

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per la vita e per il suo continuo e infaticabile peregrinare come scommessa di ricerca e di piena conoscenza dell’altro».



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DICEMBRE - GENNAIO

Martino e Caterina d’Austria in città per ricordare Carlo I Al beato e alla moglie Zita il 7 novembre è stato dedicato un incontro organizzato a Bergamo dall’Associazione Culturale “Alle Radici della Comunità” e ospitato dalla Chiesa del Monastero di San Benedetto

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arlo I d’Asburgo, l’ultimo imperatore d’Austria (dal 1916 al 1918), morto a 35 anni in esilio nel 1922, è una figura poco studiata, sebbene il 3 ottobre del 2004 la Chiesa lo abbia beatificato. Il sovrano, al quale si devono reiterati e vani sforzi di far cessare l’«inutile strage» della Prima Guerra Mondiale, lo scorso sabato 7 novembre è stato al centro di un incontro organizzato a Bergamo dall’Associazione Culturale “Alle Radici della Comunità”, presieduta dal prof. Enzo De Canio. L’appuntamento, ospitato nella settecentesca Chiesa del Monastero di San Benedetto (in via Sant’Alessandro 51) retto dalla madre badessa Suor Tarcisia Pezzoli, ha riscosso un enorme successo di pubblico, tant’é che c’è chi non è riuscito a entrare. Del beato Carlo e di sua moglie Zita (1892-1989) - per la quale è stata pure introdotta recentemente la causa di beatificazione -, entrambi legati all’ordine Benedettino, hanno parlato due qualificati relatori, Mons. Franz Xavier Brandmayr - Rettore del Pontificio Istituto Teutonico di Santa Maria dell’Anima in Roma (ex Collegio Germanico) nonché Assistente Nazionale per l’Italia della Lega di Preghiera per il beato Carlo I (Gebets Liga) - e l’Abbè Cyrille Debris, Postulatore della causa di beatificazione di Zita d’Austria. Ha moderato l’incontro Don Arnaldo Morandi, mentre Riccardo Bevilacqua di “Alle Radici della Comunità” si è occupato della presentazione. Ospiti d’eccezione due nipoti dell’imperatore Carlo I, che attualmente vivono in Lombardia:

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l’arciduchessa Caterina d’Austria (figlia di Rodolfo, sestogenito dell’imperatore, e sposata con un bresciano) e l’arciduca Martino d’Austria (figlio di Roberto, terzogenito di Carlo I, e di Margherita di Savoia Aosta). All’evento erano presenti numerose autorità, tra cui il sindaco Franco Tentorio, accompagnato dall’ass. all’Urbanistica Andrea Pezzotta e dall’ass. al Bilancio Enrico Facoetti; il consigliere regionale Pietro Macconi, presidente della Commissione Sanità al Pirellone e di Allenza Cattolica a Bergamo; il colonnello Alessandro Milone, comandante della scuola militare “Teulié”; esponenti di alcune antiche famiglie nobili bergamasche quali il principe Alberto Giovanelli, la principessa Maria Luisa Gonzaga, Giuseppe e Roberto Mairondi da Ponte, i Suardo. Ha partecipato anche Vincenzo Mercante, autore di “Carlo I d’Austria tra politica e santità” (Ed. Gribaudi). La decisione di tenere l’incontro è nata con una motivazione ben precisa: era dal medioevo che la Chiesa Cattolica non beatificava un capo di stato. I due discendenti diretti sono arrivati a Bergamo in mattinata: Martino ha visitato Palazzo Medolago-Albani - teatro, nel 1857, di un ricevimento in onore dell’imperatore Francesco Giuseppe e dell’imperatrice Elisabetta (Sissi) ed è stato ricevuto dei conti; Caterina, accompagnata da Mons. Brandmayr e da Don Morandi, ha passato due ore al Liceo scientifico Lussana per una conferenza con gli studenti, che hanno cosi potuto conoscere meglio la storia di Carlo I. «La sua - ha scritto Vittorio Messori - è una figura poco studiata perché “politicamente scorretta” per gli ideologi del ‘900. Ma la Chiesa non lo ha dimenticato, lo prega sugli altari e lo propone come esempio ai governanti».


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