Città dei Mille aprile-maggio 2015

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BERGAMO

INTERVISTE: Mario Mazzoleni Alfonso Agnino Alberto Carrara Nadia Ghisalberti

APRILE / MAGGIO 2015

Anno 18 - N°2 Aprile/Maggio 2015 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB BERGAMO In caso di mancato recapito si restituisca a: Editrice Bergamasca Srl - via Madonna della Neve, 24 - 24121 Bergamo, che si impegna a pagare la relativa tassa. Euro 3,00






restaurant


Edito riale

Editoriale

B

ergamo affila le armi per conquistarsi una piccola fetta dei milioni di turisti che passeranno da Milano per Expo. Facendolo, mette le basi per un lavoro di ampio respiro, che possa fungere da misura strutturale per gli anni a venire. Ne sono esempio i primi passi in ambito culturale dall’Amministrazione Gori e segnatamente dall’assessore Nadia Ghisalberti. «Il binomio Donizetti-Bergamo non è così noto all’estero – sostiene -, invece può essere un veicolo straordinario di promozione di un’identità culturale forte, e quindi di una positiva ricaduta sull’attrattività del territorio». Poi c’è la riapertura dell’Accademia Carrara, il 23 aprile: «Una pinacoteca di livello internazionale: le 600 opere di altissimo valore in esposizione ne faranno il fulcro delle politiche culturali cittadine». Alle due colonne portanti del panorama locale si affianca, alla Gamec, la mostra su Palma il Vecchio. E visto che l’Expo è incentrata sull’alimentazione, si moltiplicano i progetti in questo senso, dagli orti nell’area agricola di Astino (con coltivazioni biologiche soprattutto autoctone, dal mais spinato a una particolare varietà di luppolo da birra) alle degustazioni in centro – la Domus in piazza Dante ne è l’esempio più fulgido -, fino ad arrivare ai menù studiati per l’occasione. Come quelli di Ingruppo, la rassegna gastronomica dedicata all’alta cucina: sedici i ristoratori coinvolti, molti dei quali insigniti da una, due e perfino tre stelle Michelin. Buona lettura!

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di Claudio Gualdi



La mia

rubrica

Ma siamo così amiche?

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qualche giorno che mi risuona l’eco di una canzone di Battisti: “può darsi ch’io non sappia cosa dico, scegliendo te, una donna, per amico”. E’ al finale che va la mia attenzione: “una donna, per amico”. Come mai quando si parla di amicizia, anche riferendosi a una donna, viene spontaneo usare il maschile laddove si vuole nobilitarla? Come se l’amicizia al femminile fosse invece solo una complicità, una condivisione di interessi, una frequentazione che coinvolge i temi del pettegolezzo e dello shopping, un confronto su quale sia il migliore parrucchiere o dove la carne costi un po’ meno. Esiste un’amicizia di genere femminile? In che cosa consiste? Forse nel mettere in comune quel che è proprio delle donne e che, per fortuna, è diverso da quel che è propriamente maschile. Amicizia al femminile, orgogliasamente differente da amicizia tra uomini. Proveremo a ragionare su questo tema nel prossimo numero.

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di Emanuela Lanfranco e.lanfranco@inwind.it


Approfondimento

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Ava, Eva e il piacere di mangiare la mela

ivendo in un’epoca e in una parte del mondo in cui la “libertà” sembra il primo dei valori, l’idea di perderne una parte, subendo il fascino di qualcuno o di qualcosa, sembra intollerabile. In continuazione ci vantiamo di “ragionare con la nostra nostra testa”, di non subire l’influenza degli altri, di seguire nelle scelte la razionalità: ma ne siamo davvero sicuri? Basta scavare nei ricordi per accorgersi che spesso proprio quando la mente sembra annebbiata e la razionalità messa da parte, una nuova forma di felice saggezza emerge. Insomma anche se sappiamo che ascoltare la voce delle sirene conduce alla rovina, spesso di assoggettiamo al loro

fascino. Sbarazziamoci subito dell’esempio più banale ma anche più divertente. Una storia della quale ormai, dopo l’assoluzione davanti la Corte di Cassazione, si può liberamente parlare senza paura di farne una lettura politica: quella di Silvio Berlusconi. L’ex cavaliere è stato a lungo l’uomo più potente del paese ma sopra di lui c’era “qualcosa”, un’entità capace di influenzare le sue scelte e di scandire l’agenda delle sue giornate: che cosa? I complottisti evocheranno il famigerato “gruppo Bilderberg”, altri risponderanno l’ “Unione Europea”! e altri ancora tuoneranno “gli interessi delle sue aziende”! Invece bisogna ammettere che al di sopra di tutto ciò c’è stato il fascino femminile.

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di Emanuela Lanfranco

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Il nostro Ulisse non ha saputo mai resistere al richiamo delle donne più giovani e si può ben affermare che la bellezza femminile abbia influenzato le decisioni dell’uomo più potente d’Italia. E non è certo il primo caso questo in cui il Potere, anche quello più gelidamente assoluto, si è piegato al fascino femminile. E’ solo quesione di appetiti sessuali? O è il limite di ogni razionalità? Insomma rientra dalla finestra quel che si credeva ben chiuso fuori dalla porta? Il cinema poi abbonda di esempi che fanno al caso nostro. “Sin city - Una donna per cui uccidere” è un film dello scorso anno, ispirato ai fumetti di Frank Miller. Si tratta di una storia particolarmente violenta, interpretata da numerosi attori di livello tra cui Bruce Willis, Josh Brolin, Mickey Rourke ma, soprattutto, Eva Green nei panni di uno spietato personaggio femminile: Ava Lord. Ava è una donna splendida, i suoi occhi verdi sono l’unico elemento di luce in un film quasi esclusivamente in bianco e nero ed hanno un potere spaventoso su tutti gli altri personaggi maschili. A Sin City i poliziotti pensano di combattere i criminali e i criminali pensano di farsi la guerra tra loro ma in realtà tutta la violenza e il sangue versato hanno una sola fonte: il fascino di Ava. Ava ricorda certo Eva: e Dio solo sa cosa cosa avrà messo in campo la nostra progenitrice per condurre Adamo alla scelta fatale? E la vicenda di una donna che porta l’uomo alla rovina è anche quella della famosa canzone di De André: Un uomo onesto, un uomo probo, tralalalalla tralallaleru, s’innamorò perdutamente d'una che non lo amava niente. Così inizia “La ballata dell’amore cieco”, che, con la sua spietata leggerezza, riassume alla perfezione il tema che stiamo tentando d’affrontare. Nelle strofe di De Andrè, una donna approfitta del suo fascino per sottoporre un pretendente alle più crudeli prove d’amore. L’uomo onesto e probo accontenta ogni sua richiesta. Dapprima uccide la madre, le strappa il cuore e lo consegna all’amata perché possa darlo in pasto ai suoi cani. La seconda prova consiste nel tagliarsi le vene dei polsi; l’innamorato subito esegue

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e, inevitabilmente, passa alla prova successiva: la morte. Se “La ballata dell’amore cieco” e questo nostro piccolo catalogo finissero così, sarebbe facile concludere che il fascino, e in particolare quello femminile, non può portare a nulla di buono: scelte politiche improvvide, violenza criminale e morte. Ma fortunatamente De Andrè ha scritto un’ultima strofa, una “morale della storia” che ci deve far cambiare idea. Mentre il sangue continua a sgorgare e la vita abbandona l’uomo che si è ucciso per amore, il senso della canzone e della nostra riflessione viene a galla: Fuori

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soffiava dolce il vento, tralalalalla tralallaleru, ma lei fu presa da sgomento, quando lo vide morir contento. Morir contento e innamorato, quando a lei niente era restato, non il suo amore, non il suo bene, ma solo il sangue secco delle sue vene. Insomma ogni fascino, per agire, ha bisogno di una buona dose di connivenza e la “vittima” è spesso ben contenta di perire trascinata dalla passione. Perché? Forse per sfuggire così al dominio di dominio di quella Ragione che alla fin fine ha “solo” ragione, ma che non basta all’uomo per farlo felice.


Sommario Editoriale La mia rubrica Approfondimento

Città dei Mille - anno 18 n. 2 Aut. Trib. n. 52 del 27 Dicembre 2001 Editore: Editrice Bergamasca S.r.l. cittadeimille@ediberg.it www.ediberg.it Direzione e Redazione: Via Madonna della Neve, 24 Bergamo Tel. 035 35 91 011 Fax 035 35 91 117 info@cittadeimille.com www.cittadeimille.com Direttore responsabile: Claudio Gualdi Direttore editoriale: Emanuela Lanfranco Redazione: Fabio Cuminetti

Ingruppo, otto mesi con i grandi chef Nepios, futuro migliore per i bambini disabili La Concessionaria BMW Lario Bergauto di Bergamo nominata Agente BMWi Club Luberg, incontra a Palazzo del Monte Le eccellenze dello sport alla prima edizione dello Sport Awards Ficts International Film Festival

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Mario Mazzoleni: arte, calcio, solidarietà Cardiochirurgia mininvasiva: Gavazzeni all'avanguardia Taverna Valtellinese, la tradizione di rinnova «Vivere di musica, non chiedo di meglio» «Un'identità culturale forte porta turismo» «Servizio estero su misura»

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Abbonamenti: 035 35 91 011 segreteria@ediberg.it 1 anno - 27 euro Stampa: Sigraf - Treviglio (Bg) Pubblicità: Tel. 035 35 91 158

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interviste

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in Vetrina

Unibergamorete, una rassegna tra orientamento, cultura e territorio

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cover story

Luberg Golf Cucina Motori Hair Style Arte Spiritualità Poesia

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rubriche

Pittura lombardo-veneta del Rinascimento Appunti disordinati su come le canzoni di Lucio Dalla hanno influenzato la mia vita La Torre dei Caduti riapre al pubblico Un libro sulle fontane di Bergamo La Pala di Santo Spirito incanta l'Ermitage La riapertura della Carrara secondo Ferrario

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cultura

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Ingruppo, otto mesi con i grandi chef

La rassegna gastronomica dedicata all’alta cucina coinvolge sedici ristoratori, molti dei quali insigniti da stelle Michelin, in contemporanea con la mostra su Palma il Vecchio e l’Expo

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tto mesi con Ingruppo. Da martedì 10 marzo (e fino a sabato 31 ottobre) è tornata sulla scena bergamasca - e quest’anno anche brianzola - la rassegna gastronomica dedicata all’alta cucina. Sedici i ristoratori coinvolti, molti dei quali insigniti da una, due e perfino tre stelle Michelin, riuniti per promuovere una manifestazione gastronomica dedicata alla grande cucina. Quindici i bergamaschi: A'Anteprima (Chiuduno - Bg), Al Vigneto (Grumello del Monte - Bg), Antica Osteria dei Camelì (Ambivere – Bg), Colleoni & dell'Angelo (Bergamo), Collina (Almenno S. Bartolomeo – Bg), Da Vittorio ( Brusaporto – Bg), Frosio (Almè – Bg), Il Saraceno (Cavernago – Bg), La Caprese (Mozzo – Bg), Lio Pellegrini (Bergamo), LoRo (Trescore Balneario – Bg), Osteria della Brughiera (Villa d'Almè – Bg), Posta (S. Omobono Terme – Bg), Roof Garden (Bergamo) e Villa Patrizia (Sorisole – Bg). E da quest’anno una nuova entrata

dalla provincia Monza e Brianza: Devero (Cavenago – MB). La rassegna, nata nel 2012 per contrastare l’avanzare dei gruppi d’acquisto e giunta alla sua terza edizione, permette a ciascuno dei ristoratori aderenti di salvaguardare ed esaltare la propria identità comunicando “in gruppo” la propria offerta. Negli scorsi anni, l’iniziativa ha avuto un ottimo successo ed ha attirato in particolare il pubblico più giovane, conquistato dalla possibilità di compiere un’importante esperienza, non soltanto enogastronomica, a costo contenuto. L’offerta dell’edizione 2015 prevede un menù completo di bevande al prezzo di 110 euro per due persone, le uniche eccezioni sono i due ristoranti pluristellati “Da Vittorio” e “Devero” che presentano un menù a 110 euro a persona. La rassegna si è aperta con la seconda edizione della Festa di Beneficenza ( 10 marzo) e da marzo fino a giugno rende omaggio alla mostra monografica dedicata

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a Palma il Vecchio. Quindi, spazio all’Expo. La Festa di Beneficenza Ingruppo 2015 si è aperta alla solidarietà e martedì 10 marzo ha organizzato in collaborazione con il Rotary Club Bergamo, una Festa di Beneficenza, il cui ricavato è andato a sostegno del un progetto che darà vita alla Casa del Bambino, una nuova struttura del Centro d’Ospitalità e Formazione Paolo Belli - La Nuova casa del Sole. La serata, che si è svolta nei padiglioni della Fiera di Bergamo, si è articolata come un vero e proprio show cooking i cui protagonisti sono stati i 16 ristoratori di Ingruppo; a ciascuno è stata affidata la presentazione di un piatto realizzato nelle cucine a vista istallate nel padiglione della fiera. Nel corso della serata si è tenuta, inoltre, una lotteria con ricchi premi offerti dagli continua a pagina 16

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stessi ristoranti e dalle aziende interessate a sostenere il “Terzo Premio Francesco Arrigoni”, noto giornalista bergamasco scomparso nel 2011, già allievo e braccio destro di Veronelli, nonché ideatore e direttore del Seminario Permanente Luigi Veronelli, passato poi alle pagine del Gambero Rosso e al Corriere della Sera. Omaggio a Palma il Vecchio L’eccellenza della cucina si lega alla bellezza dell’arte. I sedici ristoratori di Ingruppo per rendere omaggio alla prima mondiale dedicata a Jacopo Negretti “Palma il Vecchio. Lo sguardo della bellezza”, mostra monografica che ospita oltre trenta quadri alla Gamec di Bergamo dal 13 marzo al 21 giugno 2015, propongono nel loro menù, ciascuno secondo il proprio estro, un piatto a base di baccalà, merluzzo o stoccafisso. Un insolito collegamento che unisce Bergamo, terra d’origine di Palma il Vecchio, nato a Serina verso la fine del 1.400, a Venezia, terra in cui ha vissuto e lavorato creando la grande pittura del Rinascimento insieme a Tiziano. Il baccalà diventa così elemento di unione tra due città, di pari bellezza, tra due culture – quella del cibo e quella dell’arte – che suscitano l’interesse del cuore e del palato, e tra sedici ristoratori, segno dell’eccellenza dell’imprenditoria bergamasca e lombarda. Nei menù di Ingruppo il piatto-omaggio a Palma il Vecchio sarà disponibile per tutto il periodo della mostra.

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Nepios, futuro migliore per i bambini disabili

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' stato attivato uno spazio multifunzionale all’interno della Neuropsichiatria Infantile di Via Borgo Palazzo 130 per interventi riabilitativi dotato di strumenti multimediali sviluppati da esperti nella riabilitazione dell’età evolutiva grazie all’impegno profuso dall’Associazione Nepios-onlus, leader in questo settore a Bergamo. Ciò che rende specifico il progetto sarà la possibilità di avere spazi finalizzati e attività creativo-espressive proprio all’interno della Neuropsichiatria Infantile, che diventa così concretamente un luogo anche preventivoeducativo nell’area del benessere e della promozione della qualità di vita e di conseguenza più accessibile rispetto all’individuazione e alla cura della patologia. Il nuovo progetto, dal titolo “Le parole leggere”, si propone di attuare un modello innovativo che superi il concetto tradizionale dei servizi sanitari-assistenziali, offrendo percorsi volti a sostenere “il progetto di vita” della persona disabile e della sua famiglia. L’intento è quello di proporre ausili a tecnologia avanzata per l’autonomia e la qualità della vita delle persone con disabilità,

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integrando servizi che permettono loro di allontanarsi dalla situazione di malattiadisabilità-isolamento verso uno stato di maggiore salute-abilità-partecipazione. Gli strumenti multimediali all’interno dello Spazio “Le parole leggere” dedicato ad Armando Forcella sono stati donati dal Lions Bergamo Sant’Alessandro e dal Leo Club Bergamo Host. Questo progetto innovativo fa seguito ad una precedente collaborazione iniziata nel 2005 e terminata nel 2013 con la Neuropsichiatria Infantile volto a riconoscere precocemente elementi di disturbo nello sviluppo neuropsicomotorio e cognitivo in bambini nati pretermine, per il possibile emergere di difficoltà neuropsicologiche in età scolare e valutarne l’evoluzione a distanza. L’Associazione Nepios, attraverso l’assunzione di personale dedicato, ha consentito l’attivazione del progetto che si è inserito perfettamente nell’ambito della specifica caratteristica di “trasversalità” dell’intervento della Neuropsichiatria Infantile: con questo progetto si è consolidato il lavoro interdisciplinare con le altre specialità pediatriche nello sforzo comune di garantire a questi

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bambini e alle loro famiglie un futuro migliore. A conclusione del progetto l’Azienda Ospedaliera Papa Giovanni XXIII ha promosso - in collaborazione con Nepios - nel novembre 2014 al Teatro Sociale un convegno nazionale dal titolo “Bambini nati a pretermine e a rischio neurologico: approccio multidisciplinare. Diagnosi precoce e follow up”, nel corso del quale sono stati presentati e discussi i dati raccolti. Dal 2015 l’Associazione Nepios continua il suo impegno prefiggendosi di: sostenere le famiglie e migliorare la qualità di vita dei piccoli con problemi neurologici, psichici e di sviluppo; contribuire a formare gli operatori per diffondere nelle strutture pubbliche le competenze e gli aggiornamenti in continuo divenire; contribuire con personale specialistico a potenziare l’offerta riabilitativa della neuropsichiatria infantile. Per partecipare e condividere le iniziative di NEPIOS: www.nepios.org. Alla voce contatti è possibile compilare la scheda di iscrizione ed iscriversi alla mailing-list. Si potranno ricevere le informazioni relative ai progetti e alle iniziative di Nepios.


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La Concessionaria BMW Lario Bergauto di Bergamo nominata Agente BMW i

Inaugurato il nuovo showroom BMW i martedì 17 marzo. La concessionaria ristrutturata secondo i moderni standard BMW ‘Future Retail’

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a Concessionaria Lario Bergauto si unisce al selezionato gruppo dei 18 Agenti autorizzati alla commercializzazione in Italia delle vetture del brand BMW i: la BMW i3 e la BMW i8. Con BMW i, la Casa di Monaco ha inaugurato una nuova era della mobilità sostenibile e tecnologicamente avanzata: al piacere di guida, alle performance e alla qualità premium dei prodotti BMW, si uniscono i concetti di mobilità elettrica ad emissioni zero, high tech ed innovazione. “Lario Bergauto è da anni tra i migliori concessionari del BMW Group, per professionalità e visione imprenditoriale, un vero e proprio punto di riferimento nell’intera rete commerciale. Da oggi è meritatamente chiamato a rappresentare anche il brand BMW i, e siamo convinti che la scelta si tradurrà in una ulteriore esperienza di successo“ – ha affermato Massimo Senatore, Direttore Vendite BMW Group Italia –

“In occasione del nuovo mandato, anche la moderna struttura di Bergamo raggiunge gli elevati standard di vendita di ultima generazione BMW ‘Future Retail’, che ci consente di offrire ai clienti una delle organizzazioni commerciali più moderne del settore automotive in Italia. Oggi possiamo vantare una rete di vendita ed assistenza dalle strutture moderne e funzionali e supportata da elevate capacità professionali, capace di sostenere e valorizzare la straordinaria offensiva di prodotto del Gruppo BMW”. “Accogliamo il nuovo mandato BMW i con molto entusiasmo ed ottimismo, e a supporto del progetto abbiamo realizzato importanti investimenti, rinnovando interamente le strutture della concessionaria, a totale beneficio dei nostri clienti “– ha affermato Saul Mariani, titolare del Gruppo Lario Bergauto – “tutte le attività della nostra azienda sono da sempre finalizzate alla più ampia soddisfazione della clientela, in ogni

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momento di contatto con le nostre strutture, e siamo costantemente impegnati ad elevare il livello di servizio per conseguire un vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza". La disponibilità del personale delle Concessionarie ha reso Lario Bergauto un punto di riferimento per tutti gli appassionati del marchio bavarese di Sondrio, Lecco, Bergamo e province. Lo staff ha saputo negli ultimi anni esprimersi a livelli di professionalità e competenza sempre crescenti, per poter rispondere al meglio a alla mission di Lario Bergauto: la soddisfazione del cliente ed il mantenimento della sua fedeltà ai servizi proposti. Durante l’evento sono state presentate in anteprima la nuova BMW Serie 1, la vettura giovane del marchio, la BMW Gran Tourer, la 7 posti evoluzione dell’Active Tourer, sul mercato dal prossimo giugno. Infine è stata presentata la vettura più grintosa della Gamma MINI in

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assoluta Anteprima Nazionale: la Nuova MINI John Cooper Works. Il motore più potente mai visto a bordo di una MINI 231 CV e un nuovo sistema frenante appositamente studiato Freni Brembo. Lario Bergauto è concessionaria MINI per tutta la Bergamasca, compresa l’area di Treviglio. Durante la presentazione nel salone BMW si sono esibiti gli artisti della Compagnia BIT di Torino, e nel salone MINI trasformato da CaPoGiRo in discoteca con dj set e cocktail bar, alcuni ballerini di break dance. La discoteca CaPoGiRo e le palestre

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Sport Più hanno stretto un accordo di partnership con la concessionaria Lario Bergauto. Il catering della serata è stato tenuto da Vicook, che grazie a Francesco Cerea ha portato il corner Ferrari Brut con le bottiglie dedicate Da Vittorio. Lario Bergauto S.p.A. è parte di un gruppo di proprietà della famiglia Mariani che opera nel campo dell'auto sin dal 1955. Oggi rappresenta 9 marchi automobilistici in 12 impianti. Nel 2014 il gruppo ha raggiunto 140 milioni di euro di ricavi ed occupa 200 collaboratori. Lo spirito originario ispira

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ancora tutte le scelte manageriali dell’azienda: grande rispetto per i clienti e per i collaboratori, senso etico nella gestione quotidiana e nelle scelte di mercato, forte autonomia finanziaria che ha permesso costanti investimenti ed una visione di lungo periodo. Lario Bergauto opera per il Gruppo BMW nelle province di Bergamo, Lecco e Sondrio, impiega 105 collaboratori e nel 2014 ha raggiunto un volume d’affari di 60 milioni di Euro. Sempre nel 2014 le vendite hanno registrato 880 vetture BMW, 419 MINI e 102 motociclette BMW.



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Club Luberg, incontro a Palazzo del Monte

Il presidente Domenico Bosatelli ha raccontato i momenti chiave della propria storia imprenditoriale, offrendo a studenti e laureati la testimonianza di un percorso professionale che va dall’idea all’impresa

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ome rendere fattibile un'idea», questo il tema del primo degli incontri del Club Luberg, tenutosi lo scorso 25 febbraio nella splendida cornice di Palazzo del Monte, in viale Vittorio Emanuele. All'incontro hanno partecipato soci, amici dell'associazione e un nutrito gruppo di studenti delle medie superiori bergamasche. Nell'occasione Giovanna Ricuperati, consigliere Luberg responsabile delle attività del Club, ha intervistato il Cav. Lav. Domenico Bosatelli, Presidente di Luberg, che ha raccontato i momenti chiave della propria storia imprenditoriale, offrendo a studenti e laureati la testimonianza di un percorso professionale che partendo dall'idea si è tradotto in una concreta realtà. Ed è proprio da questa prospettiva che vanno inquadrate le iniziative dell'associazione dei laureati, a cominciare dagli incontri del club ma soprattutto dal concorso «Diventa imprenditore».

«La finalità del club - ha spiegato Bosatelli - è quella di riunire i 35mila laureati bergamaschi con l'obiettivo di valorizzarne talenti e qualità. Il concorso punta invece a trasformare un'idea in una realtà imprenditoriale: si tratta di un progetto locale che si inserisce nell’ambito del progetto nazionale “Creare valore oltre al profitto”, voluto dai Cavalieri del Lavoro, che hanno scelto di impegnarsi direttamente per dare vita ad una rinascita socio-economica nel nostro Paese». Il confronto con i partecipanti alla serata ha riguardato aspetti e vicende della storia personale ed imprenditoriale del Cav. Bosatelli che si sono tradotti in consigli e suggerimenti utili per le nuove generazioni che si affacciano al mondo del lavoro. «Quando ho iniziato - ha raccontato il Presidente di Luberg - non avevo in mente di fare l’imprenditore, ma ero molto curioso ed ero fortemente attratto dal futuro. Ho quindi cominciato viaggiando moltissimo e facendo esperienze interessanti. Poi, con l’av-

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vento delle materie plastiche, che aprivano enormi opportunità, ho deciso di darmi tre anni di tempo per sperimentare e credere in un mio progetto. E questo è stato il mio punto di partenza» «Ho quindi vissuto l’esperienza di imprenditore come l’occasione per fare qualcosa che mi piaceva e mi appassionava ed è per questa ragione che ho raggiunto grandissime soddisfazioni. Perché anche oggi, nonostante siano passati molti anni, a spingermi è lo stesso spirito da apprendista che avevo agli inizi della mia attività, la stessa curiosità. Uno dei fattori di successo per chi vuole fare impresa e per chiunque sia impegnato nel mondo del lavoro consiste nel considerare ogni risultato raggiunto un punto di partenza, non un punto di arrivo». Il dialogo con i giovani presenti in sala ha poi affrontato anche le caratteristiche necessarie per fare impresa. La ricetta di Domenico Bosatelli è un mix di qualità che vanno «dalla fantasia alla competenza, dall’intraprendenza all’ambi-

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zione. Ma soprattutto i giovani di oggi, che grazie alle nuove tecnologie hanno davvero enormi opportunità davanti, devono essere determinati e devono tirar fuori i denti. Ovviamente, è necessario che qualcuno li sostenga e li incoraggi: Luberg è qui per questo, per sostenere concretamente chi ha talento e soprattutto idee». «Al centro di ogni progetto imprenditoriale deve esserci infatti una forte idea di prodotto o di servizio. E soprattutto deve esserci la volontà di essere continuamente innovativi, perché il più grande innovatore

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del mondo è sempre il concorrente che si ha di fronte. L’innovazione non deve essere un fine dell’impresa ma deve essere un mezzo per fare ogni giorno meglio del proprio concorrente, deve essere una costante della gestione». In chiusura dell’incontro il presidente di Luberg ha quindi esortato i giovani a credere nelle proprie passioni e a spendersi per esse: «Vi hanno cresciuto insegnandovi solo i vostri diritti, ma si sono dimenticati di insegnarvi i doveri. A me hanno insegnato solo i doveri».

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Le eccellenze dello sport alla prima edizione dello Sport Awards Ficts International Film Festival

Le suggestioni delle immagini in movimento e la passione per l’attività fisica si sono incontrate in una manifestazione ricca di energia

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i è conclusa lo scorso febbraio la prima edizione di SPORT AWARDS FICTS INTERNATIONAL FILM FESTIVAL, promosso d a l l’ A S S O C I A Z I O N E F E S T I VA L INTERNAZIONALE DEL CINEMA e TEAMITALIA con l’ASSOCIAZIONE NAZIONALE ATLETI OLIMPICI AZZURRI D’ITALIA, in collaborazione con la FICTS - Fédération Internationale Cinéma Télévision Sportifs. Il Festival è l’unico Festival italiano, oltre a quello di Matera, inserito nel circuito “World FICTS Challenge” Campionato Mondiale della Televisione e del Cinema Sportivo, articolato in 16 Festival che si svolgono nei 5 continenti. La prima serata ha visto sul palco per i

saluti inaugurali, oltre al Presidente del Festival Roberto Gualdi e l’Assessore allo Sport del Comune di Bergamo Loredana Poli, anche il Presidente nazionale della FICTS Franco Ascani. Nel corso delle tre serate del Festival, che si è tenuto dal 21 al 23 febbraio presso il Centro Congressi Papa Giovanni XXIII di Bergamo, si sono alternate le proiezioni degli 11 film in concorso a tematica sportiva di provenienza europea, e gli interventi di rappresentanti del calibro di Carlo Ubiali ( tra i più grandi campioni del motociclismo sportivo), Roberto Cammarelle (campione di pesi supermassimi) e Alessio Spahiu (campione di pesi massimi) . La serata conclusiva è stata arricchita da un Omaggio al Trofeo

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ciclistico dedicato a Mino Baracchi e dalla presenza di numerosi Atleti Azzurri appartenenti all’Associazione ANAOAI, tra i quali Paola Magoni e Tullio Masserini, oltre al Presidente Gianfranco Baraldi, Costantino Rocca, Stefano Mei e molti altri. Vincitore di questa prima edizione il regista svizzero Joseph Areddy, che con il suggestivo “Icefall”, racconta il mondo dell’iceclimbing notturno. Ad ampliare ulteriormente il programma, alla competizione cinematografica è stato affiancato un concorso fotografico che ha presentato al pubblico scatti di spettacolari gesti atletici, o sportivi colti in momenti.

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Inter vista

Mario Mazzoleni: arte, calcio, solidarietà

Con la Fondazione Mazzoleni sta portando l’arte italiana a Venezia e in Kazakistan. Ma l’ex arbitro trova anche il tempo per fare volontariato nella comunità Shalom di suor Rosalina Ravasio: «Persona stupenda, infonde forza e serenità»

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estisce una galleria d’arte con diversi spazi espostivi in Italia e all’estero, è stato arbitro per 25 anni (anche in serie A), fa il volontario presso la comunità Shalom di Palazzolo sull’Oglio. Vulcanico e caparbio, Mario Mazzoleni, 43 anni, di cose da raccontare ne ha parecchie, divergenti ma complementari. Ne deriva un suo ritratto sfaccettato, mai scontato, intrigante. Mario Mazzoleni, professionalmente, come nasce? Come antiquario, nella bottega del papà e prima ancora del nonno. Un’attività storica, nata in via Sant’Alessandro, in città, e poi trasferita in via San Bernardino prima e nella

zona artigianale di via Spino poi. Dove ha studiato? Alla scuola d’arte Fantoni. Poi, a un certo punto della sua vita, ha deciso di puntare sull’arte contemporanea, in società con sua moglie Simona. Una scelta che è stata dettata dalle esigenze di mercato, visto che negli ultimi anni l’antico ha subito una brusca frenata, e dalla mia passione. Abbiamo aperto l’Art Events Mazzoleni di Alzano Lombardo, dopodiché abbiamo deciso di affacciarci sulla clientela estera. Con un po’ di bravura, un po’ di fortuna e un po’ di caparbietà abbiamo aperto nove anni fa un grande spazio a

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Forte Village, stupendo resort in Sardegna. Lì facciamo annualmente una rassegna che abbiamo chiamato «Summer Art»: coinvolge una trentina dei nostri artisti, oltre a grandi nomi della storia dell’arte quali Dalì, Rodin, Warhol. E Forte Village vi ha permesso di approcciare il mercato estero, soprattutto russo e kazako. Esatto. Il che ci ha portato all’apertura di una galleria ad Almaty, prima città del Kazakistan. Infine Venezia, città d’arte per eccellenza. Abbiamo trovato uno spazio all’interno di un noto hotel di lusso, il JW Marriott. È di una catena americana che ha comprato l’Isola delle Rose, di fronte a San Marco, per costruirci uno stupendo albergo con trecento camere. L’inaugurazione della nostra galleria è il 2 maggio: parteciperà Vittorio Sgarbi. Ci muoveremo come per Forte Village: un

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grande nome di richiamo a cui affiancare quindici-venti artisti nostri. È di quest’anno, poi, l’idea di trasformare la galleria in fondazione. Una naturale conseguenza del nostro lavoro di promozione dell’arte italiana all’estero. Quindi ora le nostre mostre non sono più fatte come Mazzoleni Art Gallery, ma come Fondazione Mazzoleni. Parliamo invece della parentesi sportiva. Cresciuto tra cassettoni e comò, non disdegnavo il calcio. Come tutti i bambini, del resto. Però a me è sempre piaciuto far l’arbitro, anche all’oratorio: mi ero addirittura fabbricato i cartellini gialli e rossi. Gli altri erano contentissimi: trovare l'arbitro e il portiere era sempre difficile. Poi da grande ho coronato il mio sogno di arrivare in serie A, nel 2000 e fino al 2007. La partita più importante che ha diretto? Ce ne sono state diverse. Nelle categorie

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professionistiche ho fatto 188 partite, quindi non saprei scegliere. C'è chi trova un parallelismo tra calcio e arte: secondo me è vero. Perché non paragonare le gesta di un calciatore a quelle di un pittore? Estro e talento servono ad entrambi. Come si definirebbe, a livello di carattere? Esuberante e caparbio. Il che ha dato risultati: nel lavoro, ad esempio, perché in un periodo di crisi stiamo andando bene, anche se a costo di enormi sacrifici e lunghi viaggi. La prima volta che sono andato in Kazakistan è stata dura: è un altro mondo. Come vede il futuro della sua fondazione? Spero che sarà gestita dalle nostre due figlie Gloria e Alessandra: stanno facendo entrambe il linguistico e stanno studiando russo: sono cresciute con noi in galleria. Quindi, come ho fatto io con mio padre e mio nonno, mi piacerebbe che loro andassero avanti seguendo le nostre orme.


Loro sono dell'idea? Assolutamente sì. La sede della fondazione resta ad Alzano. Quindi questa apertura a Venezia serve a dare un tocco di classe. E per intercettare la clientela. La stessa cosa è stata per Forte Village, in Sardegna. Poi abbiamo un punto espositivo anche a Castel Monastero, a Siena. A Bergamo avete in programma degli eventi? Quasi tutti i mesi organizziamo esposizioni. A ottobre-novembre dovremmo fare una bella mostra di Andy Warhol. E poi c'è l'impegno nel sociale. Mi piacciono arte e bellezza, ovvero l'esteriorità. Ma trovo appagante anche quell'interiorità con cui ho modo di confrontarmi frequentando la comunità Shalom per ex tossicodipendenti di suor Rosalina Ravasio. Faccio il volontario, e mi ci ritiro spesso: le chiacchierate con la suora e con i suoi ragazzi - ce ne sono quasi quattrocento - mi danno molto. Quante volte ci va?

Una volta alla settimana, da dodici anni. E mi rendo conto che alla fine ho ricevuto più io da loro che loro da me. Di cosa si occupa? Aiuto suor Rosalina per quello che concerne la gestione: organizzo alcuni eventi per i ragazzi come partite di Calcio e un grande concerto annuale con 6/7000 persone Come l'ha conosciuta? Per caso, attraverso un amico comune, monsignor Giovanni D'Ercole, vescovo di L'Aquila. Ne è nato un bellissimo rapporto, quasi fraterno. Credo molto nella spiritualità, che secondo me ha attinenze con la bellezza dell'arte. La comunità è finita sotto inchiesta per maltrattamenti e lesioni: lei cosa ne pensa? Suor Rosalina c’ha sofferto molto: è stata una pugnalata per lei, le ha tolto qualche anno di vita. Io l'ho accompagnata in procura per l'interrogatorio, durante il viaggio in auto ha detto 3 volte il rosario. Segue ragazzi in situazioni psichiche difficili, e per punirli gli toglieva, magari per un mese, caffè e sigarette: si può parlare di "violenza"???.

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Sono stati interrogati anche i ragazzi? Sì. E hanno detto: certo che la suora ci puniva, è normale. C’è una terapia logica dietro un percorso del genere: non è una casa vacanze, né un albergo. L’inchiesta verrà presto archiviata, spero prevalga il bene sul male L’invidia è una brutta cosa. Sì, anche perché quella comunità autogestita, che non prende soldi dallo Stato ma va avanti grazie alla solidarietà di imprenditori della zona, fa gola a molti, frutterebbe qualcosa come 10 milioni di euro annui. Che tipo è suor Rosalina? Infonde forza e serenità. Mi ha aiutato molto. Anche semplicemente parlando un’ora con lei, riesco a trovare le motivazioni. È una persona che fa bene alla salute... Per questo prima dicevo che è più quello che ho ricevuto rispetto a quello che ho dato. Un pomeriggio alla settimana non ti cambia la vita, sono impegnatissimo ma il tempo per lei lo troverò sempre.

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Cardiochirurgia mininvasiva: Gavazzeni all’avanguardia

Dallo scorso settembre la clinica cittadina può contare sull’apporto, in pianta stabile, del dottor Alfonso Agnino: «Opero all’interno del cuore con un taglio di appena tre centimetri. E i vantaggi per il paziente sono notevoli»

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ardiochirurgia sempre più di primo piano alle Cliniche Humanitas Gavazzeni. Dove per farsi operare arrivano pazienti da tutta Italia e oltre. Al dottor Esposito, di fama europea per il trattamento dell'aorta, è seguito l’arrivo del dottor Alfonso Agnino, Proctor europa per la chirurgia cardiaca minincisionale videoassistita con particolare riferimento alla tecnica Heart Port. Quarantaseienne, calabrese, è stato il più giovane direttore d’unità operativa in Italia, nonché il più giovane direttore di dipartimento, dopo un’esperienza di sei anni nella sanità pubblica francese, dove è stato aiuto cardiochurugo. Da quanto è alle Cliniche Gavazzeni? In pianta stabile dal settembre dello scorso anno, ma già da febbraio 2014 ho cominciato a venire due-tre volte la settimana con tutta la mia èquipe.

Come si è creato il contatto? Conoscevo già il dottor Albano, responsabile della Terapia Intensiva e della Rianimazione qui alle Gavazzeni, nonché il dottor Esposito, primario della Cardiochirurgia. Viene da un'esperienza nella sua terra, la Calabria, sempre nella sanità privata. Da luglio del 2012 al gennaio 2014 sono stato direttore di dipartimento al Sant'Anna di Catanzaro, dove ho lavorato complessivamente 11 anni. Ma la situazione calabrese è estremamente complessa e delicata. Lei è conosciuto in Italia e in Europa per la chirurgia mininvasiva. Esatto. La vera chirurgia mininvasiva: con un taglio di tre/quattro centimetri, senza divaricare e con l'ausilio di una videocamera, opero all'interno del cuore. Per questo tipo di interventi c'è bisogno

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di apparecchiature tecnologicamente avanzate di un certo impatto economico e, per un amministratore non lungimirante, legato alla convenienza economica immediata, ciò fa la differenza. Poco importa se in questo modo si tralasciano vantaggi basilari come il recupero funzionale più rapido, il ridotto sanguinamento

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(che porta a un minore uso di sacche di sangue), il ricovero più rapido, il minore rischio di infezioni (che comporta una riduzione di terapia antibiotica). Un intervento di questo tipo dà le stesse garanzie di risultato della sternotomia? Sì, e ovviamente il paziente, se può scegliere, eviterà un'ampia incisione dello sterno.

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Come si trova alle Gavazzeni? Molto bene. È un ospedale a 360 gradi dove coesistono professionisti di elevato profilo tanto nelle discipline chirurgiche quanto in quelle mediche. Per quanto sia una struttura privata, e per quanto ci siano stati i famosi tagli, qui si è deciso di investire. Sia per quanto riguarda me che,


già tre anni or sono, per il dottor Esposito, cardiochirurgo di fama europea per il trattamento dell'aorta, dalla valvola aortica alle arterie femorali. Si tratta di interventi estremamente importanti. L'aver scelto lui, e poi me come suo stretto collaboratore per la parte mininvasiva, fa capire che c'è un desiderio di dare una risposta chirurgica al passo coi tempi. C'è dunque una volontà da parte di Humanitas Gavazzeni di affrontare un certo tipo di percorso. Ai massimi livelli. Una volontà di evolvere nel dare sempre la miglior risposta ai bisogni del malato. Prima ha parlato di "vera" chirurgia mininvasiva. Ci spieghi meglio. Oggi si tende a parlare di chirurgia mininvasiva anche quando, semplicemente, non si tocca lo sterno, ma si procede a effettuare un taglio laterale di 10-12 centimetri, per poi divaricare e entrare con la mano. Questo è solo un approccio diverso rispetto alla sternotomia. La «vera» mininvasiva è altro: taglio di 3-4 centimetri, niente divaricazione delle coste, utilizzo della telecamera per operare all'interno del cuore. Bisogna ovviamente abituarsi a lavorare attraverso la visione su schermi

in alta definizione; ciò permette di vedere ogni minimo particolare anatomico, ma necessita di un lungo training formativo. Spieghi ai profani come si può operare un organo fondamentale come il cuore. Bisogna svuotarlo dal sangue, e fermarlo. Si usa una macchina che si chiama Cec (Circolazione extra-corporea): supplisce al funzionamento di cuore e polmoni durante l'intervento. La componente venosa del nostro corpo, povera di ossigeno, viene drenata da questa macchina la quale non solo ossigenerà il sangue trasformandolo da venoso in arterioso ma, attraverso una pompa, lo reimmette nell'aorta. Poi, con una specie di grande pinza, si va ad occludere l'aorta, in modo che le coronarie che irrorano lo stesso cuore non abbiano più sangue ossigenato. Una soluzione cardioplegica ricca di potassio permette poi di fermare il cuore, proteggendolo. Si agisce così anche per i trapianti. Normalmente tutto ciò si fa in sternotomia. Esatto. Invece io lo faccio con un piccolo taglio, utilizzando vene e arterie periferiche. Al posto della pinza di cui sopra, si usa una sorta di pallone, inserito nell’

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aorta e attraverso il cui gonfiaggio non solo ottengo l’occlusione aortica ma riesco anche ad infondere la cardioplegia. Questa tecnica si chiama Heart Port. Come nasce questa tecnica? Prende le mosse dall’ortopedia e dalla chirurgia generale, dalla metà degli anni '90. Prima per operare il menisco, ad esempio, si faceva un lungo taglio. Ora basta un taglietto e si opera con le telecamere. Ebbene anche per la cardiochirurgia mininvasiva il periodo di riferimento sono gli anni '90, ma inizialmente non ha avuto un grande successo, perché richiede un grande spirito di abnegazione: l'abitudine allo schermo si acquisisce con una lunga pratica, perché la visione senza profondità si deve apprendere. Ma se si ha pazienza, alla fine si raggiungono risultati anche migliori, perché si possono vedere cose che ad occhio nudo non si noterebbero. E lei come ci è arrivato? Sono partito da un'esperienza di videotoracica in Francia, per poi fare i passi successivi. E negli anni ho affinato la tecnica, riducendo la lunghezza dell'incisione. Ma il processo di apprendimento è stato graduale. Lei è invece Proctor Europa per la chirurgia cardiaca minincisionale videoassistita, con particolare riferimento alla tecnica Heart Port. Esatto, e faccio da tutor per altre cardiochirurgie, a livello europeo. Vengono a vedere ciò che facciamo (recentemente è stata in visita alle Gavazzeni un’èquipe della clinica Pasteur di Toulose), e io vado da loro per aiutarli a sviluppare questa tecnica. Serve un'èquipe ben consolidata: è fondamentale il lavoro dell'anestesista e del perfusionista. Oggi sono solo una trentina i centri in Europa che operano con questa tecnica, e la Gavazzeni è tra questi. Questa tecnica è applicabile in ogni caso? No. Non bisogna innamorarsi troppo della tecnica. Semplicemente bisogna sempre essere in grado di offrire al paziente la soluzione migliore, sempre che la si abbia nel proprio bagaglio professionale e culturale. Bisogna sapersi spogliare dell’amor proprio, comportandosi in maniera corretta nei confronti del paziente. APR-MAG 2015



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Taverna Valtellinese, la tradizione si rinnova

Pizzoccheri caserecci, Bresaola condita, carne al bastone. Ma anche pesce, tartufo e carni pregiate d’importazione. E una cantina con più di 300 etichette. Una scelta di stile in pieno centro

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na certezza in tempi di mode culinarie molteplici ed effimere. So l i d a c o m e l a c u c i n a c h e rappresenta, la Taverna Valtellinese è uno dei ristoranti più caratteristici del centro di Bergamo. Tradizione con stile, dall’allestimento che non disdegna alcuni pezzi d’antiquariato alpino – la slitta all’ingresso, le racchette da neve alle pareti, l’arredamento caldo e accogliente che ricorda un lussuoso chalet – all’offerta enogastronomica costruita su materie prime di alta qualità. Il «bastone» del comando è nelle mani di Fabio Bonfanti, chef 33enne «appassionato e fedele all’opinione che ciò che mangiamo sia la prima “medicina” che ci garantisce salute e benessere, ed è con questa filosofia

– assicura - che curo la gestione di questo ristorante e seleziono le materie prime con cui preparo i piatti della Valtellina insieme al mio staff». Nonostante la giovane età Bonfanti, diplomatosi all’istituto alberghiero di San Pellegrino, è in pianta stabile alla Taverna dal 2006, e già prima vi aveva lavorato due anni, dal 2001 al 2003. È subentrato a Piero Buzzella, che dopo 40 anni e passa di onorata carriera è andato in pensione, seguendo le istruzioni del maestro per riprodurre fedelmente le ricette che hanno consentito al ristorante di affermarsi: Pizzoccheri caserecci, Bresaola Igt condita con una salsina a base di olio, limone e senape, carne al bastone (roastbeef alla griglia arrotolato

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Taverna Valtellinese Via Tiraboschi 57, Bergamo - 035.243331 www.tavernavaltellinese.it Giorno di chiusura: lunedì

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a un bastone di abete bianco appoggiato sulle tipiche barchette di legno) e Pasticcio Valtellinese, protagonisti anche di un menù «Prova Sapori» da 35 euro (incluso vino Rosso di Valtellina, acqua e caffè). Bonfanti ha introdotto alcune valide alternative: «manteniamo nel menù delle portate di pesce – spiega Bonfanti – perché, soprattutto d’estate, c’è richiesta. Da due anni abbiamo anche il dehors». Note aggiuntive anche gli speciali tagli di carne, come black angus americano e bisonte canadese, e il tartufo, sia quello bianco d’Alba che quello nero bergamasco. Ampliata, infine, l’offerta della cantina: all’attenta selezione valtellinese si sono aggiunti rossi, bianchi e rosati da tutta Italia e oltre. Ora le etichette sono più di trecento. I piatti più richiesti? «Sono due. La Bresaola che, dicono i clienti, “come la mangiamo qua non la mangiamo da nessuna parte” – sorride Bonfanti -, sempre fresca, tagliata al momento, e i pizzoccheri, fatti a mano ogni mattina con farina di grano saraceno macinata a pietra: utilizziamo le coste e un mix di formaggi tra cui spiccano Casera, Bitto, Latteria Valtellina, Le Frise (con latte di capra). Non è un pizzocchero unto, né

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mettiamo l’aglio, perché la clientela bergamasca preferisce un prodotto più leggero. Prepariamo anche gli sciatt, frittelle di pastella con formaggio di casera, ma solo

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su prenotazione, perché richiedono tempo e spazio». I 140 coperti della Taverna possono contare su uno «zoccolo duro», cioè la clientela abituale che la considera ormai un posto di famiglia: ne è testimonianza il nomignolo «la Valte» con cui affettuosamente la chiamano. La gestione ricambia con un servizio attento a 360 gradi: chi ha bambini piccoli può contare su fasciatoio e set completo per la prima infanzia. Gli interni del locale, pur mantenendo lo stile, sono periodicamente rinnovati. Ed è appena stato aggiornato anche il sito internet, più immediato e scorrevole, studiato per una perfetta visualizzazione sugli smartphone. Piace alle famiglie, la Taverna, e piace ai professionisti, che ne apprezzano la qualità sempre alta, la cortesia, la possibilità di avere tavoli riservati e appartati anche a pranzo. La vocazione per l’alimentazione tipica della Taverna Valtellinese avrà un suo ulteriore riscontro in occasione di Expo: «Creeremo un menù a tema – conclude Bonfanti – seguendo i criteri dell’esposizione universale, ovvero cercare di alimentarsi in modo corretto, utilizzando prodotti tipici».


Inter vista

«Vivere di musica, non chiedo di meglio»

Ha fatto ballare gente del calibro di Mick Jagger e Brigitte Bardot. Ma soprattutto ha vinto il Festivalbar con «Shine on dance» nel 1984. Trentun anni dopo, Alberto Carrara ricorda quel periodo magico

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n bergamasco fa impazzire folle oceaniche. È Alberto «King» Carrara, che con «Shine on dance» stravince il Festivalbar e manda in soffitta tormentoni quali «People from Ibiza» di Sandy Marton. Sono passati quasi 31 anni da quel magico 1984: il vinile di quel successo è un pezzo da collezione su Ebay e nascono fans club di Carrara su Facebook, mentre lui continua a vivere di musica. Come ha sempre fatto. Con la stessa carica in consolle, la battuta pronta, l’energia vitale che pulsa nelle sue nette prese di posizione. Partiamo dagli esordi. Albertino Carrara, bergamasco doc purosangue, entra nel mondo musicale già all'età di 8 anni, suonando la batteria

in un complessino di Bergamo. Una «carriera» che va avanti fino all'età di 13 anni all'interno di diverse band locali dell'era pop. A 14 anni comincio a fare il disc jockey per Rtl, che allora si trovava in Città Alta, e al Tantalo della Maresana, dal mitico Caio. Dopo poco tempo mi trasferisco al Victor di Dalmine, discoteca emergente di quel periodo – era il 1976 -, e sei mesi dopo vengo contattato da Benvenuto Maffioletti per il Bobadilla. Poi, nel 1983, l’inizio della carriera discografica. È di quell’anno «Disco King», da me scritto e prodotto, che entra nelle classifiche italiane ed europee. Partecipo a Superclassifica Show e vengo contattato da Vittorio Salvetti, che mi vuole l’anno

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dopo al Festivalbar. Che vinci, insieme a Gianna Nannini. Sì, nella sezione dj, con la mia «Shine on dance». Comincia così la mia avventura nel mercato discografico internazionale come musicista e dj, che va avanti fino al 1987. Sei un grande amico di Eros Ramazzotti. Come l’hai conosciuto? Nel 1983: eravamo nella stessa casa discografica. L’amicizia dura da allora: abbiamo scorrazzato più volte per Bergamo insieme, nei ristoranti o nelle discoteche tipo il Capriccio 2. Da quanto dura complessivamente la tua carriera musica? Da 43 anni. Ho lavorato e lavoro in discoteche italiane ed estere. Nel mondo dei dj sono considerato uno dei capisaldi della musica degli anni ’70 e ’80 in Italia. Hai conosciuto anche molti vip. Assolutamente sì. Sylvester Stallone, Carol Alt, Senna. Indimenticabili le serate a Montecarlo. Qual’è la discoteca più importante dove hai lavorato? Probabilmente l’Escala. Era il tempio degli anni ’80 di Parigi. Facevo ballare gente del calibro di Mick Jagger e Jerry Hall. Ma ho lavorato anche al King’s di Saint Moritz, negli anni d’oro in cui era frequentato da Gunter Sachs e Brigitte Bardot. In Italia sono passato da tutte le discoteche più importanti, dalla Capannina alla Bussola, dal Faruk di Forte dei Marmi al Mediterraneo. L’esperienza più bella che hai vissuto? Musicalmente parlando, la finale del Festivalbar. Essere all’Arena di Verona quando quattro mesi prima nessuno sapeva nemmeno dove abitavo è stato incredibile. È come per un cantante vincere Sanremo: copertine dei giornali, contratti discografici… Anzi, in quegli anni il Festivalbar era anche più importante di Sanremo, perché c'erano tutti i numeri uno europei: quando ho partecipato io si esibivano anche Duran Duran, Spandau Ballet, Talk Talk, Franky goes to Hollywood. Perché queste manifestazioni sono decadute? Perché la musica in televisione, alla fine degli anni '90, è stata soppiantata da canali musicali quali Mtv e Music Match. Sanremo resiste perché c'è una volta

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all'anno e dura quattro giorni. Invece i personaggi che venivano al Festivalbar oggi si vedono un po' ovunque. Hai notato differenze tra chi ti seguiva allora, in discoteca, e chi va a ballare oggi? Sono due mondi completamente diversi. Due generazioni diverse. Noi ragazzini aspettavamo la domenica per andare a ballare: era un rito. Oggi le discoteche sono aperte dal lunedì alla domenica sera. Poi si balla un po' ovunque, anche nei ristoranti e nei bar. Addirittura nelle chiese. Inoltre i ragazzi con un clic possono fare quello che una volta era impossibile. E lo sballo di oggi, nelle discoteche, una volta non c'era. Oggi viviamo a una velocità mille volte superiore a quella degli anni '70-80, questo è il discorso. Quello che tu potevi apprendere in un anno, oggi lo puoi apprendere in un giorno, sia nella scuola, che nella cultura, che nell'informazione. In tutti i campi. Si brucia tutto in fretta, l'usa e getta domina: fai un disco, al

martedì sei primo in classifica, dopo dieci giorni non si sa più neanche che faccia hai. C'è ancora buona musica? Sì, e purtroppo è quella che non ti fanno sentire. Tipo? Led Zeppelin, Pink Floyd... Ma non è di oggi! Infatti. Secondo la musica moderna, ovvero pop e rock, nasce all'inizio degli anni '50 e muore alla fine degli anni '70. Qualsiasi prodotto nuovo che ascoltiamo è un remake di cose già sentite. D'altronde la musica è come l'architettura: c'è stato un periodo in cui hanno fatto tutto, il resto è solo clonazione. Io compio 57 anni, ma non ricordo una struttura di un architetto moderno che possa essere paragonata, ad esempio, al Duomo di Milano. Involuzione? Forse una volta si usava di più la mente. Non è solo una questione di tecnica. Tornando alla musica, io sono un grande fan di Battisti, che considero del livello di Paul McCartney. Battisti sapeva suonare

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la chitarra, ma non era un grandissimo chitarrista. Però aveva un talento e una sensibilità unici. È la sensazione che produci la cosa importante, perché di tecnica ce n'è in giro in abbondanza, ma non basta. Servono grandi autori, di cui oggi c'è penuria. Burt Bacharach, Lennon, McCartney, quelli erano dei grandi. E infatti i loro pezzi sono ancora attuali. Ma dopo gli anni '80 qualcuno che è emerso c'è. Sì, naturalmente. In Italia abbiamo avuto Ramazzotti, ma il suo autore di riferimento è Piero Cassano dei Matia Bazar, un genio. Anche Laura Pasini ha dietro ottime firme. Penso a Modugno: lui sì che ha dato una svolta alla musica. Ecco, i gruppi emergenti di oggi suonano la musica di Modugno. Progetti? Io vivo di musica, alla giornata, on the road. È già una fortuna per me dedicarmi a quello per cui avrei anche pagato. Quindi non chiedo niente di più: continuo a fare il disc jockey come piace a me, finché qualcuno mi segue.

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Inter vista

«Un’identità culturale forte porta turismo»

Lo scorso anno è stata la più votata tra i candidati consiglieri a Palazzo Frizzoni. Nadia Ghisalberti, ora assessore, ha le idee chiare su come meglio connotare culturalmente la città. A partire da Donizetti e Carrara

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rendendo a prestito lo slogan di un vecchio spot, si meriterebbe il titolo di consigliere comunale più amato dai bergamaschi. Alle ultime amministrative ha fatto segnare il record di preferenze: «777, una grande soddisfazione e un’enorme responsabilità», ammette Nadia Ghisalberti, classe 1958 (e moglie del noto nefrologo e ricercatore Giuseppe Remuzzi), a Palazzo Frizzoni dal 2008 con la Lista Bruni (ora Patto Civico) e dallo scorso giugno assessore a Cultura, Turismo, Tempo Libero, Marketing territoriale ed Expo della Giunta Gori. Che abbia le idee chiare su come meglio connotare culturalmente la città lo si è capito subito dalle prime mosse di questi

mesi. A partire da Donizetti, inteso come compositore e come fulcro fisico dell’attività spettacolistica. E oltre. Tante le novità in cantiere per Donizetti. A trecentosessanta gradi. C’è innanzitutto l’idea del patrimonio culturale Donizetti che va promosso in città. Un patrimonio molto noto all’estero, molto meno in Italia. Manca la consapevolezza di questo grande tesoro: nonostante l’idea lungimirante della creazione del Festival Donizettiano, non è ancora scattato un forte legame della città con il compositore. Infatti il binomio Donizetti-Bergamo non è così noto all’estero, e invece può essere un veicolo straordinario di promozione di un’identità

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culturale forte, e quindi di una positiva ricaduta sull’attrattività del territorio. Avete anche delineato una maggiore sinergia tra le direzioni artistiche coinvolte. Teatro, lirica e jazz sono sempre andati su binari separati. Vogliamo che lavorino maggiormente insieme, a partire ad esempio da progetti di formazione in cui i percorsi di lirica e prosa si intrecciano fortemente. Tutto questo per arrivare a un pubblico nuovo, più ampio. Guardiamo ai giovani, naturalmente, ma anche a tutti coloro che hanno sempre vissuto il teatro in modo distante. Un Donizetti più aperto ai cittadini. In tutti i sensi, visto che le sue sale si sono popolate di laboratori e attività per famiglie durante lo scorso carnevale. Far vivere tutti i luoghi del teatro è uno dei nostri obbiettivi. Il carnevale è stato

un successo grazie alla rete creata con diverse associazioni del territorio: l’assessorato deve fungere da regista per queste iniziative tematiche. Un panorama ricco, quello dell’associazionismo bergamasco. Si tratta anche in questo caso di un patrimonio culturale della città che è necessario valorizzare al meglio. Compito del Comune è coinvolgere le associazioni in modo da farle crescere, aiutarle per la comunicazione e per altri servizi nei quali sono deboli, farle dialogare con le altre realtà del territorio. Ovviamente bisogna condividere con loro obbiettivi e strategie. L’Amministrazione ha spazi e risorse finanziarie, anche se meno di un tempo: bisogna utilizzarle in maniera attenta, meritocratica e trasparente per migliorare l’offerta culturale della città. Torniamo alla lirica. Per arrivare a

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un pubblico nuovo avete scelto il bergamasco Francesco Micheli, che a Macerata ha dimostrato di avere grande capacità di coinvolgimento, entusiasmo e una visione originale del mondo dell’opera. L’ideale per il rilancio del Bergamo Musica Festival. Abbiamo pensato che fosse la persona giusta per raggiungere gli obbiettivi di valorizzazione del patrimonio donizettiano che l’Amministrazione si è posta. È chiaro che se si decide di fare qui il festival donizettiano bisogna innalzare la qualità delle opere donizettiane che qui vengono rappresentate: devono essere all’altezza della Fenice e della Scala. Ci sono le risorse per questo salto di qualità? Si tratta di produzioni costose. Per il momento abbiamo fatto un’operazione a mio giudizio intelligente e doverosa: entrare nel Circuito Lirico

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Lombardo. Questo ci permette di risparmiare sulla produzione delle opere non donizettiane e di avere così più risorse per le nostre produzioni. Siamo inoltre consci che questa riconoscibilità dell’identità donizettiana necessiti di una strategia comunicativa precisa: stiamo investendo in questo senso con l’obbiettivo di portare a casa qualche risorsa privata. Riapre l’altro patrimonio culturale fortemente identitario di Bergamo: l’Accademia Carrara. È uno specchio della storia della città da vari puniti di vista. Una storia di collezionismo antico, di donazioni di patrimoni privati che diventano pubblici. E che rimangono pubblici. Riapre una pinacoteca di livello internazionale: l’edificio è stato rimesso a nuovo, con un grande investimento nella parte tecnologica e un aggiornamento dei servizi disponibili. Ci parli dell’allestimento. Prevede l’esposizione di 600 opere di altissimo valore, che danno la possibilità al museo di dialogare con le maggiori istituzioni internazionali e che lo renderanno fulcro delle politiche culturali cittadine. Nel frattempo è stata messa a punto la fondazione di partecipazione, con soci privati che hanno mostrato interesse a farci parte, Credito Bergamasco in primis. Cosa farete per l’apertura del 23 aprile? Una grande festa popolare per l’intera città, a cui restituiamo la sua pinacoteca. Parteciperanno alcune realtà locali ma di profilo internazionale, tra cui il Teatro Tascabile Bergamo. L’ingresso sarà gratuito per l’intero fine settimana, fino al 25. Sul fronte del turismo come vi state muovendo? Sviluppare l’identità culturale della città dovrebbe portare da sé attrattività turistica. L’aeroporto di Orio ha fatto aumentare il numero di presenze ma in maniera meno significativa di quanto plausibile, quindi bisogna darsi da fare. Le competenze del Comune sono soprattutto sull’accoglienza, quindi potenzieremo dei servizi al turista, come la Bergamo Card: ci deve rientrare la Carrara e dev’essere spinta di più sul lato della promozione. Inoltre vogliamo svolgere un ruolo di regia nei confronti dei vari attori coinvolti, a partire dagli imprenditori del settore, con

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cui dobbiamo condividere una strategia per «comunicare» la città in modo diverso in occasione di Expo. Ha criticato il modo in cui si svolgevano le notti bianche dei giovedì d'estate, nonché la presenza di gonfiabili per bambini di fronte al teatro e di bancarelle di armi giocattolo per il softair. Come saranno quest'anno?

Ci stiamo lavorando insieme al Duc, il distretto del commercio, con cui è già in corso una collaborazione per la proposizione di spettacoli di strada in occasione delle chiusure domenicali al traffico. Le notti bianche del giovedì sono occasioni di ritrovo e hanno sempre riscosso notevole successo, però vogliamo tematizzarle un po' di più rispetto agli anni precedenti:

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più contenuti, senza andare sull'impegnativo, perché a prevalere dev'essere l'idea di socializzazione. Si possono poi evitare delle cose che appaiono stonate in centro città, specialmente di fronte al Donizetti. Fino al 21 giugno, ma prorogabile di un mese, alla Gamec c'è la mostra su Palma il Vecchio. Poi dal 2 ottore l'astrattista russo Kazimir Malevic. Due eventi importanti, ma con due mesi di vuoto in corrispondenza di Expo. Vanno calcolati i tempi di disallestimento e riallestimento, del resto. E comunque il turista in quel periodo potrà visitare l'Accademia Carrara. Inoltre la mostra su Malevic avrà un prologo composto da attività multiple in centro. Un assaggio lo si è già avuto durante il carnevale con un laboratorio di maschere ispirate ai dipinti dell'artista russo: un bell'esempio di collaborazione tra i servizi educativi della Gamec e la direttrice della stagione di prosa, Maria Grazia Panigada. Veniamo a lei. E' stata docente di biologia al liceo Falcone dall'85 al '99. Un bellissima scuola. Sono rimasta in contatto sia con le mie ex alunne - ci si ritrova facilmente su Facebook - che con le ex colleghe. Ritengo che il lavoro dell'insegnante sia uno dei lavori più belli perché espone al contatto con le nuove generazioni. Perché ha lasciato? Una serie di motivi, tra cui la voglia di fare altre esperienze. Avete figli? Tre, tutti grandi - la maggiore ha 32 anni, il più piccolo 26 - e in giro per il mondo: Wara, psicologa, vive a Roma; Gabriel, ingegnere biomedico, sta realizzando un progetto di informatizzazione degli ospedali a La Paz, in Bolivia; Livio ha finito la scuola del Piccolo Teatro di Milano e fa l'attore. Dove abita? Sui Colli, in un'area bella ma un po' isolata. Cosa le piace fare nel tempo libero? Soprattutto camminare. Bergamo, oltre alle bellezze storico-artistiche, ha questa grandissima risorsa che è il Parco dei Colli: preservare l'area è stata un'idea lungimirante degli anni '90. Ma, Colli a parte, in città non mancano i percorsi «green» di grande valore. E poi mi piace sciare.

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Inter vista

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“Servizio estero su misura”

on questo slogan BCC Pompiano e Franciacorta, leggendo ed accogliendo un bisogno manifestato dalle piccole e medie aziende presenti sul proprio territorio, ha dato vita ad un progetto che mira a sostenere ed affiancare i propri clienti impegnati nella difficile conquista di nuovi spazi di mercato al di fuori dei confini nazionali. La banca di Pompiano da anni supporta i propri clienti con un Servizio Estero efficiente e professionalmente preparato ma non ha mai spinto commercialmente il servizio anche perché i clienti storicamente serviti, agricoltori ed edili, non avevano mai manifestato esigenze in tal senso. Oggi che la banca opera su un territorio molto più ampio ed articolato, lungo la direttrice Brescia.Milano, con una clientela di imprese operanti in tutti i principali settori dell’economia, è nata cosi l’esigenza di potenziare il servizio e di dotarsi di tutti gli strumenti necessari per servire al meglio i propri clienti. Gli strumenti principali a sostegno del progetto sono, come sempre avviene nel

mondo del Credito Cooperativo, le risorse umane capaci e desiderose di curare la relazione Banca/Cliente con particolare cura ed attenzione. Nello specifico la Banca, che già dispone presso la propria sede di operatori esperti nel comparto estero, ha proposto all’intera rete commerciale un percorso formativo utile per conoscere, approfondire e proporre i prodotti bancari legati al commercio internazionale. BCC Pompiano e Franciacorta aggiunge alle proprie competenze anche una fitta rete di relazioni e collaborazioni con partner bancari ed istituzionali che le consente di soddisfare ogni tipo di richiesta; i clienti della Bcc di Pompiano che intenderanno aderire al progetto potranno operare con oltre 1700 banche corrispondenti in tutto il mondo e disporre di 40 conti di corrispondenza in 23 diverse valute. Il progetto è supportato da una simpatica campagna pubblicitaria che richiama il lavoro del sarto poiché alla BCC di Pompiano sono sicuri di poter trattare ogni azienda in maniera personalizzata

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proponendole un “abito su misura”. La presenza di manichini sartoriali esposti presso le proprie filiali intende trasmettere lo stile con cui questa attività viene svolta e il desiderio, nella gestione delle diverse operazioni, di essere il più possibile vicino al cliente., ponendo attenzione ai dettagli, garantendo celerità nei tempi di esecuzione, rendendosi disponibili nel comprendere, condividere ed individuare insieme alle imprese le soluzioni migliori in termini di pricing e di tutela del rischio.

Mensi Luigi, direttore

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Unibergamorete, una rassegna tra orientamento, cultura e territorio

na rete di relazioni e di condivisione di saperi è l'ossatura su cui prende forma un'Ateneo, l'Università degli Studi di Bergamo allarga questi intrecci oltre le aule e i dipartimenti, aprendosi al territorio con UniBergamoRete, una rassegna di oltre 50 eventi culturali dal 13 aprile all'8 maggio, che comprende anche una sezione dedicata all'orientamento tra università e mondo del lavoro. Tra gli appuntamenti da segnare in calendario per questa quinta edizione l'inaugurazione del 13 con l'intervento di Elonora Voltolina, direttrice de “La Repubblica degli Stagisti”, il Career Day del 14 aprile, una giornata di incontro tra studenti e mondo del lavoro e l'Open Day dell'Università con la presentazione dell'offerta formativa di Ateneo il 17 aprile. Seguiranno la presentazione della Scuola di Dottorato il 4 maggio e l'Open Day delle Lauree Magistrali il 6 maggio. Accanto

agli incontri dedicati all'orientamento, in programma per il 24 aprile anche l'inaugurazione delle nuove strutture del Centro Universitario Sportivo di Dalmine. «Abbiamo pensato questa rassegna come un'occasione per far conoscere più da vicino le attività di UniBg, traducendole in un'offerta culturale dedicata alla Bergamo di tutti, giovani, adulti, studenti e non, con un'apertura anche ai più piccoli - spiega Piera Molinelli, Prorettore delegato all'Orientamento universitario di Ateneo e responsabile della rassegna UniBergamoRete – l'idea è proprio questa, uscire dalle aule per incontrare il territorio e allo stesso tempo spalancare le porte dell'Ateneo anche a chi normalmente non le attraversa». In calendario infatti anche una serie di eventi dedicati ai ragazzi e alle scuole, a cui si aggiungono seminari, approfondimenti, laboratori, incontri con gli autori e i professori, per un programma di ampio respiro, che oltre alla ricerca e alle attività

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di Ateneo, tocca anche tematiche di forte attualità: dalle mafie del nord, alla Palestina, a Expo 2015. A cui si aggiungono, presentazioni di libri, progetti editoriali e spazi di protagonismo studentesco, come il focus dedicato alla web serie “You can't take it with you”, nata da un gruppo di studenti dell'Ateneo e ora fresca di 16 nomination ai Rome Web Award, dedicata proprio ai corti e alle serie in streaming online. Oltre alle sedi dell'Università diffuse tra i campus di Città Alta, Città Bassa e Dalmine, UniBergamoRete troverà casa anche sul Sentierone, dove sarà ospite con i suoi eventi alla Fiera dei Librai tra il 17 aprile e il primo maggio, oltre ad appuntamenti all'Archivio di Stato e alla Fondazione Bergamo nella Storia. Gli eventi sono a ingresso libero, il programma completo di UniBergamoRete è online sul sito www.unibergamorete.it.

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Una nuova sede per Luberg

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a cerimonia d’inaugurazione del nuovo club Luberg si è tenuta il 4 febbraio, al Palazzo del Monte di Via Vittorio Emanuele 10. Nell’occasione sono stati presentati i progetti e le attività che l’associazione propone per il 2015. La serata è stata animata dagli interventi di Domenico Bosatelli (Presidente LUBERG), Giovanna Ricuperati (Consigliere LUBERG), Cristiana Cattaneo (Consigliere LUBERG) e Francesco Pozzobon (Direttore Advocacy e Impact Investing ItaliaCamp). "Questa", ha raccontato il Cav. Bosatelli, "sarà la casa delle opportunità aperta ai giovani destinati a diventare i leader del futuro. Seneca diceva che la fortuna non esiste, esiste solo il momento in cui il talento incontra l'opportunità. Il nostro Club intende essere l'opportunità dove sfogare il proprio talento". "Il CLUB LUBERG", ha ribadito Giovanna Ricuperati, "si propone come un ambiente creativo e di servizio, che possa facilitare l’interscambio di saperi ed esperienze tra le diverse generazioni dei Laureati dell’Università di Bergamo. Quello che ci proponiamo è di sollecitare l’approccio sperimentale e lo sviluppo di idee, hobby e interessi dei laureati per dare slancio alla loro creatività e trasformarli in progetti concreti, attività ed iniziative imprenditoriali. Nel corso della serata è stato presentato anche il concorso "DIVENTA IMPRENDITORE" che, come ha spiegato Cristiana

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Cattaneo "è stato organizzato per valorizzare l’intraprendenza e il talento delle nuove generazioni, aiutandole a tradurre un’idea in un progetto concreto e vincente. Le proposte più originali e meritevoli saranno seguite da un gruppo di esperti di Luberg, che supporterà nella ricerca di eventuali soci e finanziatori e fornirà l’assistenza necessaria per realizzare il progetto fino alla fase di startup". COME RENDERE FATTIBILE UN'IDEA Il primo degli incontri del Club si è tenuto nella serata di mercoledì 25 febbraio. All'incontro hanno partecipato soci, amici dell'associazione e un nutrito gruppo di studenti delle medie superiori bergamasche, per approfondire il tema della serata "Come rendere fattibile un'idea". Nell'occasione Giovanna Ricuperati, ha intervistato il Cav. Lav. Domenico Bosatelli, che ha raccontato i momenti chiave della propria storia imprenditoriale, offrendo a studenti e laureati la testimonianza di un percorso professionale che partendo dall'idea si è tradotto in una concreta realtà. Ed è proprio da questa prospettiva che vanno inquadrate le iniziative dell'associazione dei laureati, a cominciare dagli incontri del club ma soprattutto dal concorso "Diventa imprenditore". "La finalità del club", ha spiegato Bosatelli, "è quella di riunire i 35.000 laureati dell'università di Bergamo con l'obiettivo di valorizzarne talenti e qualità. Il concorso punta invece a trasformare un'idea in una realtà

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imprenditoriale: si tratta di un'iniziativa locale che si inserisce nell’ambito del progetto nazionale "Creare valore oltre al profitto", voluto dai Cavalieri del Lavoro, che hanno scelto di impegnarsi direttamente per dare vita ad una rinascita socio-economica nel nostro Paese”. Il confronto con i partecipanti alla serata ha riguardato aspetti e vicende della storia personale ed imprenditoriale del Cav. Bosatelli che si sono tradotti in consigli e suggerimenti utili per le nuove generazioni che si affacciano al mondo del lavoro.

CONCORSO DIVENTA IMPRENDITORE

Il concorso, realizzato in collaborazione con il Gruppo Lombardo dei Cavalieri del Lavoro, valorizza l’originalità, l’ambizione, l’intraprendenza, la competenza, il bisogno di autonomia delle nuove generazioni, aiutandole a tradurre un’idea in un progetto concreto e vincente. Le proposte più innovative, stimolanti e fattibili saranno seguite da un gruppo di esperti di Luberg, che supporterà nella ricerca di eventuali soci e/o finanziatori e fornirà l’assistenza necessaria per realizzare il progetto. Per maggiori informazioni sulle modalità di adesione è possibile consultare il sito www.luberg.it\diventaimprenditore, contattare la segreteria LUBERG (e-mail: info@luberg.it, Tel: 035 205 26 07) oppure chiedere presso il Club LUBERG negli orari di apertura.


*Golf di Mario Ugo Pasini Maestro di golf

Allenare tecnica, fisico e mente

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nche nel golf l'allenamento, come in tutti gli sport, è alla base dell'apprendimento. E sopratutto è necessario per il miglioramento del gioco. Per essere completo deve allenare tecnica fisico e mente. Osservando i giocatori di golf, ci si rende conto che non tutti eseguono lo stesso swing e non è detto che uno swing sia meglio di un'altro, ma tutti questi “diversi” swing, per essere efficaci e ripetitivi, devono sicuramente avere in comune i fondamentali della tecnica (impugnatura, posizione del giocatore, rotazione del corpo). Nel tempo questa certezza non è mutata. I campioni che vediamo in televisione sono tutti accomunati dai fondamentali della tecnica, ma non ci danno sempre la stessa immagine di movimento: ognuno di loro ha un qualcosa di personale. Ci sono molti esempi che potremmo fare;

uno che mi viene in mente è Jim Furik, sicuramente uno swing che all'occhio dello spettatore risulta particolare, ma rimane uno dei giocatori più precisi negli ultimi 100 metri di gioco. Ha vinto molti tornei; lungi quindi da me il fatto di “criticarlo” anzi, tanto di cappello. La domanda che spesso mi viene posta, è: «Qual è lo swing corretto?...». Rispondo normalmente con la domanda che farei io: «Quale è lo swing corretto per me?... Quello che mi dà la maggior ripetitività». Non dimentichiamoci, ciò che i campioni hanno in comune è proprio questo, la loro personale maggior ripetitività. Sicuramente la vera rivoluzione per il giocatore dilettante sono le attrezzature di oggi, che permettono ad ogni tipo di giocatore di trarre vantaggio dal proprio “swing personale”. Proprio per questo mi piace pensare di non insegnare lo stesso swing a tutti: mi piace insegnare gli stessi fondamentali, per poi usare i diversi metodi che la tecnica di oggi ci fornisce. Se suddividiamo i giocatori in quattro naturali categorie - uomo, donna, bambino, seniores -, per ognuna ci sono delle differenti capacità fisiche: non possono quindi produrre lo stesso swing. Lo swing “naturale” di ogni giocatore è quello che funziona meglio, anche se la massima ispirazione mi viene quando vedo filmati o fotografie di Ben Hogan. Oggi si tende a focalizzare l'attenzione su aspetti tecnici in campo

pratica anche se praticamente il gioco vero avviene sul campo con tutte le difficoltà del caso. Non fraintendetemi: non voglio dire che il campo pratica non sia necessario, anzi, è indispensabile. Ma come è necessario praticare per poter ripetere e sostenere lo swing, c'è la necessità di allenare anche fisico e mente. Ritengo in uno swing indispensabile il sostegno della muscolatura delle gambe tanto quanto la velocità e l'agilità dei muscoli della parte superiore del corpo, condizioni che si raggiungono se una parte dell'allenamento viene fatto in palestra con la necessaria preparazione atletica. La parte mentale del gioco è un “qualcosa” che dal mio punto di vista conta per il 50%, durante le sessioni in campo pratica, per dare alla muscolatura i giusti input, mentre positività e concentrazione sono due fattori che sostengono il giocatore nei momenti più importanti, facilitando le scelte del gioco in campo. Allenare la tecnica aumenta quindi la ripetitività del gesto, allenare il fisico porta un sostegno sia di resistenza alla gara che di potenza del movimento, allenare la mente ci permette di essere presenti e lucidi per tutta la durata della gara. Il consiglio per chi già gioca è quello di non sottovalutare nessuno dei tre aspetti da allenare perché ben amalgamati tra di loro danno un'ottimo sostegno al nostro gioco, mentre per chi non gioca potrebbero essere curioso entrare nel mondo del golf. Che è uno sport completo sotto tutti i punti di vista.


*Cucina di Pierangelo Cornaro Chef Patron del Ristorante Colleoni & dell'Angelo (Bergamo)

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i ritengo fortunato ad aver intrapreso la professione che avrei comunque scelto nella vita, anche se la decisione è stata fortemente influenzata da mio padre, ristoratore pure lui. Durante la mia vita professionale ho avuto la possibilità di conoscere tante e tante persone importanti. Ho vissuto 5 anni in Germania facendo la spola tra Berlino e Bonn, lavorando prima al Kempinsky Hotel Kurfustendamm, poi alla Cancelleria di Bad Godesberg e Bonn. In questo periodo ho avuto la possibilità di conoscere il sindaco Will Brandt (che poi è diventato Grande Cancelliere Tedesco), Helmut Schmidt, Helmut Joseph Kohl, Lucio Fontana, Roberto Crippa e altri artisti italiani. Ebbi la possibilità di conoscere e naturalmente servire personaggi dello spettacolo quali Rudolph Nureyev, Carla Fracci, Walter Chiari, Renato Pozzetto, i Pooh, Giorgio Albertazzi, oltre che Mikhail Gorbaciov, il Granduca Henry di Lussemburgo, Ornella Muti, Ornella Vanoni, Adriano Celentano... Per ognuno di questi personaggi ho aneddoti a non finire, ma la serata che più mi è rimasta impressa nella mente è la seguente:

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LA BUNDES KANZLERFEST

Ero nelle cucine del teatro dell’Opera di Bonn per dirigere ed organizzare il ricevimento che il Cancelliere Tedesco, Helmut Schmidt, per tradizione offriva l’11 Luglio alla più importante diplomazia presente nella Repubblica Federale Tedesca. Tremila persone circa tra cui ambasciatori, Nunzio Apostolico, addetti d’Ambasciata, consoli e consoli onorari oltre che le più alte cariche dello Stato, Cancelliere, Presidente della Repubblica, ministri e relative signore. Al mattino, mentre ero impegnato a dirigere più di mille persone tra cuochi, camerieri e sommelier, sotto la più stretta sorveglianza della sicurezza affinché non potessero introdursi estranei, mi viene candidamente incontro una signora con un grembiulino fiorato e l’aspetto tipico della casalinga. Comincia a chiedere dettagli su ricette, servizio ed organizzazione.

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Io non conoscendola, e sotto pressione nel controllo di tutti i dettagli, con modi non proprio cavallereschi, la invito ad uscire dai locali in cui si svolgeva l’evento. A quel punto la signora, sempre gentile e composta, mi si presenta: sono la signora Loki Schmidt, appassionata di cucina, posso esserle utile? La first lady a quel punto, in un nugolo di giornalisti e fotografi che incominciavano a scattare fotografie e a chiedere interviste, mi aiutò a liberarmi di questi inopportuni ospiti. Potei lavorare in pace, e alla fine il successo fu grande. Con un vantaggio: numerose testate internazionali e italiane, come “La Stampa”, il “Corriere della Sera”, “Repubblica”, mi ritraevano in fotografie mentre davo in escandescenza con la signora che si era presentata inopportunamente. E’ stato un’episodio che non potrò mai dimenticare. Grazie signora Schmidt, per sempre.



*Motori Saul Mariani

Serie 2 Gran Tourer, Bmw esplora nuove strade A giugno in anteprima

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mw continua a incrementare la sua gamma in cerca di un numero sempre maggiore di clienti, e così sperimenta anche la via del monovolume premium di grandi dimensioni (utilizzando la base della Serie 2 Active Tourer), che sarà sul mercato dal prossimo mese di giugno. Con una lunghezza superiore di 214 mm, ma soprattutto un passo incrementato di 110 mm, la Casa dell’Elica, con la Serie 2 Gran Tourer, si rivolge a chi cerca ancora più spazio nell’abitacolo, un bagagliaio più grande e, volendo, il vantaggio non indifferente di poter avere la configurazione a 7 posti. Ecco quindi, che al salone di Ginevra, tutti hanno potuto spalancare il portellone rimanendo a bocca aperta. Nonostante le dimensioni compatte, con una lunghezza di solo 4,56 metri, una larghezza di 1,8 metri e un’altezza di 1,61 metri, la Gran Tourer offre infatti un bagagliaio capiente, variabile da 545 a 805 litri. Quando gli schienali del divanetto posteriore vengono ribaltati si raggiunge un volume massimo del bagagliaio di 1.905 litri. Il divanetto posteriore con regolazione longitudinale, di serie, consente di montare tre seggiolini per bambini; lo schienale diviso nel rapporto 40:20:40 è ribaltabile premendo un pulsante, assicurando il massimo livello di versatilità. Questa viene ulteriormente incrementata dalla terza fila di sedili, offerta come optional, che sparisce completamente nel piano di carico quando non serve.

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La praticità nella guida giornaliera viene inoltre aumentata da numerose soluzioni porta-oggetti, disponibili in tutte le tre file di sedili, e dai monorail con tavolini ripiegabili inseriti negli schienali dei sedili anteriori. Contemporaneamente, la Serie 2 Gran Tourer riunisce per la prima volta le tipiche proprietà delle vetture del segmento di appartenenza, come funzionalità e comfort, con i classici valori Bmw, cioè dinamismo, eleganza e qualità premium. Grande scelta tra le motorizzazioni dove spiccano i parsimoniosi 3 cilindri 1.5 a benzina e diesel, rispettivamente da 136 Cv e 116 Cv, con quest’ultimo capace di accontentarsi di 3,9 l per percorrere 100 km. Non mancano motori più potenti, come il 2 litri da 192 Cv della Gran Tourer 220i o il 2.0 diesel da 190 Cv, abbinato alla trazione integrale, della 220d xDrive.

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Inoltre, per tenere a bada i bambini durante i lunghi viaggi, ecco che la Bmw viene in soccorso alle famiglie numerose con l’applicazione myKidio, che consente di poter guardare film o serie tv mediante i tablet collegati con il sistema d’infotainment iDrive. La Bmw 220d xDrive ha il cambio automatico Steptronic a 8 rapporti; per tutte le altre versioni la dotazione di serie prevede il cambio manuale a 6 marce, con l’offerta in optional della trasmissione automatica Steptronic a 6 rapporti. Oltre alla vettura di serie, la nuova Bmw Serie 2 Gran Tourer è disponibile in quattro ulteriori varianti di modello. Il modello Advantage offre un’integrazione funzionale dell’equipaggiamento della vettura di serie e comprende, per esempio, le dotazioni di climatizzatore automatico a tre zone, Park Distance Control posteriore, Active Cruise Control con funzione frenante e volante multifunzione. Il modello Sport Line esalta l’aspetto sportivo della vettura attraverso una serie di esclusivi equipaggiamenti esterni, come i cerchi in lega dal design speciale e i sedili sportivi, mentre il modello Luxury Line esprime, attraverso gli inserti cromati, i cerchi in lega e gli allestimenti in pelle selezionati, soprattutto un’aria di esclusività. Viene offerto inoltre il modello M Sport che include il pacchetto di aerodinamica M, Bmw Individual Shadow Line lucido, il volante in pelle M e i sedili sportivi M.


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*Hair Style Laura e Ferruccio Galessi Hair stylist

Moda capelli 2015: tagli medi e lunghi, acconciature eleganti ma semplici

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alvolta si vuol essere eleganti, ma il tempo per acconciare i capelli è troppo poco. Cosa fare, allora? Le tendenze per la moda capelli 2015 ci hanno dato alcune idee: tagli medi e lunghi racchiusi in cinque acconciature che potrete provare a fare con grande facilità senza ricorrere al parrucchiere, per «salvare» una serata importante all'ultimo momento. L'importante è avere dimestichezza con alcune facili procedure e avere a casa qualche strumento e qualche prodotto per capelli. Pony tail alta, chignon basso e la triplice coda di cavallo La moda capelli 2015 sembra aver mostrato come la pony tail alta sia un'acconciatura ancora di tendenza per i tagli capelli lunghi. Si tratta infatti di una soluzione allo stesso tempo comoda e facile da strutturare ma anche chic, che richiama una grande eleganza. Per rendere, però, ancora più intrigante questo semplice look, occorre, dopo aver fatto la coda, creare dei boccoli per poi spettinarli e aggiungere quel tocco effervescente che può essere adattissimo anche per una serata importante in compagnia del proprio partner o per una cena di lavoro. C’è poi lo chignon basso: si tratta di un'acconciatura con le lunghezze e i volumi ripiegati dietro la testa. Fondamentale per la sua buona riuscita è l'utilizzo di una crema modellante: così, quando i capelli non sembrano avere forma, raccoglierli

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in un finto chignon basso può essere la soluzione migliore. Infine, un po' più complessa ma estremamente originale, è l'acconciatura per capelli lunghi formata da tre code di cavallo l'una al di sopra dell'altra, suggerita per chi ha una bella massa di capelli. Per dare un tocco in più si potrebbero aggiungere delle fettucce. Look manlike e capelli «attorcigliati» Il manlike look è un'acconciatura molto semplice e adatta per la donna che ritiene di essere non abilissima nelle pettinature raccolte. Occorre semplicemente fare

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uno shampoo, pettinare i capelli all'indietro e fissarli con un buon gel per dare effetto bagnato ma elegante. Un'ultima idea potrebbe essere quella dei capelli «attorcigliati», particolarmente adatta per la donna con i capelli lunghi: occorre dividere i capelli in ciocche e attorcigliarli su se stessi in maniera tale da formare un'acconciatura raccolta. Il suggerimento per rendere più sbarazzino questo look è quello di lasciar cadere sulle spalle alcuni lunghi torchon.


*Arte Mario Donizetti

Il “logo” grafico è una rappresentazione sintetica e razionale di una realtà dettagliata e analitica

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omunicare una realtà storica è una capacità umana che gli animali non hanno. Il “logo” grafico è una rappresentazione sintetica e razionale di una realtà dettagliata e analitica. Comprende e comunica anche un progetto e ne prevede lo sviluppo futuro. Se il “logo” grafico non comunica la forma razionale di un progetto rinuncia al suo scopo. Il nostro tempo purtroppo sta perdendo la razionalità del parlare e del figurare. Si danno casi emblematici di “logo” che pretendono rappresentare realtà complesse, come l’istituzione di un museo o di un organismo politico, dove la razionalità è scomparsa e per sapere a cosa questi “logo” siano riferibili è necessario ricorrere ad una spiegazione logico-discorsiva che fa sapere quello che il “logo” doveva far sapere da sé. Quel primo logo quindi è inutile perché è razionale mediante un secondo. Il costoso snobismo con questo erme-

tismo informale è arrivato alle estreme conseguenze. La decadenza economica

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discende dal costo inutile dell’ inutile lavoro. Ne è la necessaria conseguenza.

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*Spiritualità don Giambattista Boffi Direttore Centro missionario diocesano

Globalizzazione della fame

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a fame è uno scandalo e ci fa arrabbiare. Sì, perché il tizio di turno che ci aspetta al semaforo, non accontentandosi dei centesimi, è davvero insopportabile. E poi ci indispone durante la cena quella serie ininterrotta di notizie che dai barconi alle guerre, dalle epidemie ai furti legalmente riconosciuti, non fanno altro che scavare nel solco delle povertà più diverse. E la fame la fa da padrona proponendo sfacciatamente volti e pance di un pietismo esagerato. Se poi attacca la solfa dell’attenzione allo spreco simile alla raccomandazione della vecchia zia, per di più zitella, o della dolce nonna d’altri tempi, allora la pazienza si logora, magari silenziosamente, ma senza possibilità di riscatto. Insomma, la rabbia si mangia lo scandalo e: non ne possiamo più. Perché dovremmo prenderci a cuore la fame di molti che spesso ci paiono più lazzaroni che bisognosi? E perché farci carico di una situazione mondiale di precarietà di cui non siamo responsabili? E alla fine, che colpa ne ho io di quelle 24000 persone che muoiono ogni giorno di fame o per cause ad essa correlate? Se la fame è uno scandalo, le domande che provoca sono un tormento. E non si tratta di lasciarsi toccare da un po’ di pietà o perbenismo. La domanda delle risorse. Non mancano, almeno per ora, nei granai del pianeta. Quello che fa problema è la distribuzione equa, è la partecipazione di pochi alla possibilità che sarebbe per

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molti. Più ancora è il paradosso di una risorsa che va a riempire il portafogli dei ricchi e lascia i poveri a pancia vuota. Una risorsa che diventa privilegio e dimentica il grido della dignità di ciascuno. La domanda delle opportunità. Se ne fanno carico persone ed organizzazioni sovversive che, dal basso, dal richiamo alla coscienza personale, vorrebbero ridisegnare il volto del mondo e dell’umanità. Il rischio è quello che rimangano voce che grida nel deserto dell’indifferenza, che annaspa in mezzo a tanta superficialità e, talvolta, vero egoismo. La domanda delle attese. Spesso lo scontro è con volti segnati dal limite della sofferenza. Due occhi sgranati che cercano la possibilità del futuro, uno sguardo fisso che si perde nel vuoto, le domande che si agitano nel cuore e nelle scelte. Quante inquietudini si mescolano alla fatica di sbarcare il lunario oppure annebbiano il desiderio della vita più ordinaria. La domanda della vita. Sì, perché la fame, anche se non ci sembra vero, attraversa anche la nostra vita. Quando la pancia è piena può essere che tante altre fami si facciano sentire. E non basta mangiare qualcosa. C’è una fame di assoluto, di trascendente, una fame che sembra così lontana eppure ci perseguita ogni giorno: libertà, affetto, fiducia, serietà, sicurezza, partecipazione, comunità, salute, sicurezza…alcune delle sfaccettature della fame. E’ l’impatto e la declinazione di queste

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fami che “fanno” la vita. “A cosa serve guadagnare il mondo intero…”così una parabola del Vangelo, così la concretezza della vita. Una doccia fredda quella del limite che il tempo ci impone. Siamo di quelli che hanno molto, forse più del necessario. E siamo fortunati. Già questo potrebbe servire a soddisfare la nostra continua fame, già questo potrebbe offrirci l’occasione di una prospettiva nuova, quella della condivisione, quella che fa della fame un patrimonio comune che bussa alle porte di ogni casa del mondo. Sembra paradossale, ma condividere la fame vuol dire farsi carico dell’altro, del suo bisogno, della sua speranza; vuol dire ospitare l’altro nella propria piccola storia per aprirsi alla storia del mondo; vuol dire respirare a pieni polmoni quella pari dignità dell’uomo che lo attraversa su tutto il globo terrestre. Il Vangelo, a me credente e con rispetto anche a chi non crede, offre una tavola di condivisione che spazia nel cuore dell’uomo. Lo nutre di dignità, affetto, serenità, fiducia, persino di quell’eternità che non ci appartiene, ma che la Pasqua di Gesù ha trasformato in cibo. Potrebbe essere questo l’augurio di Pasqua?!


*Poesia Federica Fioravanti

Le mie sensazioni, le mie ansie, le mie paure, le mie gioie, la mia crescita.... la mia vita.

Fine

Frammenti

Ciò che finisce non finisce mai completamente. Un filo sottile, invisibile lega per sempre due anime, anche se lontane, sempre unite nel profondo. Scherzo del destino... no, speranza nel cambiamento.

Frammenti di ricordi silenti, impercettibili, volatili. Frammenti di ricordi, che molto spesso ho accantonato, sotterrato. Frammenti di ricordi ritornati potenti e devastanti. Frammenti di ricordi prima a sconvolgere un equilibrio di una vita mai percepita fragile e vulnerabile. Frammenti di ricordi che ridanno forza e vigore ad un equilibrio strano, falso, ipocrita. Frammenti di ricordi che ti salvano la vita

Fammi capire Vita divisa in due. Il mio ieri ingombrante ma ancora cosĂŹ presente. Il mio oggi vivo ma non troppo convinto. Il mio passato cosĂŹ incerto nel raggiungere l'oggi, per arrivare al domani. Aiutami a vedere il passaggio. Aiutami ad intuire come farlo. Aiutami a capire quando farlo. Fammi fluire sul ponte della vita dove posso osare, ma non dimanticare.

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Scuola veronese ambito di Bonifacio De' Pitati, Sacra famiglia e Santa Caterina (particolare), 1550 ca, olio su tela,

Cult

Pittura lombardo-veneta del Rinascimento

In occasione della rassegna monografica «Palma il Vecchio: lo sguardo della bellezza», la Galleria Michelangelo ospita una mostra parallela dedicata a influenze e rimandi di quel periodo

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erre confinanti e sedi di prestigiosi e nobili domini da sempre, Lombardia e Veneto sono state aree capaci di influenzarsi l’una con l’altra, anche e naturalmente in ambito storico ed artistico. Il Cinquecento in particolare fu un secolo fertile per questo tipo di influssi; da Bergamo infatti alcuni artisti migrarono nelle province del Doge portando così innovazioni e cambiamenti, assorbendone a loro volta degli altri. Il percorso artistico della mostra presentata dalla Galleria Michelangelo (fino al 30 aprile) parte con due preziose “Sacre conversazioni” di Francesco Rizzo da Santacroce, pittore bergamasco nato negli anni ’70 del XV secolo presso il quale Palma il Vecchio imparò il mestiere. Francesco fu il più anziano rappresentate di quella comunità di pittori originari dell’alta Val Brembana che, stanziatisi a

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Venezia alla fine del 1400, vi rimasero attivi per più di un secolo. All’ambito di Bonifacio De’ Pitati detto Bonifacio Veronese (Verona, 1487Venezia, 1553), che fu allievo diretto del Palma, appartiene una “Sacra Famiglia e Santa Caterina” del 1550 ca. Bernardino Licinio (forse Poscante, Zogno, 1489Venezia, 1565), rappresentante della scuola veneta di origine bergamasca, dimostra di aver appreso appieno l’insegnamento di Palma e dei grandi Veneziani del Cinquecento nel suo “Ritratto di giovane donna”. A rappresentare una delle più grandi famiglie di pittori veneti del Cinquecento, quella dei Bassano, è presente Francesco il Giovane (Bassano, 1549-Venezia, 1592) con un intenso “Cristo deriso”. Tra i dipinti di scuola lombarda, ed in particolare bergamasca, merita certamente

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una posizione di rilievo un bellissimo “Cristo portacroce” attribuito a Enea Salmeggia detto il Talpino (Bergamo, 1565-1626). Gli appassionati d’arte sacra avranno inoltre il piacere di ammirare un “San Girolamo penitente” dell’artista Domenico Brusasorci (Verona, 1516-1565). Chiude la rassegna una splendida “Crocifissione”, 1625 ca. di Palma il Giovane (Venezia, 1544- 1628), omonimo del prozio sotto l’egida del quale si svolge questa esposizione. Galleria Michelangelo Bergamo, via Broseta 15. Orari: 9.30-12.30 / 15.3019.00. Ingresso gratuito.


Cult

Appunti disordinati su come le canzoni di Lucio Dalla hanno influenzato la mia vita

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vevamo una casa in Calabria, tutte le estati le passavamo lì. I viaggi erano un’autentica odissea, due genitori e quattro figli stipati in un microonde su quattro ruote per 1.350 km sotto il sole cocente di Luglio. In quei viaggi cambiavamo musica ogni mezz’ora, era l’unico modo per far sembrare il tragitto meno monotono, quindi il cruscotto era pieno zeppo di musicassette. Ma nel magico 1983, l’album di Dalla che prendeva nome da quell’anno rimase inserito nell’autoradio per l’intero viaggio, in loop. Dai sedili posteriori si sentiva solo la parola “GIRAAA!”, quando finiva il lato del nastro. Conteneva una canzone come “Pecorella”, il capolavoro di Dalla meno citato in assoluto, e di cui m’innamorai in quei momenti. Dopo più di 30 anni continuo ad amare quel brano incondizionatamente: mentre ne scrivo, la pelle d’oca fa capolino sui miei avambracci.

Ma in “1983” c’era anche la strepitosa title-track dal sapore vagamente anni ’40, una canzone che stilisticamente riassume i migliori pezzi di Sergio Caputo, che pure adoro. E c’era “Noi come voi”, un brano ipnotico e meraviglioso. “Aspettando che il sole smonti / Diciamo ‘Guarda che bei tramonti’ “, basterebbe questo. Quel disco Dalla lo pubblicò per celebrare i suoi 40 anni di vita, e io che a 45 anni nella vita non ho combinato nulla ora mi sento uno “Stronzo”. Giusto per citare il titolo di un’altra canzone di quel fantastico album. Mio padre, ancorché fan sfegatato di Lucio Battisti (chi non lo è alzi la mano), sostiene che “L’anno che verrà” sia la più bella canzone italiana di sempre. Difficile dagli torto. La scorsa estate, mentre si stava godendo il relax dopocena col triplete “giornale-sigaro-grappa”, gliel’ho messa in sottofondo. Pochi secondi e aveva gli occhi lucidi, con un magone che

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Leonardo Leuz Marchesi

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nemmeno Gandalf…. A 16 anni avevo una morosa di nome Anna, e sebbene non mi chiami Marco anche io “ballavo come un cavallo”. Ora ho virato più sul cinghiale. In ogni singola strofa riconoscevo noi due e il nostro amore acerbo, insicuro e tenero. O duro, a seconda delle circostanze. Ad un suo concerto anni fa a Bergamo, Dalla si sgolò nella performance di “Grande Figlio di Puttana” con gli Stadio ad accompagnarlo. Si capiva perfettamente che ce l’aveva davvero con qualcuno, e quello fu il climax di tutte le 3 ore di un incredibile live. Mio fratello maggiore è un tipo poco propenso a mostrare le proprie emozioni. Eppure una delle rare volte in cui gliel’ho visto fare è stato quando mi ha letteralmente obbligato a indossare le cuffie per ascoltare dal suo walkman (anni ’80…) un pezzo leggendario di Dalla: “Cara”, che ancora non conoscevo. Al momento non la capii, lo guardavo come a dire: “Che cazzo ti sei fumato? E che cazzo s’è fumato Lucio Dalla quando l’ha scritta?”. Oggi la reputo un pezzo d’arte che va oltre ogni classificazione: ci sono le canzoni di Dalla, e poi c’è “Cara”. Il testo di “Cara” andrebbe inserito nelle antologie di Italiano del ‘900 per i licei, a braccetto con Montale e Ungaretti. E Mogol, ma questo è un altro discorso. Comunque sia, quel giorno, un ragazzino tredicenne capì che un ragazzo quindicenne poteva essere molto di più di un fratello, poteva essere anche un amico, e solo per questo Dalla meriterebbe la mia eterna gratitudine. Da bambino ascoltavo “Fumetto”, e fatico a ricordare una canzone più azzeccata per il mondo dei cartoni animati: ancora oggi se la fate sentire ai vostri bambini, ai vostri nipoti, li farà impazzire. E poi, sempre in quel periodo, Dalla l’ho visto in carne ed ossa. Era il 1980, vacanza alle isole Tremiti, discoteca all’aperto “La Furmicola”. Una semplice pedana rotonda di cemento larga pochi metri, tutta sporca di sabbia e foglie d’olivo riportate dal vento, con 4 luci colorate sul perimetro e due casse sfondate. Squallore doc. Appena

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più in là, nella penombra, c’era un tizio in basco e maglietta hawaiana che suonava una pianola (si, una pianola) per i fatti suoi. Era lì a tre metri da me, Lucio Dalla: umano, vero, lui. Scoglionato come un personaggio delle sue canzoni. Zucchero sarebbe arrivato con quattro bodyguard, un paio di scosciate rigorosamente di colore, ostentando una bottiglia di Jack Daniel’s (riempita col thè alla pesca), e una corista “mama” cicciona perché fa tutto molto soul/blues. Mia sorella ha amato tutto il tour di “Banana Republic” con De Gregori, da “Ma come fanno i marinai” a “4 Marzo 1943”, alla strepitosa versione di “Cosa sarà”. Passava le domeniche pomeriggio a ballare da sola (anche se non assomiglia esattamente a Liv Tyler) sulle note di queste perle. Lo scorso Dicembre ero in uno squallidissimo locale notturno con insegne al neon anni ’70, qualche ubriacone con la cicca spenta all’angolo della bocca, e in un angolo un trans chiamato Desiderio. Forse. Con un amico ci improvvisammo interpreti di “Disperato erotico stomp”, e sembrava l’inno perfetto all’atmosfera decadente del locale. Mio fratello minore, invece, ricordo che si era intestardito su “Tutta la vita”, ne provava gli accordi al pianoforte, molto meno facili di quanto sembri ad un primo ascolto. “Viaggi organizzati” …che album. Io mi chiedo se certi “musicisti” di oggi –le virgolette ce le ho messe- conoscano questo album, se come me abbiano consumato la puntina del giradischi nei solchi di quel vinile, riascoltandolo fino alla nausea che però non arrivava mai. Secondo me no. Se fosse “si”, avrebbero deciso di dedicarsi ad altro, che so, l’allevamento di struzzi selvatici in Patagonia. Avrei voluto avere una figlia solo per poterla chiamare “Futura” proprio come la canzone diceva, “…e se è una femmina si chiamerà Futura”. In quel brano Dalla canta anche “Aspettiamo che ritorni la luce / di sentire una voce / Aspettiamo senza avere paura / domani”. Mi do una poderosa ravanata di palle mentre lo

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scrivo, ma non riesco a pensare a parole più belle per la mia lapide. Mia madre un giorno passava l’aspirapolvere in casa e di colpo lo spense, senza aspettare di aver finito. Un evento talmente raro che nel 1978 si trovò costretta a farlo due volte (…). Ebbene, quel giorno lo spense solo perché aveva intuito che la radio stava dando “Caruso”. Rimase così, in piedi a canticchiarla. Occhèi, in realtà erano una serie di “mmmmmm” e “lailalà”, e quel “te vojo bene assai”, ma poco conta: l’evento miracoloso era già avvenuto. Solo Dalla, bolognese doc, poteva scrivere una melodia che i napoletani avrebbero inserito tra i loro classici, manco l’avesse composta Caruso in persona. Peraltro Dalla la scrisse quando aveva già 25 anni di carriera alle spalle. Il serbatoio di creatività degli altri comuni mortali dopo 3-4 album si è già esaurito, su quello di Dalla invece la spia rossa non s’è mai accesa, nemmeno per gli ultimi lavori magari meno felici ma comunque a tratti geniali. Caro Lucio, “Se io fossi un angelo” verrei subito a darti il benvenuto in Paradiso, ti chiederei di spiegarmi che cos’è Bonetti, e ti ringrazierei della gioia che le tue canzoni continueranno a regalarci. Ora vado ad ascoltarmi “Washington”, “c’è solo un sasso / non si vede un casso”: il genio è qui. Gli altri sono quasi tutti dei patetici e autoreferenziali Salieri. I brani citati sono contenuti nei seguenti album: “1983” (Pecorella, 1983, Noi come voi, Stronzo) “Lucio Dalla” (Anna e Marco, L’anno che verrà) “Dalla” (Cara, Futura) “Banana Republic”-live (Cosa sarà, Ma come fanno i marinai) “Com’è profondo il mare” (Disperato erotico stomp) “Terra di Gaibola” (Fumetto) “Viaggi organizzati” (Tutta la vita, Washington) “Dallamericaruso” (Caruso) “Storie di casa mia” (4 Marzo 1943) “Bugie” (Se io fossi un angelo)


UNICO. STORICO. SPETTACOLARE.

43° SOAP BOX RALLY

1955-2015: 60 anni di Soap Box Rally… un grande traguardo PROG RAMMA Ore 10,00 - Verifiche tecniche in Piazza Mascheroni Sfilata delle vetture durante la punzonatura e assegnazione punteggi per la classifica di originalità. Ore 15,00 - Inizio gara da Colle Aperto Prima manche Seconda manche ad ostacoli

Si terrà a Bergamo domenica 12 aprile 2015 il 43° Soap Box Rally, la più antica e pazza corsa di macchine di legno del mondo, promossa da Pro Loco Bergamo e organizzata da Teamitalia in collaborazione con il Box Rally Club.

L’evento, che quest’anno sostiene Avis Bergamo, rientra ormai da anni nel patrimonio culturale della città e mantiene viva una tradizione tramandata di generazione in generazione dagli anni Cinquanta ad oggi. La competizione nasce infatti nel 1955, grazie all’idea di uno studente che rimase affascinato da queste macchine di legno viste in un

film americano e pensò di portare la stravagante corsa nel capoluogo orobico. L’evento da anni catalizza l’attenzione dei media locali e nazionali ed attira un pubblico di oltre 50.000 spettatori che si assiepano lungo le Mura per seguire con il fiato sospeso le performance degli equipaggi. Spettacolare il percorso lungo le Mura di Città Alta, con partenza da Colle Aperto e arrivo in zona Sant’Agostino. Due le manche in cui si svolge la gara: la prima con partenza a spinta e discesa in velocità per 1490 metri; la seconda, la più attesa, nella quale le soap box devono affrontare ostacoli di ogni tipo e arrivare indenni al traguardo, accompagnate dal caloroso applauso della folla. Da non dimenticare che le vetture -e tutti gli accessori che ne hanno migliorato il comfort e la guidabilità- sono costruite in legno e senza motori, per un evento all’insegna del risparmio di energia e della tutela ambientale. Ogni auto è

realizzata secondo le più svariate teorie sulla velocità, aerodinamica e scorrevolezza, e rappresenta quindi un fantasioso prodotto di estro e ingegno. L’iniziativa si rivolge in modo particolare ai giovani, che si cimentano nella creazione delle soap box e dimostrano tutta la loro creatività e audacia nell’abbellirle in modo originale e divertente. L’impegno degli equipaggi nella messa a punto dei progetti si conclude così con una grande festa dedicata allo sport ed al divertimento. Pro Loco Bergamo Via Zelasco, 1 - 24122 Bergamo Tel. 035 237323 – info@prolocobergamo.it www.prolocobergamo.it CON IL SOSTEGNO DI


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DAL 22 AL 24 MAGGIO TORNA A BERGAMO IL

FESTIVAL DELL’AMBIENTE Convegni, laboratori, appuntamenti per il weekend più verde della città Bergamo si fa green con la quarta edizione del Festival dell’Ambiente, organizzato dall’Associazione Festival dell’Ambiente in collaborazione con l’Assessorato all’Ambiente del Comune di Bergamo nel cuore pulsante della città: il Sentierone, piazza Vittorio Veneto e il Quadriportico saranno infatti la cornice di questa tre giorni all’insegna della sostenibilità. L’evento, che ha stretto collaborazioni importanti con realtà del territorio e non solo, è un momento d’incontro tra persone, idee e esigenze per individuare nuove strade percorribili e strade già percorse in ambito di green economy. Verranno organizzati appuntamenti per favorire il coinvolgimento, la partecipazione ed il dibattito, aree ludiche per i più piccoli e mostre. Quattro le aree tematiche attorno alle quali sarà strutturata l’area espositiva, come quattro sono gli elementi naturali simbolo del Festival: Aria, Terra, Acqua

e Fuoco. L’aria rappresenterà la mobilità sostenibile e i trasporti; l’acqua il mondo delle associazioni, delle cooperative, dei movimenti e dei circoli, ma anche delle istituzioni, delle scuole e delle amministrazioni. Il fuoco sarà il simbolo delle energie rinnovabili, dell’edilizia sostenibile e dell’efficienza energetica, mentre la terra ospiterà la sezione del Festival dedicata ai servizi legati alla salubrità e al benessere psicofisico, all’alimentazione, ai prodotti naturali e alle tipicità del territorio. In pieno semestre Expo, il Festival dell’Ambiente si caratterizza così come un evento in grado di raccogliere le istanze dell’Esposizione Universale, portando il suo contributo alla formazione di una “coscienza ecologica” comune. UN PROGETTO PROMOSSO DA: ASSOCIAZIONE FESTIVAL DELL’AMBIENTE UFFICIO STAMPA: TEAMITALIA MEDIA PARTNER: CITTA’ DEI MILLE - INFOSOSTENIBILE

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Cult

La Torre dei Caduti riapre al pubblico

Il 24 maggio, nel giorno del centenario dell’ingresso dell’Italia nella Grande Guerra, il cuore storico, architettonico e paesaggistico di Bergamo Bassa si trasforma in un «osservatorio» permanente sulla città

I

l 24 maggio 2015, nel giorno del centenario dell'ingresso dell'Italia nella Grande Guerra, la Torre dei Caduti, vero e proprio cuore storico, architettonico e paesaggistico di Bergamo Bassa, si aprirà per la prima volta al pubblico con un allestimento interno che, incrociando immagini, suoni e memorie, la trasformerà in un "osservatorio" permanente sulla città. Il progetto promosso e realizzato dalla Fondazione Bergamo nella storia Onlus insieme a Comune di Bergamo e grazie al sostegno di Fondazione Banca Popolare di Bergamo Onlus, prevede, infatti, il restauro conservativo degli ambienti interni del monumento e la creazione di un itinerario di storia, memoria, cultura e paesaggio. In primo luogo, dunque, il restauro del

monumento, secondo il progetto dall’architetto Guido Roche (Studio Architecno), sul quale è al lavoro l’impresa Esedra. Si tratta di un intervento di conservazione molto rigoroso, condotto secondo le prescrizioni della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Milano, all’insegna di un criterio di totale reversibilità, adottando quindi, nel rispetto assoluto dell’integrità della struttura architettonica della torre, soluzioni che non lasceranno alcuna traccia nella muratura storica. Sarà realizzato un nuovo impianto di illuminazione interna con elementi a led, alcuni dei quali resteranno accesi anche la notte, a sottolineare come la Torre sia tornata ad essere cuore vivo e pulsante della città.

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a cura della redazione

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Illuminazione suggestiva in programma anche per l’ingresso alla torre, dove sarà anche installata una lastra in vetro di chiusura del cancello, per isolare dai rumori esterni ma anche per contribuire, insieme ad altri accorgimenti, a garantire una stabilità termica, e quindi la fruibilità degli spazi interni. Il progetto prevede anche la valorizzazione del cenotafio che custodisce le lapidi in marmo nero sulle quali sono incisi i nomi di quasi mille caduti della città, e la sistemazione integrale della pavimentazione esterna del terrazzo panoramico, anche in questo caso con un rivestimento “galleggiante”, facilmente reversibile. Particolarmente delicato è il restauro che Arass - Brera (Associazione per il Restauro degli Antichi Strumenti Scientifici) sta eseguendo sull’antico meccanismo dell’Orologio della Torre, una «macchina del tempo» che - oggi bypassata da una regolazione digitale - potrà tornare a funzionare a fini didattici, consentendo ai visitatori di capire come operavano i suoi ingegnosi meccanismi. Si tratta del primo orologio in Italia con

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carica dei pesi automatica, con tutti gli alberi del movimento montati su cuscinetti a sfere. L'orologio fu costruito nel 1923 da Giovanni Frassoni, originario di Rovato (Bs), ed è dotato di tre treni: tempo, suono ore, suono mezze e quarti; ciascuno dei tre pesi è montato su catena continua. Notevoli anche le dimensioni del meccanismo: 192 cm di altezza, 155 cm di larghezza, 40 cm. di profondità. Da sempre edificio fortemente identitario e di riconoscimento del centro cittadino, presto la Torre dei Caduti non sarà più monumento silenzioso e inaccessibile, ma accoglierà il pubblico per avvolgerlo di suggestioni che faranno rivivere le trasformazioni storiche, sociali, urbane e culturali di cui la Torre è stata di volta in volta protagonista e testimone. Al lavoro sui nuovi contenuti della Torre è lo staff della Fondazione Bergamo nella Storia (Adriana Bortolotti, Silvana Agazzi, Lia Corna) affiancato dal Comitato Scientifico: Lorenzo Pezzica, membro del Comitato Regionale Lombardo per le Commemorazioni del Centenario della Prima guerra mondiale, Monica Resmini,

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Paolo Mazzariol e Maria Mencaroni Zoppetti. Il nuovo, suggestivo allestimento interno è invece pensato dall’architetto Alberto Trussardi (Trussardi Design), in dialogo con l’architettura della Torre. Il 24 maggio cade il centenario dell’entrata in guerra dell’Italia. Questa la data scelta per la riapertura della Torre dei Caduti, che è senza dubbio il principale tra i luoghi della memoria della Grande Guerra. Infatti la torre, che nel progetto originale di Marcello Piacentini aveva solo funzione decorativa, nel corso della realizzazione del nuovo centro vive una radicale risignificazione: è soltanto dopo il 1918 che la città decide di cambiarne completamente il significato simbolico e nel 1921 diviene monumento commemorativo ai caduti di Bergamo nella prima guerra mondiale. «Questo intervento - sottolineano Giorgio Gori, Sindaco di Bergamo, ed Emilio Moreschi, amministratore delegato della Fondazione Bergamo nella Storia - è certamente una delle principali iniziative che il Comune di Bergamo e la Fondazione Bergamo nella storia, grazie al contributo della Fondazione Banca Popolare di Bergamo, realizzano per ricordare un evento, quello della Prima Guerra Mondiale, che ha così profondamente segnato la storia dell’Italia e dell’Europa; aprono al pubblico e rendono fruibile alla comunità un monumento che è parte del patrimonio storico della nostra città. L’idea è di farlo rivivere, di riaffermare/rafforzare l’identità dell’edificio nello spazio fisico e mentale cittadino, di recuperarlo e valorizzarlo quale spazio allo stesso tempo simbolico e vissuto, in quanto “pietra della memoria” della Grande Guerra e punto di riferimento del nuovo centro urbano che si delinea nel corso del Novecento». «La Fondazione - afferma Antonio Parimbelli, vice presidente di Fondazione Banca Popolare di Bergamo Onlus - ha da subito condiviso con Fondazione Bergamo nella Storia questo progetto di recupero e di riqualificazione e ha garantito con convin-

zione ed orgoglio le necessarie risorse affinché sia ripristinata la piena fruibilità della Torre dei Caduti ai bergamaschi e ai tanti turisti che visitano Bergamo bassa. La torre è di riferimento di manifestazioni e cerimonie politiche, militari e sindacali, a conferma della centralità dell'area urbana in cui sorge; ma per i dipendenti di Banca Popolare di Bergamo è anche un continuum del loro ambiente lavorativo e un chiaro segno di identificazione della “loro” banca». «Avere una storia ultrasecolare - conclude Osvaldo Ranica, direttore generale di

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Banca Popolare di Bergamo - significa aver attraversato insieme alla gente enormi trasformazioni umane, sociali e culturali; significa avere come carattere distintivo quello della vicinanza al territorio, anche facendosi carico della salvaguardia e della valorizzazione del cospicuo patrimonio artistico e culturale ove siamo presenti dal 1869; significa essere mecenati non nel senso di meri erogatori di risorse economiche, bensì stimolo culturale che sposa pienamente quella identità storica di Banca del territorio a cui Banca Popolare di Bergamo si è sempre ispirata».

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Cult

Un libro sulle fontane di Bergamo

Un viaggio tra passato e presente alla scoperta del contributo decisivo che l’acqua ha fornito, e fornisce tuttora, allo sviluppo della città. Promosso dal Consorzio di Bonifica, scritto da Gianluca Licata

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n libro per avvicinare i lettori alla storia evolutiva della fruizione dell’acqua a Bergamo. Un viaggio nel tempo che parte da molto lontano, dai primi insediamenti orobici sui colli bergamaschi e che, passando tra l’avvicendarsi di popoli invasori, la creazione dei primi acquedotti e la costruzione delle prime rogge, ci conduce ai giorni nostri, mostrandoci passo dopo passo i cambiamenti ai quali il territorio è stato sottoposto. Il libro “Le fontane di Bergamo“ di Gianluca Licata, studente dell'Accademia Carrara di Belle Arti di Bergamo, è nato da un’idea dell’autore presentata per l'edizione 2013 della mostra concorso

d'arte "Acqua stile libero" promossa dal Consorzio di Bonifica della Media Pianura Bergamasca. Realizzato con il patrocinio del Consorzio, il volume si pone come un percorso chiaro e di facile fruizione per chi non solo è amante della storia, ma è anche curioso di conoscere le vicende che hanno generato nei secoli l’aspetto attuale della propria città, con particolare riferimento alla relazione plurisecolare tra uomo e acqua. Il libro si divide essenzialmente in due parti. La prima offre una panoramica delle vicende e delle dinamiche che hanno generato lo stretto connubio tra acqua e sviluppo della città: dai primi insediamenti degli Orobi agli acquedotti romani,

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di Fabio Cuminetti

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dalle fontane medievali e rinascimentali alle epidemie ottocentesche derivate dalla scarsità di acqua corrente, per arrivare infine ai nuovi acquedotti costruiti nel Novecento. La seconda parte del volume, invece, completa il lavoro di ricerca storica attraverso un catalogo schematico di tutte le 240 fontane e vedovelle dislocate sul

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territorio cittadino. Vere bellezze monumentali e patrimoni architettonici, individuabili dal lettore grazie a una mappa che consente la riscoperta dell’elemento acqua a Bergamo. Protagonista indiscussa del libro è dunque l’acqua, elemento essenziale che da millenni condiziona la nascita degli insediamenti umani e il loro sviluppo.

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Non fa eccezione la città di Bergamo che, sebbene priva di un fiume vero e proprio, è da sempre legata a questa importante risorsa attraverso uno stretto rapporto. E non è un caso che il libro sia stato presentato proprio oggi, due giorni prima della “Giornata mondiale dell’acqua” in programma domenica 22 marzo. «Il Consorzio di Bonifica della Media


Pianura Bergamasca – ha dichiarato il presidente del Consorzio Franco Gatti – ha sempre considerato fondamentale avviare le persone alla conoscenza del lavoro svolto dall’ente in materia di tutela del territorio, adeguamento delle strutture alle esigenze in continua evoluzione, salvaguardia delle opere e prevenzione futura. E’ nostra ferma convinzione che la conoscenza non possa prescindere dalle attività svolte dall’anno di istituzione del nostro ente ad oggi ed è altrettanto ferma la convinzione che non possa prescindere nemmeno dalla sua storia. Ecco il motivo che ci ha spinto a patrocinare l’uscita del presente volume – ha concluso il presidente – . Un libro che delinea un percorso dai tempi dei primi insediamenti sul territorio fino ai giorni attuali in termini di fruizione dell’acqua, individuando i momenti fondamentali che hanno

donato a Bergamo il volto attuale». «Il libro “Le fontane di Bergamo” – ha dichiarato l’autore Gianluca Licata – è dedicato alla città, alle sue strade, ai suoi parchi, alle grandi piazze e ai vicoli nascosti, ai suoi mattoni e alle foglie degli alberi, alle colline, alle pianure, ai luoghi che la rendono unica. Ma è dedicato soprattutto alle persone che hanno costruito la città di Bergamo, a tutti i protagonisti della storia che l'hanno rispettata e a tutti i coloro che l'hanno saputa valorizzare». L’assessore Zenoni del Comune di Bergamo, con cui il Consorzio collabora e si confronta continuamente, ha dichiarato: «Ho seguito di persona le fasi di realizzazione di quest’opera e devo dire che si tratta di un lavoro molto ben strutturato e di grande utilità. La metodologia adottata nella catalogazione delle fontane di Bergamo

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è stata particolarmente efficace e la stessa metodologia potrà essere utilizzata in futuro dallo stesso Comune di Bergamo nell’ambito del proprio operato. Le fontane e le vedovelle sono uno spaccato di vita vissuta che attraverso questo libro vengono ampiamente valorizzate. Contiamo presto – ha concluso l’assessore – di organizzare anche una mostra dedicate a quest’opera». L’acqua è una risorsa importante, gratuita ed accessibile, la cui fruizione attraverso fontane e vedovelle in luoghi pubblici è spesso data per scontata nella Bergamasca. Dietro a tutto questo c’è però un importante lavoro svolto dagli enti preposti alla sua gestione, tutela e valorizzazione. Una “fortuna”, soprattutto pensando che in altre parti d’Italia e del Mondo questo non sempre avviene.

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Cult

La Pala di Santo Spirito incanta l'Ermitage

Dopo quasi 12 mesi di lavori di delicato restauro, condotti nella sala consiliare del Creberg, il dipinto di Lotto torna allo splendore originario e vola a San Pietroburgo. Un’incredibile occasione

È

una delle espressioni più alte dell’arte bergamasca e ora risplende nelle prestigiose sale del Museo statale Ermitage, il museo più grande del mondo, fondato nel 1764 dalla zarina Caterina II. Alla sua collezione di 3 milioni di capolavori d’arte, fra cui 60 mila esposti, è andata ad affiancarsi la Pala di Santo Spirito, nata dal genio di Lorenzo Lotto e restaurata solo pochi mesi fa grazie all’intervento della Fondazione Credito Bergamasco. A fine marzo l’opera è giunta a San Pietroburgo, città che durante il periodo sovietico era stata ribatezzata Leningrado, per essere ospitata temporaneamente (fino al 21 giugno) in uno dei più vasti e importanti Musei del pianeta. Il dipinto, ideato nel 1521 dal celebre pittore Lorenzo Lotto, riconosciuto tra

i principali esponenti del Rinascimento veneziano, è normalmente conservato presso la chiesa di Santo Spirito a Bergamo. Lungo e prolifico fu, infatti, il rapporto tra Lotto e Bergamo, che qui scelse di soggiornare per ben dieci anni, dal 1513 al 1523. Alla sua presenza sono legati alcuni dei capolavori che rendono l’area bergamasca tanto ricca di intensità artistica. Affascinata dall’infinita grazia della Pala raffigurante la Madonna in Trono col Bambino tra i santi (olio su tavola di 287x268 cm) e dalla delicatezza con cui questa è stata restaurata, la Curatrice della Sezione dei dipinti italiani dell'Ermitage di San Pietroburgo, nonché Direttrice della Fondazione Ermitage Italia, Irina Artemieva, ha richiesto la possibilità di esporre il quadro.

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a cura della redazione

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Cult

La riapertura della Carrara secondo Ferrario

Il regista, che a Bergamo ha passato gran parte della sua vita (e che ora vive a Torino), ne celebra la riapertura del prossimo 23 aprile con il film «Every Picture Tells a Story»

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n film sull’Accademia Carrara, sul lavoro che ne precede e ne accompagna la riapertura del 23 aprile: nel maggio dello scorso anno Davide Ferrario, regista e scrittore cresciuto a Bergamo che da anni risiede a Torino, aveva annunciato di aver pronto un soggetto sulla celebre pinacoteca bergamasca, chiusa da quasi 7 anni per i lavori di restauro. Ora, a poche settimane dalla riapertura del più importante museo d’arte bergamasco, quel progetto ha preso corpo, divenendo un film vero e proprio. Il film, realizzato con il supporto del

Comune di Bergamo e dell’Accademia Carrara, è prodotto da Rossofuoco in associazione con Innowatio, azienda che opera a Bergamo nel campo del risparmio energetico, e Lab80 Film; sarà distribuito da Nexo Digital, azienda che ha distribuito recentemente numerosi film internazionali dedicati all’arte (tra i quali National Gallery di F. Wiseman, che ha aperto l’ultima edizione del Bergamo Film Meeting al teatro Sociale). Eloquente il titolo: «Every picture tells a story», ogni immagine racconta una storia. Partendo dal silenzio, dal vuoto del

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di Fabio Cuminetti

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cantiere in restauro, Ferrario e la sua troupe hanno seguito il lavoro di “ricostruzione” della Carrara, entrando nei magazzini, nel caveau, riscoprendo i colori delle opere nel loro deposito temporaneo per poi seguirle nelle sale rinnovate fino al loro allestimento. Un lavoro emozionante, in grado di esprimere non solo il lavoro di ridefinizione degli spazi della Carrara, ma anche l’emozione della riscoperta dei capolavori che rendono la pinacoteca bergamasca una delle più interessanti e importanti in Italia, vero patrimonio della città di Bergamo. «La Carrara è la perfetta metafora del carattere locale. – spiega il regista Davide Ferrario – Io che a Bergamo ho passato i primi quarant’anni della mia vita ho reagito nel modo più naturale per un regista: decidendo di farne un film. Finiremo le riprese non prima di giugno, contando in autunno di avere il film. In questo momento stiamo seguendo il paziente lavoro di allestimento delle sale. Ci sono quadri che ho studiato per mesi in fotografia e quando sono stati appesi mi hanno folgorato come se li vedessi per la prima volta. A riprova che non si può credere di conoscere la pittura solo perché la si è vista sui libri». «La Pinacoteca Carrara è un gioiello che la città ha tenuto a lungo chiuso nel suo scrigno - sottolinea il sindaco di Bergamo Giorgio Gori – e che ora è venuto il momento di mostrare al mondo. Per questo ho sposato dal primo momento il progetto di Davide Ferrario. Un grande regista mette il suo talento al servizio della città, raccontando la riapertura della Pinacoteca - e le sue opere meravigliose - con un respiro internazionale, accreditato da un distributore prestigioso come Nexo. È la storia della rinascita dell’Accademia Carrara ma è anche, in un certo senso, la metafora di una città che solo di recente ha preso coscienza delle sue qualità e dell’opportunità di aprirsi ai visitatori italiani e stranieri. Dopo tanti anni di chiusura, Bergamo si aspetta molto dalla riapertura della Carrara. Il film di Ferrario, per il quale l’amministrazione comunale è grata ad Innowatio, ci consente di fissare

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questo momento straordinario e di portare lontano il suo messaggio di amore per la bellezza». «Compito entusiasmante quello di raccontare un museo come l’Accademia Carrara – sostiene M. Cristina Rodeschini, responsabile Accademia Carrara e GAMeC. – Contano i suoi due secoli di vita, la qualità del patrimonio che conserva e l’idea che l’ha generata, così profondamente civile da vincere il tempo, qualsiasi difficoltà, appassionando chiunque la avvicini. Aristocratica per la sua eleganza,

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raffinata per le scelte dei collezionisti che l’hanno amata, riservata per la discrezione con cui sono stati compiuti gesti di grande generosità (l’ultimo è della scorsa settimana), la Carrara è una collezione di sorprese, palpitante per la misura umana che la rende unica, un tesoro di esperienze. Sono sicura che lo sguardo di Davide Ferrario riuscirà a restituire l’energia contagiosa che risiede nella prossima riapertura», «Il Gruppo Innowatio, - spiega l’amministratore delegato di Innowatio Spa Fabio Leoncini – fin dalla sua costituzione nel


2008, ha ricevuto un contributo e un sostegno fondamentale da parte del territorio bergamasco, generando un profondo senso di riconoscenza. Facciamo del nostro meglio per ricambiare la fiducia ricevuta investendo in iniziative sportive che coinvolgano i giovani, e ora anche nelle arti quali la pittura e il cinema, certi che l’educazione sportiva e la conoscenza dell’arte rappresentino un’imprescindibile condizione per costruire un futuro migliore». Nexo Digital nasce dalla competenza di oltre 60 anni di esperienza nel settore dell’esercizio e della distribuzione cinematografica. Pioniere e leader sul mercato mondiale nell’ambito della distribuzione di eventi al cinema in alta definizione - dai concerti alle mostre d’arte, dai documen-

tari agli spettacoli teatrali - Nexo Digital si impegna nella diffusione di eventi di qualità e di valore culturale e sociale, a favore di un modo nuovo di vivere il cinema. Tra le linee editoriale spicca Nexo Fine Arts dedicata al teatro, al balletto, alla musica classica e all’arte su grande schermo. Tra i titoli più significativi di Nexo Fine Arts ci sono proprio quelli dedicati alle mostre d’arte e ai musei che, sin dal loro primo importante titolo, Leonardo Live, hanno raccolto successi importanti oltre che un’ottima accoglienza da parte di pubblico e critica. Nel bouquet dei titoli di Nexo Fine Arts (che comprendono anche Manet. Ritratti di Vita, Munch 150, Vermeer e la musica, Hermitage, Matisse, La Ragazza con

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l’orecchino di perla, National Gallery di Frederick Wiseman) spicca Musei Vaticani 3D che con la distribuzione internazionale di Nexo Digital ha raccolto 180.000 spettatori in tutto il mondo, diventando così l’evento d’arte più visto di sempre. Tra i prossimi appuntamenti sull’arte previsti nelle sale italiane e distribuiti da Nexo Digital da aprile sono da citare: Cattedrali della Cultura 3D da un’idea di Wim Wenders, Van Gogh dall’Amsterdam Museum, Gli Impressionisti da Parigi, Londra e Stati Uniti. Ad oggi i contenuti d’arte distribuiti da Nexo Digital hanno portato in sala oltre 280.000 persone. Tutti i dettagli sulla programmazione sono disponibili sul sito www.nexodigital.it.

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