Città dei Mille Ottobre Novembre 2014

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Anno 17 - N°5 Ottobre/Novembre 2014 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB BERGAMO In caso di mancato recapito si restituisca a: Editrice Bergamasca Srl - via Madonna della Neve, 24 - 24121 Bergamo, che si impegna a pagare la relativa tassa. Euro 3,00

IL DUCALE

ritorno al futuro

INTERVISTE:

Giovanni Macrì Cristina Parodi Rita Duzioni Daniela Guadalupi

OTTOBRE / NOVEMBRE 2014





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Via Enrico Fermi, 10 - Curno - 035.762504 - Chiuso la domenica - www.steakrestaurant.it

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Edito riale

Editoriale

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e dovessimo trovare il filo rosso che lega le pagine di questo numero autunnale di Città dei Mille non avremmo dubbi: il sorriso. Il sorriso sicuro di chi ha coscienza dei propri mezzi. Di chi accetta le sfide sapendo che è così che si cresce. Fin dalla copertina: lo staff giovane che sta guidando la rinascita del ristorante Il Ducale, in Colle Aperto, è l’emblema dell’ottimismo. «Non basta che il cliente dica “ho mangiato bene” – spiega il direttore Riccardo La Falce, 23 anni - ma si deve trovar bene in toto: cibo eccellente, buona musica, giusta accoglienza. Al ristorante bisogna sentirsi a proprio agio, come a casa propria». Nelle interviste si parte addirittura con l’odontoiatra Giovanni Macrì, che si fa chiamare «Dottor Sorriso». Lavora con i vip, ed è uno specialista della cura dentale a misura di piccola schermo. Televisione e sorriso, elegantissimo, ritornano a gran voce (ma mai sopra le righe) con la first lady cittadina, Cristina Parodi: per lei è stato un anno di grandi soddisfazioni, il 2014. All’insegna della positività anche gli altri due personaggi incontrati. L’avvocato Rita Duzioni porta avanti un corso di legalità nelle scuole per l’Unicef, con un obbiettivo chiaro: una migliore convivenza nel rispetto delle regole e una società più giusta. Il neo Cavaliere del Lavoro Daniela Guadalupi, alla guida della Vin Service con il marito Riccardo, pensa che la crisi si possa superare con l’ottimismo, «non di facciata ma d'azione: rimboccarsi le maniche, vedere il bicchiere mezzo pieno e cercare di riempirlo del tutto». Buona lettura! Claudio Gualdi

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di Claudio Gualdi


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(+39) 347.3856050


La mia

rubrica

Il necrologio non è uguale per tutti...

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morte è... n’a livella - diceva Totò in una poesia che vi invito a rileggere. I versi napoletani raccontano il dialogo tra un marchese e un poveraccio, entrambi morti: il blasonato si lamenta della promiscuità di tomba con qualcuno che da vivo non avrebbe mai osato stargli vicino e la conclusione è che la morte è una democratica “livella” che rende tutti uguali. Ma siamo sicuri che sia così? Questa affermazione funziona per i morti ma di sicuro non per i vivi che, perfino in presenza della Signora che non guarda in faccia nessuno, sono capaci di celebrare i soliti riti capaci di esplicitare con chiarezza, pur senza darlo a vedere, l’ordine sociale e non solo. Il necrologio costituisce infatti l’ultima frontiera su cui si misura da una parte il prestigio e il potere del defunto e dall’altra l’appartenenza sociale, economica e culturale di chi pubblicamente dichiara la qualità del proprio dolore di fronte al lutto. Molte interessanti osservazioni si possono fare sui vivi a partire dal loro rapporto con questa pubblica esibizione del dolore, vero o presunto, nei confronti del morto. Affronteremo con un po’ di ironia e con il sorriso sulle labbra questo uso dell’annuncio funebre che porta con sé anche una serie di connotazioni economiche, sociali e di costume, a partire dalle quali si può perfino tentare il riso.

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di Emanuela Lanfranco e.lanfranco@inwind.it


Approfondimento

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Organizzazione delle religioni unite?

e pagine dei giornali di questi giorni sono straripanti di notizie drammatiche, ci raccontano la violenza degli jihadisti dell’Isis, soldati volontari provenienti anche dall’Italia e pronti a combattere con ogni mezzo per instaurare il califfato islamico in Iraq e in Siria. Si tratta in sostanza di una guerra santa, niente di più lontano dallo spirito ecumenico che dovrebbe ispirare i rapporti tra le confessioni religiose. Ma è davvero possibile un dialogo pacifico tra religioni? Se è vero che ogni religione ha per obiettivo di fornire la propria versione della verità, una verità che è per definizione assoluta e che quindi non tollera temperamenti o correzioni, come è possibile accettare la verità degli altri pacificamente? La questione è davvero complessa e dopo secoli e secoli di guerre,

di dialogo e di riflessione, la risposta sembra ancora molto lontana, probabilmente irraggiungibile. Forse solo rispolverando la risposta dell’astuto Melchisedech giudeo, evocata nell’editoriale del mese scorso, possiamo avvicinarci a una soluzione o perlomeno capire la complessità del problema. Melchisedech, protagonista della terza novella della prima giornata del Decameron di Boccaccio, è un ricco e saggio ebreo che vive alla corte del Sultano di Babilionia: il Saladino. Quest’ultimo, volendo cogliere Melchisedech in errore, gli domanda quale tra cristianesimo, ebraismo e islam sia la vera religione e riceve come risposta una storiella illuminante. Melchisedech racconta la storia di un ricco uomo che, proprietario di un bellissimo anello, dispose che il prezioso oggetto fosse tramandato a colui che

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di Emanuela Lanfranco

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tra i suoi discendenti fosse eletto erede universale. La successione si svolse senza problemi di generazione in generazione finché un giorno l’anello capitò tra le mani del padre di “tre figliuoi belli e virtuosi e molto al padre loro obedienti, per la qual cosa tutti e tre parimente gli amava”. Non riuscendo a scegliere quale dei tre figli meritasse l’anello, decise di far forgiare altri due anelli, indistinguibili dal primo, e di consegnarne uno ad ogni figlio. Alla morte del padre ognuno di loro si ritenne proprietario dell’anello autentico, iniziarono i litigi e mai si scoprì chi tra loro fosse il vero erede. L’acuta metafora di Melchisedech soddisfò il Saladino ma potrebbe non soddisfare noi: chi è il vero erede? La domanda resta inevasa, ogni religione può ritenersi depositaria della verità ma ciò non toglie al dialogo tra confessioni religiose e alla pace il loro valore. Se è vero che ancora si combattono guerre sante e che l’odio religioso è ancora acceso in molte parti del mondo, bisogna tuttavia riconoscere il grande sforzo intrapreso da tanti uomini di fede per instaurare un dialogo pacifico tra religioni. Gli esempi sono numerosi, ne citeremo quattro. Si è appena svolta ad Anversa la ventotte-

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sima edizione dell’Incontro Internazionale Uomini e Religioni promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, il meeting ha riunito oltre trecento leader delle grandi religioni mondiali che hanno discusso il tema “La pace è il futuro: religioni e culture in dialogo cento anni dopo la prima guerra mondiale”. Negli stessi giorni a Bose, in Piemonte, ci si è interrogati sulla tradizione spirituale ortodossa in occasione del ventiduesimo Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa. Sono particolarmente efficaci le parole con le quali Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose, ha presentato il convegno alla Radio vaticana: “Abbiamo voluto parlare di pace e di pacificatori, proprio in questo momento in cui, come ci ricordava Papa Francesco, stiamo vivendo quasi una ‘terza guerra mondiale’, con un terribile focolaio in Medio Oriente, dove le confessioni cristiane orientali, ortodosse e cattoliche, vivono le une accanto alle altre. Esercitarci a vedere la bellezza della pace significa vederla sempre possibile e soprattutto non essere sedotti dalla guerra. Gli uomini condannano la guerra, fanno commemorazioni dei conflitti passati e poi fanno scoppiare nuove guerre.” Un’altra proposta molto interessante è

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quella formulata lo scorso 4 settembre da Shimon Peres a Papa Francesco durante un incontro in Vaticano. L’ex presidente israeliano e Nobel per la pace ha lanciato l’idea di un “Onu delle religioni” guidato proprio dal Papa affermando: “In passato, la maggior parte delle guerre erano motivate dall’idea di nazione. Oggi, invece, le guerre vengono scatenate soprattutto con la scusa della religione. L’Onu ha fatto il suo tempo, quello che ci serve è un’Organizzazione delle Religioni Unite, un’Onu delle religioni”. Vale la pena di citare un’ultima notizia: il 19 settembre il St. Peter’s, la squadra vaticana di cricket, ha sfidato a Canterbury la squadra anglicana in una partita che i giornalisti hanno infelicemente definito “The Holy War”. Si tratta del primo confronto non teologico tra due fedi 500 anni dopo lo scisma di Enrico VIII, apparentemente un piccolo evento sportivo, in realtà la dimostrazione che l’ecumenismo passa anche per lo sport. Ma i rischi di una simile partita non sono da sottovalutare, Anthony Currer, capitano della squadra inglese, ha infatti affermato scherzando: “Se qualcuno colpirà in maniera non sportiva potrebbero venire azzerati decenni di dialogo ecumenico”.


Sommario Editoriale La mia rubrica Approfondimento

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Il Ducale, ritorno al futuro

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cover story

Abitare l'arte, la natura, la storia Premio Mia Martini a Roby Facchinetti La sacerdotessa del rock in città Gli artisti bergamaschi per Nepios

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vip & news

Speciale. Mapello Speciale: Brembate Sopra

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Città dei Mille - anno 17 n. 5 Aut. Trib. n. 52 del 27 Dicembre 2001

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peciale

«Vinci un viaggio intorno al mondo». Assegnato il premio dall'aeroporto Aeroporto di Orio, al piano terra è in funzione la nuova area arrivi Manolo Blahnik a Bergamo A Bergamo và in scena il gusto

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vip & news

Quando il sorriso aiuta a dimagrire «Ci tengo al ruolo di first lady» Diritto penale a scuola. Con l'Unicef Centro Implantologico Tramonte: l'odontoiatria è un bene comune «La nostra forza? Anticipiamo il mercato»

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in Vetrina

Luberg Cucina Golf Motori Sanità Arte Spiritualità

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rubriche

BergamoScienza: 12a edizione, due Nobel Pinksie the Whale, asta benefica alla GAMeC Campionato di nascondino: obiettivo Olimpiadi La leggenda di Giacomoforte

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cultura

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Rinasce il ristorante affacciato su Colle Aperto. Tre imprenditori di diversa estrazione puntano su una squadra giovane. E su Umberto De Martino, chef cresciuto tra Sorrento, Langhe e nord della Germania

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augurio di «una parentesi culinaria soddisfacente e meritevole della vostra fiducia» dà già il sapore dell’esperienza, degustativa e umana, che ci si appresta a vivere. Leggerlo in apertura di menù, senza frasi ad effetto o proclami di facciata, denota il carattere del ristorante e di chi ci sta dietro. Il Ducale, su quel lato di Colle Aperto che volge a San Vigilio, recupera il nome che gli diede a metà degli anni Cinquanta un monumento locale del settore, Pino Capozzi, e lo fa partendo da uno stile misurato. La squadra in campo per questa nuova apertura dello scorso luglio è in piena sintonia con quel tipo di messaggio. Il ristorante precedente, chiuso da un anno ha vissuto alterne vicende

e gestioni con uno stile ed un risultato certamente differente da questa nuova iniziativa. Per iniziare, la proprietà. L’investimento nasce da una società formata da tre imprenditori di altri settori. Uno di loro è bergamasco, si occupa di società di servizi, mentre a seguire troviamo altri due soci, un avvocato, con uno studio a Milano e non di meno importanza, una gradita presenza femminile, professionista nel settore bancario. «Abbiamo rilevato il ristorante quando ormai era chiuso da tempo, e non avendo alcun tipo di rapporto con la gestione passata, abbiamo voluto apportare delle modifiche ai locali, che facessero percepire un cambio di tendenza netto, dettato dalla volontà di cogliere quest'opportunità:

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a cura della redazione

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cambiare il destino di un locale dalle grandi potenzialità» L'idea di ristorazione di questi imprenditori? «Accogliente, innanzitutto: la gente qui si deve sentire a casa. Un locale piacevole non troppo sopra le righe, con una cucina ottima e un servizio giovane e dinamico. Un ambiente pulito dal punto di vista dell’approccio e dell’im-

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magine. Dove ci si senta coccolati. Con uno chef, infine, capace di offrire qualcosa che il territorio non offre» Proprietà matura, gestione operativa fresca ma con una certa esperienza laddove serve: lo chef Umberto De Martino, di Sorrento, forte di un curriculum esteso alle Langhe e al nord della Germania. «La sua è una cucina

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mediterranea con diverse contaminazioni – aggiungono in coro i tre -, molto raffinata, in cui la modernità si sposa alla tradizione. All'insegna del buon gusto». Interessante la politica sui prezzi, non troppo pretenziosi: «Devono poterseli permettere anche i giovani, così da poter cogliere la possibilità di trascorrere una serata piacevole fuori dall’ordinario, con prezzi giusti, qualità che possa soddisfare tutti i palati, anche i più esigenti». Il figlio di uno dei soci, Riccardo La Falce, funge da direttore («ma ho tantissimo ancora da imparare», precisa con la modestia di chi vuol far le cose al meglio) e ci fa da guida. Il ristorante si sviluppa al primo piano. Dalla sala più grande, con tavoli rotondi (ma non solo) e ben distanziati, si ha accesso a due salette: una più intima e riservata, con piccola terrazza, e un'altra più spaziosa. Per un totale di quarantacinque coperti. A piano terra, il nuovo ingresso ed una sala dedicata al progetto wine bar, che sarà a breve operativo, dove si possano fare aperitivi o dopo cena sfiziosi con calici di vino o cocktails di qualità. Ma non è tutto, difatti, all'esterno verso porta Sant'Alessandro, potrete trovare un raffinato dehors, ideale per trascorrere il proprio tempo all’aria aperta. Riccardo a solo 23 anni ha già le idee chiare su cosa significhi qualità nella ristorazione: «Bisogna muoversi in relazione alla stagione. Non vogliamo puntare su un solo piatto, non vogliamo avere un cavallo di battaglia. Tutto dev'essere squisito». Non troppi piatti, ma curati fino all'ultimo dettaglio. «Non basta che il cliente dica "ho mangiato bene" - precisa Riccardo - si deve trovar bene in toto: cibo eccellente, buona musica, giusta accoglienza. Al ristorante bisogna sentirsi a proprio agio, come


a casa propria. Cerchiamo di capire la particolarità di ogni cliente, che può non gradire alcune cose e preferirne altre. Cura dei dettagli, insomma perché grazie anche a quelli si fa la differenza». Infine dice: «vorrei trarre vantaggio dalla nostra piccola realtà, oserei dire intima, per proporre eventi ed organizzare cene aziendali, battesimi, matrimoni su misura cercando di soddisfare il più possibile le

richieste dei clienti valutando anche la possibilità di dedicare l’intera struttura per poter lasciare un ricordo piacevole del tempo trascorso». Al Ducale difficilmente troverete sempre gli stessi piatti, perché il menu verrà variato a seconda delle stagioni annuali, in modo da poter offrire sempre una scelta ottima e di qualità. Le proposte dalla cucina sono delicate, ma allo stesso tempo

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di carattere, ricercate, ma non troppo elaborate, dando infine un tocco originale per la presentazione. Per esempio l’unione della capasanta ripiena di un formaggio come la provola affumicata, fritta servita su un letto di pomodoro cuore di bue, oppure, la leggerezza del tiramisù alle fragole con spuma di crema al mascarpone insieme alla croccantezza del crumble con zucchero di canna. Sicuramente nella carta troverete anche classici della cucina, ma a caratterizzarla saranno anche i piatti di mare che vi riporteranno alle origini dello chef De Martino dove il mare domina. «Sono di Sorrento. Ho cominciato a 14 anni e mezzo a stare in cucina, e dopo sei anni ho deciso di partire perché volevo fare delle esperienze importanti. Ho lavorato in alcuni stellati in Piemonte, tra Alba e Asti; poi ad Amburgo, dove a 22 anni sono diventato chef, per breve tempo in Veneto e infine, negli ultimi anni, a Brescia». Dell’esperienza tedesca ricorda l’approfondimento di culture come quella del caffè e del vino: «Il mio capo guidava una giuria enologica, che assegnava punteggi: lì ho capito che per fare carriera nel mondo della gastronomia bisogna interessarsi al mondo della ristorazione a 360 gradi». Capì anche che per emergere non bastava la pur ottima base professionale maturata a Sorrento. «Nelle ferie, in Germania, ho partecipato a numerosi stage. Con Gennaro Esposito e altri grandi del settore». Nel 2007 il ritorno in Italia. È la sua prima esperienza a Bergamo: «Si è creato un contatto: la mia passione e la mia educazione nei confronti del cliente è piaciuta, ed eccomi qua». La sua considerazione del cliente è massima: «Non è un numero, non è uno scontrino. Chi oggi si concede il piacere di uscire a cena, anche solo per spendere 20 euro, va tenuto in massima considerazione. Dobbiamo farlo sentire bene, indipendentemente da quanto paga. Vogliamo rendere partecipi tutti i clienti del progetto e del pensiero che ci muove e accomuna. Cercare di creare un filo diretto, perché su cinquecento ristoranti che ci sono a Bergamo si mangia bene in 350; la differenza la fai se riesci a trasmettere ciò che sei». E De Martino è solare e affettuoso, ma capisce quando il cliente è più schivo

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o sta vivendo una serata in cui ha bisogno di riservatezza. Se si parla di piatti, lo chef ribadisce quanto anticipato da Riccardo La Falce: «Non do consigli ai clienti, perché vorrebbe dire che presento anche piatti di qualità inferiore. Invece non è così. La carta viene impostata in modo che possa andare incontro ai diversi gusti, ma è un fattore soggettivo. Ogni piatto del menù ha un suo perché, una sua tipicità». Da qui la carta non ipertrofica: ne andrebbe della freschezza

e del servizio: «Ogni piatto viene curato attentamente, dalla cottura all’impiatto, perché la ristorazione che proponiamo punta su un’esperienza sensoriale completa. Il risultato estetico è fondamentale. Ma c'è bisogno di tempo». Selezionata anche la cantina, che offre anche per i clienti del curato wine bar (per il preserale ed il dopocena), etichette di produttori poco conosciuti ma di grande qualità. Poi, naturalmente, non manca anche qualche grande nome, di richiamo.

Il resto della squadra è un inno alla gioventù: trentatre anni o poco più. In sala c'è Fulvio Zuccalà: dopo alcune esperienze a Reggio Calabria, è orgoglioso di lavorare a Bergamo, «in un contesto prestigioso e con persone che stimo tantissimo». Sorriso aperto, modi misurati, sa come far sentire a proprio agio il cliente. «Può capitare l'errore, ma con la cordialità e il savoir faire si sistema tutto». In cucina, infine, i due aiuto cuoco: Alessio Malaponti, milanese («Ho fatto il liceo ma ho sempre avuto una grande passione per la cucina»), e Andrea Castrucci da Rieti, dove ha frequentato l'alberghiero. Entrambi «Dallo Chef De Martino abbiamo molto da imparare e vogliamo farlo al meglio per la nostra passione ed il progetto del Ducale». Una squadra all'insegna del nuovo che avanza, ben affiatata, pronta a vivere positivamente le nuove sfide. Con alle spalle la forza dell'esperienza.

IL DUCALE Bergamo, via Beltrami 12/b 035.4284233 www.ristoranteilducale.it. Chiuso il martedì

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Premio Mia Martini a Roby Facchinetti

Riconoscimento alla carriera per il membro dei Pooh. Motivazione: «per aver scritto e interpretato alcune tra le più importanti pagine della storia delle musica leggera italiana degli ultimi 50 anni»

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resco del successo del suo ultimo album di inediti «Ma che vita la mia» e della tournée «Ma che vita la mia Tour», Roby Facchinetti riceve adesso l’importante riconoscimento del Premio Mia Martini 2014 «Alla carriera», che ritirerà a Bagnara Calabra (Reggio Calabria) sabato 4 ottobre in occasione della 20esima edizione del premio. Con queste parole gli organizzatori del «Martini» raccontano la scelta di conferire il riconoscimento al membro dei Pooh: «A Roby Facchinetti va il Premio Mia Martini 2014 “Alla carriera” per aver scritto e interpretato alcune tra le più importanti pagine della storia delle musica leggera italiana degli ultimi cinquant'anni. Con questo premio l'Associazione Cultura e Spettacolo di Bagnara Calabra nella persona del comm. Nino Romeo (ideatore del premio che quest'anno festeggia vent'anni) e la commis-

sione artistica presieduta da Franco Fasano vogliono rendere omaggio all'affetto e alla reciproca stima artistica che da sempre c'è stata tra questi due grandi interpreti riconosciuti tra i più affascinanti della canzone italiana: Roby Facchinetti e Mia Martini». «Non ho mai dimenticato il Cantagiro del 1971 - dichiara Roby Facchinetti - dove noi Pooh con il brano "Tanta voglia di lei" giravamo l’Italia e in quell'occasione per la prima volta ho visto Mia Martini, cantava un brano dedicato a suo padre: “Padre davvero”. Mi ha da subito colpito per la sua grinta e per la grande forza comunicativa e tutti avevamo capito che Mia avrebbe avuto un sicuro futuro glorioso! Nel corso degli anni ci siamo conosciuti meglio e incontrati in molte occasioni anche a Sanremo 1990, noi Pooh con "Uomini soli" e Mimì con “La nevicata del 56”». «Il 4 ottobre - prosegue Facchinetti -

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ritirerò il prestigioso Premio Mia Martini, istituito in sua memoria 19 anni fa e sono molto orgoglioso ed emozionato di riceverlo proprio nella sua città natale: Bagnara Calabra. Grazie Mimì e grazie agli organizzatori per questo straordinario premio che per me rimarrà tra i più importanti della mia storia musicale». Entrato direttamente al primo posto della classifica degli album più venduti, «Ma che vita la mia» (etichetta e distribuzione Carosello Records) è il terzo album di inediti da solista di Roby Facchinetti, e arriva a oltre 20 anni dal precedente “Fai col cuore” (1993) e 30 anni dopo l’omonimo “Roby Facchinetti” (1984). L’album contiene gli ultimi brani nati dalla collaborazione tra Roby Facchinetti (musiche) e Valerio Negrini (testi), fondatore e storico paroliere dei Pooh scomparso più di un anno fa.

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La sacerdotessa del rock in città

La famiglia Smith al gran completo: Patti, i figli Jesse Paris e Jackson, oltre al fidato Tony Shanahan. Debutto nazionale al Creberg Teatro il 1° dicembre. Eseguiranno i grandi classici dell'artista newyorkese

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er la prima volta sul palco insieme, i n u n i m p e rd i b i l e c o n c e r t o acustico, la famiglia Smith al gran completo: Patti la «sacerdotessa», i figli Jesse Paris e Jackson, oltre al fidato Tony Shanahan. I grandi classici dell'artista newyorkese verranno eseguiti quindi in un'inedita formazione a quattro in debutto nazionale al Creberg teatro di Bergamo, il primo dicembre. Le prevendite (biglietti da 35, 40 e 48 euro più prevendita) sono attive su Ticketone dal 18 luglio. Organizzazione a cura di Zodiak in collaborazione con l'associazione «Soffia nel Vento». Erano gli anni '60 quando la giovanissima Patti Smith, poco più che ventenne, si trasferì nella vibrante New York per

trovare la sua strada. Il resto è storia: dalla chiacchierata relazione con il fotografo Robert Mapplethorpe il cui racconto in "Just Kids" le ha guadagnato il prestigiosissimo National Book Award, alle primissime esibizioni nello storico Cbgb's, fino al contratto con la Arista e la pubblicazione di "Horses", uno dei migliori album rock della storia. Patti Smith si è conquistata di diritto un posto nell'olimpo delle leggende del rock. Senza dubbio tra gli artisti più influenti di sempre, cantautrice e poetessa di enorme talento, Patti viene spesso citata da illustri colleghi come grande fonte di ispirazione. Brani come "People Have The Power", "Gloria" (cover del brano dei Them di Van Morrison), "Dancing Barefoot" e

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"Because The Night" (scritta insieme a Bruce Springsteen) sono vere e proprie pietre miliari della musica e dell'immaginario collettivo.

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Gli artisti bergamaschi per Nepios

E’ giunta alla settima edizione la mostra organizzata dall’Associazione NEPIOS.

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ettima mostra benefica organizzata dall'associazione Nepios. L'iniziativa ha coinvolto una settantina di artisti del territorio, le cui opere sono state allestite nella suggestiva cornice del Luogo Pio Colleoni (via Colleoni 11, Bergamo Alta), affrescato con dipinti quattrocenteschi e affacciato su un delizioso giardino interno, dal primo al 30 settembre. Il luogo offre un’ottima vetrina per pezzi d’arte – pittura, grafica, bassorilievo e scultura – che gli autori o i loro eredi hanno voluto mettere generosamente a disposizione dell'associazione. Un grosso ringraziamento è stato portato in occasione della cerimonia inaugurale dal direttore generale dell'Asl di Bergamo Mara Azzi e dal direttore generale del Papa Giovanni XXIII Carlo Nicora, che hanno illustrato gli sviluppi dei progetti in corso. Due infatti i progetti che sta perseguendo a Bergamo l'associazione Nepios, guidata dalla presidente Tullia Vecchi: uno a favore dell'Azienda Ospedaliera Papa Giovanni XXIII e uno a favore dell'Asl bergamasca. Il primo è stato attivato nel 2005

ed è volto a individuare precocemente elementi di disturbo nello sviluppo in bambine a rischio di disarmonie evolutive in età prescolare e scolare; si è concluso nel 2013, ma continuerà e si concretizzerà con la realizzazione di un nuovo progetto finalizzato all'allestimento di uno spazio multifunzionale per interventi riabilitativi mediante l'utilizzo di strumenti multimediali che favoriranno gli apprendimenti e le autonomie del bambino disabile. Anche il secondo è in corso dal 2005: si occupa della prevenzione secondaria del disagio psichico in bambini ed adolescenti in condizioni socio-familiari di pregiudizio presso il Centro Famiglia di Longuelo; in questa fase ci si è concentrati sul miglioramento delle prestazioni diagnostiche e preventive nelle varie fasi della gravidanza della donna, attraverso la donazione di tre apparecchiature ecografiche presso le sedi dei consultori di Dalmine, Romano di Lombardia e Trescore Balneario. Una curiosità: il primo acquirente, nel giorno dell'inaugurazione, è stato Roby Facchinetti.

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Mapello Un’azienda di Mapello aderisce alla «sfida del cubo di ghiaccio»

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Due cubi di ghiaccio di identiche dimensioni; una location d’eccellenza - Piazza Castello a Milano - in questi mesi trasformatasi in cuore “green” della città complici iniziative orientate alla promozione dell’ambiente; una scommessa che ha tutte le carte in regola per attrarre l’attenzione del pubblico: questi gli ingredienti della “Sfida del Cubo di Ghiaccio” che ha preso il via il 23 settembre per concludersi l’8 ottobre nella capitale meneghina. L’iniziativa - format dell’Agenzia CasaClima di Bolzano, già sperimentato in altre città italiane - si propone di verificare cosa resterà dei due cubi posti uno all’aria aperta ed esposto alle intemperie e alle variazioni climatiche e l’altro all’interno di una casetta, dopo 15 giorni. La sfida consiste nello stabilire quanto peso avrà perso il cubo di ghiaccio posto nell’istallazione realizzata dall’Azienda Tecnosugheri e collocata su un sedime di circa 30 metri quadrati nelle immediate vicinanze di ExpoGate, nella nuova isola pedonale di Milano. Sponsor tecnico dell’iniziativa la Vanoncini di Mapello: «Creiamo edilizia sostenibile» è un diktat per l’azienda in prima linea nel creare benessere abitativo reale nel pieno rispetto dell’ambiente. Nel nome dell’attenzione da sempre rivolta al consumo delle risorse della natura in ogni aspetto del proprio lavoro.

Luoghi d’interesse: dalle torri medievali al santuario della Madonna di Prada Fra le testimonianze tuttora esistenti della movimentata storia di Mapello spiccano le maestose torri di epoca medioevale. Sono due imponenti strutture che hanno una notevole importanza per quanto riguarda l’ambito storico e costituiscono, insieme ad alcuni resti delle fortificazioni di quel tempo, un vivo ricordo delle vicende del paese. Si trovano in piazza IV Novembre e in via Castelfidardo. Numerosi sono anche i palazzi e le ville presenti sul territorio: il Palazzo Colombo-Zefinetti-Peruta del XVII secolo ed appartenuto a nobili famiglie mapellesi, il Palazzo Scotti che al proprio interno presenta numerosi affreschi di indubbio valore, e la Villa Antona-Traversi-Grismondi che risale al XVIII secolo e possiede una struttura molto scenografica. In ambito religioso merita menzione la chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo. Edificata verso la fine del XVIII secolo in luogo di un precedente edificio di culto risalente al XII secolo, originariamente era utilizzata come cappelletta del castello medievale, a cui sono poi state apportate modifiche e riparazioni condotte dall’architetto Luca Lucchini di Certenago che l’hanno portata alle attuali dimensioni. Contiene un organo costruito dalla ditta Locatelli di Bergamo nel 1873, op. 14 e nel 1899. È sulla grandezza di 16 piedi, ha due tastiere di 61 tasti e 1765 canne. L’organo Canto (seconda tastiera) è collocato, a differenza del Grand’Organo, non nella cassa principale, ma in un vano adiacente distante circa 7 metri, che complica notevolmente la meccanica dello strumento ed esalta la bravura del costruttore Giacomo Locatelli. Il campanile, eretto nel 1837, ospita attualmente un concerto di 8 campane in tonalità Si maggiore fuso da Angelo Ottolina di Bergamo nel 1950 a seguito della requisizione bellica del 1943 che causò l’asportazione delle tre campane maggiori per esigenze belliche. Prima del ‘43 vi era un concerto sempre di 8 campane fuso da Giovanni Crespi nel 1841. Inoltre sono presenti il Santuario della Madonna di Prada (nella foto), la parrocchiale della frazione di Prezzate, dedicata a Sant’Alessandro, e la nuova avveniristica parrocchiale di Valtrighe, in cui spiccano grandi e particolari vetrate.

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Quattro serate in ricordo del professor Mario Testa Nel decennale della scomparsa, quattro serate in ricordo del professor Mario Testa (1925-2004), scrittore, storico e musicista, a cui è intitolata la biblioteca comunale di Brembate Sopra (che ospiterà gli incontri, sempre con inizio alle ore 20.45 e ingresso libero). Venerdì 3 ottobre “Orobie’s Season - Stagioni delle orobie”, immagini, riflessioni e poesie sulle Orobie. Di Luca Bonati e Simone Ravasio. Venerdì 10 ottobre “Cronache di una vendetta - La vera storia di Simone Pianetti”. Il suo passato ribelle, la giustizia solitaria, la fuga romanzesca. Un enigma mai risolto. Presentazione del volume scritto dal nipote Denis Pianetti in occasione del centenario di quella tragica giornata. Venerdì 17 ottobre «La Musica del Prof. Mario Testa». Il pianoforte del Maestro Fausto Dolci, il clarinetto di Michael Dolci ed il soprano Merelli Giusy accompagneranno all’ascolto di brani di musica sacra e di musica popolare composti dal professor Mario Testa. Venerdì 24 ottobre “La nostra storia - Brembate di Sopra dal 1894 al 2014”. Attraverso la ricostruzione della storia degli edifici scolastici del nostro paese, si ripercorrono gli eventi più importanti dell’ultimo secolo a Brembate di Sopra con documenti inediti. A cura dell’Associazione Culturale Chroma-Key.

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A Brembate Sopra merita una visita la chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta, citata in documenti già nell’anno 1030. Ricostruita nel corso del XV secolo, in luogo della precedente, venne demolita nel XVIII secolo, quando a fianco di essa venne innalzato l’edificio attuale, consacrato nel 1738. Si conservano alcuni affreschi della chiesa precedente, tra cui uno attribuito al pittore Cristoforo Baschenis detto il Vecchio e dipinti di Francesco Cappella, Gaetano Peverada e Giovan Battista Moroni. Degni di nota anche: Villa Sommi-Picenardi (un tempo chiamata villa Brembati), risalente al XVII secolo ed oggi utilizzata come casa di riposo; Villa Terzi, sempre del XVII secolo, la quale ingloba anche una torre medievale; il Ponte di Briolo, che collega il paese con il vicino comune di Valbrembo.


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«Vinci un viaggio intorno al mondo» Assegnato il premio dell’aeroporto

a signora Francesca Sala, residente a Varedo (Monza-Brianza), è la vincitrice del concorso «Vinci un viaggio intorno al mondo», promosso da Sacbo, che si è svolto dal 18 dicembre 2013 al 30 giugno 2014 e riservato ai sottoscrittori della Welcome Card, la speciale tessera che viene rilasciata gratuitamente ai passeggeri dell’aeroporto di Bergamo Orio al Serio. Il nome di Francesca Sala è stato estratto tra quello di migliaia di passeggeri che hanno usufruito dei vantaggi legati alla Welcome Card e acquisito dunque il diritto a concorrere all’ambito premio finale. I possessori della Welcome Card che hanno effettuato acquisti nei negozi dell’aerostazione hanno avuto diritto a

una serie di premi immediati consistenti in voucher gratuiti per il parcheggio aeroportuale e buoni sconto validi nei punti vendita retail presenti nel terminal. L’iniziativa a premi ha riscosso grande successo grazie alle agevolazioni introdotte a favore degli utilizzatori dello scalo bergamasco. Concluso il concorso, la Welcome Card continua a riservare sconti e vantaggi a chi la possiede o la sottoscrive gratuitamente presso la biglietteria dell’aeroporto di Orio al Serio o ne fa richiesta online collegandosi al sito internet www.orioaeroporto.it. Tra questi: sconto del 30% sulla tariffa standard presso il parcheggio auto Terminal (ad esclusione del parcheggio Low Cost e P1 dedicato alla sosta breve), per l’accesso alla Vip Lounge e per l’ac-

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quisto del Fast Track; sconti dal 5 asl 10% nei negozi aeroportuali convenzionati; sconto del 20 per cento su assicurazione viaggi, acquistabile sul sito www. travelguard.it inserendo le prime tre cifre della Welcome Card nell’apposito spazio dopo aver cliccato su «Fai un preventivo»; sconto del 20% al Roof Garden Restaurant su pranzi e cene individuali con menù alla carta (la promozione non è cumulabile con altre convenzioni e altre promozioni). Con la Welcome Card, Sacbo privilegia i viaggiatori che scelgono di volare dall’aeroporto di Orio al Serio e sostiene l’attività di servizi ed esercizi commerciali aeroportuali che rappresentano nel loro insieme un giro d’affari di 45 milioni annuo e occupano oltre 300 addetti.

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Aeroporto di Orio, al piano terra è in funzione la nuova area arrivi

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unedì 4 agosto è entrata in funzione la nuova area arrivi, al piano terra del terminal passeggeri, ampliata con aggiunta di 2.000 mq. Tre i punti di accesso, posti lateralmente rispetto al piazzale aeromobili: uno riservato ai passeggeri dei voli Schengen, che conduce alla sala riconsegna bagagli, dove saranno installati due nuovi caroselli; un varco per i cosiddetti voli a rischio, che necessitano di verifiche più accurate; l’accesso riservato ai passeggeri dei voli extra-Schengen, che permette di accedere alla nuova zona per il controllo dei passaporti dove sono state realizzate quattro postazioni doppie con operatori della Polizia di Frontiera. A disposizione di questi ultimi anche nuovi uffici, adeguati alle esigenze dettate dallo

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svolgimento dei compiti istituzionali. L’apertura della nuova area arrivi avvicina a quello che sarà il volto definitivo dell’aerostazione, ridisegnata nel lato ovest e uniformata all’aspetto generale che ne identifica le diverse zone, dedicate ai voli Schengen ed extra-Schengen. Il completamento della prima fase dei lavori nell’area arrivi garantirà la migliore gestione del movimento passeggeri e dei bagagli da stiva in coincidenza con la fase dei rientri dalla vacanze. Fino alla prima decade di gennaio 2015 si lavorerà alla riqualificazione dell’area riconsegna bagagli, che porterà a sette la dotazione dei nastri. Contestualmente al primo piano proseguono i lavori che agli inizi di aprile 2015 permetteranno

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di ampliare il terminal partenze con due nuovi pontili di imbarco. L’impegno di Sacbo continua ad essere volto a migliorare la qualità dei servizi, che contribuisce a consolidare la posizione raggiunta nel panorama della rete del trasporto aereo nazionale e continentale, e disporre di spazi idonei in vista di Expo 2015.


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Manolo Blahnik a Bergamo

n occasione della Notte Rosa dello scorso settembre a Bergamo, Tiziana Fausti ha presentato il nuovo concept del multi-brand store di Portici Sentierone. Il China Red, primo negozio opera d’arte in Italia realizzato da Flavio Favelli, ospita il meglio delle collezioni uomo autunno inverno 14/15 del panorama fashion internazionale. Il parquet affumicato, i muri non finiti e i soffitti verniciati di nero ricordano vecchi magazzini francesi. Progettato come una galleria d'arte, permette di camminare liberamente tra le proposte maschili che vengono adeguatamente allestite. Le 12 vetrine e 500 mq di nuovi spazi di Portici Sentierone che si collegano alla storica sede che affaccia su Piazza Dante sono ora dedicati alle collezioni accessori donna. In un nuovo e ampio allestimento,

si possono trovare borse e scarpe di designer emergenti, ma soprattutto le più importanti firme della moda internazionale tra cui il celebre designer americano Manolo Blahnik. L’iconico brand, introdotto da poco da Tiziana Fausti, torna a sorprendere e a meravigliare per l’ autunno inverno 2014/ 2015 con una nuova collezione fatta di ankle boots su tacchi svettanti, ultra flat in pelliccia e le tradizionali decolletes a punta stretta. A caratterizzare il negozio dedicato agli accessori i giganteschi light box con le foto artistiche di Flavio Favelli. Still life, dettagli suggestivi ‘total red’ che richiamano, in un percorso di continuità, il negozio opera d’arte che si affaccia su Piazza Dante ora dedicato alla moda uomo.

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A Bergamo va in scena il gusto

ood Film Festival è un’altra stella della città di Bergamo, un avvenimento destinato a rimanere nel tempo che anticipa Expo 2015, preparando il terreno fertile all’esposizione mondiale che ha scelto il cibo come tema planetario da sviluppare. Cultura, Cinema, esperienze sensoriali e ludiche, ospiti ed i cinque sensi al centro delle attenzioni di cittadini appassionati. Quattro giorni intensi che hanno dedicato momenti molto interessanti al mondo food, argomento vitale per la storia dell’uomo. Attori protagonisti l’associazione Montagna Italia, la Camera di Commercio di Bergamo, la Coldiretti, Sloow Food Bergamo, Ubi Banca Popolare, main sponsor e BIM. Oscar Wilde per celebrare la dignità dell’alimentazione esclamò: “Verrò, ma deve essere una cena seria. Odio le persone che prendono i pasti alla leggera". Mangiare è cosa seria e Food Film Fest l’ha declinato in vari modi. Prima di tutto il convegno organizzato da Roberta Garibaldi dell’Università degli Studi di Bergamo, dedicato

al rapporto tra turismo, territorio e cibo. Esperti del settore hanno evidenziato le ricette vincenti per creare e sviluppare nuove possibilità attrattive, nuove esperienze creative sia per il turista che per il cittadino spesso non consapevole della competitività della propria terra. La tavola rotonda dedicata alle eccellenze di Bergamo ha poi focalizzato le realtà bergamasche, pregi e difetti, passato e futuro. La città orobica, prima provincia italiana per la produzione di formaggi Dop, ha maturato professionalità e competenze in ogni settore legato al cibo, dalla ristorazione classica al vino, dalla distribuzione ai prodotti di nicchia, dall’acqua minerale al mais. Un enorme potenzialità che ha bisogno di fare sistema per creare economia diffusa, sostenibile, vincente nel tempo. Food Film Fest con un partner naturale, Slow Food e l’esaltazione dei cinque sensi. L’anima bergamasca di questa associazione mondiale è Enrico Radicchi, uomo saggio che incarna lo spirito fondatore di questo “cibo lento”: cibo buono giusto e pulito,

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adeguata velocità indispensabile per assaporare il gusto della vita. Slow Food ha come obiettivi quelli di promuovere la cultura del cibo facendo attenzione agli equilibri sociali ed economici della filiera, educare ad un’alimentazione consapevole e tutelare la biodiversità alimentare, miscela di tradizione e tipicità. A collegare le sensazioni con la realtà ci ha pensato Coldiretti con gli stand dei produttori locali, la polenta pedalata e la musica delle serate settembrine fortunatamente generose con tutta la manifestazione. Assaggi di territorio graditi ed apprezzati dai frequentatori di Piazza della Libertà, ribattezzata piazza dei sapori. Graditi ospiti della prima edizione del Food Film Fest la curvy model Elisa D’Ospina e il cronista gastronomico più famoso d’Italia, Edoardo Raspelli. Ma anche Alberto Contri, Presidente della Fondazione Pubblicità Progresso e Marta Soligo, ricercatrice bergamasca che ha approfodito gli studi legati alle Food location Hollywoodiane. L’approfondimento artistico culturale,

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di ricerca e d’inchiesta si è sviluppato nell’Auditorium con il concorso cinematografico. Per ribadire che il cibo ha mille risvolti, sottolineature e caratteri sono arrivati alla direzione artistica quasi cento produzioni divise in documentari (cine e televisivi), corti e animazioni. In ogni opera pervenuta evidente la passione per l’alimento, la terra, la natura e spesso, una tecnica cinematografica e fotografica di eccellente fattura. In più il pregio della ricerca e della documentazione, interessante per chi ignora, importante per chi approfondisce.

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Quando il sorriso aiuta a dimagrire

Giovanni Macrì, dentista dei vip e esperto di telegenia del sorriso, ha inventato il «dietifricio», un mix di ingredienti naturali in grado di inibire l’appetito grazie a un retrogusto amaro

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i fa chiamare «Dottor Sorriso» ed è noto anche come dentista dei vip. Perché le sue abili mani, la sua cultura e la sua professionalità hanno colpito nel segno anche in moltissime personalità dello spettacolo e dello sport. Fabio Fazio, Piero Chiambretti, Pippo Baudo, Michelle Hunziker, Tomaso Trussardi, Bianca Balti, Aida Yespica, Elenoire Casalegno, Elena Santarelli, la famiglia Moratti, Ligabue ed Elisa sono alcuni dei suoi clienti. Ma di celebrità sotto i suoi «ferri» ce ne sono tutte le settimane. Giovanni Macrì, calabrese ma bergamasco d’adozione, è sempre sulla bocca di tutti. Ha tre studi: a Bergamo, in via De Zambelli 4 (traversa di viale Vittorio Emanele), a Milano e a Londra. Da sempre è all’avanguardia nei problemi estetici: ha introdotto , per esempio, le prime efficaci tecniche di sbiancamento.

Lo scorso anno ha inventato anche il «dietifricio», nato dopo quattro anni di studi e numerose prove di laboratorio con l’ausilio di biologi e farmacologi: si tratta di un mix di ingredienti naturali in grado di inibire l’appetito grazie a un retrogusto amaro. Vip, ma ultimamente non solo. Sono tante le persone non celebri che si affidano alla sua professionalità. «Faccio anche, in prima persona e insieme a tutti i medici che vogliono collaborare con me nei miei studi, prestazioni all'interno del sistema sanitario regionale per la clinica Habilita San Marco, in piazza della Repubblica. Dunque (sorride) il dottor Macrì è anche medico della Mutua». Ci parli dei suoi successi. «Sono stato il primo in Italia e tra i primi al mondo a sostituire i denti in metallo/ceramica con quelli in zirconio. E a parlare di telegenia del sorriso: una

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disciplina odontoiatrica che ci permette di evitare quelli che sono gli inestetismi dati dalle telecamere e dalle riprese cinematografiche, non essendoci la possibilità di usare Photoshop. Un sorriso può sembrare perfetto a vedersi, ma non essere tale sotto l'occhio della telecamera». È riservata unicamente ai personaggi dello spettacolo, la telegenia del sorriso? «No, perché con l'avvento dei videofonini e delle videocamere un po' ovunque, tutti sono oggetto di riprese che finiscono sui social network. Quindi questa nuova branca dell'odontoiatria, in questo momento dove tutti vogliono apparire, è di grande attualità». I vip quale suo studio frequentano? «Milano, per ovvi motivi». Ma da dove deriva il nome «Dottor Sorriso»? «È il nome della mia prima trasmissione, che ho fatto in diverse reti: Class Cnbc (canale 505 di Sky), Odeon, Telelombardia. Si tratta di un tipo di televisione che vuol essere educativa allo scopo di consigliare e risolvere i problemi delle persone. Poi ho partecipato a programmi Rai e Mediaset, come ospite però. Tuttora prendo parte a "Qui studio a voi stadio", condotta da Fabio Ravezzani, su Telelombardia, come tifoso dell'Inter e opinionista». E poi c’è il suo impegno per l’innovazione. Abbiamo letto sui giornali di come sia stato foriero di alcune scoperte geniali. «Una in particolare, che sta arrivando in tutte le farmacie d'Italia e si sta diffondendo un po' in tutti i paesi del mondo: il "dietifricio". Faccio una premessa: mi sono laureato in medicina con la tesi in farmacologia. Poi mi sono specializzato in odontostomatologia. Quindi, rifacendomi alla mia vecchia passione e facendo tesoro dell'esperienza diretta come dentista, ho creato un prodotto multifunzionale che, oltre a rendere i denti molto bianchi, e oltre ad avere una funzione lenitiva e anti-infiammatoria, ha un effetto importantissimo: quello di ridurre il senso di appetito. Tutto questo in maniera naturale». Spieghi meglio. «Contiene salvia, il più potente sbiancante naturale; aloe vera, antiinfiammatorio naturale; un blend di aromi appositamente studiato che conferisce al prodotto un retrogusto tardivo amaro. Questo affievolisce il senso di fame, non proprio in tutti i soggetti, ma quasi. Inoltre è adatto a tutti perché quasi completamente anallergico. Non contiene fluoro, non contiene parabeni e ha un coefficiente di erosione bassissimo, vicino allo zero, fattore che ne permette l'utilizzo più volte in una giornata. Ricerche scientifiche nazionali e internazionali ne hanno confermato le tesi». Ma basta per dimagrire? «Per onestà intellettuale bisogna dire che non esiste nessuna sostanza, al di là di alcuni farmaci specifici che modificano e compromettono il metabolismo, che faccia dimagrire. Ci sono solo due modi per perdere peso: aumentare il dispendio energetico attraverso l’attività fisica; ridurre l’apporto calorico attraverso una dieta. Il dietifricio aiuta tutti coloro che ci provano, a far la dieta: per usare un’immagine, funge un po’ da personal trainer del dimagrimento».

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«Ci tengo al ruolo di first lady»

Cristina Parodi conduce “La vita in diretta” su Raiuno. Ma in città la vedremo spesso: «Amo Bergamo e mi sento molto partecipe degli impegni di Giorgio.Voglio dare tutto il mio contributo»

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’anno perfetto. Almeno sulla carta. Suo marito, Giorgio Gori, è diventato primo cittadino di Bergamo e lei, portavoce di una televisione elegante e misurata, è approdata alla rete ammiraglia della tivù di Stato, certo. Ma dietro i grandi successo ci sono i sacrifici. Passati, presenti e futuri. Cristina Parodi, però, li sa affrontare con quel sorriso dolce e paziente a cui ci ha abituato sul piccolo schermo. Grandi soddisfazioni. Ma è stata dura. «È stata faticosa soprattutto la corsa di Giorgio per diventare sindaco. Ci ha messo molto impegno e tutta la famiglia è felice per lui, per l'obbiettivo raggiunto e per il fatto di iniziare questa avventura a cui teneva moltissimo. E che sta portando avanti con grande passione».

E quanto a lei? «È stata una bellissima soddisfazione essere stata cercata da Raiuno per un programma così importante, storico, della tv pubblica. “La vita in diretta” per me è sempre stato un sogno, una meta, quindi esserne protagonista mi fa molto piacere. Più che altro io la fatica la sto facendo adesso più che prima, perché il programma richiede tantissimo tempo: dura quasi tre ore tutti i giorni e si fa a Roma, per cui il sacrificio di quest'anno è essere lontana da casa, da Bergamo, dalla famiglia». Ne ha parlato con loro, prima di decidere? «Assolutamente sì. A lungo. Alla fine hanno accettato e hanno capito che per me era una sfida importante che andava fatta,

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di Fabio Cuminetti

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però sarà una stagione faticosa. Giorgio a Bergamo, io a Roma, insieme solo per il weekend, con dei figli già grandicelli ma non ancora pronti ad affrontare le cose da soli. Sarebbe meglio essere con loro, certo; ma li sento in continuazione, quindi è tutto sotto controllo. È la sera che è un peccato non stare insieme. Cerchiamo di condensare nel fine settimana i momenti familiari». Il venerdì però lavora da Milano. «Sì, da ottobre sì, così già il giovedì sera posso tornare a casa. Una conquista importante. È una novità anche per il programma, storicamente romano, che apre una finestra su Milano proprio alla vigilia dell'Expo, il che ci dà tanti argomenti. Settori dell'industria, design, moda a Milano sono più vivi e più forti che a Roma, quindi la scommessa è anche quella di far vedere al nostro pubblico un'altra faccia dell'Italia». Le critica è concorde: è piaciuto il recupero della versione classica, divisa tra cronaca e costume. E per lei e Liorni si parla di eleganza e bravura. Lei è soddisfatta o pensa che ci sia qualche miglioria possibile? «Tutto si può migliorare. Poi abbiamo di fronte una stagione lunga e un concorrente fortissimo come “Pomeriggio 5” di Barbara D'Urso. Però è stato un buon inizio e questo ci dà molta carica. Positivo il fatto che il pubblico abbia gradito la nuova formula del programma, e che abbia gradito la coppia di me e Marco Liorni. Per me è un piacere lavorare di nuovo con lui: ci conosciamo da tanto tempo, lo stimo ed è molto simile a me per il tipo di televisione che ci piace fare. C'è un buon feeling e credo che questo arrivi nelle case dei telespettatori, per dare quell'atmosfera di tv accogliente, seria, divertente ma mai sopra le righe. Che è quella che cerca di fare Raiuno». A proposito di Milano, e di moda soprattutto: sembra che sua figlia Benedetta sia interessata a lavorarci, per ora da modella. Cosa ne pensa? «A 18 anni si hanno tanti sogni, e a me piace che ognuno di loro provi ad inseguirli. Non è detto che sia la sua carriera, ma sono tutte esperienze professionali che a quell'età è giusto cominciare a fare.

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Sono cose nuove da imparare, che fanno crescere». Sta ancora studiando? «Certamente, quella è la priorità. Se poi verranno anche degli impegni nella moda son contenta, però non è quello l'obbiettivo principale». Tornando a suo marito: riuscirà ad essere presente agli eventi pubblici al suo fianco, nonostante gli impegni? «Certo, sperando che questi eventi si condensino nel fine settimana, come mi sembra che accada. Ci tengo molto al ruolo di firt lady di Bergamo, perché amo questa città e perché mi sento molto partecipe degli impegni di Giorgio. Se possibile voglio dare tutto il mio contributo. Del resto ho sempre fatto tutto quello che potevo, anche nel campo del sociale, a Bergamo, città molto attiva e generosa: mi

è capitato spesso di essere chiamata come madrina, in passato, dal Cesvi e non solo». Bergamo le piace, quindi. Ma se dovesse trovarci un difetto, quale sarebbe? «Ci si vive benissimo, è piena di belle cose e ha margine per migliorare ulteriormente. Il suo limite è quello di essere un po' provinciale, un po' chiusa in sè stessa. La scommessa su cui sta lavorando molto Giorgio è quella di riuscire a creare delle situazioni che possano attirare persone a Bergamo per valorizzare le tante potenzialità che ha nella gastronomia, nell'arte, nella musica. E una città piena di interessi e di cose che possono essere interessanti per i turisti. Tanto più c'è l'aeroporto. La si può rendere più ricca e più bella, creando posti di lavoro e opportunità per tutti». Ha avuto grande risonanza mediatica l'idea di indossare lo stesso abito di

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Michelle Obama in attesa del risultato del ballottaggio. È stata una scelta solo scaramantica o aveva previsto il clamore che la trovata avrebbe suscitato? «Più che scaramanzia, è stata una citazione di moda. Io sono un'appassionata di moda mi piace molto Michelle Obama, sia come donna che come tipo di immagine che veicola. Mi piaceva quel vestito e ho pensata che sarebbe stato carino indossarlo in quel giorno, e che mi portasse bene. Così è stato. Mai avrei immaginato che avrebbero scritto fiumi di inchiostro, ma va bene così, non me ne pento (ride)». Poi l’abito è stato messo all’asta. «Sì, se l'è aggiudicato Giacomo Agostini per la moglie Maria, che è una mia cara amica e che l'ha già sfoggiato in altre occasioni. Mi ha fatto piacere questo passaggio di mano a una persona cui sono legata». Ha pubblicato il libro “Sei perfetta e non lo sai”. Che consigli dà alle donne? «Mi rivolgo alle donne della mia età, perché il libro è più a mia immagine e somiglianza. Ci sono tanti suggerimenti di moda: credo che ci si possa valorizzare molto con l'abbigliamento, se si riesce a fare tutte le scelte giuste, guardandosi bene allo specchio e valutando quello che ci piace di noi e quello invece che val la pena nascondere. Poi anche facendo scelte mirate di acquisti. Meglio mettersi meno che troppo, "less is best", piuttosto che esagerare con tante cose in aggiunta a un abito. E magari, visti i tempi, cercare di comprare meno ma meglio». Sobrietà, insomma. «La sobrietà paga sempre, nell'eleganza. Poi la furbizia è quella di aggiungere sempre un tocco personale, magari frivolo, magari strano, che rispecchi poi la personalità di ognuno». Ha incontrato Renzi nei corridoi della Rai: cosa vi siete detti? «Mi piacerebbe moltissimo intervistare due persone in questo momento, e portarle in trasmissione: una è la moglie di Renzi, perché non ha mai parlato con nessuno e la considero un tipo molto speciale di first lady. È una donna che mi ispira molto nonostante non la conosca. Quindi a Renzi ho chiesto se poteva mettere una buona parola. Poi mi piacerebbe intervistare la Pascale, anche per par condicio. Berlusconi non l'ho incontrato di recente, altrimenti l'avrei chiesto anche a lui».

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Diritto penale a scuola. Con l’Unicef

L’impegno di avvocati, magistrati, giudici e forze dell’ordine per la diffusione della cultura della legalità. Ne parla Rita Duzioni, responsabile giuridico del progetto pilota, partito nel 2012

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pesso si pensa che l’Unicef si occupi solo dei bambini del Terzo Mondo. «Non è così. I comitati provinciali raccolgono fondi per l'estero, ma si preoccupano giustamente di dare qualcosa, più in termini culturali che materiali, anche ai nostri bambini. E l'Italia è l'unica che non insegna diritto penale a scuola». Una grave lacuna, che andava colmata. Rita Duzioni, avvocato del Foro di Bergamo, dal 2012 è responsabile giuridico del progetto «A scuola di diritti e doveri», corso di legalità penale, appunto, pensato e realizzato per i ragazzi dalla quinta elementare alla terza media. A tenere le lezioni sono avvocati e magistrati. Tutti volontari. L’obbiettivo è chiaro: una

migliore convivenza nel rispetto delle regole e una società più giusta, passando dall’istituzione scuola. Che diventa protagonista della diffusione della cultura della legalità. Quando e com’è nata l’idea del corso? «È nata due anni fa, quando c'era ancora Ermanna Vezzoli a presiedere Unicef Bergamo (oggi la presidente è Anna Pagnini, ndr). Mi aveva incaricato di studiare un corso di legalità per i ragazzi delle superiori, con un format preciso e dettagliato, ritagliato sui reati commessi a quell'età». Poi è cambiato il target. «Mi sono imbattuta nelle rilevazioni Istat dei reati commessi dai minori tra 1998 e 2008. Ho scoperto che il 19%

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dei reati, quasi tutti contro il patrimonio, venivano compiuti dai 10 ai 14 anni, per raggiungere il 21% in Lombardia. Per cui mi sembrava inutile che si partisse a educare alla legalità troppo avanti negli anni: meglio cominciare dalla base. Ho fatto quindi questa proposta coraggiosa alla dottoressa Vezzoli, che ha abbracciato subito l'idea». Perché coraggiosa? «Perché non esisteva nessun corso di legalità per ragazzi in questa fascia di età. È così cominciata quest'avventura che ci ha portato a scoprire nuovi elementi: i primi focolai di bullismo, ad esempio, che si trovano già in quarta-quinta elementare. Le linee guida di Regione Lombardia sul bullismo hanno delle lacune: in 50-60 pagine non si usa mai il termine reato. Invece dei reati vengono commessi eccome. Nello scrivere il format abbiano dunque pensato di dare esempi concreti di come si inquadrano alcuni comportamenti tipici del bullismo. Indicando che tipo di reato si va a commettere». I punti principali della trattazione quali sono? «I reati che maggiormente riguardano i minori, come da rilevazioni Istat. Quindi reati contro il patrimonio quali furto, ricettazione, rapina, appropriazione indebita. Ed estorsione: quando un bambino dice “se non mi dai la merenda, dico che hai copiato”, di questo si tratta. Poi reati contro la vita, dal bullismo “tradizionale” - che comprende lesioni, percosse, ingiuria e diffamazione – fino a quello cibernetico. Parliamo anche di concorso di colpa: la partecipazione anche passiva in una qualche forma di reato rappresenta essa stessa un reato. Se un ragazzo guarda e incita alle botte, ad esempio, rafforza la volontà di chi sta compiendo direttamente l'azione violenta. Invece bisogna sapere che dissociarsi è importante. Però bisogna avere gli strumenti culturali per sapere quando e come farlo». Piace anche molto ai genitori, il corso. «Assolutamente. A partire dal manuale che forniamo ai partecipanti in cui, insieme agli esempi, si forniscono nozioni base di diritto generale e processuale. A ciò aggiungiamo materiale per riflettere, quali articoli di giornale, per parlare di casi reali,

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cinquecento, ma abbiamo fatto delle presentazioni anche nei comuni, tra cui Albino, con dei convegni dalla durata limitata, senza test. Abbiamo anche tastato il terreno delle scuole superiori al liceo Sant'Alessandro: il progetto ha ricevuto un'accoglienza lusinghiera». Quali elementi suscitano maggiore interesse nei ragazzi? «Dipende dalle cronache del momento. Quando c'era la questione di Fabrizio Corona, il calcolo delle pene attirava tantissimo: se l'arresto fosse da conteggiare nel computo totale della pena, ad esempio. Quelli più grandicelli sono interessati a tutto ciò che concerne le droghe. I fatti di cronaca sono anche utili nella spiegazioni: l'anno scorso ad Arcene ho chiesto di farmi un esempio di reato colposo preso dal telegiornale. Un bambino mi ha detto: la Costa Concordia. È stato bravissimo: non era facile». Prendete qualche cautela nello svolgimento delle lezioni? «Vogliamo che ci sia sempre un insegnante in aula, per interagire in modo completo con i ragazzi. Poi, come da protocollo, prima delle lezioni appuriamo se ci siano bambini con disturbi specifici d'apprendimento, o coinvolti - direttamente o per parentela - in casi di reato. Non vogliamo far sentire in imbarazzo, ne criminalizzare nessuno». Ecco chi collabora al progetto

e locali. Alla fine di ogni format - medio, di due giornate; avanzato, di quattro giornate; breve, di un giorno - c'è un test di apprendimento e uno di gradimento. Non solo: organizziamo un incontro tra i ragazzi - che devono fare delle domande e giudici, poliziotti, uomini della Guardia di Finanza. E incontri con la Banca Popolare di Bergamo, che finanzia interamente il progetto e parla di reati legati tipo l'uso della carta di credito del papà». Quindi può partecipare ogni scuola, in base ovviamente alle disponibilità. Gratis. «Si chiede un'offerta libera, ma niente di vincolante». Le forze dell’ordine come vengono

accolte? «Molto bene. Ci sanno fare: portano anche del loro materiale informativo e proiettano dei video molto accattivanti». I test di apprendimento che risultati danno? «Davvero molto buoni: l'anno scorso eravamo attorno a una media dell84% di apprendimento. Quest'anno siamo più o meno sugli stessi livelli. Gli errori più frequenti vengono commessi in quelle domande elaborate a tranello. Sulla conoscenza del diritto siamo rimasti basiti. Anche l'entusiasmo della partecipazione ci fa gongolare». In quanti hanno partecipato? «Il primo anno in seicento. L'anno scorso

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Alla realizzazione del progetto, oltre alla dott. Ermanna Vezzoli e all’avv. Rita Duzioni, hanno collaborato gli avv. Francesca Signorelli, avv. Cristina Maccari, il prof. Franco Signorelli e la proff.ssa Mariella Gamba. Si ricorda che il progetto è sostenuto dall’Ufficio Scolastico Territoriale. Questi i nomi dei docenti volontari: avv. Rita Duzioni, responsabile giuridico; avv. Francesca Signorelli; avv. Cristina Maccari; avv. Andrea Capelli; avv. Lilli Carrara; avv. Sara Vallelonga; avv. Silvia Gazzetti; avv. Patrizia D’arcangelo; vice procuratore onorario dott. Simona Stringhini; vice procuratore onorario dott. Maria Grazia Garobbo. Ringraziamenti particolari per la collaborazione vanno al Corpo della polizia di Stato, all’Accademia della Guardia di Finanza e ai dirigenti della Banca Popolare di Bergamo. Contatti: avv. Rita Duzioni, via Taramelli 2, Bergamo, tel. 035.233072, ritaduzioni@studioduzioni.it. Segreteria organizzativa Unicef - Comitato di Bergamo: comitato.bergamo@unicef.it, tel. 035/219517.

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Inter vista

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Centro Implantologico Tramonte: l'odontoiatria è un bene comune

l dictat principale del Centro Implantologico Tramonte è, da sempre, la volontà di mettere al centro di tutto il paziente, prendendosene cura in ogni aspetto. Le tecniche operative all’avanguardia e le tecnologie degli strumenti utilizzati dal dott. Silvano Tramonte, Implantologo di fama mondiale e direttore sanitario del Centro, e dal suo staff consentono infatti di offrire un servizio completo a vantaggio del paziente, la cui storia personale resta sempre in primo piano. Al centro, infatti, c'è l'uomo, con il suo bagaglio di esperienze, le sue problematicità e le sue fragilità nello scegliere di affrontare interventi e sedute. Nessuna magia, ma una filosofia che porta il Centro Implantologico Tramonte ad

affrontare insieme al paziente un piano di cure studiato su misura e volto a migliorare le condizioni della persona, curandone non solo bocca e denti, ma anche prendendosi cura della salute generale, con una particolare attenzione anche alla sfera psicologica. “Da sempre la missione del Centro è quella di considerare il paziente il cuore del nostro lavoro - spiega il dott. Silvano Tramonte -. Se partiamo dal presupposto che il paziente è il cardine del nostro lavoro, che la salute è un bene da preservare e salvaguardare dando priorità alla persona e non solo al mero profitto, è presto spiegata l'attenzione e la dedizione che riserviamo al nostro paziente. Chi apre la porta del nostro studio per affidarsi alle nostre cure sa benissimo che prima ancora di eseguire qualunque anamnesi o

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Fotografie a cura di Federico Buscarino

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stilare qualsivoglia piano di lavoro, sarà fondamentale instaurare un rapporto di fiducia. Puntiamo a conoscere chi abbiamo di fronte, per capire e comprendere paure e preoccupazioni al fine di intervenire al meglio, poi, dal punto di vista lavorativo. In parole povere, ci prendiamo cura di lui”. Questo significa mettere il paziente al centro del sistema salute, conquistandone la fiducia: “Dalle forme di prevenzione primarie fino ai tumori del cavo orale, il nostro punto di partenza è sempre e comunque lo stesso: preoccuparci della salute globale di chi abbiamo davanti. Sono i racconti, i dubbi, le paure, le reazioni e le richieste del paziente che fanno la terapia,

che ci permettono di costruire un percorso su misura, cercando di offrire il trattamento adeguato in funzione alle necessità soggettive. Il Centro indirizza le sue scelte sulla deontologia professionale che ci appartiene e sulla passione per questa professione”. Le attenzioni e la cura al paziente non si esauriscono nel tempo, al contrario rimangono una costante: “Il paziente non viene mai lasciato solo. L’impegno del Centro a garantirgli non solo cure efficaci, ma anche un supporto a trecentosessanta gradi, continua nel tempo. Il Centro si fa carico della persona e di tutte le sue problematiche a partire dalla prima visita fino alla fase post operatoria. Siamo sempre vigili

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e presenti, pronti a sostenere il paziente in ogni fase del lavoro e anche successivamente, per rispondere a domande, dubbi o perplessità. Chi si rivolge a noi sa che potrà chiamare, domandare e confrontarsi con medico e staff per qualunque evenienza. Noi ci siamo, sempre”. Il benessere e la cura della persona vanno necessariamente di pari passo con l'eccellenza che da sempre contraddistingue il Centro: “Senza professionalità, esperienza di lungo corso e competenze, qualunque filosofia di partenza sarebbe vana. Il nostro lavoro, infatti, si fonda sul binomio perfetto tra attenzione al paziente e capacità di intervento, quest'ultima intesa come qualità negli strumenti utilizzati e innovazione. Affrontiamo infatti le varie specialità della moderna odontoiatria e implantologia avvalendoci delle più moderne tecnologie disponibili, affidando le cure dei pazienti a personale preparato e costantemente aggiornato, e qualsiasi trattamento proposto è sempre basato su evidenze validate scientificamente, frutto del lavoro di squadra e del nostro team. Tutto questo, ovviamente, senza perdere di vista l'aspetto umano dell'essere medici e dispensatori di salute ai nostri pazienti”. Perché al Centro Implantologico Tramonte la salute passa prima dalla persona.

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VERIFICHE PROTEZIONI INTERFACCIA AT-MT-BT NOLEGGIO della strumentazione compresa di personale tecnico SOSTITUZIONE dei sistemi di protezione obsoleti VERIFICA sistemi di protezione MT-BT integrati con apposite cassette prova COLLAUDO E MESSA IN SERVIZIO di sistemi di protezione mediante iniezione PRIMARIA e SECONDARIA delle grandezze da verificare

NORMATIVE CEI 0-16 CEI 0-21 Allegato Terna A70

Con il nuovo sistema di prova trifase RTS-3 (conforme alle normative CEI 0-16, CEI 0-21, all’allegato TERNA A70 e alla delibera ENEL AEEG 84/2012/R/EEL), siamo in grado di verificare IN CAMPO tutti i sistemi di interfaccia AT-MT-BT, compresi i sensori THYSENSOR e relè ABB con la conversione in segnali di basso livello.

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v i a Te r m i n i , 7 / c - 2 4 0 4 0 O s i o S o p r a ( B e r g a m o ) - Te l . 0 3 5 5 0 2 8 1 8 - F a x 0 3 5 5 0 2 8 2 0 - w w w . c m m e . i t - i n f o @ c m m e . i t



EDILFARE Piscine, dal 1997 leader nella realizzazione di piscine su misura L’acqua è l’elemento dell’armonia, del benessere, della vita per eccellenza e dare “forma” all’acqua richiede sapienza. Edilfare Piscine sa bene che creare una piscina o un centro benessere è molto più di un’opera muraria e idraulica, bensì è un lavoro d’eccellenza e di maestria. La realizzazione della struttura e di altri particolari costruttivi, unita alla partnership con i principali produttori di componenti a livello mondiale, permette a Edilfare Piscine di garantire il migliore rapporto qualità-prezzo. Dal 1997, Edilfare Piscine dà vita a desideri e fantasie dei clienti, per costruire sogni di acqua a loro immagine e somiglianza. Sono oltre 500 le realizzazioni che, a oggi, Fabio Signorelli, appassionato fondatore del marchio, e il suo team hanno realizzato in quasi due decenni di esperienza e di filosofia di soddisfazione del Cliente e rispetto dei luoghi. La definizione di un progetto, infatti, parte dall’ambiente, dalla necessità di viverlo, comprenderlo ed esaltarlo. Da questi presupposti Edilfare Piscine ha sviluppato il know-how e la conoscenza che permettono di realizzare piscine di ogni forma e dimensione, per uso sia privato che pubblico.

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Inter vista

«La nostra forza? Anticipiamo il mercato»

La Vin Service che ha fondato nel 1976 con il marito Riccardo è un modello di intuizione, innovazione, compattezza. Ora il riconoscimento: lo scorso 23 maggio Daniela Guadalupi è stata nominata Cavaliere del Lavoro

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l mondo non lo si conquista per caso. Ci vuole il prodotto giusto, l’innovazione tecnologica, il fiuto imprenditoriale per anticipare il mercato. E sapersi migliorare, perché la creatività e la fantasia italiana non bastano. Bisogna unirle all'efficienza dei tedeschi e alla dedizione al lavoro dei giapponesi. Fondata nel 1976 sulla scorta dell’intuizione del vino in fusti, la Vin Service di Zanica, specializzata nella produzione di impianti di spillatura di birra e bevande (è stata la prima ad utilizzare l'anidride carbonica, nel pieno rispetto dei protocolli di Kyoto), si sa migliorare, e continua a crescere. Alla passione di Riccardo Guadalupi e di sua moglie Daniela si è unita quella dei figli Vittoria e Giulio: seguendo rispettivamente la parte commerciale e la finanziaria la prima, e la parte industriale

e la ricerca e sviluppo il secondo, portano avanti una storia di successo internazionale certificata dal prestigio dei clienti. A partire da Coca Cola, Pepsi e Heineken. La parabola aziendale è culminata, lo scorso 23 maggio, nel riconoscimento più prestigioso per un imprenditore: Daniela Guadalupi – anche presidente della Fondazione Armr, che si occupa della ricerca sulle malattie rare, e dal 2007 Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana – è stata nominata Cavaliere del Lavoro dal presidente Napolitano. E pensare che tutto è partito da una richiesta di Autogrill per un quantitativo di vino distribuito da botti a caduta. Suo marito era direttore della Cantina Sociale Bergamasca, a San Paolo d’Argon. Nacque l’idea del vino

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in fusti e di un sistema di raffreddamento che non causasse shock termici. E nacque la Vin Service. «Esatto. Da un momento di difficoltà, e dalla capacità di ascolto delle esigenze del cliente, è cominciato tutto». Di buone idee, poi, ne avete avute tante altre. E non si è trattato semplicemente di saper ascoltare il cliente. «Abbiamo più volte anticipato le richieste, e anticipato il mercato. È stata la nostra forza. Talvolta siamo stati persino troppo innovativi. Il merito è stato di mio marito nel passato, e oggi dei miei figli: il saper guardare avanti, l'essere sempre alla ricerca di nuove metodologie, ha permesso di proporre al cliente soluzioni all'avanguardia. Il tipo di prodotto in sé potrebbe essere privo di tecnologia, e invece noi cerchiamo di dare una risposta articolata e completa a nuovi modi di servire il mercato del beverage, non solo di fornire un pezzo. È questa la nostra filosofia». Ricerca e innovazione tecnologica. Fermo restando il design italiano. «Assolutamente sì, ci è sempre stato riconosciuto un alto standard anche da questo punto di vista. I prodotti in genere sono facilmente replicabili, specie nei mercati asiatici. I nostri hanno un forte imprinting, quindi si espongono meno alla contraffazione: è l'imposizione di un

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marchio che ha dietro, appunto, design, innovazione, ricerca». Il passaggio generazionale c'è stato. È avvenuto di comune accordo, l'ingresso dei figli in azienda? «L'artefice dell'azienda è mio marito; io mi sono sempre occupata solo della parte commerciale. L'abbiamo fondata quando i nostri figli avevano 6 anni e 3 anni, e io ho sempre viaggiato per tutto il mondo: per questo hanno sempre visto la Vin Service come un terzo fratello. Quindi è stato naturale per loro entrarci: hanno seguito tutto lo sviluppo da zero in avanti, fin da ragazzini, venendo con noi alle fiere all'estero, compatibilmente con gli impegni scolastici. Ecco perché oggi sono così bravi». Quando è partita la “scalata” internazionale? «La prima fiera negli Stati Uniti a cui abbiamo presto parte, a San Francisco, è stata nell'86: abbiamo esposto i nostri prodotti che per loro erano molto all'avanguardia. Due anni dopo abbiamo avuto un grande successo in Cina: lì c’erano solo birrerie di stato, e avendo preso una commessa grande con la Tsingtao, la birra più diffusa, le piccole arrivarono a ruota. È come avviene nell'arte: lì hanno una tendenza a ricopiare i capolavori, perché il prodotto di valore va ripetuto, senza quel

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connotato negativo che avrebbe da noi il realizzare una copia. Hanno investito molto in macchine di infustamento, in fusti e in apparecchi di distribuzione di bevande. Purtroppo è mancata la cultura della sanificazione e del lavaggio degli impianti di spillatura, quindi la qualità della birra alla spina è inferiore agli standard europei: così, con la diffusione delle birre in bottiglia, il mercato del draft è ora in ribasso». Negli anni di crisi non avete mai abbassato la guardia: avete tenuto ben stretti i collaboratori storici, senza ricorrere agli ammortizzatori sociali. «Abbiamo reinvestito, per non ricorrere alla cassa integrazione. Questo ci ha ripagato in termini di cooperazione con i nostri dipendenti, tant'è che ora quando ci sono picchi di lavoro ricordano cosa abbiamo fatto nei periodi meno floridi: non abbiamo lasciato indietro nessuno. La nostra politica e di far crescere dal vivaio aziendale i posti apicali; infatti abbiamo pochissima rotazione di personale e ci sono con noi ancora i primi dipendenti, magari nel frattempo diventati consulenti.


C'è una forte fidelizzazione: ci riconosciamo tutti in una grande famiglia, con un obbiettivo comune». Quanti dipendenti avete? «Un centinaio di interni, più tutta una rete di agenti e di depositi sul territorio italiano, a cui si aggiunge la rete di agenti e distributori in tutto il mondo, visto che esportiamo l'85% della nostra produzione». Previsioni di crescita per quest’anno? «Discrete, intorno al 7-8%, anche se il mercato è sempre più competitivo. Bisogna sempre essere all'avanguardia, tenendo d'occhio anche i costi e la redditività dell'impresa. Bisogna saper tenere saldamente le briglie». Veniamo al titolo di Cavaliere del Lavoro. Cosa ha significato per lei? «Già diventare Cavaliere della Repubblica mi era sembrato un grandissimo traguardo. Questa ulteriore nomina mi è giunta del tutto inaspettata. Ci tengo moltissimo a ringraziare l'ingegner Domenico Bosatelli, presidente della Gewiss, perché ha sempre creduto in noi. Non abbiamo rapporti d'affari ma ci conosciamo da tanti anni: ci ha sempre seguito con molto interesse perché forse ha visto in noi quello spirito creativo che lo ha portato a così alti traguardi. I nostri traguardi sono incomparabilmente inferiori a quelli di una Gewiss, però penso che l'ingegner Bosatelli abbia portato avanti la nostra candidatura per rendere merito a tutte le piccole e medie imprese del territorio che sono comunque lo scheletro dell'azienda Italia». Una sorpresa, e un grande piacere. «È anche un punto di partenza: entrare

nella federazione dei Cavalieri del Lavoro mi permette di migliorare la mia formazione, anche nei confronti dei nostri stakeholder - collaboratori, clienti, fornitori - e degli altri Cavalieri del Lavoro, da cui posso apprendere molto e a cui posso dare molto». Se dovesse citare un modello imprenditoriale, chi sceglierebbe? «Sicuramente Camillo e Adriano Olivetti sono una grande fonte d'ispirazione. Io spero di essere riuscita, nella nostra azienda, a portare avanti la valorizzazione di ciascun dipendente visto come persona. Tenendo presente cioè la logica che in azienda si dovrebbe lavorare felici, compatibilmente con quanto di utopico ci possa essere in questa frase. Che però utopica non è: se c'è un reciproco sforzo di comprendersi, si diventa una grande famiglia con tutti i vantaggi che ciò comporta e senza paternalismo». Un esempio? «Io credo molto nella famiglia. Quindi, compatibilmente con i diversi ruoli lavorativi, lasciamo una certa elasticità ai padri e alle madri che hanno necessità particolari nell'accompagnare i figli a scuola. Inoltre incentiviamo maternità e paternità dando un buono da mille euro a Natale a chi ha avuto un figlio nell'anno. Siamo per le "mamme che aspettano". C'è però un altro aspetto fondamentale: quando una mamma aspetta non dev'essere del tutto avulsa dalla vita dell'azienda: anche durante il periodo di maternità, fare una telefonata e rimanere in contatto è importante per evitare quel senso di spaesamento in fase di rientro. Il legame deve continuare, niente break mentale, compa-

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tibilmente col riposo, che è necessario. Ci vuole equilibrio, armonizzazione». Ricerca in azienda, e in solidarietà: lei è presidente di Armr. «L'abbiamo fondata 21 anni fa e la sosteniamo con forza. Abbiamo 21 delegazioni in tutta Italia e una a Lugano. Ogni anno diamo il controvalore di 120mila euro espresso in sei borse di studio - date a ricercatori in base a un bando di concorso internazionale - da 18mila euro ciascuna e sei Grant, affinché i nostri ricercatori possano andare ai congressi e a condividere i risultati con i colleghi in tutto il mondo. La cerimonia di consegna quest'anno sarà il 29 novembre». Un aiuto in un settore che in Italia ne ha parecchio bisogno. «Soprattutto in tema di malattie rare, che hanno tempi di diagnosi di 5 anni. Il paziente e i familiari vivono un senso totale di impotenza. Tramite il nostro centro Aldo e Cele Daccò di Ranica, dell'Istituto Mario Negri, diamo speranza anche a chi ancora non ha un protocollo di cura. Abbiamo tantissimi volontari. Quest'anno inoltre ci è stato dato in eredità un appartamento in via Pezzotta a Bergamo: l'abbiamo ristrutturato e ora ci sono tre camere da letto a disposizione di parenti dei pazienti e ricercatori. Uno sforzo ulteriore, un nuovo passo avanti». Veniamo alla congiuntura economica negativa. L’Italia riuscirà a uscire dalla stagnazione? «L'Italia può e deve farcela. Serve ottimismo non di facciata ma d'azione: rimboccarsi le maniche, vedere il bicchiere mezzo pieno e cercare di riempirlo del tutto. Particolare attenzione merita la disoccupazione giovanile e over 50. Fondamentale sono istruzione e formazione: tutti devono impegnarsi, bisogna fare fatica. Specializzarsi è utile: di persone tuttofare non c'è più necessità. Se poi uno aspira a fare il caporeparto e il posto c'è solo all'interno del reparto, bisogna andarci non vivendolo come un declassamento ma per farlo nel migliore dei mondi, e poi crescere. Come diceva Napoleone, ognuno può avere il bastone del comando nello zaino. Bisogna sapersi mettere in gioco, guardarsi in giro, cogliere le opportunità e avere la forza di andare avanti. Crederci».

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Talento, impegno e passione

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l talento non è una qualità astratta ma si manifesta nella quotidianità sotto forma di creatività, passione, impegno e determinazione. E si può esprimere sia sotto forma di prodotto culturale/ artistico, sia come proficuo ed originale percorso di studio. O, ancora, come brillante carriera professionale. Per questa ragione, anche nel 2014 LUBERG premierà laureati e studenti che nel corso dell'anno si saranno distinti per il loro talento, conferendo il riconoscimento ai vincitori del concorso letterario 2014 e nominando il laureato e i neolaureati dell'anno. La cerimonia di premiazione si terrà nel mese di novembre presso il Teatro Donizetti. CONCORSO LETTERARIO Il concorso letterario è stato rinnovato anche nel 2014 per dare la possibilità a studenti e laureati dell'università di Bergamo di esprimere le proprie doti artistiche ed intellettuali. Il concorso si rivolge infatti ai soci LUBERG, ai laureati e agli studenti di tutti i dipartimenti dell’università di Bergamo che abbiano una storia da raccontare e desiderino confrontarsi con i docenti dell'ateneo cittadino. La giuria selezionerà una rosa di finalisti e, tra questi, identificherà i tre vincitori. I racconti dei finalisti saranno pubblicati

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Locatelli, nel 2009, a Nino Di Paolo, nel 2010, a Massimo Von Wunster nel 2011 e a Giovanna Ricuperati nel 2012.

in un volume edito da Sestante Edizioni. Ai vincitori verrà corrisposto un premio in denaro rispettivamente di 1.000 Euro al primo classificato, 500 Euro al secondo classificato e 250 Euro al terzo classificato. Ogni partecipante potrà inviare un racconto inedito sul tema “Trasformazione e rinnovamento nella società, nella scuola, nel lavoro, nelle relazioni personali” della lunghezza massima di dieci cartelle e non superiore a 20.000 battute. Gli elaborati dovranno pervenire entro il 20 ottobre prossimo alla Segreteria di LUBERG presso l’Università degli Studi di Bergamo (via dei Caniana 2, 24127 Bergamo). Il regolamento del concorso, la scheda d’iscrizione e la liberatoria, sono disponibili sul sito www.luberg.it LAUREATO DELL'ANNO Sin dalla sua costituzione LUBERG ha posto nel suo programma di individuare e premiare un laureato encomiabile dell’Università di Bergamo. La selezione del laureato dell’anno sarà effettuata tra i laureati che hanno raggiunto eccellenti traguardi professionali, distinguendosi per capacità e intraprendenza nei campi dell’industria, del commercio, della finanza, della Pubblica Amministrazione o del mondo Accademico. Le precedenti edizioni hanno visto l'assegnazione del riconoscimento a Maria Pia

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NEOLAUREATI DELL'ANNO Il titolo di neolaureato dell'anno sarà conferito ai neolaureati (uno per dipartimento) che si sono distinti per un curriculum studiorum particolarmente brillante, per i risultati conseguiti nel corso di laurea, per l’originalità, per il rigore scientifico della tesi o per i tempi di conseguimento della laurea medesima. Lo scorso anno sono stati insigniti del premio neolaureato dell’anno Greta Ambrogi, Darwine Delvecchio, Stefano Duci, Barbara Galbusera, Gabriele Pellicioli, Laura Soldano. COME ASSOCIARSI A LUBERG Se ti riconosci nella mission di LUBERG sostieni l’associazione: avrai l'opportunità di contribuire a valorizzare l'università di Bergamo e a rafforzarne il legame con la città. - I SOCI ORDINARI Tutti coloro che abbiano conseguito presso l'Università una laurea, un diploma universitario, una laurea (D.M. 509/99), una laurea specialistica, una laurea magistrale, in qualsiasi momento questo sia avvenuto, possono diventare soci ordinari mediante il versamento della quota annua associativa di 20 Euro per i laureati fino ai 30 anni d'età e di 50 Euro per i laureati oltre i oltre i 30 anni. - I SOCI SOSTENITORI S on o con s ide ra ti so c i so ste ni to r i dell'associazione le persone fisiche e/o giuridiche, gli Enti e le Associazioni che si impegnano a sostenere economicamente l'Associazione mediante un contributo annuale o una tantum. Per maggiori informazioni sulle modalità di iscrizione o rinnovo della quota associativa, consulta il sito Luberg.it alla sezione "SOCI".


Associazione Italiana Maggiordomi Elisa Dal Bosco, Presidente www.maggiordomi.it info@maggiordomi.it m. +39 3496187963 sede: via S.Pellico 8, 20121 Milano presso Seven Stars Galleria

Area Bergamo Emanuela Lanfranco bergamo@maggiordomi.it c. +39 335 6073544 t. +39 035 232395


*Cucina di Chicco Cerea

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agic Chefs, una cena a 15 stelle. 30 tavoli

300 ospiti 30 cuochi 18 sommelier professionisti 34 camerieri Uno stuolo di tecnici, maghi, assistenti, hostess, fotografi… Cosa accade ? Una cena-evento unica, irripetibile, magica, viene davvero voglia di esagerare presentandola, la prima cena al mondo che mette insieme otto chef stellati e sei celebri illusionisti. La data: 11 settembre 2014. Il luogo: il nuovo MAUTO, Museo Nazionale dell’Automobile. La finalità: la solidarietà a favore dell’Ospedale Pediatrico MAS Children Teaching Hospital di Hargeisa in Somalia. L’idea è di Marco Berry, artista-illusionista di professione, cuoco per passione, che ha travolto Chicco e Bobo Cerea con la sua ferrea determinazione nel perseguire un unico scopo: aiutare i bambini. E non si è potuto far altro che metterci il cuore e “fare le cose in grande”. IL MENU Astice alla crema di peperoni dolci Di Gualtiero Marchesi Tagliatelle di seppia al nero con salsa di cozze Di Gennaro Esposito Lasagna di pesce in bianco con salsa di cocco, prezzemolo e lime Di Moreno Cedroni OTT-NOV 2014

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Plin alla genovese, salsiccia di Bra e aria di Parmigiano Di Antonino Cannavacciuolo Merluzzo alla mediterranea in giallo Di Chicco e Bobo Cerea Papero al melarancio Di Davide Scabin Zuppa di piccolit con frutta, verdura e crema di fava tonka Di Emanuele Scarello Sull’altro fronte, quello della magia, è stato un susseguirsi di big sul palco; da Arturo Brachetti a Raul Cremona, il Mago Forrest, Alexander, Gaetano Triggiano e Samuel, il centriloquo vincitore di Italia’s Got Talent 2013, più gli artisti del Club Arte Magica di Milano e del Circolo della Magia di Torino. Ad accompagnare i piatti, 5 vini d’eccellenza offerti da Franco Martinetti, unico italiano nell’Academie Du vin e vero e proprio gourmet. E poi ancora Lavazza, Sparea e Icam che hanno subito accettato di dare il loro sostegno. Ma, parafrasando J.K. Chesterton, posso affermare che “il mondo non morirà di fame per mancanza di meraviglie, quanto per la mancanza di meraviglia.” La dignità che ha reso veramente artisti questi maghi e questi chef è stato il risvegliarci e il tener vivo il senso di meraviglia nel mondo “cosicché un uomo seduto su una sedia potesse comprendere all’improvviso di essere veramente vivo, ed essere felice.”


MECCATRONICA | AUTOMAZIONE | ROBOTICA | SISTEMI DI VISIONE | MACCHINE SPECIALI DI ASSEMBLAGGIO | MODULI PER AUTOMAZIONE

Un’orchestra di know how Una sinfonia di soluzioni In Cosberg studiamo, progettiamo e costruiamo soluzioni per l’automazione dei processi di assemblaggio. In Cosberg, crediamo nella cultura d’impresa: il nostro sapere e la volontà di spingerci sempre oltre con nuove applicazioni e tecnologie sono lo strumento e l’obiettivo quotidiano del nostro lavoro. Solo così, condividendo come una grande orchestra know how, responsabilità e performance, riusciamo a proporre ai mercati di tutto il mondo sistemi per l’automazione completamente personalizzati. Solo così, possiamo fornire una partnership tecnologica d’eccellenza per lo sviluppo ed il co-engineering. Solo così, Cosberg continua a comporre la sinfonia dell’innovazione.

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*Golf di Mario Ugo Pasini Professionista presso il Golf Parco dei Colli Bergamo

Il colpo dal bunker

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l colpo dal bunker viene spesso considerato dai neofiti o dai giocatori di medio alto handicap, un colpo difficile, mentre per il buon giocatore o il professionista è un colpo facile. In generale lo considero un colpo facile. Il motivo di questa mia considerazione nasce dal fatto che è un colpo nel quale la faccia del bastone non ha contatto con la palla, ma è la sabbia, attraverso l'impatto, a spingerla fuori dal bunker. Spesso mi capita, durante le lezioni, di rimettermi nei panni del neofita e capisco la difficoltà di giocare questo colpo in maniera spensierata, cercare di non colpire la palla ma la sabbia per far si che la palla si alzi in volo e superi una sponda più o meno alta fermandosi sul green magari vicino alla bandiera. Non è sicuramente cosa facile. Per giocare un buon colpo, dobbiamo permettere al bastone di entrare nella sabbia nel punto corretto e di essere veloce attraverso l'impatto con la stessa, e al corpo di rimanere in equilibrio durante tutto lo swing. Tutto ciò è facilitato se la tecnica del nostro swing ci sostiene e se rispettiamo alcuni accorgimenti che ora vi descrivo. Iniziate sempre impugnando il bastone con lo stesso grip del gioco lungo, ma con la faccia del bastone leggermente aperta, di modo che la suola del bastone possa scivolare all'impatto con la sabbia e non incastrarsi. A questo punto l'obbligo di allineare il corpo leggermente più a sinistra (giocatori destri) o leggermente più a destra (giocatori mancini) crea quella compensazione necessaria per indirizzare la palla al bersaglio.

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Lo stance è aperto per compensare l'apertura della faccia del bastone. La palla partirà seguendo la linea tratteggiata

Affossare i piedi nel bunker (con la palla spostata più verso il piede sinistro) aumenta la stabilità del giocatore e gli permette di colpire più facilmente la sabbia per effetto di un'abbassamento del baricentro del corpo verso il terreno. Il peso del corpo appoggiato maggiormente sul piede sinistro, e un'allineamento aperto, producono un'angolo di salita e di discesa

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del bastone verticale verso il terreno e quindi un volo di palla più alto, con maggior backspin. Questo colpo normalmente viene giocato con un sand 56° e uno swing lungo. Muovere un po' più le braccia nel backswing facendo ruotare sempre bene il corpo in avanti permette al bastone di essere sufficientemente veloce e verticale da spingere fuori dal bunker sabbia e palla. Il consiglio, per i buoni giocatori, è di provare in campo pratica qualche colpo dal bunker prima di iniziare il giro per conoscere il tipo e la consistenza di sabbia, mentre per i neofiti è meglio imparare fin da subito a giocare il colpo senza appoggiare il bastone sul terreno, considerando che le regole non permettono di partire con il bastone appoggiato nella sabbia.



*Motori Saul Mariani

Bmw Serie 2 Active Tourer, prima Bmw a trazione anteriore

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ensata per le giovani famiglie e per i «silver age» (gli over 60). Ma soprattutto a trazione anteriore: è la prima volta, nella lunga storia (quasi un secolo) della Bmw, che accade. Per sottolineare la svolta epocale, il lancio la nuova Bmw Serie 2 Active Tourer, lo scorso luglio, si è svolto all’insegna dello stupore. A partire dallo location, a 3.050 metri di altitudine: all'avveniristico rifugio di Ice-Q, nelle Alpi di Otztal, il gioiello della Casa di Monaco è arrivato saldamente caricato sulla struttura della moderna cabinovia che collega quota 2.100 con la vetta del monte Gaislachkogl. Chiaro il messaggio: questo modello punta a svettare sulle dirette rivali, posizionandosi in una fascia di mercato, quella delle compatte premium, in costante crescita.

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Questo modello inedito, che può contare non solo sulla nuova architettura a trazione anteriore con motore trasversale (parzialmente condivisa con l'ultima generazione Mini) ma anche sulla nuova famiglia di motori «modulari» a 3 e 4 cilindri, benzina e diesel, ha un’arma di grande rilievo: il prezzo. Porta d’ingresso al mondo Bmw, Serie 2 Active Tourer è infatti proposta con un listino che varia dai 26.950 euro della 218i ai 41.550,00 della 225i Luxury. Prima della stagione dello sci arriverà anche la variante X-Drive a trazione integrale. Riconoscibile il carisma Bmw nel design e nella qualità percepibile all'esterno ad all'interno. La lunghezza è di 4,342 metri, la larghezza di 1,8 metri e l'altezza di 1,555 metri, così da soddisfare le esigenze di mobilità anche urbana ed offrendo una

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generosa spaziosità. Il posto di guida è più alto di 11,5 cm rispetto ad una Serie 1 e di 3 cm nel confronto con la X1. Ma ancora più «inaspettata» è l'ampiezza ai posti posteriori, con molto posto per le gambe, con la disponibilità di un bracciolo davvero comodo e - in alcune versioni - la possibilità di regolare l'inclinazione dello schienale. In coda c'è posto per bagagli con un volume di 468 litri, che salgono a 1.510 abbattendo il sedile. Inutile cercare difetti nella guidabilità e del comportamento stradale: lo sterzo è preciso ed esente da reazioni come quello delle Serie 1 o delle Serie 3, con sospensioni che dimostrano come il Dna della marca sia stato trasferito efficacemente in uno schema solo in apparenza inedito per il Gruppo. Promossi a pieni voti anche i nuovi motori turbo a tre e quattro cilindri, con elevati livelli di efficienza. Il tre cilindri a benzina da 136 Cv della 218i Active Tourer fissa il consumo a 4,9 l/100 km, con emissioni di CO2 nel ciclo combinato pari a 115 g/km con cambio manuale a sei rapporti. Decisamente interessante, per il mercato bergamasco, il turbodiesel 4 cilindri da 150 Cv della 218d: la coppia di 330 Nm assicura prestazioni brillanti in ogni condizione, con un tempo di 8,9 secondi per passare da 0 a 100 km/h, ma con emissioni di CO2 a 109 g/km e un consumo a 4,1 litri per 100 km.


CENTRO DI RADIOLOGIA E FISIOTERAPIA Accreditato ASL Dir. San.: Dr. R. Suardi Radiologia Diagnostica per Immagini Fisioterapia e Riabilitazione Riabilitazione Domiciliare (ex art. 26) Terapia Fisica Chiropratica Visite specialistiche Punto Prelievi Polo Odontoiatrico www.centroradiofisio.it - info@centroradiofisio.it Bergamo, Via Passo del Vivione, 7 - Gorle, Via Roma, 28 Tel.: 035/290636 – 035/4236140 – Fax: 035/290358

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*Sanità Prof.Dott.ssa Domenico Vergnaghi Borgh Presidente Associazione chirurgo plastico Tricologica Svenson ed estetico

Miniliposuzione e blefaroplastica: interventi dai risultati immediati Xxxxxx

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t uoili capelli sono accumuli in cadutaadiposi libera? antiestetici Niente panico: percontate aiutaregrazie le persone hanno le ore alla a riconoscersi MiniLipo,non unaserve. liposuzione soft per dire addio a quella tradizionale.

Centro Medico m.r.

Unviagiorno e decidi, semplice-Roma ti32svegli - Gorle - 035.4236140 mente, di dire basta. Basta ad una forma www.centromedicomr.it che non è più quella di una volta, a una figura esteriore nella quale non ti riconosci più. Troppe volte hai rimandato la soluzione, troppe volte hai detto... domani. Oggi ti rendi conto che devi fare di più, che meriti di più. La domanda a questo punto è cosa fare, e soprattutto, come non sbagliare. La risposta è miniliposuzione: grazie a tecniche sempre più sofisticate, la minilipo oggi permette di eliminare tessuto adiposo in aree specifiche come la parte alta delle gambe, i glutei, i fianchi, l'addome e le ginocchia. E' un intervento effettuato in ambulatorio chirurgico, in anestesia locale, che corregge e riarmonizza le forme, con risultati efficaci e duraturi: una soluzione rapida, ma anche definitiva. Una soluzione che non ha rivali, nel soddisfare il tuo desiderio di riprenderti la forma! Ne abbiamo parlato con la dott.ssa Borgh, chirurgo plastico ed estetico che oltre ad operare a Bergamo presso il Centro Medico, opera anche a Roma e Parigi. Che tipo di intervento è la miniliposuzione? La minilipo è un trattamento di liposculFEB-MAR OTT-NOV 2013 2014

tura laser-assistito di concezione totalmente rivoluzionaria, così minimamente traumatico da esercitare un forte appeal su un target infinitamente più ampio di quello interessato ai metodi di intervento tradizionali. Ciò permette di offrire una tecnica più “leggera”, molto apprezzata dai pazienti. L'intervento si effettua in ambulatorio chirurgico in anestesia locale o in sedazione ed è sempre presente, per garantire un elevato livello di sicurezza, un anestesista. A chi è rivolta? Una volta che il corpo è completamente sviluppato non ci sono limiti dì età per sottoporsi all'intervento di mini liposuzione. Chiunque goda di buona salute, confermata dagli esami diagnostici, può affrontare tranquillamente l'operazione volta all'eliminazione dell'adiposità localizzata e del grasso in eccesso. La mini liposuzione è una tecnica chirurgica ormai ben collaudata e sicura, a patto che venga effettuata in una struttura idonea. E per il ringiovanimento del viso? Un intervento che si effettua, sempre in ambulatorio chirurgico, per il ringiovenimento del viso è la blefaroplastica superiore finalizzato ad eliminare le “borse palpebrali” che conferiscono allo sguardo un'espressione triste e stanca: questo intervento corregge gli inestetismi dell'occhio dovuti sia a fattori congeniti che a fisiologici processi di invecchiamento. Gli occhi sono lo specchio dell’anima

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e le palpebre sono la cornice di questo specchio. La blefaroplastica viene praticata in anestesia locale, in genere in abbinamento con una sedazione cosciente, in modo da non essere completamente vigili nel corso dell’intervento. L’anestesia generale per questo tipo di procedura ormai è quasi completamente abbandonata. I tempi operatori per una blefaroplastica completa bilaterale sono all’incirca di un'ora, ma chiaramente possono variare se la procedura è parte di un intervento più esteso, come il lifting del viso. Per chi è indicata la blefaroplastica? In genere a richiedere la blefaroplastica per ringiovanire lo sguardo sono persone al di sopra dei 35 anni, mentre i pazienti più giovani spesso la richiedono per fattori ereditari, quindi per ritoccare la forma e il taglio degli occhi. L’anatomia personale e la qualità dei tessuti di ciascuno sono elementi che determinano la diversità dei risultati di un intervento di chirurgia estetica


*Arte Mario Donizetti

Anticultura, crisi artistica e crisi economica

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tempi di decadenza culturale sono sempre caratterizzati dall’ abuso del termine “cultura”. Oggi quello che sembra nobilitare una persona è il semplice suo coltivare, ossia coltivare per coltivare e, mi sembra, sia più apprezzata la coltivazione di cose inutili. Mi sembra che nel nostro tempo non si distingua il valore del coltivare prezzemolo o del coltivare cicuta che, per la loro forma, possono essere scambiati l’una per l’altro. Quello che conta non è l’ oggetto di crescita positiva alla vita associata, ma coltivare l’ oggetto che la distrugge. Non è possibile immaginare una persona colta dedita alla distruzione della cultura e del coltivato positivo degli avi e, invece, oggi, in molti credono di far cultura coltivando chi distrugge cultura. Così si organizzano eventi celebrativi di persone che un secolo fa gridavano ” Dante, Beethoven, Michelangelo ci rivoltano lo stomaco… Tristano e Isotta, Siegfried, Paolo e Francesca…Cristo e Giovanna d’Arco… sapete che cosa fanno?...Schifo!---sapete che cosa eccitano nel futurista? Il vomito !” (Umberto Boccioni “Pittura Scultura Futurista”, Milano Edizioni di “Poesia”, 1914 , pag. 55/56) . Oggi se non si celebra l’ anticultura non si è colti, se si coltiva cicuta si è colti, prezzemolo no. Oggi il veleno che decostruisce è coltivato da persone colte per autopro-

mozione con il consenso delle persone che scelgono cicuta al posto del prezzemolo. E se i dubbi assalgono la coscienza dei nuovi colti, questi subito si rinfrancano abusando del termine cultura. E così anche persone delegate alla conservazione del patrimonio si mostrano costantemente impegnate nella celebrazione di chi gridava ”… vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni genere, e combattere contro il moralismo, il femminismo…” e glorificava “..la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo…

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il disprezzo della donna” (“Manifesto del Futurismo”, Parigi, “Le Figaro” 20 febbr. 1909. Sempre più faziosi e intolleranti i colti oggi di moda coltivano cose velenose e, se richiesti di aprire dibattiti, rifiutano. Considerare l’ opinione degli altri è pericoloso, si corre il rischio di cambiare idea. Questo nostro tempo di anticultura sta dando i suoi frutti. Dalla crisi culturale nasce la crisi artistica. Ma anche l’attuale crisi economica è la diretta conseguenza del coltivare ideologie filosofiche inutili e antietiche.

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*Spiritualità don Giambattista Boffi Direttore Centro missionario diocesano

Globalizzazione della libertà

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è uno spazio di umanità che ciascuno custodisce gelosamente. Un’esperienza di vita che si misura tra le attese e la concretezza delle scelte, una finestra che si spalanca sull’orizzonte, una possibilità che talvolta chiede di essere pagata persino con la vita. Il tessuto della libertà esige di diventare abito proprio nella profondità del cuore e diventa ragione di una vita. Così diventa positiva quella globalizzazione che invita a percorrere il mondo nella difesa dei diritti umani che, pur sanciti dalla carte costituzionali, sono rimasti comunque lettera morta o, semplicemente ignorata, quando si tratta di poveri, ultimi, gente senza voce e senza presente. L’imbroglio della demagogia miete, ovunque, le sue vittime. Anche oggi non sono venuti meno i testimoni della libertà. Uomini e donne che pagano con la vita la coerenza dei propri principi, l’abisso del cuore, l’orizzonte senza confini. Uomini e donne che hanno coniugato la vita con le pagine del Vangelo. Uomini e donne capaci di Cristianesimo. Sono la dimostrazione della bontà di un cammino che si distende nel tempo, che porta con sé più di duemila anni di storia, si è preparato nella vita particolare del popolo eletto, mostrando tutta la sua umanità e concretezza. Sì, l’esperienza cristiana nasce da un incontro, vive di una relazione, si compie nella libertà di un cuore. Se è bene sempre diffidare delle imitazioni, a maggior ragione occorre evitare agevolazioni e scorciatoie che paiono favorevoli rispetto alla qualità della vita facendo riferimento a dei surrogati. L’illusione del successo si accompagna alla smania di apparire, la chimera del benessere vive di espedienti, l’eterna giovinezza si perde nel mito della chirurgia plastica e si potrebbe continuare ad assommare scuri e ombre di una libertà negata perché mai voluta

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vivere fino in fondo. Non è questa la logica del Vangelo. Non è questo lo stile cristiano. Ci lavorano i pregiudizi, si accaniscono i luoghi comuni, non è da meno neppure la contro testimonianza che si scatena dai limiti e dai peccati dei praticanti, eppure solo la testarda convinzione di tornare alla radice permette di comprendere la verità liberatrice del Vangelo. Persino il pensiero teologico, che si immerge in culture diverse e realtà estreme, ha trovato espressioni capaci di dirsi nella libertà di ciascuno e di un popolo. La teologia della liberazione, la teologia nera, la teologia della speranza e tanti altre riferimenti offrono il vasto panorama della riflessione che si traduce in una presenza critica, costruttiva e appassionante. Le pagine del Vangelo sono la vita di Gesù. Parole, incontri, relazioni, attese, scambi, cammini, situazioni, atteggiamenti e poi tutto il quotidiano che va al di là delle attese ordinarie. Gesù rompe gli schemi, realizza il sabato, raccoglie gli ultimi, da credito ai peccatori, conforta quelli che piangono, riabilita gli esclusi dalla comunità, riscrive le pagine dell’accoglienza, subisce l’affronto della solitudine, scavalca le convenzioni sociali. Gesù è l’alternativa alla schiavitù dei limiti e dell’apparire, Gesù è il cammino verso il senso della vita. Non è questa la libertà più vera? Quella che riempie i polmoni di speranza, che libera il cuore, che proietta oltre ogni piccolezza e meschinità? Non è questa la proposta che varca i confini stessi dell’umano e scrive pagine di comunità, comunione, solidarietà e, alla fine, proprio di carità? Ecco, la libertà prende forma nella carità e mette in gioco il cuore stesso dell’uomo. Non sembra pensarla così l’andazzo del mondo, la politica dei potenti e l’economia dello sfruttamento.

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Più costruisci barriere, tracci confini e ti assicuri il tuo territorio più credi di poter vivere meglio; più preservi l’identità del popolo ed enfatizzi sulle sue possibilità più credi di avere in pugno il mappamondo; più sfrutti la terra e la pelle degli altri più pensi di aumentare il gruzzolo che la banca custodisce gelosamente. Su queste assurdità si basa il surrogato della libertà. Quando, davanti alla mappa del mondo facciamo correre la fantasia per dare volto all’esperienza della convivenza tra i popoli occorre vincere la tentazione dell’interesse di pochi, occorre uno sguardo ampio e una ragione profonda di umanità. Allora diritti umani, cura della salute, alfabetizzazione per tutti, rispetto del credo religioso, salvaguardia del creato, percorsi di pace e riconciliazione, abitano a pieno titolo l’esperienza della globalizzazione e ne mostrano il lato assolutamente positivo che piccoli interessi id parte corrono il rischio di deturpare. Allora mi sento anche di parlare di Vangelo per mostrare la sempre totale novità che si sprigiona dal suo annuncio e vive nel quotidiano di colui che ne è sentinella e portavoce. Allora il cristianesimo, oltre il contingente delle sue parziali storiche realizzazioni, diventa il respiro di un animo inquieto, incapace di adattarsi alla piccolezza degli interessi personali e proteso nella ricerca di luogo di serenità e di incontro per l’uomo di sempre. Una globalizzazione così intesa non può che essere aperta al futuro, persino profetica rispetto a confini trai popoli che nascano dal rispetto e dalla condivisione, a scelte personali che si nutrano di fraternità e libertà vera. Ne saremo capaci?


Cult

BergamoScienza: 12ª edizione, due Nobel

Conferenze, spettacoli, mostre e laboratori dal 3 al 19 ottobre. Numerosi i relatori di fama internazionale. Obbiettivo: battere il record di presenze dello scorso anno, a quota 147.351

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al 3 al 19 ottobre si svolgerà la dodicesima edizione di BergamoScienza, che nel 2013 ha ottenuto un successo straordinario registrando 147.351 presenze. Come ogni anno il programma prevede oltre 150 eventi, gratuiti: conferenze, laboratori, open day, mostre, spettacoli, incontri con Nobel e scienziati di fama mondiale. Si approfondiranno temi scientifici e di grande attualità con un linguaggio semplice e divulgativo in ambiti diversi: dalla medicina alle neuroscienze, dall’archeologia alla sociologia, dalla tecnologia alla robotica, dalla fisica all’architettura. In calendario spettacoli e numerosissimi laboratori scientifici per grandi e piccini. La manifestazione sarà inaugurata venerdì 3 ottobre alle ore 17 al Teatro Sociale, con

la presentazione del libro «Le forme della Vita. Scienza e Bellezza nelle lezioni dei Nobel», realizzato dall’associazione BergamoScienza e da Rcs. Per l’occasione si svolgerà un dialogo tra Sydney Brenner, Nobel per la Medicina nel 2002, sudafricano, e Ferruccio De Bortoli direttore del Corriere della Sera. Brenner rifletterà sul futuro della ricerca biomedica, in particolare sulla sequenza del genoma umano. In altre parole: gli studi sul «suicidio programmato delle cellule» che consente alla vita di continuare, permettono di comprendere l’origine di molte malattie genetiche e di tumori. Altrettanto atteso Michael S. Brown, biologo e biochimico statunitense, Nobel per la Medicina 1985: sabato 18 ottobre parlerà delle sue importanti scoperte sul

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a cura della redazione

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metabolismo del colesterolo, che hanno ridotto la mortalità del 20%. Il fil rouge della manifestazione sarà quest’anno il mare. Grazie alla consolidata partnership tra BergamoScienza e Fondazione Idis-Città della Scienza di Napoli, sarà presentata in anteprima la mostra interattiva «Risorsa Mare. La trasformazione della materia di origine marina - cibo e materiali», allestita al Convento San Francesco dal 4 al 19 ottobre, per informare e sensibilizzare i visitatori sull’uso sostenibile ed eticamente corretto delle risorse marine, fonti inesauribili per la nostra alimentazione, importanti anche nella realizzazione di nuovi materiali ad alto grado di biodegradabilità. «200 milioni di anni fa: il mare a Bergamo» è il titolo della conferenza che rimanda al filo conduttore di questa edizione. Venerdì 17 ottobre alle ore 21, parleranno dell’argomento Gloria Arratia dell’University of Kansas e Rodolfo Coccioni, presidente della Società Paleontologica Italiana. Tra gli spettacoli da segnalare il concerto dedicato alla figura di Pietro Antonio Locatelli e all’arte e la scienza del violino. Il concerto si svolgerà domenica 19 ottobre alle 21 nell’antica Basilica di Santa Maria Maggiore, sarà eseguito dai musicisti dell’Istituto Musicale Gaetano Donizetti e chiuderà le numerose iniziate organizzate dalla Fondazione Mia per celebrare il 250esimo anniversario dalla morte del grande compositore bergamasco. Alcune segnalazioni infine per chi da piccolo voleva fare l’astronauta. Dal cielo allo spazio, atterrano quest’anno a BergamoScienza la Missione Exomars e la Missione Rosetta. Domenica 19 ottobre alle 14.30, Marcello Coradini di Esa insieme a Vincenzo Giorgio di Thales-Alenia Space, Franco Carbognani di Italian Mars Society, Enrico Flamini di ASI, Amalia Ercoli

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Finzi, principale responsabile della strumentazione della Missione Rosetta e dal giornalista scientifico Giovanni Caprara, illustreranno al pubblico le ultime novità sulle missioni nel corso della tavola rotonda “Una cometa con vista su Marte”. Lo spazio è un argomento molto caro a BergamoScienza e grazie alla consolidata collaborazione con l’Esa, si parlerà anche di emergenza sul pianeta Terra con l’esperto Esa Kai-Uwe Schrogl, che spiegherà le attività satellitari al servizio di uno sviluppo eco-sostenibile. Ma non finisce qui. Sabato 18 ottobre alle 21 a Casa Dalmine, avremo il privilegio di poter ascoltare l’astronauta Luca Parmitano raccontare la sua esperienza in orbita. Info: www.bergamoscienza.it

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Cult

Pinksie the Whale, asta benefica alla Gamec

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uasi 40mila euro sono stati raccolti grazie all’asta benefica di Pinksie the Whale svoltasi il mese scorso alla GAMeC di Bergamo a favore dell’Associazione CAF Onlus di Milano. Un grande successo, dunque. Il battitore d'asta era Filippo Lotti, amministratore delegato di Sotheby’s Italia in un affollato Spazio ParolaImmagine. Il ricavato dalla vendita delle opere dei numerosi artisti italiani e internazionali che hanno aderito con entusiasmo al progetto lavorando con i bambini nelle scuole e donando i propri lavori (da Stefano Arienti a Matthew Attard, da Simone Berti ad Angela Flowers, da Edy Gree ad Andrea Mastrovito, solo per

citare alcuni) sosterrà da un lato, appunto, l’Associazione CAF di Milano - che da trentacinque anni si dedica all’accoglienza e alla cura di minori vittime di maltrattamento e abuso - e dall’altro la gratuità dei progetti artistici ed educativi Pinksie the Whale per le scuole. Nel fine settimana del 13 e 14 settembre scorso sono stati messi in calendario due appuntamenti speciali per i bambini dai 4 ai 10 anni: Pinksie the Whale ha organizzato due laboratori gratuiti, a cura dell’International School of Bergamo, con libero disegno in compagnia degli artisti e letture animate, durante i quali i bambini hanno potuto ascoltare le storie della balena Pinksie.

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a cura della redazione

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Cult

Campionato di nascondino: obiettivo Olimpiadi

Dopo la chiusura dell’ultima edizione a Brembate Sopra, gli organizzatori guardano a Tokyo 2020: sono in contatto con il professor Yasuo Hazaki per portare la disciplina ai Giochi, tra gli eventi dimostrativi

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opo tre ore di gare entusiasmanti all’ultimo nascondiglio si è conclusa l’edizione 2014 dei Campionati Mondiali di Nascondino che si sono svolti a Brembate Sopra. Le partecipazioni hanno superato il limite del numero di squadre imposto dai colori delle magliette, facendo sì che le cinque squadre extra si prodigassero in travestimenti bizzarri per essere facilmente riconscibili. 160 i partecipanti divisi in 20 squadre da 8 giocatori ciascuna. Ad aggiudicarsi la tanto ambita Foglia di Fico d’Oro è stata la squadra dei Red Bulli composta da giocatori di Rugby di Lumezzane (Bs) che hanno gareggiato con la loro divisa ufficiale. I Red Bulli sono doppiamente campioni in quanto vincitori ufficiali della competizione e vincitori di una sfida interna con i Lions, la squadra di football americano di Bergamo, che ha comunque svolto al meglio il ruolo di

cercatori per il secondo anno consecutivo. «È stato un piacere essere incoronati vincitori ma è stato ancora più bello partecipare a questa splendida giornata. Sfidare la squadra dei Lions è stato un onore e un’occasione rara per gareggiare contro giocatori di football americano. Parteciperemo sicuramente anche il prossimo anno». Queste le parole di Scaramella, portavoce dei vincitori. Al secondo posto la squadra dei «Pacchiani» i campioni in carica, mentre la foglia di fico di bronzo se l’aggiudicano i «LatoB». L’appuntamento con il Campionato Mondiale di Nascondino è per l’anno prossimo in cui saranno aperte le porte anche a squadre straniere. Ctrl Magazine, organizzatore dell’evento, dichiara la propria soddisfazione per la partecipazione e l’entusiasmo dimostrato dalle squadre e dal pubblico: «Il nostro invito rimane sempre valido: nascondiamoci

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soltanto al Nascondino World Championship e usciamo allo scoperto tutti gli altri giorni dell’anno».

di Fabio Cuminetti

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Cult

La leggenda di Giacomoforte

«Chèl ih fò…» traspone in pagina, grazie a Emilio Gamba, la magia del racconto orale di fronte al focolare. È scritto in dialetto di Vall’Alta, con pronunce ed espressioni in uso tra la gente di quei luoghi

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l dialetto bergamasco è vivo e vegeto. Con potenzialità espressive dai larghi orizzonti, che prendono vita però da un «fazzoletto» linguistico quale può essere un ceppo (che sta scomparendo) ben circoscritto a una piccola comunità m ont ana. A nche in for ma scr itta , riuscendo a trasferire in pagina la magia del racconto orale di un tempo, di fronte al focolare. Con tutta la famiglia riunita. Lo dimostra «Chèl ih fò… La leggenda di Giacomoforte» (ed. Dalla Costa), scritto in dialetto da Emilio Gamba in «bergamasco di Vall’Alta», con pronunce e modi espressivi in uso tra la gente di quei luoghi. Il libro raccoglie alcuni aneddoti sulla vita di Giacomoforte, un personaggio semplice ma arguto. L’attrazione verso l’ignoto suscita in questo piccolo uomo il bisogno di attraversare il naturale confine del fiume che separa gli impervi e avari

monti dalla pianura, ricca e generosa. Il nuovo territorio riserverà al nostro eroe molte sorprese. Affronterà prove durissime e pericoli, che però supererà grazie alla sottile astuzia che si nasconde sotto le sue strane sembianze. E fu così, che... A fronte, la traduzione in lingua italiana riporta la costruzione delle frasi con modi ed espressioni alla lettera, ma è anche accompagnata da una traduzione in inglese, affinché i nostri emigrati lontani possano riassaporare il suono della lingua degli antenati. Emilio Gamba ci schiude un mondo linguistico ricco di sfumature, grazie a una meticolosa ricerca d’archivio e, insieme, alla grande attenzione con cui ha ascoltato la gente di Vall’Alta, storico luogo della Valle Seriana.

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a cura della redazione

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