Citta dei mille settembre2011

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// COVER STORY // Pozzo Bianco, la tua cucina fino alle 2.00 di notte

AGOSTO/SETTEMBRE 2011

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Edito riale

Editoriale

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a Cina è vicina, verrebbe da dire leggendo l’intervista al nuovo comandante provinciale della Guardia di Finanza, Giovanni De Roma, intervistato dalla nostra Emanuela Lanfranco. Il colonnello viene da 5 anni a Shanghai dove ha ricoperto il ruolo di esperto economico-finanziario delle Fiamme Gialle presso il Consolato Generale d’Italia. Investigava su truffe e sacche d’evasione fiscale italiana all’estero, ma non solo. Tra i suoi compiti c’era anche quello di seguire la fase dell’internazionalizzazione delle imprese, fornendo consulenza. «Devo dire che la maggior parte – spiega - operano in modo corrispondente alla norme e, dove ci sono state difficoltà, le abbiamo aiutate per facilitare processi di delocalizzazioni o di ingressi nei mercati. La realtà di Bergamo ha in Cina imprese di grosso profilo». Perfetto. La forza economica, lo ripetiamo da mesi, non è però l’unico fiore all’occhiello della Città dei Mille. Che sa distinguersi anche per creatività, nonostante i successi imprenditoriali spesso caccino nell’ombra questo aspetto. Basti pensare a Mario Donizetti, che espone alla Biennale di Venezia. Se poi la fantasia si sposa alla tecnica sbocciano degli Archimede quali il vulcanico Marco Mazza, che ha avuto l’onore di dotate le guardie vaticane delle sue PmZero, biciclette a pedalata assistita ergonomica con Gps satellitare a prova di ladro. L’ambiente ringrazia, il Santo Padre pure. Per concludere la carrellata di successi targati Bg come non ricordare l’ottavo scudetto della Foppa, tornata al tricolore dopo cinque anni di astinenza. Un ulteriore segnale alla città: una squadra che ha fatto dell’eccellenza il suo marchio di fabbrica non può giocare in un palazzetto fatiscente. Buona lettura!

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di Claudio Gualdi


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La mia

rubrica

Cartomante è...

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artomante è “…chi pretende d’indovinare il futuro o di rivelare cose segrete per mezzo della cartomanzia.” Così la definizione del vocabolario Treccani. “Chi”: per lo più ce la immaginiamo donna, per lo più vistosamente agghindata, simile a una zingara, di sicuro coi capelli scuri e le labbra rosse. Ma, ci sono anche donne normali con tanto di laurea. “pretende”: verbo in cui alberga il dubbio. Ci prova questo “chi” ma poi scivola nel volere fare qualcosa che è una pretesa, insomma è un’azione che parte ma non arriva. “indovinare” è un verbo dell’indeterminatezza. “il futuro” di nuovo siamo nel territorio del “non ancora”, del possibile, di ciò che sarà ma che non è. E anche il mezzo, cioè la cartomanzia, è generico: la divinazione viene esercitata con carte da gioco che possono essere quelle comuni o i tarocchi o carte fabbricate appositamente, tenendo conto anzitutto del significato attribuito al seme, al colore, alla figura, al numero di ogni carta. Eppure a dispetto dell’incertezza che queste parole esprimono, molte persone frequentano questo territorio del dubbio alla ricerca di certezze per la propria vita. Tutto ciò non poteva non incuriosirmi. Di questo si parlerà nel prossimo numero.

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di Emanuela Lanfranco e.lanfranco@inwind.it


Approfondimento

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Madri e figli

uando una mamma aspetta un figlio, a meno che non faccia di mestiere la regina, generalmente non si preoccupa se sia maschio o femmina. Conta di più per lei immaginarlo sano, bello, intelligente… insomma felice nella vita che verrà. Anche se poi ci sono delle preferenze in ordine al sesso. Se chiedessimo alle mamme quali sono le differenze tra crescere un maschio e crescere una femmina, molte risposte coinciderebbero con i luoghi comuni che caratterizzano la discriminante sessuale. I maschi sono più dolci e attaccati alla madre ma sono disordinati, sono meno complicati e più indipendenti, avranno una vita più facile anche solo per il fatto che dovranno subire meno discriminazioni sul lavoro e non dovranno patire i

dolori del parto. Le femmine sono più responsabili e si lasciano più andare alla manifestazione dei sentimenti, sono più complici della madre che spera di trovare in loro, una volta cresciute e dopo avere superato la fase della rivalità, delle alleate e delle amiche. Ma tutto questo è scritto nella natura? O non è vero che dipende molto da ciò che natura non è e che potremmo chiamare cultura, convenzione sociale, pratica educativa? Se risulta da molte statistiche che il detto “auguri e figli maschi…” sia anche oggi molto vicino alla realtà di un Paese in cui il sesso del nascituro riveste ancora una grande importanza, sarebbe interessante provare a capire i motivi di questo rapporto preferenziale. Di sicuro conta l’eredità di una tradi-

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Testo: Emanuela Lanfranco

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zione che si radica nella cultura contadina in cui il sesso maschile godeva di privilegi mentre quello femminile era contrassegnato dalla subalternità, in cui l’arrivo di un maschio in casa era garanzia di benessere economico e di aiuto sul lavoro, mentre la femmina rappresentava un impegno anche patrimoniale per la necessità della dote ma a questi motivi si affiancano altre ragioni più profonde. Secondo molti studi psicologici il rapporto con un figlio maschio gratificherebbe le madri, soprattutto insicure, garantendo loro un rapporto privilegiato, di possesso senza rischi di sostituzione. In particolare lo psicanalista Braconnier, nel suo libro Madri e figli passa in rassegna alcuni profili delle relazioni che legano la madre al figlio maschio. A partire dalla madre amorevole, che guarda con ammirazione costante le gesta del proprio figlio maschio trasmettendogli, insieme ad un’innegabile sicurezza di sé, anche la necessità di una ricerca incessante di una partner che lo ripaghi con la stessa incrollabile venerazione materna. Ricerca che difficilmente andrà a buon fine e che più facilmente lo

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condannerà a essere un Don Giovanni a caccia di prede per tutta la vita. Anche la madre iperprotettiva, tipo quella di Woody Allen, con il suo amore eccessivo trasmette ansia e sensi di colpa: al figlio non resterà che cercare una donna o più forte della madre, con cui inizierà una lenta e inesorabile guerra, o infantile al punto di accettare il ruolo dominante della suocera. La madre distante invece crede poco nelle sue capacità e si mette in gioco da lontano con il figlio, che pure ama: di conseguenza egli cercherà di avere un rapporto ugualmente distaccato con le donne a meno che non decida di abbassare la guardia e in tal caso crederà ciecamente nella vita di coppia. Pericolosissima è la madre castratrice, che detesta gli uomini e perciò li sottomette, figlio compreso. Una volta diventato adulto questo maschio ricercherà lo stesso rapporto basato sulla dinamica dominato-dominante anche nelle altre donne, producendo danni a non finire per sé e per le malcapitate giunte sotto le sue grinfie. Più desiderabile è dunque la madre comprensiva, che è innanzi tutto una donna appagata e felice, di per sé,

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capace di non proiettare sul figlio i propri inappagati desideri. Questa madre fa del figlio un uomo sicuro di sé, che sta bene nella propria mascolinità e si sente a suo agio con l’altro sesso. Insomma pare proprio di potere concludere che se l’assenza di madre fa male come l’indigestione di madre, una madre deve essere buona ma non troppo. Pare proprio che il primo passo per essere una buona mamma, di figlio maschio ma anche di figlia femmina, sia essere una persona ben formata, capace di reggersi nella vita e di goderne appieno, a prescindere dal proprio ruolo materno. C’è una qualche speranza di fare il bene ai figli, facendo il bene a se stessi. Ancora attuali dunque risuonano le parole di Gibran, il poeta, che ci ricorda che “….i vostri figli non sono figli vostri. Sono figli e figlie della sete che la vita ha di sé stessa.” Dobbiamo perciò essere gli archi “…da cui i figli, come frecce vive, sono scoccate in avanti”. Mi pare un bell’augurio.


Sommario Città dei Mille - anno 14 n. 3 Aut. Trib. n. 52 del 27 Dicembre 2001

Editoriale La mia rubrica L’approfondimento

Editore: Editrice Bergamasca S.r.l. www.ediberg.it Direzione e Redazione: Via Madonna della Neve, 24 Bergamo Tel. 035 35 91 011 Fax 035 35 91 117 www.cittadeimille.com Direttore responsabile: Claudio Gualdi Direttore editoriale: Emanuela Lanfranco Redazione: Fabio Cuminetti

Pozzo Bianco, la tua cucina fino alle 2.00 di notte

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cover story

Trawel Fly… City of Bergamo Accademia del Tennis, Torneo Vip 2011 Soroptimist Bergamo, 40° di fondazione Rotary club bergamo Sud GdF, giuramento per 67 allievi MI-MI-SOL Onorificenza per Maria Teresa Frigeni Premio Qualità per il Bolognini

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vip & news

La vetrina

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shopping

Sandro Cancellieri e il Caviale di Calvisano Giovanni De Roma al comando della GdF Nunziante Consiglio Matteo Caffi: la bellezza in punta di bisturi

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interviste

Bici bergamasche per le guardie vaticane Prestiti d’onore a otto studenti Ecocompatibilità, innovazione ed esclusività

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imprese

Donne al Comando Cucina Bon Ton Wedding Golf

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rubriche

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Pozzo Bianco, la tua cucina fino alle 2.00 di notte

L’offerta ristorativa vira verso una cucina italiana rivisitata sotto la guida dello chef Marco Schiavone. Eccezionali i cocktail di Christian Spadacini, cresciuto dietro il bancone dei più noti bar milanesi

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ozzo Bianco, la sfida continua. Dopo l’elettrizzante metamorfosi della storica birreria, i gestori hanno deciso di puntare con risolutezza verso una raffinata offerta gastronomica, più “tradizionale” rispetto agli esordi, reinterpretando il meglio della cucina italiana e confermando la piccola cantina di qualità, con bollicine italiane ed estere di prestigio e birre di grande pregio. Per l’occasione ha vestito i panni da chef il direttore del locale, Marco Schiavone, formatosi in un’autorevole scuola alberghiera all’estero (l’Ecole Hoteliere de Lousanne) e dotato di un curriculum d’eccellenza: Hotel Growenour House 5 stelle Lusso di Londra, Hotel Hilton di Bangkok, Hotel Hilton di Cartagena Colombia, fino al Bar Gin Rosa e al Bar Plaza, entrambi a Milano. Carriera ai

più alti livelli anche quella del barman Christian Spadacini: con lui il bancone di Via Porta Dipinta si fregia di esperienza e creatività maturate in storici locali milanesi quali il Tocqueville di Corso Como, il Gin rosa di Piazza San Babila, la Caffetteria Bindi in Piazzale Cadorna. Tra i suoi maestri Carlo Alberto Iamartino, sotto le cui ali ha cominciato a concepire nuovi cocktail. Continua a farlo per il Pozzo Bianco: le sue creazioni passano il vaglio dell’intero staff prima di entrare in lista. «La nostra politica è quella di soddisfare il cliente in tutto e per tutto – spiega Marco – dando qualcosa di particolare anche nella sua semplicità. Abbiamo eliminato le carni esotiche ritornando sulla cucina mediterranea ma con una grande attenzione al prodotto. La pasta

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Testo: Fabio Cuminetti

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pomodoro e basilico, ad esempio, viene preparata esclusivamente con gli spaghetti di Gragnano e il pomodoro di Collina, che ha tutt’altro sapore rispetto al ciliegino». Spazio nel menù anche a originali insalate, club sandwich e hamburger di rigorosa fattura artigianale. Nuova iniziativa sono inoltre le cene a tema - a prezzi davvero contenuti - su prenotazione, con serate dedicate di volta in volta al pesce e alla cucina orientale, latinoamericana, araba, etc. Tra il bianco e rosso che domina in tutto il locale - culminando nella gigantesca sedia rossa, ironica icona di un moderno design librata sui tavolini della sala fumatori - ha preso dunque vita un nuovo corso teso a sviluppare profonde armonie con Città Alta. Ripartendo da aperitivi e ristorazione «all’interno di un bell’ambiente – racconta Emiliano, uno dei soci del locale - dove il cliente è coccolato, ha a disposizione un buon menù, ottimi vini e drink. Il Negroni viene fatto con il vermouth Carpano, antica formula torinese; usiamo il gin Hendrix, il rum Zapata e l’erba Buena originale di Cuba per il Mojto. Senza dimenticare gli eventi, che riprenderanno a settembre. Tuttavia per

l’estate non mancheranno serate animate da DJ set di rilievo che animeranno la nostra sala, a disposizione anche per feste private. Particolare successo stanno riscuotendo tra i giovani, i piatti delights che si sposano con le birre straniere alla spina. Il nostro obiettivo resta lo stesso: cercare di dare a Bergamo un’alternativa! Lo facciamo senza presunzione per offrire una scelta e una chiave diversa, rispetto al panorama esistente. E’ nostro desiderio conoscere la nostra clientela in modo da soddisfarne completamente le esigenze su una base di fiducia e stima reciproca». Gli studenti universitari godono, inoltre, di ulteriori sconti rispetto al prezzo fisso già concorrenziale. La qualità dei cocktail e del bere in generale nonché il ricco buffet che spazia dal pesce alla frutta fresca disponibile fino a tarda sera, fanno dell’aperitivo un momento di grande richiamo. Il Pozzo Bianco è anche l’unica cucina di Città Alta aperta fino alle 2 di notte. Orario: siamo aperti dalle 12 alle 02 di notte dal martedì alla domenica.

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Fonte: Sacbo

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Trawel Fly… City of Bergamo

Si è svolta il 10 giugno all’Aeroporto di Orio al Serio la cerimonia di intitolazione di un velivolo B737-400 della flotta Mistral Air alla nostra città, come auspicio di una lunga e duratura collaborazione

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enerdì 10 giugno all’Aeroporto di Orio al Serio, alla presenza del Sindaco di Bergamo Franco Tentorio, del presidente della Provincia di Bergamo Ettore Pirovano, del consigliere delegato di Sacbo Andrea Mentasti e dell’amministratore delegato Trawel Fly Carmine Prencipe, si è svolta la cerimonia di intitolazione del velivolo “City of Bergamo”, B737-

400, della flotta Mistral Air, della compagnia aerea Trawel Fly. Il nome in omaggio alla città di Bergamo è stato scelto come auspicio di una lunga e duratura collaborazione tra istituzioni, aeroporto e vettore, attori fondamentali del sistema turistico, che insieme lavorano costantemente per lo sviluppo e la promozione del territorio.

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A cura di: Emanuela Lanfranco

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Accademia del Tennis, Torneo Vip 2011

Licini: «Questa edizione ha contato 312 partecipanti e 360 partite in sei giorni di gara. Anche quest’anno, con rammarico, non ho potuto accogliere la richiesta di quanti volevano iscriversi perché purtroppo non c’è spazio per tutti».

È

terminato l’evento dell’anno. Ormai il Tennis Vip è diventato un appuntamento non per alcuni, ma un punto di riferimento per l’intera Bergamasca. Incontro il patron Giovanni Licini, al quale chiedo se è soddisfatto di come si è svolto quest’anno il Torneo. «Trentacinque anni di esperienza fanno sì che si abbia un insieme di intenti su come fare e cosa fare per organizzare al meglio il Torneo. Questa edizione ha contato 312 partecipanti e 360 partite in sei giorni di gara, ovvero 60 partite a sera. Anche quest’anno, con rammarico, non ho potuto accogliere la richiesta di quanti volevano iscriversi perché purtroppo non c’è spazio per tutti. E’ stato veramente un bel torneo, anche se il tempo non è stato benevolo, c’è stato un grande richiamo di gente in quanto, se le tribune causa pioggia erano vuote, il villaggio, causa ristorazione,

era sempre pieno. Infatti, grazie al catering fornito dai fratelli Cerea del ristorante da Vittorio, che quest’anno è stato da supporto al torneo, si sono contate quasi duecento persone a sera. Dicevo che è stato un bel torneo, perché ne è sempre prevalso il fine, ossia la solidarietà e l’amicizia, anche se non sono mancati momenti in cui per qualche giocatore l’agonismo ha fatto dimenticare il piacere di partecipare. Però devo dire che sono stati episodi sporadici e subito rientrati. Alla fine vinca il migliore, come è stato, e arrivederci all’anno prossimo. Ci ritroveremo a dicembre per la “festa” della consegna del ricavato: non abbiamo ancora tirato le somme, ma sono certo che tutti vorranno onorare l’impegno preso, e quindi riusciremo a devolvere una bella somma». I primi di luglio c’è stato il gemellaggio con Monguelfo ed è stata un’altra grande espe-

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A cura di: Emanuela Lanfranco

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rienza di amicizia, e solidarietà. «Abbiamo vinto noi bergamaschi – aggiunge Licini -; eravamo in 150, abbiamo disputato torneo di tennis e golf 9 buche al circolo Riscone, gare di bocce. Abbiamo fatto anche una bella camminata raggiungendo il Picco di Vallandro a 2500 metri di altitudine, dove don Michelangelo Finazzi, parroco di Fiobbio, ha celebrato la Messa. Quest’anno insomma non ci siamo fatti mancare nulla, ci siamo divertiti, siamo stati accolti da persone veramente cordiali, abbiamo consumato dei pranzi non frugali e, non per ultimo, la banda musicale di Ponte san Pietro ci ha deliziato con la sua musica. Ripartiremo dal campo base 2011 verso le montagne della Luna, il milione di euro, la cima del cuore. E ci saranno novità!».

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Soroptimist Bergamo,40° di fondazione

Cena di gala nella splendida cornice del Castello di Cavernago. Soroptimist International, dal latino “sorores optimae”, è un’organizzazione mondiale di donne impegnate negli affari e nelle professioni, è una voce universale per le donne che si esprime attraverso la presa di coscienza, il sostegno e l’azione

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el l a s p l e n d i d a c o r n i c e d e l Castello di Cavernago si è svolta la cena di gala per festeggiare il 40° anno dalla fondazione del Club di Bergamo. Presenti alla serata autorità del Soroptimist Italia: la presidente nazionale Wilma Malucelli, Donatella Meucci, coordinatrice area di Programma Nazionale area Ambiente, Dina Nani, coordinatrice area di Programma Nazionale area Diritti Umani e Condizione Femminile, Maria Luisa Frosio, presidente Comitato Estensione Nazionale. Hanno partecipato alla serata anche autorità del mondo politico, industriale e culturale bergamasco, che hanno voluto testimoniare l’importanza dell’attività del Soroptimist in città quale veicolo di sostegno per attività che operano nel campo della salute, dell’arte, del diritto,

dell’educazione, dell’economia e dell’amicizia, attraverso service, convegni, mostre, corsi, attività culturali e sociali. Di seguito la storia del Soroptimist Bergamo, che ha voluto festeggiare il suo 40° con un gemellaggio tra club del Nord e del Sud. Soroptimist International, dal latino “sorores optimae”, è un’organizzazione mondiale di donne impegnate negli affari e nelle professioni, è una voce universale per le donne che si esprime attraverso la presa di coscienza, il sostegno e l’azione. Il Club deve promuovere, attraverso il buon volere, la comprensione l’amicizia internazionale, le seguenti finalità enunciate nell’art. II dello statuto del Soroptimist International: avanzamento della condizione delle donne; osservanza dei principi di elevata moralità; diritti umani per tutti; uguaglianza, sviluppo e pace.

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A cura di: Emanuela Lanfranco

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Le soroptimiste promuovono azioni e creano opportunità per trasformare la vita delle donne e delle giovani attraverso la rete globale delle socie e mediante il partenierato internazionale. Il Club si impegna: a operare in favore delle comunità locali, nazionali e internazionali; partecipare attivamente alle decisioni a tutti i livelli della società. Storia: Il primo club nel mondo nasce nel 1921 a Oakland in California; in Europa, in Francia e in Gran Bretagna nel 1924. Attualmente comprende oltre 3.000 club di servizio in 125 paesi nel mondo, con più di 90.000 donne impegnate nelle professioni, nelle arti e nelle imprese. Il Soroptimist International d’Italia nasce con il primo club a Milano nel 1928 ed opera attualmente nel territorio italiano con 138 club ed oltre 6.000 socie. II club di Bergamo nasce nel 1971 ed unisce oggi 54 “sorores optimae” impegnate nelle più svariate attività e professioni. Attività del club dalla sua nascita: durante il percorso quarantennale, con l’apporto intelligente e costante delle socie che si sono avvicendate nel corso degli anni, il club ha realizzato nel campo della salute, dell’arte, del diritto, dell’educazione, dell’economia e dell’amicizia, services, convegni, mostre, corsi, attività culturali e sociali.

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Socie fondatrici:

Anna Bocchi Roncelli

Ingrid Bottlin Parigi Betty Bongiasca Tina Borella Alberta Busti Matilde Carminati Maria Carminati alzer Delia Cassis Crovetto Rita Checolin Abbiati Franca Colnaghi Von Wunster Andreina Colleoni Bernabei Grazia Fera Coppola Donatella Frigerio Patt Maria Teresa Gritti Leni Lioni Adriana Lorandi Laura Magnetti Mandelli Maria Menis Battagion Tina Palli Sestini Jolanda Rebecchi Remuzzi Lilian Tadini Pandini Annita Tosolini Lombardini

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Past President 1971-1974 Anna Bocchi Roncelli, presidente fondatrice 1974-1977 Emilia Strologo 1977-1978 Maria Menis Battagion 1978-1980 Nilde Silvetsri 1980-1983 Lucia Boffi Peveraro 1983-1985 Ermanna vezzoli Toma 1985-1987 Ernestina Belussi 1987-1989 Betty Bongiasca Gavasso 1989-1991 Franca Colnaghi Von Wuster 1991-1993 Angela Gualteroni Prato 1993-1995 Daniela Gennaro Guadalupi 1995-1997 Maria Bastogi De Beni 1997-1999 Zaira Cagnoni 1999-2001 Agostina Penna De Beni 2001-2003 Raffaella Poggiani Keller 2003-2005 Raffaella Giavazzi 2005-2007 Anna Falanga Schieppati 2007-2009 Anna Valtellina 2009-2011 Nicoletta Morelli Magnini , presidente in carica


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Rotary club bergamo Sud

Passaggio delle Consegne

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iovedì 7 luglio, presso il Golf Club l’Albenza, si è svolta la cerimonia del Passaggio delle Consegne tra i presidenti Enrico Felli e Nicoletta Silvestri. La serata, nonostante preceduta da un bel temporale, non ha impedito ai soci, accompagnati dai coniugi e dagli amici, di partecipare numerosi all’evento, svoltosi come sempre in un’atmosfera di amicizia e spirito rotariano.

A cura di: Emanuela Lanfranco Foto: Fabio Toschi

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GdF, giuramento per 67 allievi

Migliaia le persone presenti all’evento, momento più significativo del percorso formativo e di studi che i cadetti seguono prima di diventare ufficiali

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otto una pioggia torrenziale, davanti al sottosegretario all’Economia Luigi Casero, al

comandante generale Nino Di Paolo e a numerose personalità civili, militari e reli-

A cura di: Emanuela Lanfranco

giose, sabato 11 giugno in Piazza Vittorio Veneto hanno giurato i 67 allievi ufficiali - tra cui 13 donne - del 110° corso Mali Viluscia III e del nono corso aeronavale Orsa Minore della Guardia di Finanza. Migliaia le persone presenti all’evento, così ricco di emozioni, che rappresenta da sempre il momento più significativo del percorso formativo e di studi che gli allievi seguono prima di diventare ufficiali.

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La Casa di Campagna Siamo in una delle zone più verdi e tranquille della città di Bergamo, nel cuore del Parco dei Colli. Ha infatti sede in via Castagneta 41 il Bed&Breakfast “La Casa di Campagna”, collocato in una graziosa cascina, di recente ristrutturazione, ecocompatibile. Il nuovo fiore all’occhiello del panorama ricettivo bergamasco può contare su 4 camere, 2 matrimoniali con bagno privato e 2 doppie con possibilità di letto aggiunto; tutte dispongono di tv satellitare, connessione internet gratuita, parcheggio privato. La colazione viene servita dalle 7,30 alle 10 ed è a base di alimenti biologici ed ecosostenibili: di rigorosa provenienza locale sono infatti le proposte alimentari del B&B. E gli animali sono benvenuti. AGO-SET 2011

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Un’altra storia di Imelde Bronzieri

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a creatività non ha una fine e nemmeno un inizio, ma è continuità, studio, ricerca. Questo è quello che per Imelde Bronzieri è Mi-misol, la continuità dei suoi progetti, dei suoi studi della sua ricerca. Brahms, l’Opera 49-4. Mi-mi-sol sono le prime note di una dolcissima ninna nanna che ha rasserenato il sonno dei nostri bambini. Mi-Mi-Sol è il marchio della nuova linea per bambini creata e ideata da Imelde Bronzieri, una dolcissima signora che ha sempre dedicato all’infanzia molta attenzione lasciando sempre ai bambini il loro posto. Di bambini. Imelde, come si sente in questa nuova vita, come sta vivendo questo nuovo capitolo? «Benissimo. Dopo i cinquant’anni raggiungi il massimo della creatività

perché si somma all’esperienza; ho voluto mettere insieme queste due cose e porle di nuovo a servizio di un’idea per il bambino, che vuol dire, nella società di oggi così frettolosa e approssimativa, l’educazione al bello, che non è solo una scelta di tessuto, un taglio o una cucitura, ma un progetto di lavoro serio fatto da tante sfaccettature che alla fine il capo che hai realizzato deve creare un’emozione. Questa proposta, arrivata da due realtà industriali - la Gimel, di Putignano/Bari per l’abbigliamento, e la Andrea Montelpare per le calzature -, naturalmente non poteva che essere accolta. Finalmente mi dedico solo alla passione di sempre: pensare, progettare, creare. Mi è stato affidata la direzione artistica del progetto, la responsabilità di cercare il nome che rispecchiasse ciò che io volevo, ho seguito

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A cura di: Emanuela Lanfranco

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il campionario, ho ideato l’allestimento a Pitti Bimbo, ho scelto il modo di come comunicare, e sarà ancora un grande artista ed amico Mauro Balletti a fissare le immagine della mia nuova realtà». Perchè le note di Brahms? «Perché può essere facilmente recepito a livello internazionale: la musica è internazionale. E con MiMiSol spero di portare un’altra volta in giro per il mondo il made in Italy. Sogni nel cassetto? Tantissimi…».

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VIP

Onorificenza per Maria Teresa Frigeni

Già ufficiale Omri, l’imprenditrice e volontaria dell’Avo è stata recentemente insignita della “Torre Civica” a Orio e dalla distinzione “Onore e Merito Unci” dall’Unione Nazionale Cavalieri d’Italia

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nnesima onorificenza per Maria Teresa Frigeni, già ufficiale Omri (Ordine al merito della Repubblica Italiana). Ha recentemente ricevuto dal sindaco di Orio, Gianluigi Pievani, la “Torre Civica” per la sua attività nel campo imprenditoriale, in particolare nel settore dell’abbigliamento, attraverso un impegno iniziato negli anni Cinquanta. Inoltre, in occasione del ventesimo convegno Unci (Unione Nazionale Cavalieri d’ItaIia) presso l’Hotel Excelsior San Marco di Bergamo, è stata insignita di un premio raro ed estremamente significativo: la distinzione “Onore e Merito Unci”. L’attribuzione è stata accolta ed assegnata dal presidente della Commissione Nazionale, Remo Degli Augelli, di Venezia, su segnalazione del presidente della sezione

provinciale di Bergamo Marcello Annoni, con la seguente motivazione: «per la sua opera svolta nel campo professionale, economico e sociale». La medesima distinzione è stata consegnata anche a Giovan Battista Stucchi di Pognano. Quest’ultimo riconoscimento conferito a Maria Teresa Frigeni si aggiunge a quelli di Senatore dell’Artigianato Lombardo; del Premio Nazionaie all’Operosità “\/ittoria all’Esportazione”; del “Premio Fedeltà e Progresso Economico”. La responsabile nazionale donne Unci, Tina Mazza, ha ricordato che «l’Uff. Maria Teresa Frigeni si è sempre distinta operando con tenacia e operosità, senza trascurare i valori affettivi e familiari». E’ tra l’altro volontaria Avo da 10 anni e assiste nel reparto di Pneumologia degli Ospedali Riuniti.

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A cura di: Fabio Cuminetti

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Premio Qualità per il Bolognini

L’Azienda Ospedaliera di Seriate ha festeggiato con il Ministro della Salute Ferruccio Fazio e più di mille dipendenti due prestigiosi riconiscimenti nazionali

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ella splendida cornice della Fiera di Bergamo lunedì 11 luglio l’Azienda Ospedaliera Bolognini di Seriate ha festeggiato con il Ministro della Salute Ferruccio Fazio e più di mille dipendenti due prestigiosi riconoscimenti nazionali. L’azienda si è aggiudicata il Premio Qualità delle Pubbliche Amministrazioni ed è stata premiata il 9 maggio nell’ambito della Fiera Forum PA a Roma dal Ministro Renato Brunetta. La motivazione della vittoria: “Per aver adottato modalità di gestione che mirano all’eccellenza, attraverso la pratica sistematica dell’autovalutazione e del miglioramento pianificato e continuo.” Il 14 giugno il trionfo: il direttore generale dell’A.O. Bolognini, dott. Amedeo Amadeo, è stato convocato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

per il ritiro di un altro prestigiosissimo riconoscimento: il “Premio per l’Innovazione” detto anche “il premio dei premi”, conquistato per aver raggiunto alti livelli di performance attraverso interventi di miglioramento effettuati dopo una valutazione dei risultati ottenuti con un ampio coinvolgimento degli utenti dei servizi e degli stakeholder. Intervenuti all’evento anche il Vescovo di Bergamo, Monsignor Francesco Beschi, il Prefetto, dottor Camillo Andreana, sindaci e autorità provenienti da tutta la provincia. «La sanità italiana è motivo di orgoglio – ha affermato il ministro Fazio unendosi al coro delle congratulazioni – e i criteri con cui è stato assegnato il premio indicano come sia fondamentale non solo la soddisfazione del paziente, ma anche quella dell’operatore».

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A cura di: Emanuela Lanfranco

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Sandro Cancellieri e il Caviale di Calvisano

«Il marchio si ispira alla leggenda di epoca romana secondo la quale un nobile cavaliere - Calvisius - dai gusti raffinati si trasferì a Calvisano, terra ricca di acque sorgive, per allevare storioni e avere sempre a disposizione un caviale freschissimo da offrire ai commensali durante i suoi magnifici e opulenti banchetti»

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er questa intervista mi allontano dal territorio bergamasco ma solo di pochi chilometri, per arrivare a Viadana di Calvisano, in provincia di Brescia, dove si trova il maggior produttore di caviale italiano al mondo, Agroittica Lombarda. Con il dottor Sandro Cancellieri, amministratore delegato di Agroittica Lombarda spa, azienda leader nella produzione e commercializzazione del caviale, tracciamo un po’ la storia dell’azienda. Dottor Cancellieri, come nasce l’idea di fare crescere storioni a Viadana di Calvisano? «L’idea di sfruttare le acque di raffreddamento dell’acciaio venne a due soci dell’Acciaieria di Viadana, i quali riuscirono a creare uno stabilimento ittico all’avanguardia soprattutto per alcune

specie di pregio, tra le quali lo Storione Bianco del Pacifico, un pesce dalle carni bianchissime che in libertà può vivere fino a cento anni, raggiungere i 400 Kg di peso e misurare fino a sei metri di lunghezza. Con l’arrivo di White Sturgeon, siamo negli anni ’70, dopo un’attenta selezione genetica, Agroittica Lombarda iniziò la riproduzione dei propri storioni». (L’incontro di Gino Ravagnan, socio storico di Agroittica Lombarda, con il professore russo Serge Doroshov, biologo marino all’Università di Davis in California, segnò la svolta decisiva. Fu allora che lo scienziato consigliò l’introduzione nell’allevamento di Calvisano di una precisa varietà di storione tipica del Pacifico. Di lì a breve venne stipulato l’accordo con l’Università Statunitense che offriva una consulenza tecnico scientifica

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Testo: Emanuela Lanfranco

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per l’allevamento e l’importazione di larve di White Sturgeon, ovvero lo storione bianco). Dallo storione al caviale il passo è breve. «Diciamo che ci sono voluti vent’anni, il tempo necessario perché lo storione raggiungesse la sua maturità prima di produrre le uova, ossia il caviale. Possiamo dire che Agroittica produce il suo primo caviale intorno agli anni ’90, poi ci sono voluti un po’ di anni per ottenere grandi quantità in quanto bisogna pensare anche alla riproduzione».

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Che differenza c’è tra il caviale selvatico e il caviale di allevamento? «Grazie alle caratteristiche delle acque di Calvisano, e al tipo di acquacultura sostenibile, i nostri storioni crescono in acque purissime, quindi c’è una massima garanzia d’igiene; poi i mangimi sono controllati, ad ogni singolo storione femmina si effettuano ecografie in modo tale da poter controllare la giusta maturazione delle uova, cosa impossibile per lo storione selvatico che si sviluppa in mare in condizioni non così protette, dove è

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impossibile fare ecografie quindi le uova grandi o piccole, mature o no, vengono recuperate e messe sul mercato. Le condizioni di allevamento create dall’azienda sono in grado di ottimizzare lo sviluppo ed il benessere del pesce, conseguendo in tal modo una crescita armoniosa in un contesto semi-naturale. Non per ultima, il caviale selvatico può essere estratto da storioni pescati solo due volte all’anno, marzo-aprile e settembre-ottobre, di conseguenza conservato sotto una forte salatura, mentre Calvisius Original Caviar

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Malssol (questa parola russa significa “con poco sale”) è estratto praticamente durante tutto l’anno e quindi necessita di poca salatura». Che dimensioni raggiunge il vostro caviale? «Le nostre uova di storione bianco raggiungono un diametro di 2,8-3 millimetri, seconde solo al Beluga». Quanto caviale produce Agroittica? «La produzione di Caviale ha raggiunto le 24 tonnellate annue, facendo di Agroittica Lombarda il primo produttore al mondo». Dottor Cancellieri, lo storione non rientra nelle specie in via di estinzione? «Lo storione rientra nella lista delle specie minacciate e in via d’estinzione all’interno della Convenzione di Washington dal 1998 a causa del bracconaggio selvaggio e dell’inquinamento che metteva a repentaglio la sopravvivenza di questa specie in paesi come la Russia, l’Iran e la Cina. Posso affermare che Agroittica Lombarda, con la sua tecnica di acquacoltura all’avanguardia che permette la nascita di storioni in cattività, non solo contribuisce a salva-

guardare lo storione, ma ottiene anche un grande vantaggio competitivo». Quante sono le qualità di caviale che producete? «Calvisius è il marchio che racchiude ben quattro varietà di caviale: Oscietra Royal, Oscietra Classic, il Siberiano e il Caviar de Venise». Gli italiani non sono grandi consumatori di caviale. «Infatti il 95% della produzione viene esportata e posso dire che Calvisius è il caviale più consumato nel mondo. I maggiori consumatori li troviamo in Francia, Stati Uniti - ad esempio nei tre stelle Michelin di New York, quali le Bernardin a Midtwon, e il giapponese Masa a Columbus Circle, nella 59ª strada -, Regno Unito e Giappone. Siamo anche i fornitori per le first class delle linee aeree Lufthansa, Singapore Airlines, Thai Airways. A New York recentemente è stato inaugurato all’interno dell’Hotel Four Season di Manhattan il Calvisius Caviar Longe, un grazioso ristorante dove si può gustare il nostro caviale».

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Nessuno è profeta in patria. «Abbiamo anche clienti italiani, ricordarli tutti in questo momento mi è impossibile. Diciamo che tra questi ci sono il Ristorante da Vittorio di Brusaporto e Schiaccianoci, una “boutique” gastronomica a Bergamo. A Milano lo possiamo trovare in Hotel importanti tra questi il Seven Star Gallery e Park Hyatt». Possiamo definire Agroittica Lombarda un’azienda leader per la riproduzione dello storione e la produzione del caviale? «Non siamo noi a definirlo, ma Agroittica Lombarda è stata riconosciuta dal Ministero dell’Ambiente come azienda oggi leader mondiale che effettua la riproduzione dello storione e la produzione del caviale, ottenuto da storioni allevati in cattività, riuscendo anche a salvaguardare la specie, motivo per cui nel 1998 ha ottenuto il riconoscimento Friend of the Sea, rispettando la Convenzione di Washington (Cites). Calvisius può essere acquistato on-line sul sito: www.calvisius. com».

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Tradizione e Storia Nasce nel 1956 la Sartoria Ravasio Giuseppe, capi su misura rigorosamente fatti a mano punto per punto. Nel 1971 nasce l’esigenza di ampliare il mercato con capi già confezionati ma sempre di grande qualità. La particolarità dei nostri prodotti segue una storia famigliare di tradizione e ricerca. Nel nostro 40° anniversario vogliamo ringraziare tutti i nostri affezzionatissimi clienti ed amici che ci hanno sempre seguito e sostenuto nelle nostre nuove aperture.

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Inter vista

Giovanni De Roma al comando della GdF

Dal 9 luglio il colonnello guida le Fiamme Gialle della provincia di Bergamo.Viene da un’esperienza di 5 anni a Shanghai, dove ha ricoperto il ruolo di esperto economico-finanziario della Guardia di Finanza presso il Consolato Generale d’Italia

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uaranticinque anni, coniugato, due figli: Sofia di sei anni e Leonardo di dieci. Comandante De Roma, a che età è iniziato il suo percorso militare? «Molto presto, a sedici anni ho frequentato la Scuola Militare Nunziatella di Napoli, mi sono diplomato, ho vinto il concorso per l’Accademia della Guardia di Finanza, quattro anni a Bergamo dal 1985 al 1989. Poi sono stato trasferito a Roma alla sezione operativa per tre anni. Dal 1992 al 1995 sono stato a Napoli alla Polizia Tributaria, mi sono occupato prima di verifiche, attività di polizia tributaria in senso stretto, di G.I.C.O (Gruppo Interprovinciale di Investigazione sulla Criminalità Organizzata) e in particolare del fenomeno della tangentopoli napoletana degli anni ’90. Dal 1994 al 1996

sono stato comandante della 1^ Compagnia di Fiumicino Aeroporto. Dal 1996 al 2000 ho vissuto la mia prima esperienza internazionale lavorando per l’ufficio di Polizia Europea, all’Aia. All’epoca mi occupavo di reciclaggio e di analisi di flussi finanziari. Nel 2000 ho vinto il concorso interno per la scuola di Polizia Tributaria, l’istituto di alta formazione della Guardia di Finanza, durato due anni. Dal 2002 al 2005 sono stato alla Polizia Tribuitaria a Bari, ero a capo dell’Ufficio Operazioni, poi sono stato comandante del Gruppo Verifiche speciali, sempre attività di polizia tributaria. Come vede ho sempre svolto attività in reparti operativi». Nel 2006 la Cina. «Si stavano aprendo uffici all’estero dove la Guardia di Finanza, insieme alle autorità governative locali, lavora per il

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A cura di: Emanuela Lanfranco Foto: Fabio Toschi

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contrasto degli illeciti economici e finanziari. Mi arrivò la telefonata dal comando generale, praticamente mi chiesero di aprire l’ufficio nel sud-est asiatico. Avendo maturato esperienza sia a livello nazionale che internazionale, fui nominato esperto economico-finanziario della Guardia di Finanza presso il Consolato Generale d’Italia a Shanghai, Cina. Così nel 2006

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sono partito per la Cina, destinazione Shanghai». Come è stato l’approccio con la Cina, paese di tradizioni e cultura assai diverse dalla nostra? «L’inizio è stato veramente duro. Già l’impatto con una città di 24 milioni di abitanti è stato forte: c’era l’influenza aviaria, mia figlia Sofia era di dieci mesi,

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mio figlio Leonardo aveva cinque anni. Ma sia io che mia moglie avevamo tanta voglia e desiderio di fare un’esperienza forte e devo dire che, grazie soprattutto al suo supporto - perché in queste scelte ci vuole una donna accanto che ti sostenga, altrimenti tutto è più difficile -, superata la fase iniziale, è stata una grande esperienza, prima familiare e personale, poi professionale». Si occupava anche di altri Paesi? «Sì, ero di base a Shanghai ma ero responsabile della Cina e di tutto il sud est asiatico: Vietnam, Corea, Thailandia, Malesia, Singapore e Giappone». Il rapporto con la lingua cinese? «Io, della famiglia, sono quello che parla meno bene in quanto lavoravo con staff locali ma in lingua inglese. Il cinese è una lingua estremamente affascinante, ma difficilissima». Sa scrivere cinese? «Parlo, ma non scrivo ne leggo, ho il “sapere” per la pura sopravvivenza. I miei figli frequentano la scuola internazionale, sono madrilingua inglese ma parlano molto bene e scrivono anche in cinese». Cosa le ha lasciato la Cina? «Una grande esperienza personale: il fatto di doverti confrontare con gente di tutto il mondo, con il coreano, il giapponese l’americano. Ho imparato a mangiare di tutto, a usare i bastoncini o addirittura, per alcune culture, le mani. Tutto ciò ti porta a una grande apertura mentale». E lei cosa ha lasciato in Cina? «Professionalmente, ho cercato di trasferire la mia esperienza italiana. Uno dei miei compiti era anche quello di seguire la fase dell’internazionalizzazione delle imprese, fornendo consulenza. Mi occupavo di frodi, truffe, cercando di individuare quelle sacche di evasione fiscali che si creano all’estero. Ho apprezzato le nostre imprese che internazionalizzano, perché non è facile prendere la decisione di andare all’estero con le tante difficoltà che incontri; devo dire che la maggior parte operano in modo corrispondenti alla norme e, dove ci sono state difficoltà, le abbiamo aiutate per facilitare


processi di delocalizzazioni o di ingressi nei mercati. La realtà di Bergamo ha in Cina imprese di grosso profilo. Il mio compito era questo, faciltare sempre di più laddove è possibile, compatibilmente con la legge, chi opera legalmente nel rispetto delle regole, sia a livello nazionale che internazionale». Comandante, dopo la sua esperienza, cosa manca in Cina? «La Cina ha bisogno di innovazione; quello che manca è la capacità dell’azienda di avere nuove idee, di cambiare, di adeguarsi alle esigenze di tutti i giorni. Lì bisogna investire sempre più nella tecnologia. La prima voce di export delle nostre imprese non è il lusso, né gli alimentari, ma macchine. La tecnologia produttiva la forniamo noi, a loro manca». Dopo cinque anni, com’è stato il rientro in Patria? «L’unica preoccupazione l’avevo per la famiglia, per i miei figli è un mondo nuovo». Shanghai e Bergamo sono due realtà completamente diverse. «Mia moglie, che non conosceva Bergamo, è rimasta affascinata dalla città, e non ha ancora visto Città Alta. Io già la conoscevo, ma una cosa che ho notato è la cura che hanno i bergamaschi della città». Comandante, si può trarre qualche considerazione dopo un’esperienza di vita all’estero? «Posso dire che vivendo all’estero - dove non ci sono i nonni, gli zii, nessun parente - si riesce a stabilire, con poche persone, un rapporto tale di amicizia che per i miei figli un amico è diventato uno zio, uno di famiglia». Programmi? «Con la mia famiglia vivremo a Bergamo. Professionalmente vorrei svolgere l’attività in modo da poter stare più vicino al cittadino: ritengo sia un modo per garantire ulteriore sicurezza».

1994-Laurea in Giurisprudenza presso l’università degli studi di Salerno 2002-Master presso l’Università Bocconi di Milano per “Giurista d’impresa internazionale” 2002-Titolo Corso Superiore di Polizia Tributaria 2003-Laurea Specialistica in scienze della sicurezza economico finanziaria 2009-Laurea Specialistica in scienze politiche

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Nunziante Consiglio

Il presidente del Comitato dei Treni e della Tranvie Elettriche Bergamasche: «La Teb è prima in Europa per numero di passeggeri trasportati su una linea ed è la prima per snellezza strutturale di gestione»

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ono in Amministrazione ormai da 17 anni. Ho iniziato la mia carriera politica nel ruolo di assessore comunale e quindi sindaco per ben due mandati nel Comune di Cazzano S.A., sotto il simbolo della Lega Nord. Questa esperienza ha contribuito in modo significativo a indirizzarmi verso la successiva esperienza politica, nell’attuale ruolo di parlamentare. Ho ricoperto il ruolo di presidente della Blue Meta per circa tre anni: si tratta di un’azienda municipalizzata caratterizzata dall’aggregazione di 29 Comuni della Bergamasca, incaricata della fornitura di gas metano ed energia elettrica, sia ad uso civile che industriale. L’incompatibilità di tale presidenza con la carica di parlamentare mi ha condotto a rassegnare le dimissioni. Mi ero così illuso di poter avere più tempo a disposizione

per occuparmi della famiglia. Ho dovuto ricredermene immediatamente, poiché mi è subito stata proposta la presidenza della Teb e successivamente anche la presidenza del Comitato Treno Orio/Bergamo. La prima prevede la gestione delle Tranvie Elettriche Bergamasche attualmente percorrenti la tratta T1 – Bergamo Albino (Valle Seriana). La seconda si incarica di strutturare le modalità realizzative del futuro collegamento ferroviario tra la stazione di Bergamo e l’aeroporto di Orio al Serio con successivo ulteriore aggancio con Milano. Ta l i i n c a r i c h i m i h a n n o c o n s e n tito di presiedere a due dei tavoli di maggior rilievo in Bergamo, ove partecipano imprenditori, banche, Regione Lombardia, Provincia e Comune di Bergamo».

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Testo: Emanuela Lanfranco

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Qual’è la mission del comitato? «Il Comitato Treno, costituitosi come promotore per il collegamento ferroviario tra la città di Bergamo e l’aeroporto di Orio al Serio, ha tra i suoi scopi quello di supportare dal punto di vista tecnico ed organizzativo, gli adempimenti necessari per la presentazione in Regione Lombardia dell’istanza per il rilascio della concessione regionale per la realizzazione in prjet financing del nuovo collegamento ferroviario. A tal fine secondo l’Atto Costitutivo, i soci aderenti al Comitato Treno (Sacbo – Sea – Camera di Commercio, banche, privati) devono individuare un ente giuridico avente lo scopo di dare esecuzione al progetto. La sfida, forse una delle novità di maggior rilievo nel panorama orobico, è quindi quella di “mettersi in gioco”, ottimizzando le capacità territoriali, sia economiche che imprenditoriali. Grazie alla valenza delle idee e delle figure di spicco presenti al tavolo del Comitato, si può orgogliosamente porre in luce il desiderio di “territorialità”. Elemento che ha contraddistinto il lavoro svolto nel corso dell’ultimo anno costituendone il filo conduttore». E riuscirà il comitato a realizzare questo progetto? «Il comitato ha come compito la redazione di progetti preliminari. Il coinvolgimento di società importanti, affiancate dall’ Università di Bergamo, ha saputo convogliare le idee in una soluzione condivisa. Proprio grazie a questo team siamo riusciti a valutare, anche economicamente, che il tratto ferroviario Bergamo/Orio, unito al collegamento con le stazioni milanesi, può raggiungere soddisfacenti risultati economici, aspetto quest’ultimo non certo trascurabile per gli imprenditori privati che volessero partecipare all’investimento. Avremmo così un collegamento di qualità per il territorio bergamasco: l’aeroporto di Orio al Serio ha infatti una potenzialità enorme, grazie all’oculata gestione e alla collocazione entro un nord produttivo e trainante, caratterizzando il mantenimento delle diverse attività sul territorio e

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incentivando il turismo». Qui entra in gioco la politica! «La politica ha il solo compito di consentire ai diversi soggetti economici di operare al meglio. Il Politico faccia Politica e l’Imprenditore faccia Impresa. La politica deve costituire il mezzo in grado di consentire all’imprenditore di esprimersi al meglio nel proprio ambito lavorativo facilitandone la competitività anche attraverso, come in questo caso, la costruzione di nuove infrastrutture». Tempi per la realizzazione OrioBergamo? «L’idea sarebbe ovviamente quella di poter essere operativi per il grande evento dell’Expo 2015 che caratterizzerà gli scenari economici e imprenditoriali del nostro Nord». Costo? «Un importo che si attesta tra i 150 e i 180 milioni di euro. Cifra che andrà rivista al ribasso, in quanto le valutazioni economiche sono state tendenzialmente prudenziali». Onorevole, ora parliamo della Teb, azienda ormai collaudata. «Teb è una società che fa a capo alla Provincia, al Comune di Bergamo e per il 10% alla Camera di Commercio. La

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società nasce circa dieci anni fa, proprio con l’intento di ripristinare, se pur con sistemi e tecnologie diverse, la vecchia ferrovia che collegava Bergamo a Clusone, su un sedime ferroviario già ben delineato e mantenuto negli anni grazie ai vincoli urbanistici imposti dai vari piani regolatori. Il tracciato interessa attualmente i Comuni posti tra Bergamo ed Albino per una lunghezza di circa 10 km. La società nasce con questo scopo e presenta una progettazione di valore che seppure non pienamente autosufficiente (in quanto non riesce a incassare dai biglietti il 100% della gestione), si colloca tra le migliori in Europa per tipologia di trasporto. È la prima in Europa per numero di passeggeri trasportati su una linea ed è la prima per snellezza strutturale di gestione». Si ripristina la ferrovia della Valle Seriana, inaugurata nel 1884 da Bergamo ad Albino e (prolungata fino a Ponte Selva nell’anno successivo, aveva una lunghezza di 34 chilometri). «La ferrovia era stata eliminata nei fantastici anni ’60 grazie al “boom della gomma” quando il traffico, se non da parte di qualche catastrofista, non veniva certo considerato elemento in grado di impattare significativamente in modo negativo sulla vita della popolazione della vallata. La morfologia delle nostre vallate bergamasche, caratterizzata dalla presenza di un corso d’acqua, presenta una “testa” ed una “coda” entro le quali si snoda l’asse stradale principale. La ferrovia aveva lo scopo di collegare l’alta valle con la città di Bergamo. Nel momento in cui il trasporto su gomma fu considerato di maggior praticità e velocità, la volontà degli imprenditori ha fatto venir meno il valore di un’infrastruttura ferroviaria non più al passo con i tempi». Da quanto è presidente della T.E.B.? «Ricopro la carica da quasi due anni, ereditando una struttura già completa ed ultimata. Le problematiche di maggior rilievo concernenti l’attuale lavoro della presidenza e del Cda, sono improntate alla chiusura di tutti i rapporti con le imprese, con le amministrazioni comunali


interessate dai lavori del tracciato, nonché all’intera gestione economica». La situazione economica? «La società è in continuo contatto con il Ministero dei Trasporti al fine di garantire il trasferimento di quelle somme già impegnate per tale opera, consentendo il progressivo mantenimento degli impegni assunti con gli istituti di credito. Una gestione continuamente soggetta a revisioni e modifiche al fine di mantenere un corretto rapporto economico-finanziario, porterà a contrarre mutuo». In futuro arriverà fino a Clusone? «Sarebbe sicuramente una soluzione auspicabile, abbiamo invece presentato già un progetto denominato “T2” - Tranvia Bergamo/Villa d’Almè. Il progetto T2 prevede un costo di circa 100 milioni di Euro finanziabile al 60% con contributo statale. Siamo in attesa delle graduatorie ministeriali». Quali benefici ne ha tratto la Valle Seriana? «La Valle Seriana ha beneficiato in modo inequivocabile grazie al servizio tranviario, sia intermini di riduzione dell’inquinamento che per quanto concerne la snellezza del traffico automobilistico e dei tempi di percorrenza. La Valle Brembana otterrebbe evidentemente il medesimo risultato se non addirittura maggiore. La stessa Teb ottimizzerebbe alcune infrastrutture già esistenti quali il Deposito di Ranica, fiore all’occhiello della progettualità e programmazione bergamasca all’interno dell’Unione Europea. Non si tratta infatti dell’ordinaria struttura per il rimessaggio dei mezzi, bensì trattasi di struttura complessa ed articolata per la presenza di scambi particolari realizzati allo scopo di consentire la pulizia e riparazione delle carrozze. La struttura è stata volutamente sovradimensionata al fine di consentire nel futuro il potenziamento della società Teb Spa, con la seconda linea la Bergamo/ Villa d’Almè. Il valore della linea esistente, è stato certificato dalla capacità attrattiva verso la fascia giovanile legata all’utilizzo da parte degli studenti. Il vero collaudo della struttura si è raggiunto nell’occa-

sione offerta dall’Adunata degli Alpini a Bergamo, con un enorme successo, per capacità organizzativa, di trasporto e gestionale. Il bello della tranvia è dato dalla sua alta fruibilità». Costo della T1? «La spesa per realizzare l’opera, compren-

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siva dei parcheggi di interscambio, delle piste ciclopedonali e dei costi societari, ammonta a circa 140 milioni di euro: poco meno di 14milioni di euro/Km comprensivo del materiale rotabile (con un costo al km inferiore alla media europea)».

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S.p.A.

COSTRUZIONI EDILI, CIVILI ED INDUSTRIALI

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Inter vista

Matteo Caffi: la bellezza in punta di bisturi

Bellezza naturale. È quanto propone ai suoi pazienti il chirurgo estetico Matteo Caffi nel suo Poliambulatorio di via Carducci a Bergamo. Ma grande attenzione riserva anche a tutti gli aspetti che riguardano la sicurezza

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o l e r a c c e n t u a re l a p r o p r i a bellezza è una legittima aspirazione. Nel cercare di cogliere questo obiettivo, però, è giusto pretendere la massima sicurezza e il conseguimento di risultati naturali. Sono proprio questi i due pilastri fondamentali cui fa riferimento il dottor Matteo Caffi nell’eseguire interventi di chirurgia estetica. Per incontrarlo e sottoporgli i propri problemi basta rivolgersi al Poliambulatorio Estetica-medica in via Carducci a Bergamo, aperto nel 2001, dove Caffi opera con una mezza dozzina di persone tra medici e collaboratori. I due aspetti che vengono affrontati in questo centro sono la chirurgia estetica e la medicina estetica. Quest’ultima viene eseguita pressoché in tutto il suo campo d’azione. Riguardo invece alla chirurgia,

si procede a livello ambulatoriale per ciò che è possibile fare in tale ambito, visto che il Poliambulatorio è autorizzato ad eseguire le anestesie locali, mentre negli altri casi il dottor Caffi esegue visite e consulenze in vista dei veri e propri interventi da programmare nelle case di cura. Tali strutture, infatti, risultano sicuramente più idonee per riuscire ad ottenere i massimi livelli di sicurezza. Con Matteo Caffi, 42 anni, bergamasco, sposato con due figli, approfondiamo alcuni aspetti. Che tipo di approccio viene instaurato con il paziente? «Attraverso una visita preliminare valuto le aspettative del soggetto e quello che comporta realizzarle da vari punti di vista: biologico, organizzativo ed economico. Da sottolineare che da anni la chirurgia plastica estetica persegue la

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Testo: F. Lamberini Foto: Fabio Toschi

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logica della mini-invasività, per cui possiamo dire che oggi consente dei recuperi abbastanza rapidi. Nell’arco dei 15 giorni si è quasi sempre in grado di tornare a svolgere la normale attività quotidiana». Come ha iniziato questo percorso professionale? «Dopo un’intensa esperienza in provincia di Milano, in cui mi sono occupato di chirurgia plastica esclusivamente estetica, dieci anni fa ho aperto questo Poliambulatorio. Avere a che fare con persone che vogliono essere più belle è in realtà solo un aspetto del mio lavoro. Più spesso vengo a contatto con pazienti che vivono male la convivenza con l’inestetismo, quindi è importante riuscire a migliorare la situazione negativa di ciascuno se non a risolverla del tutto. Tenendo conto poi che da sempre cerco di ottenere i risultati più naturali possibili, è difficile che abbia persone che intendano sottoporsi a molti interventi fino a stravolgere la propria immagine». È un luogo comune o sono realmente più le donne a rivolgersi al chirurgo estetico? «Sono sicuramente di più le donne, anche se la quota maschile sta crescendo notevolmente. Però se una volta le donne rappresentavano il 90% e gli uomini il 10% oggi al massimo le percentuali possono essere arrivate al 75 e al 25 per cento e credo che non si arriverà mai a pareggiare».

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Quali sono le richieste che vengono formulate con maggiore frequenza? «Negli ultimi anni c’è stata, senza dubbio, una forte impennata di richieste riguardanti la chirurgia della mammella che poi contempla tre possibilità: l’aumento, la riduzione e il risollevamento. Sicuramente per ora la fa da padrone l’aumento e non tanto perché le pazienti desiderano diventare molto prosperose. Piuttosto si rivolgono a me dei soggetti che hanno perso tonicità nel dopo gravidanza, in concomitanza con l’allattamento, ma anche delle ragazze che non hanno avuto mai molto seno e che giustamente lo desiderano un po’ più pronunciato». Sono molto cambiate le tecniche d’intervento in questi ultimi anni? «Sicuramente sono migliorate e io stesso ho studiando un modo per offrire dei risultati piacevoli e molto naturali. A tal punto che un decoltè eseguito dal sottoscritto credo che possa far affiorare solo il sospetto di essere stato chirurgicamente trattato, senza però trasformarsi in certezza. Anzi, direi che la maggior parte delle mie pazienti non destano nemmeno sospetti. Purtroppo però non è sempre così e spesso sottolineo che in televisione si vede il peggio della chirurgia estetica, ovvero le esagerazioni e le cose innaturali».

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Cosa dice più spesso alle sue pazienti? «Non siamo qui a portar via gli anni alla gente. Piuttosto che ringiovanire cerchiamo di portare bene la nostra età, valorizzando al massimo talune caratteristiche. Voglio dire che un po’ di buon senso non guasta mai». Oltre agli interventi alla mammella quali altri le vengono richiesti? «Sicuramente la chirurgia legata alla silhouette, che riguarda prevalentemente gli eccessi di grasso nelle cosce, nei fianchi o nella parte alta del braccio. Il maschio, invece, di solito è alle prese con il giro vita. Sto trascurando tutti gli interventi che riguardano il viso perché si tratta di un mondo immenso. Qui si spazia dall’alleggerimento delle palpebre agli occhi, dal naso alle orecchie e alle labbra». Ma tutto questo ha evidentemente dei costi. «La gente deve capire che quando c’è un prezzo particolarmente vantaggioso ci sono anche dei rischi più elevati perché vuol dire che si sta trascurando qualcosa sul fronte della sicurezza. Basti pensare che in chirurgia una sala operatoria costa così come il personale, per non parlare dei materiali che devono essere di buona qualità. Dunque i prezzi abbordabili nascondono sicuramente qualche insidia»


Un progetto nel cassetto? «In prospettiva sono orientato ad utilizzare il grasso in molte più situazioni, poiché si sta rivelando un tessuto preziosissimo per ripristinare volumi dove si siano persi e per la stimolazione e rigenerazione dei tessuti grazie alle cellule staminali. Secondo me ci sono dei campi d i e s p a n s i o n e e n o r m i , p e rò p e r n o i i l p ro b l e m a ve ro d a risolvere è adesso quello di riuscire ad espandere questo tessuto. Non a caso stanno nascendo le prime

strutture in grado di farlo, che permettono di prelevarne un certo quantitativo dal paziente e ottenerne molto di più grazie all’espansione tissutale. In questo modo avremo una possibilità di utilizzo del grasso davvero molto interessante. Al posto delle protesi, ad esempio, lo utilizziamo già ma spesso il limite è rappresentato dalla disponibilità del grasso stesso. Se infatti la corporatura del paziente non è particolarmente abbondante, diventa un pochino complicato riuscire a reperirlo. Ma va anche detto che le protesi di oggi sono tutt’altra cosa e sicuramente più efficaci rispetto a quelle di vent’anni fa. D’altro canto faccio presente spesso che le rivoluzioni in medicina e chirurgia avvengono ogni lustro se non ogni decennio. In ogni caso il paziente deve essere soprattutto informato: deve sapere a cosa va incontro e ciò che gli verrà eventualmente impiantato».

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Bici bergamasche per le guardie vaticane

Il vulcanico Marco Mazza ha dotato la gendarmeria del Santo Padre del suo ultimo brevetto: la PmZero, bicicletta a pedalata assistita ergonomica con Gps satellitare a prova di ladro

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er le guardie vaticane sta portando avanti una progettazione sulla mobilità. Ma c’è di più. Le ha dotate del suo ultimo brevetto: la PmZero, bicicletta a pedalata assistita ergonomica con Gps satellitare a prova di ladro. Il vulcanico Marco Mazza, inventore bergamasco riuscito a trasformare la sua passione in un’attività di successo, ha infatti siglato un accordo con lo Stato del Vaticano: galeotto fu un incontro a Milano Marittima, dove Mazza stava promuovendo il suo ultimo gioiello. «Si tratta di una e-bike - spiega Mazza altamente innovativa. Sia per i materiali high-tech usati, cioè carbonio, fibra di vetro e alluminio, sia per l’adozione di un motore brushless alimentato con batterie al litio. E, al tempo stesso, un’opera di

design con due brevetti e un approvazione medico scientifica» . Un progetto all’insegna di ergonomia ed essenzialità: «queste sono state le linee guida di una ricerca formale che, rompendo gli schemi del design per biciclette elettriche, da sempre legato esclusivamente all’aspetto funzionale, intende rivolgersi ad un target di utenti evoluti, dinamici, amanti della forma fisica e di quella estetica». La creazione dell’Archimede orobico è piaciuta a tal punto agli addetti alla sicurezza della Santa Sede che ne hanno fatto uso per pattugliare le vie della capitale in occasione della beatificazione di Papa Wojtyla lo scorso primo maggio, alla quale hanno partecipato milioni di persone provenienti da tutto il mondo.

A cura di Fabio Cuminetti

Info: www.pmzero.it

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Il gioco come aiuto all’apprendimento

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l precedente articolo era terminato con “E’ arrivato un bastimento carico carico di……” . Questo gioco ha a che fare proprio con l’acquisizione della lettura ma a un adulto o a un insegnante non verrebbe in mente di far giocare un bambino che non impara a leggere con qualcosa che niente ha a che fare con la lettura; si tratta di una capacità poco indagata, perchè si ritiene che oltre i sei anni non si possano riscontrare difficoltà nel rilevare differenze nell’ascolto tra fonemi. Tuttavia è possibile che difficoltà minori passino inosservate con conseguenze pesanti. Chissà forse le nostre nonne senza saperlo sono state le migliori terapiste e insegnanti del mondo e i logopedisti possono fornire indicazioni su molti esercizi utilizzabili per migliorare la discriminazione fonemica. Fortunatamente l’ortografia italiana è trasparente, nella lettura di “ parole” si può arrivare rapidamente al significato mentre questo non avviene con le “non parole” in quanto per leggerle bisogna attivare la via sub lessicale ( scomposizione singola e conversione automatica grafema-fonema). Alcuni bambini possono imparare spontaneamente a costruirsi le parole e man mano che il sub lessicale migliora anche la lettura ne trae beneficio; l’acquisizione così della lettura avviene in parallelo sia per le “parole” che per le “non parole” ed anche la capacità di trasformare una sequenza di lettere in una sequenza di foni (il bambino costruisce la propria struttura fonologica). Se le lettere non rappresentano sillabe ma fonemi, come poter insegnare al bambino? Come riuscire a fargli scrivere una parola o a creare una frase? Il sistema migliore è quello di fargli toccare le lettere (in commercio ve ne sono sia in plastica che in legno) affinché lui si crei l’immagine mentale di ciò che sta toccando. Lasciare quindi la lettura e cominciare con la scrittura usando queste lettere mobili che lui può spostare in tutte le combinatorie possibili; poi nella fase successiva fargli scrivere graficamente ciò che ha scritto con le lettere mobili; la lettura diventa così un effetto trascinato dalla scrittura. La consapevolezza fonetica procura al bambino grande soddisfazione, diventa lui il protagonista di ciò che sta creando; si rende conto che le parole possono essere composte, scomposte in singoli suoni, può sentire e produrre diverse parole percependone la differenza e tutto ciò non fa altro

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di Barbara Gelmini

che aumentare la sua consapevolezza fonetica. Si possono aiutare i bambini con dei semplici giochi, come per esempio facendogli associare i suoni alle parole (/ tavolo/ comincia con? e finisce con? ) oppure isolare i suoni iniziali e finali ( /tasso/, se levo la /t/ cosa rimane?) o sostituire un suono iniziale ( /duna/ se levi la /d/ e al suo posto metti la /l/ che parola diventa?) o lavorare con due parole (duna/ lente, sostituendo il fonema iniziale avrai due nuove parole, proviamo a farlo?) Questi sono “giochi” che coinvolgono le abilità uditive, permettono al bambino di riflettere sulla sua lingua, che con essa si può giocare e diventare così abili nell’analisi e nella sintesi fonemica. …..”Tutti gli studi più recenti mettono l’accento sulla necessità di porre le basi, per un efficace insegnamento-apprendimento della lingua, sulla consapevolezza fonologica e meta-fonologica; perché allora non si adotta un metodo che tenga conto di tutto ciò? Non solo per offrire un sereno percorso scolastico a ogni bambino, ma anche per renderlo più facile e fruibile a tutti coloro che potranno sviluppare un disturbo di apprendimento… ( M .Vitali – Insegnamento e apprendimento della letto-scrittura- ). Oggigiorno si sente sempre più parlare di “metodo”, quale metodo si usa, a quale metodo si fa riferimento, se si conosce il tale o tal altro metodo; a mio avviso non esiste “il metodo”. Tutto deve essere fatto in funzione di ciò che il bambino ha, lavorare su ciò che è in grado di fare per arrivare a ciò che non ha. Sembra ovvio vero? Ma purtroppo non sempre è cosi…..Ma se vogliamo parlare di metodo adottato per esempio nella scuola per l’insegnamento della lettura si parla di metodo globale e interessa in modo particolare i ragazzi con DSA “Questo metodo è fondato sull’ipotesi che il contorno globale delle parole svolga un qualche ruolo nella lettura, così da consentirne il riconoscimento. La ricerca odierna converge invece sul fatto che la lettura si fonda sulla scomposizione in elementi semplici, le lettere e i grafemi, e che la tappa chiave della lettura consiste nel passaggio da un’unità visiva a una uditiva. In Francia si è condiviso che il metodo globale sia calamitoso per l’apprendimento della lettura e il Ministero dell’Educazione nazionale francese si è espresso circa l’inutilità di questa metodologia bandendola. È solo un esempio, ma utile a comprendere la differenza con il nostro Paese dove, invece, dibattiti di questo

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tipo sono totalmente assenti e la ricerca è quasi catacombale.” S. Versari - Disturbi specifici dell’apprendimento – Dislessia p.p. 30-31 gennaio 2011. Ci sarebbe ancora molto da dire e vi è moltissimo da fare, l’importante è non voler soltanto categorizzare ed etichettare. Il bambino se ascoltato, ha molto da dirci; poniamoci all’ascolto, osserviamo, affidiamoci agli specialisti che non faranno altro che trovare il giusto percorso da fare e da far fare al bambino e alla famiglia, i consigli e le strategie per non dover magari in futuro “avere un problema” . I genitori in prima persona dovrebbero far richiesta nelle scuole d’infanzia di specialisti per degli screening sul linguaggio per poter affrontare le eventuali difficoltà sul nascere; prevenire è sempre meglio che curare…

DOTTORESSA GELMINI BARBARA Iscritta all’Associazione Italiana Logopedisti della Lombardia. via Piccinini 3/a BERGAMO Tel. e Fax 035.224552 www.logopediabergamo.it email: logos logopedia@alice.it Formazione professionale: laurea in Lettere, specializzazione polivalente per alunni disabili, laurea in Logopedia, master in Comunicazione, Specializzazione in Vocologia artistica per cantanti e attori. Studio in attesa di convenzione con la ASL.


Impre se

Prestiti d’onore a otto studenti

Banditi dall’associazione Pro Universitate Bergomensi per gli iscritti all’Università di Bergamo. Verranno restituiti dopo il conseguimento della laurea senza alcun aggravio dei tassi d’interesse

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inanziare gli studi con un prestito da restituire a laurea ottenuta senza alcun aggravio dei tassi d’interesse. Questo il succo dell’iniziativa che lo scorso 27 giugno, nella sede di Confindustria Bergamo, ha visto otto studenti iscritti al primo anno dell’Università di Bergamo che si sono particolarmente distinti per le votazioni ottenute negli esami di maturità sostenuti lo scorso anno ricevere il prestito d’onore bandito dall’Associazione Pro Universitate Bergomensi, con il patrocinio della Provincia e dell’Università di Bergamo, del valore unitario di 3 mila euro, rinnovabile ogni anno per tutta la durata degli studi (fino ad un massimo di 5 anni) sempreché al 30

novembre di ogni anno sia stato maturato almeno il 70% dei crediti formativi (il 50% per il primo anno) con una media non inferiore a 25/30. I prestiti d’onore sono stati consegnati dal presidente di Pro Universitate Bergomensi, cavaliere del lavoro Emilio Zanetti, e dal rettore dell’Università degli Studi di Bergamo, professor Stefano Paleari, durante la cerimonia organizzata da Confindustria Bergamo, socia di Pro Universitate Bergomensi, alla quale ha partecipato, in qualità di segretario il dottor Roberto Terranova. I beneficiari del prestito sono: Chiara Bertulessi (Corso di laurea in lingue e letterature straniere moderne), Simone

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A cura di Fabio Cuminetti

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Canesi (Corso di laurea in economia aziendale), Giulia Crotti (Corso di laurea in lingue e letterature straniere moderne), Greta Facoetti (Corso di laurea in ingegneria gestionale), Marta Carla Noemi Macalli (Corso di laurea in economia aziendale), Angelo Rossi (Corso di laurea in lingue e letterature straniere moderne), Giorgia Alessandra Semperboni (Corso di laurea in scienze della comunicazione), Angela Maria Serra (Corso di laurea in lingue e letterature straniere moderne). Al termine della premiazione i giovani si sono incontrati con i rappresentanti delle banche coinvolte; nel dettaglio: Banca Popolare di Bergamo, Credito Berga-

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masco e Cassa Rurale BCC di Treviglio, per mettere a punto gli aspetti pratici legati all’erogazione del prestito. «Pro Universitate ha precorso i tempi con questa iniziativa – ha sottolineato il rettore, prof. Paleari, – e proprio in questi giorni la Conferenza nazionale dei Rettori sta siglando un accordo simile. Sono felice di sottolineare che questa è una delle numerose iniziative che le associazioni del territorio promuovono a sostegno dell’Università: è importante investire sui giovani, è un atto di fiducia nel futuro». Il cav. Emilio Zanetti si è complimentato con gli studenti per i risultati raggiunti ed

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ha sottolineato la particolarità dell’erogazione a tasso zero e senza richiesta di garanzie. «E’ un’iniziativa – ha rilevato – che premia il merito, responsabilizza gli studenti e stimola risultati di eccellenza». «Abbiamo cominciato ad erogare i prestiti già a partire dal 2002 – ha aggiunto il dott. Roberto Terranova – e i primi studenti beneficiari sono già felicemente inseriti nel mondo del lavoro. Il prestito d’onore non è una tradizione per il nostro Paese, eppure è molto significativo perché stimola il senso di responsabilità dei giovani oltre ad essere un segnale importante della collaborazione fra l’Università e il territorio bergamasco».


Impre se

Ecocompatibilità, innovazione ed esclusività

Giovedì 23 giugno presso la sede del Parco dei Colli il Centro Porsche Bergamo ha presentato i nuovi gioielli della casa di Stoccarda: Panamera S Hybrid, Panamera Diesel, Panamera Turbo S

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uando l’ecocompatibilità sposa la tecnologia e l’innovazione, dialogando con l’ambiente senza scendere a compromessi, la quadratura del cerchio è fatta. Gli AD Simona Bonaldi e Gianemilio Brusa lo scorso 23 giugno hanno accolto gli ospiti in una location immersa nel verde, perfetta per presentare i nuovi modelli dalle caratteristiche ecologiche della casa di Stoccarda. Gli spazi del Parco dei Colli di Bergamo hanno fatto da scenografia alla cena nel verde organizzata dal Centro Porsche Bergamo in collaborazione con ABenergie srl, società orobica in prima linea nella fornitura energetica integrata. Gli ospiti hanno trascorso la serata allietati dalle note di flauto e benjo, sapientemente armonizzate con i prelibati sapori proposti da “Il Castello Ricevimenti”.

Rispetto per l’ambiente, innovazione ed esclusività sono stati i fili conduttori dell’intera serata che ha offerto agli ospiti l’occasione di toccare con mano i nuovi modelli presentati lo scorso marzo al Salone di Ginevra: Panamera Diesel, Panamera Turbo S e soprattutto Panamera S Hybrid. In questo ultimo modello la dinamica tipica delle vetture sportive si coniuga perfettamente con consumi ed emissioni ridotti. Lo confermano anche i numeri: 159 grammi di CO2 emessi ogni km, consumo carburante nel ciclo combinato di 7,1 l/100 km, autonomia percorribile con la sola trazione elettrica di circa 2 Km. Valori di tutto rispetto che fanno della Panamera S Hybrid la Porsche meno inquinante di tutti i tempi.

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Testo: Fabio Cuminetti

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e aziende guidate da imprenditrici in provincia sono ormai più di 10 mila, il 20,8 per cento del totale. E sono in crescita. Trovo che ciò sia un bene: nel lavoro non devono esserci disuguaglianze tra uomini e donne, le cui eccellenze sono cosi complementari che darebbero un gran vantaggio all’Italia, se solo potessimo metterle in campo senza timori né pregiudizi. La mia storia ne è l’esempio. Ho fondato nel 1976 la Lamiflex Srl (Laminati Flessibili Tessili) e a giugno abbiamo festeggiato i 35 anni. Un traguardo oggi più che mai importante e significativo, pensando alle aziende che non sono riuscite ad affrontare i momenti difficili della nostra

Luigina Bernini*

economia, agli imprenditori che hanno visto vanificati i propri sforzi, alle famiglie che si sono trovate a fronteggiare gravi difficoltà. Lamiflex è qui, su questo territorio, forte e determinata nel voler costruire un futuro solido, per noi, per i nostri figli, per le generazioni future. La nostra forza? L’innovazione e una volontà incrollabile. Abbiamo continuato a lottare e ad investire per rimanere sul mercato, per distinguere il nostro marchio, per rappresentare un modello e un esempio di successo. Non è stato facile e non sarà facile, ma noi crediamo nell’impresa ed è l’impresa, spesso denigrata e demonizzata, che tiene in piedi l’Italia! Abbiamo bisogno di uomini e donne uniti e forti,

che costruiscono ponti anziché muri, persone che credono nel gusto, nel bello e nel piacere della vita, e che, con questo spirito, vivono il lavoro come rappresentazione ed espressione di sé. Di recente, durante una conferenza sull’Expo, un sindaco ha esordito dicendo che «l’accoglienza migliore si fa con un sorriso». Riflettiamo anche noi su questo aspetto che consente, in ogni situazione, di partire vincenti. E non parliamo di mera filosofia ma di alchimie fisiche. Il nostro anniversario quest’anno coincide con i festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’ltalia. L’Italia ha riscoperto la propria identità nazionale, riconoscendo il bello e la fortuna di essere italiani; Lamiflex Group riscopre il proprio valore, riconoscendo l’importanza e l’orgoglio di esserci e di poter guardare sempre avanti con l’obiettivo di festeggiare alla grande i nostri prossimi 40 anni. Tornando al tema con cui avevo esordito, non so se le donne siano più intraprendenti degli uomini. Senz’altro siamo più abituate a soffrire e ad affrontare situazioni dolorose. Forse per questo, anche in azienda, i momenti difficili si affrontano meglio. E poi abbiamo un’energia travolgente: siamo genitori, non vogliamo che i nostri figli vivano in un Paese di nuovo povero. Certo, le donne imprenditrici sono ancora poche. Ci sono tante giovani laureate che dobbiamo aiutare a emergere, perché hanno le capacità ma vivono purtroppo in un contesto ancora troppo ostile. *Presidente e amministratore delegato della Lamiflex di Ponte Nossa

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Sapori di Turchia

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apita di maledirlo, questo nostro lavoro. Quando gli altri si divertono, noi… Ma se si lo si ama davvero, il più delle volte accade invece di coglierne gli aspetti positivi, in particolar modo quando dà l’opportunità di viaggiare, conoscere, scoprire, incontrare. Per fortuna a noi, globetrotter della cucina, capita frequentemente di essere chiamati ad organizzare ricevimenti in ogni parte del mondo. L’ultima esperienza che ci è rimasta dentro l’abbiamo vissuta nella città che apre l’Oriente all’Europa, Istanbul. Ci siamo andati in avanscoperta per una nota azienda di moda maschile che festeggerà i primi di ottobre i venti anni di presenza in Turchia. All’Esman Sultan, magnifica location sul Bosforo, è previsto che arrivino seicento invitati selezionatissimi e noi dovremo stupirli con qualcosa di speciale che sia in sintonia con un ambiente così affascinante e con quel che offre il mercato di un città così ricca di storia e cultura. Già siamo al lavoro per tradurre nei nostri piatte le sollecitazioni ricevute durante la due giorni di full immersion tra prodotti, fornitori e ristoranti di varie estrazioni gastronomiche. Un’esperienza straordinaria che ci ha fatto capire ancora una volta quante lingue possa parlare la cucina ed in quanti modi possa essere declinata eppure rimanere accattivante e buona. Istambul offre in questo senso una testimonianza come pochi altri posti al mondo in questo momento sanno dare. I bazar dedicati alle varie materie prime sono impressionanti, in particolar modo quelli della frutta e verdura per non parlare di quelli delle spezie, grandiosi. Molti ristoranti li sanno sublimare in piatti dai sapori intensi, caldi, ricchi di sfumature. Qualche esempio?

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Sempre sul Bosforo, il Rejna dispone di ben otto ristoranti diversi che tuttavia si uniscono in un concerto che sembra un tutt’uno, miscelando culture ed abitudini senza soluzione di continuità: splendido. Di rara bellezza anche il Four Seasons ricavato in un’antica costruzione militare. Un giovane chef turno passato tra le mani esperte di Sergio Mei propone una cucina di alta scuola per precisione e pulizia. Con lui abbiamo scoperto il “pastrani”, un impasto di spezie con il quale vengono rico-

mette insieme moltissime sollecitazioni, decisamente inusuale per i turchi. Interessante, ma quel che più ci ha colpito è la straordinaria animazione della vie pedonali che abbiamo percorso per arrivarci, piene zeppe di attrattive gastronomiche per grandi e piccini, gioco del gelato compreso (il gelato tirato con molto glucosio viene manipolato a piacimento da chi lo serve). Ma l’esperienza gastronomica più pregnante doveva ancora venire con la cucina “ottomana” dell’Hunkar, ristorante

perte le carni durante la frollatura per essere poi servite in stile carpaccio. Il sacchetto infilato in valigia ha superato i controlli aeroportuali ed ora lo stiamo sperimentando con il pesce. Lo stesso giorno al bazar delle spezie ci hanno colpito i chicchi essiccati de melograno che mantengono una nota acidula penetrante, ideale per dare sprint alle insalate. Il locale più “cool” della città è il Mikla, all’ultimo piano di un lussuoso albergo. Solo stranieri ai tavoli, forse per via della cucina molto fantasiosa che

ubicato nel quartiere più chic della città, il Nisantasi. Stupefacenti il “patlican”, melanzane affumicata con yogurt ed aglio; il “puf borggi con feta”, una sorta di piccolo calzone farcito di formaggio fresco; i “manti”, superbi raviolini di carne conditi con yogurt, menta, peperoncino; “irmik”, un dolce di semolino in budino con crema al mascarpone. Ad ottobre ci torniamo, sicuro.

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*Bon Ton Di Paola Rovelli

Viviamo solo per scoprire nuova bellezza. Tutto il resto è una forma d’attesa. Kahalil Gibran

Senza piacere, non vi è vita; la lotta per il piacere è la lotta per la vita. Nietzsche, Friedrich La bellezza delle cose esiste nella mente che le contempla. Hume, David

Non esistono cose come la moralità o l’immoralità nel pensiero, c’è solo un’emozione immorale. Oscar Wilde Chi opera lietamente e si rallegra del suo operato, è felice. Goethe, Johann Wolfgang

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photo: Alessia Sant’Ambrogio.

ANGELO LORENZI Theme Weddings and Events

Just Married!

Ideazione

eventiunici nozze

THEME WEDDINGS AND EVENTS

Progettazione e Realizzazione

in ogni dettaglio

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*Wedding Angelo Lorenzi

Wedding Planner in formato pacchetto regalo!

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na sera come le altre, sempre di corsa come è classico che sia, se non necessariamente per un wedding planner, almeno secondo le mie abitudini. Avevo appena salutato Sara, Chiara e Marina dell’atelier di Aimèe in Montenapoleone e stavo per tornare verso casa, quando ricevo una chiamata da Laura e Matteo, una coppia di “miei” sposi e - come è inevitabile che accada - ora amici, che volevano assolutamente farmi conoscere la sera stessa qualcuno che a detta loro aveva urgentemente bisogno di me. Come dire di no ad una richiesta d’ aiuto del genere? Piede sull’acceleratore e via verso il nuovo appuntamento. Nel frattempo richiamo Laura per saperne di più e non arrivare all’incontro digiuno di informazioni. L’unica risposta che ottengo è che Susanna, che l’aveva scelta come testimone di nozze per il prossimo venticinque settembre, del proprio matrimonio avesse solo una certezza, che si sarebbe sposata con Luca. Il resto era tutto ancora oscuro, se non per un altro piccolo dettaglio di cui vengo messo al corrente poco dopo: Laura aveva deciso che io sarei stato il suo regalo di nozze per l’amica. Inizio a domandarmi se fosse il caso di prendermi del tempo per riflettere sulla situazione o se affrontare di petto l’argomento. E’ possibile, metaforicamente parlando, far stare un wedding planner in un pacchetto regalo con tanto di fiocco e biglietto d’auguri? Quale sarebbe stato il modo migliore di comportarsi in questo caso? E soprattutto, una sposa che fondamentalmente non ti ha scelto d’istinto e non ti ha cercato di propria iniziativa perché tu l’aiutassi a realizzare il Giorno dei propri Sogni, come si sarebbe comportata davanti ad un dono di nozze del genere? Se da un lato non sarebbero state facili per me le presentazioni, iniziai a pensare a come non sarebbe stato semplice per una futura sposa ritrovarsi di fronte in un baleno un perfetto sconosciuto incaricato di prenderle la mano nel

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percorso che l’avrebbe condotta alla realizzazione del proprio matrimonio, o come di solito preferisco viverlo e chiamarlo io, Evento Nozze. Dopo aver ringraziato Laura per aver pensato a me sotto questa nuova ottica, accettai, nonostante le perplessità, la sua curiosa proposta, pur chiarendo che sarebbe stata Susanna a prendersi tutto il tempo necessario e a decidere, dopo aver fatto la mia conoscenza, se volermi realmente tra i piedi - o tra i veli! - come wedding planner o meno. Arrivo all’incontro. Suono il campanello e varco la porta. Luce soffusa e silenzio imbarazzante. Mi raggiunge Matteo sorridendo e mi invita a salire le scale, da cui annusai un’atmosfera differente e rilassata. Dieci minuti dopo ero seduto a capo della tavola di Luca e Susanna come uno di famiglia. Altri cinque minuti e si brindava con dello Champagne e davanti ad un piatto di crostacei agli sposi e a quello che insieme capimmo senz’altro sarebbe stato l’inizio di una bellissima intesa. Il sorriso di Susanna mi colpì quanto la sua curiosità nei confronti del mio lavoro e quanto quella voglia di voler sapere tutto il più in fretta possibile per cercare di immaginarsi il proprio sogno realizzato, almeno nella mente e con la fantasia. Luca la guardava con quell’ ingenua e burbera dolcezza tipica di un giovane innamorato che si sforza di fare il duro anche davanti alla parola matrimonio, mentre Matteo si burlava amichevolmente di lui per la scena, rivedendosi in quel momento. Una volta che fu palese che l’idea di Laura era stata accolta di buon grado, spiegai a Luca e Susy che avrei potuto disegnare le loro nozze in pochi istanti, ma che non è mia abitudine farlo, così come non avrei svelato a loro subito tutte le risposte che cercavano, perché per rendere il loro Giorno veramente unico e personalizzarlo sarebbe stato necessario nel corso di quelli che sarebbero stati i nostri prossimi incontri, conoscere i gusti della coppia, le passioni che li

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animano, le esperienze comuni ed il loro vissuto. Solo in questo modo un evento diventa proprio fino in fondo di una persona o, come in questo caso, di una coppia di sposi. Lasciai a loro un compito tutt’altro che semplice: meditare su tutto questo e iniziare a pensare al leit motiv delle proprie nozze. Un wedding planner non può né deve fare tutto da solo, non trovate? Confermata la chiesa e poi la location per il ricevimento, dopo qualche prima e naturale incertezza e dopo aver scartato alcune soluzioni, in qualche giorno avevamo il tema dell’evento: il viaggio. Il viaggio, inteso non come un percorso qualsiasi, ma come il cammino che ha portato alla concretizzazione dell’amore della loro coppia, passando attraverso gli anni e concretizzandosi attraverso la scoperta dei sensi. Grazie ad un semplicissimo ma per me fondamentale elemento, una parola chiave su cui concentrarmi e lavorare insieme a loro, ora potevo iniziare a ideare le loro nozze e costruire le fondamenta di un matrimonio che a tratti e flash iniziavo ad immaginare tra i miei pensieri. Iniziò così la raccolta di foto e ritagli personali di ricordi conservati fin da piccoli. A seguire un servizio fotografico studiato ad hoc sulla quotidianità di Susanna e Luca. Alberi intagliati nel cartone e legni sbiancati funzionali all’allestimento del ricevimento, sono in lavorazione dopo essere passati dalla progettazione grafica più ricercata alle mani più attente di artigiani esperti del settore. E’ ormai stato “sfornato” il primo campione di una valigia, simbolo indiscusso di ogni viaggio, realizzata dalla nostra fantasia per personalizzare anche questo wedding in ogni minimo dettaglio. Un anticipo sul fiore: posso solo assicurarvi che centinaia di Rose Pacific Blue color lilla di certo non mancheranno. Come sarà il Matrimonio? Per ora non posso svelarvi altro, se non darvi appuntamento al venticinque settembre!


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*Golf Di Mario Ugo Pasini Professionista presso il Golf Club Parco dei Colli Bergamo

GOLF CLINIC

UNA FORMULA DIVERTENTE PER COMBINARE TURISMO E GOLF

L

uogo incantevole, gruppo di conoscenti o non, clima ottimo, struttura golfistica adatta, struttura turistica adatta al relax e divertimento nel dopo golf e un po’ di tempo libero...tutto questo per passare sette giorni o anche meno, cercando di migliorare e affinare le conoscenze tecniche e tattiche del golf prendendo lezioni di gruppo con un professionista. Le giornate delle mie golf clinic sono organizzate in funzione di numero di partecipanti, numero di giorni da poter dedicare al golf e struttura golfistica, cercando di non far pesare troppo” il lavoro”rendendolo cosi anche divertente. Avendo a disposizione

molto tempo da dedicare al gruppo, c’e’la possibilita’ di dividere il lavoro tecnico da quello tattico, dedicando inizialmente la prima parte della golf clinic al campo pratica con l’ausilio di strumenti didattici come “il video”, e facendo riprese con una telecamera ai giocatori commentare insieme lo swing, poter impostare il lavoro che verra’ svolto durante la settimana. Tutto cio’ permette sia al maestro che all’allievo di poter lavorare costantemente sugli aspetti tecnici da migliorare sia sui i colpi lunghi (ferri e legni) che su quelli corti (approci e put). Nella seconda parte del tempo il lavoro viene spostato prevalentemente sul campo di gioco (9 o 18 buche al giorno), dove

oltre a cercare di trasferire i miglioramenti sul lavoro fatto al campo pratica si fara’ molta attenzione alla tattica di gioco per affrontare al meglio i percorsi. Come dicevo in precedenza non si tratta solo di golf, la giornata centrale e l’ultima giornata del soggiorno restano libere, durante le quali si puo’ godere anche di altre attrazioni che il posto puo’ offrire, ad esempio, visite turistiche, escursioni, mare, centro benessere o semplice relax usufruendo dei servizi della struttura turistica. Il mio riscontro dopo tante esperienze di questo genere e’ sicuramente positivo. Sia gli allievi coinvolti direttamente da me ,sia gli allievi inseriti nei miei gruppi, hanno dato consenso positivo a questo tipo di formula e gli aspetti positivi emersi sono legati ad un miglioramento del gioco e a far combinare al golf il divertimento che puo’ dare una vacanza turistica. Prossima clinic alle Mauritius... (vedi programma pagina a lato) AGO-SET 2011

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Cult

Mario Donizetti, nuova “Eva” a Venezia

L’opera, un nudo femminile di scorcio, sdraiato su un cumulo di pietre che formano una croce, è intitolata “Ha voluto sapere”. E’ in mostra fino al 27 novembre all’Esposizione Internazionale Biennale

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l tema della “Eva” è stato sviluppato da lei in più dipinti. Ricordo la “Eva” (una tempera all’uovo) che venne esposta incompiuta, quasi ancora un disegno, alla Pinacoteca A mbrosiana in quella sua prima mostra antologica (1983-84) ed è comparsa recentemente alla Mostra della Rocca San Giorgio di Orzinuovi. E qui si tratta di una raffigurazione di una donna pensierosa sì, con il volto di profilo, lo sguardo rivolto lontano, con stretto in mano il frutto proibito, ma adagiata in posa quasi tranquilla. Nuda, ma composta. Una donna con i suoi problemi, ma non tragica. Poi, lei, Eva, l’ha voluta mettere in croce. Quasi cento disegni per realizzare il dipinto (compiuto nel 2000) che poi Sgarbi volle esporre a Palazzo Reale a

Milano, nel 2007, una giovane donna contorta, disperata. Anche questo dipinto è stato esposto recentemente nella Rocca di Orzinuovi, in collocazione suggestiva. Adesso una sua nuova Eva crocifissa è all’Arsenale, a Venezia, in esposizione (dal 4 giugno al 27 novembre) nel Padiglione Italia della 54esima edizione della Biennale. E si tratta di un nudo di scorcio di una giovane donna sdraiata su un cumulo di pietre che formano croce. La testa, le braccia e parte del torso sono in tutto simili (i disegni sono gli stessi) della crocifissa del 2000 ma la contorsione del bacino, lo scorcio della gamba, la drammaticità delle pietre, il colore plumbeo del fondo ne offrono una versione molto più cruda. E la tragicità di questo dipinto è completata, e anche

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Testo: Marta De Santis

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spiegata, dal titolo che ha voluto dare: «Ha voluto sapere». Questo certamente è il significato del suo interesse per la figura d Eva. «Sì, Eva, ha disobbedito, ha colto il frutto proibito, perché “voleva sapere”. E’ stata castigata per la disobbedienza, ma è con la sua sete di conoscenza che ha fondato il carattere spirituale dell’umanità, ed è per questo che io interpreto il castigo come un martirio. Ed è per questo che l’opera in esposizione alla Biennale di Venezia ho inteso dedicarla alla donna e alla sua capacità di sacrificio. Sostengo che la conquista della conoscenza, che si può raggiungere solamente con faticoso impegno etico e con la consapevolezza dei limiti della libertà, può portare alla sopportazione del sacrificio estremo».

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Per la realizzazione di queste sue “Eve” si parla di circa un centinaio di disegni preparatori. «Sì, ho studiato e realizzata l’opera con una serie di disegni anatomici sul vero vivente. Non c’è altra maniera possibile per raggiungere e trasmettere riflessione e emozione». E che tecnica pittorica ha usato? «Il dipinto è eseguito a pastello encaustizzato, tempera a tuorlo d’uovo, gommalacca. Il pastello con encaustizzazione e uso di gomma lacca (resina animale ottenuta dalla purificazione dell secrezioni delle cocciniglie) è una tecnica di mia radicale invenzione che ho messo in opera per conseguire un plasticismo sconosciuto al pastello classico. La tempera a tuorlo verniciata e velata, irri-

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mediabilmente perduta da cinquecento anni, l’ho rimessa in opera secondo un mio nuovo personale metodo». Queste sue tecniche sono divulgate anche in Internet con sue lezioni pratiche filmate e doppiate in lingua inglese (www.donizetti-museoscuola. it) che hanno raggiunto le duemilacinquecento iscrizioni da tutte le parti del mondo. Che importanza hanno le grandi tecniche ? «Grandissima, ma solo se si sa veramente disegnare. Se si disegna dal vero, se si studia anatomia, se si ha fantasia e inventiva. Se, in definitiva, si ha un progetto. Altrimenti, al massimo, possono aiutare a creare un semplice oggetto gradevole, e a volte anche sgradevole, ma non un’opera d’arte».


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Cult

Sarnico, base di lancio per l’invasione

Seconda puntata dell’inchiesta di Giuseppe Dossi sui “fatti di Sarnico”, che ebbero come protagonista Giuseppe Garibaldi nel fallito tentativo di liberare Trento e Venezia dall’Austria

I

l Dopo aver attraversato mezza Lombardia su un treno speciale, e a spese dello Stato, Giuseppe Garibaldi arriva il 1° maggio 1862 a Trescore e qui si ferma per curarsi dall’artrite alle terme di San Pancrazio; in realtà perché era il luogo più adatto per organizzare il corpo di volontari che avrebbero dovuto entrare in territorio austriaco attraverso il passo del Tonale per liberare Trento e le tre Venezie. Intanto i giornali, come la “Gazzetta di Bergamo”, danno notizia degli arruolamenti in città per una nuova ed ignota spedizione di Garibaldi il quale, a chi lo andava a trovare, diceva: «Nel momento della decisione nessuno manchi all’appello di Vittorio Emanuele» anche se il re, per ovvie ragioni, figurava all’oscuro d i t u t t o. A n z i , a c c o m p a g n a t o d a

numerosi ministri il sovrano parte “in gran pompa” alla volta di Messina per visitare le provincie meridionali, da poco unite alla Corona. Il 4 maggio, nella casa di piazza XX Settembre del sindaco di Sarnico Andrea Parigi, Garibaldi, Nullo e i sarnicesi Febo e Ferramondo Arcangeli decidono di concentrare in riva al lago 300 uomini con il relativo vettovagliamento, armi e munizioni. Ma perché proprio a Sarnico? Per due ragioni: la prima per la sua felice posizione geografica. Nel bel mezzo tra Trescore, dove soggiornava il Generale, e Palazzolo sull’0glio, dove transitava la ferrovia, Sarnico si trovava all’imbocco della Val Camonica, ultima terra di confine italo-austriaco. E poi perché Sarnico vantava, agli occhi dell’Eroe dei due Mondi, una ricca partecipazione

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Testo: Giuseppe Dossi

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politica e militare ai moti insurrezionali risalente addirittura al 1814 e pertanto un luogo di grande sicurezza. Ad ogni modo, nel breve lasso di tempo di due, tre giorni affluiscono in riva al lago giovani di tutti i ceti sociali a conferma del carattere popolare del volontariato garibaldino e addirittura parte di due battaglioni di carabinieri genovesi che avrebbero dovuto costituirsi per la lotta al brigantaggio meridionale. Inoltre, carri coperti giungono e scaricano all’interno della filanda Caroli ogni genere di armi: «Da questo momento - annota lo studioso di storia locale Arcibano Volpi - Sarnico diventa la base di partenza, la base di lancio per la prossima azione di invasione del Tirolo».

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Tutto dunque era pronto e, mentre addirittura una sessantina di uomini, alla spicciolata, agivano in Trentino con il compito di esplorare il terreno e prendere contatto con i patrioti e riferire sullo spirito della popolazione, avviene il voltafaccia del re e del governo. Il giorno l2 arriva intatti a Trescore l’inviato di Vittorio Emanuele II, generale Alessandro Negri di Sanfront, che comunica a Garibaldi la volontà del presidente del Consiglio Rattazzi dì opporsi con ogni mezzo a qualsiasi tentativo di violazione della frontiera austriaca. Motivo? Il governo di Parigi sarebbe intervenuto facendo pressioni su quello italiano e l’Austria sarebbe entrata in guerra. Una mossa errata sullo scacchiere militare

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avrebbe potuto causare non solo enormi danni alla causa, ma addirittura il rischio di un conflitto europeo. Garibaldi, vista la drammaticità della situazione, promette di non fare nulla, ma all’improvviso tutto precipita. «L’episodio di Sarnico - ha sostenuto lo storico inglese D.M.Smith - così come lo scontro ben più grave che doveva avvenire alcuni mesi dopo in Aspromonte, era stato in generale imputato a Garibaldi, e tuttora i biografì di Vittorio Emanuele continuano a negare che dietro Garibaldi vi fosse il re, ma una certa connivenza è fuori di dubbio, e venne di fatto ammessa». (2 – continua)


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