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(Anno XXXV Nuova serie - Anno 13 n. 4 - Luglio/Agosto 2014 - Amici di Papa Giovanni - CONTIENE I.R.

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB BERGAMO - In caso di mancato recapito restituire al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa

È nata la cattedra Roncalli all’ Università di Bergamo

Tutti i vescovi della Lombardia alla messa dedicata a Papa Giovanni

Sotto il Monte: il cardinale Tarcisio Bertone accolto da Capovilla

LUGLIO - AGOSTO 2014

Papa Paolo VI sarà Beato a ottobre Riconosciuto il suo miracolo


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Sotto la protezione di Papa Giovanni

richiedi la pergamena ricordo (per Battesimo • Comunione • Cresima • Matrimonio) o il calendario personalizzato 2015 per bambini

“Benedico di cuore questo angioletto innocente”.

Benedico di cuore la vostra giovinezza pura e serena

“Benedico con forza la tua fede cristiana”.

“Benedico di cuore questi diletti sposi”

per ricevere una pergamena o il calendario personalizzato o per pubblicare la fotografia dei bambini con dedica a papa giovanni XXIII inviare busta contenente lettera con indicati i seguenti dati: nome, cognome e data dell'evento al seguente indirizzo: Amici di Papa Giovanni - Via Madonna della Neve, 26/24 - 24121 Bergamo oppure inviare e-mail a: info@amicidipapagiovanni.it oppure telefonare al numero: 035 35 91 111


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Giardino dei Giusti, un cippo per ricordare Papa Roncalli

Quando il giovane Roncalli voleva diventare missionario

(Anno XXXV Nuova serie - Anno 13 n. 4 - Luglio/Agosto 2014 - Amici di Papa Giovanni - CONTIENE I.R.

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Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB BERGAMO - In caso di mancato recapito restituire al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa

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Nata la «Cattedra Roncalli» all’Università di Bergamo

Paolo VI sarà Beato: riconosciuto il suo miracolo

La suora di Papa Giovanni: «Ci chiamava i suoi angeli»

Messa a Sotto il Monte in memoria di Papa Giovanni

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È nata la cattedra Roncalli all’ Università di Bergamo

Tutti i vescovi della Lombardia alla messa dedicata a Papa Giovanni

Un nuovo percorso proposto sulle orme del Papa Santo

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Sotto il Monte: il cardinale Tarcisio Bertone accolto da Capovilla

Papa Paolo VI sarà Beato a ottobre Riconosciuto il suo miracolo

LUGLIO - AGOSTO 2014

n. 4 bimestrale luglio/agosto

Direttore responsabile Claudio Gualdi

«Essere parenti di un Santo? Un orgoglio e un’emozione»

Il card. Bertone: «Ci vuole una pastorale del coraggio»

Luce e armonia nella chiesa dedicata a Papa Giovanni

Editrice Bergamasca ISTITUTO EDITORIALE JOANNES

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INIZ IATIVE

Nata la «Cattedra Roncalli» all’Università di Bergamo Al via dal prossimo anno accademico un corso su «Società e storia del cristianesimo»

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na borsa di studio di dottorato e un corso di «Società e storia del cristianesimo». Nasce così, dentro al Dipartimento di Scienze Umane e Sociali la «Cattedra Roncalli» presso l’Università di Bergamo grazie alla collaborazione dell’ateneo con la Fondazione Giovanni XXIII. La notizia è stata resa nota attraverso un articolo di Susanna Pesenti pubblicato su L’Eco di Bergamo lo scorso 4 giugno e che proponiamo all’attenzione dei nostri lettori. Un percorso di collaborazione nel nome di un santo, ma anche di una figura di rilevanza mondiale che va studiata «in tutto il suo spessore storico e culturale», così si è espresso il vescovo Francesco Beschi. A Bergamo con particolare riferimento «al radicamento nella tradizione e all’apertura al nuovo, un duplice movimento che ne caratterizza il pensiero e l’azione e che appartiene profondamente anche alla cultura di questo territorio».

La collaborazione fra Ateneo e Fondazione, formalizzata in un doppio accordo, è stata presentata nella mattina dello scorso 3 giugno, in occasione del 51° anniversario della morte di Papa Giovanni, dal rettore Stefano Paleari e dai referenti della Fondazione, il presidente Marco Roncalli e il direttore don Ezio Bolis, alla presenza del vescovo. Prevede studi, ricerche, organizzazione di tirocini che potranno contare sul patrimonio documentario e sulle competenze scientifiche della Fondazione e dell’Università insieme, in un reciproco arricchimento e qualificazione nel campo degli studi giovannei che porterà anche alla formazione di una nuova leva di giovani studiosi, evitando che l’eredità culturale roncalliana si perda nel ricambio delle generazioni. In particolare, la Fondazione darà supporto per tesi, progetti di ricerca, esercitazioni nei propri fondi archivistici e organizzazione di giornate di studio. L’incontro si è svolto in rettorato, in via Salvecchio, e vi hanno partecipato, per la Fondazione, anche don Goffredo Zanchi e Antonio Pasinetti e il prorettore delegato ai Rapporti istituzionali, Remo Morzenti Pellegrini. «Ringrazio la Fondazione Giovanni XXIII – ha affermato il rettore Stefano Paleari – per l’apertura di questo percorso, nel segno dell’antica tradizione delle università europee, che non hanno mai perduto la consapevolezza dell’unità del sapere pur nell’arricchimento progressivo delle discipline». La borsa di studio istituita dalla Fondazione rientra nel Dottorato in «Formazione della persona e mercato del lavoro» e si affianca ad altre borse di ricerca già istituite presso la Scuola Normale di Pisa e presso l’Università di Venezia. «Lo specifico della ricerca bergamasca – ha spiegato il direttore della Fondazione don Ezio Bolis – verterà sulle radici culturali di Angelo Roncalli, sul suo

Roncalli circondato da giovanissimi allievi

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in iziative

pensiero riguardo il confronto fra Chiesa e modernità, fra evoluzione della società e storia del cristianesimo, proprio perché possiamo attingere a materiali che illuminano tutto il percorso di riflessione del futuro Papa e santo». Fra gli argomenti, l’influsso di Roncalli sul tema della libertà religiosa, il superamento del cristianesimo eurocentrico, i rapporti con l’ebraismo. In questa linea, il vescovo Beschi ha richiamato anche la contiguità, pur nelle diverse psicologie e formazioni, con un altro grande Papa, Paolo VI, augurandosi che «il tesoro aperto» delle fonti giovannee possa condurre anche a nuove visioni d’insieme. Un altro filone d’indagine riguarderà il Roncalli storico: il metodo, l’uso del metodo storico-critico, l’edizione degli Atti della Visita apostolica di S. Carlo Borromeo, gli studi sulla Chiesa di Bergamo nel Cinquecento, la Riforma cattolica, l’opera del Cardinale Baronio, la Misericordia Maggiore e le origini del Seminario di Bergamo. Anche il corso di insegnamento «Società e storia del cristianesimo» partirà fin dal prossimo anno accademico, come parte del corso di laurea magistrale in Scienze pedagogiche, aperto a tutti gli studenti del dipartimento umanistico. Il corso sarà affidato a un docente scelto concordemente da Università e Fondazione, richiedendo un profilo scientifico alto e credenziali accademiche ineccepibili.

Papa Giovanni ripreso mentre pronuncia un discorso

La Valle Imagna dedica un affresco a San Giovanni XXIII La canonizzazione di Papa Giovanni XXIII è stato un evento di portata mondiale, ma per la piccola Valle Imagna (Bergamo) ha avuto un significato ancora più speciale: la famiglia Roncalli, infatti, visse a Corna Imagna (Comune della Valle) fino al 1400 prima di stabilirsi definitivamente a Sotto il Monte, dove, nel 1881, nacque Angelo Giuseppe Roncalli, il futuro Papa Giovanni XXIII. Un legame, quello fra Giovanni XXIII e la Valle Imagna, reso ancora più forte e indelebile dalla storica visita di Roncalli al Santuario della Cornabusa nell’ormai lontano agosto del 1958.

Per testimoniare la propria vicinanza alla santificazione, il Centro studi Valle Imagna, con il supporto dei Comuni di Sant’Omobono Terme e Corna Imagna, l’associazione degli imprenditori (Isot) e il consorzio Bim, ha indetto a maggio una conferenza per presentare alcune iniziative nell’affascinante cornice dell’Antica locanda Roncaglia a Corna Imagna. Relatore e organizzatore della conferenza è stato Stefano Frosio, che ha espresso con evidente gioia il suo coinvolgimento. Quattro le opere in onore di Papa Giovanni: la cartolina celebrativa

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«Santi insieme» realizzata sul disegno di Angelo Capelli, di cui sono state distribuite gratuitamente 20 mila copie in San Pietro durante l’evento del 27 aprile; la medaglia in argento e bronzo di Alessandro Verdi; il libro «Nel segno di San Giovanni XXIII» di Roberto Belotti, un dialogo epistolare fra Angelo Roncalli, Andrea Spada e Loris Capovilla; e, infine, un grande affresco, di 4x6 metri, in corso di realizzazione da parte di Gianluigi Salvi di Capizzone (Bergamo), sulla parete di un edificio al centro di Sant’Omobono, accanto alla strada provinciale.


CERIMONIE

Giardino dei Giusti, un cippo per ricordare Papa Roncalli Risultò decisivo il suo ruolo svolto nel salvare numerosi ebrei dallo sterminio nazista

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torie di coraggio e di straordinaria umanità. Sono quelle di laici e religiosi che si sono intrecciate nell’unico fine e nell’unica responsabilità: contrastare e battersi contro ogni persecuzione razziale. I loro nomi sono incisi nei cippi di pietra accanto ad alberi di pruni e ciliegi da fiore che punteggiano il Monte Stella di Milano. E’ qui il Giardino dei Giusti. Così inizia l’articolo di Emanuele Roncalli, pubblicato su L’Eco di Bergamo all’inizio dello scorso marzo, che riproponiamo ai nostri lettori e così continua. Ed è qui che il 6 marzo mattina la città lombarda ha celebrato la seconda Giornata europea dei Giusti, istituita nel 2012 dal Parlamento di Strasburgo su

proposta di Gariwo, la foresta dei Giusti in ricordo di quanti hanno salvato vite e difeso la dignità umana durante i genocidi e i totalitarismi in tutto il mondo. Sei i nuovi alberi piantumati e fra questi uno dedicato a Giovanni XXIII. Accanto a questo, i cippi e le piante per Nelson Mandela, l’ex presidente sudafricano che lottò contro l’apartheid, Beatrice Rohner, che dedicò la vita a strappare al genocidio i bambini armeni in Turchia nel 1915-1916, Giuseppe Sala, Fernanda Wittgens e don Giovanni Barbareschi, che soccorsero gli ebrei durante la Shoah e altri perseguitati dai nazisti. E’ stato Marco Roncalli, pronipote del Pontefice bergamasco, nonché presidente della Fondazione Papa Giovanni XXIII, a tracciare un profilo del personaggio, ricordando il ruolo svolto nel salvataggio di numerosi ebrei a Istanbul, scampati dallo sterminio nazista. Roncalli ha voluto anche allargare il concetto di «Giusto» non solo a coloro che si sono adoperati contro la barbarie nazista, ma anche a quanti si sacrificarono per la causa degli armeni, oppure nei lager e nei gulag, e ancora contro gli orrori delle pulizie etniche dalla Cambogia al Rwanda, all’ex Jugoslavia: «Il Novecento – ha detto – nasconde tante esperienze di altri Giusti». Le parole del presidente della Fondazione Papa Giovanni sono state precedute da quelle del sindaco Giuliano Pisapia. «Questo luogo – ha detto il primo cittadino di Milano – rende più solide le basi su cui fondare il nostro futuro». «Le persone a cui oggi dedichiamo un cippo e un albero hanno lasciato un segno indelebile – ha aggiunto Pisapia – nella storia del nostro Paese e in quella del mondo intero. Persone che hanno affermato con l’esempio di tutta la loro vita il valore dell’azione individuale nel combattere la violenza e la sopraffazione». «Giovani innamoratevi della libertà» è stata invece l’esortazione di don Barbareschi alle scolaresche presenti. In rappresentanza del cardinale Angelo Scola ha portato il suo saluto il vescovo ausiliare Erminio De Scalzi.

La cerimonia di scoprimento del cippo

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INIZ IATIVE

Un nuovo percorso proposto sulle orme del Papa Santo Si vuole creare un gemellaggio tra le realtà di Sotto il Monte e i luoghi di Bergamo

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ell’anno della canonizzazione di Papa Giovanni XXIII nasce un itinerario attraverso i luoghi giovannei del capoluogo orobico, frutto della collaborazione tra Comune, Turismo Bergamo e Diocesi. L’annuncio di tale itinerario, in via di espansione, è stato dato dal quotidiano L’Eco di Bergamo un mese dopo la canonizzazione di Papa Giovanni avvenuta il 27 aprile attraverso un articolo di Camilla Bianchi. Questi i contenuti esposti. L’intento è quello di creare un gemellaggio tra le proposte di Sotto il Monte (la casa natale, la cripta, il Giardino della Pace) e i luoghi di Bergamo che hanno caratterizzato il percorso di crescita spirituale e culturale di Papa Roncalli. L’itinerario proposto parte dal Seminario vescovile, dove Angelo Roncalli fece il suo ingresso nel 1892 per tornarvi da docente negli anni precedenti la Grande guerra. Prosegue in Santa Maria Maggiore, dove don Angelo si raccoglieva in preghiera e celebrava la Messa, e non può prescindere dalla Cattedrale, nella Cappella dedicata al santo, dove sono conservati paramenti, reliquie e la bara in cui Giovanni XXIII riposò dal giorno della sua morte all’anno della beatificazione. Il percorso sulle orme del Papa santo comprende anche l’ex Casa dello studente in via San Salvatore – oggi residenza privata – che fu diretta da Roncalli, il quale si occupò personalmente anche degli arredi e dell’allestimento della cappella interna; e la biblioteca civica Angelo Mai, assiduamente frequentata dal giovane Roncalli, che vi condusse i suoi studi di storiografia locale. Una sala della Mai è dedicata al Pontefice e custodisce un prezioso archivio di libri, documenti, fotografie, registrazioni audio e video, monete e medaglie commemorative. L’itinerario giovanneo può continuare in Città Bassa, nella sede del quotidiano L’Eco di Bergamo,

La statua di Papa Giovanni a Sotto il Monte

di cui Angelo Roncalli fu assiduo collaboratore, al vicino Centro Congressi che porta il suo nome e al nuovo ospedale cittadino, anch’esso intitolato al santo. «Abbiamo voluto valorizzare la presenza di Papa Giovanni in Città Alta – spiega don Gianluca Salvi, direttore dell’Ufficio diocesano pellegrinaggi e turismo – facendo conoscere al pubblico anche luoghi poco noti come la sala della biblioteca civica, che merita di essere visitata e riscoperta. Da questa esperienza è nato un tavolo per lavorare insieme alla valorizzazione del nostro patrimonio». In città come in provincia, la Diocesi sta definendo, con la collaborazione di Turismo Bergamo e della Camera di Commercio, altri percorsi giovannei con partenza da Sotto il Monte. A breve saranno presentati nuovi itinerari religiosi in Valle Seriana, in Valle Imagna e un percorso a piedi dall’abbazia di Pontida a quella di Fontanella. 7


INTERVISTE

La suora di Papa Giovanni: «Ci chiamava i suoi angeli» Suor Nazarita Bosio, con altre due religiose, servì Roncalli nell’alloggio pontificio

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li «angeli» di Giovanni XXIII. Così il Papa definiva le tre religiose dell’Istituto delle Poverelle, una bergamasca e due bresciane, che prestavano servizio nell’appartamento pontificio. Suor Primarosa Perani di Fiobbio e suor Saveria Bertoli di Lumezzane sono morte alcuni anni fa. L’ultima testimone d’eccezione di quel quinquennio in Vaticano accanto al futuro Santo è suor Nazarita Bosio di Timoline Cortefranca, che ora lavora nell’istituto a La Storta, sulla Cassia, alla periferia della capitale. Proprio a ridosso della canonizzazione, avvenuta lo scorso 27 aprile, il pronipote e giornalista del Papa bergamasco, Emanuele Roncalli, ha intervistato la religiosa e il suo articolo, che riproponiamo, è apparso su L’Eco di Bergamo. «Siete state i miei angeli. Mi avete servito con amore, ci disse Papa Roncalli agonizzante – ricorda suor Nazarita – . Conservate il vostro spirito come voleva il vostro fondatore nell’umiltà e nella semplicità». Suor Primarosa era già in servizio dal Patriarca, e lo seguì

a Roma dopo l’elezione occupandosi delle sue cose personali: i vestiti, la sagrestia, l’archivio fotografico. «A lei – continua suor Nazarita – parlava di Bergamo. Citava spesso il parroco Tommaso Carrara, per oltre 30 anni a Fiobbio». Quando iniziò il suo servizio in Vaticano? «Entrai nelle Poverelle il 18 marzo 1953. In quei giorni il nostro istituto era stato scelto per l’invio di due suore a servizio dal Patriarca di Venezia, Angelo Roncalli. Io che non conoscevo alcun personaggio della Chiesa e avevo visto il mio vescovo solo per la cresima, mai avrei pensato che cinque anni dopo sarei entrata nell’appartamento pontificio». Come accolse l’invito? «Fu un evento sensazionale: servire il Papa nella sua casa. Un dono concesso a pochissime persone al mondo. A me è toccato in sorte di servire un Papa Santo, da cui ricevetti edificazione, conforto». Cosa la colpiva di Papa Giovanni? «I suoi esempi di fede, di pietà, di carità e di umiltà che camminano insieme nella vita dei Santi. E poi la sua spiritualità che si scopre nel “Giornale dell’anima”». C’è qualche brano che ricorda? «Sì, nelle sue note nel 1902 scriveva: “Devo annientarmi nel cuore di Gesù. La via che io devo battere e che fa proprio nel caso mio è l’umiltà. Devo camminare diritto per questa strada e non voltarmi mai indietro. Le mie battaglie oggi sono accese contro l’amor proprio”. Parole che ha messo in pratica».

Suor Nazarita Bosio nel giardino dell’Istituto delle Poverelle

Parliamo della giornata del Papa «Era mattiniero, non chiamava mai nessuno di 8


in ter viste

notte, non ha mai usato il campanello di emergenza. Entrava nella cappella in silenzio. Alle 7 iniziava la Messa e mi commuovevo ogni volta nel ricevere la Comunione dal Papa. In alcune circostanze, Capovilla diceva Messa e il Papa faceva da assistente. Era sempre calmo, trasmetteva fiducia». Le ha mai parlato della sua infanzia? «Ricordava le sue recite del rosario da bambino, d’estate in cortile, d’inverno nella stalla». Preghiera, ma anche molto lavoro... «Saliva dalle udienze, si fermava in cappella. Mentre pranzava arrivava la valigia della Segreteria di Stato, Capovilla smistava lettere e documenti e li leggeva al Papa». E la sera? «Veniva in cucina, ci ringraziava per la cena e il servizio e ci dava la benedizione. Si fermava mezz’ora e ci parlava degli eventi della giornata. Aveva sempre un commento alla liturgia o al Santo del giorno. Dopo poco tempo che eravamo al suo servizio, una volta ci disse: noi formiamo la prima famiglia del mondo, dobbiamo dare il buon esempio».

Papa Giovanni durante una cerimonia nel novembre 1962

Le ultime parole? «Dal letto di sofferenza, il Papa ebbe voce per dire: “Ho fatto il mio esame di coscienza. Posso dire che nel corso della mia vita non ho cercato niente all’infuori della volontà di Dio. Ho sempre obbedito ai miei superiori, anche quando mi costava sacrificio e rinunce”».

Ma arrivarono anche momenti tristi. «La sera del 23 settembre 1962, il segretario don Loris Capovilla ci rivelò che il Papa era affetto da un tumore».

E l’ultimo saluto alle suore? «Sì, disse: “Abbiamo servito la Chiesa, ci hanno gettato sassi ma non ci siamo chinati a raccoglierli da terra, li abbiamo scavalcati e siamo andati avanti”. Posso dire di aver vissuto il clima di famiglia, questa esperienza ha segnato la mia vita, senza merito. Solo per un grande dono di Dio».

Chi parlò al Papa della fine imminente? «Quando Capovilla la comunicò si rivolse al Papa dicendogli: “Come fece lei Santo Padre per il vescovo Radini Tedeschi, mantengo fede a ciò che lei ha chiesto: è giunta l’ora”. Il Papa disse al segretario: “Non piangere, le mie valigie sono sempre pronte”. E aggiunse: “Non lasciarmi morire senza Sacramenti”. Poi: “Nel mio comodino c’è qualche medaglia, c’è qualche moneta, toglile; voglio che il Padre eterno mi trovi senza nulla”. Senza scomporsi il Papa disse ai medici: “Mentre voi vi occupavate del mio corpo io mi preoccupavo delle vostre anime”. Ricordo che il professor Baldoni uscì dalla stanza, si sedette nel corridoio e si mise a piangere come un bambino».

Papa Giovanni XXIII morì tranquillamente, dopo aver subito tanti dolori. Il decesso avvenne di sera, quando mancavano dieci minuti alle 8 di quel 3 giugno del 1963, un evento che venne accolto con cordoglio ed emozione in tutto il mondo. Angelo Roncalli aveva risposto al Rosario fino a pochi minuti prima di spirare. C’era don Loris Capovilla che piangeva, e piangevano anche le suore che gli erano accanto. Poi con delicatezza gli vennero chiusi gli occhi e la bocca. In un angolo del suo comodino c’era il libro della beata Gemma Galgani, una donna straordinaria.

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C ELEB R A ZIONI

Una messa a Sotto il Monte in memoria di Papa Giovanni Tutti i vescovi lombardi alla funzione per il 51° anniversario della sua scomparsa

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l 3 giugno si ricorda ogni anno la nascita al cielo di Papa Giovanni XXIII. Quest’anno la memoria si fa particolarmente significativa nella scia di grazia della sua canonizzazione, come dono prezioso che tocca la vita della nostra Chiesa di Bergamo». Sono le parole del vescovo di Bergamo, monsignor Francesco Beschi, pronunciate in occasione del cinquantunesimo anniversario della morte di Papa Angelo Roncalli, avvenuta il 3 giugno del 1963. E lo scorso 3 giugno, alle 20,30 a Sotto il Monte, paese natale di Giovanni XXIII, è stata celebrata una messa presieduta dall’arcivescovo di Milano, cardinal Angelo Scola, su invito dello stesso monsignor Beschi. Le varie fasi dell’importante appuntamento sono state narrate in un articolo a firma di Monica Gherardi pubblicato su L’Eco di Bergamo il giorno dopo che riproponiamo ai nostri lettori. «Come ho scritto nella lettera che ho consegnato a Papa Francesco nel giorno della canonizzazione

– ha sottolineato monsignor Beschi – tanto grande è la gioia e altrettanta la riconoscenza. Benediciamo il Signore per il dono della santità di Papa Giovanni XXIII e di Papa Giovanni Paolo II. La proclamazione di questo dono davanti alla Chiesa e al mondo alimenta la speranza che scaturisce dal Vangelo e da coloro che lo testimoniano in modo luminoso; nello stesso tempo ci sprona a ricercare, appassionatamente e con intima gioia, di raccogliere la seminagione di Vangelo che avviene attraverso i suoi testimoni e di coltivare quanto è stato seminato nella vita di ciascuno di noi, nella sua specifica vocazione e missione e nella vita di tutte le nostre comunità». Papa Roncalli fu sin dall’inizio un «buon pastore» un «padre» per i suoi fedeli, e il mondo «ha bisogno di questo stile di vita buona che San Giovanni XXIII alimentava». Così l’arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, ha ricordato Roncalli nella sua omelia. «Fin dall’inizio – ha sottolineato Scola – Roncalli interpretò e visse il suo ministero episcopale richiamandosi all’immagine evangelica del buon pastore». «Come suo successore a Venezia ho potuto toccare con mano, attraverso testimonianze e scritti, il suo continuo e tenace approfondimento di questo tema decisivo», ha detto l’arcivescovo di Milano che ha letto alcuni passi scritti da Roncalli: «Qui – scriveva il Papa bergamasco a Venezia – si vive come in famiglia, con rispetto, con sincerità, con evangelica carità». «Il buon Pastore dà l’anima sua per le sue pecorelle. Questo è tutto per me: il mio proposito, la mia vita». Poi – ha aggiunto Scola – «la “pastoralità” diventa paternità che si fa “tutto” a tutti per salvarne ad ogni costo qualcuno. E il tema della paternità dà al pastore la carica espressiva dell’amore oggettivo

L’abbraccio tra i cardinali Capovilla e Angelo Scola

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celebrazio n i

ed effettivo per i suoi fedeli». «Il nostro mondo, attraversato da fatiche e violenze la cui portata spesso spaventa, ha oggi più che mai bisogno – ha ancora detto il cardinale Scola – di questo stile di vita buona che San Giovanni XXIII alimentava immergendosi nella Parola di Dio e nei Padri della Chiesa. Essa non è certo bonomia, ma discreta e costante volontà di farsi carico degli altri, per camminare insieme verso la casa del Padre». «Siamo riconoscenti – ha concluso Angelo Scola – a Sotto il Monte, culla dell’Angelino, come lo chiamavano ancora in età avanzata, terra che ha ospitato la vita di un grande santo la cui incidenza non cessa di aumentare e aumenterà in questa fase di travaglio in cui tutti siamo immersi». Durante la celebrazione a Sotto il Monte, nel cinquantunesimo anniversario della morte di San Giovanni XXIII, Angelo Scola è stato affiancato da tutti i vescovi lombardi. «Voglio innanzitutto esprimere la mia gioia commossa per questo invito, giunto assai gradito – ha proseguito Scola – e del quale ringrazio in modo speciale il vescovo Francesco e in modo del tutto particolare il cardinal Capovilla, già segretario di Papa Roncalli, che ci ha appena intrattenuto con una profonda e lunga testimonianza sulla figura di San Giovanni XXIII Papa. Oggi i vescovi di tutta le diocesi lombarde sono qui e questo dice la consapevolezza che tutti abbiamo del grandissimo dono rappresentato da questa canonizzazione per la Chiesa universale e in modo particolare per le nostre chiese lombarde». Ai presenti e ai sacerdoti il cardinale Angelo Scola ha infine rivolto l’invito ad avere uno sguardo attento soprattutto ai giovani. «Dove sono – ha sottolineato – i giovani nelle nostre celebrazioni? Non possiamo dimenticarli. Conosco la ricca esperienza della Chiesa bergamasca in questo campo, ma chiediamoci dove sono e non dimentichiamoli. E’ l’amore quello che dobbiamo avere la pazienza di insegnare fin da ragazzi. E un nostro compito fondamentale». In occasione di questa celebrazione avvenuta lo sorso 3 giugno è stato accolto in diocesi il Reliquiario di San Giovanni XXIII, realizzato per la Canonizzazione presieduta da Papa

Un momento della celebrazione a Sotto il Monte

Francesco in Vaticano lo scorso 27 aprile. Il reliquiario è stato portato all’altare dal parroco di Sotto il Monte, monsignor Claudio Dolcini. Questa insigne reliquia verrà poi custodita nella Cattedrale di Bergamo. I numerosi fedeli che non sono riusciti a entrare nella chiesa parrocchiale di Sotto il Monte hanno potuto seguire la celebrazione attraverso un maxischermo collocato sia nell’adiacente Cappella della Pace, sia nelle vicinanze del sagrato. Al termine della celebrazione la lunga processione di sacerdoti e di fedeli ha raggiunto il Giardino della Pace dove è avvenuta la recita della Supplica a San Giovanni XXIII.

Il vescovo Francesco Beschi durante la funzione

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C ONV EGNI

Roncalli risultò decisivo all’apice della guerra fredda E’ quanto emerso dall’appuntamento sulla «Pacem in Terris» organizzato a Bergamo

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ra le varie iniziative che hanno preceduto la Canonizzazione di Papa Giovanni XXIII, di particolare rilievo è stato l’appuntamento organizzato al Teatro Donizetti di Bergamo sabato 12 aprile per ricordare l’Enciclica «Pacem in Terris». Per quanti sono direttamente coinvolti nella politica e nel sociale ha rappresentato un momento di grande riflessione. Ci riferiamo ai sindaci e agli amministratori, ai politici e a quanti sono impegnati nel mondo scolastico, ma anche a chi opera in vari altri campi come la sanità e il volontariato. All’appuntamento sono stati invitati gli ambasciatori di quei Paesi in cui l’allora mons. Roncalli svolse la sua missione diplomatica (Bulgaria, Turchia, Grecia e Francia) e di quelli che caratterizzarono in modo particolare il clima in cui nacque la «Pacem in Terris» (Stati Uniti, Russia e Cuba). L’invito è stato rivolto ai rappresentanti presenti presso l’Italia e la Santa Sede. In sintesi l’enciclica «Pacem in terris» ha dimostrato «la capacità di Giovanni XXIII di leggere i

segni dei tempi» e ha mostrato «la consapevolezza della missione della Chiesa di essere al servizio di tutti gli uomini, non solo dei cristiani». E’ quanto ha inteso sottolineare il vescovo di Bergamo Francesco Beschi nella sua introduzione al convegno. Va ricordato che l’enciclica risale all’11 maggio 1963, ovvero 51 anni fa, per cui fu firmata meno di un mese prima della morte di Papa Giovanni. La «Pacem in Terris» ha rappresentato il primo documento pontificio interamente dedicato al tema della pace, in un’epoca che ancora risentiva degli strascichi del Secondo conflitto mondiale, della cosiddetta «guerra fredda» e degli attriti creati tra Occidente e Unione Sovietica. E’ stato Filippo Maria Pandolfi a portare i saluti di Jacques Delors, presidente emerito della Commissione europea, al quale era stata inizialmente chiesta una prolusione. Toccante anche la testimonianza di Maria Romana De Gasperi, figlia del grande statista Alcide De Gasperi. Sono poi affiorati i ricordi di due testimoni di quel tempo: il cardinale Loris Capovilla, segretario di Roncalli, ed Ettore Bernabei, storico direttore della Rai. Bernabei, in particolare, ha raccontato di quando era a Washington ai tempi della crisi di Cuba. Ha sottolineato che furono la lettera di Roncalli e la proposta di Fanfani di togliere i missili dalla Puglia puntati sulla Russia a dare un contributo decisivo alla risoluzione di una crisi che avrebbe potuto scatenare la terza guerra mondiale. Al convegno sono stati presentati anche filmati inediti che hanno ripercorso momenti importanti del pontificato di Papa Giovanni XXIII, come quelli avuti con i carcerati, i bambini, gli anziani e i malati. Luna Gualdi

Il vescovo Beschi al convegno sull’enciclica Pacem in Terris

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R IC OR DI

«Angelo Roncalli è il primo Papa turco della storia» Lo disse il generale dell’esercito di Ankara, Refik Tulga, quando fu eletto Pontefice

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n Turchia continuano a chiamarlo «l’amico dei turchi» e il governo islamico di Erdogan ha contribuito alla riscoperta della figura di Angelo Roncalli, uomo di pace e uomo soprattutto di dialogo. Alcune esperienze che hanno preceduto la nomina di Roncalli a Papa sono state illustrate in un articolo di Alberto Bobbio pubblicato su L’Eco di Bergamo. Ne proponiamo una sintesi ai nostri lettori. Non ci sono molti studi sul tempo che Roncalli ha passato in Turchia come delegato apostolico. L’immagine del «Papa buono» o quella del «Papa contadino» ha portato ad una sorta di rimozione del ruolo geopolitico di primo piano che Roncalli ebbe nella storia del Novecento, quando prima venne inviato in Bulgaria, poi in Turchia e poi a Parigi dove partecipò in qualità di nunzio apostolico alla Conferenza che seguì alla Seconda guerra mondiale. Eppure Roncalli parla a più a riprese, nel «Giornale dell’anima», dell’esperienza turca. Un giorno scrive: «Circa la lingua io non ho fatto altro che introdurre il “Dio sia benedetto” in turco e la lettura in turco del brano evangelico nei pontificali, prima dell’omelia in francese o in italiano». Lo scrive perché altri sacerdoti cattolici che definisce di «mente ristretta» non erano del tutto in accordo con Roncalli circa queste scelte liturgiche. Lui aggiunge di «averli lasciati liberi di decidere», ma poi sottolinea: «Con piacere vedo che mi seguono con garbo». Il professor Rinaldo Marmara, storico e direttore della Caritas turca, lo definisce il «metodo Roncalli», basato su «una pazienza infinita, attenta a tutte le differenze». L’ambasciatore francese ad Ankara, Kammerer, il 20 marzo 1935 annota in un rapporto al Quai d’Orsay: «Monsignor Roncalli ha preso possesso della sua sede senza clamore. Questo prelato che

Mons. Angelo Roncalli, delegato apostolico a Istanbul

arriva in una Turchia in condizioni particolarmente difficili, ha capito che lo zelo autoritario va messo da parte. E’ entrato in punta di piedi dalla porta piccola». L’ambasciatore Kammerer avrà ragione. Roncalli a Istanbul apre la sua casa e incontra tutti, visita i sacerdoti e i religiosi malati, va a trovare i poveri negli ospedali. Nel 1937 partecipa con il clero locale agli esercizi spirituali. L’anno dopo li farà insieme ai gesuiti. Nel 1940 ha in mano una cifra considerevole: «Denaro di mia pertinenza personale», avvisa nel «Giornale dell’anima». Lo destina in parte ai poveri e in parte alla ristrutturazione della delegazione apostolica di Istanbul. Vent’anni dopo il governo turco e la Chiesa cattolica inaugurano una lapide che ricorda i lavori del 1940. Roncalli era stato eletto Papa. In quella occasione il generale dell’esercito di Ankara, Refik Tulga, disse: «Papa Roncalli è il primo Papa turco della storia». 13


PUB B LIC AZIONI

Affiora una nuova luce sulla storia del Concilio In un libro l’epistolario fra Papa Giovanni, monsignor Spada e il cardinale Capovilla

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i recente è stato pubblicato un libro che coinvolge, oltre ad Angelo Giuseppe Roncalli, anche il suo segretario Loris Francesco Capovilla e lo storico direttore de L’Eco di Bergamo monsignor Andrea Spada. Un interessante volume che è stato proposto da un altrettanto interessante articolo, a firma di Pino Capellini, proprio sulle pagine de L’Eco di Bergamo. Una presentazione che sottoponiamo all’attenzione dei nostri lettori. Il servizio così comincia. Roberto Belotti ricorda ancora con parole di lieto stupore quello che avvenne due anni fa, esattamente l’8 giugno 2012, nella residenza di Camaitino, a Sotto il Monte: «Monsignor Capovilla prese due grossi faldoni e me li consegnò. Contenevano la corrispondenza intercorsa nell’arco di decenni tra Papa Giovanni XXIII e monsignor Andrea Spada e tra lo stesso monsignor Capovilla e il direttore de “L’Eco di Bergamo”». La sorpresa per quell’«affido» si coglie ancora oggi nelle parole di Roberto Belotti, il quale, ricevuto

quell’epistolario composto da 77 lettere e da documenti, lo ha studiato a lungo «con rigore metodologico, affetto e passione per la verità» per darlo infine alle stampe. Il volume ha per titolo «Nel segno di San Giovanni XXIII. Dialogo epistolare fra Angelo Giuseppe Roncalli, Andrea Spada, Loris Francesco Capovilla». Editore del volume è il Centro Studi Valle Imagna, che ancora una volta pone la sua preziosa opera al servizio dell’arricchimento culturale e del bene comune. Roberto Belotti aveva chiesto a monsignor Capovilla una nota commemorativa su monsignor Spada da porre nelle pagine introduttive al libro che nel 2012, sempre su iniziativa del Centro Studi Valle Imagna, stava preparando per la pubblicazione del diario che il direttore de «L’Eco» aveva steso allorché aveva preso parte alla prima Sessione del Concilio Vaticano II come perito per le comunicazioni sociali. Ricevette invece i due faldoni il cui contenuto proietta una luce intensa sui tre personaggi e sui loro rapporti che vanno da questioni importanti che riguardano la vita della Chiesa e anche quella dell’Italia, a dimensioni più modeste, riferite ad ambienti familiari, con riferimento anche a Sotto il Monte, e le sorti della vecchia cascina di Brusicco dove Angelo Giuseppe Roncalli è nato e ha vissuto fino all’età di 10 anni. Il volume, presentato il 23 maggio, è destinato a suscitare l’attenzione non solo degli studiosi della figura di Papa Giovanni ma anche degli storici, rivolti agli ultimi decenni delle vicende italiane, in particolare agli anni Sessanta nella duplice lettura del Concilio Vaticano e dell’evoluzione politica della Democrazia Cristiana che, pur tra mille ostacoli, andava mettendo a punto le scelte che condurranno al centro-sinistra. Il contributo del curatore Roberto Belotti, grazie anche alla ric-

Angelo Roncalli a colloquio con Andrea Spada

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pu bblicazio n i

chezza delle note che l’accompagna, è fondamentale per la comprensione dell’epistolario e del periodo storico in cui si inserisce. Il semplice lettore resta affascinato dal colloquio che si intreccia a distanza tra queste grandi figure. Naturalmente sulla scena si staglia Papa Giovanni XXIII, ma il filo conduttore che si riconosce nei settant’anni che intercorrono tra la prima e l’ultima lettera dell’epistolario è «L’Eco di Bergamo». Non a caso la prima lettera del Papa, allora Visitatore apostolico in Bulgaria e che si trovava a Istanbul, è indirizzata al direttore amministrativo del giornale per ringraziarlo dell’invio del giornale e che avrebbe dovuto essere poi spedito alla sua residenza a Sofia. La seconda, di qualche mese dopo, è rivolta direttamente a don Andrea Spada per le «belle parole» spese in occasione della morte della mamma di mons. Roncalli, Marianna Giulia Mazzola. Contemporaneamente gli rivolge «il più cordiale augurio» per la nomina a direttore de «L’Eco di Bergamo», avvenuta tre mesi prima. E’ poi un crescendo scandito da varie occasioni di corrispondenza, tra cui la nomina del futuro Papa a Nunzio a Parigi, e quindi in seguito per l’elezione a cardinale. Ci siamo soffermati brevemente su questi preludi per mettere in evidenza il dispiegarsi dei rapporti tra le due personalità ancora prima dell’elezione a Sommo Pontefice, quando poi entrerà in scena anche don Loris Francesco Capovilla, segretario particolare del Papa dall’ottobre del 1958 (ma che già gli era stato particolarmente vicino, sempre come segretario, negli anni dell’episcopato a Venezia). Con molta efficacia monsignor Arturo Bellini, presidente della Fondazione don Andrea Spada, in un testo introduttivo al volume si sofferma sul fatto che, «per certi versi le lettere paiono scritte dalla stessa persona, ossia contribuiscono a formare un unico e indivisibile pensiero organico, tanto è forte l’intesa fra i tre colloquianti, come in un concerto di voci all’unisono e ben congegnate». Il Concilio Vaticano II è uno dei momenti forti dell’epistolario. Monsignor Spada può seguire molto da vicino lo straordinario evento che si va dispiegando sotto i suoi occhi; esclama: «Che cosa stupenda sta avvenendo!». Ma non mancano le

Papa Giovanni mentre dialoga con Capovilla

angustie. In particolare gli articoli scritti da Indro Montanelli per il «Corriere della Sera», latore di una acre critica nei confronti del Concilio, a proposito del quale nell’epistolario si individua «qualche sorprendente retroscena», e cui monsignor Spada replicò con una vibrante presa di posizione. Ma ci sono altre occasioni di amarezza. Come gli attacchi a «L’Eco di Bergamo» mossi in crescendo dal quotidiano «Giornale del popolo» (poi diventato «Giornale di Bergamo») sostenuto dalla Confindustria e dall’Italcementi. E poi il grande dolore per la morte del Papa e le amarezze per il clima post-conciliare. E se di Papa Giovanni si può affermare sia stato detto tutto, il ruolo e la figura di monsignor Andrea Spada non sembra siano stati sufficientemente scandagliati, soprattutto nell’estrema attenzione rivolta dal direttore de «L’Eco» al mondo politico e ai fermenti dell’Italia che cresceva e stava cambiando profondamente. Ne coglie lo spirito monsignor Bellini riflettendo su alcuni documenti contenuti nell’epistolario: «Molti di coloro che lo hanno conosciuto negli anni successivi al Sessantotto, sulla falsariga di persistenti luoghi comuni, saranno sorpresi nel trovare in lui un ispiratore e promotore convinto di un cattolicesimo popolare, aperto e solidale». 15


R IC OR DI

Quando il giovane Roncalli voleva diventare missionario Chiese al vescovo di poter entrare nel Pime, ma in seguito fu nominato suo segretario

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omenica 8 giugno il quotidiano L’Eco di Bergamo ha pubblicato nelle sue pagine un’interessante testimonianza di padre Piero Gheddo centrata sulle figure dei due recenti Santi, Roncalli in particolare e Wojtyla. Riproponiamo ai nostri lettori una sintesi del testo. Il 27 aprile 2014, fatto unico in 2 mila anni di storia, Papa Francesco ha proclamato Santi insieme Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Idea geniale che esprime plasticamente quello che più unisce i due vescovi di Roma così diversi tra loro: il Concilio Vaticano II (1962-1965), che il Papa bergamasco ha convocato e iniziato e il Papa polacco l’ha riportato con forza alla ribalta della Chiesa, in tempi di crisi della fede. Alla cerimonia era presente Benedetto XVI, mentre mancavano i due Servi di Dio Pio XII e Paolo VI, e speriamo vengano anch’essi beatificati assieme.

vengo io a inaugurare il seminario». E poi aggiungeva che ai suoi tempi nel seminario di Bergamo si leggevano le riviste missionarie e diversi chierici erano entrati nel Pime. «Io stesso – aggiungeva – ero innamorato delle missioni e ho chiesto al mio vescovo di poter entrare nel vostro istituto. Lui mi rispose di continuare gli studi teologici in seminario per essere ordinato sacerdote diocesano, poi potevo andare con i missionari. Però, quando mi ordinò sacerdote, mi nominò suo segretario particolare e ho seguito la santa obbedienza della volontà di Dio». Negli anni Venti, come direttore delle Pontificie opere missionarie, monsignor Roncalli aveva stretti rapporti col Beato padre Paolo Manna, che definiva «il Cristoforo Colombo dell’animazione missionaria». La santità di Ramazzotti Il 3 marzo 1958, il Patriarca di Venezia Angelo Roncalli venne a Milano per portare al Pime le spoglie del nostro fondatore (nel 1850), il Servo di Dio monsignor Angelo Ramazzotti, suo predecessore a Venezia, oggi tumulate nella chiesa di San Francesco Saverio. Roncalli diceva che avendo studiato la vita dei Patriarchi veneziani: «Si è fatta profonda e schietta in me la convinzione che davvero a mons. Ramazzotti il titolo di santo gli convenga e di santo da Altare». Ed esortava il Pime ad introdurre la sua causa di beatificazione, cosa che, essendo il nostro un istituto non religioso ma di clero secolare fondato dalle diocesi lombarde, non aveva mai pensato di fare. In quei giorni del cardinale Roncalli a Milano c’è un episodio curioso. Era venuto nel capoluogo lombardo il 2 marzo per mezzogiorno. Nel pomeriggio chiama me e padre Mauro Mezzadonna nel suo ufficio e ci dice: «Voi siete preti giovani e giornalisti,

La missione alle genti Ho conosciuto bene e da vicino i due nuovi Santi, ambedue hanno promosso e rinnovato la «missione alle genti», indicandola come fine primario della Chiesa: non hanno ceduto al pessimismo che portava i fedeli a chiudersi in difesa, anzi hanno lanciato la missione fino ai confini della terra come rimedio alla crisi della fede nel popolo cristiano. Li amo e li ricordo proprio in quest’ottica. Il Papa di Sotto il Monte donò la sua casa natale al Pime, oggi meta di tanti pellegrinaggi, per costruirvi accanto un seminario missionario e ne benedisse la prima pietra, il 3 marzo 1963 in Vaticano; un pesante macigno, che avevo portato da Milano a Roma in una Topolino d’anteguerra. Una cerimonia intima fra il Papa e una ventina di missionari. Giovanni XXIII parlava in bergamasco e diceva: «Se fate in fretta a costruire, 16


r ico rdi

vi leggo il discorso che farò domani quando saranno presenti tutti i vescovi lombardi, ditemi cosa vi pare». Ci legge il discorso e gli dico di scrivere frasi più brevi come si usa oggi. La rivista del Pime La sua semplicità era commovente. Il giorno dopo, prima di ripartire per Venezia, mi consegna una lettera per il superiore, nella quale lodava la rivista del Pime «che leggevo da giovane e ancor oggi leggo con piacere». Un segno di questa sua vicinanza al Pime è quando, nel settembre 1962, mi nominò uno dei «periti» del Concilio per il decreto «Ad Gentes» e il direttore dell’Osservatore Romano,Raimondo Manzini, mi chiamò come redattore delle pagine dedicate al Concilio, col compito di seguire il tema missionario e intervistare i vescovi delle missioni. Ma prima del Concilio va ricordata l’enciclica «Princeps Pastorum» (28 novembre 1959), dedicata al clero e ai laici delle missioni. Le altre encicliche missionarie erano appelli dei Papi al mondo cattolico a favore del mondo non cristiano. Papa Giovanni, pur non tacendo questo aspetto, rivolge la sua attenzione ai giovani cristiani, rendendoli protagonisti della missione alle genti nei loro Paesi. Passaggio fondamentale, perché ha dato importanza massima ai catechisti, all’Azione cattolica e altre associazioni di formazione laicale. Nell’omelia dell’incoronazione a pontefice romano (4 novembre 1958), Giovanni XXIII affermava che la qualità più importante del Papa è lo zelo apostolico verso le pecorelle che non sono nell’ovile di Cristo. E aggiungeva: «Ecco il problema missionario in tutta la sua vastità e bellezza. Questa è la sollecitudine del Pontificato romano, la prima,, anche se non la sola».

Angelo Roncalli in un’immagine del 1914

il rinnovamento interno della Chiesa («aggiornamento»), la riunione di tutti i cristiani con iniziative ecumeniche, l’annunzio di Cristo al mondo non cristiano. Nel volume «Missione senza se e senza ma» (Emi 2013) spiego le difficoltà incontrate dall’Ad Gentes, riscritto sette volte, ma poi approvato quasi all’unanimità il 7 dicembre 1962: 5 voti contrari su 2.394. Il Concilio aveva decretato numerosi e provvidenziali passi in avanti per la «Missio ad gentes», recependo le esperienze e tendenze che venivano dal Sud del mondo. Il Concilio Vaticano II è stato, per noi giovani di quel tempo, una meravigliosa esperienza di fede e di missione universale. Aveva suscitato grandi speranze in tutti i credenti, ma specialmente nel mondo missionario. Il Papa di Sotto il Monte aveva detto: «Il Concilio sarà una nuova Pentecoste per la Chiesa».

La missione universale La convocazione del Concilio Vaticano II, avvenuta il 15 gennaio 1959, ha spalancato porte e finestre dell’ovile di Cristo sulla missione universale. I frutti dell’apostolato missionario erano ben visibili anche nelle lunghe file dei vescovi nella Basilica Vaticana. I prelati dalle missioni erano 800 su 2.500 e Giovanni XXIII proponeva al Concilio tre scopi: 17


INIZIATIV E

Cimeli e foto di Roncalli in mostra fino ad agosto L’esposizione è allestita al Museo della basilica di Clusone, in provincia di Bergamo

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’ stata inaugurata lo scorso 12 aprile alle l6, nei locali del Museo della basilica di Clusone, in provincia di Bergamo, alla presenza dell’arcivescovo Bruno Foresti, la mostra «Giovanni XXIII. Papa buono, Papa Santo. Il cammino di Roncalli nella storia, la sua visita a Clusone, il suo legame con i clusonesi». In tal modo, in occasione della canonizzazione di Giovanni XXIII avvenuta il 27 aprile scorso, la comunità cristiana di Clusone ha voluto offrire un omaggio di affetto in sua memoria. L’intento della mostra, visitabile anche durante l’estate, è quello di documentare i momenti salienti della vita di Angelo Giuseppe Roncalli attraverso l’esposizione di fotografie, oggetti, paramenti, manoscritti e carteggi autentici, resoconti giornalistici ed espressioni di devozione popolare. Gioiello prezioso è l’omelia proposta il 22 settembre 1957 dall’allora cardinale Roncalli, che era patriarca di Venezia, nella chiesa del Paradiso, in occasione della visita a Clusone per onorare il 50° dell’incorona-

zione dell’effigie della Beata Vergine Addolorata. Uno spazio particolare è stato riservato al legame speciale che Angelo Giuseppe Roncalli ha avuto con Clusone e i clusonesi. Lungo il percorso espositivo alcuni pannelli scandiscono le tappe della vita di Giovanni XXIII e aiutano il visitatore a cogliere l’identità di quest’uomo radicato nella propria terra d’origine, ma capace di spalancare il cuore e la mente al mondo intero. Unica nel suo genere, la mostra potrebbe essere definita «del popolo». Basti dire che la quasi totalità degli oggetti e dei documenti esposti appartengono alla parrocchia e alla generosità di molti fedeli che hanno voluto condividere la loro stima e devozione nei confronti del Pontefice bergamasco. La mostra dedicata a Roncalli, allestita e proposta a Clusone, resterà aperta al pubblico fino al prossimo 31 agosto e può essere visitata tutti i giorni nei seguenti orari: dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 18.

Roncalli ripreso durante una funzione

Il futuro Papa in testa ad una processione

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C ONC ER TI

Eseguito a Roma l’oratorio dedicato a Papa Giovanni Diretto da mons. Marco Frisina, si è tenuto nella Basilica di S. Giovanni in Laterano

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uello di sabato 17 maggio, alle 20.30 a Roma, è stato un appuntamento che ha riscosso un grande successo ed è stato legato a Papa Giovanni a meno di un mese dalla sua canonizzazione. Nella Basilica di San Giovanni in Laterano si è tenuta l’esecuzione dell’oratorio musicale composto e diretto da monsignor Marco Frisina ed eseguito dal coro della Diocesi di Roma con i giovani orchestrali e i coristi del Conservatorio Musicale «Gaetano Donizetti» di Bergamo. L’oratorio dedicato al Pontefice bergamasco, voluto dalla Diocesi di Bergamo e della Fondazione Papa Giovanni XXIII, utilizza citazioni bibliche e liturgiche particolarmente amate da Roncalli e da lui citate e pregate spesso in lingua latina. Ad esse si aggiungono stralci significativi del Giornale dell’anima e di altri scritti roncalliani. Il testo, a cura della Fondazione, è stato musicato appositamente dal maestro Marco Frisina. Fondatore e direttore del Coro della Diocesi di Roma dal 1984, monsignor Frisina ha collaborato al progetto internazionale della Rai «Bibbia» sia come consulente biblista sia come autore delle musiche dei film prodotti. Ha composto oltre venti oratori sacri ispirati a personaggi biblici o alla vita di grandi santi. La sua musica spicca per l’afflato melodico diretto e coinvolgente, capace di raggiungere tutti. Aderendo con entusiasmo a questa iniziativa, il Conservatorio di Bergamo e il suo direttore Emanuele Beschi hanno messo generosamente a disposizione la propria competenza e professionalità, convinti di poter dimostrare anche in questa occasione il forte contributo che la musica può offrire alla vita culturale e spirituale della città e non solo. Le tre parti in cui è diviso l’oratorio rappresentano altrettanti momenti della vita profetica di Papa

Giovanni. Termina con una citazione del Cantico di Simeone, «Ora lascia o Signore che il tuo servo vada in pace…». L’oratorio musicale è stato eseguito per la prima volta a Bergamo, sotto la direzione del maestro Marco Frisina, il 22 febbraio 2014, nell’auditorium del Seminario Vescovile che ha fatto registrare il tutto esaurito, grazie al sostegno e alla collaborazione della Fondazione Mia e della Fondazione Credito Bergamasco. L’oratorio dedicato a Papa Giovanni XXIII è una composizione musicale di ispirazione religiosa, ma non liturgica, con trama compiuta, presentata in forma narrativa ma senza rappresentazione scenica, mimica e personaggi in costume. La forma musicale dell’oratorio prende il nome dall’oratorio della tradizione filippina, il piccolo locale in cui già tra il 1500 e 1600 si svolgevano i cosiddetti «esercizi dell’oratorio», riunioni di fedeli durante i quali si pregava, si compivano esercizi spirituali e si cantava.

Monsignor Marco Frisina durante l’esecuzione dell’oratorio

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A V V ENIMENTI

Papa Paolo VI sarà Beato: riconosciuto il suo miracolo La data prevista è il 19 ottobre, a poca distanza dalla doppia canonizzazione di aprile

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pochi giorni dalla storica canonizzazione dei due Pontefici – Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II – un altro Papa degli ultimi decenni si appresta ad assurgere all’onore degli altari per decisione di Papa Francesco. L’annuncio è stato fatto dal quotidiano L’Eco di Bergamo all’inizio dello scorso maggio. Questo è quanto pubblicato. I cardinali e vescovi della Congregazione per le Cause dei Santi hanno approvato il 6 maggio all’unanimità il miracolo attribuito all’intercessione di Paolo VI, ultimo atto prima di procedere alla beatificazione. Giovanni Battista Montini, il Papa che ha

portato a termine il Concilio indetto dal suo predecessore Roncaili, sarà quindi Beato entro l’anno: la data prevista è il 19 ottobre, a conclusione del Sinodo dei vescovi, organo istituito proprio dallo stesso Paolo VI. Il cardinale prefetto Angelo Amato andrà ora dal Papa per la promulgazione del decreto e l’apposizione del sigillo papale. Il calendario per la canonizzazione di Montini è già in gran parte stabilito e avviato su un binario speciale: la beatificazione è attesa appunto per il prossimo 19 ottobre, in concomitanza con la cerimonia di chiusura del Sinodo straordinario sulla famiglia, come ulteriore riconoscimento per il Papa che il l5 settembre 1965 ha istituito l’organo collegiale dei vescovi. La successiva fase per la proclamazione della santità – anche qui per volontà di Bergoglio – dovrebbe poi avere un iter molto breve. Già si prevede che la canonizzazione dovrebbe avvenire nel giugno 2015, con una procedura analoga a quella già utilizzata per GiovariniXXIII, cioè derogando alla necessità di riconoscere un secondo miracolo. Con Paolo VI, Bergoglio pone un altro tassello nel suo disegno di «dare lustro» all’istituzione del papato proponendo al culto dei fedeli figure di Pontefici che si sono distinte nel loro ruolo di pastori universali. Per lui, inoltre, Montini è un vero punto di riferimento, in particolare per quanto riguarda il tema dell’evangelizzazione, con un testo come la «Evangelii nuntiandi» del 1975 a fare da apripista anche per l’oggi. Quest’anno, il 6 agosto, ricorrono poi i cinquant’anni dalla prima enciclica di Paolo VI, la «Ecclesiam Suam». E non si può dimenticare che il viaggio di Francesco in Terra Santa (24-26 maggio) è stato voluto proprio a cinquant’anni da quello di Paolo VI e dallo storico abbraccio col patriarca Atenagora.

Un primo piano del Pontefice Paolo VI

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avven imen ti

Un caso inspiegabile Era stato Benedetto XVI a riconoscere le «virtù eroiche» di Papa Montini il 20 dicembre 2012. A quel punto serviva il riconoscimento di un miracolo per sancire la beatificazione, un iter che ha avuto un’accelerazione con il Pontificato di Francesco. L’evento preso in esame, proposto prima dal postulatore padre Paolo Molinari (morto di recente) e poi dal successore, padre Antonio Marrazzo, è stato la guarigione avvenuta negli Usa nel 2001 di un nascituro che al quinto mese di gravidanza si trovava in condizioni critiche per la rottura della vescica fetale, la presenza di liquido nell’addome, l’assenza di liquido nel sacco amniotico. La diagnosi aveva messo in previsione la morte del piccolo nel grembo materno, o gravissime malformazioni future, e aveva consigliato anche la possibilità di un’interruzione di gravidanza. La mamma però rifiutò e, su suggerimento di una suora italiana che aveva conosciuto, si rivolse nella preghiera all’intercessione di Montini. Successive analisi mostrarono il miglioramento della situazione e la nascita avvenne all’ottavo mese con parto cesareo, col neonato in buone condizioni generali. Un caso ritenuto inspiegabile.

Giovanni Battista Montini a fianco di Papa Giovanni XXIII

(Giuseppe Sarto, 1903-1914) a essere proclamato Santo, Canonizzato il 29 maggio1954. Quella di Pio XII (Eugenio Pacelli 1939-1958) è la causa più controversa, fortemente contestata dal mondo ebraico che gli imputa il silenzio sulla Shoah. Dubbi sono stati sollevati anche all’interno della stessa Chiesa cattolica. Poco dopo la morte di Giovanni Paolo I (Albino Luciani, il Papa «dei 33 giorni», agosto-settembre 1978) da più parti del mondo cattolico vennero le richieste per l’apertura del processo di beatificazione. La richiesta è stata formalizzata nel 1990. L’inchiesta diocesana si è poi chiusa il 10 novembre 2006 e, nel giugno 2008, la Congregazione per le Cause dei Santi ha firmato il decreto di validità sui relativi atti.

Anche Luciani e Pacelli in attesa Dopo «l’accelerazione»su Paolo VI, sono Pio XII e Giovanni Paolo I gli altri Pontefici dell’ultimo secolo per i quali sono ancora in corso le cause di beatificazione, dopo la canonizzazione dello scorso 27 aprile, di Giovanni Paolo II (Karol Wojtyla, 19782005) e Giovanni XXIII (Angelo Roncalli, 19581963). Prima di questi due Papi, era stato Pio X

Festeggiati in convento i 103 anni di suor Gaetanina Ha compiuto 103 anni suor Gaetanina, al secolo Luigia Casati, nata a Monza il 10 marzo del 1911. Alcuni mesi fa è stata festeggiata al convento delle suore di Romacolo a Zogno (Bergamo). «Fin da piccola – dicono le consorelle che la assistono – sentiva il desiderio di diventare suora poiché faceva riferimento a delle religiose che erano

le animatrici nella sua parrocchia a Monza, non solo del Catechismo ma anche di tutte le attività ricreative e lavorative». A 24 anni suor Gaetanina è entrata in convento, facendo il noviziato alla Casa Madre di Milano. E’ stata guardarobiera prima nel Seminario arcivescovile di Porlezza e poi a Robbiano. Nel 2000, in seguito ad una

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caduta, è stata costretta in carrozzina e dal 2003 si è ritirata nella casa di Romacolo a Zogno. In questi anni la forza fisica le è venuta meno obbligandola a letto: ha mantenuto però una buona lucidità. «L’amore per Gesù è una fonte di gioia – ha detto la suora centenaria – consiglio a tutti di seguire questa strada e di amare Gesù».


FA MILIA R I

«Essere parenti di un Santo? Un orgoglio e un’emozione» A Sotto il Monte si sono radunati i pronipoti con i loro figli per ricordare lo zio Papa

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n occasione della canonizzazione di Angelo Roncalli c’è stato a Sotto il Monte un raduno di suoi pronipoti con i loro figli. L’evento è stato raccontato da L’Eco di Bergamo e nel servizio sono emerse anche alcune curiosità. Questo il testo pubblicato. Appena eletto Papa, Giovanni XXIII scoprì di avere (anche) una cugina a Napoli, ma volle precisare che i suoi parenti altri non erano che «quelli delle Gerole e della Colombera a Sotto il Monte». Lo scrisse con piglio ironico ai familiari, ai quali – forse per non deludere i partenopei – si affrettò comunque a dire che ormai la sua famiglia era tutto il mondo e non più quella bergamasca delle origini. Papa Roncalli ha mantenuto sempre uno stretto legame con la famiglia, lo ha nutrito negli anni, lo ha persino scandagliato andando a cercare le origini autentiche, il ceppo, ritrovandolo in quella Roncaglia di Valle Imagna, dove un giorno scese

tale Martino Roncalli per recarsi a Sotto il Monte e prendere casa in quella che ieri veniva chiamai a Ca’ Maitino e ora Camaitino, luogo di memorie del Pontefice. Oggi sono ancora numerosi – parenti stretti di Giovanni XXIII - coloro che possono dire di avere un santo in famiglia. I nipoti, i pronipoti e i figli del pronipoti, quest’ultimi in pratica la quarta generazione dei Roncalli e si chiamano Viola e Sofia, Caterina, Marta, Luca, Daniele, Michela, Anna, Prisca, Elisa, Davide e Livia per citarne sono alcuni. Un raduno dei piccoli Roncalli lo si è avuto la domenica di Pasqua, fra le mura di quella che un giorno era la casa di nonno Giuseppe, l’ultimo dei fratelli di Papa Giovani. Solo un piccolo campione, comunque rappresentativo, con i più piccoli rampolli di una famiglia numerosa messi in posa davanti al busto di Giovanni XXIII che è posto sotto il portico della casa. Cosa significa avere un Papa in famiglia? «Un privilegio, ma anche un punto di riferimento», dicono all’unisono. «Abbiamo iniziato a conoscerlo in famiglia. Alcuni nostri coetanei – dice Elisa – ricordano le fiabe dell’infanzia, noi invece la storia di Angelino Roncalli che è diventato Papa». Una eredità e una memoria che i pronipoti delle Gerole hanno ricevuto in particolare da nonno Giuseppe, ma anche dai papà, Martino, Angelino e Privato – per esempio – o dagli zii. Davanti al grande camino di Giuseppe, fratello del Papa, alcuni dei pronipoti ricordano le sere trascorse a sbucciare caldarroste e ad ascoltare le parole del nonno, i ricordi delle sue visite in Vaticano. «Era un prigioniero in una gabbia dorata Giovanni XXIII», lo diceva spesso nonno Giuseppe, «ma lui voleva stare in mezzo alla gente, andare nelle borgate romane, perché voleva stare vicino a tutti». E come si vive questo

Roncalli con la madre, le sorelle e i nipoti a Sotto il Monte

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f amiliar i

momento nella famiglia del Santo? «Siamo molto emozionati – dicono – e a prescindere dalla canonizzazione, siamo orgogliosi del bene che Papa Giovanni ha fatto per il prossimo, del suo impegno per la pace». Tra i più piccoli ci sono Viola, 3 anni – figlia di Roberta e Nicola – e Caterina, 7 anni, figlia di Arianna ed Emanuele (giornalista a L’Eco di Bergamo). Quest’ultima – dice il papà Emanuele – ogni domenica mattina vede in tv l’Angelus, e spesso commenta «Ecco Papa Giovanni», «perché per lei esiste un solo Pontefice o forse perché vede Papa Francesco simile al nostro prozio». Per i piccoli Roncalli – ma anche per i grandi – l’appartenenza alla famiglia del Santo non è comunque motivo di vanto alcuno. «E’ una grande fortuna – aggiungono – ma anche una responsabilità». Papa Giovanni è visto dunque come un grande esempio, che va ad accostarsi a quello dei propri genitori. Nelle loro case non mancano ricordi, foto, memorie e qualche dono del Pontefice. Quadretti e immagini nelle camere, qualche reliquia, tanto da far sembrare qualche stanza più simile a una sagrestia che a un salotto. Resta dunque la fierezza per le origini e del resto era così anche per Angelo Giuseppe Roncalli. Lo documenta bene l’epistolario familiare. Qui parla della gioia per le sue origini modeste e la formazione religiosa ricevuta in casa. Salito sulla cattedra di Pietro, tuttavia, fu subito consapevole di appartenere da quel momento al mondo intero. Il suo pontificato non portò cambiamenti nella vita dei familiari. In una lettera datata 3 dicembre 1961, nel suo te-

I fratelli Giuseppe, Giovanni, Alfredo e Zaverio Roncalli nel 1953

stamento spirituale scrisse ai suoi cari: «Vogliate ricordare che questa è una delle pochissime lettere private che io ho scritto ad alcuno della mia famiglia... e vogliate compatirmi se non posso fare di più neanche con le persone del mio sangue... voi fate bene a tenervi in umiltà, come mi studio di fare anch’io... continuate a volervi bene fra di voi tutti Roncalli... l’onore di un Papa non è di far arricchire i suoi parenti.... questo è e sarà uno dei titoli più belli e apprezzati di Papa Giovanni e della sua famiglia Roncalli». E si congedava: «Vi benedico tutti, insieme ricordando le spose tutte, venute ad allietare la famiglia Roncalli o passate ad accrescere la gioia di nuove famiglie... Oh, i bambini, i bambini, quale ricchezza, e quale benedizione!».

Da Guadalupe sulle orme del Santo Papa Giovanni L’emozione e lo spirito di fede con cui hanno partecipato alle celebrazioni per la canonizzazione di Papa Giovanni XXIII e di Papa Giovanni Paolo II, in Vaticano, hanno accompagnato una delegazione della Guadalupe anche a Sotto il Monte. A guidarla, il vescovo della Guadalupe Yean Yves Riocreux. Una delegazione di trenta pellegrini accompagnati dal vescovo della diocesi di Basse-Terre e Point à Pitre (Antille Francesi) e dal

vicario generale P. Cyrille Serge, ha potuto vivere dei momenti di forte spiritualità anche in terra bergamasca. Una giornata perfettamente riuscita e apprezzata grazie all’organizzazione del comitato pellegrinaggi di Sotto il Monte. L’emozione dei pellegrini della Guadalupe è stata forte e ben marcata nei loro animi: la visita ai luoghi natali di Papa Giovanni XXIII, la sentita celebrazione nella chiesa di Brusicco, la preghiera nel Giardino

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della pace. Commovente è stata anche la sosta a Ca’ Maitino, luogo di tanti preziosi ricordi del Santo Papa. Durante la sosta a Ca’Maitino, il vescovo della Guadalupe, Riocreux, accompagnato da don Fiorenzo Rossi, amico di vecchia data del vescovo, ha potuto incontrare il cardinale Loris Capovilla. Un rendez-vous pieno di cordialità, unito a numerosi ricordi ed episodi della vita del cardinale con Papa Giovanni.


pubblicazioni

Un volume di fotografie su Papa Giovanni XXIII Una fotocronaca degli album personali del Pontefice commentati da Loris Capovilla

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on si può escludere che al successo di Papa Giovanni abbiano giovato il favore popolare, la coloritura della simpatia, le frange di ingenua mitizzazione; ma basta scorrere questo Album per ritrovare pieno equilibrio di giudizio e di autenticità». Questo l’inizio dell’articolo di Giulio Brotti che è stato pubblicato a fine maggio su L’Eco di Bergamo e che poi così prosegue. Questo brano del cardinale Loris Francesco Capovilla, che di Papa Roncalli fu segretario particolare, figura nelle prime pagine dell’ampio volume «Giovanni XXIII», edito da Grafica & Arte con il sostegno della Fondazione Credito Bergamasco. Le immagini, prosegue Capovilla, sono «vivificate da reminiscenze di parole vere e di riscontri autentici, quali splendono nel “Giornale dell’Anima”, autobiografia spirituale e cronaca scarna ed essenziale della vocazione, formazione e servizio di Angelo Giuseppe Roncalli». Il libro, come recita il sottotitolo, propone una «fotocronaca dagli album personali del Pontefice commentati dal suo segretario particolare, dal fonte battesimale di Sotto il Monte alla canonizzazione in piazza San Pietro»; rispetto alle precedenti edizioni dell’opera, questa comprende anche una trentina di pagine a colori dedicate alle cerimonie di beatificazione (avvenuta il 3 settembre del 2000) e di canonizzazione (celebrata insieme a quella di Karol Wojtyla, lo scorso 27 aprile, da Papa Francesco) di Angelo Roncalli. Le numerose fotografie riprodotte nel volume sono appunto accompagnate dai commenti e note esplicative del cardinale Loris Capovilla, che alcuni giorni fa ha ricevuto in dono le prime copie di «Giovanni XXIII» da Paolo Agazzi, a nome della casa editrice, e da Angelo Piazzoli, segretario gene-

rale della Fondazione Credito Bergamasco. Troviamo, nel libro immagini ben note, come quelle che ritraggono Papa Giovanni in visita all’ospedale pediatrico «Bambino Gesù» e nel carcere «Regina Coeli», nel dicembre del 1958; e altre che documentano aspetti meno «ufficiali» della biografia e della personalità di Angelo Giuseppe Roncalli, come, ad esempio, il rapporto d’amicizia che lo legava a diversi artisti, a partire da Giacomo Manzù (il grande scultore bergamasco realizzò anche la maschera mortuaria e il calco della mano destra di Giovanni XXIII, spirato il 3 giugno del 1963). «Papa Giovanni, il buono, non suscita nostalgie, il che equivarrebbe a guardare indietro – scrive tra l’altro Loris Francesco Capovilla – ; piuttosto egli ci stimola a tentare l’avventura della testimonianza e ci invita a riaprire il Libro divino per scoprirvi l’ispirazione alla fedeltà e al rinnovamento, binomio da lui coniato come filo conduttore del Concilio Vaticano II e della sua puntuale attuazione».

L’immagine di Roncalli che compare nella copertina del libro

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AVVENIMENTI

Tre incontri sul Vaticano II e su Papa Giovanni XXIII Gli appuntamenti proposti nella parrocchia di Lallio, Comune alle porte di Bergamo

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re incontri centrati sul Concilio Vaticano sull’annuncio, la bolla di indizione «Humanae Salutis» II e sulla figura di Papa Giovanni XXIII e sul discorso di apertura «Gaudet mater Ecclesia». sono stati organizzati dalla parrocchia di Infine martedì 13 maggio, alla Chiesa ArcipresbiteLallio, Comune alla periferia di Bergamo, con la locale rale, mons. Luigi Bettazzi, uno dei quattro moderatori Commissione Parrocchia e Territorio. Una proposta del Concilio, ha parlato di «Un testimone dell’epoca». che è stata concretizzata proprio nei giorni successivi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea e per anni presialla Canonizzazione di Roncalli, avvenuta lo scorso dente di «Pax Christi», ha partecipato tra il 1963 27 aprile. «Il nostro gruppo – dice Ivano Gavazzi, e il 1965 a tre sessioni del Vaticano II. «Credo che responsabile della Commissione – oltre ad occuparsi Roncalli – ha detto – avesse soprattutto una grande della formazione è impegnato nello stimolare contatti fiducia nell’azione dello Spirito Santo. Sull’idea di e confronti tra i cittadini e la stessa parrocchia». Il un Concilio egli si era soffermato già in gioventù, primo degli appuntamenti, programmati per tre nel periodo in cui era studente di Teologia a Roma; martedì di seguito, si è tenuto il 29 aprile. Il secondo in seguito, la sua attività di diplomatico al servizio è stato proposto il 6 maggio e il terzo il 13. Il tema della Santa Sede gli aveva permesso di entrare in d’esordio, sviluppato nell’oratorio di Lallio, è stato contatto con gli ortodossi in Bulgaria e in Grecia, «Il Vento dello Spirito: il Concilio Vaticano II» che con i musulmani in Turchia, con il “laicismo” in ha avuto per relatore Daniele Rocchetti, redattore di Francia. Tutte queste frequentazioni lo convinsero «Evangelizzare» e vice presidente di Acli Bergamo. che vi fosse bisogno di una novità». «A ridosso della data di Canonizzazione di Papa Giovanni – dice il parroco don Fabio Trapletti – Francesco Lamberini abbiamo pensato di organizzare tre incontri sulla sua figura e sull’importanza che ha suscitato l’apertura del Concilio diventando un evento storico». «L’incontro del 29 aprile – aggiunge don Trapletti – è stato centrato sugli eventi che hanno preceduto la nomina al soglio pontificio di Roncalli. Si è voluto evidenziare come il Concilio sia stato indetto non tanto per volontà di un Papa anziano, ma dallo Spirito Santo che ha suggerito alla semplicità e alla saggezza di questo Pontefice un evento di tale portata». La conferenza del 6 maggio, sempre all’oratorio, ha avuto per tema «Il Concilio nello spirito e nella mente di Papa Giovanni XXIII» ed ha visto nelle vesti di relatore don L’apertura del Concilio Vaticano II da parte di Giovanni XXIII Giovanni Gusmini. La serata ha fatto leva 25


INTERVISTE

Il card. Bertone: «Ci vuole una pastorale del coraggio» «Impariamo dallo stile di Roncalli», ha detto incontrando Capovilla a Sotto il Monte

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ulla visita fatta di recente dal cardinale Tarcisio Bertone a Sotto il Monte, proponiamo un articolo sull’evento, pubblicato su L’Eco di Bergamo lo scorso 16 giugno, a firma di Monica Gherardi. Il cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano emerito, ha trascorso alcuni giorni in Bergamasca, a Monasterolo del Castello, dove ha presieduto le celebrazioni per la festa della Madonna del Lago. Nella mattinata di domenica 15 giugno ha raggiunto Sotto il Monte, accompagnato dal parroco di Monasterolo don Gianfranco Brena e da Antonio Ghetti. A Ca’ Maitino è stato accolto dal cardinale Loris Capovilla con il quale si è intrattenuto in un lungo colloquio. Bertone, nato nel 1934 a Romano Canavese (Torino), è entrato giovanissimo tra i salesiani ed è stato ordinato sacerdote nel 1960. Consultore di vari organismi della curia romana, ha collaborato soprattutto con la Congregazione per la dottrina della fede e col suo prefetto Ratzinger.

Nominato arcivescovo di Vercelli nel ‘91, nel ‘95 è tornato a Roma come segretario della Congregazione per la dottrina della fede al fianco di Ratzinger. Nominato nel 2002 arcivescovo di Genova, nel 2003 è stato creato cardinale. Al cardinale Bertone abbiamo chiesto alcuni pensieri sulla figura di Papa Giovanni XXIII. La figura di Papa Giovanni XXIII è tornata ad abitare la pastorale delle nostre parrocchie. Qual è l’attualità di questo Pontefice? «Con la canonizzazione di Papa Giovanni riscopriamo anche una valorizzazione del suo stile pastorale. Il suo rapportarsi alle persone di qualsiasi età, provenienza ed estrazione, trattandole con il massimo rispetto, con delicatezza e fraternità. Rappresenta in tal senso un grande esempio. L’attualità di Papa Roncalli si lega strettamente al Concilio di cui è stato promotore. Pensiamo alla forza di rinnovamento a lunga durata che ha impresso alla Chiesa. L’attualità è anche nel modo con cui egli è stato Padre e Pastore della Chiesa universale, uomo di altissima spiritualità e nello stesso tempo immerso nei problemi cruciali dell’umanità del suo tempo. Ha aperto un dialogo tra Chiesa e mondo contemporaneo, in un contributo di ricezione in reciprocità e questo è il principio che ci indica il modo con cui ci si può collocare con composta serenità e ottimismo all’interno delle sfide del suo tempo e delle fatiche del nostro tempo attuale».

Il cardinale Tarcisio Bertone con il cardinale Loris Francesco Capovilla

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La missionarietà vissuta da San Giovanni XXIII richiama il bisogno attuale di missionarietà,


in terviste

dove, anche in Italia, i cristiani praticanti diventano minoranza. Quali le strade percorribili? «Fu apostolo in ogni circostanza, capace di cogliere in ogni incontro l’occasione per un appello alla buona vita del Vangelo. Oggi l’allontanamento dalla pratica religiosa è preoccupante. C’è bisogno di maggiore impegno e ardore apostolico da parte dei pastori e dei fedeli. E’ necessaria una “pastorale del coraggio”, che vada fuori per raggiungere giovani, anziani, famiglie, ambienti di lavoro, fino a quelle “frontiere esistenziali” di cui parla Papa Francesco. Questo in un interscambio di dialogo, di confronto, di reciprocità che renda credibile il progetto cristiano di vita personale e sociale». Papa Francesco oggi sta parlando anche ai lontani. Qual è la forza della sua parola? «In San Pietro c’è sempre una folla immensa per incontrarlo, ma bisogna anche ascoltarlo e comprendere che nelle sue parole, nel richiamo al Vangelo, sono presenti esigenze radicali di impegno, di rispetto, di aiuto fraterno, di sobrietà. La forza della sua parola, sia all’interno della Chiesa che all’esterno, è la sincerità, la schiettezza, la semplicità, il coraggio».

Il ritratto di Papa Giovanni eseguito nel 2001 dall’artista bergamasco Angelo Capelli

Papa Ratzingere e Papa Bergoglio. Un passaggio che non è stato solo un momento storico, ma un passo della Chiesa. Quale continuità possiamo rilevare fra i due Papi? «La continuità è di sostanza. Non la si deve ricercare nei modi di fare, ma negli obiettivi da raggiungere e questi sono rappresentati dall’evangelizzazione del mondo odierno. I caratteri sono diversi, come la provenienza e l’esperienza pastorale e qui sta il bello. Dobbiamo essere contenti e fedeli per ogni Papa che il Signore sceglie per noi».

della giustizia e conflittualità armata per volontà di potere e di dominio. L’appello lanciato da Giovanni XXIII in quel momento cruciale della storia trova un’eco speculare nella preghiera per la pace in Siria invocata da Papa Francesco nel 2013 e nell’invito all’incontro di preghiera delle parti in conflitto in Terra Santa. La pace è stato l’anelito di Angelo Giuseppe Roncalli, manifestato già nel suo motto episcopale “Oboedentia e pax”. Questo germe da lui seminato si è sviluppato nella Chiesa, chiamando a raccolta uomini e donne di buona volontà, perché la pace sia al vertice delle aspirazioni umane. L’empito emotivo e spirituale che ci ha pervasi deve produrre frutti di pacificazione, a cominciare dagli ambiti più vicini, come quello della famiglia. Guardiamo avanti, sapendo che molto dipende dalle persone, ma il resto lo attendiamo da Dio. Per questo non si interrompa mai il fiume benefico della preghiera, risorsa che porta frutto».

Il recente incontro del Papa con i presidenti israeliano e palestinese evidenzia il forte richiamo alla pace. Ci può essere un futuro di pace? In quali termini? «Questo evento straordinario richiama spontaneamente l’enciclica “Pacem in terris”. Essa segna una chiara linea di demarcazione tra pacifica convivenza dei popoli e guerra, tra impegno per la promozione 27


EDIFICI

Luce e armonia nella chiesa intitolata a Papa Giovanni La nuova costruzione sorge accanto all’ospedale di Bergamo che porta il suo nome

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’è un senso di pace, un’idea di armonia. La chiesa è bianca come la neve, luminosa, spaziosa. Si trova accanto all’ingresso dell’ospedale Papa Giovanni a Bergamo, una costruzione rettangolare, una scatola dalle pareti circondate da una fitta serie di linee bianche, come finissime colonne. Un effetto gradevole, che incuriosisce. Così viene descritta la costruzione in un articolo pubblicato a fine maggio su L’Eco di Bergamo a firma di Paolo Aresi. E’ la chiesa dedicata a San Papa Giovanni XXIII, la chiesa voluta dalla Diocesi, costruita di recente anche con il contributo della Cei, la Conferenza episcopale italiana, e della Fondazione Banca Popolare di Bergamo. Voluta dalla Diocesi per ricordare l’evento della canonizzazione del Papa, rappresenta il segno di un momento decisivo per la Chiesa bergamasca e non solo. Una chiesa contemporanea che ricorda per certi aspetti di semplicità e linearità quella del Botta nel vicino Comune di Seriate (pure dedicata a Papa Giovanni) e quella di Loreto, disegnata da Vittorio

Gregotti. La chiesa del nuovo ospedale di Bergamo è stata progettata da Aymerich Zublena, architetto francese, in collaborazione con lo studio bergamasco di Pippo e Ferdinando Traversi. L’interno del tempio conferma quella sensazione provata all’esterno, di luce e leggerezza. L’arredamento appare minimale, con quei banchi di legno chiaro, come il parquet del pavimento. Questo legno chiaro contribuisce a trasmettere un senso di accoglienza, un senso domestico. Nelle pareti si aprono degli oblò da cui entra luce; fanno pensare a una nave, forse a un’astronave. La barca di Pietro che naviga verso il futuro. Don Giuliano Zanchi, direttore del Museo Bernareggi, esprime un’opinione molto positiva sulla nuova chiesa. Dice: «Per quanto riguarda l’aspetto artistico-architettonico, io direi che il risultato sia da considerare con attenzione. La relazione fra architettura, arte e liturgia e preghiera è stata in questi anni materia di grande dibattito. Tante brutte chiese sono nate negli anni Ottanta. Io credo che in questo caso abbiamo ottenuto un risultato armonico, un dialogo caldo fra architettura e arte contemporanea vera». Nella nuova chiesa, dietro l’altare si ammirano opere di Andrea Mastrovito che riprende incisioni classiche che ha dipinto su vetro, poi cotto per essere stabilizzato e sagomato. Le pareti sono decorate con motivi vegetali, opera di Stefano Arienti, già allievo e docente della Carrara, che ha sviluppato una tecnica di lavoro del cemento, nata per applicazioni industriali. Infine la Via Crucis, in controfacciata, è di Ferrario Freres. Sedersi nei banchi di questo tempio L’ingresso della chiesa e sullo sfondo il nuovo ospedale, regala un senso di pace, di serenità. Un anch’esso dedicato a Papa Giovanni XXIII po’ come nelle chiese antiche. 28


avvenimenti

Messa nella chiesa ivoriana dedicata a Papa Giovanni Celebrata in Costa d’Avorio dal vescovo di Bergamo Beschi con numerosi sacerdoti

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atto da L’Eco di Bergamo, proponiamo un piccolo reportage sul viaggio a Bondukou (Costa d’Avorio) effettuato a fine marzo dal vescovo di Bergamo, Francesco Beschi, e sulla Messa celebrata nella chiesa dedicata a Roncalli nel 2010. «Jean XXIII: obèissance et paix» (Giovanni XXIII: obbedienza e pace), questo lo slogan che ha guidato i passi del vescovo Francesco in visita alla missione diocesana in Costa d’Avorio. A ridosso del 20 marzo c’è stato l’incontro con la comunità di Agnibilekrou, sabato 22 il pellegrinaggio di 700 giovani della parrocchia dedicata a Papa Giovanni con la celebrazione dell’eucaristia all’ombra delle piante di mango e papaya. Domenica 23 la solenne celebrazione nella chiesa parrocchiale con la partecipazione dell’amministratore diocesano della diocesi di Bondukou, attualmente in attesa della nomina del nuovo vescovo, dei sacerdoti fidei donum della diocesi di Bergamo e del direttore del Centro missionario diocesano, don Giambattista Boffi. Erano presenti oltre duemila fedeli. Lo slogan risuona tra i canti e le preghiere. La figura di Papa Giovanni risplende sull’abside della chiesa consacrata il 17 luglio 2010, dono anch’essa della diocesi di Bergamo e dell’impegno di tanti volontari. La comunità locale ha partecipato con la manodopera. E’ questa la terza chiesa più grande di tutta la Costa d’Avorio. Nel tempo di Quaresima la comunità parrocchiale di Sotto il Monte è impegnata a raccogliere i fondi per costruire la casa dei preti e quella dei volontari della parrocchia ivoriana. E’ la domenica della Samaritana e il vescovo evoca l’acqua come dono «essenziale» di Dio. Un concetto che si capisce bene in

un posto dove domina il caldo ed il sole cocente non è certo avaro di arsura e sete. L’acqua che ci disseta lungo il cammino della vita è dono di Dio, la nostra stessa vita diventa acqua per l’umanità. Don Giandomenico Epis e don Luigi Ferri sono i due sacerdoti che vivono il loro ministero a servizio di questa comunità, facendo tesoro ogni giorno della testimonianza di Papa Giovanni XXIII. E anche la celebrazione dell’Eucaristia è stata piena della presenza di Papa Giovanni e della sua spiritualità. Al termine della funzione è giunto il grazie della comunità attraverso il presidente del Consiglio pastorale che ha voluto ricordare la ricca storia della presenza dei bergamaschi a Tanda, a partire dal 1976. Una casula in tessuto ivoriano è stato il segno della riconoscenza donata al vescovo, affinché la indossi durante le celebrazioni in onore di Papa Giovanni. La giornata del vescovo si è conclusa con una celebrazione nella parrocchia di Nostra Signora del Monte Carmelo dove è parroco don Francesco Orsini, sacerdote fidei donum bergamasco.

Al centro il vescovo con i preti bergamaschi e ivoriani

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Scopo principale di questo organismo è quello di promuovere, di mantenere ed amplificare il messaggio di Papa Giovanni XXIII che racchiude una forte attualità così come rappresenta per l’intera umanità un progetto di costruttore all’insegna dell’amore e della pace. I soci fondatori del Comitato sono: Mons. Gianni Carzaniga in qualità di rappresentante delegato del vescovo di Bergamo, Monsignor Marino Bertocchi parroco di Sotto il Monte, padre Antonino Tagliabue curatore della pinacoteca Giovanna di Baccanello, suor Gervasia Asioli assistente volontaria nelle carceri, padre Vittorino Joannes al servizio del personale di Angelo Roncalli Nunzio Apostolico a Parigi. A sostegno delle iniziative dell’Associazione, informiamo i nostri lettori, devoti di papa Giovanni XXIII, della possibilità di aderire al suffragio tramite le sante messe che l’Associazione fa celebrare per i suoi sostenitori

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Il “perpetuo suffragio” è un’opera che si propone di dare un aiuto spirituale ai defunti, di stabilire un legame di preghiera fra l’Associazione Amici di Papa Giovanni XXIII e i fedeli del papa della Bontà e di dare anche un aiuto materiale per promuovere le iniziative dell’Associazione. Il “perpetuo suffragio” consiste in Sante messe, che l’Associazione fa celebrare per i suoi sostenitori. Si iscrivono i defunti o anche i viventi, a proprio vantaggio in vita e in morte. L’iscrizione può essere per un anno o in “perpetuo”.

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