papa giovanni gennaio-febbraio2012

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(Anno XXIX) Nuova serie - Anno 11 n. 1- Gennaio/Febbraio 2012 - Amici di Papa Giovanni - CONTIENE I.R.

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB BERGAMO - In caso di mancato recapito restituire al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa

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Consegnato a tre missionari il Premio Papa Giovanni XXIII

Il sentiero dedicato al Papa Buono: un vero inno alla memoria

Un secolo fa don Roncalli entrò nel Sacro Cuore

Anno 1962: il Pontefice sul convoglio che mosse l’Italia

GENNAIO - FEBBRAIO 2012

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Sotto la protezione di Papa Giovanni

RICORDIAMO CHE PER RICEVERE UNO DEI SEGUENTI OMAGGI: CALENDARIO CON LA FOTOGRAFIA DEI BAMBINI, LA PERGAMENA PER IL BATTESIMO, LA PRIMA COMUNIONE, IL MATRIMONIO, E’ NECESSARIO INDICARE L’INDIRIZZO COMPLETO A CUI INVIARLO

I nonni Palma e Vitali, affidano al Beato Papa Giovanni le nipotine Giorgia e Roberta

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Nicola e Silvia mettono sotto la protezione del Beato Papa Giovanni XXIII, la nipotina Martina

Nonna Jose, affida i suoi amati nipoti, alla protezione di Papa Giovanni, affinchè li protegga per tutta la vita

Inviate la fotografia dei vostri bambini ad:

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via Madonna della Neve, 24 - 24121 Bergamo

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CONSEGNATO A TRE MISSIONARI IL «PREMIO PAPA GIOVANNI»

SENTIERO DEL PAPA BUONO: UN VERO INNO ALLA MEMORIA

UN SECOLO FA DON RONCALLI ENTRÒ NEL SACRO CUORE

ANNO 1962: PAPA GIOVANNI SUL TRENO CHE MOSSE L’ITALIA

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LA CHIESA DEDICATA AD ANGELO RONCALLI PRONTA IN PRIMAVERA

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UN CATALOGO SU «BERGAMO TERRA DI FEDE E DI CULTURA»

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«VOLLE APRIRE LA CASA DEL PADRE ANCHE ALLE NUOVE GENERAZIONI»

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Consegnato a tre missionari il Premio Papa Giovanni XXIII

Il sentiero dedicato al Papa Buono: un vero inno alla memoria

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Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB BERGAMO - In caso di mancato recapito restituire al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa

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(Anno XXIX) Nuova serie - Anno 11 n. 7- Gennaio/Febbraio 2012 - Amici di Papa Giovanni - CONTIENE I.R.

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Un secolo fa don Roncalli entrò nel Sacro Cuore

Anno 1962: il Pontefice sul convoglio che mosse l’Italia

GENNAIO - FEBBRAIO 2012

n. 1 bimestrale gennaio/febbraio

Direttore responsabile Monsignor Giovanni Carzaniga Direttore editoriale Claudio Gualdi

BERGAMO: FOLLA DI FEDELI PER LE RELIQUIE DI BERNADETTE

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TROVATI SEI RARISSIMI DISCHI CONTENENTI CANTI AMBROSIANI

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PROPOSTO A BERGAMO L’EVENTO DEDICATO AL TURISMO RELIGIOSO

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EDITRICE BERGAMASCA ISTITUTO EDITORIALE JOANNES

Redazione: mons. Gianni Carzaniga direttore della “Fondazione Beato Papa Giovanni XXIII” con sede nel Seminario Vescovile Giovanni XXIII di Bergamo, mons. Marino Bertocchi parroco di Sotto il Monte, don Oliviero Giuliani Claudio Gualdi segretario dell’associazione “Amici di Papa Giovanni”, Pietro Vermigli, Giulia Cortinovis, Marta Gritti, Vincenzo Andraous padre Antonino Tagliabue Luna Gualdi Coordinamento redazionale: Francesco Lamberini Fotografie: Archivio del Seminario Vescovile di Bergamo, Archivio “Amici di Papa Giovanni”, Archivio “Fondazione Beato Papa Giovanni XXIII”

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Anno XXIX Direzione e Redazione via Madonna della Neve, 26/24 24121 Bergamo Tel. 035 3591 011 Fax 035 3591117 Conto Corrente Postale n. 97111322 Stampa: Sigraf Via Redipuglia, 77 Treviglio (Bg) Aut. Trib. di Bg n. 17/2009 - 01/07/2009

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AVVENIMENTI

CONSEGNATO A TRE MISSIONARI IL «PREMIO PAPA GIOVANNI» In occasione del Concerto di Natale tenuto nella Basilica di Sant’Alessandro a Bergamo

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razie al sostegno della Fondazione Credito Bergamasco e alla generosità dei cittadini e delle istituzioni, sabato 10 dicembre alle 21 è tornato a Bergamo l’appuntamento con il Concerto di Natale che si è tenuto nella Basilica di Sant’Alessandro in Colonna. Si è trattato del l’evento clou della campagna «Rincorri la stella! La missione al cuore del tuo Natale!», organizzata dal Centro Missionario della Diocesi di Bergamo, dall’Associazione «Pro Jesu. Anch’io missionario» e dall’Associazione commercianti di Bergamo per sostenere tre progetti missionari e riscoprire nel Natale un momento d’impegno per un futuro più sicuro sotto il segno della pace. Nella stessa serata il vescovo di Bergamo Francesco Beschi ha consegnato il Premio Beato Papa Giovanni XXIII 2011, giunto alla quarta edizione,

a tre missionari: suor Vittoria Magni, padre Luigi Arnoldi, scomparso nello scorso agosto in un incidente stradale, e monsignor Mario Maffi. Tre religiosi scelti per indicare nel suo complesso un movimento di circa ottocento missionari bergamaschi che ogni anno agiscono sul campo in ogni parte del mondo. Il concerto tenuto nella basilica, affollata da 1.200 persone, ha visto protagonista l’Accademia Concertante d’Archi di Milano, che si è esibita alla presenza di mons. Francesco Beschi, che quest’anno ha scelto personalmente il programma musicale. La direzione è stata affidata al maestro Mauro Ivano Benaglia, noto per il suo carisma e la sua capacità di condurre grandi complessi musicali. Insieme a lui sul palco è salito anche il noto violinista Matteo Fedeli. Come accennato è stato lo stesso mons. Beschi a consegnare di persona i riconoscimenti ai tre premiati: a suor Vittoria Magni di Levate (Bergamo), delle Orsoline di Somasca, a padre Luigi Arnoldi attraverso la nipote Gabriella e a Tarcisio, uno degli otto fratelli di monsignor Mario Maffi, impegnato attualmente a Cuba. La missione e il concerto «E’ un piccolo gesto per esprimere la grande riconoscenza e la stima dell’intera comunità diocesana al lavoro di questi missionari», ha spiegato monsignor Davide Pelucchi, vicario generale della Diocesi di Bergamo. «Il Premio Beato Giovanni XXIII – ha aggiunto – vuole anche essere un modo per contribuire a tenere viva l’attenzione, la condivisione e la partecipazione all’opera dei missionari bergamaschi nel mondo e costituisce un’occasione preziosa per avvicinare ancora una volta alla sua e nostra terra il “Papa Buono”, sempre accanto ai missionari durante la sua vita».

Suor Vittoria Magni

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avvenimenti

«La missione e il concerto… Due momenti – ha sottolineato il direttore del Centro Missionario Diocesano, don Giambattista Boffi – che sviluppano spazi e tempi di umanità concreta e solidarietà intensa. Il richiamo a strade vissute ed incontri preziosi si intreccia con armonie coinvolgenti e melodie corali, nel cuore dell’uomo spazio e tempo si fondono nella scelta della libertà e, ancora una volta, sentiamo affiorare il desiderio del bene. Sì, quel bene di cui si fa testimone ogni vita consacrata alla missione, quel bene che attraversa la fatica ed i disagi di ogni servizio alla povertà, prendendosi cura della vita, del suo presente e del suo futuro». Gli assegnatari Suor Vittoria Magni, nata a Levate nel 1929, appartiene all’Istituto delle Orsoline di Somasca. Di lei si può dire a buon diritto che è una «missionaria della prima ora» sul fronte della missione diocesana in Bolivia, della quale stiamo celebrando il 50° d’inizio. Suor Vittoria, infatti, vive e lavora a Munaypata dal lontano 1964. Conosciuta come la «Madre Teresa» di La Paz, presta da quasi 50 anni la sua opera missionaria in modo umile in mezzo agli ultimi, condividendone la povertà di vita. Per anni ha rinunciato a tornare in Italia per le vacanze, per destinare ai suoi campesinos il denaro del biglietto aereo in segno di autentica condivisione. Attualmente è incaricata dell’assistenza di oltre 500 anziani. Grazie a questa testimonianza efficace e silenziosa, suor Vittoria svolge un prezioso lavoro di formazione delle coscienze per quanti nel suo servizio riconoscono il vangelo quotidianamente e concretamente vissuto. Padre Luigi Arnoldi, missionario Saveriano nativo di Brembate (Bergamo) e scomparso lo scorso agosto in un incidente stradale durante la sua ultima vacanza in Italia, ha vissuto in Burundi, in anni lontani, la sua prima esperienza missionaria conclusa nel 1983 con l’espulsione che costrinse tutti i missionari ad abbandonare quanto con amore stavano costruendo con il popolo burundese. Ma durante gli ultimi 14 anni, tornato in Burundi, ha vissuto nel seminario teologico di Gitega una nuova importante forma di missione a servizio di

Padre Luigi Arnoldi, scomparso di recente

una Chiesa sorella in un Paese da tempo in faticosa ricerca di una non facile pacificazione. Contemporaneamente è stato anche Superiore Provinciale dei Saveriani in Burundi. «Quando la divisione la senti nell’aria – affermava alcuni anni fa padre Luigi in un’intervista – dire insieme il Padre nostro è provocazione e impegno a realizzare quello che umanamente sembra impossibile. Mai come in queste situazioni il Vangelo è novità e provocazione. Non rimane che accettare la sfida e andare avanti, nella costruzione di una fraternità nuova, al di là dell’appartenenza etnica. La Chiesa si propone di essere famiglia di tutti i figli

Monsignor Mario Maffi

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avvenimenti

attraverso la catechesi, la preghiera, le opere di carità e di solidarietà, si preoccupa di coinvolgere le persone in un rapporto personale, dentro le loro case, dove la famiglia vive l’esperienza della comunità e dell’accoglienza. «Per annunciare il Vangelo della speranza – dice don Mario – è necessario partire dalla convinzione che è Dio che salva il mondo, è Lui che guida la storia, comunica all’umanità il suo amore e ama tutti. Questa certezza ci dà la possibilità di essere un po’ audaci nell’inventare modi di annunciare il Vangelo. La sfida è riuscire a farlo scoprire in maniera esistenziale, cioè nella vita stessa delle persone che incontriamo e di responsabilizzarle, educandole alla fede, al credere, alla testimonianza della propria fede». Recentemente don Mario, con la nomina di «prelato d’onore di Sua Santità», ha avuto un importante riconoscimento per il suo impegno missionario prima in Bolivia e ora a Cuba, nella Diocesi di Guantánamo-Baracoa.

Suor Vittoria Magni mentre ritira il premio

di Dio. E’ questa la sua grande sfida: essere segno e strumento di unità. E la Chiesa è l’unica istituzione capace di proporre concretamente questa strada. Educare ed educarsi ad incontrare l’altro diventa un fattore di crescita, oltre che di testimonianza di una vita ecclesiale che costituisce la risposta ai conflitti in cui l’Africa è precipitata. E’ questo il nostro compito di formatori, è questa la grande missione della Chiesa burundese oggi». Monsignor Mario Maffi, nativo di Costa di Mezzate (Bergamo), è un sacerdote «fidei donum» con una lunga esperienza di missione. Dopo 14 anni in Bolivia, nella diocesi di Cochabamba, nel 1998 ha accettato la sfida di aprire un nuovo fronte delle missioni diocesane partendo per Cuba, Paese in cui tuttora svolge un servizio di annuncio che,

Il Premio via web Grazie alla tecnologia, per la prima volta il Concerto di Natale a sostegno delle missioni della Diocesi di Bergamo e il Premio Papa Giovanni XXIII sono stati seguiti da tutto il mondo via web. Sono stati trasmessi, infatti, in diretta streaming sul web dai siti del Centro Missionario diocesano e quello del quotidiano L’Eco di Bergamo, rispettivamente http://www.cmdbergamo.org/ e http://www.ecodibergamo.it/. «Abbiamo deciso di utilizzare una risorsa web gratuita – ha sottolineato don Giambattista Boffi, direttore del CMD – per sfruttare al massimo la tecnologia ed avvicinarci ancora di più alla gente e ai nostri missionari che, grazie al web, hanno avuto la possibilità di vivere la serata in presa diretta con tutti noi». La diretta degli eventi dello scorso 10 dicembre è stata visibile in tutto il mondo con un semplice accesso adsl o chiavetta di ultima generazione, su tutti gli smart phone Galaxy e tutti i dispositivi Apple, telefoni e Ipad.

Il premio per padre Luigi Arnoldi è stato consegnato alla nipote Gabriella

Luna Gualdi 6

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INIZIATIVE

SENTIERO DEL PAPA BUONO UN VERO INNO ALLA MEMORIA Inaugurato il settimo sasso commemorativo nel percorso che faceva il piccolo Roncalli

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’ il percorso che il piccolo Angelo Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII, percorreva per andare a scuola dal suo paese, Sotto il Monte, fino a Celana di Caprino (altro Comune della Bergamasca). Ora anche gli escursionisti non avranno dubbi: un segnale speciale indicherà loro che quello che stanno percorrendo è un tracciato a suo modo storico. Alla fine dello scorso agosto, infatti, è stato inaugurato davanti alla chiesa di Sant’Antonio abate di Caprino il settimo sasso commemorativo, che avrà anche il ruolo di «indicatore» a pellegrini o escursionisti che stanno percorrendo il «Sentiero di Papa Giovanni XXIII». Su questo argomento riportiamo un articolo apparso di recente su «L’Eco di Bergamo» a firma di Angelo Monzani. L’inaugurazione si è tenuta in contemporanea con la dodicesima fiaccolata sul sentiero del Papa organizzata dalla parrocchia di San Gregorio Magno di Cisano (altro Comune della Bergamasca) nel pomeriggio di sabato 27 agosto. Il programma ha previsto il ritrovo all’ingresso della Casa natale del Beato Giovanni XXIII a Sotto il Monte, dove la camminata ha preso il via alle 14,30 dopo la benedizione della fiaccolata. I partecipanti si sono poi incamminati sul sentiero che il futuro Papa percorreva per recarsi al collegio di Celana attraverso i paesi di Carvico, Molini di Villa d’Adda, Pontida, Caprino con Celana e Sant’Antonio (dove è avvenuta l’inaugurazione dell’ultimo sasso commemorativo) e infine Cisano, vicino alla chiesa parrocchiale di San Gregorio dove è stata celebrata la Messa. «Questi sette “sassi commemorativi” erano stati studiati appositamente da monsignor Giambattista Roncalli. Mancava l’ultimo, che ora è stato collocato vicino alla chiesa di Sant’Antonio – ha

spiegato Pierino Angeloni, fondatore dell’associazione Monvico, che ha preso a cuore il recupero e il ripristino di tutti i quindici chilometri del sentiero di Papa Giovanni –. Con la posa di questo settimo “sasso” abbiamo compiuto un altro importante passo per la realizzazione e le indicazioni del sentiero». Il tracciato, a lungo poco valorizzato, ora è un vero e proprio percorso della memoria. Ogni pietra indica una tappa del percorso e il passaggio del Beato nel paese e nella parrocchia. Quella di Sant’Antonio è l’ultima, ed è stata realizzata da volontari, Ezio Bonanomi e Livio Chiappa di Sotto il Monte ed Egidio Belometti di Caprino. La sistemazione del tracciato come procede? «Mancano circa duecento metri in zona Faida a Pontida – ha detto ancora Angeloni – e ringrazio la parrocchia di Sant’Antonio per la collaborazione avuta». Il sentiero si snoda per una quindicina di chilometri tra i boschi e i centri abitati ed è oggi molto frequentato dagli escursionisti.

Il paese di Sotto il Monte nei primi anni del 1900

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ANNIVERSARI

UN SECOLO FA DON RONCALLI ENTRÒ NEL SACRO CUORE L’ingresso fra i preti della congregazione diocesana avvenne quando aveva 30 anni da Facchinetti. Roncalli avrebbe emesso i voti il 4 novembre dell’anno successivo, diventati definitivi nel ‘17 durante la «Grande Guerra». Oggi (il 6 novembre 2011), dunque, ricorre il centenario dell’ingresso del trentenne don Angelo fra i Preti del Sacro Cuore. Una data che sigilla la scelta di un giovane prete diocesano dall’ideale sacerdotale così forte da voler partecipare all’incremento di questa congregazione, ricostituita da Radini Tedeschi sull’esperienza del precedente Collegio Apostolico (esistente in diocesi sin dal 1700, poi ridottosi ad un numero esiguo di membri), con lo sguardo allargato ad altri esempi (come gli Oblati di San Carlo Borromeo di Milano). Per riprendere un modello, con lo stesso intento. Quale? Unire sacerdoti bergamaschi d’intensa spiritualità e consapevolezza ministeriale, nonché totalmente disponibili – con voto di obbedienza al vescovo pro tempore – nel servizio ai fedeli e ai bisogni della diocesi (quasi ad anticipare i traguardi indicati al clero diocesano nel decreto conciliare Presbyterorum ordinis quanto a zelo nella carità pastorale). La decisione di Roncalli non era stata presa all’improvviso. Anzi, era stata meditata a lungo, assunta già nel 1909 e, probabilmente per la necessità di stare sempre accanto a monsignor Radini, aveva optato per l’appartenenza come membro esterno. Non solo. Don Angelo aveva ben studiato la storia dei Preti del Sacro Cuore. Con diverse ricerche, su incarico del vescovo – già dal 1905 – a sostegno della commissione che lavorava alla ricostituzione della congregazione. Chi ha un po’ di dimestichezza con la biografia di Roncalli sa quanto egli sia sempre rimasto legato alla «sua» congregazione. L’epistolario curato da Giambattista Busetti già nel 1982 «Il Pastore: corrispondenza dal 1911 al 1963 con

Papa Giovanni al suo tavolo di lavoro

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Reverendo monsignor Facchinetti. Il sottoscritto chiede umilmente di venire ammesso in qualità di membro esterno nella Congregazione Diocesana dei Preti del Sacro Cuore di Gesù. Con profonda venerazione. Devotissimo don Angelo Roncalli». Così cent’anni fa il futuro Papa esprimeva la sua richiesta al sacerdote che non solo nel 1909 era stato nominato primo superiore dei preti del Sacro Cuore, ma che lo stesso don Roncalli aveva scelto come suo direttore spirituale al rientro a Bergamo, dopo l’ordinazione sacerdotale e la nomina a segretario del vescovo Radini Tedeschi. L’articolo che proponiamo è stato pubblicato su «L’Eco di Bergamo» lo scorso 6 novembre a firma di Marco Roncalli, pronipote dell’indimenticabile Pontefice. Il servizio così prosegue. «Accetto. Bergamo 6 novembre 1911. Giacomo Maria vescovo», così si legge nella risposta del presule che pure si doveva esprimere sulla richiesta già approvata 8

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anniversari

i preti del Sacro Cuore» lo documenta ampiamente (oltre a costituire un omaggio al clero bergamasco che si riconosce in questa spiritualità). Anche i Preti del Sacro Cuore, però, hanno contribuito a far conoscere Papa Giovanni con pubblicazioni sin dalla prima ora (si ricordi monsignor Antonio Pesenti, il curatore del carteggio roncalliano con i vescovi di Bergamo, che – già dal ‘68 al ‘77 – curò come vice postulatore della causa di beatificazione, un supplemento al settimanale diocesano dal titolo «Papa Giovanni nel mondo. Voci ed echi»). E, come si è dimostrato in un convegno all’École française di Roma sei anni fa, dedicato ai santuari, proprio a loro – ai Preti del Sacro Cuore – si era pensato subito dopo la morte di Giovanni XXIII, per l’accoglienza spirituale dei numerosi pellegrini nel suo paese natale, Sotto il Monte. Del resto, quello fra Roncalli e la congregazione è un legame duraturo che attraversa tutte le tappe della sua vita, intrecciato nei suoi diversi ruoli: alla direzione della Casa dello studente in Città Alta (prima dell’arrivo di don Facchinetti); nel servizio a Roma presso l’Opera della propagazione della fede (tenendosi particolarmente in contatto con monsignor Luigi Drago); nella condivisione della passione per lo studio (dove trova sponde che vanno da don Lorenzo Dentella a don Cesare Carminati) e degli esercizi spirituali con i confratelli (impegni permettendo), sino a quando la distanza – dopo la nomina a visitatore apostolico in Bulgaria, a delegato apostolico in Turchia e Grecia, a nunzio in Francia – si fa sentire. Ciò nonostante – scrive a don Evaristo Lecchi da Sofia il 18 dicembre ‘32 – «Anch’io, sapete, me ne vivo qui secondo lo spirito del prete del Sacro Cuore, sforzandomi di essere diligente nel mio compito quotidiano», non senza avergli prima confidato la sua gioia nel seguire l’attività preziosa degli associati «a servizio della diocesi, secondo lo

Il chierico Roncalli (l’ultimo a destra in piedi) con i suoi compagni del seminario romano nel 1901

spirito del sodalizio». E il 14 maggio ‘43 da Istanbul a don Giovanni Viganò confessa: «Sempre mantengo l’unione di spirito con voi e con tutti i cari confratelli» e «specialmente nelle occasioni di ricorrenze religiose che mi richiamano più vivamente ai Preti del Sacro Cuore, il mio pensiero si ricrea a venirvi a cercare». Mentre il 5 marzo ‘49 da Parigi scrive allo stesso: «Intanto guardo con vivo piacere sullo stato del clero bergamasco il bel gruppo dei Preti del Sacro Cuore». Cinque udienze con i superiori, benedizioni copiose, doni trasmessi attraverso il sostituto monsignor Angelo Dell’Acqua o il segretario monsignor Loris Capovilla (che a nome del Papa scriveva «notizie dai Preti del Sacro Cuore: sempre letizia e fierezza paterna») costelleranno la consapevolezza di un’identità e di un’appartenenza anche durante il pontificato. Sino all’ultimo commosso saluto – l’1 giugno ‘63, due giorni prima della morte, attraverso il vescovo monsignor Giuseppe Piazzi – all’indirizzo della città e del paese natale, al clero, al seminario e ai Preti del Sacro Cuore.

Ha incontrato il Papa dopo 84 anni di clausura Il Papa ha incontrato la suora di clausura più anziana del mondo. E’ durato alcuni minuti, ed è stato molto cordiale e vivace, nella nunziatura di Madrid, l’incontro tra Benedetto XVI e suor Teresita, che ha 103 anni. La suora, che cammina ancora sulle sue gambe, sedeva su una bella poltrona a fianco del Papa, al quale ha

regalato un libro sulla vita religiosa dove c’è un capitolo dedicato a lei. Sul frontespizio del libro suor Teresita ha vergato con bella calligrafia una dedica a Benedetto XVI. Con lei una suora più giovane, di «soli» ottant’anni, che ha prestato servizio per molti anni alla Congregazione per la dottrina della

fede, quando il cardinale Ratzinger ne era prefetto. Suor Teresita vive nel convento di Sisal Buonafuente, circa cento chilometri a sud-est di Madrid, ed è entrata nel Carmelo quando aveva 19 anni, il 16 aprile 1927, il giorno della nascita di Joseph Ratzinger, oggi Papa Benedetto XVI.

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AVVENIMENTI

ANNO 1962: PAPA GIOVANNI SUL TRENO CHE MOSSE L’ITALIA Una folla imponente lo attese lungo il tragitto che Roncalli fece verso Assisi e Loreto

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e il Pontificato di Giovanni XXIII si dovesse raccontare solo con le immagini, quella del Pontefice affacciato al finestrino del treno diretto a Loreto e Assisi entrerebbe di diritto nell’album della fotocronaca del quinquennio – dal 1958 al 1963 – che vide Roncalli sulla cattedra di San Pietro. Così inizia l’articolo a firma di Emanuele Roncalli, pronipote del Pontefice, pubblicato nello scorso ottobre su «L’Eco di Bergamo». Il servizio così prosegue. Quella, ma anche altre, come le foto della visita di Natale ai piccoli malati dell’ospedale del Bambin Gesù, della visita ai carcerati di Regina Coeli, senza dimenticare l’immagine buia, ma al tempo stesso paterna e soave, del Papa alla finestra del suo appartamento la sera dell’inizio del Concilio, quando pronunciò il famoso discorso «alla luna» che si concludeva con l’invito ad andare a casa e a dare «una carezza ai bambini».

Immagini, tutte queste, con un denominatore comune: ci restituiscono la semplicità e l’umiltà di un uomo, vicino alla gente, ritratto in gesti quotidiani, che ognuno di noi ha sempre fatto. Ma torniamo allo storico viaggio in treno. Erano le 6,30 in punto del 4 ottobre 1962 quando Giovanni XXIII salì i gradini del convoglio, messo a disposizione dal presidente della Repubblica Antonio Segni, per raggiungere Loreto e Assisi. La stessa visita era stata compiuta 105 anni prima da Pio IX e si è poi ripetuta con Giovanni Paolo II e ora con Benedetto XVI. L’uscita di Papa Roncalli allora colse tutti di sorpresa. Si era saputa solo due giorni prima. In sole ventiquattr’ore le strade e le piazze vennero tappezzate di cartelloni e i giornalisti di tutto il mondo fecero a gara per arrivare in tempo in Italia e seguire l’evento. Ma quello non fu un vero e proprio viaggio. Fu piuttosto un pellegrinaggio estenuante, fatto di centinaia di soste e tappe, che vide il Papa affacciato al finestrino, lungo i 600 chilometri, per salutare e benedire la gente. Una folla imponente assiepata al limite dei binari, con migliaia di braccia protese a cercare quella del Papa, come si fa quando un nostro caro sta per partire e ci prende la nostalgia di rivederlo al più presto. Orte, Terni, Spoleto, Foligno, Fabriano, Jesi, Falconara, Ancona: una fila di stazioni che con tante altre stazioncine divennero le tappe di un interminabile pellegrinaggio, prima che il Papa giungesse a Loreto, per chiedere alla Madonna la benedizione sul Concilio, e poi ad Assisi sulla tomba di San Francesco. Quasi una «via Crucis» per un Papa anziano. Quel viaggio forse oggi non stupisce più: Giovanni Paolo II ci aveva abituati a voli transoceanici, Benedetto

4 ottobre 1962: Papa Giovanni parte in pellegrinaggio per Loreto ed Assisi nell’imminenza dell’apertura del Concilio ecumenico. Con lui, al finestrino, monsignor Loris Capovilla

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avvenimenti

XVI ha già all’attivo numerose visite oltre i confini italiani. Anche Paolo VI aveva viaggiato fuori dal Vaticano. Il ricordo di quel giorno, in ogni caso, non è mai venuto meno. Tanti sono coloro che quel 4 ottobre lo hanno vissuto. Papa Roncalli fece allora un atto di straordinaria profondità spirituale e di ordinaria semplicità. Si era messo in cammino verso la Madonna e San Francesco per invocare protezione. Così come oggi noi ci incamminiamo pellegrini verso un santuario per chiedere intercessione a Maria e ai santi protettori. Due giorni dopo la visita ad Assisi e Loreto, Papa Giovanni annotò sul suo diario: «Questa è data da scriversi aureo colore nella mia vita: il pellegrinaggio che volli fare – e pochi giorni bastarono al concepirlo, al farlo, e a riuscirvi con l’aiuto del Signore – alla Madonna di Loreto e a San Francesco d’Assisi, come a implorazione straordinaria di grazie per il Concilio Vaticano II. Lo pensai, al solito con semplicità, lo decisi. Il mio spirito rimane tranquillo, mentre il Vaticano, Roma, l’Italia e il mondo gustarono una delle consolazioni più soavi

Papa Giovanni XXIII ripreso durante una udienza

della vita cattolica. La Madonna di Loreto e San Francesco d’Assisi, visitati dal Papa in persona, divenuti argomento di un canto delizioso e indimenticabile».

Dopo 116 anni le suore hanno lasciato la Valle Serina Dopo 116 anni di permanenza ininterrotta, le suore hanno lasciato Serina (Bergamo) nell’omonima valle. A chiudere, dietro di loro, in modo definitivo la porta del convento sono cinque suore: oltre alla superiora suor Rosaria Mor di Dovera (Cremona), a Serina dal 2003, c’è la memoria storica di mezzo secolo della comunità: suor Assunta Donadoni di Calcinate (Bergamo), cuoca del convento da 46 anni, che nel bollettino parrocchiale è descritta come «la suora dell’umiltà, della generosità, dello spirito di sacrificio: doti declinate nel costante e silenzioso esercizio dell’accoglienza». Hanno lasciato il convento anche suor Federica Ravasio di Bonate Sotto (Bergamo), in paese dal 1998 con incarico di coadiuvante per

la pastorale parrocchiale a Serina e a Corone, suor Elisa Ormanni di Bergamo, al convento serinese dal 2000, con incarico di coadiuvante a Serina e a Lepreno, e suor Angela Conti di Romano (Bergamo), giunta a Serina nel 2001, che ha prestato la propria opera a Serina e a Bagnella. Con l’addio delle suore, si chiude, in modo definitivo, il grande capitolo, che si aggira intorno ai 350 anni, della presenza monacale e religiosa nelle stanze dell’antico monastero. Delle vicende che compongono la storia del convento racconta il libro su Serina di Roberto Belotti: la prima pietra del monastero fu posata nel 1643 e il convento ospitò nei secoli le Suore Domenicane per 134 anni, i frati minori riformati

per 33 anni e, dal 1890, le Suore della Carità. «Ringraziamo – è stato il loro pensiero – per l’affetto dimostrato in questi anni, tutta la popolazione, il parroco e i sacerdoti che abbiamo incontrato, il sindaco e le amministrazioni comunali. Il nostro ricordo speciale sarà sempre per i malati e per i bambini».

Le ultime suore di Maria Bambina che hanno lasciato Serina

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INAUGURAZIONI

LA CHIESA DEDICATA A RONCALLI SARÀ PRONTA IN PRIMAVERA Sorge all’interno del nuovo ospedale di Bergamo, anch’esso intitolato al Pontefice

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a chiesa incorporata nel nuovo ospedale di Bergamo, dedicata al Beato Papa Giovanni XXIII (come il nosocomio), sarà pronta nella prossima primavera. Nell’annunciare questa notizia il delegato vescovile monsignor Maurizio Gervasoni non ha nascosto la sua soddisfazione, a metà dello scorso mese di novembre, nel corso di un appuntamento in cui ha spiegato lo stato di avanzamento dei lavori al cantiere della Trucca, quartiere ubicato alla periferia di Bergamo. «Colgo l’occasione per sottolineare – ha detto tra l’altro – il coraggio della Fondazione Banca Popolare di Bergamo, perché non era facile né scontato decidere di aiutarci in questa avventura. La sfida consiste nel far dialogare l’edificio sacro con un’opera pubblica importante come lo è un ospedale perché la salute e la malattia riguardano il senso più autenticamente e profondamente umano dell’esistenza; non sono solo una questione tecnica da affrontare con gli strumenti della tecnica». «Per questo – ha proseguito monsignor Maurizio

Gervasoni – la chiesa sorge proprio lì, all’ingresso dell’ospedale, per poter offrire un luogo di silenzio e di raccoglimento adatto ai momenti di dolore e a quelli di gioia». Per la realizzazione della chiesa, ha poi inteso sottolineare il delegato vescovile, abbiamo voluto lanciare un’ulteriore sfida, «quella di avvalerci al massimo delle tecnologie e dei saperi del territorio». Proprio per questo sono state contattate le eccellenze dell’imprenditoria e dell’artigianato bergamaschi. «Uno spirito che non poteva non toccare anche il versante culturale dell’operazione – ha detto Gervasoni – perché l’interno dell’edificio vi sorprenderà. Con gli artisti abbiamo cercato di condividere l’idea teologica che anche nella sofferenza più dura della malattia è radicata la speranza della resurrezione». La chiesa del nuovo ospedale farà parte della parrocchia del Villaggio degli Sposi, il quartiere che in pratica ospiterà il grande complesso sanitario. L’idea è dunque quella di considerarla parte integrante della comunità, e non solo a disposizione dei malati e dei loro familiari. Il ringraziamento alla Fondazione per «il fondamentale, insostituibile supporto finanziario», è stato successivamente formulato da Mario Ratti, presidente del Comitato per l’ospedale Beato Papa Giovanni XXIII. Già in occasione del 40° anniversario della morte di Papa Roncalli, l’Azienda ospedaliera (con una delibera dell’ottobre 2003) aveva formulato l’intenzione di dedicare il nuovo ospedale al Pontefice bergamasco, prendendo in considerazione alcuni episodi della sua vita. Durante la prima guerra mondiale l’allora don Angelo Giuseppe Roncalli, già cappellano militare con il grado di tenente, si prodigò nell’assistenza ai feriti ricoverati negli ospedali militari, con spirito di

L’interno della chiesa del nuovo ospedale in via di ultimazione

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inaugurazioni

umanità e fraternità e accettò senza riserve di assistere i soldati malati di tubercolosi, ben sapendo di rischiare il contagio. Nel corso del suo pontificato manifestò in più occasioni la sua attenzione per i più piccoli e per i sofferenti, diventando protagonista di episodi ancora oggi vivi nel ricordo di tutti coloro che amarono la figura del «Papa buono». In occasione della giornata di apertura del Concilio Vaticano II esortò i presenti alla cerimonia a non dimenticare i sofferenti. Quello che verrà inaugurato al Villaggio degli Sposi è considerato un complesso avveniristico che sostituirà l’attuale struttura, chiamata Ospedali Riuniti, attualmente ubicata in largo Barozzi a Bergamo. Il nosocomio del capoluogo è noto, e non soltanto a livello nazionale, per aver raggiunto risultati di elevato prestigio nei vari dipartimenti, come ad esempio nel settore dei trapianti. Le equipe sanitarie che vi operano sono infatti considerate tra le migliori nelle diverse discipline. Si tratta di specialisti che continueranno il loro lavoro nella struttura in via di ultimazione e che potranno contare su apparecchiature ancora più avanzate dal punto di vista tecnologico e su una ripartizione degli spazi ottimale. Da sottolineare che a metà giugno del 2006, quando i lavori erano da poco partiti, il pittore Angelo Capelli ha voluto donare un suo dipinto raffiguran-

Il pittore Angelo Capelli accanto alla sua opera

te Angelo Roncalli, destinato ad essere accolto nel grande nosocomio. L’artista bergamasco ha consegnato l’opera alla direzione degli Ospedali Riuniti nel corso di una simpatica cerimonia avvenuta nel grande cantiere. Nel ritratto, un olio su tela posto su un cavalletto, si vede un Roncalli pensieroso il cui volto viene schiarito da un fascio di luce, segno eloquente che viene ispirato da una illuminazione venuta dal Cielo. Luna Gualdi

La nascita di Papa Giovanni ricordata in un incontro Lo scorso 24 novembre si è celebrato a Zogno (Bergamo) il 130° anniversario della nascita di Papa Giovanni XXIII. A ricordare la figura indimenticabile e tanto cara ai bergamaschi è stato monsignor Gianni Carzaniga, parroco di Sant’Alessandro in Colonna a Bergamo. Il ricordo di Angelo Giuseppe Roncalli – che fu ospite di Zogno nel 1952 nel corso della settimana dedicata alla celebrazione di un solenne congresso eucaristico che richiamò nella cittadina brembana folle di fedeli da tutta la diocesi e dalla regione – è stato proposto dall’Associazione culturale

Priula, un sodalizio benemerito per la promozione della cultura, della storia e delle tradizioni della Valle Brembana. «Ci è parso doveroso – ha sottolineato il presidente e fondatore dell’associazione – ricordare il nostro Papa la cui memoria resta indelebile nel cuore e nella mente di tutti i bergamaschi». Questo importante appuntamento è stato predisposto nel programma sempre intenso di attività del sodalizio, che si è concretizzato in particolare negli «incontri del giovedì» avviati all’inizio dello scorso mese di ottobre con cadenza settimanale.

Questi incontri, che si svolgono con inizio alle ore 15 nella Sala Priula del Museo della Vicaria, sono stati programmati fino alla fine del mese di marzo 2012.

Giovanni XXIII nacque a Sotto il Monte il 25 novembre 1881

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INIZIATIVE

UN CATALOGO SU «BERGAMO TERRA DI FEDE E DI CULTURA» L’opuscolo propone un percorso tra i santuari e i luoghi cari a Papa Giovanni XXIII

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urismo Bergamo ha pubblicato «Bergamo terra di fede e cultura», il catalogo dedicato al turismo religioso. Si tratta di un opuscolo di 16 pagine che raccoglie quanto la provincia orobica offre a chi è desideroso di compiere un percorso tra i santuari e i luoghi cari a Papa Giovanni XXIII. La guida completa l’offerta del catalogo Unico della turismo orobico, che contiene le proposte relative al turismo scolastico, agli eventi dell’anno e ai pacchetti vacanza. «Bergamo – afferma Silvano Ravasio, presidente di Turismo Bergamo – è una terra di grande religio-

sità, ricca di un patrimonio storico, artistico e culturale che si è conservato magnificamente. Quello che stupisce è il numero sempre maggiore di pellegrini che visitano sia i luoghi di Papa Giovanni XXIII, a partire da Sotto il Monte, suo paese natale, sia i numerosi santuari che costellano la nostra provincia, segno di una tradizione religiosa ancora viva. Il catalogo che abbiamo preparato vuole essere uno strumento agile, semplice e utile a suggerire alcuni itinerari per noi interessanti sia sotto il profilo religioso sia architettonico». Il catalogo si apre con l’immagine della scultura che si trova nel cortile della casa natale di Papa Giovanni XXIII a Sotto il Monte (opera di Carlo Balljana e Diotisalvi Perin) e che rappresenta il Papa Buono a colloquio con i suoi genitori. All’interno le proposte articolate sono tre: «Sulle orme di Papa Giovanni», gli «Itinerari Mariani» e «I grandi capolavori». Il primo itinerario propone i luoghi più significativi dell’infanzia e della vita di Papa Giovanni XXIII: la casa natale, S. Maria in Brusicco, Ca’ Maitino, l’Abbazia di Sant’Egidio, il Santuario della Madonna del Bosco ad Imbersago e quello della Madonna della Cornabusa a Sant’Omobono Terme. Ricca di suggerimenti è la sezione dedicata agli «Itinerari Mariani». «Nella nostra provincia – spiega Ravasio – ci sono tantissimi santuari. Se ne contano oltre cento, alcuni molto noti a livello nazionale, come il Santuario di Caravaggio, altri solo a livello regionale o provinciale, come il Santuario della Cornabusa o quello di Ardesio. Tutti hanno storie molto belle e sono segno di una fede profonda e di una grande tradizione cristiana». L’itinerario mariano di Turismo Bergamo parte dalla città con il Santuario della Beata Vergine Addolorata in Borgo Santa Caterina, tocca quello dedicato alla Madonna della Castagna (in via Fon-

La copertina del catalogo che ritrae la statua di Papa Giovanni posta all’ingresso della sua casa natale a Sotto il Monte

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tana) per poi proseguire verso Stezzano con quello della Madonna dei Campi e salire verso Sombreno al Santuario della Natività della Beata Vergine. Di lì si dirige verso la Valle Brembana per raggiungere il Santuario della Madonna del Perello ad Algua, quello della Madonna della Costa a San Giovanni Bianco e della Madonna della Foppa a Gerosa. Dalla Valle Brembana al territorio valdimagnino dove, oltre al Santuario della Cornabusa, viene segnalato il Santuario della Madonna del Castello ad Almenno San Salvatore. Anche la pianura è ricca di proposte: il Santuario di Santa Maria del Fonte a Caravaggio, la Madonna delle Lacrime a Treviglio e il Santuario della Bassella a Urgnano. Dalla pianura ai laghi per visitare la Madonna della Torre a Sovere. E dai laghi alla Val Seriana, dove l’itinerario tocca ben sei luoghi sacri: ad Ardesio La Madonna delle Grazie, a Colzate San Patrizio, a Pradalunga della Forcella, ad Oneta la Madonna del Frassino, a Vallalta di Albino la Beata Vergine di Altino e a Nembro la Beata Vergine dello Zuccarello. Chiude il catalogo la sezione dedicata a «I grandi capolavori», che brevemente introduce il pellegrino ad alcune delle più importanti opere della terra orobica: la Basilica di Santa Maria Maggiore in città, l’Abbazia di Pontida, la Basilica di Alzano Lombardo, la Chiesa dei Disciplini con la Basilica di Santa Assunta a Clusone, la Chiesa e il Convento di San Bernardino a Caravaggio e le chiese del parco del

Agosto del 1958, la statua della Madonna della Cornabusa viene portata trionfalmente in processione

Romanico negli Almenno. I tre principali musei di arte sacra della provincia chiudono la sezione: Bernareggi di Bergamo, S. Martino di Alzano Lombardo e quello dell’Abbazia benedettina a Pontida. Il catalogo è diffuso gratuitamente da Turismo Bergamo. Per informazioni: Turismo Bergamo via Papa Giovanni XXIII 57/c (Urban Center) a Bergamo. Tel. 035-230460. Questi i siti consultabili: www.turismo.bergamo.it e www.visit.bergamo.it

Alla Montelungo un commilitone illustre: Papa Giovanni Nel 1901-1902 il futuro Papa Giovanni XXIII era soldato alla caserma Montelungo a Bergamo. Lo rivelano due lapidi, la prima posta all’esterno della chiesetta, la seconda all’interno. «In ricordo del cappellano militare don Angelo Roncalli» si legge nella prima, datata novembre 1994. Varcata la soglia della chiesa, sulla destra ce n’è un’altra, decisamente più ricca di particolari: «Ricordo di Papa Giovanni XXIII. Secondo il nome di famiglia Angelo Giuseppe Roncalli che nel 1901-1902 fu soldato caporale

sergente in questa caserma, allora del 73° reggimento fanteria e in quella del paradiso compì il servizio militare riprendendolo poi durante il conflitto 1915-18 come tenente cappellano nei vari ospedali di Bergamo». Sul soffitto della chiesa, oggi abbandonata come tutta la caserma, c’è lo stemma pontificio del Beato Giovanni XXIII. Un locale lungo e stretto, in buone condizioni: probabilmente venne riverniciato poco prima dell’abbandono. Ai piedi del semplicissimo altare, un bassorilievo poggiato a

terra: raffigura tre angeli in adorazione. Uno degli ultimi atti pubblici della Montelungo fu la celebrazione della Messa di Natale del 1997.

L’altare della chiesa della caserma e a terra il bassorilievo con gli angeli

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PUBBLICAZIONI

«VOLLE APRIRE LA CASA DEL PADRE ANCHE ALLE NUOVE GENERAZIONI» E’ il ricordo di Capovilla su come Papa Giovanni visse l’inaugurazione del Concilio

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dispose che la prima scintilla, che preparò durante tre anni questo avvenimento, uscisse dalla mia bocca e dal mio cuore. Ero disposto a rinunciare anche alla gioia di questo inizio. Con la stessa calma ripeto il Fiat voluntas tua circa il mantenermi a questo primo posto di servizio per tutto il tempo e per tutte le circostanze della mia umile vita o a sentirmi arrestato, in qualunque momento, perché questo impegno di procedere, di continuare e di finire passi al mio successore». D. Come visse Giovanni XXIII l’inaugurazione del Concilio? Quali sentimenti albergavano in lui quell’11 ottobre 1962? R. Le immagini fotografiche e la documentazione filmata ci restituiscono un Papa ormai malato e coi segni evidenti di una prostrazione fisica che si stava annunciando, assorto in preghiera, sereno e commosso ad un tempo, ancora animato, nella voce robusta e squillante, da quella capacità di servizio che gli restò sino all’ultimo istante. In lui c’era la consapevolezza di assolvere al mandato affidatogli da Dio, che riscuoteva, in modo imprevisto, un consenso di una vastità mai conosciuta da nessun altro Papa nella storia. Quella mattina, scendendo dalla sedia gestatoria, appena entrato nell’aula conciliare, gli occhi pieni di lacrime per lo spettacolo degli oltre duemila vescovi – duemila amici e fratelli, convenuti lietamente e consapevolmente al grande convegno – percorse a piedi la Basilica, con il cuore intenerito dalla domanda di Cristo a Pietro: «Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?». Era suonata l’ora di ritrovare l’unità della fede intorno al nucleo centrale della verità rivelata, per costruire realmente, e non solo a parole, la comunità della speranza, e aprire la casa del Padre anche alle nuove generazioni, ansiose di verità e desiderose di autenticità da irradiare in tutti i rapporti umani, al di là

roponiamo, in questo appuntamento di inizio anno con il bimestrale «Amici di Papa Giovanni», la quarta e ultima parte del servizio riguardante il libro di Ernesto Preziosi «Ricordi dal Concilio. Siamo appena all’aurora» (Editrice La Scuola pp. 169, € 9,50), che si snoda in un’intervista rivolta all’arcivescovo Loris Capovilla. Come nelle tre puntate precedenti, anche in quest’ultima abbiamo selezionato una serie di domande e risposte fra le molte contenute nel libro. D. Papa Giovanni aveva fretta di iniziare il Concilio? R. Non direi, ancorché egli stesso poté offrire il pretesto di affermarlo, ma la sua nota dell’11 ottobre 1962 chiarisce la questione, rivelando una visione serena, fiduciosa: «Ringrazio il Signore che mi ha fatto non indegno dell’onore di aprire in nome suo questo inizio di grandi grazie per la sua Chiesa. Egli

11 ottobre 1962: solenne apertura del Concilio

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di divisioni ormai superate e di barriere cariche di incomprensione e di ingiustizia. D. Tra i ricordi di quel giorno quale le sta più a cuore? R. L’evento più grande, quel giorno, fu la celebrazione della messa. All’interno dell’azione liturgica, l’indizione del Vaticano II mi è parsa del tutto naturale. Un passaggio centrale fu la recita del Credo, un ricordo che porto sempre con me: in questa professione di fede è contenuta una grande sintesi. Sentirla proclamare all’unisono da tutti i vescovi del mondo convenuti con il Papa nella Basilica di San Pietro fu davvero un momento di alta e intensa commozione spirituale, che diede modo di contemplare il mistero della Chiesa realmente presente nella sua unità, santità, cattolicità ed apostolicità. D. Che clima si respirava all’inizio del Concilio tra i vescovi e quanti partecipavano ai lavori? R. Un clima di grande attesa e di novità, dato anche dal fatto inedito della partecipazione di 2.540 vescovi dei cinque continenti, 500 teologi e rappresentanti delle Chiese e delle Comunità non cattoliche, cioè ortodosse e protestanti. Nei primi due mesi non si produsse alcun documento e il Papa risolse l’obiezione generale per cui, pur stando tutti insieme, si era fatto poco, facendo osservare che era naturale, essendo tutti in qualche modo “novizi”: bisognava conoscersi, soprattutto per distinguersi anche da qualunque altro consesso di tipo scientifico, filosofico, storico o politico. Per prima cosa i padri erano stati condotti sulla tomba dell’apostolo Pietro a pregare, ascoltare, riflettere, riuniti tutti insieme per la prima volta, dopo venti secoli, in un clima di preghiera e di fervore apostolico. D. Un clima in cui non mancarono confronti anche aspri tra chi si apriva all’aggiornamento e chi era portato a sottolineare la virtù cardinale della prudenza... R. Personalmente reputo positivo il bilancio della prima sessione e capace di generare ulteriore approfondimento. Non c’è ragione di meraviglia di fronte ad alcune resistenze dettate da mentalità cosiddette conservatrici; paradossalmente, a mio avviso, per essere innovatori occorre essere tradizionalisti!

La copertina del libro in cui è ritratto mons. Loris Francesco Capovilla

D. Il Papa era contento di come procedevano i lavori? R. Le indicazioni che egli aveva dato ai vescovi consentirono la più ampia discussione con respiro di bene intesa e piena libertà. La commissione antepreparatoria e poi quelle preparatorie avevano lavorato sodo, ininterrottamente, tenendo conto di tutte le voci, di tutte le istanze. Durante le sessioni, prima del rientro in sede, il Papa riceveva in udienza cardinali e vescovi membri delle commissioni, ascoltando i pareri e le impressioni, che risultarono, nel complesso, di soddisfazione per l’avvio dei lavori. D. Ci furono momenti di tensione? R. Certamente, ma fu dovuto al fatto che c’era chi prefigurava il Concilio come evento di normale routine, mentre altri miravano a staccarlo dai solchi della tradizione. Si manifestarono anche tensioni cariche di spunti polemici, sia nel periodo precedente, sia durante la prima fase conciliare. 17

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luce della verità e nel calore della carità. Quel giorno non i prìncipi cristiani né alcuna potestà politica proteggevano il Papa, né erano richiesti di alcun atto di sudditanza o di obbedienza, né si parlò di estirpare alcuna eresia o di soffocare gli scismi, ma di pace e di santificazione. D. Ci dica ancora qualcosa su quel famoso discorso di Giovanni XXIII, quello in cui invitò la folla a guardare la luna. E’ vero che lo spinse lei ad affacciarsi? R. No, Papa Giovanni non aveva bisogno di essere spinto, seguiva la sua ispirazione. Venendo a quel giorno, ricordo che il programma era stato molto intenso e il Papa riteneva di avere pienamente esaurito il suo compito. La giornata doveva concludersi con una fiaccolata dell’Azione Cattolica in piazza San Pietro ed egli avrebbe dovuto affacciarsi per benedire la folla, ma alla fine si era dimenticato di aver lui stesso chiesto il placet da parte del cardinale Cicognani che, a suo nome, avrebbe dovuto rappresentarlo. Usai allora un piccolo espediente, una “gherminella”, come si dice. Sapendo della sua curiosità, gli dissi: «Santità, non si affacci, non parli, ma guardi attraverso le tapparelle che spettacolo, piazza San Pietro è piena di fiaccole, sembra incendiata!». Infatti, andò alla finestra, dicendomi poco dopo: «Mettimi la stola!». E avviò quella conversazione, invitando la folla a guardare la luna... D. Una componente fondamentale dell’Assise ecumenica è stata l’apertura missionaria. Quanto era presente questa dimensione in Giovanni XXIII? R. La missione per Papa Giovanni equivaleva all’evangelizzazione, alla quale è chiamato ogni credente, in quanto costitutiva dell’essere discepolo di Cristo. L’opera missionaria propriamente detta è un capitolo che fa onore alla Chiesa e pone alcune domande. Roncalli aveva maturato una riflessione in questo senso negli anni 1921-1925, quando fu chiamato a Roma da Benedetto XV per animare per l’Italia il Consiglio Centrale dell’Opera della Propagazione della Fede. Il Concilio, in effetti, è stato un evento e un atto missionario, è stato il Concilio della collegialità e dell’ecumenismo, del dialogo e della solidarietà. 4 – fine

8 dicembre 1962: festa dell’Immacolata a San Pietro che conclude la prima sessione del Concilio

Papa Giovanni, però, non perdeva né la calma, né la serenità, ma ascoltava tutti, esortando alla fiducia reciproca e alla lealtà. D. Quali erano i rapporti con i mass media? R. Direi buoni: dalle documentazioni puntuali e sapienti, prive di slabbrature apologetiche, di «La Civiltà Cattolica» – la considero capolista di tutta la stampa dichiaratamente confessionale, perché ad essa Papa Giovanni demandò personalmente il compito di documentazione –, sino all’interessamento di tutti i mezzi di comunicazione sociale, in genere rispettoso, sovente carico di simpatia, raramente mordace. D. Quale atmosfera si respirava al momento dell’apertura dell’Assise ecumenica? R. Chi ricorda la data dell’11 ottobre 1962, mettendo magari da parte elementi ornamentali che, pur non guastando, possono appesantire, ha conservato in cuor suo l’esultanza suscitata da quel clima di pace, da quella illustrazione storica dei Concili precedenti fatta da Papa Giovanni e dalle direttive che egli impartiva al consesso universale per avviare, sotto l’ispirazione di Dio, un vero rinnovamento nella 18

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RITRATTI

«ERA UN PAPA CORAGGIOSO CHE ANTICIPAVA I TEMPI» Ecco come il cardinale Giovanni Battista Re ricorda il Pontefice Giovanni Paolo II

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Prostrato a terra, come il giorno dell’ordinazione sacerdotale, nel silenzio della sua Cappella privata. Spesso volte ho sorpreso così Giovanni Paolo II. Quello è il modo di pregare di un santo, lì ho capito che un giorno lo sarebbe diventato». A parlare così è il cardinale Giovanni Battista Re, 28 anni in Segreteria di Stato fino al ruolo di Sostituto, già Prefetto della Congregazione per i Vescovi. Conosce ogni stanza dei Palazzi Vaticani come le vie della sua Borno. Quando il 1° maggio il «suo» Papa è diventato Beato il suo cuore è andato in tumulto. L’intervista che proponiamo ai nostri lettori, pubblicata sul quotidiano «L’Eco di Bergamo» alla fine di maggio dello scorso anno, è stata realizzata da Emanuele Roncalli, giornalista e pronipote di Papa Giovanni XXIII. Con un solo aggettivo come definirebbe Giovanni Paolo II? «Coraggioso. In questa parola c’è tutto: mai titubante, forte e deciso. E’ stato un leader morale. Ha risvegliato nel mondo il senso di Dio. Ha avuto parole forti nel difendere la famiglia e anche nel momento della sofferenza ci ha indicato con l’esempio come vada accettato ciò che Dio dispone». Com’era nel privato? «Si è sempre mostrato la stessa persona, sia in pubblico sia in privato. Oggi ci sono grandi uomini che in pubblico si presentano in un modo e nel privato hanno le loro miserie». Quando ha capito di stare al fianco di un Santo? «Dopo alcuni mesi che lavoravo con lui, quando lo vedevo disteso a terra a pregare nella Cappella. Quando era raccolto in preghiera, ciò che succedeva attorno a lui sembrava non toccarlo. Prima di ogni decisione importante pregava a lungo. Più

importante la decisione, più prolungata la preghiera». Aveva un’inclinazione mistica e contemplativa? «Sì, ricordo una vacanza in montagna sull’Adamello con Pertini. Il Papa volle rimanere solo a contemplare la maestosità delle montagne innevate, rapito dal paesaggio, nel silenzio. Le montagne sono un invito a guardare a Dio, a entrare in noi stessi, a cercare il significato della vita». Qual è stato il momento più difficile del pontificato? «Il secondo viaggio in Polonia è stato decisivo. Era il periodo di Solidarnosc, ma anche quello del re-

Giovanni Paolo II con il cardinale Giovanni Battista Re in piazza San Pietro al concistoro del 2001

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gime del generale Jaruzelski. Il viaggio in Polonia rischiava di essere interpretato come una accettazione del regime. Il cardinal Casaroli era preoccupato che le parole del Papa portassero alcuni gruppi a manifestare: dimostrazioni che sarebbero state soffocate magari con spargimento di sangue. Ma il Papa anche in quell’occasione ha visto più lontano. È stato un successo. Il resto è storia». E il viaggio che ricorda con gioia? «Quello a Manila. C’erano milioni di persone, soprattutto giovani. Il palco papale alle spalle aveva il mare, davanti i campi con la gente. Non si è potuto aprire un varco tra la folla, così con una barca ci hanno spostati verso una riva più lontana e poi da lì due elicotteri hanno fatto la spola per portarci in aeroporto. Ai giovani il Papa diceva: “Avete davanti a voi tutta la vita, ma ricordatevi che ne avete una sola, non prendete la strada sbagliata. Siete la primavera della vita quella che precede l’epoca dei frutti, che prepara al futuro”. Con altre parole lo aveva detto anche Giovanni XXIII: la vita è la realizzazione di un sogno di giovinezza». A Wojtyla si devono le Giornate mondiali della Gioventù. Ma dove sono i giovani della Gmg? Stanno cambiando la chiesa o sono ai margini del cambiamento? «C’è una gioventù molto impegnata, che sente più che nel passato la propria responsabilità. Sono giovani che cercano di crescere, anche se ci sono mezzi come la tv che influiscono negativamente. L’informazione televisiva è varia e buona, l’intrattenimento presenta modelli deleteri, giovani con stili di vita e comportamenti assai discutibili». Lei ha contribuito alla revisione di alcuni documenti del Papa. Qual è l’enciclica che l’ha colpita di più? «La prima. Uno squillo di tromba del pontificato. Le svelo un segreto. L’incipit dell’enciclica è Redemptor Hominis (Il Redentore dell’uomo), ma inizialmente era un altro: Ad mundi Redemptore. Il Papa lo volle cambiare all’ultimo momento. E’ stato un mutamento sostanziale». Vicino all’uomo, desideroso di restituirgli libertà e dignità. Al Papa venuto dall’Est stavano a cuore le sorti delle sue genti

«Lei allude al fatto che molti attribuiscono a Wojtyla la caduta del blocco sovietico. In realtà il merito spetta a lui, ma anche a Gorbaciov e a Reagan. Va poi precisato che il Papa era contro il comunismo, però il motivo non era politico, ma religioso. Operò con coraggio contro il comunismo perché era un sistema che professava l’ateismo e perseguitava la Chiesa, e negava piena libertà alle genti. Ciò che ha fatto Wojtyla in questo senso è la continuazione delle sue parole pronunciate nella prima celebrazione in Piazza San Pietro: “Non abbiate paura! Aprite le porte a Cristo!”». Qual è l’ultimo ricordo personale? «E’ un ricordo inevitabilmente triste. La sera prima della morte sono entrato nel suo appartamento. C’erano il segretario, il medico, le suore. Il Papa non poteva parlare. Mi ha guardato negli occhi, ho capito che mi aveva riconosciuto. In quel frangente ho capito anche che Giovanni Paolo II non aveva per nulla paura della morte. Per lui la morte era come passare attraverso la porta che conduce all’incontro con Dio. Nonostante la sofferenza e i disagi per i suoi gravi problemi di salute, l’attese con serenità». Qualche tempo prima le confidò di pensare alle dimissioni? «Il Papa, ammalato di Parkinson, pensò seriamente alle dimissioni, poi scelse di affidarsi alla Provvidenza. Lei mi ha portato qui – diceva – perciò le lascio la decisione. Vado avanti finché posso. Sull’ipotesi di dimettersi il Papa aveva riflettuto e ragionato, ma aveva poi scelto di portare la croce fino in fondo. Non lo preoccupava il fatto dei due Pontefici, uno in carica, l’altro per così dire emerito. Lui voleva seguire la Provvidenza che lo ha aiutato a portare la croce fino alla fine e a far vivere al mondo quel suo straordinario tramonto». Dopo Wojtyla, ecco Ratzinger. Cosa ricorda dell’ultimo Conclave? «Ho sentito molto la responsabilità e il peso nel collaborare alla elezione del Papa. Benedetto XVI rafforzerà la fede, perché il mondo ha bisogno di questo. Al fondo di tutte le crisi – sociale, economica e così via – oggi c’è la crisi della fede in Dio». 20

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EPISODI

ABBRACCIÒ PAPA WOJTYLA E ORA È AL FIANCO DEI POVERI Era un ragazzino quando salì sul palco a Bergamo dove era giunto Giovanni Paolo II

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tava lì con la mamma, in attesa dall’alba. Poi ecco arrivare sul palco Giovanni Paolo II, giunto a Bergamo per commemorare il centesimo anniversario della nascita di un altro Papa, il bergamasco Giovanni XXIII. Karol Wojtyla sta sulla piattaforma allestita per l’occasione alla Fara (un grande piazzale posto nella parte alta del capoluogo), ed è allora che Francesco decide di compiere un raid. Sgattaiola fra le transenne, lascia la mamma e il fratellino, oltrepassa i cordoni della sicurezza e arriva lì, sul palco. Francesco Cavallini è riuscito nel suo intento: ha abbracciato il Papa, gli ha parlato. Le mani si stringono, entrambi sorridono. Quelle foto se le ricordano tutti, al Villaggio degli Sposi (quartiere di Bergamo) dove vivono i genitori, ma non solo lì: era il 26 aprile 1981. Oggi Francesco, «quello che è salito dal Papa», è gesuita. Si schermisce, quando gli chiedi di ricordare quegli attimi frenetici: «Sono stati momenti bellissimi e raccontati tante volte». E’ vero. Quel dialogo lo conosciamo. Francesco ha parlato con il Papa, gli ha detto: «Io prego per te, tutte le sere». E il Pontefice: «Sei bravo, siete bravi. Continuate...». Ma più che quelle parole, oggi da raccontare è la vita. La scelta di vita. Perché quell’abbraccio tanto concreto, arrivato dopo una corsa su per i gradini con le radio della security che gracchiavano, oggi è un abbraccio ideale. «Non mi ha mai lasciato, Papa Wojtyla», dice Francesco. Sono passati trent’anni da allora e il ragazzino della Fara adesso lavora gomito a gomito con gli ultimi, con gli emarginati, con coloro che la società lascia indietro. E lui, che dell’esempio del Papa polacco ha fatto tesoro, ci tiene a dire che, guardandosi intorno prova anche delusione: «Questa società, anche economica, politica, davvero per i poveri, per gli ultimi, fa poco, o addirittura nulla...». L’incon-

tro con Giovanni Paolo II è stato importante, ma sarebbe sbagliato dire che è stato una folgorazione. Francesco è cresciuto, ha studiato, ha lavorato in una concessionaria d’auto, anche all’estero. E’ stato in America. Tante esperienze, poi a 29 anni la decisione. Cavallini entra nell’Ordine dei Gesuiti, a 32 anni prende i voti a Padova. E’ stato a Roma, ora è a Genova. Nel novembre 2010 ha preso la licenza in Teologia a Bologna, e subito è stato inviato nel capoluogo ligure: si occupa di pastorale giovanile e collabora con l’Associazione San Marcellino che assiste poveri, senzatetto. Una scelta di vita precisa, la sua, in cui quell’incontro di 30 anni fa ha lasciato un segno. Custodisce a casa la foto di quel giorno e poi, «25 anni dopo quel 26 aprile 1981, da gesuita impegnato a Roma, ho voluto essere presente al funerale di Papa Wojtyla».

Padre Francesco Cavallini mostra la storica foto con il Papa

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INIZIATIVE

VICINO BERGAMO C’È UNA CASA DOVE È POSSIBILE «RINASCERE» «Il Mantello» delle suore delle Poverelle a Torre Boldone ospita le donne emarginate

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Ero impegnata in un piccolo dormitorio per donne in città. Il letto, la doccia, un caffé. E alla mattina presto dovevano uscire, anche se stavano male. Non mi sembrava sufficiente quell’impegno. Allora come suore delle Poverelle abbiamo pensato di aprire una struttura diversa, dove le donne che volevano potevano restare anche di giorno, se lo desideravano. E magari cominciare un cammino». Così inizia il servizio su una casa d’accoglienza, a firma di Paolo Aresi e pubblicato su «L’Eco di Bergamo» che così prosegue. Suor Daniela parla nel soggiorno de «Il Mantello» di Torre Boldone (Comune alle porte di Bergamo), la casa di accoglienza aperta sei anni fa dalle suore delle Poverelle. Suor Daniela conduce questa esperienza insieme a suor Delia. Tutte e due non sono più giovani, hanno alle spalle una lunga esperienza

di impegno per gli altri, per gli ultimi. Dice suor Delia: «Sono arrivata soltanto due anni fa. Prima ero al pronto intervento del Villaggio Gabrieli, quello per le donne con bambini che scappano da situazioni familiari di violenza. Da quando sono qui, sento realizzato quel particolare carattere, quel dono che distingue le suore delle Poverelle. Il nostro fondatore, don Luigi Palazzolo, voleva accogliere soltanto gli ultimi, quelli che nessuno voleva o poteva aiutare. E con gli ultimi viveva, divideva tutto. Diceva di avvolgersi nei poveri, nelle persone che hanno bisogno. Qui condividiamo tutto con le donne ospiti, qui io avverto un senso di comunità vera. Abbiamo donne in difficoltà estrema, che hanno bisogno di aiuto, certo. Eppure io sento di ricevere molto. Non lo dico perché è generoso dirlo. Noi sosteniamo e accompagniamo, ma vi sono anche reciprocità e gratuità. Nel dolore, nel non avere più nulla da perdere, queste donne sono autentiche». Nella casa di accoglienza vivono attualmente una decina di donne. La maggior parte ha scelto di fermarsi per tutta la giornata e alcune vengono soltanto per dormire. Poi escono. Vagano. La strada, la stazione. Sono donne che hanno problemi grandi, dipendenze, malattie. Non hanno più familiari oppure, se li hanno, non rappresentano più alcun punto di riferimento. Dice suor Daniela: «Questa esperienza dà un senso profondo alla mia vita consacrata, mi sento profondamente Poverella, cristiana, donna. Questa condivisione con le ospiti, poiché abbiamo tutto in comune tranne la cameretta, mi fa sentire bene con me stessa». La giornata delle suore comincia poco dopo le cinque del mattino e si conclude verso le undici. Dice suor Delia: «In questi mesi andiamo a letto un po’ più tardi perché aspettiamo una signora che vie-

Le suore delle Poverelle con due ospiti della casa Il Mantello mentre inscatolano prodotti

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iniziative

di fare famiglia. Le ragazze se stanno bene danno una mano. La casa è della congregazione (era l’antica casa di campagna dei Palazzolo), ci finanziamo con donazioni e con il lavoro: laviamo e stiriamo per una cooperativa e inscatoliamo dei prodotti detergenti». In questi sei anni sono passate dal Mantello circa centocinquanta donne, in grande maggioranza bergamasche. Problemi di tossicodipendenza, patologie psichiatriche, fragilità. Dicono le suore: «In questi anni abbiamo avuto fallimenti. Ma abbiamo avuto anche miracoli. Abbiamo visto donne tirarsi in piedi, trovare un lavoro, una casa, avere la forza di riprendere la relazione con i figli. Rinascere». Quello del Mantello di Torre Boldone è un caso che racconta il tentativo di educazione di persone adulte, di persone adulte in difficoltà estrema, abbandonate sulla strada. Un’educazione che parte da piccoli elementi di convivenza, che qualche volta non porta a grandi risultati, ma che altre volte ha avviato un vero processo di rinascita. Il Mantello delle suore delle Poverelle è partito nel dicembre del 2005.

ne qui solo per la notte. Ha dormito in auto con il marito per tre anni, poi siamo riuscite a convincerla a venire qui almeno la notte. Ma vuole restare il più possibile accanto al marito. L’uomo dorme in auto e non vuole saperne di andarsene. Anche i due figli dormivano in auto. Passavano la giornata al supermercato. Non hanno casa. Adesso per i ragazzi si sta facendo qualcosa. Il disastro è cominciato quando il marito ha perso il lavoro... E’ una delle tante storie di emarginazione che incontriamo». Le suore pregano per tre ore nella cappelletta della casa, ogni giorno vanno a Messa. Dice suor Daniela: «La preghiera è fondamentale, ci dà l’energia, ci dà la forza, l’incontro con il Signore ci illumina la giornata». Spiegano le suore che le donne che frequentano il Mantello scelgono liberamente il loro impegno. Non ci sono progetti, protocolli da sottoscrivere. Non ci sono convenzioni con enti. «Qualcuno ci dà una mano, liberamente. Abbiamo dei volontari, la parrocchia di Torre Boldone è molto sensibile. Ma lo stile è solo nostro, lo stile delle suore delle Poverelle, il senso di condivisione,

Addio a Zizola, ha raccontato il Concilio Vaticano Stava uscendo di buon mattino per andare all’aeroporto di Monaco e tornare a casa. Lo ha fermato nello scorso settembre un infarto e a nulla è servita la corsa dell’ambulanza fino all’ospedale della capitale bavarese. Giancarlo Zizola, 75 anni, veneto di origine e romano di adozione, era un maestro di quel particolare tipo di giornalismo che va sotto il nome di «vaticanismo». Raccontava la Santa Sede, i Papi, ma soprattutto raccontava la Chiesa, i fedeli, le inquietudini, i passaggi di epoche e di Pontefici. Lo faceva con passione piena e completa. Ha aiutato tanti giovani colleghi che cominciavano a scrivere di Vaticano, di Papi e di Chiesa con l’esempio di uno che non dà mai nulla per scontato. Padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana, in un bel ricordo diffuso

dalla Radio Vaticana, lo ha ricordato come testimone del Concilio, ma soprattutto come uomo «sinceramente preoccupato di conservarne lo spirito». Giancarlo Zizola aveva raccontato il Concilio per il «Giorno», ma era soprattutto rimasto folgorato da Papa Giovanni, l’uomo della svolta conciliare e non solo il «Papa buono», come lo voleva una certa semplicistica storiografia. Giancarlo ha scritto decine e decine di libri sulla Chiesa e i suoi uomini. E in tante pagine ha raccontato Roncalli. Tra i suoi libri «Il microfono di Dio» ripercorre la vicenda di padre Riccardo Lombardi, forse il sacerdote che più di ogni altro aveva trovato il modo e il linguaggio per parlare alla radio e alla nascente tv in Italia. Giancarlo era un po’ come lui. Aveva iniziato a scrivere per «L’Osservatore Romano» della domenica

appena arrivato dal Veneto a Roma. Poi il Concilio e le porte del «Giorno» che si erano aperte. Ha scritto in tanti anni anche per «Panorama», il «Sole 24 Ore» e negli ultimi tempi era diventato l’editorialista per i fatti religiosi di «Repubblica».

Il vaticanista Giancarlo Zizola

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Ringraziamo le persone che hanno sottoscritto abbonamenti al giornale e inviato offerte all’associazione Amici di Papa Giovanni ALBERTI ANNA MARIA BELICCHI MARIANTONIA BIANCHI GIUSEPPINA BLECICH LAURA BONA CERRI ITALIA BONI PAOLO BOSCHINI ELISABETTA BOTTANI GIUSEPPINA BRUNELLI MARIA GRAZIA CAMERAN VEGLIA CARRARA LILIANA CECCHINI NUNZIA CERISE STEFANO CORRADINI RUCATTI GIUSEPPINA COSENTINO SALVATORE CROTTI ANNUNCIATA D’AMBROSIO ANNAMARIA DE LUCA AURORA DE NIGRO SILVIA DELLE VILLE ANNA MARIA DI MUCCIO GIUSEPPE DI PAOLA RAFFAELINA DI VELLA NICOLINA LUCIA FANTONI BRUNA FEDON ANTONIETTA FENU MARIA LAURA FONTANA DANIELA FORMICONI CASCIOTTI CLARA FOSSATI GIANNA FOSSATI TAVERNA TERESA GARIBOLDI FEDERICA GENTILE DOMENICO

GENTINA BRUNA GERBO SILVANA GHELFI DORINA GHEZI TERESA ZITA GHIBAUDO UMBERTO GIRONI MARIA CRISTINA GIUDICI DINA GOBBI ESTER GOGLIANDRO BUONORA GORLA ELSA JOLANDA GUAZZONI MARISA INVERNIZZI PINUCCIA LAPORTA PIERO LARGER VITTORIA LISSI ROBERTA LOTTINI SILLA LUCARELLI LUIGINA LUZZI DILIA MACINA LUISA E FELICE MALETTA SAVINA MANZOLINI TINO MARIANI CLAUDIO MARZILIANO MICHELE MASCHERONI TINA MASCI MARIA GRAZIA MATTEINI ALESSANDRO MAZZOLENI GIUSEPPINA MINACAPILLI LUCIA MOLINAROLI GIUSEPPE MOZZI BRUNA MURATORI GIOVANNA MURRU ALDO

OCCHIPINTI FRANCESCO PALMA MATTEO PANZA ADELE PAPA AMALIA PAROLINI RENZO PARRELLA GIOVANNI PEDROTTI LINA PELLIZZAROLI POMPEO PERSICHETTI PIERA PEZZOLI MARIA PLEBANI AMALIA QUARTARONE MARIA RADAELLI ALBA RADAELLI MARINA RAVASI ALESSANDRO RAVIZZA DOMENICA RECANATI MAURIZIO RINALDI MADDALENA ROSELLI ANTONIETTA SANNA MAURIZIO SBRIGHI ANNA SCALVINI EGLE SEMENZA DRUSIN CINZIA SILVETTI RINA SLOMP DON GIOVANNI TABONI COLOSIO CATERINA TONINI MARCO TORSELLO ALESSANDRO TURCONI AMELIA TURNONE GRAZIA VALLI GIUSY ZACCONI CLARA

“In ricordo di mio marito Claudio Bonzio che nel lontano 1990

ritrasse il Beato Papa Giovanni XXIII” di cui è sempre stato devoto” “Lo portano sempre nel cuore la moglie Giovanna e la figlia Tiziana”

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CELEBRAZIONI

FOLLA DI FEDELI A BERGAMO PER LE RELIQUIE DI BERNADETTE Il pellegrinaggio dell’urna è stato voluto dall’Unitalsi nel 90° della sua costituzione

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’era tanta gente nella sera dello scorso 30 novembre alla chiesa delle Clarisse di Boccalone (quartiere di Bergamo), ad accogliere l’urna con le reliquie di Santa Bernadette Soubirous, la giovane di Lourdes alla quale nel 1858 apparve per 18 volte la Madonna. Il pellegrinaggio dell’urna è stato voluto dall’Unitalsi Lombardia in occasione del 90° anniversario della sua costituzione. «Lourdes e Bernadette – ha detto don Mario Mangili, cappellano del monastero, nel momento di preghiera – sono segno della misericordia del Signore per gli uomini». Alle 7 del 1° dicembre nel monastero è stata celebrata una Messa. L’urna è stata poi portata in Cattedrale a Bergamo, dove si sono celebrate tre funzioni: alle 15 per gli ammalati, presieduta dal vescovo Francesco Beschi, alle 18 e alle 20,30 presiedute dal vicario generale mons. Davide Pelucchi. Al termine si è tenuta la processione con l’urna verso la chiesa del monastero di Santa Grata. Durante la Messa delle 15 il vescovo Francesco Beschi ha detto: «Queste reliquie rimandano alla storia di fede, grazia, umiltà di una fanciulla di un piccolo villaggio ai piedi dei Pirenei. L’esperienza di Santa Bernadette viene rivissuta nel servizio umile, riservato, gratuito e rispettoso dell’Unitalsi verso gli ammalati. Non tutti a Lourdes sono guariti, ma tutti sono stati raggiunti dalla fede e dalla grazia». Ottocento le persone presenti, tra fedeli, ammalati e unitalsiani, che hanno potuto rivivere l’esperienza di Lourdes in Cattedrale. «Con una scelta sorprendente, impressionante, sconvolgente e provocatoria per il mondo e anche nel campo del bene – ha aggiunto il vescovo all’omelia – il Signore ha scelto la debolezza, l’ignoranza, la povertà, quello che non conta nulla agli occhi dell’uomo, per confondere i sapienti del mondo. In Santa Bernadette vediamo esattamente questo».

Monsignor Beschi ha poi così concluso: «Maria, la “piena di grazia”, appare a una fanciulla “piena di fede”, imparata e vissuta nella sua famiglia poverissima, ma ricchissima di fede. Parlando di ricchezza, il pensiero va subito o soltanto ai beni. Così ci manca il respiro e cresce l’insoddisfazione. C’è un bene più grande, cioè la ricchezza della fede, che va imparata e vissuta già in famiglia». Quali beni consegna Maria a Bernadette e in lei idealmente a tutta l’umanità? «Le consegna la penitenza, non come tristezza, ma come speranza in un cambiamento e in una risurrezione morale. Offre la sorgente d’acqua per i malati come segno della grande misericordia del Signore». Infine il vescovo si è rivolto ai soci e ai volontari dell’Unitalsi, rigraziandoli, a nome della Chiesa di Bergamo, per una storia «fatta di novant’anni di amore, fede e prossimità» ai malati

L’arrivo delle reliquie dalle suore Clarisse

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AVVENIMENTI

TROVATI SEI RARISSIMI DISCHI CONTENENTI CANTI AMBROSIANI Le preziose incisioni verranno digitalizzate dopo un delicato intervento di restauro

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ei rarissimi dischi di canto ambrosiano sono stati trovati a Milano nella sede del Pontificio istituto ambrosiano di musica sacra (Piams). Due serie di dischi Odeon 78, di grande interesse musicologico. Così inizia il servizio a firma di Mariella Radaelli pubblicato nello scorso anno su «L’Eco di Bergamo», che poi così prosegue. Il ritrovamento è avvenuto durante il riordino dell’archivio dell’istituzione universitaria pontificia che nel 2011 ha festeggiato i 70 anni di nascita e gli 80 anni dalla fondazione come Scuola superiore di canto ambrosiano e di musica sacra, voluta nel 1931 dal cardinale Schuster. Canti popolari delle Messe (per quella festiva e la benedizione eucaristica) e della «Missa pro defunctis», che erano stati incisi con finalità didattica nel ‘36-‘37 dal Coro ambrosiano della scuola diretto dal maestro Marziano Perosi, maestro di cappella del Duomo di

Milano e fratello del più celebre Lorenzo. Erano gli anni in cui a Milano padre Gregori M. Sunyol per incarico di Schuster stava compilando i libri di canto riveduti per la liturgia ambrosiana: nel ‘34 l’edizione ufficiale del Preconio pasquale, nel ‘35 l’Antiphonale Missarum e nel ‘39 il Liber vesperalis. Queste incisioni, che rappresentano la più antica testimonianza di canto ambrosiano fissato su disco, ora verranno digitalizzate (i cd sono disponibili presso il Piams, viale Gorizia, www.unipiams.org) dopo un delicato intervento di restauro che ha riportato all’antico splendore armonie e voci austere e bellissime. In una recensione del ‘36 fatta da Grammophone si dice che all’uscita se ne vendettero subito oltre 1.200 copie. D’Anzi, intervistato in quello stesso anno per «O Mia bela Madunina» (8.000 copie), si mostrava stupito per il successo popolare di questi canti liturgici. «La competenza musicale di Ambrogio, unita al prestigio del suo ruolo e della sua persona, hanno permesso alla Chiesa milanese di custodire fino ad oggi il canto ambrosiano, cuore della liturgia», spiega mons. Luigi Rusconi, preside del Piams, nonché compositore e direttore del Coro della scuola. L’attività del Piams si muove in tre direzioni: promuovere e tutelare questo insostituibile patrimonio e trasmetterlo con l’insegnamento. La scuola offre un percorso accademico e post accademico, ma anche corsi liberi. «C’è un rinnovato interesse – spiega il segretario generale del Piams – e lo vediamo dalle iscrizioni. Vengono a studiare anche dall’Australia». Piams ha formato illustri musicisti di Chiesa di casa nostra, come don Gilberto Sessantini, direttore dell’Accademia musicale Santa Cecilia di Bergamo, don Valentino Donella, compositore e maestro di cappella della basilica di Santa Maria Maggiore, Roberto Mucci, organista titolare in Santa Maria Maggiore.

Una solenne celebrazione nella basilica di Sant’Ambrogio a Milano

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AVVENIMENTI

PROPOSTA LA MANIFESTAZIONE DEDICATA AL TURISMO RELIGIOSO Bergamo ha ospitato la 2° edizione de «Il cammino dello Spirito – Luoghi e percorsi»

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i è tenuta lo scorso 25 novembre, nel polo fieristico di via Lunga a Bergamo, la seconda edizione de «Il cammino dello Spirito – Luoghi e percorsi». La manifestazione convegnistico-espositiva più importante d’Italia dedicata al turismo religioso è stata proposta per l’intera giornata, dalle 10 alle 18. L’evento ha avuto alti patrocini e rilevanti collaborazioni, tra cui l’Ufficio Nazionale della Conferenza Episcopale Italiana per la pastorale del tempo libero, turismo e sport, il Segretariato Pellegrinaggi Italiani, la Diocesi di Bergamo, il Ministro del Turismo, l’ENIT, la Regione Lombardia, il Comune di Bergamo, la Provincia di Bergamo e Bergamo Turismo. «Il cammino dello spirito – Luoghi e percorsi» ha confermato la sua validità a giudicare dall’elevato numero di persone che si sono recate in fiera. La manifestazione è stata concepita per rivolgersi espressamente a tutti gli operatori nazionali ed internazionali della domanda e dell’offerta turistica religiosa, interessati ai luoghi, ai percorsi ed ai cammini di fede. La proposta è stata costruita su una formula ripartita in aree espositive ed importanti momenti di confronto professionali ed ecclesiastici. Inoltre ha presentato al suo interno due importanti convegni ad alto contenuto spirituale e formativo. Lo spazio espositivo rivolto al pubblico ha visto la presenza dei più significativi tour operator del settore e delle connesse destinazioni come Ovet, Brevivet, Sogevitour, Rusconi, Erebus, Estland, Rusconi, Isot, Hotel Don Juan, Adutei, Provincia di Genova, nonché Regione Lombardia e Turismo Bergamo.

confronto e riflessione su «Turismo religioso e turismo laico a confronto. Perché non collaborare?». I relatori che hanno preso parte all’appuntamento sono stati: don Claudio Zanardini, direttore Ufficio Pellegrinaggi, Turismo, Sport e Tempo Libero Diocesi di Brescia; Riccardo Bertoli, direttore generale Brevivet SpA Brescia; Eliseo Rusconi, presidente Rusconi Viaggi SpA Lecco; Enrico Brignoli, direttore Ovet Viaggi Bergamo; Luigi Maderna, presidente Fiavet Lombardia; mons. Paolo Angelino, presidente Oftal. Il convegno è stato moderato da don Luciano Mainini, segretario generale dello SPI-Segretariato Pellegrinaggi Italiani e da mons. Mario Lusek, direttore dell’Ufficio

I convegni Nel corso della giornata si sono tenuti due importanti convegni che hanno visto la partecipazione di importanti autorità del mondo ecclesiastico. Alle 10, nella Sala Caravaggio c’è stato il primo momento di

Una postazione dove sono stati messi in evidenza alcuni itinerari fra i più gettonati dai pellegrini

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avvenimenti

Nazionale della Conferenza Episcopale Italiana per la pastorale del tempo libero, turismo e sport. Alle ore 15, sempre nella Sala Caravaggio, si è tenuto il convegno centrato su «Famiglia, lavoro e festa. Presentazione dell’incontro mondiale delle famiglie – Milano 2012». Tenuto conto che i temi riguardanti i percorsi di fede ed i cammini di spiritualità fanno parte del patrimonio pastorale delle famiglie cristiane e il pellegrinaggio in particolare svolge un’importante funzione nell’ambito della nuova evangelizzazione, il convegno ha inteso trovare lo spunto per analizzare con estrema attenzione l’importante incontro mondiale delle famiglie che si terrà nella diocesi ambrosiana nel mese di maggio 2012. Hanno partecipato all’incontro S.E. mons. De Scalzi, vescovo Ausiliare della Diocesi di Milano e delegato dalla Santa Sede ai grandi Eventi Milanesi, S.E. mons. Francesco Beschi, vescovo della Diocesi di Bergamo e mons. Mario Lusek, direttore dell’Ufficio Nazionale della Conferenza Episcopale Italiana per la pastorale del tempo libero, turismo e sport. Il convegno è stato moderato da don Massimo Pavanello responsabile dell’ufficio per la Pastorale dei Pellegrinaggi, turismo sport e tempo libero della Diocesi di Milano. Un momento di spettacolo ha infine chiuso la giornata di venerdì 25 novembre. E’ stata infatti proposta la piecè teatrale «Il Giullare pellegrino» che ha presentato il lungo cammino di un giullare verso Santiago de Compostela. Questo appuntamento si è tenuto alle 21 al Seminarino di Città Alta in via Tassis a Bergamo.

Uno stand allestito in fiera che ha proposto come mèta Medjugorje

Il futuro Papa Giovanni ritratto in preghiera al Santuario della Cornabusa (Bergamo)

Le mostre Due le mostre organizzate a margine della manifestazione, entrambe promosse e realizzate da Regione Lombardia ed allestite all’Urban Center a Bergamo (in viale Papa Giovanni, nei pressi della stazione ferroviaria. Si sono tenute dal 23 novembre al 23 dicembre ed è stato possibile visitarle al mattino o nel pomeriggio di tale periodo. Questi i temi trattati: «Gli itinerari religiosi in Lombardia», ovvero la rappresentazione del simbolismo e delle immagini dei percorsi spirituali in Lombardia; «Mostra dei Crocefissi», centrata sulle riproduzioni fotografiche delle più significative opere a cura dei più importanti pittori come Piero della Francesca, Andrea Mantegna, Pieter Paul Rubens e Marc Chagall.

Una serie di depliant raccolti da una visitatrice

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INIZIATIVE

CONSEGNATI A BERGAMO I PREMI DELLA BONTÀ UNCI L’Unione Nazionale Cavalieri d’Italia li ha dati a persone che lavorano per gli altri

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i è svolta domenica 27 novembre la diciottesima edizione della cerimonia di consegna del Premio della Bontà UNCI Città di Bergamo, istituito dall’Unione Nazionale Cavalieri d’Italia, per persone meritevoli che lavorano per gli altri. La cerimonia si è tenuta in una affollatissima sala dell’Hotel Excelsior San Marco a Bergamo ed ha visto la partecipazione di numerose autorità civili, religiose e militari che sono state accolte dal presidente nazionale dell’Unci Ennio Radici, dalla responsabile nazionale delle Donne Unci Tina Mazza, dal presidente della Delegazione di Como Luigi Cabano, dall’Assistente Ecclesiastico della sezione di Bergamo don Lino Lazzari e dalla vice presidente della sezione Unci di Bergamo Maria Teresa Frigeni con i consiglieri Giovanni Antonio Cividini, Bianca Donizetti, Maria Teresa Lameri, Giuseppe Pontiggia, Luigi Rota e il segretario Roberto Scarcella. Il vice presidente nazionale e presidente provinciale dell’Unci di Bergamo, Marcello Annoni, dopo aver letto il telegramma del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ha spiegato agli intervenuti gli scopi dell’Associazione. I sette premi della Bontà Unci 2011 di Bergamo, (assegno e diploma d’onore) consegnati a persone e associazioni che si sono distinte in attività di carità cristiana e volontariato, dopo le motivazioni spiegate da Tina Mazza, sono stati attribuiti all’associazione «Trasporto amico» di Mozzo e Curno (attiva dal 2005, 70 volontari garantiscono trasporti automobilistici nei luoghi di cura a chi ne ha necessità); Centro diurno disabili «La Gabbianella» di Caravaggio (ospita 27 portatori di handicap della zona e garantisce loro miglior benessere psico-fisico); Lilt-Lega Italiana Lotta ai Tumori, sezione di Bergamo (ne fanno parte anche medici, fa azione di prevenzione, cura e solidarietà);

Associazione sportiva dilettantistica disabili visivi Omero (costituita nel 1985 a Bergamo, attraverso ogni forma di sport aggrega e socializza giovani non vedenti); Associazione amici di Samuel, con sede a Pedrengo (nel nome di un giovane rimasto in stato vegetativo per tre anni a causa di un incidente stradale e poi recuperato alla vita, i volontari danno aiuto alle famiglie con vittime in incidenti e fanno educazione stradale nelle scuole); i volontari Vigili del Fuoco (ente morale dal 1972, con cinque distaccamenti sul territorio provinciale); le Bibliomamme del liceo Lussana di Bergamo (dieci mamme di studenti a turno tengono aperta e funzionante la biblioteca della scuola). I premiati al ritiro del premio della Bontà Unci Città di Bergamo, hanno raccontato la loro esperienza commovendo numerosi presenti in sala e sono stati tanti gli applausi per gli esempi di vita dedicata agli altri.

Il tavolo dei relatori al Premio Bontà dell’Unci

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Scopo principale di questo organismo è quello di promuovere, di mantenere ed amplificare il messaggio di Papa Giovanni XXIII che racchiude una forte attualità così come rappresenta per l’intera umanità un progetto di costruttore all’insegna dell’amore e della pace. I soci fondatori del Comitato presieduto da Mons. Gianni Carzaniga in qualità di rappresentante delegato del vescovo di Bergamo, sono: Monsignor Marino Bertocchi, già parroco di Sotto il Monte, padre Antonino Tagliabue curatore della pinacoteca Giovanna di Baccanello, suor Gervasia Asioli assistente volontaria nelle carceri, padre Vittorino Joannes già al servizio del personale di Angelo Roncalli Nunzio Apostolico a Parigi. A sostegno delle iniziative dell’Associazione, informiamo i nostri lettori, devoti di papa Giovanni XXIII, della possibilità di celebrare Sante Messe per sè e per i propri cari:

OFFERTE PER SANTE MESSE

IL SUFFRAGIO PERPETUO

Per la celebrazione di una Santa Messa per i tuoi cari, vivi o defunti, inviare la richiesta e i dati all’Associazione Amici di Papa Giovanni. L’offerta è subordinata alla possibilità del richiedente.

Il “perpetuo suffragio” è un’opera che si propone di dare un aiuto spirituale ai defunti, di stabilire un legame di preghiera fra l’Associazione Amici di Papa Giovanni XXIII e i fedeli del papa della Bontà e di dare anche un aiuto materiale per promuovere le iniziative dell’Associazione. Il “perpetuo suffragio” consiste in cento Sante messe, che l’Associazione è tenuta a far celebrare per i suoi sostenitori. Si iscrivono i defunti o anche i viventi, a proprio vantaggio in vita e in morte. L’iscrizione può essere per un anno o in “perpetuo”.

ACCENDI UN CERO L’Associazione si incarica di accendere un cero nella chiesa parrocchiale di Sotto il Monte, paese natale di papa Giovanni XXIII su richiesta dei lettori. Per questo servizio si richiede una simbolica offerta libera che verrà utilizzata interamente per le azioni benefiche sostenute dall’Associazione.

• Iscrizioni perpetue € 200 • Iscrizioni per un anno € 80 Per gli iscritti al suffragio annuale o perpetuo una Santa messa viene celebrata ogni settimana e a tutti verrà inviata pergamena di attestazione

ASSOCIAZIONE AMICI DI PAPA GIOVANNI XXIII Le offerte vanno indirizzate sul C.C.P. 97111322 Amici di Papa Giovanni Via Madonna della Neve, 26 - 24121 Bergamo specificando la destinazione - I NOMI DELLE PERSONE CHE INVIERANNO LE OFFERTE VERRANNO PUBBLICATI SUL GIORNALE “AMICI DI PAPA GIOVANNI” Sede: Sotto il Monte Giovanni XXIII - Via Brusicco, 9 Uffici: Bergamo Via Madonna della Neve, 24 - tel. 0353591011 - fax 035271021 www.amicidipapagiovanni.it e.mail: info@amicidipapagiovanni.it 30

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Cari Amici di Papa Giovanni sono William, ho 7 anni, vorrei essere messo sotto la protezione del Papa Buono, e do' i miei soldini per accendere un cero a mia zia defunta Vita... Grazie

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la rivista di chi ama Papa Giovanni Direttore responsabile Monsignor Giovanni Carzaniga

Direttore editoriale Claudio Gualdi

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