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Sudtirolo Architettura / S체dtirol Architektur

Euro 35,00

EdicomEdizioni

Sudtirolo Architettura S체dtirol Architektur

Michela Toni

Le differenze di un territorio attraverso un itinerario tra costruzioni realizzate nel rispetto della normativa CasaClima Die Eigenheiten eines Gebietes am Beispiel von Geb채uden mit KlimaHaus Standard

Michela Toni

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“Ciò che l’architettura fa, come nessun’altra forma di cultura, è glorificare e magnificare l’autocrate e sopprimere l’individuo all’interno della massa. Può essere considerata come la prima, e tutt’ora assai potente, forma di comunicazione di massa. Ecco perché si è sviluppata sotto così tanti sistemi politici di tipo dittatoriale, ed ecco perché affascina i potenti che aspirano a lasciare un segno: il suo impatto è tanto materiale quanto intellettuale. La Barcellona del periodo postfranchista e l’Olanda degli anni ‘90 possono essere considerate alla stregua di eccezioni atipiche, nella tradizione dei piccoli Stati che hanno usato il linguaggio architettonico modernista per affermare la propria visibilità o per realizzare una frattura con un passato infelice” 1. Ed è proprio a fianco di tali Paesi che noi vogliamo porre anche il Sudtirolo contemporaneo, perché, con tutta la forza espressiva e la maestria tecnica della sua architettura, vuole dimostrare di appartenere a un territorio che si trova in una situazione politica diversa dal passato, per essere l’espressione visibile di un tipo di democrazia più sviluppata che altrove.

Deyan Sudjic, Architettura e potere – Come i ricchi e i potenti hanno dato forma al mondo, Laterza, Bari 2011, p. 340.

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„Wie keine andere Kulturform versteht es die Architektur, den Autokraten zu glorifizieren und zu verherrlichen und den Einzelnen in der Masse untergehen zu lassen. Architektur ist die primäre und machtvollste Form der Massenkommunikation. Deshalb konnte sie sich in so vielen diktatorischen Systemen entwickeln und deshalb fasziniert sie die Mächtigen, die ihre Spuren hinterlassen wollen. Barcelona in der Zeit nach Franco und die Niederlande der 90er Jahre sind atypische Ausnahmen in der Tradition der kleinen Staaten, die die Sprache der modernistischen Architektur benutzt haben, um beachtet zu werden oder den Bruch mit einer dunklen Vergangenheit zu vollziehen” 1. Und in eine Reihe mit diesen Ländern möchten wir auch das moderne Südtirol stellen, das mit der ganzen Ausdruckskraft und dem technischen Sachverstand seiner Architektur die Zugehörigkeit zu einem Gebiet unterstreichen will, in dem die politische Lage eine andere ist als in der Vergangenheit, um sichtbarer Ausdruck einer Demokratie zu sein, die hier stärker entwickelt ist als anderswo.

Deyan Sudjic. Der Architekturkomplex. Monumente der Macht. Artemis & Winkler Verlag, Düsseldorf 2006.

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La stampa di quest’opera è stata resa possibile grazie al sostegno di: Istituto per l’Edilizia Sociale della Provincia Autonoma di Bolzano Der Druck dieses Buches erfolgte mit freundlicher Unterstützung des Instituts für sozialen Wohnbau des Landes Südtirol

@ copyright EdicomEdizioni, 2013 34074 Monfalcone (GO), via 1° Maggio, 117 www.edicomedizioni.com

@ copyright EdicomEdizioni, 2013 34074 Monfalcone (GO), via 1° Maggio, 117 www.edicomedizioni.com

Tutti i diritti sono riservati: nessun parte può essere riprodotta in alcun modo (compresi fotocopie e microfilm) senza il permesso scritto della Casa Editrice.

Alle Rechte vorbehalten: Jede Art der Verwertung (einschließlich Fotokopie und Mikrofilm) bedarf der vorherigen schriftlichen Einwilligung des Verlags.

Cover Le piante d’Autunno concept Margit Klammer, design Wolfram Pardatscher “I giardini di Castel Trauttmansdorff”, Merano

Umschlag Pflanzen im Herbst Konzept Margit Klammer, Design Wolfram Pardatscher „Die Gärten von Schloss Trauttmansdorff”, Meran

ISBN 978-88-96386-34-7 dicembre 2013 Stampa: Press Up – Nepi (VT)

ISBN 978-88-96386-34-7 Dezember 2013

Foto di Michela Toni ad eccezione delle seguenti: pp 80, 81, 82, 83, 95 Istituto per l’edilizia sociale della Provincia Autonoma di Bolzano p 204 Scuola elementare “Dr. Josef Rampold” p 222 Stefano Besse pp 246, 248, 266, 267, 269, Daria Guzzinati pp 294, 295 Camera di Commercio di Bolzano, Luca Pedrotti

Fotos von Michela Toni, mit Ausnahme folgender: S. 80, 81, 82, 83, 95 Institut für den sozialen Wohnbau des Landes Südtirol S. 204 Grundschule „Dr. Josef Rampold” S. 222 Stefano Besse S. 246, 248, 266, 267, 269, Daria Guzzinati S. 294, 295 Handelskammer Bozen, Luca Pedrotti

Michela Toni, architetto (Firenze 1979), dottore di ricerca in Tecnologie dell’Architettura (Roma 1987), è professore associato presso il Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara, dove insegna dal 1993. Svolge attività di ricerca sugli aspetti connessi con la progettazione ambientale e l’innovazione tecnologica. michela.toni@gmail.com michela.toni@unife.it

Michela Toni, Architekt (Florenz 1979), Ph.D. in Architekturtechnologien (Rom 1987), außerordentlicher Professor an der Universität Ferrara, Fachberech Architektur, wo sie seit 1993 lehrt. Sie übt Forschungsaktivitäten in den Bereichen Umweltplanung und technologische Innovation aus. michela.toni@gmail.com michela.toni@unife.it

Druck: Press Up – Nepi (VT)


Sudtirolo Architettura S체dtirol Architektur

Le differenze di un territorio attraverso un itinerario tra costruzioni realizzate nel rispetto della normativa CasaClima

Michela Toni

Die Eigenheiten eines Gebietes am Beispiel von Geb채uden mit KlimaHaus Standard Foto Michela Toni Traduzione in tedesco / Aus dem Italienischen 체bersetzt von Denise Setton, IntrAlp Associazione Professionale

EdicomEdizioni


7 Introduzione 8 Capitolo 1 Nella direzione della sostenibilità

98 2.6 Recupero edilizio 100 Edificio residenziale IPES, via Dalmazia, Bolzano 104 Complesso residenziale IPES, Millan, Bressanone

210 216 220

108 2.7 Non solo materiali, ma processi 110 Scuola forestale Latemar, Nova Levante 114 Edificio residenziale IPES, S. Nicolò, Val d’Ultimo 118 Hotel Grüner Baum, Bressanone 122 Centro Bambini Liiliput, Bressanone

225 3.5 Veicolare messaggi 226 Accademia Europea di Bolzano (EURAC), Bolzano 230 Palazzo Provinciale 11 – Edificio ex Poste, Bolzano

Centro visitatori “I giardini di Castel Trauttmansdorff”, Merano Pergola Residence, Lagundo Impianto sportivo, San Martino, Valle Aurina

10 1.1 Una storia che è iniziata molto tempo fa 12 1.2 Da adesione volontaria a norma 14 1.3 Classi e Certificazione CasaClima nel panorama di norme internazionali, nazionali, locali 18 1.4 Certificazioni di sostenibilità nell’ambito di un processo di dematerializzazione 22 Capitolo 2 Le differenze di un territorio 24 2.1 Per chi si costruisce 26 Scuola Professionale Provinciale per l’Artigianato e l’Industria, Bolzano 30 Scuola Professionale Provinciale per il Commercio, l’Artigianato e l’Industria “Christian Josef Tschuggmall”, Bressanone 34 Istituto Tecnologico, Brunico

38 40 44 48

2.2 Chi decide Scuola elementare, Novale, Laion Residenze G3D, Stegona, Brunico Complesso residenziale Rosenbach, Bolzano

126 128 132 136

2.8 Promozione aziendale Sede Ligno Alp, Nova Ponente Sede Ligno Alp, Bressanone Sede Rubner, Chienes

140 142 146 150

2.9 Primati ambientali Sede Naturalia Bau, Sinigo, Merano Sede Casa Salute, Magrè sulla Strada del Vino Cantina vinicola Pfitscher, Montagna

154 2.10 Chi progetta 156 Scuola elementare, Casteldarne 160 Casa Mair, Merano 164 Capitolo 3 Quale architettura

52 2.3 Scegliere per gli altri 54 Complesso residenziale FIRMIAN, IPES, Bolzano 58 Complesso residenziale CasaNova, IPES, Bolzano

167 3.1 Tradizione e innovazione 168 Municipio, San Lorenzo di Sebato 172 Ampliamento Chiesa dei Santi Antonio Abate e Nicolò, Laives 176 Ampliamento del cimitero di Lutago, Valle Aurina

181 3.2 Nuove relazioni funzionali 182 Scuola per l’infanzia, Monguelfo – Tesido 186 Cantina Tramin, Termeno sulla Strada del Vino

64 66 70 74

2.4 Qualità nella pratica corrente Complesso residenziale IPES, Bressanone Residenze IPES, Varna Residenze IPES, Lagundo

78 2.5 Sperimentazione tecnologica 80 Modelli per la partecipazione a gare di appalto IPES 84 Edificio residenziale IPES, Bronzolo, Bolzano 88 Edificio residenziale IPES, Maso della Pieve, Bolzano 92 Edificio residenziale IPES, San Giovanni, Valle Aurina 94 Complesso residenziale CasaNova, Cooperative di abitazione, Bolzano

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191 3.3 Contaminare tessuti 192 Scuola per l’infanzia “Maria Rast”, S. Michele, Appiano 196 Hotel Pupp, Bressanone 200 Scuola elementare” Dr. Josef Rampold”, Vipiteno 205 3.4 Inserirsi nell’ambiente naturale 206 Hotel Vigilius Mountain Resort, San Vigilio, Lana

235 236 240 244

3.6 Semplificare l’immagine di sé Pensionato Suore della Carità, Merano Edificio residenziale, Varna Casa Pescoller, Brunico

249 3.7 Scelte radicali 250 Moduli per vacanze Esserhof, Lana 254 Tenuta Manincor, Appiano 259 260 264 268

3.8 Inventare nuove tipologie Giardineria Rottensteiner, Bolzano Casa Aukenthaler, Merano Centro residenziale di cura Media Pusteria, Valdaora 272 Centrale di teleriscaldamento Mozart, Bressanone 277 278 282 286 290

3.9 Un fatto urbano Liceo Scientifico, Vipiteno Municipio, Brunico Cassa Raiffeisen, Brunico Camera di Commercio, Bolzano,

295 3.10 Rete di possibilità 296 Salewa Headquarter, Bolzano 300 Museion, Museo provinciale di arte moderna e contemporanea di Bolzano, Bolzano 306 Capitolo 4 Relazioni intense 308 4.1 Incontri 310 4.2 Una controdedica 312 Appendice 334 Bibliografia


7 Einführung

9 Kapitel 1 In Richtung Nachhaltigkeit 11 1.1 Eine Geschichte, die vor langer Zeit ihren Anfang nahm 13 1.2 Von der Freiwilligkeit zur Vorschrift 15 1.3 Klimahaus-Klassen und Zertifizierung im Rahmen internationaler, nationaler und lokaler Bestimmungen 19 1.4 Nachhaltigkeitszertifizierungen im Rahmen eines Dematerialisierungsproz esses 23 Kapitel 2 Die Eigenheiten eines Gebietes 25 2.1 Für wen wird gebaut? 28 Landesberufsschule für Handwerk und Industrie, Bozen 32 Landesberufsschule für Handel, Handwerk und Industrie „Christian Josef Tschuggmall“, Brixen 36 Technologische Fachoberschule, Bruneck

39 2.2 Wer entscheidet? 42 Grundschule, Ried, Lajen 46 Wohnanlage G3D, Stegen, Bruneck 50 Wohnanlage Rosenbach, Bozen

53 2.3 Für die Anderen entscheiden 56 Wohnanlage Firmian, WOBI, Bozen 60 Wohnanlage CasaNova, WOBI, Bozen

65 2.4 Die Qualität in der heutigen Praxis 68 WOBI-Wohnanlage, Brixen 72 WOBI-Wohnanlage, Vahrn 76 WOBI-Wohnanlage, Algund

79 2.5 Technologische Experimente 82 Modelle für die Teilnahme an WOBIAusschreibungen 86 WOBI-Wohnanlage, Branzoll, Bozen 90 WOBI-Wohnanlage, Pfarrhof, Bozen 93 WOBI-Wohnanlage, St. Johann, Ahrntal

96 Wohnanlage CasaNova, Wohnbaugenossenschaften, Bozen 99 2.6 Gebäudesanierung 102 WOBI-Wohnanlage, Bozen 107 WOBI-Wohnanlage, Milland, Brixen 109 2.7 Nicht nur Baustoffe, sondern auch Verfahren 112 Forstschule Latemar, Ausbildungszentrum für Forst, Jagd und Umwelt, Welschnofen 116 WOBI-Wohnanlage, St. Nikolaus, Ultental 120 Hotel Grüner Baum, Brixen 124 Kinderhort Lilliput, Brixen 127 2.8 Unternehmenswerbung 130 LignoAlp-Firmengebäude, Deutschnofen 134 LignoAlp-Firmensitz, Brixen 138 Rubner Center, Kiens 141 2.9 Umweltauszeichnungen 144 Naturalia-Bau-Firmensitz, Sinich, Meran 148 Casa Salute-Firmensitz, Margreid 153 Weinkellerei Pfitscher, Montan 155 2.10 Wer plant? 159 Grundschule, Ehrenburg 162 Haus Mair, Meran 165 Kapitel 3 Welche Architektur 167 3.1 Tradition und Innovation 170 Rathaus, St. Lorenzen 174 Erweiterung der Kirche zu den heiligen Antonius Abt und Nikolaus, Leifers 178 Friedhofserweiterung, Luttach, Ahrntal 181 3.2 Neue funktionelle Verbindungen 184 Kindergarten, Welsberg-Taisten 188 Weinkellerei Tramin, Tramin

208 Hotel Vigilius, Mountain Resort, St. Vigiljoch, Lana 212 Besucherzentrum „Die Gärten von Schloss Trauttmansdorff”, Meran 218 Pergola Residence, Algund 222 Sportanlage, St. Martin, Ahrntal 225 3.5 Botschaften vermitteln 228 Europäische Akademie Bozen (EURAC), Bozen 232 Landhaus XI, Ex-Postgebäude, Bozen 235 3.6 Das Selbstbild vereinfachen 238 Wohnhaus Barmherzige Schwestern, Meran 242 Wohnhaus, Vahrn 246 Haus Pescoller, Bruneck 249 3.7 Drastische Entscheidungen 253 Ferienhäuser Esserhof, Lana 256 Weingut Manincor, Kaltern 259 3.8 Neue Typologien erfinden 262 Gärtnerei Rottensteiner, Bozen 266 Dachwohnung Aukenthaler, Meran 270 Wohn-und Pflegeheime Mittleres Pustertal, Olang 274 Fernwärmekraftwerk Mozart, Brixen 277 3.9 Ein städtisches Phänomen 280 Realgymnasium, Sterzing 284 Rathaus, Bruneck 288 Raiffeisenkasse, Bruneck 292 Handelskammer, Bozen 295 3.10 Möglichkeiten der Vernetzung 298 Salewa Headquarter, Bozen 302 Museion-Museum für moderne und zeitgenössische Kunst Bozen, Bozen 307 Kapitel 4 Intensive Beziehungen

191 3.3 Gefüge kontaminieren 194 Kindergarten „Maria Rast”, St. Michael, Eppan 198 Hotel Pupp, Brixen 202 Grundschule „Dr. Josef Rampold”, Sterzing

312 Anhang

205 3.4 Eingefügt in die Naturlandschaft

335 Bibliographie

309 4.1 Begegnungen 311 4.2 Eine Gegenwidmung

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Introduzione

Einführung

Il testo tende a costruire il filo unificante di un percorso mentale che, agli occhi di chi si trova ad incontrare il Sudtirolo attraverso un certo numero di interventi costruttivi dei tempi più recenti, svela, non solo la cultura architettonica di questo territorio, ma, più estesamente, il rapporto delle persone con il proprio ambiente di vita: con la storia lontana e quella più vicino a noi, le risorse locali, la natura da rispettare, le attività economiche e produttive da sviluppare, le abilità da tramandare tra le generazioni, la gestione della cosa pubblica e degli interessi privati ed altri aspetti ancora, connessi anche con il modo di concepire l’autonomia e le relazioni con il governo centrale, che segnano il livello dello sviluppo della democrazia raggiunto in una realtà che presenta elementi di forte diversità rispetto ad altre zone del Paese. Muovendosi in un territorio fisico e mentale come quello che si vuole mettere in luce, si comprende perciò chiaramente che le architetture di cui si parla nel presente libro, oltre che per le loro intrinseche qualità – simboliche, formali, tecnologiche, di adeguamento allo scopo o di altro genere –, sono inserite nel testo in quanto particolarmente adatte ad una riflessione sul contesto socio-politico e culturale a cui appartengono. Molte altre realizzazioni di cui si dovrebbe parlare sono escluse per le inevitabili limitazioni dovute dallo spazio disponibile nel libro. A livello più generale, una riflessione di questo tipo porta anche a soffermarsi sugli scopi dell’architettura. L’arte di costruire edifici, infatti, non dovrebbe produrre oggetti che nascono esclusivamente per la contemplazione estetica, anche se, in molti casi, l’architettura è presentata in riviste specializzate per l’appartenenza a tendenze progettuali emergenti che ne enfatizzano le caratteristiche formali. Un approccio per qualche verso simile è anche quello che, su rotocalchi di grande diffusione, fa crescere l’idea dell’architettura come oggetto di consumo, che modifica la propria pelle a seconda della moda, consolidando un concetto di bellezza non sempre legato all’opportunità, più o meno riuscita, che una costruzione possa offrire di vivere liberi e felici. Il filo che si vuole presentare nel libro, invece, unifica elementi di tensione opposta, che emergono in Sudtirolo, in situazioni in cui l’architettura, lontano dal volere essere una realtà materiale valida di per sé, è un fatto urbano, cioè uno spazio che diventa vivo con la presenza delle persone e delle relazioni che vi si intrecciano; spazio coperto o aperto, passaggio voltato o interrato, sospeso o incassato, su cui si sosta, si sale, si scende, ci si sposta, dove si costruisce un tessuto di rapporti che diventano possibili. Perciò, se al momento attuale il motivo contingente per interessarsi a questa zona del Paese sono le elevate prestazioni energetiche, che le costruzioni raggiungono per rispettare una normativa voluta dall’Amministrazione locale in anticipo rispetto alle altre Regioni italiane, venire a contatto con questo territorio si trasforma in un’esperienza molto più complessa di quanto si possa credere pensando di circoscriverla a un fatto tecnico. Guardare al Sudtirolo per la vasta esperienza accumulata attorno al tema della sostenibilità offre infatti l’occasione di osservare che le alte prestazioni tecnologiche ed ambientali raggiunte in numerose costruzioni di tutte le tipologie, appartenenti a proprietà pubblica e privata, e l’elevata qualità che caratterizza l’architettura sono possibili perché questo territorio esprime una cultura diversa da quella di altre zone del Paese. Ed è di questo che si vuole trattare nel testo, perché stimola riflessioni ed apre speranze su possibili strade da seguire anche altrove.

Das Buch bildet den verbindenden roten Faden auf einer geistigen Reise, die dem Betrachter Südtirol anhand einer Anzahl von Bauten aus der jüngeren Zeit nahe bringt und dabei nicht nur die Architekturkultur dieses Gebietes offenbart, sondern im weiteren Sinne auch die Verbundenheit der Me nschen mit ihrem Lebensumfeld: mit der älteren und neueren Geschichte, den lokalen Ressourcen, der Achtung der Natur, der Entwicklung der Wirtschafts- und Produktionstätigkeiten, den von Generation zu Generation weitergegebenen Fähigkeiten, der Gestaltung des öffentlichen und privaten Lebens sowie weiteren Aspekten, die auch mit der Art und Weise zusammenhängen, wie die Autonomie und die Beziehungen zur Zentralregierung konzipiert werden, als Ausdruck des Entwicklungsgrads der Demokratie in einem Gebiet, das sich stark von anderen Teilen Italiens unterscheidet. Wenn man sich in einer wie hier beschriebenen physischen und geistigen Umgebung bewegt, wird einem schnell klar, dass die vorgestellten Bauten – neben ihren symbolischen, formalen und technologischen Eigenschaften und ihrer Adaptierbarkeit – in das Buch aufgenommen wurden, weil sie für eine Reflexion über den soziopolitischen und kulturellen Kontext, in den sie sich einfügen, besonders gut geeignet sind. Viele andere nennenswerte Gebäude bleiben dagegen aus Platzgründen unerwähnt. In einer allgemeineren Weise befasst sich eine solche Reflexion auch mit dem Zweck der Architektur. Die Baukunst sollte nämlich keine Objekte schaffen, die ausschließlich der ästhetischen Betrachtung dienen, obwohl die Architektur in Fachzeitschriften vielfach präsentiert wird, weil sie neue Planungstrends verkörpert, die ihre formalen Eigenschaften betonen. Ein in gewisser Weise ähnlicher Ansatz ist derjenige, der in auflagenstarken Magazinen die Architektur zunehmend als Konsumgut und als wechselnden Modetrend darstellt und damit einen Schönheitsbegriff schafft, der nicht unbedingt etwas über ein mehr oder weniger gelungenes Gebäude aussagt, in dem man frei und glücklich leben kann. Der rote Faden des Buches verbindet dagegen unterschiedliche Spannungselemente, die in Südtirol dort sichtbar werden, wo die Architektur nicht als eine für sich stehende materielle Realität verstanden wird, sondern ein „fatto urbano“, ein städtebauliches Phänomen ist, das heißt ein Ort, der durch die dort anwesenden Menschen und ihre Beziehungen zum Leben erweckt wird, eine überdachte oder offene Fläche, eine gewölbte oder unterirdische Passage, wo man stehen bleibt, auf und ab geht, sich bewegt und wo man ein Netz von möglich werdenden Beziehungen knüpft. Obwohl der eigentliche Grund, warum man sich aktuell für diesen Landesteil interessiert, die hohe Gesamtenergieeffizienz ist, die bei Gebäuden erreicht wird, um Vorschriften einzuhalten, die von der lokalen Verwaltung früher als in anderen italienischen Regionen eingeführt wurden, so wird der Kontakt mit diesem Gebiet doch zu einer viel komplexeren Erfahrung, als man es aus rein technischer Sicht vermuten würde. Denn der Blick auf Südtirol und seine große Erfahrung im Bereich der Nachhaltigkeit bietet Gelegenheit festzustellen, dass die hohen technologischen und ökologischen Standards, die in zahlreichen öffentlichen und privaten Gebäuden aller Arten erzielt werden, und die hohe Qualität der Architektur deshalb möglich sind, weil hier eine andere Kultur als in anderen Landesteilen herrscht. Und in dem Buch geht es genau um dieses Thema, weil es zu Überlegungen anregt und Hoffnungen weckt für mögliche Lösungswege, die auch anderswo verfolgt werden können.

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Complesso residenziale Firmian, IPES, Bolzano Wohnanlage Firmian, WOBI, Bozen Lotto / Baulos 1, Edoardo

Cappuccio, Giuseppe Donato, Tomaso Macchi Cassia Lotto / Baulos 2, Wolfgang Piller Lotto / Baulos 3, Roberta Springhetti, Maria Cristina Saltuari Lotto / Baulos 4, Walter Pardeller, Josef Putzer

Nell’area di espansione Resia, nella zona sud-occidentale di Bolzano, l’Istituto per l’edilizia sociale della Provincia Autonoma di Bolzano ha realizzato un grande complesso residenziale che ha contribuito a formare il Firmian, il quartiere che il Piano urbanistico ha dedicato a soddisfare una quota della pressante domanda abitativa del capoluogo attraverso interventi di edilizia di iniziativa privata e sociale. Il progetto, affidato agli architetti Bassetti, Barth, Franchini, ha portato alla ideazione di un denso tessuto a corte, con lati variabili da 25 metri a 50 metri, di cui il complesso di IPES rappresenta, appunto, uno dei moduli costitutivi. Le corti sono formate da edifici di 59 piani, con le altezze maggiori che evidenziano gli angoli; sono servite da due livelli di parcheggi interrati coperti da giardini, da un nucleo di servizi collettivi comuni al quartiere, da percorsi pedonali e carrabili. Dovendo affrontare la progettazione di un numero rilevante di alloggi per ospitare 445 famiglie, IPES si è posto l’obiettivo di dare un’unitarietà compositiva all’intervento, ma nello stesso tempo di ottenere una certa varietà architettonica. Per questo, ha suddiviso l’opera in quattro lotti e, per realizzarli, si è rivolto a quattro studi di progettazione, due di lingua italiana, due di lingua tedesca, allo scopo di dare spazio a diversi modi di interpre-

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tare l’abitare. Questa idea è singolare nel panorama italiano, non solo perché ha offerto un’opportunità di lavoro a un maggior numero di progettisti rispetto a quanto si poteva ottenere con l’affidamento dell’incarico ad un unico studio, ma soprattutto perché ha permesso di sperimentare diverse soluzioni funzionali ed architettoniche riguardanti la morfologia delle facciate rivolte verso la strade rispetto a quelle che prospettano verso la corte retrostante, la posizione delle scale all’interno dei corpi di fabbrica, la distribuzione degli alloggi, la configurazione degli spazi privati all’aperto, la scelta dei materiali, facendole coesistere all’interno di un impianto unitario. Per tenere conto della provenienza estremamente diversificata degli inquilini IPES di Bolzano, che porta a fare convivere negli stessi edifici, oltre a famiglie giovani e ad anziani, anche disoccupati, famiglie numerose di immigrati ed extracomunitari, l’Istituto ha cercato di sviluppare un senso di comunità con la realizzazione di giardini interni, in cui le persone possano incontrarsi per fare giocare i bambini o stare all’aria aperta, e che siano motivate a mantenere con cura; ma si sono anche predisposti spazi all’aperto, ad uso esclusivamente privato, che ogni nucleo famigliare può utilizzare in maniera diversa a seconda delle proprie esigenze.


Ottenere varietà nell’unitarietà è l’obiettivo chiaro e razionale con cui IPES ha guidato il progetto per scongiurare l’anonimato tipico di numerosi quartieri residenziali e favorire, al contrario, un sentimento di appartenenza. L’impianto è unitario, perché i quattro nuclei si elevano tutti insieme, con il piano terra rialzato, al di sopra di due livelli di parcheggi, parzialmente interrati e coperti dal grande giardino comune su cui si affacciano tutti i soggiorni degli alloggi. Il terreno libero è suddiviso in due grandi corti verdi, che diventano quasi un solo spazio a disposizione dei condomini, con giochi per bambini, tavoli e panchine, fruibili dalle strade circostanti attraverso varchi permeabili che consentono di transitarvi a piedi, entrare nei corpi scala e salire nei diversi pianerottoli per accedere agli alloggi. Ulteriori elementi di continuità sono rappresentati dal grande zoccolo del basamento e da volumi a ponte, rivestiti in rame preossidato, che collegano i vari edifici. I blocchi, nettamente definiti da coperture piane, non si concludono però tutti allo stesso livello, ma determinano un’altezza di gronda variabile che dà luogo a soluzioni diversificate della facciata. I quattro nuclei sono tutti organizzati secondo la tipologia in linea, con alloggi a doppio affaccio, sullo spazio verde interno e sulla strada perime-

trale. Le dimensioni delle unità abitative variano in base alla domanda da soddisfare: ma, pur rispettando l’impianto tipologico comune, l’organizzazione degli ambienti interni cambia in base a come è stata concepita dai diversi gruppi di progettazione, come è particolarmente evidente nello spazio cucina, che è molto più ampio nei lotti progettati dai professionisti di cultura italiana rispetto a quello ideato da progettisti di cultura tedesca. Si tratta di differenze che arricchiscono gli abitanti di stimoli visivi ed offrono possibilità di utilizzi alternativi degli spazi interni, determinando, di conseguenza, gradi di accoglienza e di gradimento diversi da una persona all’altra, anche a motivo delle abitudini abitative acquisite nel luogo di origine. Il complesso manifesta una così decisa attenzione sia alla componente costruttiva sia a quella sociale, che persino il visitatore occasionale, che si trovi a passare nelle corti interne del Firmian, può fare un’esperienza diretta di come la città di Bolzano in questi ultimi anni stia realizzando la propria trasformazione. E l’impressione diventa ancora più felice se il lavoro di IPES viene messo a confronto con interventi di edilizia residenziale pubblica realizzati in altre zone del Paese.

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In der Erweiterungszone Reschen im südwestlichen Teil von Bozen hat das Institut für den sozialen Wohnbau des Landes Südtirol eine große Wohnanlage realisiert, die das Stadtviertel Firmian mitgestaltet hat, in dem nach dem Bauleitplan ein Teil der hohen Nachfrage nach Wohnraum in Bozen über private und soziale Wohnungsbauvorhaben gedeckt werden sollte. Das Projekt wurde an die Architekten Bassetti, Barth und Franchini vergeben und hat zur Gestaltung eines dichten Hofgefüges mit unterschiedlicher Seitenlänge von 25 bis 50 m geführt, in dem der WOBI-Komplex ein Modul bildet. Die Höfe werden durch fünf- bis neunstöckige Gebäude gebildet, wobei die größeren Höhen die Ecken betonen. An die Wohngebäude angeschlossen ist eine Tiefgarage auf zwei Ebenen, die von Gartenanlagen überdeckt wird; außerdem gibt es mehrere Gemeinschaftseinrichtungen für das Wohnviertel sowie Fußwege und befahrbare Wege. Da die Projektierung einer bedeutenden Anzahl von Wohnungen für 445 Familien geplant war, setzte sich das WOBI das Ziel, dem Bauvorhaben zwar eine einheitliche Gestaltung zu verleihen, dabei aber eine gewisse architektonische Vielfalt zu erhalten. Aus diesem Grund wurde das Projekt in vier Abschnitte unterteilt, für deren Realisierung sich das Institut an vier Planungsbüros wendete, d. h. an zwei italienischsprachige und an zwei deutschsprachige, um unterschiedlichen Interpretationsweisen des Wohnens Spielraum zu lassen. Dieser Gedanke ist in Italien einmalig, weil damit nicht nur einer größeren Zahl von Planern eine Arbeitschance gegeben wurde als bei der Vergabe des Auftrags an ein einziges Büro, sondern vor allem auch, weil damit unterschiedliche funktionale und architektonische Lösungen für die Gestaltung der zu den Straßen und zum Hinterhof hinausgehenden Fassaden, die Lage der Treppenhäuser in den Baukörpern, die Verteilung der Wohnungen, die Gestaltung der privaten Außenbereiche und die Wahl der Baustoffe experimentiert werden und in einer einheitlichen Anlage nebeneinander bestehen konnten. Um der äußerst vielfältigen Herkunft der Bozner WOBI-Mieter Rechnung

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zu tragen, die dazu führt, dass in ein und demselben Gebäude junge Familien und ältere Menschen, aber auch Arbeitslose und kinderreiche Migrantenfamilien zusammenleben, hat das Wohnbauinstitut versucht, mit der Gestaltung innen liegender Gärten einen Gemeinschaftssinn zu fördern. In diesen Gärten können sich die Mieter treffen, die Kinder draußen spielen oder einfach nur an der frischen Luft sein, und die Mieter sollen zur Pflege der Gärten motiviert werden. Gleichzeitig wurden aber auch Außenbereiche für den rein privaten Gebrauch angelegt, die jede Familie je nach individuellem Bedarf unterschiedlich nutzen kann. Klares und rationales Ziel des WOBI war bei diesem Projekt das Erreichen der Vielfalt in der Einheitlichkeit, um die typische Anonymität vieler Wohnviertel zu vermeiden und im Gegensatz dazu ein Zugehörigkeitsgefühl zu fördern. Die Anlage ist einheitlich, weil sich die vier Baukörper alle gemeinsam erheben, mit einem erhöhten Erdgeschoss über den teilweise unterirdischen, auf zwei Ebenen angeordneten Parkplätzen, über denen die große Gemeinschaftsgarten anlage liegt, auf die alle Wohnzimmer hinausgehen. Der freie Raum ist in zwei große, grüne Höfe unterteilt, die fast zu einem einzigen Raum für die Bewohner werden, mit Spielgeräten für Kinder und Tischen und Bänken, die auch von den umliegenden Straßen durch offene Durchgänge zugänglich sind, durch die man zu Fuß gehen, die Treppenhäuser betreten und auf die verschiedenen Treppenabsätze gelangen kann und von denen aus man zu den Wohnungen kommt. Weitere Elemente der Kontinuität sind der große Fundamentsockel und die brückenförmigen, mit voroxidiertem Kupferblech verkleideten Bauvolumen, die die verschiedenen Gebäude miteinander verbinden. Die durch Flachdächer klar definierten Wohnblöcke schließen allerdings nicht alle auf derselben Höhe ab, sondern haben dank vielfältiger Fassadenlösungen eine unterschiedliche Traufhöhe. Die vier Blöcke sind linear mit zweiseitig belichteten Wohnungen angeordnet, die auf die inneren Grünanlagen und die umlaufende Straße hinausgehen. Die Wohnungen sind je nach Bedarf unterschiedlich groß. Der Zuschnitt der

Innenräume berücksichtigt zwar den gemeinsamen Wohnungsgrundriss, wechselt aber je nach Entwurf der verschiedenen Planungsteams. Dies wird besonders deutlich im Küchenbereich, der in den Losen, die von Planern mit italienischem Kulturhintergrund projektiert wurden, wesentlich größer ist als in den Wohnungen, die von Planern mit deutschem Kulturhintergrund gestaltet wurden. Dies sind Unterschiede, die die Bewohner visuell anregen, alternative Nutzungsmöglichkeiten der Innenräume bieten und folglich ein individuell sehr unterschiedliches Wohlbehagen und Akzeptanz bedingen, auch aufgrund der Wohngewohnheiten, die die Bewohner jeweils von Zuhause mitbringen. Der Wohnkomplex bringt ein so starkes Augenmerk gegenüber dem baulichen und sozialen Element zum Ausdruck, dass selbst ein Gelegenheitsbesucher, der zufällig durch die Innenhöfe des Firmian geht, direkt erleben kann, wie die Stadt Bozen in diesen letzten Jahren ihren Wandel selbst gestaltet. Und der Eindruck verstärkt sich, wenn die Arbeit des WOBI mit sozialen Wohnungsbaumaßnahmen in anderen Gebieten Italiens verglichen wird.

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Complesso residenziale CasaNova, IPES, Bolzano Wohnanlage CasaNova, WOBI, Bozen EA1, Siegfried

Delueg EA2, Edoardo Cappuccio, Giuseppe Donato, Tomaso Macchi Cassia, Paola Seria EA6 1, Kerschbaumer Pichler & Partner EA8, Laboratorio di Architettura – Architetti Associati Andrea Rinaldi, Roberta Casarini

I lotti edificati da IPES nel quartiere CasaNova di Bolzano fanno parte di un esperimento straordinariamente interessante sulla costruzione di una nuova parte di città ad elevata densità edilizia, destinata a rispondere alla domanda sociale secondo criteri di qualità insediativa ed ambientale 2. Il programma urbanistico ed edilizio ha preso avvio dall’acquisto sul libero mercato di terreni agricoli ubicati nella zona Bivio-Kaiserau, ai margini dell’edificato a sud-ovest, vicino alla ferrovia Bolzano-Merano e al fiume Isarco, trasformati poi in aree edificabili per l’edilizia sociale. A seguito di un bando internazionale per un concorso a curriculum, il Piano di Attuazione è stato affidato ad un gruppo di progettisti coordinato dall’architetto olandese Frits van Dongen. Dal punto di vista insediativo, il progetto urbanistico parte dal concetto dell’isolato urbano chiuso sul perimetro, che trova un motivo ispiratore nei castelli che sorgono sui vicini rilievi di porfido. L’edificato è suddiviso in nove lotti, detti appunto castelli, formati da parti costruite alte e dense, di forma irregolare e con un numero di piani variabile, che permettono di mantenere libere dall’edificato ampie superfici destinate a verde, permeabili alla vista e attaversabili dalle persone. Sulla base del Piano di Attuazione, l’Istituto per l’edilizia sociale della Provincia Autonoma di Bolzano ha bandito concorsi per la progettazione di quattro degli otto lotti a destinazione residenziale previsti – altri quattro lotti sono stati costruiti da Cooperative di abitazione, mentre un ulteriore lotto, destinato a servizi commerciali e a terziario, è di competenza della pubblica amministrazione. I progetti scelti da IPES, per i lotti di sua competenza, sono quelli ritenuti più adatti a portare a compimento l’idea del monolite chiuso verso l’esterno e aperto verso la corte interna del progetto di van Dongen, che intende

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proteggere la riservatezza degli abitanti, ma nello stesso tempo vuole favorire il sorgere di comunità, in cui si sviluppino relazioni tra le persone. Seguendo il Piano, ogni castello definisce una architettura spezzata in volumi distinti di diversa altezza, con le parti più alte ubicate a nord per non sottrarre il sole a quelle più basse, e con coperture ad unica falda per ridurre le ombre portate sul terreno e sulle facciate degli edifici retrostanti, valorizzando l’illuminazione naturale, il soleggiamento e la possibilità di installare efficacemente pannelli solari. Ma, nel rispetto dei criteri progettuali comuni, in ciascun lotto, il gruppo di progettisti vincitore del concorso ha sviluppato una interpretazione personale del tema architettonico, prevedendo soluzioni diverse per il posizionamento dei corpi scala, anche se tutti accessibili dalle corti; per la morfologia dei balconi, anche se principalmente rivolti verso lo spazio verde interno; per la tipologia degli alloggi, anche se prevalentemente a doppio affaccio, il che implica una profondità degli edifici non eccessiva. Tali differenze danno forza all’idea di un insediamento generato per parti sulla base di regole compositive unitarie, che arricchiscono la percezione dello spazio attraverso le variazioni dei diversi elementi di cui è formato. Soluzioni architettoniche personalizzate per ogni castello implicano scelte di materiali di vario tipo – tutti rigorosamente ecologici –, che permettono di scongiurare il rischio dell’uniformità. Per le chiusure verticali esterne, ad esempio, anche se è sempre usato l’isolamento a cappotto completato con una facciata ventilata – con la sola eccezione di un castello –, soluzioni massive, con bucature di finestre e balconi che danno luogo ad ombre profonde e a spazi introversi, si alternano ad altre decisamente bidimensionali, che producono ombre appena accennate, e si affiancano ad altre ancora, arricchite da leggere balconate sospese, che, con il mutare del soleg-


giamento, disegnano sottili trame sulle pareti retrostanti: tutte variamente colorate e accoglienti per identificare i diversi castelli. Oltre ad indicazioni tipologiche, il Piano prescrive che le costruzioni raggiungano la certificazione CasaClima A parametrata – specificatamente, per il fabbisogno energetico per il riscaldamento sono stabiliti dei limiti che variano in funzione delle dimensioni degli edifici, in modo tale che gli edifici più piccoli, che hanno un rapporto S/V più elevato di quelli di maggiori dimensioni non risultino svantaggiati: quindi, per gli edifici che hanno un volume inferiore a 5.000 m3 è stabilito il limite di CasaClima B; per gli edifici che hanno un volume superiore a 20.000 m3 è stabilito il limite di CasaClima A; per gli altri, il limite è interpolato rispetto ai precedenti; tale criterio è definito, appunto, CasaClima A parametrata –. Il Piano prevede inoltre l’isolamento acustico, l’allacciamento al teleriscaldamento, la contabilizzazione del calore, la realizzazione di coperture verdi, il riciclo delle acque piovane, il divieto di installare condizionatori per il raffrescamento. Seguendo tali indicazioni, in ogni lotto, il progetto termotecnico è stato risolto con soluzioni diverse, così come è accaduto per il progetto architettonico. Nei castelli IPES, in particolare, gli edifici raggiungono la classificazione CasaClima A parametrata grazie al basso rapporto superficie/ volume, senza aggiungere l’onere di un impianto di ventilazione controllata. In ogni modo, come in tutto il quartiere, essendo previsto un isolamento termico superiore alle richieste di legge, unitamente a teleriscaldamento, solare termico ed elettrico, si è stimato il raggiungimento di una riduzione del fabbisogno di energia per il riscaldamento e la produzione di acqua calda sanitaria compreso tra il 65% e il 74%, oltre ad un elevato contenimento delle emissioni inquinanti 3, anche se, il consumo reale, nel tempo, sarà fortemente condizionato da come gli inquilini utilizzeran-

no i propri alloggi. Allacciandosi ad una scala ancora più ampia, i castelli di IPES convergono verso l’obiettivo di realizzare un ambiente urbano gradevole e sano, rendendo attuabili le misure adottate dal Piano urbanistico riguardanti una mobilità a minore impatto, basata sulla riduzione della velocità dei veicoli che circolano nelle strade, sulla eliminazione dei parcheggi a raso, sostituiti da posti auto interrati, sulla predisposizione di percorsi pedonali e ciclabili, sulla integrazione dei collegamenti urbani su gomma con il sistema metropolitano su ferro. Nei diversi lotti, infatti, sono realizzati percorsi pedonali, spazi verdi e parcheggi ipogei, aerati e illuminati naturalmente, che rivelano soluzioni ideate con la stessa forza progettuale delle strutture residenziali sovrastanti 4. Tre quarti del lotto sono stati realizzati da IPES, la parte restante da Lega coop bund, con la progettazione architettonica di Wilfried Moroder e Roberto Palazzi.

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2 Il quartiere CasaNova nasce per iniziativa pubblica da parte del Comune di Bolzano con finanziamento da parte della Provincia; è destinato all’edilizia abitativa sovvenzionata (Cooperative e IPES). Si sviluppa su 10 ha di terreno, con quasi mille unità immobiliari che ospitano circa tremila persone. Concetto energetico del Quartiere CasaNova: de Architekten cie. Frits van Dongen, Michele Carlini, Erwin Mumelter. Progettazione termotecnica singoli castelli: EA1, EA6 (3⁄4 lotto), Energytech Ingegneri srl; EA2, Marina Bolzan; EA8, EMA Concept.

Per gli obiettivi assunti nella realizzazione del quartiere, riguardanti gli aspetti energetici, il ciclo delle acque, la mobilità, l’integrazione paesaggistica, la riqualificazione urbanistica, CasaNova è stato premiato nel 2009 come area urbana sostenibile.

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Cfr. monitoraggio, condotto nell’ambito della campagna SEE (Sustainable Energy Europe), coordinata dalla Commissione Europea e a livello nazionale dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (www.campagnaseeitalia.it).

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Die vom WOBI im Bozner Wohnviertel CasaNova/Kaiserau bebauten Baulose sind Teil eines außergewöhnlich interessanten Experiments in Bezug auf den Bau eines neuen Stadtteils mit hoher Baudichte, der auf die Wohnraumnachfrage auf der Grundlage von Kriterien der Siedlungs- und Umweltqualität eingehen sollte 2. Das Bauprogramm begann mit dem Erwerb landwirtschaftlich genutzter Flächen auf dem freien Markt, die im Gebiet Bivio-Kaiserau am südwestlichen Stadtrand an der Bahnstrecke Bozen-Meran und am Eisack lagen und daraufhin als Bauflächen für den sozialen Wohnungsbau ausgewiesen wurden. Nach einem internationalen Wettbewerb mit Bewerbungsverfahren wurde ein Projektteam unter der Leitung des niederländischen Architekten Frits van Dongen mit dem Durchführungsplan beauftragt. Was das Siedlungsbild betrifft, geht das städtebauliche Projekt vom Konzept des nach außen hin geschlossenen Wohnblocks aus, ein Motiv, das sich an den Kastellen auf den nahen Porphyrbergen orientiert. Das neue Stadtviertel ist in neun Baulose unterteilt, den sogenannten Kastellen, die aus hohen und dicht stehenden Gebäuden mit unregelmäßiger Form und unterschiedlicher Anzahl an Geschossen bestehen, die die Möglichkeit bieten, große Flächen frei von Bebauung zu halten, die für Grünanlagen genutzt werden, optisch durchlässig sind und von den Menschen überquert werden können. Auf der Grundlage des Durchführungsplans hat das Institut für den sozialen Wohnbau des Landes Südtirol Wettbewerbe für die Planung von vier der acht für Wohngebäude bestimmten Baulose ausgelobt. Weitere vier Lose wurden von Wohnbaugenossenschaften bebaut, ein weiteres Los für Gewerbe und Dienstleistungen fiel in den Zuständigkeitsbereich der öffentlichen Verwaltung. Das WOBI wählte für die Baulose seines Zuständigkeitsbereichs die Projekte aus, die es für am besten geeignet hielt, um die Idee von dem nach außen hin geschlossenen und zum Innenhof hin offenen Monolith des Projekts von van Dongen umzusetzen. Grundgedanke ist dabei der Schutz der Privatsphäre der Bewohner, gleichzeitig soll aber das Entstehen einer Gemeinschaft gefördert werden, in der sich zwischenmenschliche Beziehungen entwickeln können. Dem Plan folgend definiert jedes Kastell eine Architektur, die in unterschiedlich hohe Bauvolumen gegliedert ist, wobei die höheren Teile im Norden liegen, um den niedrigeren Gebäudeteilen nicht die Sonne zu nehmen, und mit Pultdächern, um die Schatten auf dem Boden und den dahinterliegenden Hausfassaden zu verringern und damit gleichzeitig die natürliche Beleuchtung, die Besonnung und die Möglichkeit einer wirkungsvollen Installation von Solarmodulen zu nutzen. Das Projektteam, das den Wettbewerb gewonnen hat, hat aber unter Berücksichtigung der gemeinsamen Projektkriterien für jede Wohnanlage eine individuelle Interpretation des architektonischen Themas und unterschiedliche Lösungen für die Lage der Treppen entwickelt –

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auch wenn diese alle von den Höfen aus erreicht werden können –, ebenso für die Gestaltung der Balkone – auch wenn diese überwiegend auf den inneren Grünbereich hinausgehen – sowie für den Wohnungsgrundriss, auch wenn es sich überwiegend um zweiseitig belichtete Wohnungen handelt, was eine nicht übermäßige Gebäudetiefe impliziert. Diese Unterschiede betonen den Gedanken einer Siedlung, die zum Teil auf der Grundlage einheitlicher Gestaltungsregeln gebaut wurde, die die Wahrnehmung des Raums über die Variationen der verschiedenen Elemente, aus denen sich dieser zusammensetzt, bereichert. Individuelle architektonische Lösungen für jedes Kastell bedeuten auch unterschiedliche Baustoffe, die alle strikt ökologisch sind und die Möglichkeit bieten, die Gefahr der Einförmigkeit abzuwenden. So wurde zwar zum Beispiel für die Außenwände – mit Ausnahme eines einzigen Kastells – immer die Außendämmung mit hinterlüfteter Fassade verwendet, aber auch Massivlösungen mit Fensteröffnungen und Balkonen, die tiefe Schatten und introvertierte Räume erzeugen, wechseln sich mit anderen, entschieden zweidimensionalen Lösungen ab, bei denen nur angedeutete Schatten erzeugt werden, oder auch mit Lösungen mit leichten, schwebenden Balkonen, die mit der sich verändernden Besonnung ein hauchdünnes Schattengeflecht auf den dahinterliegenden Wänden zeichnen: Alle sind in unterschiedlichen, warmen Farben gehalten, die die einzelnen Kastelle identifizieren. Neben den Vorgaben zur Wohnungstypologie schreibt der Plan auch vor, dass die Gebäude den KlimaHaus-Standard A (parametriert) erfüllen sollen. Für den Energiebedarf der Heizung wurden Grenzwerte festgelegt, die je nach


Gebäudegröße schwanken, so dass kleinere Gebäude mit einem höheren AV-Verhältnis als größere nicht benachteiligt werden: So wurde für Gebäude mit einem Volumen von weniger als 5.000 m3 der Grenzwert Klimahaus B festgelegt, für Gebäude mit einem Volumen von mehr als 20.000 m3 wurde als Grenzwert KlimaHaus A festgelegt und für alle anderen ist der Grenzwert im Verhältnis zu den beiden anderen interpoliert. Dieses Kriterium wird als KlimaHaus A (parametriert) bezeichnet. Ferner ist im Plan die Schalldämmung, der Anschluss an das Fernwärmenetz, die Wärmekostenabrechnung, ein Installationsverbot für Klimaanlagen, die Realisierung von Gründächern und die Wiederverwertung von Regenwasser vorgeschrieben. Diese Vorgaben befolgend wurde, genau wie bei der architektonischen Planung, die wärmetechnische Planung für jeden Gebäudeblock anders gelöst. In den WOBI-Kastellen erreichen die Gebäude dank des niedrigen AV-Verhältnisses (Außenfläche zum Volumen) den Standard KlimaHaus A (parametriert), ohne dass die Kosten für eine Lüftungsanlage hinzukommen. Wie im gesamten Wohnviertel auch wurde, da eine bessere als gesetzlich vorgeschriebene Wärmedämmung sowie Fernwärme, Solarthermie und Solarstrom vorgesehen sind, eine Verringerung des Energiebedarfs für Heizung und Warmwassererzeugung um 65-74% geschätzt, sowie eine starke Beschränkung der Schadstoffemissionen 3, auch wenn der tatsächliche Verbrauch im Laufe der Zeit stark dadurch beeinflusst wird, wie die Mieter ihre Wohnungen nutzen. Auf einer höheren Ebene streben die WOBI-Kastelle das Ziel der Realisierung einer angenehmen und gesunden städtischen Umwelt an, indem die im Bauleitplan eingeführten Maßnahmen für eine umweltfreundlichere Mobilität sorgen, die eine Geschwindigkeitsbegr enzung der Fahrzeuge im Straßenverkehr, die Beseitigung ebenerdiger Parkplätze, die durch unterirdische Parkplätze ersetzt werden, sowie die Anlage von Fuß- und Fahrradwegen und die Integration von Busverbindungen und städtischem Bahnsystem umfassen. So wurden auf den verschiedenen Baulosen Fußwege, Grünbereiche und Tiefgaragen angelegt, die durch Tageslicht erhellt und natürlich belüftet werden und Lösungen aufweisen, die mit derselben Planungskraft wie die darüberstehenden Wohngebäude entworfen wurden 4.

1 Drei Viertel des Bauloses wurden vom WOBI gebaut, der übrige Teil wurde von Legacoopbund mit der architektonischen Planung von Wilfried Moroder und Roberto Palazzi realisiert. 2 Der Stadtteil CasaNova/Kaiserau ist eine öffentliche Initiative der Gemeinde Bozen mit Teilfinanzierung durch das Land Südtirol, die für den geförderten Wohnungsbau (Wohnbaugenossenschaften und WOBI) bestimmt ist. Der Stadtteil erstreckt sich mit knapp 1000 Wohnungen und rund 3000 Bewohnern auf einer 10 ha großen Fläche. Energiekonzept des Stadtteils CasaNova/Kaiserau: de Architekten cie. Frits van Dongen, Michele Carlini, Erwin Mumelter. Wärmetechnikkonzept der einzelnen Kastelle: EA1, EA6 (3/4 Baulos), Energytech Ingegneri srl; EA2, Marina Bolzan; EA8, EMA Concept. 3 CasaNova wurde 2009 wegen der bei der Realisierung des Stadtviertels verfolgten Zielsetzungen in Bezug auf Energieeffizienz, Wasserkreislauf, Mobilität, Einfügung in die Landschaft und städtebauliche Requalifizierung als nachhaltiges Siedlungsgebiet ausgezeichnet. 4 Vgl. das im Rahmen der europäischen Kampagne für nachhaltige Energie (SEE- Sustainable Energy Europe) durchgeführte Monitoring, koordiniert von der EU-Kommission und in Italien vom Ministerium für den Schutz der Umwelt, des Raums und des Meeres (www.campagnaseeitalia.it).

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4.2 Una controdedica L’architettura non è un fatto tecnico, anche se materiali e tecnologie costruttive permettono di realizzarla. L’architettura è una scelta culturale, che riflette un universo di soggetti e relazioni che rendono così come è l’ambiente in cui si vive. Un giorno una collega mi ha fatto conoscere un libro illuminante in questa direzione, Architettura e potere – Come i ricchi e i potenti hanno dato forma al mondo di Deyan Sudjic, ed io ho trovato un motivo di condivisione con quanto l’autore scrive, una condivisione che, però, è diventata una sorta di opposizione alla visione di una architettura esclusivamente funzionale al potere; per cui il lavoro, nella prima pagina, si apre con un suo brano e, nell’ultimo capitolo, si chiude cercando di spiegare perché si vuole coinvolgere il lettore in una sorta di controdedica al suo libro. Scrive Sudjic: “Costruire non significa soltanto allestire concretamente un riparo o realizzare le moderne infrastrutture di uno Stato... Riflette le ambizioni, le insicurezze e le motivazioni di coloro che costruiscono, e perciò rispecchia fedelmente la natura del potere, le sue strategie, le sue consolazioni e il suo impatto proprio su coloro che ne manovrano le leve. Ciò che l’architettura fa, come nessun’altra forma di cultura, è glorificare e magnificare l’autocrate e sopprimere l’individuo all’interno della massa. Può essere considerata come la prima, e tutt’ora assai potente, forma di comunicazione di massa. Ecco perché si è sviluppata sotto così tanti sistemi politici di tipo dittatoriale, ed ecco perché affascina i potenti che aspirano a lasciare un segno: il suo impatto è tanto materiale quanto intellettuale. La Barcellona del periodo postfranchista e l’Olanda degli anni ‘90 possono essere considerate alla stregua di eccezioni atipiche, nella tradizione dei piccoli Stati che hanno usato il linguaggio architettonico modernista per affermare la propria visibilità o per realizzare una frattura con un passato infelice” 1.

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Deyan Sudjic, Architettura e potere – Come i ricchi e i potenti hanno dato forma al mondo, Laterza, Bari 2011, pp. 340, 341.

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Il nostro autore, dopo avere documentato, con tutta la sua ricerca, che “i ricchi e i potenti si servono degli architetti “per tentare di dare forma al mondo”, nelle ultime battute del libro, dimentica in qualche modo se stesso, perché ammette l’eccezione della ribelle Barcellona e dell’Olanda di fine Novecento, per le quali l’architettura è un modo per esprimere la resistenza all’oppressione e/o mettere in mostra i valori di un Paese libero. Ed è proprio a fianco di tali Paesi che noi vogliamo porre anche il Sudtirolo contemporaneo, perché, con tutta la forza espressiva e la maestria tecnica della sua architettura, vuole dimostrare di appartenere a un territorio che si trova in una situazione politica diversa dal passato, quando si è voluto dolorosamente relegarlo in una condizione di marginalità, per esprimere oggi, con forme visibili, la propria Autonomia, conquistata dopo molta sofferenza. Nel periodo della dittatura fascista – con un processo che è continuato anche in tempi successivi –, infatti, la comunità di lingua tedesca era ritenuta una minoranza da omologare al resto del Paese: nei nomi, nei costumi, nella lingua, nel modo di costruire e in tutte le forme di espressione di una diversità che si voleva eliminare. L’Autonomia è stata acquisita dopo un lungo processo che è partito dalla fine della Prima Guerra Mondiale – quando il territorio alpino al di sotto del Brennero è stato nettamente separato dal Tirolo austriaco – e si è concluso di recente nell’ultimo decennio del secolo passato. Forse Sudjic non conosce la carica innovativa dell’architettura del Sudtirolo di questi ultimi anni, perché il suo libro è stato pubblicato nel 2005. Quindi, vogliamo scrivere noi una piccola parte di questa storia, ponendola accanto alle eccezioni di cui lui stesso ci parla, perché la sua l’architettura vuole “realizzare una frattura con un passato infelice” per essere l’espressione visibile di un tipo di democrazia più sviluppata che altrove.


4.2 Eine Gegenwidmung Architektur ist kein technischer Vorgang, obwohl Baustoffe und Bautechniken ihre Umsetzung ermöglichen. Architektur ist eine kulturelle Entscheidung, die ein Universum von Personen und Beziehungen widerspiegelt und das Umfeld, in dem wir leben, so gestaltet wie es ist. Über eine Kollegin entdeckte ich eines Tages ein aufschlussreiches Buch zu diesem Thema: Der Architekturkomplex. Monumente der Macht von Deyan Sudjic. Einerseits teile ich die Ansichten des Autors, aber andererseits sträube ich mich dagegen, die Architektur ausschließlich als Instrument der Macht zu sehen. Deshalb beginnt das Buch auf der ersten Seite mit einem Zitat des Autors und endet im letzten Kapitel mit einer Erklärung, warum ich die Leser in eine Art Gegenwidmung zu seinem Buch einbeziehen möchte. Sudjic schreibt: „Bauen ist nicht nur das Bereitstellen eines Daches über dem Kopf oder einer modernen Infrastruktur für einen Staat ... Bauen ist ein Spiegel der Ambitionen, der Unsicherheiten und Motivationen der Erbauer und deshalb auch glaubwürdig ein Spiegel von Macht, Machtstrategien, Machtverfestigung und der Auswirkung auf jene, die sie ausüben. Wie keine andere Kulturform versteht es die Architektur, den Autokraten zu glorifizieren und zu verherrlichen und den Einzelnen in der Masse untergehen zu lassen. Architektur ist die primäre und machtvollste Form der Massenkommunikation. Deshalb konnte sie sich in so vielen diktatorischen Systemen entwickeln und deshalb fasziniert sie die Mächtigen, die ihre Spuren hinterlassen wollen. Barcelona in der Zeit nach Franco und die Niederlande der 90er Jahre sind atypische Ausnahmen in der Tradition der kleinen Staaten, die die Sprache der modernistischen Architektur benutzt haben, um beachtet zu werden oder den Bruch mit einer dunklen Vergangenheit zu vollziehen” 1. Nachdem der Autor mit seiner umfassenden Recherche dokumentiert hat, dass “die Reichen und Mächtigen sich der Architekten bedienen,

um die Welt zu formen”, widerspricht er sich am Ende des Buches in gewisser Weise selbst, als er einräumt, dass das rebellische Barcelona und die Niederlande im auslaufenden 20. Jahrhunderts insofern Ausnahmen darstellten, als für sie die Architektur ein Mittel war, den Widerstand gegen die Unterdrückung auszudrücken bzw. die Werte eines freien Landes zur Schau zu stellen. Und in eine Reihe mit diesen Ländern möchten wir auch das moderne Südtirol stellen, das mit der ganzen Ausdruckskraft und dem technischen Sachverstand seiner Architektur die Zugehörigkeit zu einem Gebiet unterstreichen will, in dem die politische Lage eine andere ist als in der Vergangenheit. Damals wurde es schmerzlich in eine Randposition gedrängt, während es heute der hart erkämpften Autonomie mit sichtbaren Formen Ausdruck verleiht. Während der faschistischen Diktatur – und in einem über diese Zeit hinausgehenden Prozess – galt die deutschsprachige Gemeinschaft als Minderheit, die an den Rest des Landes angeglichen werden sollte: In ihren Namen, ihren Bräuchen, ihrer Sprache, ihrer Bauweise und ihren Ausdrucksformen einer Diversität, die man auslöschen wollte. Die Autonomie wurde nach einem langen Prozess erlangt, der am Ende des Ersten Weltkrieges begann, als das Gebiet südlich des Brenners vom österreichischen Tirol losgelöst wurde – und erst im letzten Jahrzehnt des vorigen Jahrhunderts zu Ende ging. Vielleicht kennt Sudjic die Innovationskraft der Südtiroler Architektur der letzten Jahre nicht, da sein Buch bereits 2005 erschienen ist. Deshalb wollen wir einen kleinen Teil dieser Geschichte schreiben und neben die Ausnahmen stellen, von denen Sudjic spricht. Denn die Südtiroler Architektur will „den Bruch mit einer dunklen Vergangenheit vollziehen” und sichtbarer Ausdruck einer Demokratie sein, die hier stärker entwickelt ist als anderswo.

Deyan Sudjic, Der Architekturkomplex. Monumente der Macht, Artemis & Winkler Verlag, Düsseldorf 2006.

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Sudtirolo Architettura Michela Toni pp. 336 - Euro 35,00 ISBN 978-88963-86-3-4 formato 24x30 cm


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