Il progetto dell'involucro efficiente

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INTRODUZIONE

Il crescente livello di attenzione nei confronti del contenimento della domanda energetica e del conseguimento di una progressiva riduzione delle emissioni sta assumendo una rilevanza sempre maggiore anche nel settore edilizio che, pur con la lentezza che lo caratterizza, sta recependo i numerosi stimoli offerti da più parti per tradurli in nuove soluzioni costruttive e nuovi approcci progettuali. La maturazione di un atteggiamento più responsabile nei confronti delle tematiche energetiche e, più in generale, della sostenibilità delle costruzioni da parte dei diversi attori coinvolti nel processo edilizio sta dando un rinnovato impulso non solo alla messa a punto di nuovi prodotti, capaci di rispondere in modo specifico a queste nuove esigenze, ma anche allo sviluppo di una ricerca progettuale e costruttiva tesa a ottimizzare il comportamento energetico della fabbrica nel suo complesso. Si assiste quindi a una più ampia diversificazione tanto dei componenti quanto delle soluzioni costruttive in relazione al soddisfacimento di un quadro esigenziale ormai molto articolato. Quest’ultimo è determinato sia da un innalzamento dei livelli prestazionali previsti dalla normativa, divenuta via via sempre più specifica, sia dall’avvento di una domanda informata, consapevole e partecipe. Grazie a campagne di sensibilizzazione mirate, la maggior parte dell’utenza è, oggi, non solo informata riguardo a queste tematiche, ma anche interessata a ottenere un prodotto edilizio di qualità ed energeticamente efficiente in virtù dei vantaggi economici che ne derivano e in virtù di un’adesione a un movimento culturale più attento alla questione ambientale. In questo articolato panorama evolutivo, l’obiettivo principale è soprattutto quello di assicurare caratteristiche termiche elevate mediante sistemi di chiusura iperisolati che, associati a impianti ad alta efficienza e a dispositivi per lo sfruttamento delle energie rinnovabili, permettano una sostanziale riduzione dei consumi energetici in fase di esercizio e il raggiungimento delle migliori condizioni di comfort. In questo contesto, l’involucro edilizio risulta, in quanto frontiera tra ambiente interno ed esterno, l’elemento tecnico maggiormente sollecitato dell’intero sistema edilizio e quello a cui è prevalentemente demandato il compito di rispondere a requisiti prestazionali sempre più elevati o completamente nuovi. In molti casi, l’involucro diviene esso stesso strumento di controllo delle condizioni ambientali attraverso l’adozione di soluzioni passive basate sull’accumulo termico e/o la ventilazione naturale. In altre circostanze funge da supporto per integrare dispositivi di captazione solare o sistemi di schermatura atti a favorire un più efficace controllo dell’irraggiamento divenendo un sistema molto articolato. La tradizionale concezione dell’involucro come elemento continuo massivo viene sostituita da un’idea di involucro come sistema di strati sovrapposti che interagiscono tra loro per raggiungere prestazioni diversificate e specifiche. La


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percezione stessa dell’involucro come veicolo di espressione formale tende a modificarsi in funzione di nuovi valori e di nuovi obiettivi. L’involucro rappresenta uno strumento di comunicazione attraverso il quale trasmettere le caratteristiche di qualità, sostenibilità ed efficienza dell’edificio: l’immagine non è più solamente legata a una questione di coerenza linguistica, ma può divenire un potente mezzo di informazione e promozione sul mercato. Gli elementi di innovazione che contraddistinguono l’attuale stagione edilizia non riguardano quindi semplicemente la messa a punto di nuovi materiali, componenti e sistemi, bensì lo sviluppo di nuovi approcci progettuali in risposta a nuove esigenze e nuovi obiettivi. La frontiera del progetto è rappresentata dai cosiddetti Zero Energy Building, costruiti all’insegna dell’ottimizzazione dei pacchetti tecnologici, autonomi sotto il profilo energetico e realizzati per raggiungere elevatissimi livelli di efficienza. La drastica riduzione dei consumi energetici in fase d’uso, che è possibile ottenere attraverso opportune scelte progettuali e adeguati accorgimenti costruttivi, rende però opportuna una più ampia valutazione del comportamento energetico complessivo dell’edificio, comprendendo anche altri contributi energetici legati alle fasi di costruzione e manutenzione della fabbrica. Questi contributi, un tempo trascurati perchè considerati di secondo ordine rispetto agli elevatissimi consumi in fase d’uso, stanno ora assumendo invece un peso significativo. Non minore importanza riveste inoltre la relazione tra “energia investita” e tempo di vita atteso per l’edificio, poiché proprio dalla durabilità prevista per i componenti e per il sistema dipende la frequenza delle azioni di manutenzione e la conseguente introduzione nel bilancio energetico di nuovi apporti. Le scelte tecnologiche effettuate in sede di progetto possono pertanto comportare significative ricadute sul bilancio energetico complessivo anche quando risultano in grado di conseguire una consistente riduzione della domanda in fase di esercizio. Questa analisi delle ricadute, che l’introduzione di queste tematiche nella fase progettuale può produrre sulle scelte tecnologiche, nasce come ulteriore approfondimento della ricerca sul Sistema involucro: studio morfologico e tecnologico di soluzioni di pareti perimetrali leggere-pesanti, di sistemi protettivi e di rivestimento in funzione del contenimento energetico, verifica fisico tecnica e applicabilità nell’edilizia veneta, finanziata dalla Regione del Veneto su fondi F.S.E. (P.O.R. Veneto F.S.E. 2007-2013, Assegni di Ricerca D.G.R. 26 maggio 2008), svolta presso l’Università IUAV di Venezia e tesa a esaminare le caratteristiche di alcune delle più diffuse soluzioni costruttive a livello regionale in relazione alla crescente importanza attribuita alla questione energetica (ricerca pubblicata con il titolo Involucro edilizio e aspetti di sostenibilità nella collana Ricerche di Tecnologia dell’Architettura per Franco Angeli editore). Il libro è strutturato in cinque capitoli: - il primo capitolo costituisce la chiave di lettura trasversale che permette di confron-


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tare le differenti soluzioni costruttive poi approfondite nel corso della trattazione; traccia inoltre una sintesi del contesto di riferimento a partire dalla quale la stratificazione dell’involucro viene assunta come tema di progetto e come filo conduttore della ricerca. Il superamento dell’involucro convenzionale viene indagato alla luce dell’evoluzione del quadro esigenziale e del quadro normativo individuando nel concetto di stratificazione il comune denominatore di approcci progettuali e tecnologici diversificati, ma ugualmente tesi al conseguimento di elevati livelli di efficienza. La questione energetica viene analizzata non solo in funzione del contenimento della domanda in fase d’uso, ma includendo gli ulteriori fattori che concorrono alla determinazione del comportamento complessivo della fabbrica. Vengono fornite le linee metodologiche e i principali strumenti analitici volti ad approfondire l’investimento energetico necessario in fase di costruzione e di manutenzione del manufatto edilizio nel suo ciclo di vita atteso. L’individuazione di un arco temporale di riferimento è assunto come indispensabile premessa alla valutazione dei diversi contributi energetici in gioco anche in funzione dei possibili interventi di recupero, attuabili come azione correttiva, in tutti quegli edifici del tessuto non storicizzato che presentino gravi deficit prestazionali. - il secondo e il terzo capitolo approfondiscono i temi enunciati nel primo capitolo attraverso alcune applicazioni delle principali soluzioni tecnologiche impiegate rispettivamente per la realizzazione di involucri stratificati a umido e di involucri stratificati a secco. Pur con le opportune distinzioni, il principio di stratificazione, tipico del sistema a secco viene esteso anche a involucri convenzionalmente intesi come costruiti a umido soprattutto in relazione a un progressivo incremento di complessità degli stessi che ne mina l’originaria concezione “monolitica”. Nel capitolo tre viene effettuata un’ulteriore distinzione tra sistemi a secco a matrice lignea e quelli a matrice metallica al fine di approfondire le diverse implicazioni di questa tecnologia nelle sue principali declinazioni. L’analisi procede in parallelo attraverso l’esame di alcune sezioni costruttive che, pur non raccogliendo tutte le possibili soluzioni, offrono, per ciascuna famiglia, delle stratigrafie di riferimento. Le caratteristiche termofisiche di ciascuna stratigrafia sono esaminate in relazione ai parametri fissati dalla normativa vigente e in funzione di una possibile applicazione in un edificio a basso consumo energetico dotato di impianti ad alta efficienza. Sono quindi confrontati i contributi energetici necessari per la realizzazione di ciascuna soluzione al fine di operare una valutazione comprensiva delle attività di manutenzione richieste in un arco di vita fissato in cento anni. La comparazione tra le diverse soluzioni permette di evidenziare l’importanza della durabilità come parametro di progetto determinando potenziali importanti ricadute sulla concezione stessa del manufatto edilizio. - il quarto capitolo formula analoghe riflessioni su alcune soluzioni tecnologiche ipoteticamente applicate su edifici esistenti del tessuto non storicizzato al fine di inda-


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gare quale peso possano avere i diversi apporti energetici in un intervento di recupero o di “riqualificazione energetica” a circa cinquant’anni dalla costruzione, ma soprattutto quali risultino più efficaci nell’ottica di un’estensione del ciclo di vita e del contemporaneo conseguimento di una riduzione dei consumi in fase d’uso. - il quinto capitolo delinea le principali ricadute che l’ingresso di questi nuovi fattori ha determinato nell’attività progettuale e le possibili tendenze per il prossimo futuro prestando particolare attenzione al possibile sviluppo di alcuni prodotti innovativi anche derivanti da processi di riciclo. Sullo sfondo delle riflessioni formulate, è lecito attendersi che l’evoluzione dell’attività progettuale passi anche attraverso l’acquisizione di nuovi strumenti di analisi e di valutazione che consentano di esaminare in modo condiviso e attendibile questi nuovi parametri. Parametri che potranno influenzare in modo più o meno marcato le scelte tecnologiche in base alla sensibilità del progettista, ma che è bene non sottovalutare al fine di realizzare un involucro e un edificio efficienti nel senso più ampio del termine.


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2. L’INVOLUCRO STRATIFICATO A UMIDO

DALLA CHIUSURA “MONOLITICA” AL “TELAIO”

L’attuale diffusione di soluzioni progettuali basate sull’applicazione di sistemi costruttivi a umido, in cui prevale l’impiego di elementi strutturali in calcestruzzo armato e blocchi di chiusura in laterizio, va ricercata non solo nei progressi compiuti nel settore dei prodotti per il tamponamento negli ultimi decenni, con un sostanziale ampliamento dell’offerta e un determinante incremento delle prestazioni, ma anche in motivazioni di ordine culturale profondamente radicate sul territorio nazionale. Per la maggior parte delle persone, il concetto di abitazione è posto in relazione a una costruzione dall’involucro massivo, di pietra, di mattoni – comunque in muratura – secondo un modello tradizionale tramandato nell’immaginario collettivo attraverso i secoli. A questa idea di “solidità costruttiva”, di durabilità, sono associati tanto i palazzi delle città storiche quanto le residenze unifamiliari. È solo con l’avvento della domanda quantitativa della ricostruzione postbellica che questo modello, pur permanendo come riferimento morfologico, viene superato dal punto di vista costruttivo con la massiccia diffusione delle strutture in calcestruzzo armato e l’estensiva realizzazione di tipologie abitative più dense. Il ricorso a telai in calcestruzzo con elementi di tamponamento in laterizio in luogo delle tradizionali cortine murarie del passato non è legato a sole ragioni di urgenza e quantità, ma anche a una contestuale trasformazione economica, culturale e sociale del Paese. Altre motivazioni vanno poi ricercate nell’evoluzione della normativa antisismica al fine di garantire livelli di sicurezza sempre maggiori. Senza approfondire ulteriormente tematiche e implicazioni che, seppur di grande interesse e significato nello spiegare alcune dinamiche evolutive, allontanerebbero l’analisi dai suoi principali obiettivi, è opportuno tenere presente che uno dei passaggi salienti di questo cambiamento risiede proprio nella separazione funzionale degli elementi costitutivi del sistema di involucro. La capacità statica e il compito di chiudere l’edificio, in precedenza assolti dalla medesima cortina muraria, sono rispettivamente assegnati al telaio in calcestruzzo e ai blocchi di tamponamento. Sebbene questi ultimi conservino in parte un ruolo strutturale (durante le fasi esecutive e in alcune soluzioni costruttive) è il telaio a costituire l’essenziale ossatura portante. La scelta del termine ossatura non è in questo contesto casuale, infatti, è proprio in questa similitudine funzionale con il caratteristico scheletro ligneo o metallico dei sistemi a secco che trae le proprie radici l’estensione contemporanea del principio di stratificazione ai sistemi costruttivi a umido. La presenza del telaio, o meglio la presenza di un sistema specificatamente destinato ad assolvere la funzione strutturale, tende ad allontanare l’in-


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Figura 18. Nella pratica costruttiva contemporanea la muratura, sgravata da compiti strutturali fondamentali, diviene prevalentemente un sistema di chiusura in cui si concentrano nuove funzioni e su cui si stratificano altri componenti dell’involucro.

volucro dalla concezione e dal comportamento della muratura “monolitica” in cui tutto ruotava intorno alla capacità di solidarizzazione degli elementi che la costituivano. Sotto un certo punto di vista, ciò ridimensiona il ruolo dei leganti non più tesi al conseguimento di un sistema omogeneo ma a combinare parti diverse. Pur permanendo, quindi, attraverso il legante una modalità di giunzione “a umido” tra i vari elementi costitutivi della muratura, la concezione funzionale della parete tende, con l’aggiunta dei materiali per l’isolamento, il rivestimento, ecc., ad avvicinarsi al principio di stratificazione tipico dei sistemi a secco. Nell’attuale contesto, l’incremento dei requisiti correlati all’involucro è cresciuto in misura tale che l’elemento di tamponamento non può più semplicemente essere considerato una chiusura ma, entrando a far parte di un ben più articolato pacchetto, diviene esso stesso elemento attivo della stratigrafia. Esso è chiamato a fornire nuovi contributi prestazionali e a interagire con nuovi strati in precedenza assenti nella convenzionale configurazione dei sistemi a umido. Non è un caso che il mercato offra oggi una grande quantità di elementi per il tamponamento che consentono di migliorare le caratteristiche termiche e/o acustiche della chiusura. Con l’ingresso dei nuovi requisiti, e in particolar modo quello del miglioramento del comportamento termico, anche un materiale assolutamente tradizionale come il laterizio è stato oggetto di una profonda evoluzione. Dapprima sono state modificate le caratteristi-


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che geometriche dei blocchi al fine di consentire una migliore giunzione tra gli elementi quale garanzia di un più omogeneo comportamento termico della cortina di chiusura, poi sono state introdotte alcune ulteriori variazioni nella forma e nella disposizione delle cavità per dare la possibilità di inserire armature e getti di completamento o materiali termoisolanti con l’obiettivo di ridurre i ponti termici. Quindi sono state introdotte delle modifiche meno visibili: come quelle sulla composizione dell’impasto, allo scopo di garantire una maggiore omogeneità e resistenza termica, o quelle sull’incremento dei pori presenti nella struttura del componente, sempre al fine di migliorare il comportamento termico grazie alla maggiore presenza di microcamere d’aria nell’impasto. Una più precisa conoscenza dei fenomeni di trasmissione del calore ha, inoltre, dato lo spunto per la modifica della struttura e della geometria dei setti che determinano le cavità dei blocchi in modo da “ritardare” il flusso termico in ingresso. I prodotti di questo tipo sono comunemente definiti blocchi di laterizio alveolare o alveolati. Il principio di funzionamento è tanto semplice, quanto efficace: dal momento che il flusso termico attraversa il blocco prevalentemente mediante i suoi setti interni in direzione trasversale, sfalsando i setti stessi e variando l’allineamento delle cavità, è possibile aumentare il “percorso” necessario al flusso stesso per attraversare il blocco migliorandone di conseguenza il comportamento. L’importanza e la diffusione dei prodotti e dei sistemi a matrice laterizia è legata sul territorio nazionale tanto a una radicata tradizione costruttiva, quanto alla presenza di importanti cave di argilla di alta o altissima qualità che hanno favorito la crescita e la competitività di numerose aziende in questo settore. Nondimeno il passaggio da una produzione di matrice artigianale a quella industriale non ha intaccato l’immagine di questo materiale come prodotto tipico della tradizione costruttiva mantenendo a elevati livelli il suo impiego nonostante il modificarsi dei sistemi costruttivi e dei processi edilizi. Ciò spiega quindi anche gli sforzi in termini di ricerca e sperimentazione compiuti in questa direzione a differenza di altri Paesi come la Francia, notoriamente legata alla costruzione in calcestruzzo, dove i maggiori sforzi sono stati invece indirizzati nel settore dell’isolamento. Si tratta, come spesso accade, di fenomeni legati alle economie di mercato che, oltre a condizionamenti culturali, subiscono gli indirizzi impressi dai principali produttori. Il settore dei laterizi non è ovviamente l’unico a essere coinvolto in questo processo evolutivo, il mercato propone anzi soluzioni ibride o mutuate da altri settori di impiego. Sono ormai comunemente diffusi blocchi a base di argilla espansa o blocchi in calcestruzzo cellulare che mirano ugualmente a un incremento delle prestazioni termiche. Spesso nella messa a punto dei nuovi prodotti si tenta di combinare caratteristiche tali da soddisfare contemporaneamente più requisiti funzionali quali la semplicità della posa, l’efficacia del sistema di giunzione tra i componenti, l’integrabilità con altri materiali. Altrettanto frequentemente è ricercato un punto di equilibrio ottimale tra la massa dell’elemento – per i vantaggi termici già esplicitati – e la sua geometria al fine


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Figure 19 e 20. La conformazione e la geometria dei blocchi in laterizio si è evoluta in funzione del conseguimento di migliori prestazioni termiche. La forma e la posizione degli elementi di giunzione è stata modificata per garantire la massima continuità tra gli elementi e la stessa suddivisione interna delle cavità è stata studiata per ritardare il flusso termico.

Figure 21 e 22. Nella pratica costruttiva contemporanea la muratura, sgravata da compiti strutturali fondamentali, diviene prevalentemente un sistema di chiusura in cui si concentrano nuove funzioni e su cui si stratificano altri componenti dell’involucro.

di garantire una certa “leggerezza” e manovrabilità dell’unità minima in fase di posa in opera. Un ulteriore segmento di strategica importanza è rappresentato da quello dei materiali leganti le cui caratteristiche si sono dovute adeguare all’incremento prestazionale dei componenti di chiusura. Non minore importanza assume la compatibilità dei prodotti con nuovi componenti frutto dell’ibridazione con altre tecniche costruttive o della necessità di inserire, all’interno di pacchetti sempre più articolati, degli elementi di controllo del comportamento termoigrometrico. L’offerta di membrane per il controllo della migrazione del vapore si è moltiplicata in funzione dell’ingresso di nuove possibili combinazioni tra materiali di natura diversa e in funzione di una sempre più approfondita conoscenza dei fenomeni fisico tecnici che investono le chiusure.


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Figure 23 e 24. Il principio di una stratificazione a umido della muratura è ormai parte della consuetudine costruttiva specialmente per quanto riguarda la realizzazione di murature con controparete interna o esterna. Lo strato di isolamento può essere interposto alle cortine murarie o collocato dietro al rivestimento in cartongesso o ancora essere direttamente intonacato.

Freni, barriere al vapore e membrane traspiranti dalle diverse caratteristiche e di svariata composizione diventano elementi sempre più indispensabili nelle stratigrafie, imponendo una maggiore attenzione a livello progettuale riguardo a scelta e posizionamento. Le stesse modalità di messa in opera richiedono alcuni accorgimenti nell’allestimento degli strati in cui si deve incominciare a tenere conto della presenza di specifici elementi di adesione o di connettori meccanici. Questo stesso ragionamento vale per la presenza dei materiali isolanti la cui scelta condiziona inevitabilmente la configurazione del pacchetto e il posizionamento degli strati di protezione e controllo. Nell’ottica di conseguire più elevate prestazioni termiche e nel contempo una riduzione degli apporti energetici necessari (con relativo decremento delle emissioni), il ruolo dei materiali isolanti in un involucro stratificato a umido è strategico. Si deve tenere sotto controllo lo spessore complessivo della sezione muraria, in ragione di eventuali vincoli geometrici del progetto, e nello stesso tempo, in ragione delle prassi costruttive consolidate, le modalità esecutive. Uno degli aspetti fondamentali che ha portato i sistemi a umido all’ibridazione con il principio di stratificazione è costituito dalla possibilità di migliorare il comportamento dell’involucro senza tuttavia stravolgere un processo costruttivo che, nei suoi elementi fondamentali, non è sostanzialmente mutato dal dopoguerra a oggi. Sono stati sostituiti dei prodotti, sono state migliorate alcune dotazioni per la posa, sono


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stati introdotti svariati elementi complementari, addirittura modificate le miscele dei calcestruzzi, ma di fatto l’iter nell’esecuzione dei getti e nella posa in opera non ha subito profonde innovazioni. In un certo senso, tutti i cambiamenti che hanno avuto luogo nell’involucro stratificato a umido si sono verificati con una certa lentezza susseguendosi nel tempo in una sorta di processo di aggiornamento che è riuscito a vincere la caratteristica reticenza del settore edilizio al cambiamento. Il mantenimento di prassi consolidate attraverso il graduale recepimento degli elementi di innovazione non ha, tuttavia, permesso un medesimo approccio dal punto di vista progettuale giacché una più articolata stratigrafia obbliga a una riflessione sul rapporto che si instaura tra gli strati costitutivi e sugli obiettivi che ci si prefigge con il loro impiego.

REQUISITI E CRITERI DI PROGETTO

La principale conseguenza dell’incremento di complessità dell’involucro è, sul piano progettuale, rappresentata dalla necessità di approfondire il rapporto che lega i diversi strati che costituiscono il pacchetto. Pur utilizzando gli stessi componenti è possibile dare luogo a soluzioni assai differenti sia in termini di esiti formali che in termini di prestazioni. L’allestimento della stratigrafia può variare molto in relazione alla composizione della cortina di chiusura vera e propria. Una parete costituita da un setto in calcestruzzo presenta infatti caratteristiche termiche inferiori rispetto a una di dimensioni equivalenti in laterizio con una conseguente differente progettazione degli elementi di isolamento. Nella maggior parte dei casi il progettista è però chiamato a confrontarsi con situazioni in cui la parete presenta una struttura mista costituita in parte dagli elementi strutturali in calcestruzzo e in parte dal tamponamento in laterizio. Questa condizione, largamente diffusa, è legata non solo a un radica-

Figure 25 e 26. Nella pratica costruttiva contemporanea la muratura, sgravata da compiti strutturali fondamentali, diviene prevalentemente un sistema di chiusura in cui si concentrano nuove funzioni e su cui si stratificano altri componenti dell’involucro.


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mento culturale, ma anche a fattori economici che, specie alla piccola e media scala, possono assumere una certa importanza. È evidente che questo tipo di valutazioni non coinvolgono opere in cui è proprio l’uso del calcestruzzo a consentire configurazioni geometriche più complesse o certe valenze formali. Nella pratica comune, l’associazione tra involucri “a umido” e sistemi misti a matrice laterizia è quasi immediata. Questa condizione è riferibile sia ai progettisti, ai costruttori e, più in generale, agli addetti ai lavori, che all’utenza stessa, la quale seppure in modo inconsapevole tende a considerare questi sistemi come i più collaudati e affidabili. Ciò vale, in particolar modo, per il settore residenziale in cui prevale nell’utente finale l’idea di disporre di una casa “solida”, aderente a un modello tradizionale. Dal punto di vista del progettista e del costruttore si tratta di sistemi molto conosciuti, la cui pratica non richiede particolari livelli di specializzazione (almeno fino a questo momento, ma è presumibile che crescendo il livello di precisione richiesto da alcune stratigrafie ciò sia destinato a cambiare) e che permette ancora l’applicazione di alcuni correttivi in corso d’opera. Si tratta di una pratica che vede una certa separazione tra la costruzione del grezzo e le successive fasi di realizzazione: basti pensare al tracciamento delle reti impiantistiche che richiede la parziale demolizione della muratura appena eseguita. Un approccio consolidato molto distante dai livelli previsionali e dai processi di integrazione tipici dei sistemi stratificati a secco. Tuttavia, proprio l’introduzione di nuovi requisiti o di più elevati livelli prestazionali correlati sta determinando alcuni cambiamenti a livello progettuale. L’introduzione di norme tecniche e parametri di calcolo sempre più stringenti (derivanti da processi di aggiornamento e/o di recepimento delle normative europee, o emanati a seguito di eventi sismici di grande intensità), nonché la contestuale applicazione delle disposizioni per il contenimento dei consumi e l’efficienza energetica, possono determinare alcune importanti ricadute. L’aumento della sezione degli elementi resistenti in calcestruzzo comporta un incremento della disparità di comportamento termico rispetto al tamponamento in laterizio, dando luogo a problematiche aree di disomogeneità. Seppure appartenenti a due sfere diverse, i requisiti di carattere statico e quelli di carattere termico sono infatti per molti versi legati. Come è noto, in presenza di un sistema misto si verificano, per la natura stessa della costruzione, dei fenomeni – comunemente chiamati “ponti termici” – derivanti dal differente comportamento termico di due materiali contigui. L’aumento delle sezioni strutturali determina quindi una maggiore difficoltà di compensazione di questi effetti e richiede, davanti all’obiettivo di un generale miglioramento del comportamento termico, una più attenta definizione delle stratigrafie in corrispondenza dei nodi. Altre ricadute possono, infatti, avere luogo per effetto di tali disomogeneità come l’insorgenza di microlesioni e fessurazioni in corrispondenza delle superfici interne o esterne delle pareti in corrispondenza dei marcapiani o del telaio strutturale. Una progettazione attenta permette di sfruttare il principio di stratificazione per


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restituire una maggiore omogeneità agli elementi più superficiali e per prevedere opportune soluzioni per assorbire gli effetti di dilatazione e/o ritiro. Ulteriori requisiti possono essere determinati dal programma funzionale e dal profilo di utenza. Ampiamente utilizzato nel settore residenziale, il sistema a matrice laterizia è diffuso anche nel terziario, negli uffici e in altre tipologie edilizie, dove la risposta prestazionale al quadro esigenziale definito dalla destinazione d’uso è generalmente offerta da una diversa integrazione delle reti impiantistiche e da un differente allestimento degli strati più superficiali del pacchetto. Risultati più performanti potrebbero in questo caso essere conseguiti tenendo conto, durante le fasi di progettazione, delle fasce orarie di esercizio e dei carichi energetici nei diversi periodi. Nondimeno, una certa influenza nella gestione dei parametri è data dalle condizioni al contorno, dal quadro climatico di riferimento, dall’orientamento e dall’esposizione dell’edificio. L’estensione del processo di stratificazione ai sistemi “a umido” si configura quindi non solo come una conseguenza più o meno diretta della necessità di migliorare il comportamento termico e l’efficienza energetica dell’edificio, ma anche come la possibilità di compensare una serie di limiti funzionali e prestazionali che fino a non molto tempo fa erano tollerati perché compensati da altre dotazioni impiantistiche della fabbrica. In quest’ottica due indirizzi progettuali diventano prioritari criteri di scelta: mirare a restituire la massima continuità e omogeneità agli strati più esterni del pacchetto; comporre la stratigrafia tenendo conto del diverso effetto che il posizionamento dei componenti può produrre. Si deve inoltre tenere conto delle variabili combinazioni tra sistemi, componenti e prodotti che, pur facendo riferimento alla costruzione “a umido”, possono comportare lavorazioni sensibilmente diverse e dare luogo a una molteplicità di soluzioni. Tuttavia, nonostante una certa eterogeneità determinata dall’ampia offerta di mercato e dalle varie linee progettuali, è possibile ricondurre le diverse soluzioni ad alcune famiglie di riferimento delle quali appare opportuno, alla luce di temi come il miglioramento delle caratteristiche termiche e il conseguimento di una maggiore efficienza energetica, approfondire lo stretto legame che si instaura tra le scelte tecnologiche e il comportamento dell’involucro. Temi, rispetto ai quali l’involucro gioca un ruolo chiave nella sua complessità imponendo un approccio non semplicemente teso all’utilizzo di materiali ad alte prestazioni, ma indirizzato a una sinergica relazione tra tutte le parti del sistema.


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STRATIGRAFIE E SEZIONI DI RIFERIMENTO

In un quadro di riferimento tanto eterogeneo e articolato non è pensabile condurre un’analisi che prenda in esame tutte le possibili soluzioni concesse a livello progettuale dai sistemi e dai prodotti disponibili sul mercato, ma è possibile valutare il comportamento di alcuni pacchetti di involucri presi a riferimento tenendo conto del fatto che su di essi possano essere effettuate alcune variazioni. Le stratigrafie di riferimento sono state selezionate, in questo caso, tra quelle maggiormente diffuse sul territorio nazionale, partendo dai sistemi più tradizionali per arrivare a quelli di più recente introduzione. In questo modo, pur riducendo notevolmente il numero di sezioni analizzate, è possibile suddividere le soluzioni di involucro in famiglie tipologiche in cui, al di là delle variazioni prestazionali determinate dalla variazione di specifici strati, il comportamento complessivo del pacchetto può ritenersi comparabile. A partire da quello che può essere considerato il sistema costruttivo più diffusamente adottato nella pratica corrente, cioè quello con struttura a telaio in calcestruzzo armato, chiusura in blocchi di laterizio con isolante e controparete interna, sono state esaminate altre quattro sezioni di riferimento: la chiusura con cappotto esterno, ormai largamente adottata; la chiusura con controparete esterna e isolante interposto, la chiusura con cortina in laterizio a vista e intercapedine d’aria; la chiusura con facciata ventilata e sistema di rivestimento su sottostruttura. Ognuna di esse non è semplicemente sviluppata nella sua sezione tipica, ma è contestualizzata in una più ampia porzione di involucro che permetta di formulare alcune riflessioni sul suo comportamento in corrispondenza di nodi, serramenti e altri elementi di discontinuità del pacchetto. Proprio su questi punti si concentrano infatti le maggiori criticità a livello progettuale, senza peraltro che ciò possa essere completamente valutato con un’ordinaria analisi termica. Analisi termica che, comunque, consente l’eventuale comparazione delle prestazioni delle sezioni al variare di un prodotto o al variare degli spessori dello stesso, fornendo utili strumenti per guidare la scelta e orientare il progetto nell’ampia disponibilità del mercato. Nondimeno, l’analisi della sezione prevede alcune considerazioni sull’interazione tra i diversi strati e sulla collocazione degli elementi di controllo nella stratigrafia in modo da poter valutare l’efficienza del sistema nel suo complesso dando la possibilità di formulare ulteriori ragionamenti su come l’entità dei vari apporti energetici, correlati alle diverse fasi del ciclo di vita, possa costituire un importante elemento di valutazione in relazione alla durabilità della fabbrica, nonché in funzione delle eventuali azioni di manutenzione e/o recupero.


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2 2.1

INVOLUCRO STRATIFICATO A UMIDO CHIUSURA VERTICALE IN BLOCCHI DI LATERIZIO ALVEOLARE E STRUTTURA IN C.A. CON CONTROPARETE INTERNA E STRATO ISOLANTE INTERPOSTO

Progetto del pacchetto costruttivo All’interno della grande varietà di sistemi costruttivi a umido, quello che prevede la realizzazione di una chiusura in blocchi di laterizio, prevalentemente isolata sul lato interno, rappresenta forse la più diffusa soluzione sia in relazione a fattori di carattere tipologico che in relazione a modalità esecutive per lo più aderenti a processi edilizi tradizionali. Questa soluzione, individuata come principale modello di riferimento, può essere considerata la tecnologia costruttiva standard. La cortina muraria costituita dai blocchi e dalla struttura in calcestruzzo armato, dimensionata in base alla normativa vigente, costituisce il sistema portante e, nel contempo, il principale strato dell’involucro.

1 - rivestimento esterno in intonaco 2 - blocchi in laterizio alveolare 3 - strato di isolamento termico in pannelli di sughero 4 - strato di controllo della migrazione del vapore 5 - controparete interna in laterizi forati 6 - rivestimento interno in intonaco 7 - tavella in laterizio con strato isolante ad alta densità 8 - cordolo perimetrale in c.a. 9 - strato di desolidarizzazione 10 - scossalina metallica con fissaggio a pressione su staffe 11 - cordolo di coronamento in calcestruzzo 12 - membrana impermeabile con risvolto all’interno del canale di gronda 13 - canale di gronda in lamiera metallica e sottostante membrana impermeabile 14 - pavimento galleggiante in quadrotti di calcestruzzo e ghiaia lavata 15 - piedini regolabili in pvc 16 - membrana impermeabile protetta da strato di tessuto non tessuto 17 - massetto di pendenza per scolo acque meteoriche 18 - massetto termoisolante alleggerito con argilla espansa 19 - strato di protezione dell’isolante in fase di getto 20 - soletta in c.a. con rete elettrosaldata 21 - interposti in laterizio per solaio 22 - travetti per solaio in laterocemento 23 - orditura metallica per controsoffitto con sovrapposto strato isolante in lana di roccia 24 - controsoffitto in cartongesso 25 - pendini regolabili di sospensione per controsoffitto 26 - membrana anticalpestio 27 - massetto impiantistico 28 - supporti per riscaldamento a pavimento in materiale termoisolante 29 - massetto radiante 30 - strato di pavimentazione su collante a base sintetica


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Tuttavia, dal punto di vista qualitativo, l’incidenza maggiore è data, oltre che dalla tipologia di blocchi utilizzati, dalle caratteristiche del materiale isolante e degli eventuali ulteriori elementi impiegati nella stratigrafia. Nella sezione rappresentata, la chiusura in blocchi di laterizio alveolare è completata da uno strato di isolamento termoacustico in sughero e da una controparete interna in laterizio forato. Entrambi i lati del pacchetto sono finiti con intonaco. Scelta dei materiali e comportamento termico Su questo schema è opportuno fare alcune considerazioni. In primo luogo è bene sottolineare la necessità di uno strato di controllo della migrazione del vapore sul lato interno prima dello strato di isolamento al fine di prevenire ogni possibile formazione di condensa interstiziale che potrebbe danneggiare il materiale (anche se la scelta del sughero appare cautelativa, mantenendo comunque questo prodotto un buon comportamento in caso di umidità). In secondo luogo è opportuno segnalare che un risultato ugualmente efficiente, sotto il profilo termico, potrebbe essere conseguito modificando la scelta dello strato isolante (per esempio usando la lana di roccia o il polistirene): in questo caso si è deciso di ricorrere a un laterizio più performante per avere una maggiore capacità termica e contenere lo spessore dell’isolamento. Un’ulteriore alternativa è data dall’adozione dei blocchi preisolati che permetterebbero di semplificare la stratigrafia eliminando la controparete interna. Tuttavia, nella scelta dei materiali destinati al completamento della stratigrafia non deve essere trascurata la presenza delle strutture in calcestruzzo, in corrispondenza delle quali può determinarsi un effetto di ponte termico. Nel caso specifico questo problema è stato limitato, ma non completamente eliminato, impiegando laterizi con caratteristiche termoisolanti anche in corrispondenza del coronamento e proteggendo i cordoli di solaio con strati di isolamento ad alta densità. Nello stesso tempo, per evitare di avere un comportamento termico eccessivamente disomogeneo sulla superficie esterna di aggrappo dell’intonaco ed evitare la comparsa di segni in corrispondenza del cordolo, sono state inserite delle tavelle di laterizio di spessore minimo. Fattori di criticità e accorgimenti progettuali Appare evidente come la mancanza di continuità della stratigrafia sul lato esterno determini un comportamento disomogeneo dell’onda termica all’interno della sezione muraria. Per quanto elevate possano essere le prestazioni dello strato isolante posto a protezione dei cordoli, in quel punto l’involucro non avrà la medesima inerzia termica della sua sezione tipica. Questa problematica si amplifica in corrispondenza del nodo di copertura dove, per limitare il fenomeno, è possibile associare allo


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strato di isolamento (in questo caso di sughero) un massetto isolante alleggerito con argilla espansa. Per migliorare ulteriormente le condizioni ambientali al di sotto del solaio di copertura è possibile prevedere un controsoffitto con strato isolante (lana di roccia o fibra di cellulosa). Per proteggere la copertura piana (e in particolare le membrane impermeabilizzanti) dall’irraggiamento diretto è possibile prevedere la realizzazione di un manto galleggiante in quadrotti di cemento (generalmente il prodotto più diffuso ed economico) o in alternativa di uno strato di ghiaia. In particolare, per questa stratigrafia e per quelle a essa assimilabili, il livello di comfort interno dipende molto anche dalle scelte impiantistiche effettuate: a fronte di determinati parametri ambientali (che differiscono in base all’area geografica) l’adozione di un impianto radiante, sia per il riscaldamento, che per il raffrescamento, a pavimento o a soffitto potrebbe consentire una migliore gestione del comportamento termico tanto in regime invernale quanto in regime estivo. Naturalmente questo tipo di scelta non può essere slegata dalla destinazione funzionale e da una specifica valutazione delle fasce orarie di esercizio.

STRATIGRAFIA 2.1 materiale

s [m]

λ [W/(m K)]

Cp [J/kg K]

ρ [kg/m3]

1 intonaco

0,025

0,900

1000

1800

2 laterizio alveolare

0,250

0,180

1000

840

3 pannello di sughero

0,060

0,045

1700

130

-

-

-

-

5 laterizio forato

0,080

0,450

840

1300

6 intonaco

0,015

0,770

1000

1200

4 controllo migrazione vapore

R [(m2 K)/W]

Trasmittanza termica K

[W/(m2 K)]

0,320

[%]

5,6%

[h]

18,70

[W/(m2 K)]

0,018

Fattore di attenuazione fd Sfasamento ϕ Trasmittanza termica periodica |YIE|

Tabella 4. Caratteristiche termofisiche della stratigrafia della soluzione 2.1.


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3. L’INVOLUCRO STRATIFICATO A SECCO

DALLA TRADIZIONE ALL’INNOVAZIONE

La crescente diffusione che molti sistemi costruttivi a secco stanno attualmente incontrando è in buona misura legata ai cambiamenti che stanno coinvolgendo il settore edilizio in relazione a fattori di innovazione direttamente o indirettamente connessi al concetto di risparmio energetico. Il passaggio da un cantiere di costruzione, caratterizzato da lavorazioni in situ dagli impatti elevati (ingombri, polveri, rumori, ecc.), a un cantiere di assemblaggio, in cui invece si compongono e si montano elementi e sottosistemi pressoché finiti, ha favorito lo sviluppo di prodotti sempre più raffinati, sia sotto il profilo della performance, sia sotto il profilo della progettazione. La possibilità di integrare, aggiornare o sostituire parti della costruzione, o delle sue principali unità costitutive, sembra corrispondere pienamente al principio di flessibilità tecnologica su cui si basa l’estensione del ciclo di vita della fabbrica e su cui si fonda ogni approccio progettuale rivolto ai sistemi stratificati a secco. Sebbene numerosi siano gli elementi di innovazione, sia a livello di configurazione del sistema che di prodotto, la concezione costruttiva appare sostanzialmente immutata rispetto alla sua origine. Le molte declinazioni assunte da una struttura multiplamente rivestita all’interno e all’esterno sembrano, per la maggior parte dei casi, attingere a comuni modelli di riferimento. La costruzione a secco non è di per sé un sistema innovativo, è infatti presente nella tradizione costruttiva di molte regioni nella forma di strutture a matrice lignea e, prima ancora, nella forma di strutture in pietra. Ciò che può risultare innovativo è semmai il rapporto che si instaura tra gli strati che costituiscono l’organismo edilizio o anche le finalità per le quali è concepita una determinata stratificazione. Un mirabile esempio in tal senso è offerto dalle numerose costruzioni sperimentali messe a punto da Richard Buckminster Fuller, fra tutte la Wichita House in cui tentò di coniugare forma, tecnologia e uso dei materiali allo scopo di creare un manufatto perfettamente autonomo sotto il profilo energetico precorrendo di molti anni gran parte delle attuali tematiche della sostenibilità. L’intero edificio era concepito per favorire la ventilazione naturale attraverso apposite prese d’aria disposte lungo la parte basamentale e un estrattore di calore posto in copertura. Per quanto riguarda l’accezione contemporanea di costruzione stratificata a secco, è opportuno evidenziare la netta distinzione che sussiste tra i cosiddetti sistemi a matrice lignea e i sistemi a matrice metallica. Essa fa essenzialmente riferimento al materiale impiegato per la realizzazione della struttura portante, mentre diviene decisamente più ambigua per quanto riguarda gli altri componenti delle stratigrafie, in particolare i rivestimenti, in cui sono molto frequenti i casi di contaminazione tra le due


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Figura 32. Molte delle recenti costruzioni a matrice lignea sono realizzate con pannelli portanti a tavole incrociate che uniscono elevate capacità meccaniche a spessori contenuti.

“famiglie costruttive”. Tuttavia, questa distinzione è decisamente opportuna, sia in funzione delle caratteristiche proprie dei due materiali, sia in funzione del differente comportamento a livello strutturale. Proprio questa condizione spiega anche il legame di ciascuna con specifici campi di impiego e la preferenza ad esse accordata in alcune tipologie edilizie. Non sono trascurabili nemmeno le differenze in termini di costi (economici ed energetici), di durabilità e di impatti. Nonostante siano accomunate da alcuni principi fondamentali, le due matrici possono risultare radicalmente diverse. La crescente diffusione delle soluzioni a matrice lignea, dopo una stagione in cui l’acciaio sembrava la principale alternativa possibile all’uso del calcestruzzo, è legata da una parte alla maturazione di una cultura sostenibile attenta all’ecocompatibilità, agli impatti, al contenimento del consumo di risorse, alla riduzione delle emissioni, ecc. (il legno è una risorsa rinnovabile, ma anche un materiale smaltibile senza eccessivi impatti), dall’altra al contestuale incremento del costo dell’acciaio e delle lavorazioni ad esso correlate (sui quali pesa anche l’aumento del costo dell’energia). In particolare, le residenze realizzate con struttura lignea sembrano essere divenute, in molti contesti, il simbolo di una più attenta e sostenibile pratica costruttiva tanto da essere immediatamente associate ad alti standard di efficienza energetica e a varie pratiche di certificazione. Al di là delle oggettive qualità di queste costruzioni, ciò che colpisce di più è la capacità di penetrazione che esse stanno avendo in un mercato


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Figura 33. Le strutture a matrice metallica sono spesso caratterizzate dall’impiego di facciate multilayer in cui agli elementi di tamponamento si sovrappongono strati di isolamento e rivestimenti in svariati materiali.

dominato fino a non molto tempo fa dai sistemi a umido e dal prevalente impiego del laterizio. Le elevate prestazioni garantite da questi sistemi non sono sufficienti a spiegare un simile progresso sul mercato. Si devono considerare almeno altri due fattori di una certa rilevanza. In primo luogo il legame che esse instaurano con modelli tradizionali, quali quelli presenti nelle regioni alpine o in Nord Europa che, seppure con linguaggi e tecniche diversi, tendono a valorizzare una delle principali risorse naturali del territorio trasformandola in manufatti edilizi di elevata qualità. Non è quindi difficile intuire come le nuove tecnologie, quali i pannelli portanti a sandwich con isolante interposto o i pannelli portanti a tavole incrociate, non siano altro che l’evoluzione o la reinterpretazione di pratiche costruttive come il timber frame o il sistema platform. L’innovazione non risiede in questo caso nella concezione, ma nelle modalità realizzative degli elementi costruttivi o nelle modalità di assemblaggio degli stessi. In secondo luogo si deve tenere conto del fondamentale ruolo della comunicazione in questo settore: essa veicola, attraverso immagini e concetti immediatamente riconoscibili dall’utenza, un valore aggiunto costituito da una più elevata qualità e da prestazioni migliori che possono essere certificate. Su queste e altre caratteristiche sono state costruite strategie di marketing che hanno saputo cogliere i bisogni espressi dall’utenza offrendole risposte non solo credibili, ma desiderabili. Risposte che, in molti casi, hanno il rassicurante aspetto di un edifi-


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cio appartenente all’immaginario tradizionale. Ben diversa è invece la tradizione a cui si richiamano i sistemi a matrice metallica che ha radici nella Rivoluzione industriale e nel grande processo di trasformazione che di lì in avanti ha investito tutto il mondo produttivo. Lo sviluppo e la diffusione delle costruzioni in metallo è storicamente legata a una vocazione strutturale: le capacità meccaniche offerte da telai di ridotto spessore aprivano le porte a nuove frontiere nella progettazione di edifici complessi, caratterizzati da grandi luci, ma anche a nuove tipologie edilizie (si pensi per esempio ai primi grattacieli sorti a Chicago). È solo in una seconda fase che l’attenzione si concentra sul prodotto di serie e sulla possibilità di combinazione degli elementi. Tuttora, i principali elementi di innovazione in questo settore sono rappresentati dall’introduzione di componenti più performanti nella stratificazione dei pacchetti, seguendo il concetto della cosiddetta facciata multilayer in cui ogni prodotto tende a svolgere una funzione specifica e, nel contempo, a interagire con gli altri al fine di determinare alcune prestazioni aggiuntive. Gli esempi più significativi in questa direzione sono offerti dalle architetture Hi-Tech in cui facciate continue, a doppia pelle, ventilate, ecc. divengono veri e propri dispositivi di controllo delle condizioni ambientali interne. Nella pratica progettuale convenzionale, il concetto di stratificazione multipla è generalmente connesso all’utilizzo dei materiali isolanti che hanno il compito, essendo la struttura metallica prevalentemente a telaio, di “saturare” le pareti definite dal sistema di rivestimento. L’intero comportamento termico di queste costruzioni dipende dagli strati isolanti e proprio per questo motivo la loro scelta diviene estremamente rilevante. É inoltre interessante notare il differente ruolo svolto dall’isolante rispetto alle strutture in legno che, nella pratica corrente, sono prevalentemente realizzate con pannelli portanti preassemblati o pannelli portanti a tavole incrociate (cross laminated timber). Mentre nei sistemi a telaio (in acciaio, ma anche in legno) l’isolante tende a comporre la chiusura, anche in funzione del sistema di rivestimento, nei sistemi a pannelli l’isolante opera come completamento poiché il pannello agisce esso stesso come uno strato della chiusura fornendo prestazioni aggiuntive a quelle strutturali (supporto, isolamento acustico, ecc). Oltre alle differenze in termini di configurazione, prestazione e quantità sono evidenti anche le implicazioni a livello progettuale che richiedono una ben più complessa valutazione nella scelta dei prodotti da adottare in funzione degli obiettivi prefissati.

CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE E CRITERI DI PROGETTO

La fondamentale caratteristica dei sistemi a secco è rappresentata dalla possibilità di assemblaggio degli elementi, garantita dalla presenza di giunzioni meccaniche. Da ciò consegue anche la possibilità di rendere reversibile il processo e di smontare que-


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Figure 34-37.Alcuni esempi di stratificazioni su strutture a matrice lignea e metallica. Sono riconoscibili varie tipologie di materiale isolante, lo strato di controllo della migrazione del vapore e alcune soluzioni di rivestimento interno ed esterno.


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gli stessi elementi anche a distanza di tempo. La reversibilità di una connessione è, di fatto, la premessa a molte delle altre caratteristiche per le quali questo approccio costruttivo è apprezzato. Sebbene intorno a questo principio di reversibilità si sviluppi l’intera concezione del sistema è bene non assumere posizioni troppo rigide al riguardo. Sono infatti frequenti i casi in cui l’assemblaggio tra due o più componenti avviene in modo irreversibile o per la presenza di lavorazioni a umido (getti, incollaggi, ecc.) o per i danni che si produrrebbero tentando di rimuovere la connessione (è per esempio il caso di alcuni tipi di chiodatura usati nella giunzione tra profilati metallici). È inoltre Figure 38. L’approccio costruttivo a secco, nelle sue moltepliaumentato il livello di contaci declinazioni, richiede tanto una maggiore capacità di previminazione tra tecniche sione e controllo a livello progettuale quanto una maggiore precisione esecutiva. costruttive appartenenti ad approcci diversi, dando luogo a una maggiore ambiguità interpretativa. Dalla possibilità di smontare la maggior parte dei componenti discendono le caratteristiche di flessibilità e integrabilità che fanno sostanzialmente riferimento alla possibilità di aggiungere nuovi elementi, aggiornare quelli esistenti o sostituirli con altri prodotti più performanti resisi, nel frattempo, disponibili sul mercato. A ciò è legata anche l’integrazione di nuove dotazioni impiantistiche, nonché l’estensione o la modifica di quelle esistenti. A questa flessibilità tecnologica corrisponde, almeno a livello teorico, una potenziale flessibilità d’uso che consente, attraverso modifiche minime, una differente fruizione del manufatto edilizio. Tuttavia, ciò è spesso legato a cambi di configurazione (distributiva e funzionale) che richiedono un certo onere in termini economici ed energetici.


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Allo smontaggio delle diverse parti della costruzione è subordinata anche la possibilità di recuperare, al termine del ciclo di vita della stessa, componenti e materiali da destinare al riuso o al riciclo diminuendo gli impatti ambientali. Il passaggio dalla demolizione alla dismissione è strettamente collegato alla diversa natura del cantiere che, come già accennato, diviene “pulito” privo cioè di molte delle più impattanti lavorazioni in situ. Al termine “miscelare” si sostituisce “assemblare”, al termine “gettare” si sostituisce “avvitare” in un processo che tende ad assomigliare, almeno concettualmente, a quello della produzione industriale. La maggior parte delle caratteristiche è comune alle due famiglie costruttive a matrice lignea e a matrice metallica, così come per entrambe il principale fattore di configurazione morfologica e tecnologica è determinato dalla scelta dello schema strutturale di riferimento. Nel caso di matrice metallica esso sarà, prevalentemente, riconducibile a un telaio dimensionato al fine di contenere al massimo la quantità di materiale (acciaio o alluminio) necessario. Nel caso di matrice lignea, oltre al telaio, le principali tendenze del settore fanno riferimento all’impiego di pannelli portanti per i quali è preferibile assumere una geometria regolare atta a favorire il comportamento scatolare della struttura in caso di sollecitazioni orizzontali. In entrambi i casi si registra, rispetto all’impiego di sistemi a umido, una distinzione molto più netta, sia dal punto di vista fisico che funzionale, tra gli elementi tecnici che favorisce alcune riflessioni riguardo ad alcuni fondamentali criteri progettuali. Nelle attuali pratiche costruttive, la struttura di elevazione si sviluppa a partire da un apparato fondazionale generalmente realizzato in calcestruzzo dando luogo, in corrispondenza dell’attacco a terra, a un nodo di particolare criticità. È infatti necessario connettere materiali diversi avendo cura di proteggere la giunzione da elementi che possano compromettere le caratteristiche e la durabilità dei componenti. Nel caso di struttura lignea, da possibili fonti di infiltrazioni di acqua, dall’umidità di risalita e da ogni altro fattore legato alla vicinanza con il suolo. Per questa ragione, viene normalmente eseguito un cordolo di appoggio la cui sommità supera la quota del piano campagna o, in alternativa, l’intera struttura del pianoterra viene eseguita in calcestruzzo. Un ragionamento analogo vale anche per le strutture metalliche che, sebbene molto più resistenti e durevoli, possono dare luogo a fenomeni di degrado che interessano anche gli elementi contigui. Svariati accorgimenti sono poi necessari, oltre che per proteggere le giunzioni, per celare i profili metallici nello spessore delle stratificazioni per ragioni di carattere formale. Una volta definito l’assetto strutturale, il numero di variabili coinvolte nella definizione dei pacchetti di chiusura aumenta notevolmente complicando non poco il processo progettuale. In questa fase, un ruolo di particolare importanza è giocato dalla scelta e dalla collocazione degli strati di isolamento. Non solo per i loro apporti prestazionali in chiave termica, ma anche per la loro relazione con le sottostrutture di sostegno e i rivestimenti.


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Nel caso di una struttura in legno è frequente che un primo strato isolante possa essere contenuto tra gli elementi strutturali, se questi non sono continui, supportato da tavole o pannelli di tamponamento. Ulteriori strati possono essere sovrapposti ad esso o all’elemento strutturale continuo. Viceversa in una struttura metallica, il cui telaio ha generalmente un passo più ampio, è spesso necessaria la presenza di una o più sottostrutture atte a sostenere e fissare i componenti degli strati di completamento. La scelta del materiale isolante è legata in parte alle condizioni climatiche di riferimento, in parte all’assetto della struttura, in parte ad altri fattori di ordine economico, ma non solo). La volontà di offrire una pur minima massa frontale sul lato esterno, così come la presenza di un’intercapedine di ventilazione possono condizionare la scelta del prodotto. Non essendoci una vera e propria muratura, la sequenza degli strati è meno vincolata, ma la sua corretta progettazione richiede maggiore attenzione. In particolare, aumenta anche il ruolo degli strati di controllo della migrazione del vapore, sia con freni e barriere al vapore sul lato interno, sia con membrane impermeabili traspiranti su quello esterno. L’allestimento della stratigrafia deve tenere anche conto degli ingombri generati dalla struttura e dalla sottostruttura, nonché dei potenziali ponti termici derivanti dai molti punti di giunzione. Nondimeno, la scelta del rivestimento deve garantire la massima tenuta e le migliori condizioni di mantenimento dei sottostanti strati e, in particolare, di quelli isolanti. Per i sistemi a matrice lignea, è facile intuire che la premessa fondamentale per un comportamento efficiente sia la conservazione delle principali caratteristiche degli strati e il conseguimento della massima durabilità. Entrambe le famiglie costruttive presuppongono, per la concezione stessa del sistema, un elevato grado di precisione in fase realizzativa. Grado di precisione che, se da una parte deve essere garantito da una manodopera adeguatamente preparata, dall’altra deve essere reso possibile da un progetto che tenga debitamente conto delle opportunità e dei limiti insiti in queste tecnologie costruttive offrendo i necessari strumenti per controllare i non pochi fattori di criticità in gioco.


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STRATIGRAFIE E SEZIONI DI RIFERIMENTO

Una sistematizzazione delle molte soluzioni realizzabili attraverso le due famiglie costruttive, quella a matrice lignea e quella a matrice metallica, risulterebbe non solo difficoltosa, viste le ampissime possibilità di variazione date dalla disponibilità di componenti e prodotti sul mercato, ma anche in contraddizione rispetto a uno dei principi fondanti di questo approccio tecnologico, cioè la ricombinazione e l’integrazione di elementi diversi. Avendo però come obiettivo quello di analizzare il comportamento dell’involucro e, in particolare, del sistema di chiusura verticale, è utile cercare di ricondurre le molte variazioni possibili ad alcune soluzioni di riferimento che permettano di evidenziare le principali differenze tra i più diffusi sistemi attualmente adottati. Le stratigrafie selezionate e analizzate di seguito, pur non rappresentando tutte le possibili soluzioni di chiusura, sono assunte come famiglie tipologiche la cui configurazione del sistema Struttura-Rivestimento consente di ampliare il campo di indagine sostituendo uno o più elementi del pacchetto di involucro garantendo, comunque, la comparabilità complessiva. Ai fini di una maggiore chiarezza, è stata mantenuta la distinzione tra sistemi a matrice lignea e sistemi a matrice metallica. Nel primo caso, sono state prese in esame quattro stratigrafie di riferimento, una basata sull’impiego di una struttura a telaio con elementi di completamento e isolamento interposto, una basata sull’impiego di pannelli sandwich preassemblati, una basata sull’impiego di pannelli portanti a tavole incrociate con rivestimento a cappotto e una basata sulla medesima soluzione strutturale, ma con rivestimento di facciata ventilato. Nel secondo caso, sono state considerate tre stratigrafie di riferimento, tutte basate su una struttura a telaio, nelle quali sono stati ipotizzati diversi pacchetti di chiusura variando le caratteristiche degli strati di tamponamento e di isolamento. Ognuna di esse è stata contestualizzata in una più ampia porzione di involucro al fine di valutare il suo comportamento in corrispondenza di nodi, serramenti e altri punti di criticità del pacchetto. È stato inoltre approfondito il comportamento termico delle sezioni tipiche delle stratigrafie anche al fine di tenere conto delle differenti prestazioni dei materiali al momento dell’allestimento del pacchetto di involucro. Ulteriori riflessioni sono state, infine, formulate sulle ricadute che le varie scelte tecnologiche comportano in termini di investimento energetico sia in fase di costruzione che durante il ciclo di vita, per effetto delle possibili azioni di manutenzione, in relazione all’obiettivo di conseguire una riduzione dei consumi energetici in fase di esercizio. In tal senso, una valutazione delle caratteristiche di durabilità del sistema e delle possibilità di intervento consentite dalla concezione del progetto diventa prioritaria.


Il progetto dell’involucro efficiente

3 3.1

L’INVOLUCRO STRATIFICATO A SECCO CHIUSURA VERTICALE A MATRICE LIGNEA CON STRUTTURA A TELAIO, TAVOLATO DI CHIUSURA E STRATI DI ISOLAMENTO

Progetto del pacchetto costruttivo La soluzione basata sull’adozione di un telaio in legno è quella che forse più di ogni altra interpreta in chiave contemporanea i modelli costruttivi tradizionali, non solo quelli storicamente presenti sul territorio nazionale, ma anche quelli di importazione relativamente recente provenienti dal Nord Europa o dagli Stati Uniti. Nell’attuale pratica edilizia, questo sistema viene normalmente realizzato impiegando montanti, traversi e diagonali in legno massello o lamellare che, giuntati mediante chiodatura o appositi connettori in carpenteria metallica, formano l’ossatura strutturale dell’edificio. Le sezioni degli elementi possono variare sensibilmente in relazione al passo strutturale definendo un telaio più o meno fitto su cui si impostano gli strati di completamento.

1 - rivestimento esterno in pannelli di compensato marino 2 - strato di aerazione 3 - membrana impermeabile traspirante 4 - strato isolante in lana di legno mineralizzata 5 - tavolato di chiusura in legno 6 - strato isolante in pannelli di sughero 7 - tavolato di chiusura 8 - strato di controllo della migrazione del vapore 9 - sottostruttura in legno di supporto al rivestimento interno 10 - rivestimento interno in cartongesso a doppia lastra 11 - canale di gronda 12 - elemento scorrevole di schermatura 13 - vetrocamera con lastre bassoemissive 14 - serramento in legno 15 - davanzale in pietra con pendenza di acquatura e fresatura rompigoccia 16 - traverso di supporto in legno 17 - manto di copertura in coppi su listellatura di supporto 18 - membrana impermeabile 19 - tavolato su listelli di supporto 20 - strato di ventilazione 21 - membrana impermeabile traspirante di sicurezza 22 - tavolato di supporto 23 - trave principale di copertura in legno 24 - pavimento in doghe di legno 25 - strato di desolidarizzazione per posa a secco della pavimentazione in legno 26 - strato isolante in fibra di legno ad alta densità interposto ai travetti di supporto in legno 27 - membrana anticalpestio 28 - doppio tavolato strutturale 29 - orditura primaria del solaio in legno


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0

10

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30

40

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Assunto il telaio strutturale come elemento invariante della costruzione, gli strati che compongono il pacchetto possono essere fortemente diversificati sia per quanto riguarda l’isolamento che per quanto riguarda il rivestimento. La scelta è normalmente condizionata dalle dimensioni degli elementi strutturali nel cui spessore si tende a contenere l’insieme dei componenti di tamponamento affidando, poi, ai rivestimenti interni ed esterni il compito di completare il pacchetto. Scelta dei materiali e comportamento termico La sezione ipotizzata adotta un telaio strutturale di passo medio con elementi di dimensioni sufficienti ad accogliere buona parte del pacchetto di isolamento. Quest’ultimo è costituito da pannelli di sughero contenuti da un tavolato di chiusura su ambo i lati per lo strato interposto alla struttura e da un ulteriore strato di lana di legno mineralizzata posta in adesione al tavolato rivolto all’esterno. Questo secondo elemento ha lo scopo di offrire a un involucro tendenzialmente leggero un pur minimo contributo in termini di massa, mentre al sughero è deputato il principale apporto in termini di isolamento. La limitata massa dell’involucro si ripercuote sulla sua capacità termica e di conseguenza sullo sfasamento che, pur agendo efficacemente sul comportamento complessivo, risulta decisamente inferiore rispetto a quello delle sezioni massive esaminate nel capitolo precedente. Analogo ragionamento può essere formulato per la copertura. Nella sezione riportata si è adottato un tetto a falde con corrispondente pacchetto di isolamento e manto ventilato in coppi. Il comportamento termico dell’involucro è garantito solo se il doppio strato di isolamento mantiene inalterate le proprie caratteristiche e non subisce alterazioni prodotte, per esempio, dalla presenza di umidità. Il pacchetto così definito necessita dunque di due ulteriori fondamentali strati di controllo, un freno o barriera al vapore sul lato interno e una membrana impermeabile traspirante sul lato esterno, prima di essere completato dai rivestimenti. Fattori di criticità e accorgimenti progettuali La membrana sul lato interno ha lo scopo di impedire l’eventuale insorgenza di condensa interstiziale, mentre quella sul lato esterno è indispensabile per proteggere sia la struttura che gli strati di isolamento dall’eventuale presenza di acqua in caso di infiltrazione dal rivestimento o di fenomeni atmosferici particolarmente intensi. Il rivestimento esterno è in questo caso (ma le opzioni possono essere molteplici) in pannelli di legno su sottostruttura a montanti in legno. Per questa scelta è preferibile l’impiego di compensato marino o di legni particolarmente stabili e resistenti anche in presenza di consistenti variazioni termoigrometriche. Il rivestimento interno è in cartongesso a doppia lastra su sottostruttura in legno (ma anche qui le soluzioni pos-


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sono variare molto). Le intercapedini determinate dalla sottostruttura possono essere utilizzate per il passaggio delle reti impiantistiche analogamente a quanto previsto per il solaio di interpiano. Quest’ultimo è realizzato con doppio tavolato su orditura lignea e completato da uno strato di isolamento interposto ai travetti di legno su cui si imposta lo strato di pavimentazione e nel cui spessore possono essere alloggiati ulteriori impianti. I principali elementi di criticità di questa soluzione sono connessi alla necessità di prevedere e consentire un’adeguata attività manutentiva degli strati più esterni al fine di garantire una corretta tenuta agli agenti atmosferici e prevenire una perdita di prestazione del sistema che potrebbe seriamente comprometterne l’efficienza. Sebbene supportata da bassi apporti energetici iniziali e impatti limitati, la scelta di un rivestimento esterno in legno comporta, in questo senso, un deterioramento fisiologico inevitabile che deve essere monitorato adeguatamente, prevedendo anche agevoli procedure di sostituzione per poter intervenire tempestivamente sugli elementi danneggiati. STRATIGRAFIA 3.1 materiale

s [m]

λ [W/(m K)]

Cp [J/kg K]

ρ [kg/m3]

R [(m2 K)/W]

1 compensato marino

0,025

0,130

1600

500

*

-

-

-

-

4 lana di legno mineralizzata

0,050

0,065

2100

500

5 tavolato di legno

0,025

0,120

1600

500

2 aria di ventilazione

*

3 membrana traspirante

6 pannello di sughero

0,080

0,045

1700

130

7 tavolato di legno

0,015

0,120

1600

500

8 controllo migrazione vapore 9 cartongesso

-

-

-

-

0,025

0,210

1100

900

Trasmittanza termica K

[W/(m2 K)]

0,309

[%]

34,1%

[h]

10,31

[W/(m2 K)]

0,107

Fattore di attenuazione fd Sfasamento ϕ Trasmittanza termica periodica |YIE|

Tabella 15. Caratteristiche termofisiche della stratigrafia della soluzione 3.1.


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INDICE

Introduzione

5

1. La stratificazione dell’involucro come tema di progetto Dall’involucro monostrato massivo all’involucro stratificato Il superamento dell’involucro convenzionale tra “stratificazione a umido” e “stratificazione a secco” La domanda sostenibile come motore di innovazione Il contenimento energetico: un quadro di riferimento Ulteriori parametri di valutazione del comportamento energetico Il ruolo del fattore tempo: tra durabilità e recupero Strumenti di analisi e comparazione

9 14 19 22 26 30 33

2. L’involucro stratificato a umido Dalla chiusura “monolitica” al “telaio” Requisiti e criteri di progetto Stratigrafie e sezioni di riferimento 2.1 Chiusura verticale in blocchi di laterizio alveolare e struttura in c.a. con controparete interna e strato isolante interposto 2.2 Chiusura verticale in blocchi di laterizio e telaio in c.a. con cappotto isolante esterno 2.3 Chiusura verticale in blocchi di laterizio alveolare e struttura in c.a. con controparete esterna e strato isolante interposto 2.4 Chiusura verticale in blocchi di laterizio e telaio in c.a., con controparete esterna in laterizio a vista, isolamento interposto e strato di ventilazione 2.5 Chiusura verticale in c.a. con controparete interna in laterizio, isolante interposto e facciata ventilata in cotto La valutazione degli apporti energetici Tra durabilità e manutenzione

37 37 42 44 46

3. L’involucro stratificato a secco Dalla tradizione all’innovazione Caratteristiche costruttive e criteri di progetto Stratigrafie e sezioni di riferimento 3.1 Chiusura verticale a matrice lignea con struttura a telaio, tavolato di chiusura e strati di isolamento

75 75 78 82 84

50 54 58

62 66 72


Il progetto dell’involucro efficiente

3.2 Chiusura verticale a matrice lignea realizzata in pannelli preassemblati con strati di isolamento interposti 3.3 Chiusura verticale a matrice lignea in pannelli portanti a tavole incrociate e cappotto isolante esterno 3.4 Chiusura verticale a matrice lignea in pannelli portanti a tavole incrociate, strati di isolamento e facciata ventilata in metallo 3.5 Chiusura verticale a matrice metallica con struttura a telaio e strati isolanti di completamento 3.6 Chiusura verticale a matrice metallica con struttura a telaio, strati isolanti di completamento e facciata ventilata in metallo 3.7 Chiusura verticale a matrice metallica con struttura a telaio, elementi massivi di tamponamento, strati di isolamento e facciata ventilata in cotto La valutazione degli apporti energetici Il peso dei diversi apporti energetici in gioco rispetto al fattore tempo

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4. L’involucro stratificato nell’intervento di recupero Le premesse al progetto di recupero Strategie di recupero Stratigrafie e sezioni di riferimento 4.1 Implementazione di chiusura verticale con struttura in c.a. e tamponamento in laterizio con controparete interna mediante cappotto isolante esterno 4.2 Implementazione di chiusura verticale con struttura in c.a. e tamponamento in laterizio mediante controparete interna e isolamento interposto 4.3 Implementazione di chiusura verticale con struttura in c.a. e tamponamento in laterizio mediante controparete esterna e isolamento interposto 4.4 Implementazione di chiusura verticale con struttura in c.a. e tamponamento in laterizio mediante controfacciata ventilata e strato di isolamento L’intervento di recupero come “riqualificazione energetica” La ricerca di un punto di equilibrio

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5. Il ruolo dell’involucro e i nuovi scenari progettuali Verso l’involucro ad “altissima tenuta” Tra elementi di innovazione e riciclo dei materiali Nuovi approcci progettuali per nuovi obiettivi La necessità di nuovi strumenti di analisi

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JACOPO GASPARI

Riferimenti normativi Principali parametri di riferimento contenuti nella normativa Zone climatiche di riferimento Principali norme tecniche di riferimento

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Bibliografia

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Fonti delle illustrazioni

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