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TERRITORIO FRA RECUPERO E RIQUALIFICAZIONE DEL COSTRUITO
ilProgettoSostenibile
Semestrale anno XII n° 34-35 dicembre 2014 Euro 40,00 Registrazione Trib. Gorizia n. 5/03 del 9.9.2003 Poste italiane S.p.A. Spedizione in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1 NE/UD
ISSN 1974-3327
34-35
EdicomEdizioni
ilProgettoSostenibile 34-35 ricerca e tecnologie per l’ambiente costruito
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TERRITORIO FRA RECUPERO E RIQUALIFICAZIONE DEL COSTRUITO Consumo di suolo nell’area centrale veneta Integrabilità dei sistemi leggeri nella riqualificazione dell’esistente: ostacoli e potenzialità Patrimonio industriale. Conservazione, patrimonializzazione, trasformazione sostenibile La conoscenza come strumento per un progetto di recupero sostenibile La qualità nei processi di recupero: aperture interdisciplinari e innovazione tecnologica Zone umide diffuse per la riqualificazione ambientale dell’Agro Pontino
34. ilProgettoSostenibile 35. territorio fra recupero e riqualificazione del costruito
4.
La città senza sprechi Adriano Paolella
Progetti
68. 10.
FoCuS
Le case eoliane di Filicudi: un esempio di architettura spontanea sostenibile
Consumo di suolo nell’area centrale veneta
The Aeolian houses of Filicudi: an example of spontaneous sustainable architecture
Land use in the central area of Veneto
Vincenzo Sapienza
Laura Fregolent
18.
78.
Abusivismo edilizio a roma. una valutazione dei processi insediativi per una politica di rigenerazione urbana
Knowledge of the building as a tool for sustainable recovery. The church of Santa Maria della Carità (Ascoli Piceno)
llegal buildings in Rome. An assessment of the settlement processes for an urban regeneration policy
Enrico Quagliarini, Stefano Lenci, Francesco Monni, Sara Vallucci
Carlo Cellamare, Dario Colozza
30.
edifici di valore storico-architettonico. Strumenti operativi di supporto alla progettazione d’interventi di recupero Buildings of architectural and historical value. Operational tools to support the design of interventions recovery
La conoscenza della fabbrica come strumento di recupero sostenibile. La chiesa di S. M. della Carità (Ascoli Piceno)
86.
La sostenibilità nell’edificare: l’esempio del CQ2 di Carbonia Sustainability in building: the example of CQ2 in Carbonia
Giuseppe Desogus, Lorenza Di Pilla, Claudio Lancioni, Salvatore Mura
Edino Valcovich, Raul Berto, Carlo Antonio Stival
40.
integrabilità dei sistemi leggeri nella riqualificazione dell’esistente: ostacoli e potenzialità Preassembled dry construction elements in energy retrofitting actions: barriers and potentialities
Ernesto Antonini, Andrea Boeri, Jacopo Gaspari, Valentina Gianfrate, Danila Longo
50.
Patrimonio industriale. Conservazione, patrimonializzazione, trasformazione sostenibile Industrial heritage. Conservation, patrimonialisation, sustainable transformation
Rossella Maspoli
62.
i piani energetici ambientali regionali. Apliccabilità degli indicatori proposti a scala nazionale (iSPrA) ed europea (euroStA) Regional environmental energy plans. Applicability of the proposed indicators on a national (ISPRA) and European (EUROSTA) scale
Gianfranco Rizzo, Luana Filogamo
50
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ilProgettoSostenibile Ricerca e tecnologie per l’ambiente costruito Rivista semestrale Anno XII – n° 34-35 dicembre 2014 – ISSN 1974-3327 Registrazione Trib. Gorizia n. 5/03 del 9.9.2003 – numero di iscrizione ROC: 8147 Direttore responsabile: Ferdinando Gottard Coordinamento editoriale: Anna Raspar Redazione: Lara Bassi, Lara Gariup Progetto grafico: Marco Klobas Editore: EdicomEdizioni, via I Maggio 117 – 34074 Monfalcone – Gorizia tel. 0481.484488, e-mail: redazione@edicomedizioni.com Stampa: Press Up – Roma Stampato interamente su carta riciclata da fibre selezionate Prezzo di vendita: euro 40,00 (numero doppio) Abbonamenti: Italia: euro 40,00 – Estero: euro 80,00 La direzione lascia agli autori piena responsabilità degli articoli firmati. È vietata la riproduzione, anche parziale, di articoli, disegni e foto se non espressamente autorizzata dall’editore.
SUDI E RICERCHE
96.
La qualità nei processi di recupero: aperture interdisciplinari e innovazione tecnologica The quality in the recovery processes: interdisciplinary openings and technological innovation
Giovanna Franco
102.
Zone umide diffuse per la riqualificazione ambientale dell’Agro Pontino Spread wetlands for the environmental rehabilitation of Agro Pontino
Maurizio Sibilla
114.
Ergonomia degli spazi urbani: sperimentazione di un sistema multicriteriale per la valutazione Ergonomics of urban areas: testing a system for multi-criteria evaluation
Letizia Appolloni, Daniela D’alessandro, Carlo Cecere, Carlo Patrizio
120.
Criteri e modalità per il restauro di pareti rivestite in listelli di cotto. Un palazzo residenziale del secondo novecento a Bologna Criteria and procedures for the restoration of walls covered with terracotta strips. A residential palace of the late 20th century, in Bologna
Riccardo Gulli, Luca Venturi
130.
L’istallazione dei vigneti: un’occasione per la riqualificazione del paesaggio The installation of the vineyards: an opportunity for the redevelopment of the landscape
Francesca Muzzillo, Fosca Tortorelli
136.
Comitato scientifico Carlo Cecere Stefano Della Torre Marco Filippi Dora Francese Riccardo Gulli Gianfranco Rizzo Marco Sala Antonello Sanna Matheos Santamouris
Roma “La Sapienza” Politecnico Milano Politecnico di Torino Napoli “Federico II” Università di Bologna Università di Palermo Università di Firenze Università di Cagliari Università di Atene
Referenti comitato scientifico sedi universitarie Gabriele Bellingeri Roma 3 Carlo Cellamare Roma “La Sapienza” Enrico De Angelis Politecnico di Milano Enrico Fabrizio Università di Torino Rossella Franchino Seconda Università di Napoli Anna Frangipane Università di Udine Paola Gallo Università di Firenze Jacopo Gaspari Università di Bologna Maria Luisa Germanà Università di Palermo Mario Grosso Politecnico di Torino Adriano Magliocco Università di Genova Alessandra Marin Università di Trieste Francesco Martellotta Politecnico di Bari Costanzo Di Perna Politecnica delle Marche Fabrizio Tucci Roma “La Sapienza” Comitato Peer Review Ernesto Antonini Fabio Armillotta Francesco Asdrubali Arianna Astolfi Sara Basso Alessandra Battisti Andrea Boeri Marco Bragadin Carlo Cellamare Vincenzo Corrado Edoardo Currà Corrado Curti Enrico De Angelis Milena De Matteis Davide Di Fabio Costanzo Di Perna Annarita Ferrante Paola Gallo Jacopo Gaspari Maria Luisa Germanà Mario Grosso Luca Guardigli Francesco Martellotta Giovanni Mochi Simonetta Pagliolico Carlo Patrizio Anna Pellegrino Enrico Quagliarini Piercarlo Romagnoni Rosa Romano Giovanni Semprini Valentina Serra Cinzia Talamo Fabrizio Tucci
Università di Bologna C.A.Sa. Università di Perugia Politecnico di Torino Università di Trieste Roma “La Sapienza” Università di Bologna Università di Bologna Roma “La Sapienza” Politecnico di Torino Roma “La Sapienza” Politecnico di Torino Politecnico di Milano IUAV Studio Di Fabio Leoni Associati Politecnica delle Marche Università di Bologna Università di Firenze Università di Bologna Università di Palermo Politecnico di Torino Università di Bologna Politecnico di Bari Università di Bologna Politecnico di Torino Roma “La Sapienza” Politecnico di Torino Università Politecnica delle Marche IUAV Università di Firenze Università di Bologna Politecnico di Torino Politecnico di Milano Roma “La Sapienza”
ICAR 10 ICAR 19 ING-IND 11 ICAR 12 ICAR 10 ING-IND 11 ICAR 12 ICAR 10
ICAR 12 ICAR 20 ICAR 10 AGR 10 ICAR 12 ICAR 10 ICAR 12 ICAR 12 ICAR 12 ICAR 12 ICAR 12 ICAR 21 ING-IND 11 ING-IND 11 ICAR 12
ICAR 12 ING-IND 11 ING-IND 11 ICAR 21 ICAR 12 ICAR 12 ICAR 11 ICAR 20 ING-IND 11 ICAR 10 ICAR 10 ICAR 10 ICAR 21 ING-IND 11 ICAR 10 ICAR 12 ICAR 12 ICAR 12 ICAR 12 ICAR 10 ING-IND 11 ICAR 10 ING-IND 22 ICAR 10 ING-IND 11 ICAR 10 ING-IND 11 ICAR 12 ING-IND 11 ING-IND 11 ICAR 12 ICAR 12
Efficienza energetica degli edifici e utilizzo di fonti rinnovabili nelle aree urbane. Il progetto TeCNaRE Buildings’ energy efficiency and usage of renewable sources in urban areas: the TeCNaRE project
Erminia Attaianese
86
123
18 FoCuS
Abusivismo edilizio a roma. una valutazione dei processi insediativi per una politica di rigenerazione urbana Gli insediamenti abusivi di Roma hanno importanti effetti sociali e ambientali, sulla diffusione urbana, sui costi urbani della gestione della città. Una politica di rigenerazione urbana non può prescindere da una valutazione complessiva del peso e del condizionamento che essi hanno sulla qualità e sull’organizzazione della città. processi insediativi – abusivismo – consumo di suolo – qualità urbana
Carlo Cellamare Docente di urbanistica presso l’Università “La Sapienza” di Roma, responsabile scientifico di diverse ricerche, nazionali e internazionali. Si occupa del rapporto tra urbanistica e vita quotidiana e dei processi di progettazione ambientale e territoriale. carlo.cellamare@uniroma1.it dario Colozza Ingegnere ambientale, ha partecipato come esperto di Sistemi Informativi Territoriali in diversi progetti di analisi e valutazioni ambientali e urbanistiche. Attualmente, impegnato come consulente direzionale, collabora all’implementazione dei sistemi GIS in Enel Green Power. dario.colozza@gmail.com
Articolo sottoposto a Peer review.
introduzione
evoluzione dei processi di abusivismo
Il fenomeno dell’abusivismo è un fenomeno ben noto e ben riconoscibile in gran parte del centro-sud Italia. A Roma, in particolare, ha avuto un ruolo determinante nello sviluppo insediativo della città. Sviluppatosi originariamente già tra le due guerre, ha avuto una forte accelerazione – se non un’esplosione – a partire dal secondo dopoguerra; ma non si è mai arrestato e tuttora contribuisce significativamente alla crescita della città. Il presente contributo1 intende valutarne la portata e il suo contributo al consumo di suolo, nonché alla dispersione e alla diffusione urbana, così fortemente caratterizzanti la situazione romana2, evidenziandone l’insostenibilità, e permettendo qualche ragionamento sulla sua gestione e sulle politiche da mettere in campo. Non esistono studi recenti e sistematici che abbiano sviluppato tali valutazioni, sebbene il tema sia tuttora scottante e veda l’amministrazione capitolina particolarmente impegnata3.
Per valutare il fenomeno e i suoi effetti sul consumo di suolo si è fatto strettamente riferimento all’abusivismo per quanto registrato dai piani regolatori, ovvero come processo insediativo complessivo e come forma di urbanizzazione. Non si prendono in considerazione gli abusi edilizi sull’edificato già esistente e tante altre forme di abuso edilizio, poi per lo più condonate dalle tre leggi sul “condono edilizio” (Berdini, 2010). In ragione delle vicende storiche e dei processi insediativi, delle successive forme di pianificazione e di gestione che le hanno trattate, dei condoni e delle più recenti politiche, le aree abusive hanno origini e caratteri diversi e hanno subito successivi processi di recupero, riqualificazione, inglobamento nella città strutturata e consolidata. Sono state soggette a profonde trasformazioni e molte di queste sono oggi inserite anche nei PRINT (programmi integrati), programmi di riqualificazione urbana previsti dal PRG del 2008. Si tratta quindi di brani di città che si possono anche
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19
1. i caratteri insediativi in un “toponimo”: Valle Borghesiana (foto Antonella Perin). 2. i caratteri insediativi in una “zona F1”: Borgata Finocchio (foto Carlo Cellamare).
essere profondamente trasformati nel tempo, risultando inseriti oggi in parti di città di diversa natura. Nelle zone F1 e O, ad esempio, dal momento in cui sono state “regolarizzate”, si è edificato in maniera “regolare”. Si tratta però di aree evidentemente comunque condizionate nell’assetto dalla loro origine e che quindi ne subiscono le conseguenze anche negli sviluppi che vi sono avvenuti successivamente. Lo studio si è quindi dovuto limitare a individuare quelle parti di città che sono nate originariamente come aree abusive e che hanno condizionato (e condizionano tuttora) lo sviluppo successivo della città. Per questo si preferisce parlare di “aree di origine abusiva”4. Si sono prese in considerazione, quindi, ai fini della ricerca: • Le zone F1 come perimetrate dal PRG del 1962-65 (“ristrutturazione urbanistica – aree parzialmente edificate”). All’interno dello stesso piano regolatore venivano indicate anche le zone F2, “ristrutturazione urbanistica – aree di completamento”, ma queste non sono mai state veramente utilizzate a questo scopo (di esse è stata calcolata l’estensione totale, ma non sono state cumulate nel conteggio delle “aree di origine abusiva”). Le zone F1 sono quelle che hanno subito più profonde trasformazioni e ora fanno parte per lo più della città consolidata. I perimetri delle zone F1 e F2 sono stati ripresi dalle tavole del PRG del 1962-65; • Le zone O (“recupero urbanistico”) come perimetrate dalla Variante al PRG adottata nel 1978 e approvata nel 1983 (ultimi atti deliberativi approvati nel 1988) e che hanno dato origine a una successiva fase estremamente complicata e non ancora definitivamente conclusa di piani e interventi di recupero (i perimetri delle zone O sono stati forniti dal Comune di Roma in formato digitale); • I “toponimi”. Come noto si tratta di aree il cui perimetro è
indicato in prima istanza nel piano regolatore del 2008, rimandando all’approvazione del piano recupero l’individuazione esatta della perimetrazione definitiva (in ragione del fatto che aree ulteriori potrebbero essere ricomprese all’interno del perimetro per realizzare servizi, attrezzature e standard urbanistici altrimenti difficili da realizzare). La manovra dei “toponimi” è una vicenda molto complessa5. Attualmente
non è stato approvato alcun piano, ma ne sono in fase di elaborazione e adozione un numero molto significativo. I perimetri dei “toponimi” ex PRG 2008 sono stati ripresi direttamente dalle tavole del piano regolatore, mentre i perimetri dei “toponimi” così come attualmente in fase di elaborazione sono stati forniti dal Comune di Roma in formato digitale. È chiaro che finché non saranno approvati non saranno perimetri “ufficiali”. Le nuove perimetrazioni sono comunque più ampie di quelle indicate nel PRG. Ai fini del calcolo dell’estensione delle aree sono state presi in considerazione i nuovi perimetri in discussione. Lo sviluppo insediativo abusivo ha contribuito in maniera significativa al più complessivo sviluppo insediativo romano, con le sue componenti di consumo di suolo, di impermeabilizzazione,
20 FoCuS
di diffusione insediativa e di sprawl urbano, su cui la fotografia di ISPRA ci mostra dati veramente preoccupanti (Norero, Munafò, 2009; Munafò et al., 2011, 2013); sviluppo insediativo che ha avuto un imponente incremento proprio negli ultimi venti anni (Berdini, 2008, 2009).
Metodologia e percorso di lavoro Le elaborazioni sono state effettuate attraverso la costruzione di uno specifico progetto GIS6, con lo scopo di raccogliere, editare, sovrapporre, intersecare e poter infine effettuare le opportune valutazioni relativamente alle diverse cartografie (disponibili o
elaborate). Successivamente è stato utilizzato Excel per le elaborazioni numeriche. Il primo passaggio è stato quello di uniformare le cartografie raccolte e utilizzate, molto diverse tra loro, riferite ad anni differenti e che utilizzano scale e formati di file diversi. Le cartografie utilizzate sono state: • PRG di Roma 2008 – Sistemi e Regole in formato raster (che costituisce anche la base cartografica del progetto): è stata elaborata un’unica immagine, assemblando tutti i fogli dell’intero territorio comunale. • Corine Land Cover (CLC) – 2006, relativa all’uso del suolo, in formato vettoriale shapefile, scala 1:100.000 (ne è stata rita-
3. Perimetrazione delle “aree di origine abusiva” nel Comune di roma (zone F1, zone o e “toponimi”).
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gliata la parte relativa al solo Comune di Roma). Urban Atlas – 2006 in formato vettoriale shapefile, scala 1:10.000, relativa all’uso del suolo, elaborata dall’Agenzia Europea dell’Ambiente (ne è stata ritagliata la parte relativa al solo Comune di Roma). • Sezioni di Censimento ISTAT 2001, in formato vettoriale shapefile (ne è stata ritagliata la parte relativa al solo Comune di Roma). • Per l’individuazione delle aree F1 e F2, sono state digitalizzate le corrispondenti aree indicate nel PRG del 1965 disponibili in formato raster. • Per le Zone O è stato importato lo specifico file dwg e convertito in shapefile. Anche per i Toponimi sono state digitalizzate le corrispondenti aree indicate nel PRG 2008 – Sistemi e Regole, e successivamente per verifica e confronto è stato importato lo specifico file dwg e convertito in shapefile. Tutta la cartografia è stata georeferenziata utilizzando il sistema di riferimento WGS 1984 UTM Zone 32N rendendo sovrapponibili e uniformate le diverse cartografie. È stata prestata una notevole attenzione a minimizzare l’errore di georeferenziazione fra i diversi layer in modo da permettere successivamente una corretta sovrapposizione.
•
Sono state poi aggregate le voci della cartografia del Consumo di Suolo – Urban Atlas (che presenta un dettaglio maggiore rispetto a Corine Land Cover ed è stato quindi privilegiato), in due macro categorie (“Artificializzato”, con le due sottocategorie “Tessuto Urbano” e “Non Tessuto Urbano”, e “Agricolo e naturale”). In seguito alla differenziazione delle voci del consumo di suolo
21
è stato possibile intersecare tali categorie con le diverse tipologie di zone abusive F1, Zone O e Toponimi, per poter ottenere dei risultati maggiormente aggregati e confrontabili. Per quanto riguarda le sezioni di censimento contenenti le informazioni numeriche sulla popolazione residente, sono state effettuate valutazioni in base alla densità e all’estensione per verificare quali sezioni fosse pertinente considerare, contenendo la maggior parte dell’informazione. Si è preferito non ritagliare le sezioni di censimento sui perimetri delle aree abusive (per poi riproporzionare l’informazione della popolazione residente), poichè nelle aree più densamente popolate le sezioni d censimento perimetravano in maniera abbastanza corretta tali aree. Una volta giunti all’elaborazione desiderata, i dati numerici d’interesse, sono stati esportati in Excel7, per poter così sviluppare tutti i calcoli e le valutazioni necessarie, fino a giungere ai risultati finali presentati nei successivi capitoli del presente lavoro. Si ricorda che l’area del Comune di Roma è pari a 1284,693418 kmq. L’area “artificializzata”, cioè interessata da interventi antropici insediativi o infrastrutturali, è pari al 39% (497,10 kmq), mentre le superfici a carattere prevalentemente agricolo o naturale sono il 61% (787,59 kmq). Nell’ambito delle aree “artificializzate” il 17% del totale del Comune di Roma è interessato da “tessuti urbani” (220,86 kmq), vale a dire il 43,6% delle aree artificializzate8.
Le dimensioni e alcuni caratteri degli insediamenti abusivi a roma Le “dimensioni” dell’abusivismo romano non sono definite univocamente; la loro valutazione dipende dagli aspetti che vengono presi in considerazione e dalle fonti informative utilizzate
4. Confronto tra le carte di uso del suolo da urban Atlas e da Corine Land Cover (stralci). Si può notare la differenza di dettaglio e di definizione.
22 FoCuS
urban Atlas Voci della legenda
“Artificializzato”
Agricultural + Semi-natural areas + Wetlands Airports Construction sites Continuous Urban Fabric (S.L. 80%) Discontinuous Dense Urban Fabric (S.L.: 50% – 80%) Discontinuous Medium Density Urban Fabric (S.L.: 30% – 50%) Discontinuous Low Density Urban Fabric (S.L.: 10% – 30%) Discontinuous Very Low Density Urban Fabric (S.L. 10%) Fast transit roads and associated land Forests Green urban areas Industrial, commercial, public, military and private units Isolated Structures Land without current use Mineral extraction and dump sites Other roads and associated land Railways and associated land Sports and leisure facilities Water bodies
di cui “tessuto urbano”
di cui “Artificializzato non tessuto urbano”
“Agricolo e naturale” X
X X X X X X X X X X X X X X X X X
X X X X X X X X X X X X X X X X X X
tabella 1. dettaglio voci legenda urban Atlas e aggregazioni.
(Urban Atlas e CLC) che – come abbiamo visto – possono determinare differenze significative (v. nota 8). Per quanto riguarda l’estensione degli insediamenti abusivi, sia in assoluto sia in rapporto all’estensione del Comune di Roma e alle superfici urbanizzate, bisogna distinguere tra ciò che consideriamo interessato da tessuti urbani prevalentemente residenziali e ciò che consideriamo “artificializzato” a causa di diversi interventi antropici (comprendente quindi anche le infrastrutture, grandi strutture commerciali e di servizio, aree industriali, aree estrattive, aeroporti, ecc.), distinzione rilevante perché le aree di origine abusiva sono prevalentemente residenziali, sebbene a bassa densità. Un prospetto sintetico della valutazione quantitativa di tutte queste aree è nella tabella 2. A valle di queste premesse, le elaborazione sviluppate permettono di affermare che: 1. le “aree di origine abusiva” totali costituiscono il 10% dell’intero Comune di Roma; 2. le “aree di origine abusiva” totali costituiscono il 31% delle aree “artificializzate” totali secondo il CLC e il 25% secondo Urban Atlas (la differenza è ovviamente dovuta al fatto che le aree “artificializzate” sono maggiori secondo Urban Atlas rispetto a CLC); 3. le “aree di origine abusiva” totali costituiscono il 41% delle aree interessate da tessuti urbani secondo CLC e il 56% se si prende in considerazione Urban Atlas (tali differenze sono legate ai motivi di cui alle note precedenti). Dal punto di vista della correttezza delle valutazioni è preferibile prendere in considerazione le quantità definite al punto 2 in quanto stiamo considerando le “aree di origine abusiva” tout court, e quindi comprendendo tutte le superfici a diverso titolo artificializzate, anche se – come si è già detto – le aree ex-abusive sono prevalentemente caratterizzate da tessuti urbani residenziali.
tipologia “aree di origine abusiva” Area Zone F1 Area Zone F2 (non tenute in considerazione nel totale delle “aree di origine abusiva” e nei successivi calcoli) Area Zone O Area Toponimi TOTALE “AREE DI ORIGINE ABUSIVA”
estensione (km2)
48,33412 10,44319 57,07554 18,37736 123,79
tabella 2. estensione delle “aree di origine abusiva”.
Si tratta comunque di valori estremamente elevati che collocano l’urbanizzazione di origine abusiva tra 1/4 e 1/3 dell’urbanizzazione dell’intero Comune di Roma. Il fatto, però, che le “aree di origine abusiva” sono prevalentemente costituite da tessuti urbani residenziali, e che per sviluppare le percentuali precedentemente indicate (che ci forniscono un valore sintetico “macro” particolarmente significativo) abbiamo preso in considerazione da una parte le aree ex-abusive tout court (senza distinzioni interne), mentre dall’altra abbiamo fatto alcune distinzioni rispetto agli usi dei suoli considerati, ci spingono a raffinare le nostre valutazioni, e in particolare a sviluppare alcune distinzioni sulla base degli usi dei suoli all’interno delle diverse “aree di origine abusiva”. Per sviluppare queste valutazioni prenderemo in considerazione la sola base informativa di Urban Atlas, dato il suo grado di maggiore definizione. Le valutazioni che ne deriveranno non saranno meno preoccupanti di quelle appena riportate, anzi daranno qualche motivo di preoccupazione in più. Rimandiamo per una disamina dell’articolazione degli usi dei suoli all’interno delle “aree di origine abusiva” al paragrafo successivo, mentre qui anticipiamo le valutazioni che se ne possono trarre.
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5. urban Atlas – raggruppamenti degli usi dei suoli nelle tre categorie: “tessuti urbani”, “Artificializzato non tessuti urbani”, “Agricolo e naturale”.
6. Perimetri delle “aree di origine abusiva” e raggruppamenti degli usi dei suoli da urban Atlas (mappa complessiva relativa al Comune di roma).
24 FoCuS
totale “aree di origine abusiva” (toponimi + Zone o + F1)
Percentuali
Percentuale “Artificializzato non tessuto urbano” del Totale “Aree di origine abusiva” su “Artificializzato non tessuto urbano” totale da Urban Atlas Percentuale “Tessuto urbano” del Totale “Aree di origine abusiva” su “Tessuto urbano” totale nel Comune di Roma secondo Urban Atlas Percentuale “Artificializzato” complessivo del Totale “Aree di origine abusiva” su “Artificializzato” complessivo totale nel Comune di Roma secondo Urban Atlas Percentuale “Agricolo e naturale” del Totale “Aree di origine abusiva” su “Agricolo e naturale” totale nel Comune di Roma secondo Urban Atlas
6% 37% 20% 3%
tabella 3. Percentuali delle aree “artificializzate”, di tessuto urbano e di agricolo e naturale nelle “aree di origine abusiva” rispetto alle aree corrispondenti dell’intero territorio del Comune di roma.
I dati riportati in tabella chiariscono che, se prendiamo in considerazione le sole aree corrispondenti a tessuti urbani (prevalentemente residenziali), il rapporto tra le “aree di origine abusiva” (o, meglio, le aree di tessuti urbani ricadenti in “aree di origine abusiva”) e le aree urbanizzate totali del Comune di Roma (o, meglio, le aree totali di tessuti urbani del Comune di Roma) sale significativamente al 37%; un valore veramente notevole in assoluto, quasi clamoroso, che testimonia la particolare rilevanza del fenomeno: ben più di un 1/3 dei tessuti urbani residenziali di Roma è “di origine abusiva”. Viceversa le aree “artificializzate” non corrispondenti a tessuti urbani e ricadenti all’interno di “aree di origine abusiva” rappresentano solo il 6% del totale. Mancano evidentemente (o sono estremamente carenti) all’interno di queste aree tutti gli elementi tipici dell’urbanizzazione primaria e secondaria, nonché le infrastrutture, le attrezzature e i servizi di livello superiore (tutto quello che tradizionalmente costituisce una città consolidata attrezzata e avanzata). Un livello quindi di “urbanizzazione” che può essere definito “inferiore”, a conferma (ma il valore rappresenta una conferma particolarmente pesante) di quanto ovviamente già noto, dalla semplice osservazione sul campo. Se ci è permessa la semplificazione, a fronte di un 37% di aree destinate a urbanizzazione residenziale c’è solo un 6% delle strutture che fanno tradizionalmente “città attrezzata”: una “città incompleta” o “sottodotata”. Prendendo in considerazione il valore complessivo delle aree “artificializzate”, la percentuale rispetto alle aree “artificializzate” dell’intero Comune di Roma scende al 20%, inferiore al valore del 25% indicato precedentemente come rapporto tra le “aree di origine abusiva” totali e il totale dell’”artificializzato” a Roma. La tabella 4 indica il dettaglio di tali percentuali con riferimento alle diverse tipologie di aree ex-abusive. Un altro aspetto particolarmente rilevante da prendere in considerazione è relativo alla popolazione residente all’interno delle “aree di origine abusiva” (e le relative percentuali rispetto al totale dei residenti nel Comune di Roma). Si è preso a riferimento i dati del Censimento ISTAT del 2001, in quanto quelli del Censimento 2011 non sono ancora disponibili. Probabilmente la popolazione complessiva è diminuita, ma c’è da ritenere che non sia diminuita quella residente all’interno delle aree ex-abusive. Si tratta infatti di aree dove prevale la proprietà privata e la
conduzione familiare. Inoltre, è aumentata – anche se più lentamente – l’edificazione abusiva (o all’interno delle aree ex-abusive) in quanto appunto il fenomeno non si è ancora fermato. L’esito atteso è quindi che il rapporto tra la popolazione residente in aree di origine abusiva e la popolazione totale del Comune di Roma possa essere aumentata. In questo caso non è necessario sviluppare subarticolazioni delle aree ex-abusive in quanto il riferimento per il dato relativo alla popolazione sono le sezioni di censimento e, quindi, si è considerato l’insieme delle sezioni di censimento ricadente all’interno delle aree ex-abusive prese nel complesso.
toponimi Percentuale Totale Area Toponimi su Totale Area da Urban Atlas Percentuale Artificializzato non tessuto urbano dei Toponimi su Artificializzato non tessuto urbano Totale da Urban Atlas Percentuale Tessuto urbano dei Toponimi su Tessuto urbano totale da Urban Atlas Percentuale agricolo e naturale dei Toponimi su agricolo e naturale totale da Urban Atlas
Percentuali 1,43% 0,99%
5,45% 0,46%
Percentuali Zone o 4,4% Percentuale Totale Area Zona O su Totale Area da Urban Atlas 0,2% Percentuale Artificializzato non tessuto urbano delle Zone O su Artificializzato non tessuto urbano Totale da Urban Atlas 16,5% Percentuale Tessuto urbano delle Zone O su Tessuto urbano totale da Urban Atlas 2,5% Percentuale agricolo e naturale delle Zone O su agricolo e naturale totale da Urban Atlas Percentuali F1 3,8% Percentuale Totale Area F1 su Totale Area da Urban Atlas 4,5% Percentuale Artificializzato non tessuto urbano delle F1 su Artificializzato non tessuto urbano Totale da Urban Atlas 14,8% Percentuale Tessuto urbano delle F1 su Tessuto urbano totale da Urban Atlas 0,4% Percentuale agricolo e naturale delle F1 su agricolo e naturale totale da Urban Atlas tabella 4. Percentuali delle aree “artificializzate”, di tessuto urbano e di agricolo e naturale con riferimento alle diverse tipologie di “aree di origine abusiva”.
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7. Perimetri delle “aree di origine abusiva” e raggruppamenti degli usi dei suoli da urban Atlas (stralcio relativo all’area est del Comune di roma).
8. Perimetri delle “aree di origine abusiva” e raggruppamenti degli usi dei suoli da urban Atlas (stralcio relativo all’area sud-ovest del Comune di roma).
26 FoCuS
tipologia “Aree di origine abusiva” – tessuti urbani
Area (km2)
Abitanti (ab)
densità (ab/Km2)
% abitanti residenti in “aree di origine abusiva” rispetto al totale abitanti intero comune di roma
Zone F1 Zone O Toponimi
32,74 36,34 12,04
642.325 247.895 55.975
19.616 6.821 4.648
25% 10% 2%
Totale “Aree di origine abusiva”
81.13
946.195
11.663
41%
tabella 5. Popolazione residente in “aree di origine abusiva” (2001).
Nel 2001 la popolazione residente totale nel Comune di Roma era di 2.546.804 abitanti e il totale della popolazione residente in “aree di origine abusiva” era ben di 946.195 abitanti, con un rapporto quindi del 41%. La tabella successiva specifica poi il numero di abitanti residenti nelle diverse tipologie di aree exabusive, con le rispettive percentuali rispetto al totale della popolazione residente nel Comune di Roma. Si tratta anche in questo caso – come per l’estensione delle aree interessate dal fenomeno – di quantità veramente molto rilevanti e preoccupanti. Inaspettatamente la percentuale di popolazione residente in aree di origine abusiva sembra essere superiore al corrispondente rapporto relativo all’estensione delle aree ex-abusive prese nel complesso. La percentuale sulla popolazione, però, è paragonabile alla percentuale relativa all’estensione delle aree se si prende in considerazione il dato riferito ai tessuti urbani (prevalentemente residenziali) fornito da Urban Atlas. La tabella 5 riporta anche le densità abitative, ovviamente più alte nelle zone F1 che oggi vanno a costituire parti di città consolidata e densamente abitata, mentre scende notevolmente nelle zone O e, ancor più, nei toponimi. Si tenga conto che la densità abitativa media dei “tessuti urbani” in tutto il Comune di Roma è di 11.445 ab/kmq, un valore quindi complessivamente non particolarmente alto. Paradossalmente, ma anche molto significativamente è pressoché coincidente col valore medio delle “aree di origine abusiva”, a segnalare il loro ruolo costitutivo nello sviluppo complessivo della città. D’altronde le aree corrispondenti alle zone F1, che ormai costituiscono città consolidata, hanno densità maggiori, mentre le zone O e i “toponimi” hanno densità medie significativamente più basse, sottolineando il contributo determinante dei più recenti sviluppi insediativi abusivi alla diffusione urbana e al consumo di suolo.
Caratteri dell’uso del suolo nelle aree ex-abusive Alcune brevi considerazioni possono essere qui sviluppate, riprendendo quanto lasciato precedentemente in sospeso per quanto riguarda gli usi dei suoli che caratterizzano le aree di origine abusiva. La tabella 6 mostra come si distribuiscono i tre principali raggruppamenti di usi del suolo (“tessuto urbano” corrisponde ai tessuti urbani prevalentemente residenziali, “artificializzato non urbano” corrisponde alle altre aree artificializzate, “agricolo e naturale” corrisponde a caratteri prevalentemente agricoli e naturali) rispetto alle diverse tipologie di aree di origine abusiva e ai loro totali complessivi. Si può notare che, come d’altronde ci si poteva aspettare e l’osservazione sul campo ci ha sempre illustrato, prevalgono decisamente i “tessuti urbani prevalentemente residenziali” che costituiscono, in media, il 66% delle aree ex-abusive. I toponimi sono in linea con questa media, le zone O hanno una media un po’ inferiore, mentre per le zone F1 è un po’ superiore. Maggiore variabilità l’abbiamo per le altre categorie. Possiamo farne una lettura complessiva. Le zone F1 si caratterizzano per un carattere insediativo ormai fortemente consolidato, con una forte riduzione delle aree libere (agricole o naturali; quasi un quarto rispetto alla media) e una presenza significativa di altre aree artificializzate (quasi il doppio della media), segno della presenza di una serie di dotazioni urbane (strade, attrezzature, servizi, ecc.) che le avvicinano ai caratteri insediativi prevalenti nella città consolidata. Per i toponimi e le zone O invece la presenza di aree a prevalente carattere agricolo o naturale è ancora molto significativa, mentre veramente scarse sono le altre aree artificializzate,
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9. Perimetri delle “aree di origine abusiva”, perimetri delle sezioni di censimento e densità della popolazione nel Comune di roma (fonte istat, 2001).
estensione (km2)
Percentuale di ripartizione
Totale Artificializzato non tessuto urbano Tessuto urbano Agricolo e naturale
18,38 2,73 12,04 3,60
100% 15% 66% 20%
Zone o Totale Artificializzato non tessuto urbano Tessuto urbano Agricolo e naturale
estensione (km2) 57,08 0,68 36,34 20,05
Percentuale di ripartizione 100% 1% 64% 35%
F1 Totale Artificializzato non tessuto urbano Tessuto urbano Agricolo e naturale
estensione (km2) 48,33 12,55 32,74 3,04
Percentuale di ripartizione 100% 26% 68% 6%
totale zone abusive toponimi + Zone o + F1 Totale Artificializzato non tessuto urbano Tessuto urbano Agricolo e naturale
estensione (km2) 123.79 15.97 81.13 26.69
Percentuale di ripartizione 100% 13% 66% 22%
toponimi
tabella 6. ripartizione delle aggregazioni di usi del suolo nelle diverse “aree di origine abusiva”.
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segno di un contesto ancora allo stato “nascente”, non completato e non consolidato, e con i caratteri dell’insediamento disperso a prevalente carattere residenziale con intercluse aree libere e territori agricoli o naturali. Tra i toponimi e le zone O si registrano significative differenze, inverse a quelle che potrebbero essere le aspettative (ovvero le zone O maggiormente con caratteri di città consolidata rispetto ai toponimi) in quanto le zone O sono temporalmente nate prima dei toponimi. Invece risulta che nelle zone O la presenza di aree a caratteri agricoli e naturali è maggiore che non nei toponimi (35% contro il 20%), mentre questa situazione si inverte significativamente con riferimento alle altre aree artificializzate (1% contro il 15%). Questa differenza è probabilmente dovuta al tipo di perimetrazioni che hanno interessato le diverse categorie di aree: più estese per le zone O e che vanno a ricomprendere anche aree non urbanizzate. L’estensione delle zone O è addirittura maggiore di quella delle zone F1. Questi valori mettono un po’ in discussione la tradizionale considerazione che le aree abusive comprendano forti componenti di ruralità (anche come tipo di modello insediativo). Se questo era molto probabile all’origine del fenomeno (anche per un bisogno di sussistenza e non solo di cultura di provenienza), oggi non è più completamente vero. Alcune aree (come le zone F1) sono state progressivamente ricomprese nel consolidamento e nella strutturazione della città, altre hanno forti caratteri di edilizia intensiva e non solo di bassa densità, altre (ad esempio quelle più recenti, come quelle ricadenti nei toponimi) hanno caratteri di bassa densità ma anche sono prevalentemente (se non esclusivamente) residenziali e rispondono a una domanda abitativa di chi già vive in città. Per esempio, alcuni abitanti provengono da altri quartieri (dove vivevano in affitto, o dove la situazione era di alta densità edilizia e abitativa) e hanno realizzato qui la proprio casa privata in proprietà con una serie di esigenze legate alla qualità edilizia e architettonica privata (piscine comprese). È chiaro che considerazioni più complete potrebbero essere sviluppate solo in connessione con un maggior grado di approfondimento dell’indagine, ad esempio considerando anche le altezze degli edifici e quindi le volumetrie. Tra l’altro, questo mostrerebbe un elevato grado di differenziazione tra le diverse aree prese in considerazione.
Conclusioni L’abusivismo si configura come uno dei processi fondamentali di costruzione della città e, di conseguenza, anche come uno
dei principali sistemi socio-economici che caratterizzano la Capitale. Se si tiene conto del ruolo che hanno assunto i Consorzi di Autorecupero nella gestione di queste aree (Cellamare, 2010; Coppola, 2013), in questi contesti si gioca una delle partite fondamentali per le politiche urbane e per il governo della città. Le aree abusive costituiscono una parte significativa della periferia e ormai non più soltanto della cosiddetta “periferia”, mettendo in discussione il concetto stesso di “periferia”, in una città peraltro così dispersa come Roma: sono – per molti versi – “la città” di Roma oggi. Le aree abusive fanno pensare a cosa viene considerato “città” oggi a Roma, accettando da una parte la soluzione del problema abitativo nelle sue componenti essenziali e per lo più “particolari” e privatistiche (la casa singola e privata) e rinunciando dall’altra a tutto ciò che fa dell’abitare e della città una realtà più ricca e complessa (spazi pubblici e vita in comune, servizi e attrezzature, aree verdi, ecc.; ma anche il problema delle distanze dalla città consolidata, il problema dei trasporti, il problema della periferizzazione, ecc.). Lo studio presentato ha mostrato quindi non solo il contributo determinante delle “aree di origine abusiva” al consumo di suolo e alla dispersione urbana a Roma, ma anche un rapporto estremamente problematico tra forme dell’urbanizzazione e qualità dell’abitare, evidenziando una (peraltro ben nota) insostenibilità non solo dal punto di vista ambientale, ma anche dal punto di vista dell’organizzazione complessiva della città e della sua vivibilità (organizzazione e costi dei trasporti e delle infrastrutture, organizzazione e costi dei servizi, delle attrezzature e delle aree verdi, condizioni della socialità, organizzazione e tempi della vita quotidiana degli abitanti, ecc.), problemi che rimangono ancora una volta ineludibili per il governo della città. Note 1 - La ricerca, di cui si presentano alcuni risultati, è stata finanziata dalla Sapienza Università di Roma, responsabile scientifico prof. Carlo Cellamare. Le elaborazioni grafiche e numeriche sono dell’ing. Dario Colozza. Del presente contributo Carlo Cellamare ha redatto il primo, secondo, quarto e sesto paragrafo, Dario Colozza il terzo paragrafo. 2 - Non si svilupperà quindi una trattazione complessiva della questione dell’abusivismo a Roma. Si rimanda a Cellamare C. (2010), anche per l’ampia bibliografia sull’argomento. 3 - Si ringrazia, in particolare, l’arch. Mauro Zanini del Comune di Roma per il grande sostegno e per il supporto informativo fornito e per le diverse occasioni di scambio e confronto. 4 - Per una illustrazione articolata dell’evoluzione dei processi di abusivismo, delle politiche e degli strumenti di pianificazione si rimanda a Rossi
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(2000) e a Cellamare (2010). 5 - Si rimanda a Cellamare (2010) e a Cellamare, Perin (2010) per un ampio approfondimento sulla vicenda dei “toponimi”. 6 - Software ArcMap 10 di ESRI. 7 - Utilizzando l’estensione del file .dbf presente all’interno dello shapefile. 8 - Si noti che Urban Atlas e Corine Land Cover esprimono valori diversi. Urban Atlas, da un lato, risulta di maggiore definizione e dettaglio, ma, dall’altra, prende in considerazione un maggior numero di classi e di forme di artificializzazione del suolo. La conseguenza è che le aree “artificializzate” secondo Urban Atlas (39%) sono maggiori di quelle registrate da Corine Land Cover (31%), mentre – di queste – le aree corrispondenti a “tessuti urbani” secondo Urban Atlas (17% dell’area totale del Comune di Roma) sono minori di quelle individuate da Corine Land Cover (23% dell’area totale del Comune di Roma).
riferimenti bibliografici Berdini P. (2008), La città in vendita. Centri storici e mercato senza regole, Donzelli editore, Roma. Berdini P. (2009), “Il consumo di suolo in Italia: 1995-2006”, in Democrazia e diritto, n. 1/2009, Franco Angeli, Milano. Berdini P. (2010), Breve storia dell’abuso edilizio in Italia. Dal ventennio fascista
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al prossimo futuro, Donzelli editore, Roma. Cellamare C. (2010), “Politiche e processi dell’abitare nella città abusiva/informale romana”, Archivio di Studi Urbani e Regionali, vol. 97-98; pp. 145-167. Cellamare C., Perin A. (2010), “Consorciando os habitantes: as experiências das “zonas O” e dos “topónimos” em Roma”, Revista Crítica de Ciências Sociais, vol. 91, Dezembro 2010, pp. 237-254. Coppola A. (2013), “Vetero-liberismo di borgata. Urbanistica e attivazione degli abitanti nella “città da ristrutturare”. I casi delle borgate Morena e Centroni”, in Centro per la Riforma dello Stato (2013), Le Forme della periferia, Rapporto finale della ricerca “La periferia metropolitana come bene comune”, Roma. Leone A. M. (a cura di), Il recupero degli insediamenti abusivi, USPR Socumenti 1, Comune di Roma, Roma, 1981. Munafò M. et al. (2011), “Il consumo di suolo”, in ISPRA (2011), Qualità dell’Ambiente Urbano. VII Rapporto, Roma. Munafò M. et al. (2013), “Forme di urbanizzazione e tipologia insediativa”, in ISPRA (2013), Qualità dell’Ambiente Urbano. IX Rapporto, Roma. Norero C. e M. Munafò (2009), “Evoluzione del consumo di suolo nell’area metropolitana romana (1949-2006)” in ISPRA (2009), Qualità dell’ambiente urbano. V Rapporto, Roma, pagg. 85-88. Rossi P. O. (2000), Roma. Guida all’architettura moderna 1909-2000, Laterza, Roma-Bari.
llegal buildings in Rome. An assessment of the settlement processes for an urban regeneration policy The paper’s main aim is to show and to evaluate the dimensions and characters of the development of “illegal” settlements in Roma, underlining both its contribution to land consumption (so relevant in the Capital) and its fundamental role in the urban growth of the city. A specific GIS project has been developed to work out several maps and quantitative evaluations that give us, for the first time, an original and systematic frame of the phenomenon. Here are specified extensions, people involved, land uses, settlement characteristics, following the different typologies of areas, at the beginning born as “illegal” zones and then transformed through time in stabilized parts of the city. The research results sound very impressive, indeed. The paper shows the relevant weight of such “illegal” urban development on the whole process of city building and on its organization, so that it can be considered one of the main processes of Roman urban development and a fundamental socio-economic system, as well. Such urban development have had important and huge negative effects, from the point of view both of the environmental sustainability and of the urban quality (and the quality of city life, as well). It remains one of the big problems to solve for the public administration and its policies.
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La conoscenza della fabbrica come strumento di recupero sostenibile. La chiesa di S. M. della Carità (Ascoli Piceno) La chiesa è stata chiusa al pubblico a seguito degli eventi sismici dell’aprile 2009. Per una sua rapida riapertura si è approfondita la conoscenza della fabbrica che ha permesso di proporre interventi sostenibili e mirati abbattendo i costi d’intervento stimati di quasi la metà. vulnerabilità sismica – edifici storici – progetto sostenibile – minimo intervento
enrico Quagliarini Professore associato, Università Politecnica delle Marche e.quagliarini@univpm.it Stefano Lenci Professore ordinario di Scienza delle Costruzioni, Università Politecnica delle Marche s.lenci@univpm.it Francesco Monni Ingegnere e dottore di ricerca, amministratore di AhRTE srl monni.f.@gmail.com Sara Vallucci Ingegnere edile e dottore di ricerca sara.vallucci@tiscali.it
Articolo sottoposto a Peer review.
introduzione Gran parte del patrimonio culturale italiano è caratterizzato da edifici monumentali in muratura, che mostrano un’elevata vulnerabilità alle azioni sismiche. In particolare le Chiese, caratterizzate spesso da grandi aule, pareti snelle e assenza di collegamenti efficaci tra i vari elementi strutturali, sono tra i fabbricati più a rischio. Oggetto del presente lavoro è la Chiesa di S. M. della Carità di Ascoli Piceno, edificio di grande valore storico artistico, si distingue per essere uno dei più significativi esempi del barocco ascolano e per avere un notevole valore sociale, in quanto è una delle uniche due chiese marchigiane aperte al culto 24h su 24h. A seguito di varie trasformazioni avvenute negli anni, la Chiesa, caratterizzata da una struttura portante in pietra (travertino bianco, materiale che caratterizza la maggior parte degli edifici ascolani), oggi appare come una struttura a unica navata con abside rettangolare. La navata, separata dalla zona absidale da un arco trionfale, è coperta da una volta a
botte in mattoni pieni (così come la zona absidale); la volta si congiunge con i piedritti inseriti nelle pareti laterali mediante “lunette” sempre realizzate in mattoni pieni. A seguito degli eventi sismici dell’aprile del 2009 la Chiesa è stata oggetto di un provvedimento di interdizione al culto e chiusura al pubblico, per parziale inagibilità. Questo provvedimento ha reso necessaria un’urgente valutazione della sua vulnerabilità sismica in modo da individuare celermente le soluzioni di intervento al fine di ottenere una immediata riapertura, garantendo al contempo un miglioramento del comportamento sismico del manufatto, compatibilmente con le esigenze di conservazione del monumento in considerazione del suo elevato valore storico e dei pregevoli elementi decorativi custoditi al suo interno.
il percorso della conoscenza Dai primi rilievi, sono emerse le seguenti problematiche connesse alla risposta sismica del fabbricato:
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1. Fasi storiche della costruzione della Chiesa: 1306: primitiva struttura della Chiesa; 1381: presenza della Chiesa riscontrabile in una pianta apocrifa, della quale però non è attestata né l’esattezza né tanto meno la precisione (in questa illustrazione le dimensioni sono paragonabili a quelle dell’aula odierna, sono presenti cinque contrafforti per lato, coincidenti con la posizione attuale, l’abside non era ancora stato edificato e il campanile sembrerebbe localizzato nella posizione opposta a quella attuale); 1532: progetto della facciata; 1541: “interpretando” il precedente progetto del 1532 è stata realizzata la facciata; sono stati anche realizzati l’arco trionfale, la tribuna e la sua copertura; 1583: è stato completamento il timpano della facciata; 1585: sono state realizzate tre aperture sulla facciata ed è stata realizzata la volta a botte con “lunette” a copertura dell’aula principale; 1602: viene effettuato l’ampliamento del coro; 1700: viene costruito il campanile nella posizione attuale.
2. evoluzione storica attraverso immagini storiche e planimetrie del catasto gregoriano.
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1. lesioni ampie e profonde sulla parete che sovrasta l’arco trionfale con segni di evidente distacco tra alcuni conci di quest’ultimo. In particolare l’ampia lesione presente sopra l’arco trionfale sulla destra (fig. 5a) è stata la motivazione principale che ha determinato la chiusura della chiesa; 2. lesioni passanti in chiave nella porzione di volta della navata e dell’aula limitrofa all’arco trionfale, con distacco (e caduta di materiale pulverulento) all’attacco tra facciata e volta e all’attacco tra timpano/lunetta e parete terminale del presbiterio. Il tutto aggravato da una copertura spingente costituita da puntoni lignei (cavalletti) in evidente degrado fisico che gravavano puntualmente sulle costolature della volta e da infiltrazioni sulla parte
3. a) riproduzione in scala 1:5 di una porzione della volta a botte dell’aula principale della Chiesa; b) modellazione dei piedritti con indicazione della posizione delle cerniere.
3. c) Confronto tra le ispezioni all’intradosso e l’estradosso della volta reale e la riproduzione in scala.
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alta della parete laterale in prossimità della facciata principale. Mentre per il punto 2 la correlazione col sisma appariva chiara, difficilmente il quadro fessurativo sembrava sovrapponibile a schemi di meccanismi tipicamente ricorrenti per l’arco trionfale. Anzi quest’ultimo appariva più congruente con un cedimento verticale del piedritto sinistro dell’arco stesso1. Alla luce di queste considerazioni è emersa subito perciò la necessità di interpretare adeguatamente il quadro lesivo riscontrato, così da verificarne le effettive cause. Con l’intento di raccogliere tutte le informazioni necessarie a facilitare la diagnosi, si è così intrapreso un approfondito percorso di conoscenza svolto attraverso le seguenti attività2-4: • analisi storico-critica: attraverso tutte le fonti utili (ad esempio pubblicazioni, documentazioni d’archivio, immagini fotografiche e planimetrie catastali5, 6) si è tentato di ricostruire, per quanto possibile, il processo di realizzazione e le successive modificazioni subite nel tempo dal manufatto e dai fabbricati a esso adiacenti (Figg. 1, 2), nonché gli eventi traumatici che lo hanno interessato. Rilievo geometrico-architettonico, del quadro fessurativo e deformativo e del degrado: eseguito con strumenti fotogrammetrici e topografici, con lo scopo di restituire fedelmente la geometria strutturale del manufatto, e dare indicazioni su fenomeni di degrado e su fattori che possono aver ridotto l’efficienza strutturale (fuori piombo, inflessioni,…). • Rilievo materico e tecnologico-costruttivo: ha individuato l’apparecchiatura muraria, la tipologia e l’orditura della copertura, l’efficacia degli ammorsamenti murari. Per quanto riguarda le pareti è stata effettuata un’indagine endoscopica al fine di definirne la morfologia costruttiva, la stratigrafia e le caratteristiche dei materiali. Dall’indagine è emerso che i piedritti sono costituiti da una sezione piena in travertino. Nei riguardi della volta dell’aula, per avere una maggior consapevolezza di quanto la modalità costruttiva potesse influenzare la sua modellazione, è stata realizzata una riproduzione parziale in scala 1:5 di uno dei suoi punti più critici: l’aggancio al piedritto, dove confluiscono oltre alla lunetta i vari costoloni irrigidenti (fig. 3a), cercando di attenersi il più possibile ai riferimenti a nostra disposizione (ispezioni dell’estradosso e dell’intradosso, porzioni di intonaco distaccato che hanno assunto la funzione di “calchi” della tessitura muraria, fig. 3c). Da questo approfondimento è emerso come la geometria e le dimensioni degli elementi costituenti, vadano a creare una zona di grande rigidezza e un consistente aumento della sezione resistente rispetto al resto dello sviluppo della volta. Queste considerazioni sono state utili per definire, in fase di modellazione, la posizione delle cerniere che caratterizzano l’evolversi dei cinematismi di collasso analizzati (fig. 3b).
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4. Meccanismi locali pareti laterali e volta dell’aula. Le scelte della modellazione strutturale sono di seguito sintetizzate: • piedritto pieno+nicchie+fasi costruttive pareti laterali insieme indipendente di piedritti • arconi volta e lunette volta insieme di arconi indipendenti • costruzione volta+costolone+lunetta+costolone piccolo quota vincolo cerniera (30°) • influenza posizione orizzontamenti edifici adiacenti quota cerniera alla base
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Vulnerabilità sismica Esperienze nel campo della conservazione del patrimonio edilizio storico e monumentale7-9 hanno mostrato che alcune tipologie di costruzioni storiche in muratura (come le Chiese) non manifestano di fronte al sisma un chiaro comportamento d’insieme, ma
tendono a reagire come un insieme di sottosistemi (macroelementi) caratterizzati da una risposta strutturale autonoma. In questi casi la verifica su un modello globale non ha rispondenza rispetto alle effettive prestazioni in caso di sisma, è quindi preferibile procedere con valutazioni locali della sicurezza. Nel nostro caso sono stati identificati i seguenti macroelementi:
5. a) Prima e dopo la realizzazione dell’intervento di “scuci-cuci”; b) chiodature con barre di acciaio per stabilizzare i conci dell’arco trionfale.
6. Schema della trave reticolare sul piano delle falde di copertura (vista in pianta).
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7. disposizione del sistema “reticolare” sulle falde del tetto composto dalle seguenti componenti: • corrente superiore compresso: è costituito dagli elementi lignei disposti in corrispondenza del colmo tra i cavalletti lignei a sostegno della copertura (elementi di colore blu); • aste di parete compresse (puntoni): sono costituite dagli elementi inclinati nel piano delle falde in corrispondenza della facciata e della parete a essa speculare (elementi di colore blu) e dai cavalletti lignei a sostegno della copertura (elementi di colore verde); • aste di parete tese (tiranti): sono costituiti dalle bandelle metalliche inclinate disposte nel piano delle falde del tetto (elementi di colore rosso); • corrente inferiore teso: è costituito dal cordolo a traliccio in acciaio disposto lungo lo sviluppo longitudinale delle pareti dell’aula (elementi di colore rosa).
8. dettagli costruttivi: a) part. 1 – ancoraggio della trave di colmo alla facciata (e alla parete a essa speculare): b) part.2 – ancoraggio del puntone inclinato alla facciata (e alla parete a essa speculare); ben visibile la disposizione delle bandelle metalliche e dei puntoni lignei (le foto mostrano una vista dall’estradosso durante i lavori e una vista dall’intradosso a lavori ultimati); c) part.3 – ancoraggio dei cavalletti sulle pareti laterali; dalla foto è possibile notare la differenza tra l’appoggio originario e quello dei nuovi cavalletti.
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1. facciata principale; 2. pareti laterali e volta a copertura dell’aula principale; 3. arco trionfale; 4. presbiterio; 5. timpano/lunetta del presbiterio; 6. torre campanaria. Per i precedenti macroelementi sono stati analizzati tutti i meccanismi locali tipicamente riscontrabili in essi8, 9, mediante analisi cinematica lineare3, 4. Dall’analisi dei risultati emersi dal percorso di conoscenza, particolare attenzione è stata posta al macroelemento 2: le pareti laterali, infatti, risultano oggi inglobate all’interno dell’aggregato edilizio che comprende, oltre alla Chiesa, anche gli edifici che la fiancheggiano, come riportato in figura 4. La vulnerabilità sismica globale della Chiesa si può considerare assimilabile a quella del primo meccanismo che si innesca nell’intero corpo di fabbrica e cioè, in questo caso, quello di rotazione monolatera di un solo piedritto della volta dell’aula (fig. 4b).
interventi per il miglioramento sismico Sulla base della diagnosi delle vulnerabilità della Chiesa è stato possibile predisporre soluzioni di interventi mirate, volte a ridurre o eliminare tali vulnerabilità, sfruttando appieno tutte le risorse della fabbrica. Le maggiori criticità sono state riscontrate nei riguardi dei seguenti macroelementi: • arco trionfale: dopo aver accertato che il quadro fessurativo della parete fosse di fatto stabile nella conformazione raggiunta, è stato consigliato di ripristinare la continuità muraria con un intervento di scuci-cuci, attraverso la sostituzione degli elementi lapidei dissestati e/o mancanti (fig. 5a). Per garantire la stabilità dei conci, si è consigliato di agire dall’intradosso con perfori armati con barre in acciaio successivamente riempiti con opportune miscele leganti (fig. 5b). • Volta dell’aula e piedritti e facciata: dai risultati della valutazione della vulnerabilità sismica è emersa la necessità di intervenire al fine di eliminare/ridurre le spinte statiche che gravano sulle pareti laterali della Chiesa dovute alla copertura e alla volta dell’aula principale. A tal fine una prima ipotesi di intervento, rapida ed economica, proponeva l’inserimento di semplici catene in acciaio. Questa soluzione non era però percorribile per via delle esigenze di rispetto dell’autenticità della fabbrica e in considerazione del forte impatto visivo che la loro introduzione avrebbe inevitabilmente causato. Esisteva poi il problema del loro ancoraggio esterno alla Chiesa (interazione con gli edifici confinanti) o all’interno dei piedritti (affidabilità dell’aggancio chimico). Pertanto è stato necessario studiare una seconda soluzione non visibile dall’interno (fig. 6): sostanzialmente due grandi “travi
9. Schema del posizionamento dei tiranti inclinati nel piano della facciata.
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reticolari di falda”, permettono allo stesso tempo di: • scongiurare il ribaltamento della parete laterale, ma anche della facciata e del timpano; • riportare l’azione sismica di ribaltamento ai macroelementi perpendicolari (facciata), facendoli lavorare nel piano; • irrigidire nel piano di falda la copertura; • sfruttare i cavalletti di copertura in legno anche come “controventi”. Particolare attenzione è stata posta al vincolo della “trave reticolare di falda” con la facciata, per evitare punzonamenti durante un eventuale sisma (Figg. 6-8). Considerando che questa va a scaricare azioni orizzontali nel piano della facciata (in corrispondenza del timpano), per evitare la formazione di meccanismi di rottura a taglio nel piano è stato consigliato di porre in opera tiranti inclinati nel piano stesso (fig. 9).
Conclusioni In questo lavoro sono stati presentati i risultati delle valutazioni di vulnerabilità sismica della Chiesa di S. M. della Carità di Ascoli Piceno, chiusa al pubblico in seguito al sisma del 2009, e le soluzioni di intervento proposte e poi realizzate. La strada percorsa è stata quella di investire tempo e risorse in una approfondita conoscenza della fabbrica (dall’analisi delle trasformazioni succedutesi nella storia a un rilievo tecnologicocostruttivo e materico puntuale). Ciò ha permesso di confutare le motivazioni per cui era stato chiuso il monumento, e di effettuare una precisa diagnosi di vulnerabilità, proponendo così a valle una sostenibile risposta terapeutica mirata, salvaguardando tutto il portato di informazioni di cui la Chiesa è testimone: a fronte di un costo stimato inizialmente dall’Amministrazione di circa 500 mila euro, la soluzione proposta ha permesso di
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garantire lo stesso incremento di sicurezza abbattendo i costi di quasi la metà (circa 300 mila euro).
ringraziamenti Si ringrazia per la fattiva collaborazione l’ing. M. Curzi e l’arch. R. Terpolilli del Comune di Ascoli Piceno, l’ing. M. D’Emidio progettista incaricato e il parroco Don Angelo Ciancotti. Bibliografia 1 - Quagliarini E., Monni F., Lenci S., “Importance of building knowledge for a correct structural assessment. The case of S. M. della Carità church in Ascoli Piceno (Italy)”, Atti del “SAHC 2012 – 8th International Conference on Structural Analysis of Historical Constructions”, Wroclaw, Polonia, 15-17 ottobre 2012 – Vol. 1, pp. 341-350 – DWE – ISBN/ISSN: 9788371252174. 2 - DPCM 26.02.2011, Linee Guida per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle norme tecniche per le costruzioni, G.U. 26.02. 2011 n. 47, Roma, 2011. 3 - D.M. 14.01.2008, Nuove norme tecniche per le costruzioni, G.U 4.02.2008, n. 29, Ministero delle Infrastrutture, dell’Interno e Dipartimento Protezione Civile, Roma, 2008. 4 - Circolare 2.02.2009, n. 617, Istruzioni per l’applicazione delle “Norme Tecniche per le Costruzioni” di cui al D.M. 14 gennaio 2008, Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, Roma, 2009. 5 - Archivio di Stato di Ascoli Piceno. 6 - Curia arcivescovile, Progetto per la riparazione della Chiesa di S. M. della Carità sita in piazza Roma, Relazione tecnica, allegato n. 1, 19 marzo 1966. 7 - Giuffrè A., Letture sulla meccanica delle murature storiche, Edizioni Kappa, Roma, 1991. 8 - Doglioni F., Moretti A., Petrini V., Le chiese e il terremoto, ed. LINT, Trieste, 1994. 9 - Doglioni F., Mazzotti P. (a cura di), Codice di pratica per gli interventi di miglioramento sismico nel restauro del patrimonio architettonico. Integrazione alla luce delle esperienze nella Regione Marche, Regione Marche P.F. “Beni Culturali e Programmi di Recupero”, Ancona, 2007.
Knowledge of the building as a tool for sustainable recovery. The church of Santa Maria della Carità (Ascoli Piceno) The Santa Maria della Carità church, in Ascoli Piceno (Italy), hit by L’Aquila’s earthquake of 2009 is one of the most important example of the Barocco age in the Marche region and contains many precious paintings of local artists. Moreover, it has also a great social value for the city of Ascoli Piceno, because it is the only one that is opened to the devotees 24 hours a day. After the seismic event, the church was closed because several cracks appeared, in particular, the triumphal arch was the element that appeared mainly damaged and presented the most serious and spread damaging. In order to avoid erroneous interventions and to save money, structural assessment and design of repairing and strengthening measures have been preceded by a deep knowledge process about the building history and its construction technique. This choice was revealed winning, allowing a better understanding of damage pattern and a quick and cheap structural rehabilitation through several, detailed interventions of consolidation.
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Ergonomics of urban areas: testing a system for multi-criteria evaluation The experimenting multi-criteria system is able to assess the urban spaces’ ergonomics level. For a correct representation of reality it is necessary to identify the variables that affect the dynamic relationship between people and built environment. Variables determination is required for the construction of an interpretive model (Bayesian network) about urban spaces ergonomics, that is based on a process of phenomenon’s decomposition. The network allows to maintain coherence in probability distributions of the different nodes: if a probability value of a variable is changed, the network propagates the effects to all the other nodes. Assigning different weights to the variables, the model processes data related to each of them, whose result provides the ergonomics level of urban space.
ergonomia degli spazi urbani: sperimentazione di un sistema multicriteriale per la valutazione Lo strumento di valutazione consente di misurare le relazioni che intercorrono tra forma / caratteristiche fisiche degli spazi urbani e il comportamento/stile di vita degli abitanti. rete causale – Spazi urbani – Pedoni – Attività fisica – ergonomia – Ambiente costruito
Letizia Appolloni Architetto, PhD student, Dipartimento Ingegneria Civile Edile e Ambientale, Sapienza Università di Roma letizia.appolloni@uniroma1.it daniela d’alessandro Professore ordinario, Dipartimento di Ingegneria Civile Edile ed Ambientale – D.I.C.E.A., Sapienza Università di Roma daniela.dalessandro@uniroma1.it Carlo Cecere Professore Ordinario, Direttore del CRITEVAT – Centro di ricerche di Ingegneria per la Tutela e la Valorizzazione dell’Ambiente e del Territorio, Sapienza Università di Roma carlo.cecere@uniroma1.it Carlo Patrizio Professore a contratto Dipartimento di Ingegneria Civile Edile ed Ambientale – D.I.C.E.A., Sapienza Università di Roma carlo.patrizio@uniroma1.it Articolo sottoposto a Peer review.
Le città rappresentano i luoghi delle opportunità e, in quanto tali, sono destinate a sostenere anche gli effetti negativi dell’inurbamento. Oltre il 75% della popolazione vive in ambiente urbano: nel 1950 le megalopoli erano 2, attualmente sono 19 e nel 2025, si prevede, saranno 27. La crescita della popolazione mondiale e la sua concentrazione nelle città produce, tra l’altro, un aumento della congestione del traffico urbano i cui effetti sugli stili di vita, sull’ambiente e sulla salute sono devastanti. Laddove l’uomo concentra le proprie attività, consolida le proprie abitudini, sceglie i propri spazi, si vive l’eterno contrasto tra sviluppo, finitezza delle risorse e inquinamento ambientale. Culturalmente, e sin dalla sua nascita, la città moderna deve fare i conti con l’efficienza e la velocità: a ciò consegue un uso improprio dei suoi elementi strutturalmente costitutivi (strade, piazze) oltre alla nascita di entità che definiscono un nuovo paesaggio e una nuova forma urbana. Cambiano i modelli di vita, mentre è sempre più difficile garantire quelle condizioni di equilibrio con l’ambiente naturale capaci di
assicurare il massimo potenziale di salute. Si pone, allora, un problema di riappropriazione degli spazi da parte degli abitanti in modo tale da rispondere compiutamente alle loro esigenze: in definitiva è necessario individuare una visione ergonomica del sistema degli spazi che costituiscono la città. Le sfide da affrontare sono molteplici: dal controllo del traffico a un trasporto pubblico intelligente, dalla realizzazione di vie per veicoli non motorizzati alla creazione di ambienti urbani salubri e alla promozione convinta di stili di vita capaci di prevenire e controllare le malattie croniche, il cui peso – va ricordato – si traduce in una perdita dell’1% del PIL dell’UE (oltre 100 mld di euro). Per le patologie cronico-degenerative non sono disponibili armi farmacologiche decisive, mentre strumenti di contrasto molto efficaci sono rappresentati da una attività fisica regolare, una sana alimentazione, dalla lotta al fumo e all’abuso di alcolici. La promozione di stili di vita funzionali al benessere dipende dalla motivazione del singolo a modificare i propri comportamenti e
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dai determinanti ambientali della salute: per questo occorre pensare a una nuova cultura delle trasformazioni territoriali e a modifiche fisiche dell’assetto cittadino che vadano verso una riqualificazione del tessuto urbano esistente. L’atteggiamento individuale e il processo decisionale, così come la natura del contesto socio-ambientale in cui si verificano, hanno un ruolo strategico nel processo di miglioramento della salute pubblica (Evans & Stoddart, 1990; Sallis & Owen, 2002): occorre identificare e comprendere gli ambienti salutogeni come luoghi stabili che supportano comportamenti sani. In questa ottica è crescente l’interesse per il rapporto tra le caratteristiche fisiche del quartiere, la salute dei residenti e il loro benessere, riaffermando la centralità dell’uomo nel sistema complesso in cui vive. Parlare, allora, di ergonomia degli spazi urbani è un’utile digressione per spiegare la necessità di trattare l’argomento in maniera complessa: in definitiva il ruolo dell’ergonomia, secondo un approccio olistico, è quello di conoscere e capire l’articolato sistema d’interazioni che coinvolgono l’uomo contribuendo, poi, al miglioramento della qualità di vita, in tutte le attività del quotidiano.
Stato dell’arte I modelli concettuali che supportano le ricerche sul rapporto fra ambiente costruito e comportamento degli abitanti dimostrano quanto il contesto fisico influenzi le attività umane. Le relazioni
dinamiche esistenti tra le caratteristiche degli spazi outdoor e lo stile di vita delle persone possono essere, in qualche modo, valutate: tali valutazioni sono, fin qui e nella maggior parte dei casi, di carattere qualitativo. L’ambiente costruito è rappresentato dai modelli d’uso del territorio, dal costruito su grande e piccola scala e dai caratteri dell’ambiente naturale. Generalmente vengono utilizzate tre categorie di dati che, opportunamente armonizzati, provano a misurare la qualità dell’ambiente costruito. Attraverso interviste e questionari autosomministrati, si analizzano le modalità con cui gli individui percepiscono l’ambiente circostante (Poortinga – 2006), l’accesso e le barriere relative a strutture ricreative, l’uso del suolo, i trasporti, gli elementi naturali. Altri utilizzano osservazioni sistematiche (audit) tese a quantificare gli attributi dell’ambiente costruito: gli strumenti di audit affrontano separatamente gli ambiti di interesse (città, quartieri, parchi) e variano in maniera significativa nel dettaglio con cui vengono misurate le proprietà dell’ambiente costruito. La maggior parte di tali strumenti prevedono una o più misure relative alle componenti fisiche del territorio, riservando invece poco spazio ad altre proprietà dell’ambiente costruito come la valutazione dei livelli di rumore o le misure di promozione della salute. Altro approccio per la valutazione dell’ambiente costruito fa riferimento a misure derivanti da set di dati di archivio che spes-
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so sono rielaborati con il GIS. I sistemi di informazione geografica, capaci di fornire dati obiettivi, sono molto utilizzati per misurare, anche in termini di salute pubblica, gli effetti dell’ambiente costruito sull’attività fisica. Alcuni indicatori multipli, combinati in indici compositi, sono stati pensati per raggruppare l’interrelazione delle molteplici proprietà dell’ambiente costruito e facilitare la comunicazione dei risultati (per es. “walkability index” – WI, Frank et altri, 2005; “Walk Opportunities Index”, Kuzmyak et altri, 2005). I limiti delle misurazioni e delle tecniche descritte (interviste e questionari, audit, dati di archivio GIS) dipendono, per lo più, dalla difficoltà di reperire dati affidabili che rappresentino la realtà, dal tempo impiegato per l’operazione di raccolta e dalla dimensione delle aree di indagine prese come riferimento (nelle grandi dimensioni, la misurazione può nascondere variazioni all’interno dell’area stessa). In letteratura sono disponibili misure di diverse variabili ricavate da differenti modalità di valutazione: un approccio scientifico più rigoroso impone la necessità di parametrare le relazioni tra comportamento degli abitanti e le caratteristiche fisiche dell’ambiente costruito proprio assegnando pesi diversi a una variabile rispetto all’altra.
Per una proposta metodologica
tabella 1.
L’approccio ergonomico alla riqualificazione e alla progettazione degli spazi urbani, basato cioè sull’esigenza degli utenti, può essere affrontato proprio attraverso il metodo esigenzial-prestazionale, largamente utilizzato in Italia. In questo senso tutte le proprietà dell’ambiente costruito che influenzano uno stile di vita attivo dovranno essere scelte, analizzate e organizzate in modo tale da rendere possibile una connotazione e una valutazione dell’ergonomia degli spazi urbani. Tale metodica è piuttosto recente e non ancora consolidata. In letteratura esistono vari approcci alla raccolta dei dati necessari per la misurazione delle variabili: la prassi utilizzata cambia in funzione degli obiettivi della ricerca. In seguito alle risultanze dello studio della letteratura in materia, si è via via configurato un approccio metodologico fondato sul sistema esigenze/requisiti/prestazioni proposto in ambito edilizio dalla UNI. La UNI 10838 del 1999 definisce • l’esigenza come “ciò che di necessità si richiede per il corretto svolgimento di un’attività dell’utente o di una funzione tecnologica”; • il requisito come “traduzione di un’esigenza in fattori atti a individuarne le condizioni di soddisfacimento da parte di un organismo edilizio o di sue parti spaziali o tecniche, in determinate condizioni d’uso e/o di sollecitazione”;
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•
2.
la prestazione come “comportamento reale dell’organismo edilizio e/o delle sue parti nelle effettive condizioni d’uso e di sollecitazione”. Ritenute valide le suddette definizioni, è possibile adattare la norma al nostro ragionamento avendo cura di precisare che laddove essa si riferisce a un elemento, è da intendere riferita a un sistema di elementi. Questo sistema di classificazione, peraltro, è stato esteso dalla scala edilizia al sistema ambientale degli spazi aperti circostanziando l’analisi alle sole classi esigenziali di maggiore interesse per il tema trattato: ergonomia negli spazi urbani è sinonimo principalmente di fruibilità, di benessere e di sicurezza. La fruibilità, intesa come classe esigenziale, può essere definita come “l’attitudine del sistema urbano ad essere adeguatamente usato dagli utenti nello svolgimento delle attività”. Il benessere può essere definito come l’insieme delle condizioni relative a stati del sistema degli spazi urbani aperti adeguati alla vita, alla salute e allo svolgimento delle attività degli abitanti. Infine, la sicurezza rappresenta l’insieme delle condizioni relative all’incolumità degli utenti, nonché alla difesa e alla prevenzione di danni dipendenti da fattori accidentali, nell’esercizio del sistema degli spazi urbani outdoor. Le classi esigenziali così selezionate sono state articolate nei requisiti e prestazioni della tabella 1.
Strumenti d’indagine
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Per la determinazione di un nuovo modello interpretativo e valutativo delle prestazioni del sistema e quindi delle variabili ora descritte, in relazione all’ergonomia degli spazi urbani, si è pensato allora di utilizzare il modello della rete causale, basato su un processo di scomposizione del fenomeno: attraverso l’analisi delle influenze si evidenzia la struttura causale dei processi reali. La topologia della rete stabilisce, quindi, tutte le relazioni funzionali del fenomeno in esame. David Niemeijer e Rudolf S. de Groot (2006) hanno elaborato un’implementazione del modello DPSIR per la selezione di indicatori ambientali, enhanced DPSIR (eDPSIR), che non considera le singole catene causali ma, ispirato dal pensiero sistemico, affronta la complessità del mondo reale utilizzando le reti causali (fig. 2), dove più catene interagiscono e sono tra loro interconnesse. Per la selezione di indicatori specifici, secondo gli autori, è necessario elaborare una rete causale organizzata secondo il modello DPSIR (fig. 3) in modo tale da fornire un migliore orientamento concettuale. Definito il modello, è necessario localizzare e identificare i nodi chiave della rete causale che rappresentano anche i punti di controllo per monitorarla e gestirla. Dopo aver
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Si vuole procedere alla riqualificazione di una piazza all’interno di un quartiere residenziale intervenendo con un progetto sul verde. Raccolti i valori per ogni singolo indicatore e immessi nel rete bayesiana i dati relativi alle variabili rilevate nello spazio di progetto, il sistema ne fornirà immediatamente il grado di ergonomia. Modificando la variabile relativa al verde, la rete propaga gli effetti del cambiamento a tutte le altre variabili in funzione delle relazioni che le collegano: ciò comporta una variazione dei pesi delle variabili del sistema e la conseguente mutazione delle priorità di intervento. In fase progettuale lo strumento permette di ricercare il valore ottimale della variabile relativa al verde rimodulando così il piano degli interventi che interesserà l’intera opera.
identificato i nodi chiave, rappresentati dagli indicatori astratti a essi associati, è necessario individuare i migliori indicatori concreti per i nodi considerati. È a questo punto che possono essere applicati tutti i classici criteri di selezione degli indicatori menzionati dalla letteratura in materia. La rete causale non fornisce informazioni quantitative circa le relazioni tra le variabili, ma identifica quali sono i fattori di interesse per uno specifico nodo e quali sono i passaggi intermedi tra le variabili stesse. Una rete causale è quindi in grado di catturare più efficacemente tutta una serie di cause ed effetti le cui interrelazioni tipicamente coinvolgono un gran numero di variabili e attraversano i confini dei singoli problemi ambientali. Essa considera relazioni complesse e mette in evidenza la natura trasversale delle tematiche ambientali, studia le relazioni causa-effetto che intercorrono tra tutte le variabili e non solo quelle che si trovano lungo un unico percorso di catena causale. Il concetto di rete causale, di per sé, non è nuovo: le reti causali sono state già largamente utilizzate in matematica e nei campi della medicina e dell’ambiente. Il grado di completezza della rete e il grado di dettaglio dipenderà dalla specifica applicazione per cui è stata realizzata: non esiste una rete causale specifica centrata su un problema particolare e non esistono reti causali universalmente utili. Quando si lavora con le reti ci si può servire anche di processi matematici (modelli probabilistici) per quantificare le relazioni.
sia della comprensione che l’uomo può avere di tale realtà, e considero le relazioni probabilistiche come nient’altro che il fenomeno di superficie del macchinario causale sottostante che guida la nostra comprensione del mondo». Utilizzare un modello probabilistico come le reti bayesiane consente di predisporre analisi di scenario e di quantificare la probabilità del rischio: il tutto è associato a una maggiore flessibilità rispetto ad altri modelli probabilistici, perché permette di integrare dati disomogenei e processi decisionali volti alla mitigazione dello stesso (Giretti, Minnucci). Semplificando: costruita la rete di influenze, cioè avendo chiarito le interrelazioni tra le variabili intrinseche del sistema analizzato, è necessario fissare le distribuzioni di probabilità condizionate a ogni nodo per definire il modello probabilistico del fenomeno.
È interessante l’affermazione di Pearl (2000): «…ritengo che le relazioni causali siano le basi fondamentali sia della realtà fisica,
Le variabili individuate che descrivono l’ambiente esterno, misurabili attraverso l’uso di strumenti di misura o valutabili attraverso metodi statistici, rappresentano propriamente degli indicatori, secondo la stessa definizione dell’OCSE, per cui si tratta di “parametri, o valori derivati da parametri, che forniscono informazioni sintetiche su un determinato fenomeno”, cioè su un sistema complesso di difficile interpretazione. La rete, dal punto di vista computazionale, permette di mantenere la coerenza delle distribuzioni di probabilità dei vari nodi, in funzione delle distribuzioni di probabilità condizionata espresse dalle relazioni (Giretti, Minnucci). Se un valore di probabilità di una variabile viene cambiato, la rete propaga gli effetti del cambiamento a tutti gli altri nodi in funzione delle relazioni che li collegano. L’applicazione della rete bayesiana, quindi, oltre a garantire la rappresentazione di fenomeni reali,
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Sviluppi della ricerca
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riesce anche a fornire altri tipi di informazioni, a seconda del tipo di processo logico che rappresenta (osservazione, deduzione, diagnosi). Assegnati pesi diversi alle variabili, il modello elabora il dato riferito a ciascuna di esse, la cui risultante fornisce il grado di ergonomia dello spazio urbano. Lo strumento così elaborato sarà sottoposto alle verifiche sul campo per testarne l’impiego e validarne i risultati; essendo il modello teorico di analisi ora descritto un modello astratto, esso può essere applicato indifferentemente a qualunque scala di intervento. La scelta del quartiere come scala di indagine e di riferimento deriva quindi dalla necessità di garantire una valutazione più puntuale del contesto: la qualità di quest’ultimo va riferita all’ottimale organizzazione dello spazio urbano e della mobilità e alle caratteristiche dell’ambiente costruito in grado di favorire stili di vita e comportamenti capaci di migliorare la vivibilità e la salute. La finalità della metodologia di indagine proposta possono tradursi in un protocollo che serva ai tecnici delle Amministrazioni pubbliche e ai progettisti, nella valutazione dello stato attuale dei quartieri, alla ricerca dei fattori in grado di incidere sulla riqualificazione e sulla progettazione degli spazi urbani, attività, questa, propedeutica al miglioramento delle loro performance. Il sistema di valutazione, proprio per la sua specificità, potrebbe essere utile per implementare strumenti di valutazione e certificazione già esistenti. Bibliografia Barp A. – Bolla D., 2009, Spazi per camminare. Camminare fa bene alla salute, Marsilio Editori s.p.a., Venezia. Benzi M., 2007, Scoprire le cause. Reti causali, contesti probabilità, Franco Angeli, Milano.
6.
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Brownson R.C., Hoehner C.M., Day C., Forsyth A., Sallis J.F., Measuring the built environment for physical activity. State of the Science, 2009, in American Journal of preventive Medicine. Frank, L., Schmid, T., Sallis, J., Chapman, J., Saelens, B., 2005. Linking objectively measured physical activity with objectively measured urban form: findings from SMARTRAQ, in American Journal of Preventive Medicine. Gebel K., Bauman A.E., Petticrew M., 2007, The Physical Environment and Physical Activity. A Critical Appraisal of Review Articles, in American Journal of Preventive Medicine. Gehl J., 1987, Life between buildings, using public space, VNB, New York. Giles-Corti B., Broomhall M.H., Knuiman M., Collins C., Douglas K., Ng K., Lange A., Donovan R.J., 2005, Increasing Walking. How Important Is Distance To, Attractiveness, and Size of Public Open Space?, in American Journal of Preventive Medicine. Giretti A., Minnucci P., La gestione del rischio nei progetti complessi: l’approccio bayesiano, Istituto di Architettura Tecnica e Produzione Edilizia, Facoltà di Ingegneria – Università Politecnica delle Marche. Kevin Manaugh, Ahmed El-Geneidy, 2011, Validating walkability indices: How do different households respond to the walkability of their neighborhood?, McGill University, Montreal, QC, Canada, in Transportation Research. Koohsari M.J., Kaczynski A.T., Giles-Corti B., Karakiewicz J.A., 2013, Effects of access to public open spaces on walking: Is proximity enough?, in Landscape and Urban Planning. Kuzmyak, J.R., Baber, C., Savory, D., 2005. Use of walk opportunities index to quantify local accessibility, in Journal of the Transportation. Leslie E., Coffee N., Frank L., Owen N., Bauman A., Hugo G., 2005, Walkability of local communities: Using geographic information systems to objectively assess relevant environmental attributes, in Health & Place. Meyar-Naimin H., S.Vaez-Zadeh, Sustainable development based energy policy making frameworks, a critical review, 2012, School of Electrical and Computer Engineering, University of Tehran, in Energy Policy. Monteiro F.B., Campos V.B.G., 2012, A proposal of indicators for evaluation of the urban space for pedestrians and cyclists in access to mass transit station, Instituto Militar de Engenharia, Praia Vermelha, Rio de Janeiro, in Procedia – Social and Behavioral Sciences. Niemeijer D., Rudolf S. de Groot, A conceptual framework for selecting environmental indicator sets, 2006, in Ecological Indicators. Peggy E. – Agis Tsouros, 2007, Promuovere l’attività fisica e una vita attiva negli ambienti urbani. Il ruolo delle amministrazioni locali, Armando Editore, Roma. Pikora T.J., Bull F.C.L., Jamrozik K, Knuiman M., Giles-Corti B., Donovan R.J., 2002, Developing a Reliable Audit Instrument to Measure the Physical Environment for Physical Activity, in Journal of Preventive Medicine. Poortinga W., 2006, Perceptions of the environment, physical activity, and obesity, in Social Science & Medicine. Sallis J.F., Saelens B.E., Frank L.D. Conwey T.L., Slymen D.J., Cain K.L., Chapman J.E., Kerr J., 2009, Neighborhood built environment and income: Examining multiple health outcome, in Social Science & Medicine. VanDyck D., Cardon G., Deforche B., DeBourdeaudhuij I., 2011, Do adults like living in high-walkable neighborhoods? Associations of walkability parameters with neighborhood satisfaction and possible mediators, in Health & Place.
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