Terra battuta tecnica costruttiva e recupero

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GAIA BOLLINI

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Terra battuta: tecnica costruttiva e recupero

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Linee guida per LE procedure d’intervento / architettura sostenibile / strumenti e tecniche /

ISBN 978-88-96386-27-9

GAIA BOLLINI Terra battuta: tecnica costruttiva e recupero

Concepito “a metà tra manuale e guida operativa”, il presente volume indaga efficacemente le potenzialità di un antico materiale da costruzione, la terra, svelandone caratteristiche, peculiarità e limiti, rammentandoci che “laddove sia impiegata, la terra non è altro che una risorsa come molte altre”. Il focus della trattazione è la terra battuta, una delle tecniche di costruzione utilizzate in Italia ed in particolare nel territorio piemontese ricompreso nell’area fra Alessandria, Novi Ligure e Tortona. Il testo – articolato in tre Sezioni, tre Appendici e quaranta Box di approfondimento – affronta il tema delle criticità tecniche correlate al recupero del patrimonio esistente e si propone come strumento capace di colmare l’interruzione di memoria e l’oblio culturale che hanno causato la perdita di conoscenza sia del materiale (la terra) che del saper fare (progettuale e tecnico). L’attenzione dell’autrice si è concentrata soprattutto sul corretto impiego della terra (battuta) – con incursioni nel mondo dell’architettura contemporanea – nel tentativo di recuperare quella confidenza e familiarità necessarie al mondo professionale, alle maestranze e alla committenza affinché la terra torni ad essere riconosciuta, innanzitutto, come materiale da costruzione. Gaia Bollini Architetto e Dottore di ricerca in Ingegneria Civile. Laureata all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia (1998) con una tesi sulla costruzione in terra e le problematiche normative, ha proseguito negli anni lo studio della tecnologia e delle prestazioni fisico-meccaniche della terra cruda, attività e campo in cui è tutt’ora impegnata. Nell’ambito del dottorato di ricerca e dell’attività professionale ha continuato ad approfondire le tematiche del costruire sostenibile e, nello specifico, della certificazione energetica e ambientale degli edifici. Dal 2006 al 2011 è stata consulente di Fornace Brioni (Gonzaga, MN) in merito alla produzione industriale di elementi e sistemi costruttivi industriali in crudo, quale ideatrice e referente; da anni è impegnata nella promozione dell’architettura di terra nel basso Piemonte. Già docente a contratto di Architettura Tecnica presso il corso di laurea in Scienze dell’Architettura all’Università degli Studi di Udine. Ha al suo attivo attività di consulenza e progettazione nel settore dell’architettura energeticamente efficiente e bioecologica; ristrutturazione di edifici in terra (progettazione e consulenza), collaborazione con amministrazioni ed enti pubblici sui temi del costruire in terra cruda e sostenibile. Membro del comitato tecnico scientifico dell’Ass. Nazionale Città della Terra Cruda, è socia dell’Istituto Nazionale di Bioarchitettura (Sezione di Vicenza), dell’associazione CasaClima Network Vicenza e ANIT (Ass. Nazionale Isolamento Termoacustico), nonché iscritta nell’elenco Consulenti energetici CasaClima e docente CasaClima, certificatore abilitato SACERT e CENED (Regione Lombardia). Dal 1998 ad oggi ha partecipato con propria memoria, e contribuito all’organizzazione, di convegni nazionali e internazionali, tenuto lezioni seminariali, collaborato alla realizzazione di percorsi formativi teorici e pratici, scritto articoli e curato alcune pubblicazioni sul costruire in terra e sull’architettura energeticamente efficiente. Oggi vive fra Novi Ligure (AL) e Bassano del Grappa (VI), arch.gaia.bollini@archiworld.it



terra battuta: tecnica costruttiva e recupero LINEE GUIDA PER LE PROCEDURE D’INTERVENTO

EdicomEdizioni

/ architettura sostenibile / strumenti e tecniche /


Progetto promosso dal Comune di Novi Ligure – Settore Urbanistica con il sostegno dell’Associazione Nazionale Città della Terra Cruda (www.terracruda.org) e della Regione Piemonte – Direzione Cultura, Turismo e Sport, Settore Biblioteche, Archivi ed Istituti Culturali Il Comune di Novi Ligure è socio dell’Associazione Nazionale Città della Terra Cruda

Tutti i disegni sono stati rielaborati o integralmente realizzati dall’arch. Isidoro Parodi. I disegni non sono in scala.

EdicomEdizioni Monfalcone (Gorizia) tel. 0481/484488 fax 0481/485721 e-mail: info@edicomedizioni.com www.edicomedizioni.com I testi e le foto sono stati forniti dagli autori © Copyright EdicomEdizioni Vietata la riproduzione anche parziale di testi, disegni e foto se non espressamente autorizzata. Tutti i diritti sono riservati a norma di legge e delle convenzioni internazionali. ISBN 978-88-96386-27-9 Questo libro è stampato interamente su carta riciclata Stampa Laser CC Milano Prima edizione dicembre 2013


Gaia Bollini

terra battuta: tecnica costruttiva e recupero LINEE GUIDA PER LE PROCEDURE D’INTERVENTO

EdicomEdizioni / architettura sostenibile / strumenti e tecniche /



Presentazione

Presentazione

Quando nell’ottobre 2004 salutai con entusiasmo la pubblicazione degli Atti del Convegno internazionale sul patrimonio in terra cruda svoltosi a Novi Ligure nel 1997, ebbi modo di sottolineare che molto lavoro si sarebbe dovuto ancora svolgere per vincere la sfida che l’Amministrazione Comunale aveva deciso di affrontare: mettere in atto iniziative non soltanto tecniche ma, più in generale culturali, che potessero incidere efficacemente sul pregiudizio e sulla perduta conoscenza di un sistema costruttivo che affonda le proprie radici nella storia dell’uomo e che caratterizza ancora fortemente il territorio e il paesaggio novese (alessandrino). Molto, in tal senso, abbiamo fatto da allora: un più diffuso e capillare censimento degli edifici in terra ci ha restituito la massiccia consistenza del patrimonio ancora esistente; i riconoscimenti a livello nazionale e internazionale ci hanno confortato sulla bontà delle nostre azioni di tutela e promozione; la perseveranza nel promuovere percorsi didattici presso scuole di diverso ordine e grado ci continua ad arricchire di stimolanti energie, come solo le giovani generazioni sanno fare. La presente pubblicazione, che insieme all’Assessore all’Urbanistica abbiamo il piacere di presentare, va accolta come un contributo fondamentale: oltre ad essere – sul piano nazionale – un mattone di quell’arco di conoscenza e cultura del crudo evocato da Luca Becciu, intende rappresentarsi – a livello locale – come un efficace ed agevole strumento tecnico-pratico. Concepito “a metà tra manuale e guida operativa”, il testo – la cui articolazione offre numerosi spunti di analisi critica – è stato strutturato per poter affiancare operativamente il sistema normativo in vigore, ancora carente sotto questo profilo. Partendo dall’ampia letteratura scientifica in materia, queste Linee Guida intendono infatti proporsi come un dispositivo utile a professionisti e tecnici comunali, impresari e proprietari di edifici in crudo, quale riferimento per condurre lavori di recupero o manutenzione in sintonia con il materiale terra. L’impegno profuso dall’amministrazione e dall’autrice nell’elaborazione di questo manuale, è stato sempre supportato dalla volontà – non ultima – di operare anche sul piano culturale oltre che tecnico, nella convinzione che consapevolezza e conoscenza stanno sempre alla base di ogni percorso intellettuale orientato – com’è questo – a ristabilire un giusto legame con il passato per costruire un adeguato futuro. In questo cammino è stato e sarà fondamentale il supporto dell’Associazione Nazionale Città della Terra Cruda che, oltre ad aver creduto nelle potenzialità del nostro

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operato, si è sempre offerta come soggetto propositivo, abbracciando con entusiasmo ogni attività messa in campo. Il risultato si è potuto ottenere anche grazie all’apprezzabile sforzo compiuto dal Settore Biblioteche della Regione Piemonte che, tramite la Legge Regionale n. 58/78, è riuscita a riservare al Comune di Novi Ligure un idoneo contributo economico, essenziale per la riuscita del progetto. Certamente non ci fermeremo qui, poiché la sfida è ancora aperta: l’impegno dei prossimi anni – anche in forza della recente adesione di Novi al Patto dei Sindaci – ci impone di farci promotori e sostenitori di politiche di sviluppo improntate ad una fortissima sostenibilità ambientale e, in questo solco, si muoverà senza indugio la promozione delle Linee Guida. Partendo da qui, dal recupero consapevole ancorché contemporaneo di questa antica tradizione, capace di tramandarci impronte paesaggistiche di ancestrale bellezza, sarà possibile tratteggiare un nuovo orizzonte, fatto di crescita misurata e consapevole, intimamente legata alle specificità dei luoghi, alla terra appunto.

Lorenzo Robbiano Sindaco di Novi Ligure Paola Cavanna Assessore all’Urbanistica

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Piccole pietre che sorreggono il mondo

Piccole pietre che sorreggono il mondo

Quando Marco Polo spiega che “Il ponte non è sostenuto da questa o quella pietra, ma dalla linea dell’arco che esse formano”, Kublai Kan risponde che “È solo dell’arco che m’importa”1. Le Linee guida rappresentano una pietra dell’arco della cultura e conoscenza della terra cruda, in quanto materiale e tecnologie di costruzione. Il lavoro dell’autrice testimonia e segna un percorso virtuoso, consolidato e apprezzato nella conoscenza, recupero e valorizzazione della terra battuta nell’alessandrino e nella Regione Piemonte. Di questo percorso è bene ricordare la Legge Regionale n. 2/2006 “Norme per la valorizzazione delle costruzioni in terra cruda” che è stato il primo dispositivo normativo organico in Italia sul tema delle costruzioni in terra. È importante ricordare anche l’adesione del Comune di Novi Ligure all’Associazione Nazionale Città della Terra Cruda, nei primissimi anni di attività, e il contributo fondamentale all’interno dell’Associazione riguardo al tema della terra battuta o pisè. Il contributo è peraltro evidenziato dall’organizzazione di ben due Assemblee ordinarie dei soci nel Comune di Novi ligure, in dodici anni di vita dell’Associazione. Ed una terza attività mi sembra infine utile ricordare, ovvero la banca dati degli edifici in terra nel Comune di Novi Ligure che, per la metodologia utilizzata e la cura scientifica nell’impostazione e nel lavoro di censimento, è ancora considerato un caso di studio e di eccellenza per chi si occupa di attività analoghe nei suoi studi sulla terra cruda. Questa intensa e qualificata attività trova una sistemazione organica in queste Linee guida, tappa fondamentale di quel percorso di tutela, riscoperta e riqualificazione di un materiale che si lascia ormai alle spalle leggende di povertà e inadeguatezza e, nell’epoca della sostenibilità, del km0, di una attenzione reale e concreta all’uomo nell’ambiente, si riscopre improvvisamente adeguato e versatile, capace di rispondere alle esigenze abitative dei ricchi californiani e dello sperduto africano del villaggio. L’Associazione Nazionale Città della Terra Cruda, che mi onoro di rappresentare, associa ormai 40 Comuni italiani ed è un punto di riferimento per le attività di divulgazione e ricerca sul materiale e sulle tecnologie costruttive. L’alessandrino e Novi Ligure in particolare, dal 2012, ospitano un Centro Documentazione e Studi specializzato nella terra battuta e riferimento per tutti gli studiosi della materia. Queste Linee Guida rappresentano dunque un riconoscimento importante, oltre che un fondamentale strumento di studio e lavoro per tutti i professionisti e i cultori della materia. 1 Calvino, Le città invisibili, Einaudi, Torino 1972.

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L’assenza di normativa tecnica apre uno spazio speciale a questo volume, laddove tecnici che non conoscono la materia terra cruda avranno la possibilità di avvicinarla con meno difficoltà e pregiudizi e magari scegliere un intervento di recupero adeguato, coerente e rispettoso, così come sempre ci si attende da una buona progettazione. Le linee guida rappresentano dunque una pietra, o un mattone, di questo arco di conoscenza e cultura. Ma una pietra fondamentale, indispensabile, vorrei dire quasi vitale. Un ringraziamento particolare va certamente agli autori e una grande soddisfazione è sentita per i risultati del loro lavoro e degli studi e degli interventi sulla terra cruda, che al trascorrere degli anni si fanno più interessanti e qualificati.

Luca Becciu Presidente Associazione Nazionale Città della Terra Cruda

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A mo’ di prefazione... Ricordando l’arch. Eugenio Galdieri

A mo’ di prefazione... Ricordando l’arch. Eugenio Galdieri

“Un chiarimento indispensabile L’impiego della terra non ha minimamente condizionato i costruttori del passato, sia nel rigore delle opere funzionali, sia nella libertà espressiva delle forme plastiche e della decorazione. L’insospettabile resistenza del materiale ci consente di conoscere ed analizzare i metodi costruttivi vecchi ormai di quattro millenni e ci autorizza a prevedere una continuità per gli anni a venire [...]”. E “[...] varrà la pena di indagare sulle ragioni che hanno portato popoli di differenti latitudini e di differenti culture ad usare la terra in misura così ampia e in forme tanto complesse. Dobbiamo, però, far prima un po’ di autocritica: molte costruzioni in argilla cruda di un passato anche non lontano sono state danneggiate o si sono dissolte non soltanto a causa della loro intrinseca, innegabile debolezza. In realtà, proprio noi abbiamo contribuito ad una loro fine più rapida giudicandole appunto povere, deboli ed accettando, quindi, l’ineluttabilità della loro disgregazione. Alla base di tale errato giudizio sta la fuorviante convinzione, molto radicata sino a pochi anni orsono, ma purtroppo ancora oggi assai diffusa, secondo la quale una costruzione in crudo, salvo rare eccezioni, esprime sempre una condizione di miseria materiale: in altri termini, si presume che l’impiego del fango sia spesso l’unica possibilità espressiva, in fatto di abitazioni, di società prive di altre risorse. Abbiamo già visto [...] quanto sia infondata questa presunzione e come l’impiego del crudo divenga sinonimo di miseria soltanto in ben determinate condizioni storiche ed ambientali. Se si scorrono autorevoli testi di storia dell’architettura, anche recenti, i pochissimi dati sull’uso del crudo si riferiscono immancabilmente o al folklore africano [...] o alle condizioni di indigenza dei fruitori [...]. Se invece si accenna a monumenti del lontano passato (in particolare a quelli mesopotamici), le notizie sono sempre accompagnate da precisazioni del tipo «metodi caratteristici di zone semidesertiche o prive di grandi riserve arboree necessarie alla cottura dei mattoni». In ogni caso, dati e commenti finiscono per esprimere stupore (vi si potrebbe percepire persino un po’ di rabbia) per la «miracolosa resistenza» del materiale. Gli esempi [...] ci dicono che sono molteplici i fattori che hanno contribuito al crearsi di una tradizione del crudo; ci dicono che anche per il crudo – come d’altronde è sempre avvenuto per tutti i materiali edilizi – esistono due forme d’uso parallele: una

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forma spontanea, modesta nella tecnica e nelle espressioni, ed una forma «colta», legata ad una élite che, entro i limiti propri del materiale argilloso, ha saputo trarne il massimo delle possibilità tecniche espressive. Fasce sociali differenti, soprattutto nel passato, hanno usato l’argilla cruda per le loro necessità, con motivazioni che certamente vanno oltre la facilità di reperimento della materia prima, e spesso in concomitanza o in alternativa a materiali diversi, più duraturi o costosi. L’uso massiccio del crudo in alcune monumentali costruzioni dell’antichità, evidentemente concepite e realizzate in assenza di qualunque preoccupazione di ordine economico, dimostra senza ombra di dubbio che quasi mai si è trattato di semplici soluzioni di ordine pratico e, quindi, di condizionamenti economici o logistici, ma di motivazioni culturali e spesso scelte tecnologiche. [...].” Pezzo integralmente tratto da E. Galdieri, 1982, Le meraviglie dell’architettura in terra cruda, Laterza, Roma – Bari, pp. 137-138.

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Premessa

Premessa

Prima di entrare nel merito di letture, valutazioni e approcci tecnici è opportuno porre a premessa alcune considerazioni, fondamentali per chiarire lo scopo di questo lavoro e sfuggire a fraintendimenti. Negli ultimi trent’anni la ricerca e le esperienze in ambito di costruzione in terra (intesa sia come patrimonio, sia come semplice materiale da costruzione) sono confluite in centinaia di pagine, video e oggigiorno anche contenuti internet. Se ne sono indagati quasi tutti gli aspetti: tecnologico, prestazionale, culturale e sociale. Alcune tecniche hanno ricevuto maggiore approfondimento, soprattutto in ragione dell’innovazione tecnologica cui sono state soggette, o che potenzialmente possono esprimere; altre in virtù di politiche mirate o azioni specifiche di sensibilizzazione. Quest’ultimo caso solitamente sottende un passaggio culturale significativo, ossia il ricongiungimento tra l’autoriconoscimento identitario (di una comunità e di un luogo) con il proprio patrimonio architettonico in terra. In ragione di ciò, questo testo nasce come tentativo di offrire un supporto tecnico a sostegno del succitato fenomeno culturale, il cui consolidarsi ha come stretta ricaduta la tutela e il recupero del costruito in terra e del suo paesaggio. L’ambito tecnologico analizzato è quello della terra battuta (pisé, tapial o rammed earth), con ricadute territoriali più o meno implicite relative all’area basso piemontese. In tal senso, infatti, il presente lavoro si colloca quale ennesimo tassello di scelte e politiche di promozione territoriale e rivalorizzazione del costruito in terra che in quei territori procedono dal 19971. Ciò nonostante il messaggio contenuto, le considerazioni riportate e l’approccio proposto possono essere applicati anche ad altri contesti

1  Il 1997 è la data del primo convegno internazionale sull’architettura in terra organizzato dal Comune di Novi Ligure. L’evento titolava “Il recupero del patrimonio in terra dell’alessandrino” (18/19 aprile 1997) e fu organizzato dagli assessorati all’Urbanistica e alla Cultura del comune in collaborazione con i Politecnici di Milano e Torino, con la facoltà di Architettura dell’Università di Genova, del Laboratorio Terra e di ANAB (Associazione Nazionale Architettura Bioecologica). L’esito di quei due giorni di lavoro vide una prima pubblicazione nel n. 6/1999 de L’Architettura Naturale, edito da EdicomEdizioni, Monfalcone (GO). In seguito gli atti sono stati pubblicati dallo stesso comune di Novi Ligure; copia degli stessi è in visione presso l’ufficio Gestione Territorio del Comune. Da allora l’impegno dell’amministrazione novese è continuato incessantemente, culminando nel 2004 con l’adesione all’Associazione Nazionale Città della Terra cruda (www.terracruda.org).

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e ad altre tecnologie in terra cruda2. Il focus dell’analisi, infatti, è il materiale con le sue specificità, criticità e potenzialità. Approcciarsi a un tema particolare quanto affascinante come la costruzione in terra significa, innanzi tutto, sfatare alcuni radicati quanto erronei luoghi comuni, derivati dal riferire questo materiale, antico quanto l’uomo, a condizioni di miseria, stenti, abbrutimento e precarietà (climatica, economica, sociale e culturale). Certamente anch’essi ne sono un aspetto, ma non rappresentano la tipicità del crudo. Ciò che noi normalmente vi associamo, infatti, è il prodotto di deplorevoli politiche socioeconomiche moderne, cosa ben diversa dalla superficiale definizione di povero, con cui abitualmente, chi non lo conosce, etichetta questo materiale da costruzione e le opere con esso realizzate. Laddove sia impiegata, la terra non è altro che una risorsa come molte altre. In termini di consistenza questo patrimonio insiste su una fascia estesa delle terre emerse, caratterizzando le tipologie architettoniche di numerosissimi paesi, dall’Africa sahariana e tropicale al Nord Europa, dalle Americhe all’Australia, a gran parte dell’Estremo Oriente, fino alle regioni cinesi. Tecnologie costruttive che, per fronteggiare situazioni anche critiche, quali condizioni climatiche rigide o frequenti eventi sismici, sono state declinate nelle tipologie architettoniche locali, a dimostrazione della bontà e adeguatezza di questo misconosciuto materiale, ancora oggi normalmente impiegato nella costruzione di nuovi edifici in tutto il mondo, siano essi ad uso privato o pubblico. Il patrimonio architettonico in terra contraddistingue anche molti territori e paesaggi italiani. Racconta la nostra storia, i cambiamenti socio-economici delle nostre regioni e dell’economia che le sostentava. Nel loro attuale e troppo frequente stato di degrado o abbandono non è da leggersi un’inadeguatezza prestazionale del materiale, ma l’evoluzione del modello agricolo nazionale e la sempre più accentuata crisi del mondo rurale, che, spingendo verso l’inurbamento, hanno portato spesso all’abbandono di questi manufatti. Essi, differenti in ragione delle possibilità costruttive offerte dai diversi terreni locali, si distribuiscono lungo tutta la nostra penisola, offrendo, più spesso di quanto non si pensi, esempi di alto valore architettonico, intelligenza tecnologica e “saper fare”. È quella

2  Specialmente quelle monolitiche (come l’italiano massone, piuttosto che il cob). L’approccio al recupero del patrimonio in adobe (mattoni crudi a base terra e fibra, confezionati a mano ed essiccati naturalmente) è ampiamente trattato nei due volumi: Achenza M., Sanna A. (a cura di), 2009, Il manuale tematico della terra cruda. Caratteri tecnologie buone pratiche, DEI Tipografia del Genio Civile, Roma e Sanna A., Azteni C. (a cura di), 2009, I manuali del recupero dei centri storici della Sardegna. Architettura in terra cruda, DEI Tipografia del Genio Civile, Roma.

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stessa sapienza costruttiva e conoscenza del materiale che ha generato molti pregevoli manufatti, in qualche caso caratterizzanti gli stessi centri storici di alcune nostre città, definendo il carattere urbano, accanto a quello rurale, della costruzione in terra. Uno per tutti (insieme con quello della piana sarda del Campidano) è il caso dell’area alessandrina, dove case padronali e palazzi urbani tutt’oggi abitati, scuole e chiese, a volte semplici muri di recinzione, caratterizzano indistintamente campagne e centri storici; belle e armoniose strutture, dove la terra battuta, fugando tutti i dubbi e i luoghi comuni, attesta senza ombra di dubbio la dignità e l’affidabilità del materiale terra. Certamente oggi molto è andato perso, soprattutto da quando, intorno agli anni ‘50 del Novecento, i primi geografi italiani, studiando l’evoluzione delle nostre campagne ne tracciarono una prima sommaria distribuzione3; causa ne fu l’incuria, l’assenza di manutenzione e la convinzione che una nuova dimora eretta con i materiali “innovativi” e più “performanti” della contemporaneità fosse sinonimo di miglior qualità architettonica e dell’abitare. È altrettanto vero, però, che qualcosa sta cambiando: la sensibilità delle persone, l’attenzione delle amministrazioni pubbliche, non ultime le sempre più pressanti istanze ambientali, che chiedono un approccio al processo edilizio più razionale e sostenibile. Una percentuale troppo alta dei problemi dovuti all’inquinamento è oggi generata dall’edilizia, una delle attività umane a più alto impatto sull’ecosistema. Produzione edilizia e climatizzazione indoor sono gli ambiti più critici. Un ripensamento dell’atto progettuale e costruttivo è ormai imprescindibile e la richiesta di un’architettura garante della qualità dell’abitare, del fruire, della difesa e coerenza ambientale è sempre più pressante. La costruzione in terra, proveniente da quella cultura passata che ben sapeva coniugare materiali, esigenze climatiche e funzionali, traducendole in tecnologie costruttive “appropriate” e scelte architettoniche e tipologiche precise, trova oggi una delle sue ragioni di riscatto anche in questa direzione. Il Piemonte, insieme alla Sardegna, è una delle regioni con il più esteso e articolato patrimonio architettonico in terra cruda. La concentrazione maggiore è rilevabile nella provincia di Alessandria, anche se non mancano tracce nell’astigiano, cuneese, torinese e pinerolese. Soprattutto nell’alessandrino è riscontrabile una variegata tipologia di manufatti; essi vanno dalla semplice cascina, alle opere pubbliche o private, caratterizzando sia l’ambito rurale sia quello urbano. 3  I primi studi sulla diffusione della costruzione in terra in Italia fanno capo all’opera del geografo Osvaldo Baldacci (Sassari 1914, Roma 2007) con: O. Baldacci, 1958, “L’ambiente geografico della casa di terra in Italia” in Studi geografici in onore di R. Biasutti, supplemento alla “Rivista Geografica Italiana”, anno LXV, La Nuova Italia, Firenze.

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Terra battuta: tecnica costruttiva e recupero

Muovere verso azioni di recupero e riuso non significa solo tutelare una vecchia e datata modalità costruttiva, il cui destino sembra tracciato verso il dimenticatoio o forse peggio, il folklore, giacché nel tempo il patrimonio ha subito una forte pressione deturpativa, o per interventi sbagliati, o per mancanza di manutenzione. Può, al contrario, portare in sé un plusvalore altamente qualificante per un territorio e per un suo nuovo sviluppo di matrice realmente sostenibile. Che vi siano le condizioni necessarie per un’azione sistematica lo si comprende da segnali che giungono da più parti: una recente legge della Regione Piemonte, pubblicata nel gennaio 2006 dal titolo “Norme per la valorizzazione delle costruzioni in terra cruda” (L.R. n. 02/2006), ha posto il problema del recupero e della tutela del patrimonio costruttivo in terra, mentre il dibattito nazionale sembra vivace e non mancano i riscontri a livello internazionale. Vi è inoltre un’altra recente disposizione normativa, la Legge n. 378/03 “Disposizione per la tutela e la valorizzazione dell’architettura rurale” che fornisce un tassello in più al quadro legislativo che fa da sfondo a possibili politiche di recupero. È sulla scorta di queste riflessioni e considerazioni che nasce questo lavoro. Il punto di partenza è la convinzione maturata, secondo cui mantenere vivo questo patrimonio (ma la considerazione è estendibile anche ad altri contesti) significa mantenerlo abitato; è la vita quotidiana che vi si svolge all’interno che ne garantisce la sopravvivenza e il tramandarsi. Ma deve poter essere la normale vita contemporanea, non quella in lento esaurimento di anziani proprietari, rimasti legati al luogo per affetto o condizione sociale. Per fare ciò è necessario che questo patrimonio sia reintrodotto nel normale ciclo economico del mercato immobiliare. Questo passaggio però non è automatico, poiché nei decenni si sono persi sia la conoscenza del materiale (la terra), sia il saper fare (progettuale e tecnico), causati dall’interruzione di memoria e dall’oblio culturale. L’obiettivo di questo lavoro è contribuire a colmare questo gap; ossia affrontare la criticità tecnica relativa al recupero del patrimonio in terra quale soluzione al problema culturale che tende a emarginarlo. La lettura proposta, infatti, non vuole entrare nel merito di quale sia, o debba essere, l’approccio culturale più coerente e corretto al recupero o alla ristrutturazione. In tal senso vale tutto quanto scritto e detto ad oggi sul tema, indipendentemente dal materiale costituente l’oggetto d’intervento; quanto si legge nella Convezione Europea sul Paesaggio e non ultima la sensibilità e competenza progettuale insita nella nostra professione. La corretta lettura tipologica di un manufatto, il contesto in cui è inserito, il paesaggio, sono strumenti compositivi universali. L’attenzione è invece concentrata sulla corretta gestione tecnica del materiale terra,

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Premessa

nel tentativo di rendere nuovamente confidente nei suoi confronti il mondo professionale, delle maestranze e della committenza. In quest’ottica il tema del recupero vuole essere approcciato senza ipocrisie o atteggiamenti emotivi o nostalgici. E la stessa idea di proporre una “guida”, facendo propria una riflessione di Stefano Musso4, è da intendersi nell’accezione di offrire “aiuto e supporto ad un percorso di conoscenza da cui si spera possa derivare amore e inevitabile rispetto per ciò che si è visto e compreso”.

4  Stefano Musso è ordinario di Restauro architettonico presso la facoltà di Architettura dell’Università di Genova, di cui è preside dal 2009.

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Introduzione: istruzioni per l’uso

Introduzione: istruzioni per l’uso

La volontà di elaborare questa pubblicazione, nella forma e nei contenuti che seguiranno, nasce da alcune semplici idee che sono alla base di un corretto approccio a un manufatto esistente in terra. In particolare: • i lavori condotti sui manufatti devono limitarsi al minimo necessario per assicurare la loro sicurezza e la loro stabilità; • ogni legittima aspirazione al riutilizzo deve rispettare la materia e la consistenza di questi edifici, aggiungendo nuove risorse piuttosto che sottraendo e sprecando quelle esistenti; • è fondamentale comprendere e accettare la logica del comportamento strutturale e l’equilibrio che ogni fabbrica ha raggiunto nel corso del tempo. La traduzione di queste convinzioni in uno strumento operativo, adeguato alla realtà e compatibile con le conoscenze acquisite, sviluppa un prodotto editoriale che intende offrire delle linee guida per il recupero di manufatti (o parti di essi) costituiti da elementi in terra battuta, e degli strumenti di supporto alle decisioni di utenti, tecnici e amministratori. Nel testo ci si occuperà della terra battuta (chiamata frequentemente anche con il termine francese pisé), ossia di quella tecnica afferente alle strutture monolitiche. L’ambito territoriale di riferimento è quello nazionale, che per questa tecnologia significa sostanzialmente Piemonte meridionale; ciò nonostante vi si possono leggere rimandi, in termini di applicabilità, alla tecnologia del massone, poiché anch’essa porta a una struttura di elevazione monolitica, tipica di Marche e Abruzzo1. A metà tra manuale e guida operativa, questo lavoro prevede tre macro sezioni. La prima (Riferimenti di base) serve a dare quelle nozioni minime, necessarie per comprendere cosa significhi terra come materiale da costruzione e, di conseguenza, costruzione in terra battuta: come si realizza, quali sono le sue peculiarità e la logica strutturale. La seconda sezione (Danno e degrado), che apre con alcuni cenni tipologici al contesto territoriale di riferimento, aiuta a evidenziare le maggiori criticità che detti manufatti possono evidenziare, sia per ragioni naturali sia antropiche, cercando di in1  Due semplificazioni in tal senso sono proposte nell’Appendice B. Due esempi di cantieri di recupero di strutture in terra monolitiche.

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Terra battuta: tecnica costruttiva e recupero

dicarne la chiave interpretativa più corretta. La terza sezione (Soluzioni e interventi) affronta il tema delle soluzioni possibili e del corretto approccio ad interventi specifici (apertura di una finestra, rifacimento di un intonaco ecc.). La logica secondo cui è stata affrontata la sezione Soluzioni e interventi è volutamente legata alla fattibilità tecnico-economica dell’intervento, soprattutto alla luce di quello che offre il mercato dei componenti e materiali edili. Come già rilevato in altri passaggi, quello che si vuole illustrare sono le soluzioni base per un corretto approccio a un recupero di un manufatto in terra; ciò in ragione di quelli che siano i materiali coerenti più facilmente reperibili o degli accorgimenti tecnologici da mettere in opera. Soluzioni più puriste sono senz’altro possibili (e anche auspicabili), ma a volte sottendono un passaggio culturale importante (sia da parte delle maestranze che della committenza). Certamente sono un punto di arrivo cui tendere. Specifiche in tal senso saranno comunque indicate. Sempre per ciò che concerne le soluzioni, pensare di fornire un abaco codificato e statico, sperando che sia esaustivo, non ha senso e non è quello che si troverà in questa sezione. L’obiettivo, infatti, è quello di rendere edotti sulle logiche di approccio, in ragione della specificità del materiale costituente, in modo da poter di volta in volta far fronte ai singoli casi. Fermi restando alcuni capisaldi, un cantiere di ristrutturazione di un edificio in terra porta sempre con sé una certa sperimentazione! A conclusione la sezione Appendici, cui si demanda una serie di approfondimenti, pensati per arricchire e completare le nozioni fornite senza appesantire inutilmente le parti precedenti; gli eventuali rimandi a dettagli o trattazioni specifiche saranno via via indicati nel testo. Medesima finalità hanno i diversi box sparsi nel testo. Essi hanno un loro indice specifico. Un punto senz’altro trattato, ma comunque ancora non risolto, è quello degli adeguamenti normativi relativi all’intervento di ristrutturazione (strutturale, energetico ecc.). Se operando sul patrimonio convenzionale esso è gestibile senza troppe difficoltà o incognite, nel caso di un manufatto in terra le cose si complicano, e non di poco. In tal senso il tema sarà affrontato in modo critico, illustrando i limiti contemporanei e le possibili chiavi di lettura o iter percorribili, pur spesso nella sperimentalità degli stessi. La terra cruda, infatti, non rientra tra i materiali da costruzione contemplati dai nostri codici tecnici. Quello che si offre nelle pagine dedicate non può andare oltre l’analisi critica del problema, la cui risposta prevede scelte politiche che esulano dalle competenze e dalla specificità di questo lavoro.

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Sezione 1

RIFERIMENTI DI BASE



Sez. 1 | Riferimenti di base | Il materiale terra: cos’é

1. Il materiale terra: cos’é

1.1. Genesi e definizione Dal punto di vista della genesi, la terra1, che costituisce la crosta più superficiale del globo, è definibile come il prodotto ultimo di un articolato, complesso e lento susseguirsi di fenomeni fisici e chimici che hanno interessato (e interessano) la crosta terrestre, dando luogo all’alterazione delle rocce2, con separazione di porzioni di dimensioni diverse e al loro trasporto e deposito in altro luogo. I detriti risultanti sono poi stati movimentati dai corsi d’acqua, dai ghiacciai, dai venti. Contemporaneamente sono state indotte modificazioni chimiche, mineralogiche e granulometriche, per poi sedimentare in strati più o meno profondi3, dove l’evoluzione della terra è proseguita per opera del clima, della componente vegetale, animale e della generale azione antropica.

Box 1.1. Terra e roccia Con il termine terreno, in genere, si suole indicare la terra o la roccia nella loro sede naturale. Rispetto a ciò l’ingegneria civile tende a classificarli in due diverse categorie di materiali. La prima, cioè la terra (definita anche roccia sciolta o terreno sciolto), indica un materiale formato da aggregati di granuli non legati tra loro o che possono essere separati per mezzo di modeste sollecitazioni o attraverso un contatto più o meno prolungato con l’acqua. La seconda, ossia la roccia (o roccia lapidea), identifica un materiale naturale dotato di un’elevata coesione anche in caso di contatto prolungato con l’acqua. (da: Colombo, Coleselli, 1996, p. 11)

1  Si precisa che in termini ingegneristici, con terra s’intende il materiale preso in sé, mentre con terreno quella parte più superficiale della crosta terrestre che interessa le opere d’ingegneria. Nel prosieguo della trattazione vi potrà essere un uso ambivalente dei due termini. 2  S’intendono in questo caso le “rocce primarie”, quali ad esempio i graniti, i basalti. 3  La pedologia è la scienza che studia la composizione, la genesi e le modificazioni dei suoli dovute sia a fattori biotici sia abiotici; prevede una classificazione stratigrafica verticale dei terreni in orizzonti, ossia livelli sovrapposti caratterizzati fisicamente e chimicamente. Il susseguirsi dei diversi orizzonti definisce il profilo di un suolo. Questa non è comunque l’unico tipo di classificazione operabile. La chimica del suolo è invece la disciplina che si occupa dello studio e caratterizzazione chimico-fisica dello stesso.

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Terra battuta: tecnica costruttiva e recupero

Laddove i processi di formazione e trasporto delle terre sono (stati) solo fisici, le particelle che le costituiscono hanno la medesima composizione mineralogica della roccia di origine; quando intervengono anche trasformazioni chimiche si ha la presenza di altri materiali. Fra questi i minerali argillosi4. Proprio questa complessità di fenomeni di adattamento ambientale, unitamente al tempo, assai lento, in cui si sono compiuti, conferisce alla terra due aspetti quasi contraddittori, ma molto caratterizzanti: una notevole stabilità dei costituenti mineralogici, accanto ad una naturale eterogeneità dei tipi di terreni rinvenibili. Questi due aspetti sono fondamentali nella lettura della terra come materiale da costruzione5.

1.2. Costituzione Dal punto di vista della scienza e della tecnologia dei materiali, la terra è un materiale composito, costituito da una miscela di (ciottoli) ghiaia, sabbia, limo e argilla (definiti costituente solido minerale). Le componenti non sempre sono tutte presenti e le percentuali variano, anche significativamente, da una terra all’altra.

Box 1.2. Elenco degli elementi solidi costitutivi di un terreno La frazione solida di un terreno è variamente composta; una prima suddivisione si può condurre su base granulometrica, definendo terre incoerenti o a grana grossa, e terre coesive, o a grana fine. Le prime includono la ghiaia e la sabbia, le cui particelle sono visibili a occhio nudo; le seconde contemplano il limo (silt) e l’argilla, ossia la frazione microscopica e submicroscopica. Ghiaia e sabbia si dividono a loro volta in: grossa, media e fine. Con riferimento alla granulometria, procedendo dal più grande al più piccolo:

TERRE COESIVEGRANA FINE

TERRE INCOERENTI-GRANA GROSSA CIOTTOLI (mm) > 60

GHIAIA (mm) grossa 60-20

SABBIA (mm)

media fine grossa 20-6

6-2

2-0,6

media

fine

0,6-0,2

0,2-0,06

LIMO (mm)

ARGILLA (mm)

0,06-0,002

<0,002

4  Tra di essi i più comuni sono la caolinite, l’illite e la montmorillonite. 5  Le diverse tecniche costruttive in terra cruda sono strettamente correlate al tipo di terra disponibile in ragione della composizione specifica. Ecco perché, spesso, territori differenti hanno sviluppato, storicamente, tecniche differenti, pur partendo dalla medesima scelta di usare la terra come materiale per erigere manufatti.

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Sez. 1 | Riferimenti di base | Il materiale terra: cos’é

I ciottoli hanno una forma più o meno tondeggiante in ragione dell’età. La ghiaia rappresenta lo scheletro di un terreno e impone un limite al suo ritiro e alla sua capillarità. Ghiaie e sabbie grosse sono costituite generalmente da frammenti di rocce. Le sabbie sono spesso il prodotto di particelle di silice e quarzo: struttura aperta e permeabilità sono tipiche delle sabbie. Dal punto di vista chimico-fisico i limi non differiscono da queste ultime, se non per la granulometria. Il limo conferisce stabilità a un terreno, poiché ne innalza l’attrito interno. Un terreno limoso ha un certo grado di coesività in virtù della sua permeabilità all’acqua. Per tale ragione soffre il gelo. Le sabbie medie e fini e i limi sono costituiti da minerali o da frammenti di minerali stabili e resistenti (quarzo, feldspati, mica ecc.) Le argille sono idrati allumino-silicosi in forma di aggregati di particelle minerali microscopiche e submicroscopiche a forma lamellare. Sono molto sensibili ai fenomeni di rigonfiamento e ritiro; rappresentano la frazione “legante” del terreno. Ci possono poi essere anche i colloidi (diametro <0,002 mm); si tratta di una patina collosa che riveste e aggrega il materiale sabbioso; normalmente si tratta di colloidi minerali (tra cui anche l’argilla).

Elementi costituenti (e caratterizzanti) la terra sono anche la componente gassosa e liquida. La prima “occupa” i vuoti interni del terreno; si tratta principalmente di aria (sebbene vi possa essere una quota di gas derivante da decomposizione di materiale organico ecc.). Non offre alcun contributo in termini di resistenza, ma definisce sostanzialmente la porosità del terreno e, in ragione della sua distribuzione dimensionale, determina in modo fondamentale le prestazioni del materiale. La componente liquida è costituita prevalentemente da acqua, nella forma di soluzione salina diluita (soprattutto se terreno organico). Nel caso il terreno provenga dallo strato superficiale conterrà con molta probabilità anche una frazione organica di varia origine (definito costituente solido organico), parzialmente o totalmente decomposta6. Nel caso la terra debba essere usata per fini edificatori non deve contenere materiale organico; ecco perché tutta la manualistica indica che la terra per costruire deve essere prelevata ad almeno 30-50 cm sotto il piano di campagna o lo strato di coltivo. Le diverse proporzioni e la specifica distribuzione dei tre costituenti base (solido, liquido e gassoso) determinano la struttura e la tessitura di un terreno, da cui discendono le sue proprietà fisico-meccaniche. Si possono così individuare terreni a struttura granulare, frammentata (o discontinua) e continua. La tessitura è legata alla distribuzione granulometrica della componente solida del terreno e identifica suoli organici, 6  Quando si usa il termine generico di humus s’intende la componente chimica, frutto della degradazione e rielaborazione della sostanza organica del terreno. Ne rappresenta la parte più attiva, sotto il profilo chimico e fisico, e interagisce con la frazione minerale e con la soluzione circolante, influenzando le proprietà chimiche e fisiche del terreno.

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Box 1.3. Struttura e texture del terreno Per struttura di un terreno s’intende la proprietà derivata dall’aggregazione delle particelle terrose e dalla reciproca disposizione spaziale, sia degli aggregati sia delle singole particelle, rispetto cui si può avere: • struttura granulare: tipica della ghiaia. I legami coesivi esercitati dall’argilla sugli inerti sono minimali. Già intuitivamente si capisce che un terreno del genere poco si presta per essere trasformato in elemento costruttivo, poiché la componente preminentemente strutturale non è tenuta insieme da nulla; • struttura frammentata: aspetto friabile. Grappoli d’inerti (ghiaia e sabbia), tenuti insieme dalla coesività dell’argilla, sono a loro volta interconnessi dalla stessa, pur presentando numerosi vuoti; • struttura continua: aspetto compatto. Gli inerti sono uniformemente inglobati e “legati” in una massa di argilla e limo (Figura 1.A).

Figura 1.A. Schematizzazione della struttura di una terra (rielaborazione da Houben, Guillaud, 1994, p. 21).

In pedologia (ma anche in agronomia), la tessitura (o grana o granulometria) è la proprietà fisica del terreno che lo identifica in base alla composizione percentuale delle sue particelle solide, distinte appunto per classi granulometriche, da cui: • terreno organico: ad esempio la torba; • terreno ghiaioso: predominanza di ghiaia e ciottoli; • terreno sabbioso: predominanza di sabbia; • terreno limoso: terreno a grana molto fine, con un basso livello di coesione; • terreno argilloso: terreno fortemente coesivo, appiccicoso ed estremamente malleabile quando umido. La struttura del terreno può modificare o esaltare i pregi o i difetti della tessitura e avere pertanto riflessi sulle proprietà fisiche, meccaniche e chimiche del terreno (Figura 1.B).

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Figura 1.B. Schematizzazione della texture di una terra (rielaborazione da Houben, Guillaud, 1994, p. 21).


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ghiaiosi, sabbiosi, limosi e argillosi. L’acqua influenza abbastanza il comportamento dei limi, mentre quello delle argille è essenzialmente dipendente dall’acqua. La frazione argillosa è quella che esercita sul terreno le proprietà leganti7. Mineralogicamente con argilla s’identifica sia un determinato tipo di rocce (le rocce pelitiche), comunemente chiamate rocce argillose, sia una categoria di particelle sedimentarie con granulometria piuttosto fine. Nell’ambito specifico s’intendono quei materiali sedimentari, a grana finissima, che hanno la particolarità di divenire plastici quando bagnati con acqua. Appare quindi chiaro come essa sia fondamentale nella lettura della terra come materiale da costruzione; è quell’elemento che consente il passaggio dalla più semplice materia al materiale.

Box 1.4. L’argilla Le argille sono una miscela naturale di minerali argillosi e non (quarzo, calcite, ossidi di ferro, feldspato originale non trasfor­mato, calcare, mica, sali minerali). Le pro­prietà cambiano secondo il variare quantitativo e qualitativo dei componenti, definendo di conseguenza gli impieghi principali. Quelle più diffuse (benché esistano circa dodici gruppi) sono: • la caolinite: è una cosiddetta argilla primaria. Generalmente stabile a contatto con l’acqua; • l’illite: è un minerale comunissimo, il costituente più abbondante di quasi tutte le argille. Poco stabile a contatto con l’acqua, tende al rigonfiamento; • la montmorillonite: si trova come componente principale nella bentonite. Non è per nulla stabile a contatto con l’acqua ed è estremamente soggetta a rigonfiamento. Le argille utilizzate per costruire sono dette “secondarie” o anche argille comuni o da laterizi; hanno in genere elevata plasticità e temperatura di fusione piuttosto bassa a causa delle impu­rezze che contengono. A seconda dei loro costituenti, poi, si possono avere argille grasse e magre. Le prime sono ric­che di sostanze argillose e povere di sostanze arenacee; hanno un elevato grado di plasticità, da cui deriva un maggior ritiro sia in fase di essiccamento sia di cottura. Al contrario le argille magre, più ricche di sostanze arenacee, sono assai poco plastiche, con minor criticità in termini di ritiro. Anche il colore delle argille varia in rapporto alle impurezze in esse contenute; si va dal bianco dei caolini puri, al grigio e al rosso bruno delle argille illitiche impure e con ossidi di ferro. L’argilla è costituita da catene molecolari che danno luogo a sottili lamelle che ne co-

7  A scala nanometrica l’argilla è costituita da “pacchetti di lamelle”, interconnessi da “ponti liquidi” per cui il vero “legante”, paradossalmente, è l’acqua (cfr. quanto illustrato al paragrafo successivo e nello specifico box di approfondimento sull’argilla).

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stituiscono i cristalli (Figura 1.C); queste lamelle sono più o meno distanziate tra loro, intercalate da strati di acqua in quantità variabile (Figura 1.D). È proprio questa particolarità costitutiva che la rende atta a essere plasmata e avere un comportamento peculiare per quanto riguarda l’acqua e le soluzioni saline. Si sup­pone, infatti, che ogni lamella abbia sulla sua superficie degli ioni positivi

Figura 1.D. Schematizzazione del “ponte liquido” che trasforma l’argilla in legante (rielaborazione da Fontaine, Anger, 2009, p. 152).

Figura 1.C. Schematizzazione della molecola di argilla e del suo ruolo legante (rielaborazione da Houben, Guillaud, 1994, p. 26).

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e negativi; in mancanza di forze esterne (ad esempio di modellazione), la coesione dell’argilla bagnata dipenderebbe dall’acqua immobilizzata dal campo prodotto dagli ioni positivi, la cui elevata viscosità impedirebbe lo scorrimento delle particelle. Quando invece sono applicate forze esterne, le lamelle vengono piegate finché qualche estremità libera non ne tocca altre; in quel punto si formano forze attrattive abba­stanza forti da poter persistere anche quando la sollecitazione cessa. Nello stesso modo l’argilla può diventare impermeabile all’acqua: quando gli spazi fra le lamine arrivano a saturazione, l’acqua che vi rimane bloccata dal campo prodotto dagli ioni positivi forma uno strato impermeabile. Se poi la componente fluida è messa in condizione di evaporare, le lamelle si avvicinano, aumentando l’or­dine e la viscosità dell’acqua interposta. Con il ritiro poi aumentano i punti di contatto fra le lamelle, che si legano per interazione fra i loro ioni e altre interazioni elettrostatiche. Quando l’aumento di temperatura è maggiore di quello che si può ottenere facendo seccare l’argilla al sole, ed è il caso della cottura in forno, oltre alla totale evaporazione dell’acqua, si producono modificazioni nei reticoli cristallini dei componenti, che irrigidiscono tutto l’insieme. Nelle costruzioni in terra cruda l’adesione fra le particelle avviene, sia per l’applicazione di forze esterne, dovute all’azione di compattazione, formatura o modellazione, sia per evapora­zione degli elementi volatili per opera del sole.

1.3. La terra: materia prima per costruire Per capire il passaggio della terra da materia a materiale da costruzione, aiuta la sua definizione (e analisi) quale materia in grani, ossia come insieme di granuli solidi cristallini, di cui già si è accennato nel paragrafo precedente. I granuli interagiscono fra loro mediante azioni sia di carattere meccanico, sia chimico. Le azioni di tipo meccanico derivano dalle forze di massa e dalla presenza del fluido interstiziale (il costituente liquido e gassoso), mentre quelle di tipo chimico sono dovute all’attività superficiale delle particelle. Dal punto di vista dell’entità, le azioni chimiche dipendono dalla composizione mineralogica dei granuli e dall’estensione della loro superficie, mentre quelle meccaniche dipendono dal loro volume8. Si distinguono granuli inerti e granuli attivi. I primi includono sostanzialmente quelle granulometrie che vanno dai dieci micron in su; sono privi di attività superficiale e interagiscono fra loro e con i fluidi interstiziali solo per effetto delle forze di massa. I secondi, di granulometria di qualche micron al massimo, hanno un’attività superficiale molto intensa e le interazioni fra loro e i fluidi interstiziali avvengono in ragione sia delle 8  Nel valutare questi aspetti e comportamenti è utile capire quale sia la superficie specifica propria delle famiglie di grani, dove per superficie specifica s’intende la somma delle aree delle superfici dei granuli presenti nell’unità di volume. Più piccoli sono i grani, maggiore è la superficie specifica e quindi maggiori sono le forze di superficie, ossia quelle forze che danno origine all’interazione con l’acqua.

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forze di massa, sia di superficie; si presentano sotto forma di lamine o scaglie e sono costituiti essenzialmente da minerali fillosilicatici, in termini comuni da minerali argillosi. L’argilla ha un ruolo determinante nella possibilità di usare la terra come materiale da costruzione; essa, infatti, esplica quelle proprietà leganti, decisive per le prestazioni sia allo stato umido e bagnato (fluidità, coesione, plasticità)9, sia allo stato secco della terra, agendo alla stregua di un cemento. È, infatti, opinione condivisa che il materiale terra possa essere considerato una sorta di conglomerato magro, dove la parte di ghiaie e sabbie (i granuli inerti) conferisce struttura e la frazione argillosa (i granuli attivi) lega e “cementa” il tutto10 (Figura 1.1).

Figura 1.1. Comparazione tra terra battuta e conglomerato cementizio. Di là dall’essere costituiti entrambi da granuli, presentano altre similitudini: il conglomerato cementizio ha una percentuale di grani di cemento non idratati (cioè che rimangono inerti), equiparabile al limo costituente la terra battuta; gli idrati di cemento, vero legante del conglomerato, in ragione delle dimensioni, appartengono ai materiali colloidali, come le argille (la frazione fine della terra); entrambi si presentano in forma di lamelle, caricate negativamente, tra le quali si trovano molecole d’acqua e ioni positivi (rielaborazione da Fontaine, Anger, 2009, p. 195).

9  Fluidità, coesione e plasticità sono quelle proprietà che consentono di impastare (in modo omogeneo) e modellare una terra. 10  La terra battuta spesso è considerata “il fratello maggiore” del conglomerato cementizio; in letteratura è stato anche considerato alla stregua di un conglomerato magro.

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La capacità legante delle argille deriva dalla loro composizione e struttura mineralogica. Gli atomi costituenti sono aggregati in strutture prevalentemente cristalline con caratteristica geometrica lamellare, simile a una serie di “foglietti” più o meno paralleli e variamente disposti. Proprio tale componente morfologica dà ragione della caratteristica plasticità in presenza di acqua. Quest’ultima, interponendosi tra i “pacchetti” di argilla ne consente la lubrificazione e lo scorrimento gli uni sugli altri attraverso l’applicazione di sollecitazioni e forze esterne, venute meno le quali l’elemento mantiene nel tempo la deformazione (per noi “forma”) indotta. L’evaporazione dell’acqua completa il ciclo “di presa”. Ciò che sostanzialmente varia, rispetto ad esempio a un normale conglomerato o a un elemento laterizio cotto, è che quest’azione di “presa” non prevede alcuna trasformazione chimica, ma solo “di stato” (da stato plastico o semiplastico a solido), totalmente reversibile reintroducendo in opportune quantità la componente liquida, da cui la criticità del materiale nei confronti dell’acqua. Gli altri granuli, variamente presenti in ogni terreno, possono contribuire a modificare, ciascuno per parte sua, le proprietà della terra. Particolarmente importante può risultare la sabbia; essa è in grado di dare stabilità strutturale e dimensionale agli elementi di terra, costituendone al contempo lo scheletro e la frazione “inerte”, ossia non soggetta a fenomeni di ritiro e fessurazione post essiccazione. È importante che la sua granulometria sia coerente con lo spessore/volume dell’elemento che si vuole produrre, nel senso di non rappresentare elemento critico di discontinuità. Anche il suo dosaggio deve essere consono, per evitare di impoverire troppo la composizione a scapito della capacità/necessità legante, ovvero di risultare pressoché inutile perché in quantitativi e pezzatura insufficienti. La quantità d’acqua ottimale, affinché la terra possa essere correttamente manipolata, foggiata e/o maneggiata, è variabile in ragione della composizione, della natura e della quantità di frazione argillosa, senza escludere dalla valutazione ciò che con quella terra si vuole realizzare dal punto di vista tecnologico o componentistico. La plasticità dell’argilla è strettamente associata alla sua forma lamellare e all’estensione del velo d’acqua che le lamelle costituenti le particelle possono adsorbire11. Rispetto a ciò gli effetti imputabili alla componente liquida (acqua) sono: • la coesione, in quanto la frazione fine (limi e argille) deve in parte la sua coesività al film d’acqua che ne connette i grani. La terra per costruire deve avere una coesione minima di circa 50 g/cmq; • il rigonfiamento, in quanto le molecole d’argilla che vengono a contatto con l’acqua variano in volume, determinando un aumento dello stesso in tutto il terreno; • il ritiro, conseguenza del rigonfiamento una volta che l’acqua sia evaporata. La 11 L’adsorbimento, in termini generali, indica l’accumulo di una o più sostanze fluida sulla superficie di un condensato (sia esso solido o liquido).

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presenza dei limi e dei granuli inerti aiuta a controllare e limitare il fenomeno; • la plasticità: una volta raggiunto il limite elastico, un suolo coesivo ben idratato può deformarsi senza rompersi. Essa dipende dalla forma e dalla dimensione dei grani. Questo, in sintesi, è cosa s’intende per terra come materiale da costruzione; quali siano gli elementi costituenti e caratterizzanti, quali i fenomeni che consentono il passaggio dall’elemento sciolto al manufatto o componente edile. Conoscerne in termini scientifici il comportamento dovrebbe contribuire ad accordarle nuovamente fiducia12. Altri elementi salienti sono le variabili e le eterogeneità delle terre, in ragione dei processi di genesi e conseguente composizione granulometrica e mineralogica. Da ciò discendono proprietà intrinseche differenti; le stesse che storicamente hanno prodotto tecnologie costruttive diverse ma coerenti con il tipo di terreno a disposizione. È infatti la terra che definisce la tecnica. E per capire la tecnica per cui una terra è vocata esistono procedure di analisi, identificazione e classificazione delle stesse. Si tratta di test da condurre sul materiale sciolto, fino ad arrivare, se necessario, a verifiche su campioni rappresentativi della tecnologia ipotizzata. Il livello d’indagine va da prove conducibili in situ (anche in cantiere) a prove di laboratorio, spesso di derivazione geotecnica. L’esito di questo protocollo di analisi, di là del verdetto in termini di utilizzo o meno del terreno individuato e della tecnica più idonea, può suggerire anche la possibilità di procedere con una stabilizzazione della terra, tesa a migliorarne alcune performance specifiche: resistenza meccanica, agli agenti atmosferici ecc. Significa aggiungere, in proporzioni controllate (in termini di peso a secco o volume) altri materiali e/o additivi ritenuti idonei (e coerenti) allo scopo. Il riconoscimento di un terreno, nella logica di questo lavoro, trova ragione nel caso in cui l’intervento di ristrutturazione preveda la realizzazione e/o ripresa di alcuni elementi del manufatto attraverso l’impiego della terra (del cantiere o di provenienza diversa), in opera o a piè d’opera; approccio, questo, estremamente coerente e auspicabile ma ancora troppo poco diffuso. Per chi desiderasse percorrere questa strada, indicazioni su come procedere al riconoscimento della terra sono raccolte in Appendice A. Riconoscimento e classificazione di un terreno.

12  La diffidenza nei confronti della terra cruda è sostanzialmente alimentata dalla generale non conoscenza della materia, del materiale e del patrimonio costruttivo. L’idea d’inaffidabilità, infatti, nasce da ragioni culturali piuttosto che tecniche.

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Sez. 1 | Riferimenti di base | La tecnica costruttiva della terra battuta

2. La tecnica costruttiva della terra battuta

Il materiale terra è per sua natura estremamente versatile e le tecnologie costruttive cui si presta sono molteplici, molto legate alla peculiarità del terreno locale. Si parla di circa dodici modi d’impiego, codificate grazie al paziente lavoro condotto da CRATerre, uno dei maggiori centri di ricerca internazionale sulla costruzione in terra, con sede presso la Scuola di architettura di Grenoble1. A esse si aggiungono tutte le varianti generate dalle declinazioni culturali, dalle possibilità tecnologiche e di approvvigionamento di materiali che caratterizzano, e hanno caratterizzato, quei luoghi in cui si è usata, e si usa, la terra per costruire. Volendo inquadrare meglio il tema si può introdurre una macro divisione, relativa allo specifico stato idrico in cui può essere impiegato il materiale: terra umida (cui corrispondono tecniche definibili “umide”) e terra plastica (propria delle tecniche “bagnate”). Nel primo caso siamo in presenza di una terra che viene lavorata a un tenore di umidità (ritenuto ottimale) del 5-20%. Nel secondo esso sale a 15-30%, con il passaggio della terra in fase plastica. La terra umida è impiegata in tecnologie che prevedono sostanzialmente la compattazione del materiale; rimandando a quanto indicato nel capitolo precedente è abbastanza intuitivo che questi modi d’uso siano legati all’impiego di terreni relativamente magri2. La terra plastica invece, prevede che il materiale sia lavorato e modellato; è ciò che di norma accade con le terre grasse3 o comunque caratterizzate da una frazione fine importante (Box 2.1).

Box 2.1. Stato umido e stato plastico Nel capitolo precedente si è evidenziato come l’acqua, insieme all’argilla, sia uno degli elementi essenziali affinché la terra si trasformi da materia in materiale. Il tenore di volta in volta contenuto ne definisce modalità di lavorazione e uso.

1  Per approfondimenti, http://www.craterre.org. 2  Per terre magre si intendono terre con poca argilla. Ciò che le caratterizza maggiormente è la componente solida inerte (sabbie e limi). Al contrario delle terre magre, quelle grasse sono sbilanciate verso la componente argillosa. A maggior chiarimento di questa distinzione (spesso “gergale”) si veda il Box 1.3, in cui sono evidenziate le principale tessiture di un terreno, definite in ragione della granulometria specifica. 3  Confronta nota precedente.

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Terra battuta: tecnica costruttiva e recupero

Terra asciutta: tenore d’acqua 0-5% Si presenta in blocchi o aggregati e risulta poco o per nulla lavorabile (con o senza l’ausilio di attrezzi); quando è in polvere non è possibile darle alcuna forma o consistenza. Terra umida: tenore d’acqua 5-20% Indipendentemente dalla forma in cui si presenta è umida al tatto; presa una manciata di terra in mano e schiacciatala chiudendo le dita a pugno, essa mantiene la forma assunta, pur non evidenziando omogeneità e compattezza superficiale; continua ad avere una minima friabilità. Lasciata cadere al suolo si disgrega in più parti. Man mano che il tenore d’umidità si avvicina al limite percentuale superiore, la terra entra in fase plastica. Terra plastica: tenore d’acqua 15-30% Allo stato plastico la terra può essere modellata senza che si attacchi alle mani o agli strumenti. La superficie si presenta liscia e omogenea. Terra viscosa: tenore d’acqua 15-35% Una terra viscosa risulta molto appiccicosa, tanto da rendere estremamente difficile (se non impossibile) modellarla. In questo caso, giacché la percentuale di acqua non differisce sostanzialmente dalla condizione plastica, influisce anche il tipo di terra (intesa come frazione fine). Terra liquida La terra, disciolta in acqua, si presenta in forma di barbottina di terra; costituisce un legante fluido. (fonte: Fontaine, Anger, 2009, p. 29)

Un’altra articolazione (da leggersi insieme alla precedente e non quale alternativa) individua tre grandi famiglie, legate al comportamento strutturale di ciò che si realizza: le tecnologie per la costruzione di strutture monolitiche, a blocchi e i sistemi di riempimento. Le opere riferite alle prime due famiglie hanno normalmente funzione statica; nella terza ricadono, fra le altre applicazioni, le malte e gli intonaci.

2.1. Terra battuta La terra battuta, nota anche con il termine francese pisé, o quello anglosassone rammed earth4, appartiene alle tecniche monolitiche realizzate con terra umida. La terra, 4  Pisé è un termine francese, derivato con tutta probabilità dal latino pinsére, ossia “pestare”; appare a Lione per la prima volta nel 1562. Rammed earth, invece, altro non è che la traduzione inglese di “terra battuta”. Dal Dizionario Garzanti-Hazon: to ram, pass. p. p. rammed, v.tr. [...] 3 (non com.) spianare (il terreno) con un bastone.

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Box 2.2. Tenore ottimale d’acqua per la compattazione della terra Capire se il tenore d’acqua della terra che s’intende usare è corretto è un passo fondamentale verso la buona riuscita del manufatto. Questo tipo di verifica si può condurre direttamente in cantiere, senza l’ausilio di strumentazione, ma coadiuvati semmai da un po’ di esperienza. Dato il terreno allo stato naturale (terreno cavato e pronto per l’uso) se ne prende una manciata e, comprimendolo fra le dita, si forma una specie di pallina di terra. La si lascia quindi cadere da un’altezza di ca. 1 m su una superficie piatta e dura e si osserva cosa accade. Si è in presenza del cosiddetto tenore ottimale d’acqua se la pallina, al contatto con la superficie, si rompe in 4 o 5 parti; se non avviene rottura, il contenuto d’acqua è troppo alto. Diversamente, se si sgretola in numerose parti, la terra è troppo asciutta.

a un tenore di umidità definibile naturale, è costipata e battuta, strato dopo strato, in casseri con l’ausilio d’idonea strumentazione (pestelli, compattatori ecc.)5. Apparentemente semplice, è forse la più sofisticata tra le tecniche principali di costruzione in terra proprio in ragione della cassaforma. È inoltre l’unica tecnica che consente e prevede di mettere in opera terra contenente ciottoli e ghiaia; è possibile usare anche terra dalla granulometria più fine, purché non sia troppo argillosa. Se così fosse, non solo risulterebbe difficilmente lavorabile (perché mostrerebbe la tendenza a rimanere attaccata agli strumenti di compattazione), ma potrebbe innescare indesiderati fenomeni di ritiro6. La terra impiegata per il pisé ha una distribuzione granulometrica (teorica) che prevede un 10% circa di argilla, un 30-50% di limo e un 40-60% di sabbia. I ciottoli e la ghiaia rappresentano lo scheletro della terra e come tali si comportano anche in opera. La loro percentuale e pezzatura deve essere proporzionale e coerente con lo spessore del muro che si realizza (Figura 2.1). Nel pisé la coesione si determina per via “meccanica”; l’azione di battitura, infatti, porta alla fuoriuscita delle molecole d’acqua interne alla componente argilFigura 2.1. Texture muraria con in evidenza sassi e ciottoli (foto: arch. Isidoro Parodi). losa. Contestualmente provoca una ridi5  Ad oggi i procedimenti realizzativi spaziano dall’impiego esclusivo di lavoro manuale alla totale meccanizzazione delle lavorazioni. Ovviamente molto dipende dai contesti di riferimento, anch’essi molto vari, dai Paesi in Via di Sviluppo a quelli fortemente industrializzati. 6  Poiché la terra battuta prevede una lavorazione a umido della terra (circa il 12%) e una compattazione immediata della stessa, il ritiro è nell’ordine dello 0,2-0,4% del volume (Scudo, Narici, Talamo, 2001).

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Terra battuta: tecnica costruttiva e recupero

Box 2.3. La compressione: meccanismi I meccanismi di compressione, in genere, si dividono in statici e dinamici. La compressione statica è quella di un corpo, di un certo peso e dimensione, che insiste su una porzione di terreno. L’area interessata dalla sollecitazione è solo quella sottostante al corpo, giacché, in ragione della “staticità”, non vi è trasmissione della sollecitazione al terreno circostante. La compressione dinamica avviene per impatto o per vibrazione. Nell’impatto, quando un elemento colpisce la superficie del terreno, si produce un’onda d’urto la cui conseguente pressione interessa, per trasmissione del moto indotto, le particelle costituenti. L’effetto si propaga sino a una profondità al di sotto della superficie d’impatto. Un oggetto che cada da circa 50 cm sul terreno produce una compressione cinquanta volte superiore a quanto genererebbe per compressione statica. La compressione per vibrazione è ottenuta con l’ausilio di macchine, che compattano il terreno con una frequenza di 500-5000 vibrazioni al minuto (Houben, Guillaud, 1994). L’energia cinetica indotta riesce a vincere, almeno temporaneamente, le forze di attrito dei grani, ridistribuendoli. Ciò garantisce il raggiungimento della maggior densità possibile per quel tipo di terra, in quelle specifiche condizioni (Figura 2.A). In sintesi, la compressione statica di una massa di terra si ottiene applicandovi una forza di compressione. È il caso, ad esempio, dei blocchi di terra compressi. La compressione dinamica, invece, realizzata per impatto (e in alcuni casi vibrazione) è propria della terra battuta. Con queste modalità si realizzano anche pavimenti in terra, ambito in cui la compattazione per vibrazione trova largo impiego. Si procede per strati successivi, secondo granulometrie sempre più fini man mano che si va verso l’estradosso; l’ultimo strato di terra è poi miscelato con una piccola percentuale di olio di lino, intorno al 6% (Minke, 2000). Esistono anche pavimenti in terra realizzati come i tradizionali massetti, ossia portando la terra oltre il limite plastico (senza arrivare allo stato liquido). Questi sistemi, ovviamente, esulano dall’ambito specifico della terra compattata.

Figura 2.A. Schematizzazione meccanismi di compressione (rielaborazione da Houben, Guillaud, 1994, p. 174).

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stribuzione dei grani in ragione della capacità, seppur temporanea, di vincere, attraverso la sollecitazione dell’impatto, le forze di attrito interne; ciò garantisce una maggiore densità e compattezza dell’elemento prodotto7 (Box 2.3). Un tempo i casseri erano realizzati con assi di legno e tutto il sistema di tenuta era imperniato sull’uso di tiranti, distanziatori e cunei8 (Figura 2.2). Oggi Figura 2.2. Schematizzazione di cassero si usano le casseforme per il getto del tradizionale in legno (rielaborazione da: Piconglomerato. gnal, 2005, p. 31). Le fogge impiegate (storicamente e oggigiorno) sono le più diverse, strettamente connesse con la tipologia di muro da realizzare (muro portante, tamponamento tra montanti lignei o di altro materiale, muri dritti, curvi, rastremati ecc.). L’altezza varia dai 50 ai 90 cm, la lunghezza dai 100 ai 200/250 cm. Per garantire l’efficienza cantieristica, la cassaforma deve essere relativamente piccola e progettata in modo semplice (che non significa semplicistico); deve essere solida per resistere bene alle sollecitazioni derivanti dalla compattazione9, soprattutto in prossimità della base, dove queste si trasformano in spinte orizzontali contro le assi del cassero stesso (o gli specifici elementi di confinamento); deve essere maneggevole, in modo da essere assemblata e disassemblata facilmente e adattarsi alle variazioni (in altezza, lunghezza, spessore ecc.) del muro. I materiali costituenti la cassaforma possono essere i più diversi; il legno è il più comune, anche perché figlio della tradizione e delle innovazioni man mano introdotte. Nell’impiego contemporaneo, però, si possono trovare acciaio, alluminio, pannelli di origine plastica rinforzati con fibra di vetro ecc. Possono essere fisse (da disarmare e ricollocare ogni volta) o mobili; predisposte per realizzare muri dritti, curvi o rastremati. Queste variabili si collocano a cavallo tra l’innovazione tecnologica e le peculiarità che la tecnica evidenzia secondo i luoghi in cui è impiegata10. La messa in opera della terra battuta avviene disponendo la terra entro le casseforme,

7  Di norma, a un 1 mc di terra cavata e messa in opera corrispondono 0,75 mc di muro finito. 8  Spesso ciò rimane visibile nella texture del muro finito (se a vista), identificabile con una serie più o meno marcata di fori (la cui dimensione varia in ragione del sistema di tenuta adottato) che ricorrono con l’altezza dell’intera cassaforma. 9  I riferimenti che si trovano in letteratura indicano sollecitazioni minime dell’ordine di 3000 Pa (0,3 N/cmq; Houben H., Guillaud H., 1994, p. 204). 10  Dove molto spesso all’origine di ciò ci sono specificità proprie delle terre locali.

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Figura 2.3. I pestelli tradizionali (rielaborazione da: Houben, Guillaud, 1994, p. 210).

Figura 2.4. Pestelli tradizionali usati nell’area alessandrina.

in strati di ca. 10/20 cm per volta11 e compattandola meccanicamente con un pestello o un compattatore. Storicamente le strutture in pisé avevano spessori murari consistenti, per cui la battitura avveniva stando in piedi dentro il cassero. Attualmente i procedimenti variano secondo le tipologie di casseforme utilizzate. Il pestello era di legno o materiale più pesante; si trattava di una verga di legno, di lunghezza tale da essere comodamente usata stando in posizione eretta dentro il cassero; a esso era attaccato un peso di legno o di metallo (o legno rinforzato con metallo) (Figura 2.3). Poiché il peso è l’elemento attraverso cui si scarica la forza di compattazione (compattazione dinamica) sui vari strati di terra, la sua base deve avere una superficie molto contenuta (Figura 2.4). Quest’ultima, poi, non sempre si presenta piatta; la forma, infatti, è legata (oltre che alle tradizioni locali) al tipo di lavorazione da eseguirsi. Oggi si costipa il terreno con compattatori pneumatici (rammer). Sono strumenti relativamente leggeri e maneggevoli; sono mutuati dall’industria metallurgica, poiché impiegati in fonderia per costipare la sabbia durante la fase di formatura (Figura 2.5); il livello di compattazione e la correlata densità cui si può arrivare aumentano considerevolmente rispetto al metodo manuale12. Altra tipologia è costituita dai sistemi vibranti, 11  Lo spessore è in relazione allo strumento usato per la compattazione. Se s’impiega un pestello tradizionale, non bisogna eccedere i 10 cm di terra se no si rischia che la sollecitazione non interessi tutto il volume dello strato, lasciando parti non costipate nel muro (e quindi meno resistenti); diversamente, impiegando utensili più performanti, lo si può anche aumentare. 12  Si tratta di strumenti che hanno una frequenza di ca. 700 colpi/minuto.

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Figura 2.5. Rammer pneumatico (media dimensione).

Figura 2.6. Esempio di cassaforma rinforzata per l’uso di rammer pneumatico.

come ad esempio i compattatori a piastra vibrante, comunemente usati nei lavori stradali. Va da sé che utensili di questo tipo richiedano una certa coerenza nella tipologia di cassaforma, giacché le sollecitazioni in fase esecutiva sono maggiori (Figura 2.6). La tessitura superficiale che ne risulta è connotata da strisce orizzontali; molto simile a quella che si ottiene con il conglomerato cementizio a vista. Questi stessi strati possono essere più o meno marcati secondo come si presenti l’interno della cassaforma, dello spessore lavorato e della stessa granulometria della terra usata.

Approfondimenti sulla tecnologia della terra battuta, in chiave contemporanea, si trovano nell’Appendice C. La terra (battuta) nella contemporaneità. Quanto esposto nei paragrafi a seguire è riferimento principalmente al patrimonio costruito.

2.2. Tecnica di messa in opera Secondo la nota regola del buon costruire in terra13, un muro in pisé solitamente spicca da uno zoccolo di fondazione che s’innalza sopra il piano di campagna di almeno 30-50 cm. Può essere in sasso, in cotto, misto cotto e sasso o anche in calcestruzzo14. Di norma la larghezza è la stessa del muro in terra, il quale si attesta sui 40-60 cm15 (Figura 2.7-Figura 2.10). È possibile che salendo, lo spessore diminuisca. 13  Un edificio in terra realizzato correttamente e durevole deve avere “un buon cappello e dei buoni stivali”; in sostanza si tratta di accorgimenti, tra il tecnologico e l’architettonico, tesi a preservare la struttura dall’acqua (battente, di ruscellamento e di risalita). 14  Si ha comunque anche testimonianza di fondazioni tutte in terra battuta. 15  Ovviamente in caso di edifici di alcuni piani fuori terra (e ne esistono; un esempio è la Haus Rath a Weilburg, Germania, http://historicrammedearth.com/germany/) la sezione muraria alla base è ben maggiore.

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Terra battuta: tecnica costruttiva e recupero

Figura 2.7. Schematizzazione di fondazioni: pietra, cotto e conglomerato (rielaborazione da: Houben, Guillaud, 1994, p. 251).

Figura 2.8. Zoccolo di fondazione in mattoni cotti.

Figura 2.9. Zoccolo di fondazione in pietra.

Figura 2.10. Zoccolo di fondazione misto.

Figura 2.11. Schematizzazione della tecnologia della terra battuta (rielaborazione da: Fontaine, Anger, 2010, pp. 28-29).

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Figura 2.12. Schematizzazione del procedere del muro per setti (e sessioni di battitura) successivi (rielaborazione da: Pignal, 2005, p. 31).

Su di esso s’imposta il primo corso, la cui altezza è definita dalle assi della cassaforma; una volta riempita e compattata la terra si disarma e si procede con il tratto successivo (Figura 2.11). La progressione è di norma orizzontale, a chiudere il perimetro del manufatto, attraverso la giustapposizione di moduli di terra compattata; in pratica è un procedere per setti orizzontali o grandi blocchi di terra, ricordando molto la texture di una muratura in mattoni (Figura 2.12). Concluso il primo corso, si procede con il secondo, replicando l’operazione, ma avendo cura di sfalsare i giunti risultanti dalla chiusura di testa del cassero di almeno ¼ della lunghezza del modulo16. Particolare attenzione va rivolta alla realizzazione dell’angolo, uno dei punti deboli di questa tecnologia17. Il modo più semplice è quello di alternare sempre la testa dei due muri perpendicolari in corrispondenza della giunzione, esattamente come si fa con i mattoni. In questo modo se ne garantisce l’ammorsamento. Dal secondo corso in poi, il medesimo criterio si applica ai muri di spina laddove incontrano quelli perimetrali. Il risultato è un apparato murario Figura 2.13. Realizzazione di una struttura perfettamente legato. in terra battuta. Immagine presente in CaIn alternativa, lavorando di carpenteria hiers de l’Ecole d’Architecture Rurale (1791) di F. Cointeraux, uno dei più completi tratcon la casseratura, è possibile realizzare tati sulla costruzione in pisé (fonte: http:// la porzione d’angolo in un getto unico a it.wikipedia.org/wiki/Fran%C3%A7ois_ Cointeraux). ogni corso (Figura 2.13 e Figura 2.14). 16  Valore suggerito da CRATerre. 17  Indipendentemente dalla tecnologia, il corretto ammorsamento d’angolo è largamente responsabile della stabilità e tenuta dell’intera struttura.

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Terra battuta: tecnica costruttiva e recupero

Il patrimonio italiano presenta in prevalenza la prima soluzione. A volta capita che, a una lettura superficiale del manufatto, gli stessi giunti, che nei decenni possono aver patito un po’ d’incuria, appaiano molto marcati, inducendo un occhio non preparato a leggervi una lesione per cause strutturali. La realizzazione delle bucature è contestuale all’innalzamento del muro, ottenute semplicemente spostando la cassaforma e lasciando un vuoto in cui è collocato l’architrave (usualmente ligneo)18. Quest’ultimo (soprattutto se l’apertura è coeva con la costruzione) di norma entra almeno 20-25 cm (se non di più) nelle spalle del muro, che possono poi essere rifinite in cotto. Anche le gole dei camini sono ricavate nello spessore del muro durante il suo innalzamento. La tecnica di per sé non richiederebbe una finitura superficiale esterna, sebbene sia comune nell’edificato storico trovare manufatti intonacati; quando non sono intonaci a base terra, si tratta di finiture a calce. Spesso tale cura era riservata alla parte abitativa dell’edificio; le pertinenze agricole e gli annessi più facilmente sono lasciati a vista. Laddove la scelta è estesa anche alle parti nobili dell’edificio, superfici e connessure sono (e dovrebbero essere) particolarmente curate.

Figura 2.14. Esempi di ammorsamenti: A giunti verticali e ammorsamento alternato, B giunti verticali e ammorsamento in elemento unico, C giunti inclinati e ammorsamento alternato (rielaborazione da Houben, Guillaud, 1994, p. 260).

18  In alternativa venivano scavati in un secondo momento, a muro concluso; in ogni caso l’architrave è posizionata già durante la battitura. Il riferimento è al modus operandi tradizionale e quindi proprio del patrimonio. Un’altra possibilità è quella di predisporre una forma lignea, da rimuovere successivamente o da lasciare come cassamorta.

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Box 2.4. Realizzazione e texture murarie In ragione di come veniva (e viene) realizzata la cassaforma, i muri in terra battuta e la risoluzione dell’angolo si possono presentare in modo diverso, offrendo nel complesso texture murarie differenti. Se ne riportano alcuni esempi, sebbene lungi dal voler essere completi ed esaustivi, poiché le necessità contingenti, il saper fare locale e i diversi terreni, hanno generato una quantità di sottovariabili difficilmente documentabili. Texture muraria con giunti perpendicolari È la modalità più diffusa in Italia. Le casseforme presentano una chiusura di testa verticale, perpendicolare alla sezione muraria. Il primo elemento di ogni corso presenta entrambe le terminazioni del cassero chiuse, mentre, mano a mano che si prosegue, la testa della porzione appena battuta costituisce la chiusura della porzione successiva in fase di realizzazione. L’effetto finale è quello di una muratuFigura 2.B. Esempio di muro a giunti verticali (Cascina Scotti, Pozzolo Forra costituita da grandi blocchi, posti in migaro, AL). opera a giunti sfalsati; molto chiaro agli angoli del manufatto (Figura 2.B). Pur in presenza di questa texture, si è sempre di fronte ad una muratura monolitica; la tecnica, infatti, prevede che al ripartire di ogni tratto, la superficie del corso sottostante, su cui s’imposta il nuovo elemento, sia inumidita (a meno che non presenti ancora un’umidità residuale) in modo da facilitare la continuità strutturale tra il corso inferiore e quello superiore. Nulla di diverso da quello che si fa per la ripresa del Figura 2.C. Esempio di muro a giunti ingetto in conglomerato cementizio. clinati stilati a calce (Villefontaine, Lione). La stessa cosa si prevede per la testa della porzione muraria appena conclusa e che andrà a costituire la chiusura posteriore di quella successiva. In questo caso, in realtà, giacché la prosecuzione è contestuale al disarmo del tratto precedente, la bagnatura potrebbe essere superflua. Dipenderà molto dalle condizioni atmosferiche del momento (eccessivo caldo o vento, ad esempio) e dai tempi di esecuzione. Texture muraria con giunti obliqui Più comune in area tedesca e francese. Il sistema di messa in opera è sostanzialmente lo stesso di prima, eccetto la chiusura di testa del cassero, che manca. Ciò comporta che i giunti verticali non siano più perpendicolari, bensì inclinati (Figura 2.C). In que-

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Terra battuta: tecnica costruttiva e recupero

sto caso spesso anche l’angolo è risolto diversamente; può essere realizzato in mattoni o pietra, con un profilo che segue l’inclinazione dei giunti del pisé e che su un fronte rappresenta la superficie di partenza, sull’altro di chiusura della specifica porzione di muro; in questo modo è risolto l’ammorsamento tra l’elemento Figura 2.D. Schematizzazione di rinin cotto (o lapideo) e quello in terra. Vaforzi agli angoli (rielaborazione da rianti propongono giunti di calce, anche Houben, Guillaud, 1994, p. 263). nell’angolo. La loro funzione è similare a quella d’inumidimento del corso sottostante di cui alla modalità precedente; nell’angolo ne preserva l’integrità, rinforzandolo. Si realizzano buttando malta di calce densa nel cassero, cui si fa seguire il getto di terra e la sua compattazione. Negli angoli la quantità è maggiore, disposta sul perimetro della cassaforma, in corrispondenza dello spigolo, dove la stessa si presenterà in forma continua (Figura 2.D) Texture muraria monolitica Appartiene all’ambito dell’innovazione tecnologica e si realizza con le casseforme continue. Non si percepisce più la trama legata alla messa in opera, bensì solo una superficie unitaria e omogenea.

2.3. Il modello strutturale La costruzione in pisé è un sistema monolitico con funzionamento scatolare che lavora bene a compressione. I setti interni (coevi alla costruzione, ovviamente) sono portanti e le murature sono tutte ammorsate fra loro19; di norma presentano a ogni piano legature di legno, inserite nello spessore murario. Queste possono prevedere, in testa, dei tiranti metallici, che ammorsano l’intero spessore murario. Nella definizione del partito finestrato devono essere rispettati criteri di allineamento: pieno su pieno, vuoto su vuoto o vuoto su pieno; le singole aperture devono essere architravate (legno), con ammorsamento all’interno del muro di almeno 25 cm e rispettare una distanza minima tra loro e dagli angoli dell’edificio. Per maggiori dettagli in merito al rapporto pieni-vuoti in una struttura in terra si rimanda al capitolo 5. I fenomeni di dissesto, paragrafo 5.2. Il rapporto pieni e vuoti. 19  Ciò non significa che non ci si possa imbattere in edifici con carenze costruttive, in cui il principio di legare fra loro i muri non sia stato seguito, anzi. Nel momento in cui si effettua una diagnosi preintervento, è importante saper riconoscere un distacco per mancato ammorsamento da una lesione vera e propria.

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Sez. 1 | Riferimenti di base | La tecnica costruttiva della terra battuta

Normalmente non sono presenti sporgenze nell’allineamento verticale. Coperture e orizzontamenti non devono essere spingenti o quanto meno le spinte che si generano per la tipologia statica adottata devono essere contrastate; nel caso della copertura di legno l’orditura principale è solitamente parallela al colmo (diversamente si passa alla capriata). Tutti i punti in cui avviene lo scarico di uno sforzo presentano un ripartitore di carico: un dormiente in corrispondenza dell’appoggio delle travi lignee di orizzontamenti e copertura, un rivestimento in cotto nel punto in cui in facciata esce la catena di un eventuale solaio voltato o un (apparente) sovradimensionamento della piastra di ancoraggio. Ciò è necessario per far fronte alla scarsa resistenza del muro in terra nei confronti di sollecitazioni di trazione, che chiedono di essere ridistribuite quanto più possibile su superfici ampie. Alcune variazioni sono introdotte da modelli misti, che prevedono pilastri angolari in mattone cotto, demandando a essi parte del lavoro statico.

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Sez. 1 | Riferimenti di base | Prestazioni e caratteristiche dei manufatti in terra battuta

3. Prestazioni e caratteristiche dei manufatti in terra battuta

3.1. Benessere abitativo I manufatti in terra battuta sono caratterizzati da una elevata inerzia termica, correlata ad una notevole capacità termica. La ragione è da individuarsi nell’elevato spessore murario, nella densità dello stesso (1800-2200 Kg/mc), propri della tecnologia costruttiva1, e nel calore specifico del materiale (ca.1 KJ/KgK)2. Le grandi masse di terra consentono l’accumulo di calore nelle murature (interne ed esterne), offrendo una grande inerzia termica; in questo modo il calore assorbito dalla parete viene riemesso e distribuito all’interno degli ambienti con un notevole sfasamento orario3. Questo comportamento, pur con intensità diversa tra estate e inverno è alla base dell’affermazione, abbastanza comune da parte di chi vive in una casa di terra, secondo cui queste dimore sono “calde d’inverno e fresche d’estate”. Si tratta di un comportamento che, seppur in modo empirico, valuta (positivamente) la prestazione termica del manufatto su base annuale, ossia in regime dinamico4. La sola analisi condotta in regime stazionario5, infatti, risulta penalizzante per la terra battuta, che non essendo una tecnologia “leggera”, non offre, numericamente parlando, contri1  Oggigiorno muri e setti in pisé possono arrivare a spessori minimi di 20 cm. Qui il riferimento è al patrimonio architettonico, dove la terra battuta è impiegata con funzione strutturale, cosa che ne implica l’uso in spessori importanti. 2  Per le caratteristiche fisico-meccaniche si rimanda al paragrafo specifico del presente capitolo. 3  Lo sfasamento termico (espresso in ore) è l’intervallo di tempo necessario affinché l’onda termica fluisca dalla superficie esterna di un elemento edilizio (muro, copertura ecc.) a quella interna. Più questo valore è alto, maggiore è la capacità di volano termico del componente in oggetto. 4  Nell’ambito dell’analisi del comportamento energetico di un elemento o manufatto, il regime dinamico è quello che tiene in considerazione il reale andamento delle temperature (interne ed esterne) con frequenza oraria e per tutto l’anno. 5  Il regime stazionario rappresenta una semplificazione introdotta per le valutazioni termiche invernali. L’assunto è che per tutto il cosiddetto “periodo di riscaldamento” (definito dal DPR 412/93) la temperatura interna debba essere 18-20 °C, a fronte di una temperatura esterna “di progetto”, stabilita dalla UNI 5364:1974 in ragione della specifica zona climatica e dei “gradi giorno” propri della località in questione. In sostanza si assume che nel “periodo di riscaldamento” non vi siano variazioni termiche nel corso dello stesso e tra giorno e notte.

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Terra battuta: tecnica costruttiva e recupero

buti significativi all’isolamento invernale. Il livello di benessere però che si riconosce a questi edifici è un fatto acclarato. Altra caratteristica di questi manufatti, legata più al materiale costituente che alla tecnica con cui sono fatti, è quella di essere degli ottimi regolatori di umidità interna. La terra, infatti, ha la capacità di assorbire in tempi estremamente veloci i picchi di umidità, con una notevole capacità di accumulo della stessa, per poi rilasciarla quando le condizioni dell’ambiente lo richiedano; in tal senso funziona da equilibratore di vapor acqueo, affiancando a ciò, ovviamente, un’elevata permeabilità allo stesso6. Complessivamente ciò porta a stabilizzare il clima e l’umidità interni, migliorando il benessere e la salubrità degli ambienti7.

Box 3.1. Comportamento igrometrico La terra è un materiale poroso, da cui la sua naturale igroscopicità e permeabilità al vapore. Ciò si traduce in una notevole capacità di adsorbire l’umidità dell’ambiente, per poi cederla nuovamente all’aria indoor; in questo modo, in ragione delle temperature e concentrazione di vapor acqueo, porta l’ambiente confinato ad un equilibrio igrometrico. Ovviamente il livello di espressione di queste caratteristiche è relativo alla densità dell’elemento considerato e al fatto che sia stato stabilizzato o meno, entrambi fattori che incidono sulla porosità.

T° interna: 21°C e aumento di Ur dal 50% all’80% materiale

spessore

adsorbimento in 48h

muro in mattoni crudi

1,5 cm

300 g/mq

arenaria

1,5 cm

100 g/mq

legno di pino

1,5 cm

100 g/mq

intonaco

1,5 cm

26-76 g/mq

mattone cotto

1,5 cm

6-30 g/mq

(fonte: Minke, 2000)

6  Affinché tale proprietà sia sfruttata appieno le superfici interne dovrebbero essere lasciate (o riportate) a vista o al più intonacate con intonaci in terra. 7  Da diverso tempo si legge da più parti di performance interessanti, da parte della terra, quale quello di agire da purificatore dell’aria e adsorbitore di VOC. A onor del vero non si è a conoscenza di studi specifici (seppur se ne parli); nell’ambito però di una collaborazione, alcuni anni fa, con un chimico esperto di restauro, durante alcuni test di caratterizzazione di intonaci in terra, si andò sull’argomento. Egli sosteneva che in ragione della specificità fisico-chimica dell’argilla, ciò era assolutamente plausibile, se non addirittura naturale. Alla terra cruda, in ragione della sua componente fine, sono attribuiti anche la capacità (più o meno marcata) di neutralizzare gli odori e di abbattere il fenomeno dell’inquinamento elettromagnetico. L’argilla infine è considerata antisettica e antistatica.

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In tale ambito sono noti gli esperimenti condotti presso il FEB (Forshungslabor für Experimentelles Bauen) dell’Università di Kassel in Germania da Gernot Minke, uno dei padri della ricerca sulla terra cruda di questi decenni. Essi ne hanno evidenziato la bontà come regolatore igrometrico ambientale quando il materiale è a diretto contatto con lo spazio indoor, mostrando una capacità adsorbente pari a 10/50 volte quella di un elemento in cotto di pari spessore (1,5 cm). Per spessori maggiori, le prove mettono in evidenza che nelle prime 24 ore la massima reazione adsorbente interessa i primi 2 cm di spessore di muro, arrivando ad un massimo di 4 cm nei quattro giorni successivi.

In virtù della sua massa la terra battuta garantisce anche un ottimo isolamento acustico rispetto al rumore aereo8 e da calpestio9.

3.2. Durabilità e gestione Le murature in terra battuta, se eseguite correttamente, presentano nel tempo bassa probabilità di guasto. Nella maggioranza dei casi le patologie che si riscontrano sono dovute a incuria (spesso a seguito di abbandono) e a errori tecnologico-costruttivi, che possono essere coevi al manufatto o introdotti con interventi successivi. Diversamente, il patrimonio architettonico nazionale (ma ancor di più mondiale) attesta la durabilità ed affidabilità di questa tecnologia (e della terra cruda più in generale). Rafforza questa affermazione la presenza di costruito in terra battuta anche in zone sismiche. La manutenzione è da intendersi come manutenzione dell’immobile nella sua complessità e traducibile in controllo e regimentazione delle acque, soprattutto di risalita, infiltrazione e scorrimento. In tal senso il fatto che una superficie in terra battuta possa essere esposta alle intemperie non è un problema di per sé. È implicito nella tecnologia che, quando non intonacata, essa abbia una superficie di sacrificio, che 8  Le strutture massicce di pisé ben si conformano alla legge di massa applicata in acustica per misurare il potere fonoisolante di una parete composta da materiale uniforme. Essa infatti prevede che all’aumentare della massa, aumenti l’isolamento acustico offerto dalla specifica partizione. Le SIA Lehmbauregeln riportano, per massivlehm (terra “massiva” in generale) da 2000 Kg/mc, i seguenti valori di fonoisolamento in ragione dello spessore: • 3 cm 30 dB; • 7 cm 40 dB; • 20 cm 50 dB; • 40 cm 55 dB. 9  Per ciò che riguarda l’isolamento dal rumore da calpestio, molto dipende dal tipo di solaio; certamente un solaio voltato, a sua volta riempito di terra e paglia (tipico nella zona di Novi Ligure, AL) è molto performante. Nel caso di un solaio di legno, se questo non viene appesantito e/o non viene posizionato il normale feltro acustico, al piano sottostante il rumore si sentirà. In ogni caso la sua trasmissione attraverso le strutture in terra risulta trascurabile.

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Terra battuta: tecnica costruttiva e recupero

porterà ad un cambiamento più o meno marcato della sua texture. L’importante è che siano scongiurati fenomeni erosivi. In ultima analisi val la pena ricordare che comunque l’argilla è per sua natura impermeabile, ragion per cui la stessa acqua battente non penetrerà nel muro oltre un certo spessore10. Dal punto di vista del rischio di incendio i muri in terra battuta (come gran parte degli elementi in terra) sono incombustibili11; ad essi il centro di ricerca CRATerre attribuisce una eccellente resistenza al fuoco, una infiammabilità molto bassa e una diffusione della fiamma estremamente lenta (Houben, Guillaud, 1994). L’unico vero problema in caso di incendio è la vetrificazione della parete, con l’assunzione di un comportamento strutturalmente fragile proporzionato alla sezione resistente effettivamente interessata dal fenomeno12. La compattezza e uniformità dei muri in terra battuta, inoltre, assicurano dall’eventuale rischio di aggressione e penetrazione da parte di animali e vegetali. Ovviamente, come già sottolineato, se interviene l’incuria l’intero sistema si indebolisce, lasciando il fianco scoperto anche a fenomeni di questo tipo. La terra inoltre preserva il legno dall’attacco di insetti e microrganismi, in quanto lo mantiene ad un livello ottimale di umidità (che è quello della terra asciutta in opera) tra lo 0,4% e il 6% in peso13. Per ciò che concerne la flessibilità, sebbene qualsivoglia modifica nella distribuzione dei carichi comporti sempre delle opportune valutazioni per ciò che concerne la statica dell’intero organismo, è possibile ricavare bucature ex post o chiuderne di esistenti. L’importante è che vengano mantenuti rapporti e proporzioni come indicati al capitolo 5. I fenomeni di dissesto (pur con un margine di adattabilità) e che dette modifiche siano eseguite secondo quanto indicato al capitolo 10. Come intervenire. 10  Ovviamente tale spessore è funzionale al tipo di terra, al grado di compattazione del muro, alla quantità e dimensione degli inerti presenti, alla bontà esecutiva ecc. In ogni caso si parla di alcuni mm, probabilmente 15 mm al massimo. 11  La norma DIN 4102 parte 1 (1977) considerava i manufatti in terra di peso specifico maggiore di 1700 Kg/mc come incombustibili (Minke, 2000). Le norme svizzere (SIA) indicano anche una classe di resistenza al fuoco F180 per strutture massive con densità di 2000 Kg/mc e spessore di 25 cm. Nel caso specifico tale caratterizzazione è riferita ai blocchi di terra compressa (rispetto ai quali è più semplice condurre dei test di laboratorio). 12  Da parecchi anni in laboratori e cantieri pilota si stanno sperimentando interventi di ogni genere, tentando di provocare una cottura “in opera” uniforme, che non alteri la grana del materiale o il colore, ma troppo spesso gli elementi (di solito mattoni crudi, ossia adobe) si sono sbriciolati o vetrificati. “Il crudo sembra voler rifiutare quel fuoco che gli fu negato all’inizio della sua vita di materiale da costruzione e per ora rifiuta anche gli altri interventi di consolidamento che non siano quelli tradizionali, quasi biologicamente legati alla sua natura. Ma contemporaneamente dimostra ogni giorno, da 4000 e più anni, la volontà di rendere testimonianza della propria resistenza e dell’amore col quale l’uomo lo ha plasmato in forme di architettura, affidandogli un duraturo messaggio di civiltà” (Eugenio Galdieri, 1982, Le meraviglie dell’architettura in terra cruda, Laterza Bari, p. 243). 13  L’umidità critica per il legno, a cui possono insorgere problematiche fungine ecc. è intorno al 14%-18%.

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Sez. 1 | Riferimenti di base | Prestazioni e caratteristiche dei manufatti in terra battuta

3.3. Bioecologicità Si tende a definire bioedile un materiale con cui sia possibile realizzare manufatti (o parte di essi) rispettosi della salute psico-fisica dell’uomo, dell’ambiente e della tradizione costruttiva; la terra risponde in pieno e senza note negative a questa istanza. È un materiale che non emette gas tossici, né esalazioni provenienti da composti e reazioni chimiche, non emette radiazioni, non genera né libera polveri, contribuisce alla creazione di ambienti confinati salubri e confortevoli (così come illustrato al paragrafo 3.1. Benessere abitativo). Infine ha un impatto ambientale molto limitato in ragione della sua bassa embodied energy o energia grigia.

Box 3.2. Biocompatibile ed ecosostenibile L’approccio corretto alla costruzione ed ai materiali sostenibili impone che si faccia chiarezza su alcuni termini e sulle relative definizioni, sebbene non siano codificate. Quando parliamo di edifici, ma soprattutto materiali e/o componenti bioecologici occorre introdurre il distinguo tra biocompatibile ed ecosostenibile, in quanto non sono sinonimi. Biocompatibile è riferibile a ciò che sia compatibile con l’uomo, rispettoso del suo benessere psico-fisico e della sua salute. Ovviamente, in ragione del prefisso “bio”, ciò è estendibile alla vita in generale; poiché lo si sta declinando in ambito costruttivo il riferimento principale è l’uomo (sia esso fruitore finale od operatore). Ecosostenibile, invece, è riferibile a ciò che sia compatibile e rispettoso dell’ambiente, dell’ecosistema (di cui anche l’uomo comunque è parte) e da esso “sostenibile” (i rimandi possono essere al concetto di Life Cycle Assessment, impronta ecologica ecc.) Sono specifiche che possono essere estese a materiali, processi, servizi. Un materiale può essere ecosostenibile, ma non biocompatibile; un esempio è il gas Radon. Elemento da sempre presente in natura, ma non biocompatibile, in quanto potenzialmente dannoso per l’uomo. Nella definizione data di materiale bioedile, sono insiti entrambi questi aspetti. Si è infatti scritto che esso è definibile come quel materiale rispettoso della salute psicofisica dell’uomo (biocompatibilità), dell’ambiente e della tradizione costruttiva locale (eco sostenibilità). La costruzione in terra è un perfetto esempio di biocompatibilità ed ecosostenibilità.

Si tratta di un indicatore sintetico che consente di conoscere l’energia consumata da tutti i processi a monte della fase di costruzione di un edificio, dall’acquisizione delle materie prime alla messa in opera di ciascun componente, andando a includere i macchinari utilizzati in fase di estrazione delle materie prime, il processo di produzione dei componenti edilizi e il trasporto dei materiali. Un termine forse più consono per definirla è cumulative energy demand, cioè la somma di tutta l’energia in ingresso nel sistema di produzione, richiesta dalle diverse fasi del ciclo produttivo.

49


Terra battuta: tecnica costruttiva e recupero

Da questo punto di vista la terra è estremamente interessante, poiché il materiale (di norma) è trasformato in sito, con lavorazioni scarsamente energivore. Vi è poi la caratteristica di totale riciclabilità del materiale terra e quindi per estensione agli elementi in terra battuta14. Può essere re-inumidita e messa nuovamente in opera o riportata allo stato naturale, senza costituire rifiuto speciale da discarica.

3.4. Caratteristiche fisico-meccaniche della terra battuta Quando si parla della qualità della terra come materiale da costruzione (e per estensione delle strutture di pisé) si pensa soprattutto alla sua resistenza a compressione. Si ammette in generale che sia un materiale pesante e poco resi­stente, ma studi condotti da vari enti di ricerca nazionali e internazionali negli ultimi trent’anni hanno evidenziato che molte tecnologie posizionano la terra allo stesso livello di un calcestruzzo magro. La seconda qualità richiesta è la resistenza all’acqua, mentre è già stata evidenziata la criticità strutturale indotta da un incendio. Le prove standard, effettuate sui materiali convenzionali (cicli di umidificazione-essiccamento, aspersione, immersione totale o parziale ecc.) sono, di norma, applicate al materiale terra senza alcun adattamento specifico. Ne consegue che i risultati ottenuti in laboratorio spesso non concordino con il comportamento riscontrato in opera, a maggior ragione quando si agisce su campioni isolati e non su setti murari o su costruzioni a grandezza reale. Una delle caratteristiche principali della terra, infatti, è la durabilità, la quale si giudica in termini di resistenza in ambito climatico e nelle reali condizioni d’uso. Questa complessità non è tenuta in dovuto conto nelle prove teoriche, che spesso avvallano materiali contemporanei e normati, la cui effettiva durabilità e prestazione in opera non conferma gli esiti dei test.

Box 3.3. “Della resistenza meccanica delle strutture in terra” La letteratura scientifica abbonda di esempi ed esiti di ricerche, studi e test in merito al comportamento strutturale della terra e alla sua affidabilità. Essa ovviamente accresce le sue performance statiche quando stabilizzata; ciò nonostante disponiamo di analisi e valutazioni che rassicurano, nel rispetto dei limiti di altezza e corretto rapporto vuoti/ pieni, sul comportamento di elementi in terra tradizionali o tradizionalmente confezionati e messi in opera.

14  Ciò è vero a meno che la terra battuta non sia stata stabilizzata con calce o cemento, che in ogni caso prevede percentuali minime di questi leganti (dal 6% al 12%), o sia stata intonacata, non presentandosi più come materiale “singolo”, bensì assemblato con altri, che non godono del medesimo low impact.

50


Sez. 1 | Riferimenti di base | Prestazioni e caratteristiche dei manufatti in terra battuta

Studi dell’I.C.A.M. di Lille (Institut catholique d’arts et métiers, www.icam.fr) evidenziano che prodotti in terra stabilizzata con calce e trattati in autoclave (250 °C a 16 atm) resistono a compressione fino a 90 MPa. Se essiccati in stufa (350 °C) la resistenza arriva fino a 200 MPa (Houben, Guillaud, 1994), valori forse sin eccessivi! Più semplicemente, per contro, può aiutare ricordare che l’ordine delle tensioni alla base di un edificio di 2-3 piani si attesta tra i 2 e 3 Kg/cmq; pertanto le tensioni di esercizio sono 1/15 o 1/20 di quelle di rottura, motivo per cui la terra cruda può offrire una ragionevole garanzia di sicurezza, a patto ovviamente di rapportarsi con i carichi usuali di un manufatto delle sopraccitate dimensioni (Briccoli Bati, 2005). Anche per quanto concerne il comportamento sismico dei manufatti in crudo c’è ancora molta diffidenza, accompagnata da altrettanti luoghi comuni. Molto spesso ciò è legato al risultato di eventi calamitosi occorsi in luoghi in cui, purtroppo, grande è ancora la povertà e l’arretratezza e dove la terra, unica risorsa abbordabile, è usata e messa in opera senza “sapienza costruttiva” o “tradizione antisismica tramandata”. È spesso un problema culturale, più che di prestazione reale. Il nostro retaggio, per ciò che attiene alla costruzione in terra (battuta), alle tecniche, alle performance tecniche ecc. rimanda ad una cultura costruttiva dalle radici solide, in cui nulla era lasciato al caso; possiamo parlare di regionalismo architettonico, di tipologia, o cultura costruttiva, in ogni caso intendiamo l’equilibrio perfetto e massimamente efficiente (ed efficace) tra contesto ambientale, esigenze abitative e materiale/i disponibile/i in loco. Questo non sempre accade o è accaduto in quei paesi o regioni in cui la terra cruda identifica la fascia più debole della società. Conviene quindi stare attenti alle interpretazioni a volte troppo superficiali, che derivano il più delle volte da puri risultati teorici, elaborati trascurando la realtà.

Al di là di queste considerazioni, che in ogni caso paiono opportune e necessarie per facilitare il rapporto con il materiale, è innegabile che il contesto attuale obblighi a quantificare e specificare le caratteristiche della terra. Di seguito si riportano alcuni dati, raccolti dalla letteratura scientifica e/o dalle norme e codici di buona pratica per le costruzioni in terra. Salvo dove diversamente indicato, sono riferiti alla terra battuta (normale e stabilizzata).

3.5. Caratteristiche meccaniche Ovviamente la resistenza a trazione diretta non è rilevante in quanto è un tipo di sollecitazione a cui l’elemento non è mai sottoposto. In ogni caso lo si è riportato per completezza. Discorso analogo per la resistenza a flessione. È un dato che acquisisce un suo senso quando si tratta di valutare la qualità di confezionamento di componenti quali malte e mattoni in terra. Essa dipende molto dal contenuto di argilla e dalla sua origine mineralogica (nonché dalla presenza o meno di additivi vegetali in fibra).

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Terra battuta: tecnica costruttiva e recupero

Proprietà

Unità di misura normale

stabilizzata

Resistenza a compressione dopo 28 giorni (δ)15

N/mmq

ca. 2*

2-5*

Resistenza a trazione dopo 28 giorni (trazione indiretta, prova brasiliana) (τ)

N/mmq

1-2

Resistenza a trazione dopo 28 giorni (secondo prova a trazione centrata) (τ)

N/mmq

0,5-1

Resistenza a flessione dopo 28 giorni

N/mmq

0,5-1

Resistenza a taglio dopo 28 giorni

N/mmq

ca. 0,5

0,15-0.35 700/7000

Coefficiente di Poisson (ν) Modulo di Yung (E)

N/mmq

Densità apparente (ρ)

Kg/mc

1700/2200 1700/2200

* La resistenza a compressione aumenta del 40% dopo un anno e del 50% dopo due anni. (fonte: Houben, Guillaud, 1994, pp. 148-149).

3.6. Caratteristiche fisiche Proprietà

Unità di misura normale

Conducibilità termica (λ)

W/mK

Coefficiente di permeabilità (μ)

stabilizzata

0,81-0,93 0,81-0,93* 10-11**

Calore specifico (c)

kJ/KgK

ca. 0,85

0,65-0,85

Smorzamento onda termica (muro da 40 cm) (f)

0,1-0,3

0,1-0,3

Sfasamento orario onda termica (muro da 40 cm) (ϕ) h

10-12

10-12

Fonoisolamento (muro da 40 cm a 500 Hz) (R)

50

50

dB

(fonte: Houben, Guillaud, 1994, pp. 154-155). * Nelle SIA Lehmbauregeln (norma svizzera per la costruzione in terra) si trova anche, riferito alla codifica offerta da CRATerre, una conducibilità di 0,91-1,04 W/mK per un pisè stabilizzato con l’8% di cemento. ** Per 2000 Kg/mc, temperatura interna di 20 °C e Ur 60% (fonte: SIA-Dokumentation D 0111).

Rispetto alle prestazioni termiche (conducibilità e calore specifico) in letteratura si possono trovare anche i seguenti valori: 15  P. McHenry Jr. riporta valori di compressione finale, per terra battuta non stabilizzata, a muro completamente asciutto, di 450-800 psi (libbre per pollice quadrato), equivalenti a 31-55 Kg/cmq.

52


Bibliografia

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261



Riferimenti utili

Riferimenti utili

Per ciò che concerne la bibliografia, fa già fede quella riportata alla fine del testo. Di seguito si riportano i principali riferimenti, utili per approfondire le tematiche trattate in questo testo e la costruzione in terra più in generale. Negli ultimi anni il panorama si è arricchito e diversificato; ne consegue che le indicazioni fornite non esauriscono le possibili fonti di informazione. Rappresentano in ogni modo quelle più autorevoli, alle quali può essere utile rivolgersi proprio per sapere come e dove trovare ulteriori riferimenti e/o referenti validi o da cui, in autonomia, partire per avventurarsi nella variegata offerta data dalla rete.

...in Italia Associazione Nazionale Città della Terra Cruda Via Vittorio Veneto 40, 09030 Samassi (VS), telefono: +39 070 9382084, fax +39 178 6064678. Email: info@terracruda.org, www.terracruda.org Ad essa afferiscono i 3 centri di documentazione nazionali sulle case di terra: • Samassi (VS): CEAS Abitare la terra, presso la biblioteca del comune di Samassi (stessi riferimenti dell’associazione); • Casalincontrada (CH): CeD Terra, piazza De Lollis 1, 66012 Casalincontrada (CH), telefono e fax +39 0871 370975 (oppure il Comune: +39 0871 370278). Email: casediterra@casediterra.it, www.casediterra.it. Il CeD è gestito dall’Associazione Terrae Onlus, raggiungibile alle medesime coordinate; • Novi Ligure (AL): Centro di documentazione sulle case di terra, presso l’Ufficio Gestione Territorio, Settore Urbanistica, via A. Gramsci 11, 15067 Novi Ligure (AL). Email: terracruda@comune.noviligure.al.it, www.comunenoviligure.gov.it, link all’icona “Novi, città della terra cruda”. ICCROM International Centre for the Study of the Preservation and Restoration of Cultural Property Via di San Michele 13, 00153 Roma, telefono: +39 06 585-531; fax: +39 06 58553349. Email: iccrom@iccrom.org; www.iccrom.org

263


Terra battuta: tecnica costruttiva e recupero

...all’estero CRATerre_EAG Centre international de la construction en terre_Ecole de Architecture de Grenoble Grenoble: 60 avenue de Constantine – BP 2636, 38036 Grenoble Cedex 2 France, tel.: +33 (0)4 76 69 83 35. Villefontaine: Maison Levrat, Parc Fallavier, 2 rue de la Buthière – BP 53, 38092 Villefontaine Cedex France, telefono: +33 (0)4 74 95 43 91. Email: craterre@grenoble.archi.fr, http://craterre.org. Il sito è anche in versione inglese. ICOMOS International council on monuments and sites ICOMOS International Secretariat, 49-51, rue de la Fédération, 75015 Paris, France Tel: +33 (0)1 45676770, Fax: +33 (0)1 45660622. Email: secretariat@icomos.org, www.icomos.org Grupo Tierra C/c Escuela Técnica Superior de Arquitectura de Valladolid (E). Avda Salamanca S/N. Primera planta, 47014 Valladolid (E). Email: tierra@arq.uva.es, http://www5.uva.es/ grupotierra/. Il sito è anche in versione inglese. Centro da Terra Antiga Escola Primária da Cova do Gato, Abela, 7540-031 Santiago do Cacém (P). Per contatti, usare il format predisposto sul sito internet: www.centrodaterra.org. Il sito è in portoghese. Dachverband Lehm e.V. Postfach 1172, D-99409 Weimar, Germany, telefono: +49 (0) 3643 77 83 49. Email: dvl@dachverband-lehm.de, www.dachverband-lehm.de. Il sito è anche in versione inglese. PROTERRA Rete internazionale Ibero-americana di ricerca e sviluppo della costruzione in terra. Per contatti, usare il format predisposto sul sito internet: http://redproterra.org/. Il sito è in portoghese. TerraINcognita (progetto europeo di mappatura della realtà europea) http://www.culture-terra-incognita.org Dai suddetti siti è possibile allargare l’indagine (associazioni di professionisti e operatori del settore, letteratura tecnica e scientifica, atti di convegni, riferimenti normativi ecc.) attraverso l’elenco dei link tematici catalogati o semplicemente presenti.

264


Indice

Indice

Presentazione

5

Piccole pietre che sorreggono il mondo

7

A mo’ di prefazione... Ricordando l’arch. Eugenio Galdieri

9

Premessa

11

Introduzione: istruzioni per l’uso

17

Sezione 1 – RIFERIMENTI DI BASE 1. Il materiale terra: cos’é 1.1. Genesi e definizione 1.2. Costituzione 1.3. La terra: materia prima per costruire

21 21 22 27

2. La tecnica costruttiva della terra battuta 2.1. Terra battuta 2.2. Tecnica di messa in opera 2.3. Il modello strutturale

31 32 37 42

3. Prestazioni e caratteristiche dei manufatti in terra battuta 3.1. Benessere abitativo 3.2. Durabilità e gestione 3.3. Bioecologicità 3.4. Caratteristiche fisico-meccaniche della terra battuta 3.5. Caratteristiche meccaniche 3.6. Caratteristiche fisiche

45 45 47 49 50 51 52

Sezione 2 – DANNO E DEGRADO 4. Il patrimonio architettonico 4.1. La terra battuta dell’alessandrino

265

57 59


Terra battuta: tecnica costruttiva e recupero

5. I fenomeni di dissesto 5.1. Le fondazioni 5.2. Il rapporto pieni e vuoti 5.3. La muratura 5.4. La copertura 5.5. I solai

69 70 71 74 76 78

6. I fenomeni di degrado 6.1. Fattori antropici 6.1.1. Fondazione e/o basamento 6.1.2. Muratura: intonaco 6.1.3. Copertura 6.1.4. Discontinuità 6.2. Fattori naturali 6.2.1. Azione diretta dell’acqua (di pioggia) 6.2.2. Azione indiretta dell’acqua: risalita capillare 6.2.3. Azione del vento 6.2.4. Azione negativa della vegetazione e di organismi viventi

81 84 85 87 87 88 88 89 89 91 91

7. Interpretazione e diagnosi 7.1. Evoluzione storica 7.2. Diagnosi

95 96 97

Sezione 3 – SOLUZIONI E INTERVENTI 8. L’approccio

105

9. Come risolvere 9.1. Umidità di risalita 9.1.1. Descrizione della patologia 9.1.2. Interventi 9.2. Lesioni e fessurazioni 9.2.1. Descrizione della patologia 9.2.2. Interventi 9.3. Reintegri (mancanza di materiale, erosione ecc.) 9.3.1. Descrizione della patologia 9.3.2. Interventi 9.4. Degrado dell’angolo 9.4.1. Descrizione della patologia 9.4.2. Interventi 9.5. Distacco dell’intonaco

109 109 109 109 111 111 112 129 129 129 134 134 134 136

266


Indice

9.5.1. Descrizione della patologia 9.5.2. Interventi

136 136

10. Come intervenire 10.1. Fondazioni 10.2. Solaio contro terra 10.3. Solaio di interpiano 10.4. Copertura 10.5. Aperture 10.6. Intonaci 10.7. Impianti interni 10.8. Intorno dell’edificio (drenaggi)

139 139 140 144 149 152 155 165 166

11. Innovazione tecnologica in materia di prodotti e tecniche in terra

169

12. Il recupero, l’adeguamento e il rispetto delle norme: riflessioni 12.1. Adeguamento sismico (Sara Frumento) 12.1.1. Interventi strutturali 12.1.2. Incremento della resistenza delle pareti 12.1.3. Collegamento carente tra parete-parete e parete-solaio 12.1.4. Riduzione della deformabilità dei solai 12.1.5. Realizzazione di giunti sismici 12.2. Adeguamento termico 12.2.1. Coerenza prestazionale: i materiali 12.2.2. Messa in opera

173 173 179 180 181 182 183 185 191 192

13. Un esempio: cantiere di recupero di cascina in terra battuta a Novi Ligure (AL) 13.1. Descrizione del manufatto 13.2. Principali opere eseguite 13.2.1. Sistemazione interna 13.2.2. Recupero rustici 13.2.3. Interventi puntuali (dissesti e degradi) 13.2.4. Rifacimento dell’intonaco 13.2.5. Rifacimento della copertura 13.2.6. Esecuzione della pavimentazione perimetrale

195 195 198 198 200 204 206 208 209

APPENDICI A. Riconoscimento e classificazione di un terreno

215

B. Due esempi di cantieri di recupero di strutture in terra monolitiche

223

267


Terra battuta: tecnica costruttiva e recupero

B.1. Il caso dell’atterrato di Contrada Fontevannazza (Treia, MC) (Anna Paola Conti) B.2. Il caso di Borgocapo (Casalincontrada, CH) (Gianfranco Conti e Stefania Giardinelli)

228 233

C. La terra (battuta) nella contemporaneitĂ

239

Bibliografia

259

Riferimenti utili

263

Indice

265

Indice box approfondimento

269

268


Indice

Indice box approfondimento

Box 1.1. Terra e roccia

21

Box 1.2. Elenco degli elementi solidi costitutivi di un terreno

22

Box 1.3. Struttura e texture del terreno

24

Box 1.4. L’argilla

25

Box 2.1. Stato umido e stato plastico

31

Box 2.2. Tenore ottimale d’acqua per la compattazione della terra

33

Box 2.3. La compressione: meccanismi

34

Box 2.4. Realizzazione e texture murarie

41

Box 3.1. Comportamento igrometrico

46

Box 3.2. Biocompatibile ed ecosostenibile

49

Box 3.3. “Della resistenza meccanica delle strutture in terra”

50

Box 3.4. Capacità e accumulo termico

53

Box 4.1. Studi sulla consistenza e tipologia del patrimonio locale

58

Box 4.2. Il sistema delle volte nelle case in pisé

64

Box 6.1. Prevenzione del degrado e tipologia

82

Box 6.2. L’efflorescenza

84

Box 6.3. Le patologie del pisé: un quadro riassuntivo a cavallo tra degrado e dissesto

92

Box 7.1. Leggere una lesione

99

Box 8.1. Gli errori più comuni

106

Box 9.1. Verifica del ritiro

114

269


Terra battuta: tecnica costruttiva e recupero

Box 9.2. La malta di terra

115

Box 9.3. La malta di calce

116

Box 9.4. La tecnologia dell’adobe: mattone crudo di terra e fibra vegetale

121

Box 9.5. Prove di adesione per malta di terra

125

Box 9.6. Risarcitura mediante legature

128

Box 10.1. Nicchie in terra: da foro nel muro a elemento d’uso

148

Box 10.2. Legare e consolidare la scatola muraria

149

Box 10.3. Permeabilità al vapor acqueo dei materiali (i valori μ e Sd)

157

Box 10.4. Cocciopesto: tecnica antica, risorsa contemporanea

159

Box 10.5. L’intonaco di terra

162

Box 12.1. Concetto di meccanismo di danno

176

Box 12.2. Interventi sugli archi e sulle volte

183

Box 12.3. Interventi in copertura

184

Box 12.4. Aperture ecc.

185

Box 12.5. Comportamento termico di un muro di pisé: numeri, considerazioni e ipotesi

187

Box A.1. Rilevamento del pH e della presenza di sali

221

Box B.1. La tecnica costruttiva del massone

223

Box B.2. Scheda progetto

238

Box C.1. Due esempi di nuova architettura: un’azienda vitivinicola e una piscina municipale

244

Box C.2. Per approfondire

250

270


Arrivata al termine di questo lavoro alcuni ringraziamenti sono necessari. Alcuni doverosi, perché rivolti agli enti che hanno reso possibile questo progetto, sostenendolo e credendoci: il Comune di Novi Ligure, la Regione Piemonte e accanto ad essi l’Associazione Nazionale Città della Terra Cruda. Un grazie affettuoso, poi, agli amici e colleghi Paola e Gianfranco, che hanno seguito l’evolversi del libro sin dalla sua genesi, offrendo costante supporto e costruttivo confronto. Un grazie particolare a Isidoro, collega e amico, che mi ha messo a disposizione le sue doti grafiche e il suo tempo extra lavorativo, seguendo passo per passo l’evolversi del lavoro, leggendo e rileggendo con minuzia e obiettività tutti i capitoli e le bozze di stampa. L’esito, spero buono, di questo libro è anche merito suo. E un grazie speciale lo rivolgo a Mauro Bertagnin, che sedici anni fa accettò di seguire quella tesista “veneziana”. Con lui iniziava il mio percorso nel mondo della terra cruda. Grazie della passione trasmessa e delle cose insegnate! Ma l’ultimo grazie è per mio marito Walter, che suo malgrado ha condiviso questo lavoro, accettandone ritmi e tempi, incoraggiandomi e sostenendomi senza riserve.


Euro 25,00

GAIA BOLLINI

Terra battuta: tecnica costruttiva e recupero Linee guida per LE procedure d’intervento / architettura sostenibile / strumenti e tecniche /

ISBN 978-88-96386-27-9

GAIA BOLLINI Terra battuta: tecnica costruttiva e recupero

Concepito “a metà tra manuale e guida operativa”, il presente volume indaga efficacemente le potenzialità di un antico materiale da costruzione, la terra, svelandone caratteristiche, peculiarità e limiti, rammentandoci che “laddove sia impiegata, la terra non è altro che una risorsa come molte altre”. Il focus della trattazione è la terra battuta, una delle tecniche di costruzione utilizzate in Italia ed in particolare nel territorio piemontese ricompreso nell’area fra Alessandria, Novi Ligure e Tortona. Il testo – articolato in tre Sezioni, tre Appendici e quaranta Box di approfondimento – affronta il tema delle criticità tecniche correlate al recupero del patrimonio esistente e si propone come strumento capace di colmare l’interruzione di memoria e l’oblio culturale che hanno causato la perdita di conoscenza sia del materiale (la terra) che del saper fare (progettuale e tecnico). L’attenzione dell’autrice si è concentrata soprattutto sul corretto impiego della terra (battuta) – con incursioni nel mondo dell’architettura contemporanea – nel tentativo di recuperare quella confidenza e familiarità necessarie al mondo professionale, alle maestranze e alla committenza affinché la terra torni ad essere riconosciuta, innanzitutto, come materiale da costruzione. Gaia Bollini Architetto e Dottore di ricerca in Ingegneria Civile. Laureata all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia (1998) con una tesi sulla costruzione in terra e le problematiche normative, ha proseguito negli anni lo studio della tecnologia e delle prestazioni fisico-meccaniche della terra cruda, attività e campo in cui è tutt’ora impegnata. Nell’ambito del dottorato di ricerca e dell’attività professionale ha continuato ad approfondire le tematiche del costruire sostenibile e, nello specifico, della certificazione energetica e ambientale degli edifici. Dal 2006 al 2011 è stata consulente di Fornace Brioni (Gonzaga, MN) in merito alla produzione industriale di elementi e sistemi costruttivi industriali in crudo, quale ideatrice e referente; da anni è impegnata nella promozione dell’architettura di terra nel basso Piemonte. Già docente a contratto di Architettura Tecnica presso il corso di laurea in Scienze dell’Architettura all’Università degli Studi di Udine. Ha al suo attivo attività di consulenza e progettazione nel settore dell’architettura energeticamente efficiente e bioecologica; ristrutturazione di edifici in terra (progettazione e consulenza), collaborazione con amministrazioni ed enti pubblici sui temi del costruire in terra cruda e sostenibile. Membro del comitato tecnico scientifico dell’Ass. Nazionale Città della Terra Cruda, è socia dell’Istituto Nazionale di Bioarchitettura (Sezione di Vicenza), dell’associazione CasaClima Network Vicenza e ANIT (Ass. Nazionale Isolamento Termoacustico), nonché iscritta nell’elenco Consulenti energetici CasaClima e docente CasaClima, certificatore abilitato SACERT e CENED (Regione Lombardia). Dal 1998 ad oggi ha partecipato con propria memoria, e contribuito all’organizzazione, di convegni nazionali e internazionali, tenuto lezioni seminariali, collaborato alla realizzazione di percorsi formativi teorici e pratici, scritto articoli e curato alcune pubblicazioni sul costruire in terra e sull’architettura energeticamente efficiente. Oggi vive fra Novi Ligure (AL) e Bassano del Grappa (VI), arch.gaia.bollini@archiworld.it


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