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Crediti fotografici G. Marini: figure 1 e 2 L. Abbascià: figure 3, 6 in alto e 8 a destra N. Bianchi: figura 14 © Copyright EdicomEdizioni Vietata la riproduzione anche parziale di testi, disegni e foto se non espressamente autorizzata. Tutti i diritti sono riservati a norma di legge e delle convenzioni internazionali. ISBN 978-88-96386-18-7 Questo libro è stampato interamente su carta riciclata Stampa Centro Stampa Monfalcone (GO) Prima edizione aprile 2012
Jacopo Gaspari
TRASFORMARE L’INVOLUCRO: LA STRATEGIA DELL’ADDIZIONE NEL PROGETTO DI RECUPERO TECNOLOGIE PER LA RIQUALIFICAZIONE SOSTENIBILE DEL COSTRUITO
EdicomEdizioni / architettura sostenibile / strumenti e tecniche /
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Trasformare l’involucro: la strategia dell’addizione nel progetto di recupero Jacopo Gaspari pp. 208 - Euro 25,00 ISBN 978-88-96386-18-7 formato 17x24 cm
Prefazione
Prefazione
Il tema sviluppato nel libro si inquadra in una più generale riflessione relativa alla riqualificazione prestazionale del patrimonio edilizio esistente, prossimo prioritario ambito di azione nel settore delle costruzioni. Si inserisce in un programma sistematico di approfondimenti tematici condotto dal gruppo di ricerca interdisciplinare, coordinato dal settore della Tecnologia dell’Architettura, dell’Università di Bologna. Esaurita e senza reali prospettive di riproposizione la fase di espansione urbana ed extraurbana, appare necessario riorganizzare le capacità e gli obiettivi del settore edile verso la riqualificazione di quanto prodotto, spesso in maniera approssimativa e frettolosa, anche in anni recenti. La fase di intensa trasformazione antropica, perdurata con varie modalità fino ad oggi, è stata condotta in generale senza adeguati accorgimenti di controllo e valutazione ambientale: gli esiti sono facilmente riscontrabili non solo dagli specialisti. La diffusione capillare e indiscriminata di un’edilizia di modesto livello, priva di adeguate valenze morfologiche e funzionali, è stata supportata da previsioni e strumenti urbanistici mirati a favorire e monetizzare l’incremento di edificazione. Le mutate condizioni di consapevolezza critica impongono una profonda revisione dell’approccio alle attività del settore edile, in riferimento a fattori di carattere normativo e culturale e al raggiungimento di livelli critici di compatibilità economica e ambientale. La recente Direttiva 2010/31/UE prevede obiettivi che imporranno, per molti Stati membri, una drastica correzione di indirizzo. Entro il 2020 tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere a energia quasi zero, con un’anticipazione di due anni per gli edifici pubblici. Dovranno avere fabbisogni energetici così contenuti da essere coperti in misura molto significativa da fonti energetiche rinnovabili. Le ristrutturazioni importanti, riguardanti almeno il 25% del valore dell’edificio o della superficie dell’involucro, dovranno rispettare requisiti minimi di prestazione energetica prefissati, per quanto tecnicamente, funzionalmente ed economicamente fattibile. Inoltre la diffusione anche in ambito nazionale di protocolli e strumenti di valutazione internazionali della sostenibilità, quali il LEED - Leadership in Energy and Environmental Design, tendono a promuovere l’incremento della qualità ambientale e prestazionale degli interventi. Nel tema si inserisce il presente testo, che approfondisce criteri e strategie di intervento per il miglioramento del sistema di involucro degli edifici residenziali, con la finalità
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di innalzarne il livello qualitativo. Le numerose problematiche relative alla definizione e programmazione degli interventi riguardano aspetti integrati di carattere tecnico e amministrativo. Comprendono ambiti multidisciplinari relativi al frazionamento della proprietà, all’analisi, verifica e adeguamento strutturale dei fabbricati, alle variegate dotazioni impiantistiche, alla loro adeguatezza e conformità normativa. La strategia additiva proposta si pone anche come strumento di potenziale promozione degli interventi, a fronte delle numerose difficoltà da superare, per favorire le opportunità di trasformazione e riconfigurazione spaziale, morfologica, impiantistica ed energetica degli immobili. Mira a incrementare le potenzialità di trasformazione dell’esteso e variegato patrimonio residenziale, favorendo la realizzazione di condizioni di fattibilità tecnico-economica. La ricerca si colloca nelle direzioni prefigurate dal prossimo programma europeo Horizon 2020 in tema di innovazione a fronte delle condizioni di attuale criticità, che promuove il miglioramento delle condizioni di carattere sociale con obiettivi integrati di sviluppo sostenibile, risparmio energetico e sostegno delle energie rinnovabili, miglioramento delle condizioni di benessere e uso efficiente delle risorse. Il tema del miglioramento dell’efficienza degli edifici plurialloggio, costituenti la grande maggioranza del patrimonio residenziale, rappresenta un’ineludibile sfida sociale dei prossimi anni. L’attuale elevatissimo livello di fabbisogno energetico non sarà infatti più sostenibile, sia in termini di emissioni inquinanti sia per insufficiente disponibilità economica dei nuclei familiari in relazione al costo dei combustibili fossili. Gli obiettivi europei 20-20-20 richiamati dalla Direttiva, riguardanti la riduzione del consumo energetico, il miglioramento dell’efficienza energetica, la riduzione delle emissioni di CO2 e l’incremento dell’uso delle energie rinnovabili impongono nuove strategie, nel cui ambito si inseriscono le ricerche in atto e questo specifico testo. Prof. Andrea Boeri
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Introduzione
Introduzione
Nella pratica progettuale contemporanea l’involucro edilizio sembra aver assunto, rispetto al passato, un ruolo decisamente più complesso in cui convergono oltre alle tradizionali istanze di natura formale, tecnica, strutturale anche altre tematiche tra le quali spiccano per rilevanza e urgenza quelle del controllo ambientale e del contenimento dei consumi energetici. Nella progettazione di nuove costruzioni il raggiungimento di elevate prestazioni in termini di riduzione del fabbisogno energetico in fase di esercizio appare un obiettivo ineludibile perseguito tanto con il ricorso a molteplici strategie finalizzate alla diminuzione delle dispersioni quanto con l’integrazione di dispositivi per il guadagno energetico attivo e passivo da fonti rinnovabili. Tuttavia, l’individuazione di approcci progettuali altrettanto efficaci che permettano di intervenire su edifici esistenti, i quali ormai rappresentano nettamente la prevalenza del tessuto delle città italiane ed europee, rimane una questione aperta intorno alla quale si sono confrontate negli ultimi decenni numerose ricerche ed esperienze professionali. La riqualificazione del patrimonio costruito, in particolare quella di natura energetica, ruota intorno alla necessità di un incremento di prestazioni che presuppone, tra le altre cose, una trasformazione dell’involucro edilizio di intensità variabile in funzione degli obiettivi prefissati dal progetto. Le possibilità di trasformazione e quindi di alterazione dell’originaria configurazione morfologica del fabbricato dipendono essenzialmente dalla natura del bene immobile e dal valore (non solo economico, ma anche culturale, sociale, testimoniale) a esso attribuito. I complessi residenziali plurialloggio, di dimensione più o meno estesa e realizzati tra il secondo dopoguerra e gli anni ’80 del Novecento, rappresentano per rilevanza sul territorio e per condizioni di obsolescenza la tipologia edilizia che più di ogni altra offre le principali opportunità di trasformazione. Si tratta infatti di una tipologia che, nelle sue diverse forme, risulta generalmente afflitta da deficit tecnologici e degradi di una certa importanza dai quali dipende l’elevato fabbisogno energetico necessario a garantire condizioni d’uso accettabili da parte dell’utenza. I diffusi limiti progettuali e costruttivi che la caratterizzano comportano consistenti dispersioni termiche e condizioni ambientali disomogenee che implicano una ingente domanda energetica per il funzionamento degli impianti di riscaldamento e raffrescamento. Questi ultimi sono in molti casi il risultato di adattamenti successivi alla costruzione volti a contenere i
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limiti dell’edificio stesso e a permetterne comunque l’utilizzo. Se si considera la diffusione e la rilevanza di questa tipologia sul territorio si comprende facilmente come ogni azione di riqualificazione operata su di essa possa contribuire a diminuire la domanda complessiva di energia primaria. Non di meno, si intuisce come gli eventuali interventi di recupero rappresentino con ogni probabilità il più promettente campo di investimento per il settore delle costruzioni in un momento storico di grave crisi economica in cui, come confermano i rapporti previsionali e congiunturali, è ipotizzabile una ripresa piuttosto lenta. In molti casi, però, l’assetto originario del fabbricato non consente di attuare trasformazioni sufficienti per raggiungere adeguati standard prestazionali e funzionali riducendo drasticamente le possibilità di recupero e di riqualificazione direttamente o indirettamente indotte. Una possibile risposta a questa condizione limitativa è offerta dal ricorso alla strategia dell’addizione intesa come aggregazione a un edificio esistente di nuovi volumi che possono tradursi in sopraelevazioni, corpi a sbalzo, box, logge, torri, collegamenti, ballatoi, piuttosto che in estensioni al piede interessando porzioni assai variabili dello stesso. Le addizioni architettoniche e tecnologiche possono essere limitate a pochi elementi puntuali o estendersi all’intera facciata o copertura di un edificio. L’aspetto tipico di questa strategia è la versatilità funzionale con cui possono essere gestiti i nuovi elementi per rispondere tanto a problematiche di natura spaziale-distributiva quanto a quelle di natura ambientale o impiantistica. Questo libro, esito di diverse esperienze di ricerca condotte sul tema dall’autore, indaga le possibilità di trasformazione dell’involucro edilizio – e della configurazione stessa della costruzione – attraverso l’applicazione di varie strategie di addizione volte a incrementare la qualità e le prestazioni dell’edificio oggetto di intervento, in particolare per quanto attiene al comportamento energetico. La trattazione è suddivisa in sei capitoli, il primo dei quali inquadra il tema dell’intervento mediante addizione nel più ampio contesto dei processi, delle politiche e dei piani di riqualificazione alla luce delle attuali condizioni del patrimonio edilizio e delle tendenze di mercato. Una volta individuato quale campo preferenziale di indagine il settore dell’edilizia residenziale plurialloggio, il capitolo prosegue determinando caratteristiche, criticità, limiti e opportunità dell’oggetto di analisi andando a definire i principali obiettivi di una riqualificazione sostenibile in relazione all’urgenza e all’importanza della questione energetica oltre che in funzione dell’evoluzione degli stili di vita dell’utenza. Nel primo capitolo, inoltre, viene chiarita l’accezione attribuita al concetto di addizione e fornite le chiavi di lettura per le possibili applicazioni nel campo del recupero. Vengono quindi descritte le principali strategie di intervento sul costruito e definiti i principali modelli di addizione. Essi possono essere sinteticamente ricondotti a tre tipologie principali: l’addizione al piede, l’addizione in facciata e l’addizione in coper-
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Introduzione
tura. Ciascuna tipologia può poi essere variamente declinata in base ad alcuni modelli geometrico-morfologici e a diverse possibilità costruttive. Nel secondo capitolo sono illustrati l’approccio metodologico della ricerca e gli indirizzi progettuali che ne derivano. Trattandosi di interventi su organismi edilizi esistenti, la strutturazione di una metodologia che preveda una fase diagnostica che analizzi le caratteristiche, i deficit e le potenzialità risulta di fondamentale importanza nell’ottica di ottenere un quadro attendibile delle condizioni strutturali dell’edificio, delle prestazioni dell’involucro, della conformazione e delle condizioni delle reti e delle dotazioni impiantistiche. La metodologia proposta tende al modello multicriteriale in cui le informazioni relative alle caratteristiche dell’edificio esistente vengono elaborate in contemporanea a quelle riguardanti gli obiettivi prestazionali derivanti dalle ipotesi di trasformazione. In questo modo le azioni sottese al miglioramento del comportamento energetico vengono accordate all’adeguamento delle dotazioni e delle reti impiantistiche nonché a una generale trasformazione a livello morfologico-spaziale che soddisfi nuovi livelli di fruibilità. Nel terzo capitolo vengono più approfonditamente trattate la questione degli obiettivi prestazionali legati alla riqualificazione energetica e le modalità con cui tali prestazioni vengono conseguite. In particolare vengono valutate le possibilità di integrazione di soluzioni per il guadagno passivo e di dispositivi per la captazione attiva nell’ambito della definizione della configurazione stessa dell’addizione. Viene inoltre evidenziata la relazione tra riduzione della domanda energetica in fase di esercizio, ottenuta attraverso il processo di trasformazione, e l’investimento energetico di costruzione necessario alla realizzazione della trasformazione stessa. Questo aspetto appare cruciale da molti punti di vista: non solo perché dipende dal tempo di vita atteso per la fase d’uso, dando luogo a tempi di ammortamento differenti, ma anche perché porta a un confronto più serrato tra la quota di energia annualmente risparmiata in fase di esercizio e la quota di ammortamento dell’energia investita nell’operazione. Queste riflessioni evidenziano il ruolo cruciale del progettista tanto nella scelta delle più appropriate soluzioni tecnologiche per conseguire la trasformazione alla scala edilizia, quanto nell’individuazione delle più adeguate strategie di intervento alla scala urbana. La presenza di nuove istanze progettuali e la crescente complessità dei processi porta a delineare nuovi scenari di intervento in cui interessi privati e bene collettivo si intrecciano in un continuo cambio di scala e di riferimenti. Nel quarto, quinto e sesto capitolo vengono rispettivamente approfondite le possibilità di applicazione delle strategie di addizione al piede, in facciata e in copertura. Sulla base delle indicazioni metodologiche e degli indirizzi progettuali delineati nei tre capitoli precedenti vengono ipotizzate alcune condizioni di trasformazione che vengono di volta in volta affrontate con soluzioni diverse in particolare per quanto attiene al rapporto tra la modificazione dell’edificio e lo sviluppo della sua estensione. Le varie soluzioni proposte rispondono a obiettivi diversi in termini di configurazio-
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ne morfologico-spaziale e in termini di ricadute sull’intorno immediato dell’edificio. Tuttavia sono accomunate dall’intento di garantire un miglioramento funzionale e un incremento prestazionale riducendo le trasformazioni sull’edificio esistente e massimizzando gli apporti derivanti dall’addizione stessa. Ogni tipologia, con le relative sottotipologie, viene indagata esplorando le possibilità di applicazione di diverse tecnologie costruttive in funzione dell’assetto geometrico e morfologico rispetto all’esistente e in funzione di specifici obiettivi determinati a livello di progetto. La collocazione dell’addizione al piede dell’edificio, in facciata o in copertura ha inevitabilmente condizionato le scelte costruttive in relazione alla configurazione strutturale, alle condizioni di carico e alla distribuzione, tuttavia si è sempre privilegiata la ricerca di soluzioni dal comportamento termico particolarmente efficiente alle quali potessero essere integrate azioni correttive sul fabbricato esistente nell’ottica del conseguimento di un effettivo contenimento della domanda energetica in fase di esercizio. In particolare si è ipotizzato di ricorrere preferibilmente a tre orientamenti costruttivi: il sistema massivo, nei casi in cui fosse compatibile con la configurazione strutturale, il sistema stratificato iperisolato a matrice metallica e il sistema stratificato iperisolato a matrice lignea. Tutte le soluzioni prevedono un comportamento termico ad elevate prestazioni, ma si differenziano per la strategia attuata in termini di controllo ambientale, per l’investimento energetico necessario in fase di realizzazione e per tempo di vita atteso nel ciclo di vita. L’obiettivo delle soluzioni proposte è infatti quello di mettere in evidenza, a parità di prestazioni termiche e di comportamento energetico, la necessità di affrontare il tema del recupero attraverso scelte consapevoli che, di volta in volta, prefigurino scenari differenti in termini di investimento (economico ed energetico), di durabilità, di tempo di ammortamento e di sostenibilità nel ciclo di vita. La scelta progettuale deve essere quindi ponderata rispetto a un quadro di insieme piuttosto complesso che, in molti casi, è reso ancor più articolato dalla pluralità dei soggetti coinvolti nel processo di recupero e di riqualificazione. Questo libro non ha la finalità di trattare in modo esaustivo e conclusivo i temi delineati, ma quello di porre l’attenzione sulla necessità di arrivare ad approcci metodologici strutturati e possibilmente condivisi al fine di indirizzare le diverse azioni progettuali verso obiettivi comuni e prestazioni di riferimento comparabili. Sia la struttura del libro che quella dei diversi capitoli che lo compongono rispondono all’intento di offrire una lettura trasversale del tema della riqualificazione in cui i vari argomenti si intersecano per restituire la complessità dei processi e delle relazioni in gioco. La stessa questione energetica, uno dei principali motori dei processi di riqualificazione, è affrontata da una prospettiva più ampia che non fa riferimento al solo contenimento del fabbisogno in fase di esercizio, ma guarda al bilancio energe-
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Introduzione
tico della trasformazione quale possibile traguardo di un approccio progettuale che, affrontando la sfida di intervenire sulla qualità dell’ambiente costruito, si esprima attraverso la scelta di tecnologie appropriate e di soluzioni sostenibili nell’accezione più ampia del termine. I contenuti e la natura della trattazione rispecchiano lo spirito di una ricerca che continua ad alimentarsi delle esperienze in ambito nazionale ed europeo nel settore della riqualificazione, con una continua apertura verso letture innovative e trasversali e il dichiarato obiettivo di implementare gli strumenti metodologici necessari ad affrontare i molti cambiamenti che le città saranno chiamate ad affrontare nel prossimo futuro.
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1. Trasformare per riqualificare
1. Trasformare per riqualificare
1.1. Dalla crescita al degrado della periferia urbana: un patrimonio da riqualificare 1.1.1. La crescita delle città e la nascita delle periferie L’attuale assetto delle principali città italiane, come dei maggiori centri europei, è il risultato di una serie di avvenimenti storici ed economici che, a partire dal secondo dopoguerra, hanno profondamente influenzato la cultura urbanistica del tempo. Nell’arco di un periodo relativamente breve, poco più di trent’anni, le città hanno vissuto, per effetto di fenomeni di accentramento e crescita demografica, una radicale trasformazione con la nascita delle cosiddette periferie urbane attraverso una progressiva espansione del tessuto dal centro storico verso l’esterno. Questa dinamica, sviluppatasi in diverse fasi, è andata di pari passo con lo sviluppo economico e industriale del Paese divenendo oggi lo specchio delle vicende attraversate da milioni di italiani. La lunga stagione edilizia che dagli anni ‘50 alla seconda ondata degli anni ’70 e ’80 ha determinato, attraverso la realizzazione di interi quartieri, di infrastrutture viarie, di importanti nodi di collegamento, nonché di veri e propri distretti industriali, la crescita delle maggiori città italiane è stata segnata anche da contingenze culturali e sociali che ne hanno fortemente condizionato gli esiti sia dal punto di vista qualitativo che urbanistico. L’urgenza della ricostruzione prima e la pressante domanda abitativa poi, hanno contribuito in modo decisivo allo sviluppo del tema dell’abitazione sociale e, in particolare, a quello della residenza collettiva o plurialloggio che, per rilevanza ed estensione, rappresenta la tipologia che più di ogni altra ha concorso al cambiamento del tessuto urbano. Quartieri quali Tuscolano e Tiburtino a Roma, QT8 a Milano, San Giuliano a Mestre, Borgo Panigale a Bologna, Falchera a Torino e molti altri a Genova, Trieste, Napoli, ecc., hanno segnato l’avvio di una trasformazione profonda del territorio che tuttavia non sempre ha dato esiti positivi1. Molti di questi interventi hanno palesato nel tempo significativi limiti nella loro efficacia sociale e urbana spiegabili in parte con l’ubicazione in zone periferiche o poco
1 Si veda: Losasso M., D’Ambrosio V. (2007), “Architettura di qualità ed edilizia popolare”, in Costruire 290.
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Trasformare l’involucro: la strategia dell’addizione nel progetto di recupero
Figura 1. Tra i grandi quartieri residenziali delle principali città italiane, il Corviale a Roma rappresenta uno dei più articolati esempi di sperimentazione sul tema dell’abitare.
servite2 e in parte con carenze progettuali e costruttive che ne hanno pregiudicato la fruibilità3. Contrariamente a quanto avveniva in analoghe esperienze di altri Paesi, in cui una notevole attenzione veniva posta alla progettazione degli spazi di connessione e di relazione, molti quartieri delle città italiane risultavano privi di attrezzature collettive e di servizi trasformandosi ben presto in quelli che sarebbero divenuti noti come quartieri dormitorio. Sulla scorta di queste prime esperienze, una seconda fase dello sviluppo di ampie porzioni di città vede cimentarsi sul tema della residenza collettiva alcuni fra i principali interpreti dell’architettura italiana del tempo tra i quali Aymonino, Rossi, Gregotti, Valle, De Carlo, Ricci, ecc., che pongono al centro delle proprie riflessioni progettuali il rapporto tra abitazioni e servizi tentando di proporre con quartieri come il Gallaratese a Milano (1969-1970), lo Zen a Palermo (1969-1973), il villaggio Matteotti a Terni (1970-1975), il Corviale a Roma (1972-1974), la Giudecca a Venezia (1980-1982), ecc., varie forme di integrazione funzionale che, pur differen2 La scelta di localizzare interventi di edilizia residenziale plurialloggio in aree periferiche è dettata, nella maggior parte dei casi, dal costo dei suoli che incideva significativamente sulla fattibilità dell’iniziativa. Non si deve trascurare inoltre il peso che alcuni interessi speculativi hanno avuto sulla scelta di specifiche aree e sullo sviluppo del successivo iter realizzativo. 3 La concezione degli alloggi e la scala degli interventi hanno in molti casi seguito la logica delle economie di scala piuttosto che i reali bisogni dell’utenza, tradendo gli obiettivi primari dell’iniziativa e producendo un progressivo degrado sociale.
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1. Trasformare per riqualificare
Figura 2. Il degrado fisico che affligge il Corviale, come molti altri quartieri, è lo specchio di complesse situazioni di disagio sociale che nel corso degli anni si sono progressivamente aggravate.
do per estensione e declinazione, operano a livello di ricerca tipologico-spaziale e tecnologico-costruttiva4. Questi interventi, i cui esiti a distanza di tempo non sempre sono stati all’altezza delle aspettative in termini di impatto sociale e qualità urbana, costituiscono comunque un’importante testimonianza di una fase di sperimentazione progettuale per molti versi irripetibile sia per quanto riguarda la congiuntura storico-economica che l’ha determinata, sia per quanto riguarda il dibattito culturale che l’ha accompagnata. Resta, tuttavia, un fatto innegabile che, al di là della qualità architettonica di alcuni interventi, la maggioranza degli edifici residenziali plurialloggio versi attualmente in condizioni di avanzato degrado in parte imputabile a carenze progettuali di carattere tipologico-funzionale e in larga misura a scelte costruttive inadeguate, dettate dall’urgenza realizzativa e da economie di scala guidate da logiche industriali. In molti casi, le scelte tecnologiche risultano elementari e prive di quegli accorgimenti necessari a garantire qualità ed efficienza al sistema edilizio: è diffusa la presenza di ponti termici – anche estesi – sia in corrispondenza dei nodi strutturali, sia in presenza di elementi in aggetto o di logge; non è dedicata alcuna attenzione all’elaborazione di dettagli finalizzati a preservare gli elementi tecnici dall’azione degli agenti atmosferici né vi è, in genere, alcun provvedimento per il controllo indiretto dell’irraggiamento; i pacchetti 4 Si veda: Tafuri M., Dal Co F. (1976), Architettura Contemporanea, Electa, Milano; Ciucci G., Dal Co F. (1995), Architettura italiana del ‘900, Electa, Milano; in particolare: “Architettura e urbanistica: il dibattito su professione e impegno”, “Gli anni settanta: illusioni e poetiche”.
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di chiusura sono scarsamente isolati termicamente e acusticamente; gli stessi elementi strutturali – prevalentemente in c.a. – risultano spesso esposti e quindi maggiormente soggetti a fenomeni di carbonatazione, dilavamento, fessurazione e successiva ossidazione delle armature. A ciò si deve aggiungere un’esecuzione approssimativa, frettolosa e non sempre rispettosa delle indicazioni progettuali, che contribuisce a pregiudicare ulteriormente l’affidabilità del sistema edilizio. Queste condizioni di potenziale degrado sono state, nel corso del tempo, aggravate dalle modifiche di natura antropica attuate proprio per cercare di contrastare l’insorgenza dei primi danni. Si tratta per lo più di iniziative individuali – sostituzioni puntuali, manutenzioni improprie, aggiunte incoerenti – apportate senza alcuna conoscenza tecnica specifica e tese a rendere più “sopportabili” le inefficienze. Ciò ha spesso prodotto un progressivo e diffuso deterioramento sia fisico che formale della fabbrica nel suo complesso con un’inevitabile diminuzione del valore immobiliare e un conseguente abbassamento del livello sociale dei fruitori. Il degrado edilizio e l’assenza di un’adeguata integrazione funzionale a livello urbanistico hanno portato a un lento, ma inesorabile, degrado del tessuto sociale e dei quartieri nel loro insieme dando luogo a fenomeni di emarginazione, o peggio di ghettizzazione, con pesanti conseguenze sullo sviluppo delle città. Da un punto di vista quantitativo questa tipologia edilizia risulta nettamente superiore ad ogni altra forma insediativa, pertanto è intuibile l’interesse che le sue condizioni possano destare nell’ottica di una strategia di riqualificazione urbana finalizzata non tanto e non solo a garantire livelli qualitativi più elevati, ma anche e soprattutto tesa a raggiungere quei livelli di efficienza energetica fissati dalla normativa e dagli accordi internazionali5. 1.1.2. Condizioni congiunturali e motori della riqualificazione Rispetto al tessuto storico della città questi edifici, diffusi sia nei quartieri periferici che in quelli divenuti ormai parte della prima cintura di espansione urbana, consentono di attuare interventi di maggiore entità con esiti morfologici decisamente più trasformativi il cui obiettivo non è solo quello di raggiungere una maggiore efficienza, ma anche quello di offrire una nuova immagine e un nuovo assetto al tessuto edilizio. Se per i cosiddetti interventi “d’autore” appare chiara la volontà di salvaguardare, attraverso azioni conservative, il valore testimoniale di opere che hanno segnato una stagione dell’architettura italiana, nella maggior parte degli altri casi, per lo più privi di un qualche valore architettonico, risulta invece indispensabile mettere a punto delle strategie progettuali che consentano di innescare processi di riqualificazione alla piccola e media scala facendo leva sugli obiettivi di un mutato contesto culturale di riferimento. 5 Si veda: Direttiva Europea n. 32 del 2006.
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1. Trasformare per riqualificare
Uno dei principali motori di questi processi è dato proprio dalla questione energetica, percepita come prioritaria non solo dalle Istituzioni ma anche dalla stessa popolazione direttamente toccata dal continuo aumento dei costi di esercizio. In base alle stime dell’European insulation manufacture association [Eurima], l’Italia occupa il primo posto tra i Paesi europei nella classifica di perdita annua di energia imputabile alle caratteristiche tecnologiche del patrimonio immobiliare esistente rispetto al quale, ipotizzando un incremento delle sole prestazioni di isolamento termico dell’involucro edilizio, sarebbe possibile abbattere la domanda energetica del 30-50%. La maggior parte degli edifici appartenenti alla tipologia in esame richiede un fabbisogno energetico che varia tra i 180 e i 250 kWh/m2a, in ragione delle soluzioni costruttive adottate, dell’esposizione e delle condizioni climatiche al contorno, contro i 20-30 kWh/m2a di una nuova costruzione basata su principi di efficienza energetica. Inoltre, se si considera la proporzione in termini quantitativi tra edifici adibiti a terziario o direzionale e quelli a destinazione residenziale è facile comprendere come, anche in relazione alle diverse modalità di fruizione, i secondi risultino preponderanti e decisivi nell’attuazione di efficaci politiche di contenimento energetico. Secondo uno studio del CRESME6 il segmento corrispondente all’attività di manutenzione e riqualificazione del costruito è superiore al 60% del valore della produzione nelle costruzioni, del quale circa la metà interessa il settore residenziale, mentre la restante quota è suddivisa tra non residenziale e genio civile. Questo dato, seppure indicativo, consente di notare come, a partire dalla metà degli anni ’90, un profondo cambiamento abbia interessato il mercato edilizio. Negli anni ’60 e ’70 la nuova produzione abitativa rappresentava il 70-80% dell’intero mercato, mentre negli anni 2000 essa risulta ridotta al solo 20-17% (in progressiva diminuzione) (Schema 1). Al tempo stesso, gli edifici costruiti durante i primi cicli edilizi hanno raggiunto progressivamente i quarant’anni di età, cioè la soglia oltre la quale si rendono necessari interventi di adeguamento, manutenzione straordinaria e recupero per garantire livelli qualitativi adeguati alle modifiche intervenute sullo stile di vita7. Ciò significa che, per una situazione congiunturale, una quota assai rilevante di investimenti si è spostata da un segmento a un’altro facendo degli interventi di riqualificazione del patrimonio residenziale, in particolare quello plurialloggio, un asse strategico dell’attività edilizia (Tabella 1). Nell’analizzare il quadro di riferimento è opportuno non trascurare il ruolo che l’azione normativa da parte delle Istituzioni ha avuto e continua ad avere nell’influenzare l’andamento e gli esiti degli interventi. Con l’emanazione del D.Lgs. n. 192/2005, 6 Si veda il documento di sintesi: Bellicini L., Le costruzioni al 2010, CRESME. 7 In merito, il CRESME ha commissionato uno studio a un pool internazionale di specialisti provenienti da diversi Paesi che ha stabilito come superati i quarant’anni l’obsolescenza fisiologica dell’edificio imponga delle azioni correttive; cosa peraltro confermata dalle pubblicazioni sulla durabilità del prodotto edilizio presenti in letteratura.
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Trasformare l’involucro: la strategia dell’addizione nel progetto di recupero
VALORE DELLA PRODUZIONE 100%
MANUTENZIONE ORDINARIA 20%
INVESTIMENTI 80%
NUOVO 38%
MANUTENZIONE STRAORDINARIA 42%
EDILIZIA RESIDENZIALE 20%
EDILIZIA RESIDENZIALE 21%
EDILIZIA NON RESIDENZIALE PRIVATA 7%
EDILIZIA NON RESIDENZIALE PRIVATA 10%
EDILIZIA NON RESIDENZIALE PUBBLICA 3%
EDILIZIA NON RESIDENZIALE PUBBLICA 6%
GENIO CIVILE 8%
GENIO CIVILE 5%
NUOVO 38%
RECUPERO 62%
Schema 1. Rappresentazione grafica della distribuzione percentuale del valore della produzione nel settore delle costruzioni. Fatto salvo un 20% corrispondente all’attività di manutenzione ordinaria, la restante quota di investimento si divide tra la nuova costruzione e l’attività di manutenzione straordinaria o di recupero. Per ciascuna categoria i valori sono ripartiti tra il segmento relativo all’edilizia residenziale, quelli dell’edilizia non residenziale – privata e pubblica – e il segmento relativo all’attività del genio civile. Complessivamente l’investimento sul recupero è circa pari al 60% dell’intera produzione (elaborazione su base CRESME).
successivamente integrato dal D.Lgs. n. 311/2006 e poi dal D.P.R. n. 59/2009, il Governo italiano ha recepito le indicazioni della Direttiva E 2002/91/CE fissando – di fatto – dei valori limite rispetto ai quali viene valutato il comportamento termico e di conseguenza energetico di un edificio8. Queste disposizioni sono state accompagnate da forme di incentivazione, quali le detrazioni fiscali più volte previste dalla Legge Finanziaria e il Conto Energia, proprio con l’obiettivo di stimolare l’investimento di capitali sulla riqualificazione degli immobili di proprietà. Tuttavia, l’insieme di questi provvedimenti, pur costituendo un volano economico, non risulta in grado di eserci8 Si veda: Campioli A., Ferrari S., Lavagna M. (2006), “Come si cambia. Il D.Lgs. n. 192/2005 e le chiusure verticali opache”, in Costruire 277; Gaspari J. (2010), “Il contenimento energetico: un quadro di riferimento”, “Riferimenti normativi”, in Il progetto dell’involucro efficiente. Soluzioni e stratigrafie per la nuova costruzione e il recupero, EdicomEdizioni, Monfalcone.
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1. Trasformare per riqualificare
1919
1919-45
1946-61
1962-71
1972-81
1982-91
Roma
6,2 %
13,3 %
28,1 %
30,5 %
14,6 %
7,3 %
Milano
13 %
20,9 %
31,4 %
26,5 %
4,4 %
3,8 %
Bari
6,5 %
12,3 %
22,3 %
32,6 %
16,4 %
9,9 %
Bologna
15,9 %
16 %
33,2 %
23,7 %
7,8 %
3,4 %
Cagliari
6,2 %
7,8 %
24,6 %
30,7 %
19,1 %
11,6 %
Catania
10,5 %
14,6 %
21,2 %
29,7 %
16,5 %
7,5 %
Firenze
29 %
16,8 %
22,5 %
22,6 %
6%
3,1 %
Genova
27,2 %
17,2 %
24,9 %
23,6 %
3,8 %
3,3 %
Messina
8,7 %
22 %
16,7 %
27 %
14 %
11,6 %
Napoli
24,7 %
9,7 %
23,2 %
27 %
8,7 %
6,7 %
Palermo
8,9 %
13,1 %
18,2 %
28,7 %
21,6 %
9,5 %
Torino
14,3 %
17,9 %
31,1 %
28,8 %
6,4 %
1,5 %
Trieste
27 %
12,3 %
20,8 %
24,7 %
10,1 %
5,1 %
Venezia
26,1 %
9,1 %
25,6 %
25,1 %
9,3 %
4,8 %
Tabella 1. La composizione percentuale dell’età del patrimonio residenziale evidenzia come più del 50% dello stock edilizio abbia superato i quarant’anni e sia entrato, quindi, in quella fase del ciclo di vita in cui si rendono necessarie azioni manutentive più estese e onerose (elaborazione su stime CRESME eseguite su dati ISTAT).
tare alcuna forma di controllo sugli esiti complessivi degli interventi: in altre parole ne fissa le prestazioni, fornisce gli strumenti per il sostegno economico, ma non entra nel merito della qualità architettonica, funzionale, relazionale dell’azione di recupero lasciando ai progettisti o agli enti di controllo a livello locale il compito di tradurne efficacemente gli obiettivi. La mancanza di vere e proprie linee guida che consentano di dare coerenza agli interventi e di conseguire livelli qualitativi omogenei rappresenta uno dei punti nevralgici dell’attuazione di efficaci politiche di riqualificazione che, sebbene ricche di opportunità, si traducono spesso in mere opere di adeguamento tecnologico-funzionale senza ottenere quel valore aggiunto perseguito invece da un approccio sostenibile all’intervento sull’esistente. È pertanto intorno a questi temi che risulta più urgente indirizzare alcuni elementi di riflessione circa le possibilità di recupero del tessuto esistente nelle sue diverse forme.
19
Trasformare l’involucro: la strategia dell’addizione nel progetto di recupero
1.2. Politiche e programmi di riqualificazione: lo stock residenziale plurialloggio tra limiti e opportunità di intervento 1.2.1. Consistenza del tessuto urbano e individuazione dei segmenti di intervento Il primo elemento di riflessione che vale la pena di introdurre guardando al tema della riqualificazione è rappresentato da un’analisi, seppur sintetica, della consistenza del patrimonio costruito: attualmente la maggior parte del tessuto urbano è costituito da edifici appartenenti al segmento residenziale, rispetto al quale è necessario operare alcune segmentazioni in base al periodo di costruzione e alla tipologia. È inoltre indispensabile una distinzione tra l’edilizia storica e quella più recente, realizzata a partire dal secondo dopoguerra. Per quanto attiene al settore non residenziale esso è costituito da un patrimonio molto eterogeneo in cui sono ricompresi, oltre alle funzioni terziarie e direzionali, anche i servizi, le opere pubbliche e quelle del genio civile. Ciascuna categoria richiede specifiche analisi per l’individuazione dei più efficaci strumenti di riqualificazione in funzione di obiettivi che dipendono anche dall’interesse della collettività. Prese singolarmente, esse presentano un minore impatto a livello di potenziale ridimensionamento energetico rispetto al più omogeneo segmento dell’edilizia residenziale. Vi sono poi alcune città in cui interi distretti industriali di matrice fordista sono stati progressivamente inclusi nel tessuto di prima o seconda cintura per poi essere dismessi e abbandonati. Si tratta spesso di aree molto vaste, che richiedono azioni di bonifica, in cui sono presenti edifici a destinazione specifica difficilmente rifunzionalizzabili e per le quali devono essere predisposti veri e propri piani di recupero assimilabili per finalità e cubatura alla nuova costruzione. Il concetto di recupero è in questo caso legato al superamento del vuoto urbano attraverso la creazione di nuovi legami con contigui brani della città di matrice storica e non. In merito al tessuto storico delle città italiane, pur con alcune peculiarità a livello locale in termini di declinazioni formali e di soluzioni costruttive, esso è costituito da edifici che hanno subito un lento adattamento nel corso dei secoli e che oggi sono considerati di elevato valore testimoniale e culturale. Rispetto a questa particolare categoria non è pertanto ipotizzabile l’attuazione di programmi trasformativi di riqualificazione, ma solo di opere di conservazione e/o manutenzione. D’altra parte, la natura massiva di queste costruzioni offre in genere caratteristiche termofisiche efficaci a garantire un buon comportamento termico sia in regime estivo che invernale. Inoltre, molte di esse sono già state oggetto in passato di interventi di adeguamento che hanno interessato sia le dotazioni impiantistiche che gli elementi tecnici finalizzati alla chiusura e al controllo delle condizioni ambientali, pertanto non avrebbe senso insistere con azioni invasive per raggiungere gli standard di nuove costruzioni ad alta efficienza. Se poi si considera che questa tipologia
20
1. Trasformare per riqualificare
Figura 3. In numerose città, all’interno di un tessuto ormai storicizzato, la presenza di aree industriali convive spesso con nuovi insediamenti senza che, tuttavia, vi sia un piano di riordino complessivo finalizzato all’integrazione delle varie parti.
è in percentuale quella più contenuta rispetto alle altre è facilmente intuibile che la partita per ridurre il fabbisogno energetico non si giochi in questo settore. Per quanto riguarda le altre tipologie appartenenti al tessuto non storicizzato, all’interno della cintura urbana, prevale quantitativamente l’edilizia residenziale plurialloggio nelle forme di fabbricati in linea, a blocchi e a torre, mentre minore è l’estensione di quartieri a destinazione unifamiliare con abitazioni singole e/o a schiera. Queste ultime tipologie prevalgono in insediamenti più recenti, nati sotto la spinta della crescita economica, nelle propaggini urbane (Tabella 2). A livello di fabbisogno, la residenza collettiva risulta per molti versi maggiormente energivora sia in relazione alla densità sia in funzione di una minore qualità costruttiva. È pertanto questo settore quello che offre il maggior potenziale in termini di riduzione del fabbisogno e di incremento medio della qualità edilizia del patrimonio esistente9. Infatti, contrariamente a quanto avviene per le aree dismesse in cui si ha la 9 Si veda: Fattinnanzi E., Rosati P., Manfreda S. (2000), Progetti di edilizia residenziale. La riqualificazione urbana, Dei, Roma.
21
Trasformare l’involucro: la strategia dell’addizione nel progetto di recupero
distribuzione residenze
distribuzione occupanti
Città storica
17,34 %
15,07 %
Città moderna
10,33 %
9,22 %
totale
27,67 %
24,29 %
Periferia anni ‘50
12,47 %
12,79 %
Periferia anni ‘60
25,95 %
26,62 %
Periferia anni ‘70
18,91 %
21,61 %
Periferia anni ‘80
9,8 %
11,16 %
Altra periferia
5,2%
3,53 %
totale
72,33 %
75,71 %
Tabella 2. La distribuzione delle abitazioni e degli abitanti rispetto alla composizione del tessuto della città evidenzia il peso delle periferie e della residenza collettiva rispetto al nucleo storico consolidato (elaborazione su stime CRESME eseguite su dati ISTAT).
necessità di un enorme investimento di capitali per attuare il piano di recupero nella sua interezza, la riqualificazione dei quartieri e degli edifici plurialloggio può essere conseguita per parti operando alla scala edilizia per condizionare la qualità urbana10. Resta, tuttavia, da chiarire quali dinamiche di investimento possano seguire gli interventi e quali motori siano in grado di stimolare il conseguimento di adeguati livelli qualitativi e di efficienza energetica. 1.2.2. La stagione dei programmi di riqualificazione in Italia e in Europa Il secondo elemento di riflessione che non può essere trascurato è dato da una contestualizzazione della situazione italiana rispetto alle politiche di riqualificazione attuate da alcuni dei principali Paesi europei. In Italia, un tentativo per cercare di affrontare il tema della riqualificazione, facendosi carico di tutte le problematiche connesse, è stato fatto, a partire dagli anni ’90, attraverso una serie di iniziative governative raccolte sotto il nome di “Programmi Integrati” (Programmi di Recupero Urbano, Programmi di Riqualificazione Urbana, Contratti di Quartiere), introdotte con la legge n. 179/1992 nell’ambito della gestione dell’edilizia residenziale pubblica. Alle stesse si sono affiancate iniziative comunitarie, quali i Programmi Urban e i Progetti Pilota Urbani, nati nell’ambito delle politiche del 10 Si veda: Solarino A. (2000), “Riqualificazione urbana e processi di trasformazione”, in Edilizia Popolare 267-268.
22
1. Trasformare per riqualificare
Quadro Comunitario di Sostegno11. L’obiettivo era quello di perseguire strategie di trasformazione condivise e appoggiate dall’utenza che trovassero una forma di supporto finanziario sulla base della qualità delle proposte formulate12. I bandi, promossi dal Ministero dei Lavori Pubblici, consentivano di accedere a importanti quote di cofinanziamento che permettevano a Comuni, Regioni, Ater e altri soggetti pubblici di affrontare il costo di operazioni altrimenti destinate a restare sulla carta13. Trattandosi di edilizia residenziale agevolata, uno dei punti centrali dello sviluppo dei progetti sperimentali da realizzare attraverso i Contratti di Quartiere era rappresentato dalla ricerca della massima concertazione tra gli attori coinvolti – progettisti, utenza, proprietà ed enti di controllo – al fine di perseguire la migliore integrazione funzionale, la rivitalizzazione degli spazi di relazione, l’innalzamento dei livelli qualitativi e prestazionali, ricorrendo possibilmente a soluzioni sostenibili e innovative14. Dal punto di vista dei contenuti e delle indicazioni di principio queste esperienze, avviate con il primo bando nel 1998, restano di grande attualità e validità, tuttavia, a più di dieci anni dalla sua attuazione questo insieme di strumenti non ha ancora dato i risultati sperati. Pochissimi sono gli interventi ultimati, mentre la maggior parte di quelli finanziati si trova ancora alla fase della progettazione preliminare: la complessità dell’iter procedurale, l’articolazione delle fasi di concertazione tra utenza, proprietà ed enti di controllo, la stessa tempistica delle esperienze in corso non sembrano compatibili con la maggior parte dei potenziali organismi edilizi su cui sarebbe urgente intervenire15. Negli stessi anni ’90 vengono, nel contempo, avviati in Francia, Germania, Danimarca, Olanda, e in altri Paesi europei numerosi interventi di recupero su fabbricati residenziali plurialloggio realizzati nel corso degli anni ’60 e ’70. Queste esperienze, pur condividendo i principali obiettivi e operando su patrimoni edilizi in larga parte comparabili, si differenziano per scala, metodologia attuativa e modalità di finanziamento16. In Francia, a partire dagli anni ’70, esiste un organismo pubblico, denominato Agence Nationale pour l’Amélioration de l’Habitat [ANAH], che programma e gestisce le azioni di riqualificazione integrandole a iniziative di sostegno sociale per favorire l’occupazione e l’istruzione17. In genere, l’intervento, che può essere limitato a un solo
11 Si veda: Costa P. (1997), “Presentazione ai Programmi di Riqualificazione Urbana”; Gasparri C. (1997), “Evoluzione normativa dei programmi complessi” in Latini A. P., I Programmi di Riqualificazione Urbana, INU, Roma. 12 Si veda: Delera A. (2000), “Riqualificazione urbana e programmi complessi”, in Bottero B. (a cura di), La città sostenibile, Pinelli, Milano. 13 Si veda: Bargiggia F., Bricocoli M. (a cura di) (2005), Politiche per la casa e strumenti di riqualificazione urbana. I Contratti di quartiere II in Lombardia, EdicomEdizioni, Monfalcone. 14 Si veda: AA. VV. (2002), Edilizia residenziale pubblica ecocompatibile, atti del Convegno Internazionale, Luciano Editore, Napoli. 15 Si veda: Beltramini F. (2009), “Contratti di quartiere. Non è che l’inizio”, in Costruire 286. 16 Si veda: Malighetti L. (2004), Recupero edilizio e sostenibilità, Il Sole 24 Ore, Milano. 17 Le sovvenzioni alle famiglie sono erogate in accordo con il Ministero della Pubblica Istruzione e il Ministero degli Affari Sociali.
23
Trasformare l’involucro: la strategia dell’addizione nel progetto di recupero
Figura 4. In base ai diversi contesti gli interventi possono operare alla scala del singolo edificio o del quartiere nel suo complesso.
isolato o esteso a un intero quartiere, è oggetto di una convenzione triennale tra il Comune, lo Stato e l’ANAH18. Sin dalle prime esperienze l’obiettivo è stato quello di perfezionare un metodo19 che assicurasse efficacia operativa, rispetto dei tempi e garanzia di finanziamento in modo da poter programmare azioni trasformative su vasta scala. Analoghe valenze ha l’operazione Habitat et Vie Sociale [HVS] specificatamente destinata ad occuparsi della situazione di forte degrado e di marginalizzazione dei Grands Ensambles20. Recentemente, proprio in questo ambito, l’Agence d’Environnement et de la Maîtrise de l’Énergie [ADEME] ha promosso una serie di campagne di finanziamento destinate a operatori locali per lo sviluppo di tecnologie sostenibili e di soluzioni per il risparmio energetico21. 18 Si veda: Mattogno C. (1998), “Uso e riuso della città in Francia”, in Edilizia Popolare 257-258. 19 La formula attuativa, ormai consolidata, è nota con il nome di “Metodo Governativo” e fissa le varie procedure in un documento a cura del Ministère de Logement denominato Méthode de Conduite des Opérations de Réhabilitation. 20 Si vedano in proposito le esperienze del Groupe Arcane Architecture, in particolare con gli interventi ad Amiens e a Parigi, e di Lucien Kroll a Bethoncourt: Cfr. www.groupe-arcane.com, Cavallari L. (1998), “Lucien Kroll e il recupero delle periferie”, in Paesaggio Urbano 6; Atelier Lucien Kroll (1996), Enfin Chez Soi. Réhabilitation de Préfabriqués, L’Harmattan, Parigi. 21 Si veda: Delera A., Rota R. (2011), “Riqualificazione energetica e architettonica dei Grands Ensambles degradati. L’esperienza francese”, in Il progetto sostenibile 28.
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1. Trasformare per riqualificare
Anche la Germania si trova a dover affrontare azioni su vasta scala, soprattutto a seguito dell’unificazione, quando interventi diffusi si rendono necessari – in particolare a Berlino – per far fronte al bassissimo livello qualitativo degli edifici dell’ex DDR. Il Governo federale mette a punto un programma di finanziamento specifico Wohnraum Modernisierungprogramm [KfW] a cui possono accedere con tasso agevolato sia operatori pubblici che privati. L’Institut für Erhaltung und Modernisierung Figura 5. Gli interventi di recupero operano con frequenza sull’intero sistema di chiusura non solo con la fivon Bauwerken [IEMB], un nalità di migliorarne le caratteristiche prestazionali, ma istituto di ricerca multiente, anche con l’obiettivo di restituire formalmente l’effetto della riqualificazione. fornisce la base conoscitiva su cui sviluppare gli interventi, mentre i parametri tecnici degli stessi sono fissati dalle norme DIN 4108 e DIN 410922. Pur condividendo con la situazione francese i caratteri di programmazione attuativa e di impegno sociale, l’esperienza tedesca si orienta, sin dalle prime fasi, verso la questione energetica individuando in questo tema uno dei punti chiave dello sviluppo dei programmi di applicazione delle energie rinnovabili. Inoltre, l’obiettivo di spezzare la monotonia formale degli immensi blocchi abitativi diviene, in molti casi, il pretesto per l’aggregazione di logge solari e altri spazi filtro sulle facciate con la finalità di migliorare il comportamento passivo dei fabbricati23. Rispetto all’Italia, la Francia, come pure la Germania, si trova ad affrontare il problema ad una scala molto più ampia, non solo a livello di quartiere, ma anche a livello di dimensione stessa degli immobili. È da questo passaggio di scala, oltre che da una 22 Si veda: Giachetta A. (1999), “Controllo climatico naturale nella riqualificazione edilizia: casi”, in Novi F. (a cura di), La riqualificazione sostenibile, Alinea, Firenze. 23 Si vedano in particolare gli interventi di Forster & Schnorr a Thüringen. Cfr. Forster S. (2000), “Radical conversion instead of demolition – from prefabricated panel contraction to garden city”, in Detail 7; Forster S. (2001), “Nachhaltiger Stadtumbau”, in Umrisse 1.
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Trasformare l’involucro: la strategia dell’addizione nel progetto di recupero
SERVIZI ESTERNI
SERVIZI ESTERNI
SERVIZI ESTERNI
PERTINENZE ESTERNE
ALLOGGIO
DISTRIBUZIONE
ALLOGGIO
SPAZI COLLETTIVI
GRUPPO CONTIGUO
SPAZI COLLETTIVI
ALLOGGIO
GRUPPO CONTIGUO
ALLOGGIO
PERTINENZE ESTERNE
SERVIZI ESTERNI
GRUPPO CONTIGUO
SERVIZI ESTERNI
GRUPPO CONTIGUO
SERVIZI ESTERNI
GRUPPO CONTIGUO
Schema 2. Rappresentazione grafica dello schema di relazioni tra spazi pubblici e privati impiegato in alcuni interventi di riqualificazione danesi. Un primo livello di relazione, di carattere più privato, è instaurato tra gli alloggi dello stesso comparto e gli spazi di distribuzione di pertinenza, mentre un secondo livello è impiegato per mettere gli stessi in comunicazione con gli spazi pubblici, i servizi e gli altri comparti.
differente regia governativa, che deriva la creazione di un apparato organizzativo e amministrativo particolarmente strutturato finalizzato alla programmazione degli interventi. Ciò implica tuttavia una forte capacità e volontà di investimento da parte dello Stato che sussiste solo quando la proprietà dello stock edilizio interessato è prevalentemente di natura pubblica. Olanda e Danimarca, pur con le dovute differenze a livello costruttivo e a livello di condizioni climatiche, operano invece a una scala più vicina alla dimensione italiana consentendo di trarre interessanti spunti sia sulle modalità di trasformazione che sugli strumenti di relazione. La principale spinta agli interventi non viene da una necessità di sostegno sociale, dato che i fenomeni di degrado sono decisamente più contenuti, ma da una forte adesione e supporto a una politica energetica tesa alla riduzione della domanda e alla promozione di fonti rinnovabili. La maggior parte delle soluzioni messe in atto nei progetti di recupero mirano all’integrazione di soluzioni per la captazione solare e all’installazione di pannelli fotovoltaici così come all’aggregazione di volumi, preva-
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1. Trasformare per riqualificare
lentemente vetrati, atti a favorire il guadagno passivo24. Al tempo stesso, però, una grande attenzione viene posta all’intorno immediato degli edifici in modo da creare una rete connettiva capace di favorire lo scambio e la relazione tra i gruppi di utenza25 (Schema 2). Per questa ragione, in molti casi, nuovi volumi destinati a servizi e ad attività comuni vengono inseriti nelle aree pubbliche comprese tra gli edifici o in corrispondenza del loro basamento. Questo tipo di strategia, particolarmente efficace per conseguire una reale rivitalizzazione del quartiere si basa su modelli abitativi e culturali in cui lo spazio pubblico è considerato e curato come un’estensione di quello privato. Sebbene gli spunti e le opportunità non manchino, il trasferimento di alcuni modelli alla realtà italiana risulta piuttosto complesso sia per la mancanza di adeguate politiche di copertura finanziaria, sia per le forti differenze a livello di proprietà immobiliare. 1.2.3. Il ruolo della proprietà immobiliare Il terzo elemento di riflessione che necessariamente subentra a questo punto dell’analisi è quello relativo alla tipologia della proprietà del bene immobiliare che, almeno in Italia, gioca un ruolo tutt’altro che secondario. Contrariamente a quanto avviene in Francia o in Germania dove la proprietà, nella maggioranza dei casi pubblica o di società a partecipazione mista, è unica, cioè riconducibile a un solo soggetto, in Italia accade di frequente che la proprietà risulti frammentata, cioè riconducibile a più soggetti. Molti edifici nascono come proprietà separate poiché gli alloggi vengono messi in vendita singolarmente al termine della costruzione. Altri, originariamente di proprietà pubblica oppure di istituti bancari o assicurativi sono messi in vendita successivamente per esigenze di bilancio o per bisogno di liquidità. Una volta immessi sul mercato essi possono essere acquistati da nuove società o da singoli investitori dando luogo a un frazionamento della proprietà. Sfortunatamente, l’edificio-tipo verso cui risulta più pressante l’attuazione di programmi di riqualificazione è rappresentato dai fabbricati plurialloggio composti da decine di unità, caratterizzati da una proprietà frammentata economicamente, socialmente e anagraficamente26. Le differenze in termini di aspettative tra le diverse componenti della proprietà e le difficoltà nel trovare un accordo possono porre l’at24 Si veda: Goulding J. R., Lewis O. (1999), Sustainable & energy efficient building, James & James, Londra; Jørgensen O. B. (2001), “Flexren, flexible façade system for energy conscious renovation of European houses”, in AA. VV., Northsun 2001 Technology meets market in the solar age, Atti del convegno, Leiden; Grassi A., Helm P., Sala M., Zervos A. (2000), Rebuild, how to integrate renewable energies in European cities, an informative catalogue, Thermie, ETA, Firenze. 25 Si vedano, riguardo a questo tema, i progetti sviluppati per i quartieri di Christiania e Vesterbro a Copenhagen e per l’area prospiciente il porto di Rotterdam. 26 Questa condizione pone purtroppo forti limiti all’attuazione di tutti quegli interventi che richiedono tempi di ammortamento dell’ordine dei 7-10 anni. Questo periodo è infatti ritenuto eccessivo da quella fascia di potenziali investitori di età superiore ai settantacinque/ottant’anni che ritiene i tempi di rientro e godimento del bene non compatibili con le proprie prospettive di vita.
27
Trasformare l’involucro: la strategia dell’addizione nel progetto di recupero
tuabilità della riqualificazione in una situazione di stallo che non giova né ai singoli fruitori, né alla collettività in termini di conseguimento degli obiettivi di contenimento energetico. Nel panorama europeo le possibili soluzioni per superare il problema del reperimento degli investitori sono sostanzialmente le seguenti: l’incentivazione e/o la detassazione delle Energy Service Company (Esco) – ovvero il sostegno di società private che intervengono per risanare gli edifici a loro totale o parziale carico in cambio dei vantaggi economici derivanti dalla rinnovata efficienza energetica dell’immobile –, la concessione alle stesse Esco della possibilità di produrre titoli di efficienza energetica da vendere alle società erogatrici o la promozione di diverse forme di incentivazione fiscale. In Italia, tuttavia, queste forme non trovano un facile terreno di applicazione: le Esco tendono a restare fuori mercato e gli sgravi introdotti dalla Finanziaria 2007 non sono accompagnati da adeguate forme di controllo e da metodi di calcolo univoci e condivisi27. L’obiettivo deve essere pertanto quello di stimolare la proprietà all’investimento assicurando condizioni vantaggiose e verificando nel contempo la coerenza dell’intervento e le sue ricadute sull’intorno urbano. Secondo il CRESME28, la maggior parte degli investimenti che occupano le piccole e medie imprese attualmente operanti nel settore edilizio sono generati da quella committenza che, esaurito il pagamento del mutuo acceso a suo tempo per l’acquisto della prima casa, cerca di migliorare la propria condizione abitativa. Ciò, in genere, si realizza o intervenendo sull’unità di cui si dispone o tentando di acquistarne un’altra grazie anche ai proventi derivanti dalla vendita del bene in suo possesso, originando quindi ulteriori opportunità di trasformazione del patrimonio esistente. Seppure con una flessione, dovuta alla crisi dei mercati finanziari del 2008, in Italia, il recupero e la riqualificazione del costruito rappresentano il principale traino economico del settore edilizio nonché del Paese stesso ed è proprio sul fronte privato del piccolo e medio capitale che risiede la più promettente risorsa per sostenere gli interventi di riqualificazione. Non è un caso che, proprio per far fronte alla crisi, il Governo abbia promosso il cosiddetto Piano Casa che – vale la pena ricordarlo – non è uno strumento urbanistico, ma un provvedimento economico. Questo dispositivo punta essenzialmente a far sì che i piccoli investitori immettano nuove risorse nel settore delle costruzioni. Tuttavia, a differenza di quanto avviene per la residenza unifamiliare, solitamente coincidente con un unico proprietario che ha un interesse soggettivo diretto a usufruire dei vantaggi connessi all’attuazione dell’intervento di riqualificazione, nel caso della residenza collettiva lo stimolo offerto dagli incentivi si scontra spesso con un’eterogeneità dell’iniziativa di investimento e/o con le diverse
27 Fattor S. (2009), “Ampliamenti virtuosi”, in Costruire 312. 28 Si veda: Rapporto CRESME (2010) Il mercato delle costruzioni: 2010-2015, XVIII Rapporto congiunturale e previsionale CRESME.
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1. Trasformare per riqualificare
aspettative degli attori coinvolti sugli esiti dell’intervento. Attualmente il principale problema è dunque rappresentato dalla mancanza di capitali adeguati per operare su ampia scala al fine di garantire unità e coerenza ai progetti. In un simile contesto, appare pertanto evidente la necessità di introdurre nuove strategie per favorire gli investimenti privati assecondando le azioni alla piccola e media scala con l’obiettivo di promuovere una logica non solo economica, ma anche qualitativa nello sviluppo delle iniziative. Una possibile risposta alle problematiche che frenano l’investimento privato può essere individuata nel tentativo di coniugare il raggiungimento di determinati standard funzionali, prestazionali ed energetici con benefit di carattere volumetrico, distributivo e morfologico che possono migliorare la qualità abitativa e nel contempo incrementare il valore immobiliare dell’unità. In altri termini concedere alla proprietà qualcosa che possa risultare remunerativo nel tempo intervenendo sul ciclo di vita atteso dell’immobile.
1.3. Caratteristiche tipologiche, criticità funzionali e livelli di obsolescenza tecnologica 1.3.1. L’analisi dei caratteri tipologici e funzionali alla luce di nuove modalità di investimento A fronte di una condizione congiunturale in cui le risorse pubbliche destinate alla riqualificazione del tessuto ordinario della città appaiono assai limitate sia nei confronti del sostegno a progetti di recupero dello stock edilizio esistente sia nei confronti di nuove costruzioni di edilizia sociale, il ruolo dei piccoli e medi investitori nonché dei cosiddetti promotori immobiliari è notevolmente cresciuto di rilevanza e di importanza nel corso degli ultimi dieci anni. Infatti, a partire dalla fine degli anni ’90 e fino alla crisi del 2008, questi attori sono stati i principali protagonisti del mercato edilizio senza che, tuttavia, l’insieme delle operazioni immobiliari da essi attuate abbia effettivamente determinato un innalzamento della qualità media della residenza29. L’individuazione di efficaci strategie che rendano possibile il coinvolgimento di capitali privati negli interventi di riqualificazione, assicurando al tempo stesso il ritorno economico dell’iniziativa e la salvaguardia di una coerente trasformazione del tessuto urbano, passa in prima istanza per la conoscenza delle principali caratteristiche della tipologia edilizia su cui si è chiamati a intervenire. Sebbene questa considerazione possa sembrare eccessivamente pragmatica in rapporto alla natura olistica che un approccio sostenibile alla riqualificazione del costruito presupporrebbe, essa si basa sulla necessità di adeguare il processo progettuale a una nuova condizione strutturale, cioè 29 Si veda: Bellicini L. (2009), “Ritorna il problema della casa”, in Casabella 774; Braghieri N. (2009), “Sociale, economica, popolare”, in Casabella 774.
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Trasformare l’involucro: la strategia dell’addizione nel progetto di recupero
il fatto di dover perseguire il raggiungimento di interessi collettivi attraverso l’iniziativa privata. A differenza di quanto avviene negli interventi promossi e gestiti attraverso gli enti della Pubblica Amministrazione, in cui gli obiettivi sociali, culturali e collettivi rappresentano istanze prioritarie che partecipano attivamente alla definizione del progetto e delle sue modalità trasformative, nel caso di un’azione promossa da uno o più soggetti privati non è scontato che questi stessi obiettivi concorrano direttamente allo sviluppo della strategia attuativa. È quindi necessario analizzare le caratteristiche della fabbrica nell’ottica di individuare quegli elementi la cui trasformazione può rendere appetibile l’operazione nei Figura 6. Lo stock dell’edilizia residenziale plurialloggio confronti del soggetto priè composto da svariate tipologie tra cui le più frequenti vato soddisfacendo, al temsono quelle in linea, a blocco e a torre. po stesso, in modo indiretto quegli obiettivi di pubblica utilità e interesse. Non deve poi essere trascurato il fatto che la presenza di una proprietà frammentata possa indirizzare l’intervento verso una realizzazione parziale, o per fasi, che implica evidentemente un differente approccio alla trasformazione degli elementi costitutivi della fabbrica. Prima di esaminare le possibili strategie operative, si rendono pertanto necessarie alcune considerazioni di carattere generale riguardo alla consistenza dello stock residenziale plurialloggio. La maggior parte degli edifici presenti nelle periferie italiane è riconducibile, salvo alcune eccezioni, alle tipologie a stecca e a blocchi, cui si aggiungono, pur in quantità
30
1. Trasformare per riqualificare
minore, quelle a corte e a torre30. Quest’ultima, in particolare, è una tipologia che in Italia trova raramente applicazione nella sua definizione tipica, e cioè quella di una fabbrica a prevalente sviluppo verticale, mentre sono assai più diffuse soluzioni che pur conservando della torre le fattezze, il nucleo centrale di servizio, la compattezza in pianta e la distribuzione, hanno una dimensione in altezza contenuta tra i nove e i quindici piani. Non è infrequente imbattersi in edifici “a torre” di soli cinque o sei piani che finiscono per essere assimilati al modello della “palazzina” divenendo nell’immaginario collettivo una delle rappresentazioni tipiche del condominio. Va comunque sottolineato che una riduzione di scala, rispetto ad analoghe esperienze di altri Paesi europei, è presente in tutte le tipologie residenziali: salvo alcune eccezioni, i corpi edilizi del tessuto italiano raramente raggiungono le dimensioni e l’estensione dei Grands Ensambles francesi o delle cortine tedesche della ex DDR. Ciò si spiega in parte attraverso un differente sviluppo storico delle città e in parte attraverso diverse condizioni economiche e culturali di riferimento. In Italia, le tipologie prevalenti, cioè quelle a blocchi e a stecca, possono presentare alcune variazioni sia per dimensione, sia per organizzazione all’interno del tessuto, ma condividono, nella maggior parte dei casi, una scarsa gerarchizzazione dei percorsi e degli accessi che si riflette anche sui collegamenti orizzontali e verticali dei singoli fabbricati. La soluzione in linea con blocchi scala interposti a tipologie omogenee di alloggi rappresenta la soluzione in assoluto più ricorrente. Lo sviluppo della scala detta la configurazione dell’atrio di ingresso e anche la posizione dell’eventuale ascensore senza che la combinazione dei due elementi possa concorrere a generare un minimo di qualità dello spazio collettivo. L’organizzazione degli elementi segue la logica del minimo spreco di superficie e cubatura nonché della funzionalità più elementare. In corrispondenza di ogni livello sono distribuiti due, quattro, sei accessi in ragione del taglio e della dimensione degli alloggi. In genere, viene adottata una soluzione simmetrica che si ripete su tutti i piani. Anche la soluzione a ballatoi pone analoghi problemi di qualità dello spazio: gli elementi di distribuzione orizzontale e i relativi collegamenti verticali sono per lo più trattati come esterni, per cui raramente esiste un elemento che agisca come filtro a protezione dell’alloggio sia in termini di introspezione visiva sia in termini di controllo ambientale. Anche in questo caso il taglio e la distribuzione delle singole unità tende a essere ripetitivo. Le principali ricadute sull’intorno immediato sono una bassa qualità degli spazi pubblici in cui non sono previste funzioni a servizio della collettività o che possano presupporre forme di presidio indiretto con una conseguente assenza, pressoché totale, di manutenzione. La stessa tipologia a corte, pur disponendo di un’area delimitata e potenzialmente 30 Sulla consistenza del tessuto urbano e sulle diverse tipologie insediative si veda: Gregotti V. (1966, 2008), Il territorio dell’architettura, Feltrinelli, Milano; Secchi B. (2002), “La città europea contemporanea e il suo progetto”, in Territorio, n. 20; Sassen S. (2003), Le città nell’economia globale, il Mulino, Bologna.
31
Trasformare l’involucro: la strategia dell’addizione nel progetto di recupero
Figura 7. Numerosi fenomeni di degrado sono connessi all’alterazione morfologica di logge, terrazzi, ballatoi attraverso chiusure di natura impropria.
fruibile in modo preferenziale, è spesso sviluppata trasformando lo spazio interno in un vuoto urbano privo di identità, esito più della necessità di garantire aria e luce ai corpi edilizi che dell’opportunità di offrire maggiore qualità e appetibilità agli stessi31. Proprio la riqualificazione di questi spazi a vocazione pubblica rappresenta uno dei maggiori elementi di criticità degli interventi, sia per la difficoltà di individuare efficaci soluzioni per contrastare i fenomeni di degrado sociale che in essi si sviluppano, sia per il fatto che la proprietà dimostra in genere – contrariamente a quanto avviene in altre realtà europee – un interesse estremamente limitato per tutto ciò che non ha immediata relazione con la dimensione privata. Ciò si verifica con maggior evidenza nel caso di una proprietà frammentata in cui ciascun soggetto possiede parte degli spazi comuni, ma non ravvisa alcuna possibilità di fruirne secondo i propri interessi. In altri termini considera questi elementi come un onere e non come un’opportunità. Per contro, invece, la possibilità di trasformazione – attraverso vari approcci progettuali – di questi spazi a uso collettivo o privato rappresenta una straordinaria occasione per intervenire sull’assetto e sulla qualità del tessuto ordinario della città32. Ciò è, tuttavia, strettamente connesso anche alla configurazione interna degli alloggi che vincola in buona misura il rapporto con lo spazio esterno immediato. Essa dipende
31 Sul ruolo degli spazi di relazione tra i corpi edilizi e sulle dinamiche abitative degli spazi pubblici si veda: Bianchetti C. (2003), Abitare la città contemporanea, Skira, Milano; Bucci F. (a cura di) (2003), Periferie e nuove urbanità, Electa, Milano. 32 Si veda: Napoleone A. (A.A. 2009/2010), Il tessuto ordinario nella costruzione della città. Il progetto d’abitazione come elemento di costruzione urbana, Tesi di Dottorato, Politecnico di Milano, Dottorato in architettura, urbanistica e conservazione dei luoghi dell’abitare e del paesaggio, XXI ciclo.
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dalla destinazione originaria della costruzione: alcune significative differenze si hanno, per esempio, tra un alloggio popolare realizzato su piano INA Casa e un alloggio per la media borghesia realizzato come investimento da parte di una società assicurativa o di un istituto bancario. In genere, le singole unità sono caratterizzate da una distribuzione essenziale che mira a una suddivisione tra zona giorno e zona notte, con due o tre camere (in base ai tagli), un unico servizio e una quasi totale assenza di spazi attrezzati. Non mancano però esempi di alloggi di diversa metratura e numero di camere, immessi sul mercato come “appartamenti di lusso”, con una vera e propria area destinata a servizi con un secondo bagno-lavanderia, una camera per la domestica e un secondo ingresso indipendente. Sebbene caratteristiche di questo tipo non aderiscano all’attuale modello abitativo, esse rappresentano interessanti opportunità di trasformazione dell’alloggio. Inoltre, anche quando la configurazione e le dotazioni appaiono minime, spesso, la dimensione dei singoli vani è maggiore di quanto non sia oggi previsto dallo standard normativo per le nuove abitazioni, cosa che può rivelarsi assai utile in caso di recupero. 1.3.2. Obsolescenza fisiologica, contributi di natura antropica e livelli di prestazione attesa Un aspetto che, inoltre, non va tralasciato è rappresentato dal fatto che nella maggior parte dei casi gli alloggi, come anche l’edificio nel suo complesso, sono stati oggetto da parte dell’utenza di interventi finalizzati a ridurre i deficit funzionali e prestazionali presenti. Accade sovente di riscontrare l’impropria sostituzione degli infissi originari con altri di geometria e materiale diverso, l’applicazione di un secondo serramento, l’introduzione di elementi di protezione dall’irraggiamento o di sicurezza sui fori finestra, o di assistere alla chiusura di logge e terrazze per ottenere delle verande o vere e proprie superfetazioni. Si tratta di addizioni spontanee che l’utenza autogestisce senza preoccuparsi della variazione dell’assetto complessivo del corpo edilizio, né tanto meno della qualità costruttiva con cui esse sono realizzate. Molte di queste azioni concorrono a determinare nel corso del tempo fenomeni di degrado che si aggiungono alla fisiologica obsolescenza della fabbrica. La mancanza di un progetto di adeguamento tecnologico e/o di trasformazione possono produrre effetti devastanti e accelerare in modo drastico il deterioramento degli elementi costitutivi della fabbrica: l’aggiunta di un secondo serramento o di verande, così come la sostituzione degli infissi originari con altri ad alte prestazioni, può innescare diffusi fenomeni di condensa derivanti dall’assenza di controllo delle condizioni termoigrometriche dell’ambiente interno. La maggior parte degli edifici appartenenti alla tipologia in esame è realizzata mediante struttura a telaio o a setti in calcestruzzo armato e tamponamenti in laterizio per cui è soggetta a estesi ponti termici in corrispondenza di tutti i punti di discontinuità del sistema di chiusura. Questa condizione, di per
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Schema 3. Il grafico illustra la progressiva perdita di prestazione dell’organismo edilizio nel tempo. Le attività di manutenzione ordinaria e straordinaria agiscono come azioni di contrasto, innalzando di volta in volta il livello prestazionale, senza tuttavia poterlo riportare a quello iniziale. Il livello teorico iniziale può essere raggiunto solo attraverso un intervento di recupero che operi complessivamente sull’organismo edilizio (Manfron, Siviero 1998).
sé grave per l’effetto di dispersione termica che genera, diviene ancor più dannosa quando le azioni sopra descritte tendono a “sigillare” l’ambiente interno facendo sì che la condensa inneschi sistematiche forme di degrado che colpiscono gli intonaci, i rivestimenti, le murature e gli stessi infissi. L’azione antropica può quindi influenzare il naturale “invecchiamento” dell’edificio che, sfortunatamente, avviene in modo piuttosto rapido per effetto delle scelte costruttive e delle modalità esecutive adottate al tempo della realizzazione. La consuetudine di lasciare a vista il telaio e le strutture in c.a., rendendo esplicita la natura e la funzione del tamponamento, ha spesso diminuito la durabilità attesa per la struttura primaria che, esposta agli agenti atmosferici e a periodici cicli termici, è frequentemente afflitta da varie forme di degrado che pregiudicano l’integrità dei copriferri esponendo le armature a ossidazione e deterioramento. Anche in questo caso, interventi di rivestimento delle superfici – dettati dalla necessità di migliorare il comportamento termico dell’involucro ma non controllati sotto il profilo tecnico – possono nascondere i degradi in atto sulle strutture che, senza essere sanati, si sviluppano nel tempo producendo così gravi danni che portano la fabbrica a un precoce decadimento prestazionale complessivo. A fronte di una limitata affidabilità33, che mediamente caratterizza i manufatti di cui è costituito lo stock edilizio oggetto di analisi, un ulteriore importante fattore si deve aggiungere al quadro di riferimento circa la valutazione dello stato di complessiva inefficienza di molti immobili: esso è rappresentato da una recente, quanto rapida, 33 L’affidabilità è intesa, secondo la norma UNI 8290 parte seconda, “come la capacità di mantenere sensibilmente invariata nel tempo la propria qualità in condizioni d’uso determinate”, o in base alla UNI ISO 8402 come “l’attitudine di un oggetto edilizio ad adempiere alla funzione richiesta nelle condizioni fissate e per un periodo stabilito”.
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evoluzione degli stili di vita che, in relazione alle mutate condizioni sociali, economiche e culturali, ha determinato una serie di modifiche alle necessità espresse dall’utenza34. Normalmente la perdita di prestazione può essere rappresentata come la distanza tra una linea costante, cioè il livello teorico che soddisfa l’insieme di requisiti definiti in base alle necessità dell’utenza, e una linea inclinata che rappresenta la progressiva obsolescenza e/o degrado del manufatto. Il decremento di prestazione può essere arginato attraverso un insieme di azioni manutentive ordinarie e straordinarie che hanno luogo in base alla durabilità attesa per i diversi componenti edilizi coinvolti o in base alle condizioni di degrado presenti35. Ciò può essere descritto sinteticamente attraverso lo Schema 3 in cui è espresso il livello di prestazione (asse delle ordinate) in relazione al tempo di vita (asse delle ascisse) del manufatto. La retta costante, denominata con la lettera A, rappresenta il livello di prestazione teorica al momento della costruzione dell’edificio. La retta spezzata, indicata con la lettera B, descrive come la perdita di prestazione, rappresentata dai segmenti inclinati della retta, sia contrastata dalle azioni di manutenzione ordinaria e straordinaria, rappresentate invece dai segmenti verticali della retta stessa. Tuttavia, risulta evidente come le azioni condotte sulle singole parti interessate dell’organismo edilizio non siano in grado di ricondurre lo stesso alla condizione di efficienza teorica iniziale. Per raggiungere questo obiettivo è necessario un intervento di recupero che agisca in modo complessivo sulle diverse unità tecnologiche del sistema edilizio36. Il riferimento a una costante [A], quale soglia di comparazione, è però una condizione puramente teorica: l’assunzione che i requisiti da cui hanno origine determinate prestazioni siano immutabili nel tempo non è infatti realistica. Ciononostante, la scelta di descriverli come una costante è giustificata dal fatto che fino alla seconda metà del Novecento il quadro esigenziale si è evoluto molto lentamente rispetto al ciclo di vita del manufatto edilizio ed era, perciò, possibile considerare come invariabili le prestazioni attese dal sistema edilizio. Negli ultimi trent’anni, invece, l’evoluzione del quadro esigenziale si è fatta sempre più rapida con l’introduzione di nuove necessità da parte dell’utenza, dettate dal cambiamento del tenore e degli stili di vita, dal benessere economico (reale o presunto) e da fenomeni di costume. È inoltre variata notevolmente la composizione dei nuclei familiari con la conseguenza che il taglio, l’organizzazione e la distribuzione degli alloggi deve rispondere a nuove modalità di fruizione e di relazione 34 Si veda: Manfron V. (1995), Qualità e affidabilità in edilizia, Franco Angeli, Milano. 35 In merito al tema della manutenzione del sistema edilizio si vedano: Cecchini C. (1989), Strategie di manutenzione edilizia, Alinea, Firenze; Di Giulio R. (1991), Qualità edilizia programmata: strumenti e procedure per la gestione della qualità nel ciclo di vita utile degli edifici, Hoepli, Milano; Di Giulio R. (2003), Manuale di manutenzione edilizia: valutazione del degrado e programmazione della manutenzione, Maggioli, Rimini. 36 Si veda: Manfron V. Siviero E. (1998), Manutenzione delle costruzioni: progetto e gestione, UTET, Torino.
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Trasformare l’involucro: la strategia dell’addizione nel progetto di recupero
Esigenze espresse dall’utenza che riguardano l’alloggio RA1
Richiesta di spazi destinati ad attività specifiche
RA2
Richiesta di spazi destinati ad attività collettive
RA3
Richiesta di spazi adattabili a destinazioni d’uso variabili in ragione della tipologia di utenza
RA4
Richiesta di spazi per l’accoglienza di figure assistenziali esterne al nucleo familiare
RA5
Richiesta di spazi flessibili per assecondare la variabilità della composizione del nucleo familiare
RA6
Richiesta di servizi di appoggio alla gestione domestica
RA7
Richiesta di spazi lavorativi all’interno dell’alloggio
RAN
... Esigenze espresse dall’utenza che riguardano l’edificio e il suo intorno
RE1
Richiesta di servizi collettivi nelle immediate adiacenze
RE2
Richiesta di spazi destinati ad attività ricreative in aree di pertinenza
RE3
Richiesta di spazi di stoccaggio
RE4
Richiesta di spazi a destinazione mista
RE5
Richiesta di maggiori spazi per il parcheggio
REN
...
Tabella 3. Elenco sintetico delle principali esigenze espresse dall’utenza in relazione ai cambiamenti sociali, economici e culturali avvenuti negli ultimi decenni.
sociale. Sono aumentate le famiglie monoparentali con le quali è cresciuta la richiesta di servizi di appoggio e gestione della sfera domestica, sono aumentate le coppie anziane che abbisognano di personale assistenziale a domicilio, così come sono aumentate le cosiddette famiglie allargate per le quali sono necessari spazi flessibili e adattabili alle esigenze di diverse fasce di età e a un numero variabile di individui. È aumentato anche il numero di persone che svolgono la propria attività lavorativa a domicilio. In sintesi si sono verificati cambiamenti sostanziali in un arco temporale relativamente breve. È quindi facile comprendere come, a fronte di nuovi bisogni, edifici concepiti per rispondere a logiche e requisiti diversi risultino sempre più inadeguati e incapaci di fornire prestazioni anche solo soddisfacenti. Questa condizione investe l’organismo edilizio a tutti i livelli: colpisce l’utente che ritiene indispensabile un secondo servizio come quello che ritiene impensabile affrontare la stagione estiva senza un impianto di
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1. Trasformare per riqualificare
Schema 4. Il grafico illustra come il livello teorico di prestazione originariamente attribuito all’edificio si discosti da quello che, alla luce dei nuovi bisogni, è atteso dall’utenza. Data l’accelerazione dei cambiamenti, esso può essere rappresentato da una curva con andamento esponenziale. L’intervento di recupero deve pertanto colmare non solo la forbice tra il livello prestazionale reale e quello teorico, ma anche quella tra il livello teorico e il livello atteso (Gaspari 2008).
raffrescamento. In altri termini, il rapido accrescimento delle prestazioni attese genera un incremento dell’inadeguatezza e dell’inefficienza dell’organismo edilizio. Ciò può essere descritto sinteticamente dallo Schema 4 in cui il livello di prestazione attesa, derivante dai nuovi modelli di vita e dai bisogni dell’utenza, non è più restituito da un andamento costante, ma attraverso una curva [C] che diverge rispetto alla retta teorica [A] descritta in precedenza. Data l’accelerazione con cui l’utenza matura nuovi bisogni, più o meno stringenti, l’andamento della crescita del livello di prestazione attesa non può essere considerato lineare, bensì esponenziale37. Ciò fa sì che con il progredire del tempo la forbice tra prestazione reale e prestazione attesa aumenti sempre di più aggravando lo stato di inadeguatezza del manufatto. Se da una parte azioni manutentive di varia entità agiscono per contrastare l’obsolescenza a cui inesorabilmente l’edificio va incontro, dall’altra l’introduzione di nuove richieste, che non trovano riscontro nelle prestazioni erogate dal sistema edilizio, non fa altro che aumentare il livello di inefficienza complessivamente percepito. Questo fenomeno ha due ricadute piuttosto significative. La prima è che, in un arco di tempo relativamente breve, edifici non del tutto compromessi da patologie e degradi sono divenuti comunque inadeguati, in alcuni casi nonostante l’attuazione di interventi di trasformazione. La seconda è che l’azione di recupero per risultare efficace non deve semplicemente ricondurre il livello prestazionale a una condizione equivalente a quella originaria, ma superarla ampiamente andando incontro a un nuovo livello che tenga conto delle attese dell’utenza alla luce 37 Si veda: Gaspari J. (2008), “Durability in technology design”, in Türkeri A. N., S¸engül Ö., Durability of building materials & components 11st DBMC Proceedings, Cenkler Matbacilik, Istanbul, vol. IV, pp. 1679-1686.
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dei cambiamenti intervenuti nei modi dell’abitare. Si tratta quindi di individuare le più opportune strategie che consentano di affrontare, attraverso una visione unitaria e coerente, i differenti livelli di obsolescenza e inadeguatezza funzionale, tecnologica, prestazionale, energetica, ecc., per riportare l’organismo edilizio a una condizione di equilibrio e di efficienza che permetta di prolungare il suo ciclo di vita.
1.4. Strategie progettuali e qualità sostenibile 1.4.1. Requisiti e scale dell’intervento di recupero L’eterogeneità dello stock edilizio plurialloggio e la complessità dei fattori coinvolti nei processi di riqualificazione rendono impensabile l’individuazione di una risposta univoca in termini di intervento, nonostante l’incremento della qualità, nelle sue diverse forme, rappresenti un obiettivo comune a tutte le iniziative. Il raggiungimento di questo obiettivo passa, tuttavia, attraverso varie possibilità che, in base ai vincoli, alle condizioni specifiche, alle disponibilità e agli attori coinvolti, possono tradursi, pur appartenendo a strategie del tutto simili, in soluzioni progettuali di volta in volta differenti. Sebbene le caratteristiche proprie di ogni edificio e il livello di degrado a cui esso è soggetto costituiscano fattori imprescindibili rispetto all’individuazione delle più efficaci soluzioni di intervento, il ruolo della proprietà e il quadro esigenziale espresso dall’utenza rappresentano, come si è avuto modo di sottolineare, due parametri determinanti nell’orientare le scelte nelle diverse fasi. In particolare, essi pongono la necessità di sviluppare l’intervento operando a molte scale: quella dell’alloggio, quella dell’edificio e quella dell’intorno o del quartiere. Ciascuna di esse veicola interessi e obiettivi diversi, espressione di volta in volta della visione e del ruolo degli attori maggiormente coinvolti nel processo edilizio. Prima di analizzare nello specifico le possibili strategie di intervento, è opportuno formulare alcune considerazioni riguardo a quei requisiti che, alle diverse scale del progetto, esprimono una forte esigenza di cambiamento da parte dell’utenza. Alla scala dell’alloggio si possono individuare i seguenti requisiti principali: flessibilità d’uso, possibilità di personalizzazione dello spazio, presenza di spazi filtro rispetto all’esterno, possibilità di insediare una seconda funzione di tipo lavorativo. Il soddisfacimento di ciascuno di essi, alla luce dei nuovi bisogni, presuppone l’intervento su numerosi elementi costitutivi dell’alloggio quali la sua distribuzione, la relazione tra i vani che lo compongono, la dimensione e la forma degli stessi, il rapporto tra lo spazio pubblico e quello privato, nonché la natura degli elementi di partizione interna e la conformazione di logge, serre, corti o di altri spazi complementari. Le potenziali trasformazioni sulle singole unità innescano, allo stesso tempo, ulteriori possibili modifiche sull’edificio nel suo complesso a cui si deve anche aggiungere
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l’eventuale soddisfacimento di altri requisiti di natura collettiva. Alla scala dell’edificio, risultano di particolare interesse requisiti quali la variabilità e la riconoscibilità tipologica, l’aggregabilità e disaggregabilità dei tipi così come la possibilità di attuare un mix funzionale. Il primo è connesso con il bisogno di assecondare la richiesta di prevedere differenti tagli e configurazioni degli alloggi affinché possano essere soddisfatte le più diverse esigenze abitative in relazione all’uso e alla composizione del nucleo familiare. Il secondo è legato alla possibilità di ottenere una ricombinazione degli spazi nel tempo, favorendo la trasformazione e l’adattamento dei tipi a nuove modalità di utilizzo o a nuove forme di composizione dei nuclei familiari stessi. Il terzo fa riferimento alla vocazione dell’edificio ad accogliere destinazioni diverse da quella strettamente residenziale quali quelle commerciali e/o terziarie oppure di natura collettiva. Le potenziali trasformazioni connesse a questo insieme di requisiti investe una grande quantità di parametri fondamentali dell’edificio: dall’impianto alla distribuzione dell’edificio, dal numero all’assetto degli alloggi, dalla tipologia strutturale a quella tecnologico-impiantistica, dal sistema di chiusura alla configurazione dell’involucro, ecc. La possibilità di modifica di ognuno di essi porta con sé importanti ricadute su tutti gli altri elementi, con un effetto a catena che si ripercuote sull’intera strategia progettuale. L’intervento sull’organismo edilizio si inserisce poi in un più ampio insieme di requisiti che prende forma alla scala di quartiere e che spinge il processo di riqualificazione verso il soddisfacimento di bisogni quali una migliore offerta di servizi (da inserire negli edifici esistenti o in nuovi volumi), una maggiore disponibilità di spazi di aggregazione per attività sociali o ricreative, una più efficiente rete di collegamento, una maggiore diffusione di spazi a verde: in sostanza, tutti quegli elementi che concorrono a un sostanziale miglioramento della qualità del tessuto urbano. Ma come individuare la strategia più adeguata e a quale scala definire i principali indirizzi progettuali? Date le premesse circa la situazione congiunturale e data la sostanziale difficoltà di intervenire in modo esteso alla scala di quartiere per la mancanza di risorse e per la sempre più frequente frammentazione della proprietà, è evidente che la definizione delle possibili strategie tra cui scegliere quella più adeguata passi soprattutto attraverso un approccio metodologico che si faccia carico di governare la complessità generata dal continuo aumento delle variabili e dalla necessità di operare per parti e per fasi. Infatti, non si può dimenticare che, se da una parte l’obiettivo di gestire il processo alla scala urbana rappresenta un traguardo determinante nel conseguire elevati livelli di qualità e sostenibilità, dall’altra il principale motore attuativo risiede proprio alla scala edilizia – e in particolare a quella di gruppi proprietari ristretti. Pertanto, è intorno al potenziale dell’unità minima che il progetto deve iniziare il suo sviluppo avendo come quadro di riferimento le condizioni del tessuto urbano.
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Trasformare l’involucro: la strategia dell’addizione nel progetto di recupero Jacopo Gaspari pp. 208 - Euro 25,00 ISBN 978-88-96386-18-7 formato 17x24 cm
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Indice
Prefazione
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Introduzione
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1. Trasformare per riqualificare 13 1.1. Dalla crescita al degrado della periferia urbana: un patrimonio da riqualificare 13 1.1.1. La crescita delle città e la nascita delle periferie 13 1.1.2. Condizioni congiunturali e motori della riqualificazione 16 1.2. Politiche e programmi di riqualificazione: lo stock residenziale plurialloggio tra limiti e opportunità di intervento 20 1.2.1. Consistenza del tessuto urbano e individuazione dei segmenti di intervento 20 1.2.2. La stagione dei programmi di riqualificazione in Italia e in Europa 22 1.2.3. Il ruolo della proprietà immobiliare 27 1.3. Caratteristiche tipologiche, criticità funzionali e livelli di obsolescenza tecnologica 29 1.3.1. L’analisi dei caratteri tipologici e funzionali alla luce di nuove modalità di investimento 29 1.3.2. Obsolescenza fisiologica, contributi di natura antropica e livelli di prestazione attesa 33 1.4. Strategie progettuali e qualità sostenibile 38 1.4.1. Requisiti e scale dell’intervento di recupero 38 1.4.2. Dall’indirizzo progettuale alle strategie di intervento 40 1.4.3. La definizione delle strategie di intervento 42 1.5. La strategia dell’addizione come opportunità di trasformazione 46 1.5.1. Dall’involucro stratificato all’aggregazione di volume 46 1.5.2. Modelli di addizione e caratteristiche tipologiche 48 2. Approccio metodologico e indirizzi progettuali 55 2.1. Strutturazione e finalità dell’intervento di addizione 55 2.1.1. La necessità di una metodologia strutturata 55 2.1.2. Nuovi obiettivi cambiano l’equilibrio 56 2.2. L’analisi delle caratteristiche principali dell’edificio esistente 59
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Indice
2.2.1. Verifica della configurazione strutturale e analisi delle condizioni di carico 60 2.2.2. Verifica delle caratteristiche dell’involucro 63 2.2.3. Verifica della conformazione e delle condizioni delle reti impiantistiche 64 2.2.4. Verifica della dotazione impiantistica 66 2.2.5. Ulteriori possibilità di verifica 67 2.3. La definizione dei principali temi di intervento 68 2.3.1. Riconfigurazione spaziale 69 2.3.2. Riconfigurazione impiantistica 72 2.3.3. Riconfigurazione energetica 74 2.3.4. Considerazioni metodologiche 77 2.4. Il concetto di interfaccia 78 2.4.1. Definizione di interfaccia 78 2.4.2. Tipologie di interfaccia 79 2.5. Un sistema complesso a più variabili 81 2.5.1. Dall’approccio sequenziale a quello multicriteriale 81 2.5.2. Scelte concatenate 85 3. Nuove istanze progettuali per nuovi scenari 87 3.1. Recupero e comportamento energetico 87 3.1.1. Il ricorso all’addizione e la ricerca di guadagni passivi 87 3.1.2. Il ruolo della ventilazione 90 3.1.3. L’integrazione di dispositivi attivi di captazione energetica 92 3.1.4. Energia in fase di esercizio ed energia in fase di intervento 95 3.2. Addizione e ciclo di vita 98 3.2.1. La ricerca di una condizione di equilibrio 98 3.2.2. L’estensione del ciclo di vita come istanza progettuale 100 3.3. Addizione e ricadute sul tessuto urbano 102 3.3.1. Dall’intervento isolato al processo multiscala 102 3.3.2. Addizione e densità 104 3.3.3. Nuove possibilità di relazione 106 4. L’addizione al piede 109 4.1. Una nuova forma di relazione con il suolo 109 4.1.1. Caratteristiche dell’esistente e vocazione alla trasformazione 109 4.1.2. Aspetti di natura geometrica e morfologica 110 4.2. L’addizione al piede: tipologia a raso [AP01] 113 4.2.1. Addizione a raso realizzata con sistema massivo [AP01-S01] 118 4.2.2. Addizione a raso realizzata con sistema stratificato iperisolato a matrice metallica [AP01-S02] 120
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4.2.3. Addizione a raso realizzata con sistema stratificato iperisolato a matrice lignea [AP01-S03] 4.3. L’addizione al piede: tipologia sospesa [AP02] 4.3.1. Addizione sospesa realizzata con sistema massivo [AP02-S01] 4.3.2. Addizione sospesa realizzata con sistema stratificato iperisolato a matrice metallica [AP02-S02] 4.3.3. Addizione sospesa realizzata con sistema stratificato iperisolato a matrice lignea [AP02-S03] 4.4. L’addizione al piede: tipologia con scavo [AP03] 4.4.1. Addizione con scavo realizzata con sistema massivo [AP03-S01] 4.4.2. Addizione con scavo realizzata con sistema stratificato iperisolato a matrice metallica [AP03-S02] 4.4.3. Addizione con scavo realizzata con sistema massivo e stratificato iperisolato a matrice lignea [AP03-S03]
122 124 126 128 130 132 134 136 138
5. L’addizione in facciata 141 5.1. Una trasformazione “diffusa” 141 5.1.1. Aspetti funzionali, distributivi e tecnologici 141 5.1.2. Dall’incremento prestazionale alle ricadute morfologiche 143 5.2. L’addizione in facciata: tipologia a box [AF01] 145 5.2.1. Addizione a box realizzata con sistema stratificato iperisolato con struttura mista legno/metallo [AF01-S01] 148 5.2.2. Addizione a box realizzata con sistema stratificato iperisolato a matrice metallica [AF01-S02] 150 5.2.3. Addizione a box realizzata con sistema stratificato iperisolato a matrice lignea [AF01-S03] 152 5.3. L’addizione in facciata: tipologia a colonna [AF02] 154 5.3.1. Addizione a colonna realizzata con sistema massivo [AF02-S01] 156 5.3.2. Addizione a colonna realizzata con sistema stratificato iperisolato a matrice metallica [AF02-S02] 158 5.3.3. Addizione a colonna realizzata con sistema stratificato a matrice lignea [AF02-S03] 160 5.4. L’addizione in facciata: tipologia a controfacciata [AF03] 162 5.4.1. Addizione a controfacciata realizzata con sistema massivo [AF03-S01] 164 5.4.2. Addizione a controfacciata realizzata con sistema stratificato iperisolato a matrice metallica [AF03-S02] 166 5.4.3. Addizione a controfacciata realizzata con sistema stratificato iperisolato a matrice lignea [AF03-S03] 168
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Indice
6. L’addizione in copertura 171 6.1. Una trasformazione “condizionata” 171 6.1.1. Vincoli strutturali e tecnologici 171 6.1.2. Configurazione geometrica e aspetti distributivi 173 6.2. L’addizione in copertura: tipologia a box [AC01] 175 6.2.1. Addizione a box realizzata con sistema massivo [AC01-S01] 178 6.2.2. Addizione a box realizzata con sistema stratificato iperisolato a matrice metallica [AC01-S02] 180 6.2.3. Addizione a box realizzata con sistema stratificato iperisolato a matrice lignea [AF01-S03] 182 6.3. L’addizione in copertura: tipologia a piano [AC02] 184 6.3.1. Addizione a piano realizzata con sistema misto c.a.-legno [AC02-S01] 186 6.3.2. Addizione a piano realizzata con sistema stratificato iperisolato a matrice metallica [AC02-S02] 188 6.3.3. Addizione a piano realizzata con sistema stratificato a matrice lignea [AC02-S03] 190 6.4. L’addizione in copertura: tipologia a coronamento [AC03] 192 6.4.1. Addizione a coronamento realizzata con sistema massivo [AC03-S01] 194 6.4.2. Addizione a coronamento realizzata con sistema stratificato iperisolato a matrice metallica [AC03-S02] 196 6.4.3. Addizione a coronamento realizzata con sistema stratificato iperisolato a matrice lignea [AC03-S03] 198 Riferimenti bibliografici
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