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MACCHINE: COSÌ IL SETTORE
Macchine: così il settore reagisce al coronavirus
Mario Maggiani, il direttore di Amaplast, ci parla di come le industrie manifatturiere produttrici di macchinari per la trasformazione della plastica e della gomma hanno affrontato la crisi connessa a Covid-19. Molte hanno potuto continuare l’attività, ma gli impatti su ordini e fatturato saranno sicuramente consistenti. La voglia di reagire però e alta. L’auspicio è che il 2021 possa essere l’anno del rimbalzo, in cui l’appuntamento con la fiera Plast, in programma dal 4 al 7 maggio, si preannuncia come un’occasione di rilancio
D. Quale impatto ha avuto il lockdown sulle aziende produttrici di macchinari per l’industria della plastica e della gomma?
R. A livello di costruttori di macchine per la lavorazione della plastica e della gomma ci troviamo, insieme ai costruttori delle macchine per l’imballaggio, in una situazione un po’ diversa rispetto a quella vissuta dalle aziende della meccanica strumentale, perché il codice Ateco che contrassegna la maggior parte dei nostri associati è rientrato nell’allegato 1 (poi diventato 3 nell’ultima versione) dei vari DPCM relativi all’emergenza Covid-19. Quindi anche prima dell’avvio della Fase 2 le aziende sono state autorizzate a continuare a lavorare. Non tutti i nostri associati hanno però potuto farlo, perché ascritti a codici Ateco diversi. Un esempio sono i produttori di stampi, che però in molti casi, in presenza di lavorazioni destinate ai costruttori di macchine o direttamente ai trasformatori hanno potuto inviare la dichiarazione al prefetto che consentiva la continuità produttiva. Le aziende, quindi, almeno per il 75% del totale, sono rimaste aperte. Questo non vuol dire che abbiano lavorato o stiano lavorano al 100%. Se devo fare una stima ritengo che abbiano utilizzato dal 50% al 60%
Mario Maggiani è il direttore di Amaplast, l’associazione confindustriale in cui è entrato nel 1994, quando ancora si chiamava Assocomaplast, raggiungendo la carica attuale nel 2010.
della capacità produttiva. Questo per una serie di fattori. Il primo è che in questa situazione è difficile approvvigionarsi di materie prime, di componenti o di carpenteria, a causa del fatto che i trasporti sono complessi e molte aziende fornitrici sono chiuse. A questo si aggiungono i problemi di consegna, cioè le difficoltà a far arrivare le merci a destinazione, un po’ dovute al fatto che alcuni committenti hanno chiesto di posticipare le consegne, un po’ alla difficoltà di organizzare il trasporto, soprattutto quando richiede l’attraversamento di più frontiere in Europa. L’aspetto logistico è, insomma, un fattore di grande criticità.
D. Quali sono i timori per il settore?
R. Sono soprattutto in prospettiva futura, in particolare per le ripercussioni sugli ordini. Le aziende, almeno per quanto abbiamo potuto valutare attraverso i nostri contatti, temono un calo degli ordinativi che potrebbe essere anche sensibile. Non parliamo tanto delle commesse acquisite, che vengono evase o al limite posticipate, ma di quelle future che stanno venendo a mancare. L’impatto è diverso a seconda del tipo di produzione. Chi realizza macchinari ausiliari avrà un impatto più immediato, nell’ordine di due o tre mesi, mentre chi realizza impianti più grossi, e di maggio valore, sentirà ripercussioni su tempi un po’ più lunghi. Questa valutazione ci viene confermata anche dai colleghi della nostra omologa associazione tedesca, che hanno fatto previsioni simili. In questo momento l’unico paese che sta riprendendo ad acquistare e a ordinare è la Cina, dove l’emergenza sanitaria è sotto controllo e il manifatturiero sta ricominciando. Noi invece, così come gli Stati Uniti, siamo ancora nel pieno della bufera. Quali saranno i reali impatti è ancora prematuro dirlo. Sicuramente ci sarà un decremento degli ordini a doppia cifra. Ma è ancora presto per valutare se sarà del 20%, come per certi versi ci augureremmo data la situazione, oppure di più, cosa che ovviamente speriamo non si verifichi.
D. Di che cosa hanno bisogno le imprese del settore?
R. In questo momento, per essere estremamente pratici, la cassa integrazione si rivelerà uno strumento utile, a cui già molte aziende stanno ricorrendo ora ma a cui, nei prossimi mesi, accederà un numero ancora più ampio di imprese. Su altre misure, bisognerebbe entrare più nel dettaglio. Per esempio i meccanismi per ottenere i finanziamenti garantiti dallo stato, anche solo quello con un tetto massimo di 25 mila euro per cui era stato pensato un iter quanto più agile possibile, in realtà richiedono l’adempimento di ancora troppi passaggi burocratici. Il vero problema, ancora una volta, si rivela quindi la burocrazia italiana. Per fare un solo confronto, in Svizzera è stato predisposto un modulo di una pagina che viene compilato dall’imprenditore, il quale il giorno dopo si vede accreditare l’importo del finanziamento, come è stato riportato da molti quotidiani nazionali. Da noi ci sono ancora molti documenti da compilare e tempistiche molto più lunghe. Se dobbiamo ragionare in termini più generali, comunque, appare chiaro che questa crisi avrà una portata tale da richiedere un sostegno a tutta l’economia del paese, a partire dall’industria per proseguire con il commercio all’ingrosso e al dettaglio, che saranno probabilmente i settori più colpiti. Quando un bar, un ristorante o anche un negozio di scarpe resta chiuso per mesi diventa difficile pensare che possa ripartire senza un supporto economico. A questo posso aggiungere, senza polemica ma con spirito costruttivo, che forse la tanto vituperata plastica ha dimostrato in questo frangente di essere indispensabile per una serie di produzioni di vitale importanza e per il fatto di essere un materiale estremamente igienico. Sarebbe pertanto molto utile pensare a un rinvio dell’applicazione della Plastic
Molte aziende trasformatrici o produttrici di macchine nel giro di poche settimane si sono convertite per mettersi a realizzare prodotti utili a fronteggiare la crisi, come mascherine o parti di respiratori. Una dimostrazione della capacità del manifatturiero italiano di individuare in tempi rapidissimi i bisogni del mercato e reagire di conseguenza.
Tax (prevista dal legislatore a partire da luglio 2020). Tutti i settori industriali sono in difficoltà, e pensare di applicare anche questa tassa al settore della trasformazione non mi pare particolarmente lungimirante. Un rinvio all’anno prossimo sarebbe quantomeno necessario. Mi pare di capire che alcuni politici comincino a essere in sintonia e questo ci fa ben sperare. Questo non esclude, ovviamente, che tutto il ciclo di vita della plastica e della gomma debba essere concepito in un’ottica di eco
nomia circolare. Chiedere il rinvio della Plastic Tax non vuole quindi essere il pretesto per fare un passo indietro in termini di sostenibilità ambientale. Al contrario, deve essere l’occasione per un passo avanti. Ma una nuova imposta sull’industria adesso credo sia deleteria.
D. La plastica ha conosciuto un parziale riscatto in questo periodo. Tutti ne hanno riconosciuto l’utilità durante l’emergenza.
R. I vantaggi della plastica li conosciamo, sono noti. Consente di realizzare prodotti monouso. È estremamente igienica. Li abbiamo visti in applicazioni utili per tutti, come per esempio per la produzione del tessuto non tessuto usato per le mascherine. Molte aziende trasformatrici o produttrici di macchine nel giro di poche settimane si sono convertite per mettersi a produrre questo tipo di prodotti. Lo hanno fatto anche sviluppando soluzioni innovative, che hanno ottenuto tutte le certificazioni del caso e che quindi sono effettivamente efficaci e utili. Questo è anche un aspetto tipico dell’imprenditorialità italiana che ci fa ben sperare per la ripresa futura: la capacità di soddisfare in tempi rapidissimi i bisogni del mercato e di reagire di conseguenza. Per quanto riguarda la plastica, è la gestione del fine vita a rappresentare il vero problema. Il nodo non è il materiale di per sé che, come amiamo dire, “non ha gambe” e quindi non finisce in mare da solo, ma perché qualcuno ce la butta dentro. Ma il tema è complesso e non voglio essere semplicistico, perché la gestione del fine vita di questo materiale è un nodo importantissimo da affrontare e da risolvere. Se riusciremo a farlo, la plastica tornerà a essere considerata con un’altra ottica.
D. Amaplast come si è attivata per sostenere i suoi associati?
R. La cosa più importante adesso è informare le aziende. Quindi quotidianamente alimentiamo il nostro sito o produciamo circolari con le notizie fondamentali sui vari decreti e provvedimenti emanati e sulle circolari interpretative diramate dai vari ministeri, dall’Agenzia delle Entrate o dall’Agenzia delle Dogane. Si tratta di informazioni utili su come gestire oggi l’operatività, su come produrre i documenti necessari, sul rispetto dei requisiti essenziali di sicurezza nelle aziende o su dove reperire le mascherine. Ritengo che oggi questo sia il compito essenziale a cui dobbiamo assolvere per cercare di essere a stretto contatto con le aziende del settore. Per esempio, quando è uscito il primo DPCM era fondamentale spiegare come presentare la domanda di prosecuzione dell’attività alle Prefetture, e noi abbiamo cercato di farlo subito. La rappresentanza del settore è un altro aspetto importante, condotta in collaborazione con altri protagonisti, come Federmacchine e tutta Confindustria, per far pervenire anche al livello politico le istanze delle aziende del settore e le loro necessità. Un’altra attività fondamentale che è riemersa con l’emergenza è l’organizzazione di webinar. In collaborazione con UCIMA (l’Unione costruttori italiani macchine automatiche per il confezionamento e l’imballaggio) e con Acimac (l’Associazione costruttori italiani macchine attrezzature per ceramica) abbiamo predisposto una serie di webinar gratuiti per gli associati che hanno riscosso grande successo, anche perché incentrati su tematiche fondamentali, come ad esempio l’organizzazione di trasferte all’estero in tempi di coronavirus.
D. Per la sicurezza interna in azienda quali risorse sono utili per le imprese?
R. Il punto di riferimento è il protocollo dello scorso 3 aprile sottoscritto da Confindustria e dai principali sindacati nazionali, e poi condiviso dal governo. Poi ci sono altri accordi, definiti a livello aziendale, per esempio tra il gruppo FCA o da Ferrari con i sindacati, che costituiscono utili precedenti. Vi vengono affrontati temi pratici come il rispetto delle distanze di sicurezza, l’organizzazione delle operazioni di carico e scarico o dei servizi di mensa. In questo momento la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori deve essere posta al primo posto. E devo dire che le aziende che sono rimaste aperte anche durante il punto più alto della crisi si sono comportate molto bene, perché non ho notizie di infezioni o di focolai che abbiano avuto come epicentro imprese associate ad Amaplast. Anche la parte degli uffici, dove forse è più difficile garantire distanze ottimali, è stata gestita bene, facendo ampio ricorso allo smart-working, soprattutto per la parte amministrativa e per quella commerciale. La mia sensazione, dai confronti che ho avuto con gli imprenditori, è che non ci sono stati problemi di rapporti con i lavoratori, per esempio per assenteismo o per comportamenti non a norma. Pur nella preoccupazione che accomuna tutti gli italiani devo dire che c’è stata un’ampia dimostrazione di responsabilità, condivisa a tutti i livelli. Per quanto riguarda le aziende del nostro settore direi che tutti si sono organizzati su più turni di lavoro, per ridurre le presenze contemporanee in azienda e raddoppiare le distanze.
D. L’edizione del 2021 di Plast si preannuncia come quella della ripartenza. Quali sono i vostri programmi?
R. Siamo tranquilli riguardo allo svolgimento della fiera, che si terrà dal 4 al 7 maggio 2021. Sono certo che la situazione da oggi ad allora sarà cambiata e che se il 2020 deve essere per le aziende un anno di sacrificio, il 2021 possa essere quello del rilancio. Di fatto tutte le grandi manifestazione italiane hanno rinviato le loro edizioni alla primavera del prossimo anno. L’idea, ipotizzando che tutto vada per il meglio, è che il 2021 possa essere l’anno del “rilancio”, e che quindi la prosssima edizione di Plast coincida con un momento di rinnovata fiducia. Un tema che avevamo già previsto di inserire è quello dell’economia circolare, su cui pensavamo di realizzare un convegno di portata internazionale. L’argomento senz’altro sarà di grande attualità anche nel 2021, quindi proseguiamo nel solco del progetto che già avevamo immaginato prima dell’epidemia. u
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