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MISTERY | Retail

IN MODALITÀ IN-STORE, DA H&M

Abbiamo testato la nuova funzione digitale del colosso del fast fashion svedese, una nuova esperienza di shopping ibrido che ci ha convinti solo a metà. Ecco com’è andata

diPaola Oriunno

Nei due anni della pandemia il gruppo H&M ha chiuso in Italia 7 negozi, 100 a livello globale. E anche se i risultati del 2021 non sono ancora tornati ai livelli pre-Covid (-14% sul 2019), l’ultimo quarter è riuscito a raggiungerli, in valuta locale. Obiettivo del gruppo nel lungo termine: raddoppiare le vendite entro il 2030 rispetto al 2021. Le buone intenzioni ci sono, ma per riportare i consumatori nei negozi fisici serve qualcosa di più di un’app che funziona solo a metà.

Una nuova generazione di app

Dopo mesi passati a “scrollare” sullo smartphone alla ricerca del modello e della taglia giusta (tra tabelle improbabili e conversioni indecifrabili), finalmente si torna nei negozi fisici, senza mascherina. Una sensazione di libertà che è mancata a tutti. Ma siamo onesti: è difficile rinunciare del tutto all’ecommerce. Lo sanno bene i consumatori che per due anni lo hanno preferito all’assembramento in negozio e lo sanno anche i retailer che, dopo il boom delle vendite online, adesso cercano nuovi espedienti ed esperienze per riportare i clienti nei punti vendita. Il marchio H&M ci prova con la funzione in-store della sua app. Una volta attivata, gli utenti hanno accesso a una serie di servizi che, sulla carta, dovrebbero invogliarli a entrare nei punti vendita e rendere l’acquisto più coinvolgente e semplice. È stata lanciata da poco in Spagna (non è ancora attiva in Italia) una funzione simile per il marchio Zara (Inditex) che permette, tra le altre cose, di prenotare un camerino e di pagare direttamente con l’app scansionando i codici QR. Ci aspettavamo qualcosa di simile anche nel negozio H&M di Piazza Duomo a Milano. Ma le cose sono andate diversamente. L’idea di muoverci in un negozio con un occhio al telefono e l’altra ai vestiti non è esaltante: chi decide di entrare in un grande store di abbigliamento lo fa senza avere in mente un prodotto specifico, ma con l’idea di pascolare piacevolmente tra le corsie, farsi attrarre da cartellini scontati, occasioni e colori, ritagliarsi mezz’ora di tempo senza pensare ad altro. Invece, un po’ di nervosismo inizia prima ancora di uscire di casa: aperta l’app, attivata la modalità in-store, inseriamo il punto vendita prescelto, i prodotti e le taglie che vorremmo provare in negozio, inserendoli tra i “preferiti”. Ma nello store in Piazza Duomo non tutti i modelli sono disponibili: ne mancano 3 su 5. Decidiamo comunque di andare e di sperimentare ancora l’esperienza phygital. Una volta entrati, ci guardiamo intorno. L’app non dà indicazioni su dove trovare i prodotti. Li cerchiamo da soli, chiediamo alle commesse (“fisiche”) e li troviamo. L’app non permette né di prenotare un camerino (era sabato) né di fare il self checkout. A quel punto, non resta che giocare con i codici QR dei prodotti (permettono di visualizzare la vestibilità e il modello) e di scattare foto per ricevere suggerimenti sui modelli simili disponibili in negozio. In conclusione, abbiamo trascorso un’ora nel negozio “fisico” con il telefono in mano e con la testa e gli occhi sul negozio “digitale”. Un’esperienza talmente “immersiva” che dopo un po’ decidiamo di mettere via il telefono, silenziarlo, per iniziare un vero giro di shopping.

Abbiamo provato la funzione “visual search”. Scattando una foto a un abito, l’app ci ha mostrato i prodotti simili presenti in negozio

Evviva il negozio fisico

È davvero questa l’esperienza ibrida che aveva in mente H&M? Pensiamo di no. L’idea è buona e promettente, ma è evidente che gli store non sono ancora preparati per questo salto. Prenotare un camerino e pagare direttamente con l’app, senza passare dalle casse, sarebbero la svolta. Questo è un primo passo, certo. Ma in attesa di nuovi sviluppi, evviva l’ecommerce che ci semplifica la vita e lunga, lunghissima vita al negozio fisico, difficile da rimpiazzare e ibridare.

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