Testo: Luigi Dal Cin Illustrazioni: David Pintor L’approfondimento “Orti botanici nel mondo” è a cura di Barbara Baldan, Prefetto dell’Orto botanico di Padova Progetto grafico: Studio Link La collana “I libri dell’Orto” è realizzata da Editoriale Scienza in collaborazione con l’Università di Padova Per l’Università degli Studi di Padova (1222-2022) Direzione: Annalisa Oboe e Telmo Pievani Coordinamento: Area comunicazione e marketing Settore progetto Bo2022 Supervisione storica-scientifica: Università di Padova www.editorialescienza.it www.giunti.it © 2021 Editoriale Scienza srl via Bolognese, 165 – 50139 Firenze – Italia via C. Beccaria, 6 – 34133 Trieste – Italia Prima edizione: settembre 2021
Stampato presso Lito Terrazzi srl Stabilimento di Iolo
Ringraziare desidero il divino labirinto degli effetti e delle cause […] per il mogano, il cedro e il sandalo, […] per il mistero della rosa che prodiga colore e non lo vede […] per la patria, sentita nei gelsomini Jorge Luis Borges, Altra poesia dei doni
Ringraziare desidero il divino labirinto delle cause e degli effetti […] per i fiori e la segreta vittoria che celebrano per il silenzio e i suoi molti doni Mariangela Gualtieri, In quest’ora della sera
[...] e vivere è un minuscolo posto nel mondo dove stare in giardino Pierluigi Cappello, Mattino
E
lia attraversò di corsa il ponte sull’Alicorno e in breve arrivò alla biglietteria, tutto trafelato, tutto arruffato, tutto sudato, con decine di spighe selvatiche infilate sul maglione e tra i capelli: – Chiedo ri… – ansimò, riprese fiato – chiedo rifugio! Una giovane donna stava dietro il bancone su cui facevano bella mostra libri fotografici di fiori e piante. Lo osservò perplessa: – Tu sei Elia, vero? Cosa ti è successo? Tempo prima il nonno aveva voluto presentare suo nipote a tutte le colleghe e i colleghi che lavorano all’Orto Botanico dell’Università di Padova. Elia non rispose. Si tolse una spiga dai capelli. La appoggiò sul bancone. – Tuo nonno ti aspetta?
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– Sì! – rispose Elia, e corse via. Elia entrò nell’Orto Botanico e il suo passo subito rallentò. Rallentò. Rallentò il battito del cuore. Rallentò. Rallentò il respiro affannoso. Rallentò. “C’è…” pensò “c’è un silenzio magico in questo luogo.” Fermò i passi. “Là fuori il caos, qui dentro il silenzio.” Sentiva il fastidio delle punture delle spighe selvatiche che aveva ancora addosso, tra i capelli, sulla schiena. Respirò. Respirò profondamente. “No, non è silenzio.” Chiuse gli occhi e tese l’orecchio ai rumori dell’Orto. Canti di uccelli, fruscii di fogliame, zampilli d’acqua, ronzii di insetti, il sussurro di una brezza leggera. “Suoni di vita” pensò “ecco cos’è la magia di questo luogo: non è silenzio.” Respirò ancora. Profondamente. Lentamente. Solo allora si rese conto dei profumi. Fiori differenti lo attiravano in differenti direzioni. “Un’altra dimensione. Qui si seguono i ritmi della natura. È il paradiso.”
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Si sentì invaso dalla pace che gli era appena stata rubata. Così riprese a camminare. Si diresse verso la fontana. – Cosa ti è successo, Elia? – chiese il nonno. Era lì alla fontana ottagonale, nell’esatto centro dell’Orto, che il nonno gli aveva dato appuntamento: ‘Vienimi a trovare, Elia, quando esci da scuola’ gli aveva detto ‘io farò la mia pausa pranzo e così potremo stare un po’ insieme. Vedrai, l’Orto ti piacerà!’ “L’Orto mi piace” pensò Elia incrociando lo sguardo del nonno. – Allora? – insistette. – Niente, niente – rispose Elia che si stava ancora togliendo le spighe selvatiche infilate tra i capelli. – Ogni cosa ha una sua storia! – disse il nonno aiutandolo a staccare le spighe che gli trapassavano il maglione sulla schiena – E queste spighe selvatiche hanno la loro. I semi hanno sviluppato ogni espediente pur di allontanarsi dalla pianta madre e così avere più possibilità di diffondersi e di crescere senza dover competere tra piante sorelle: utilizzano eliche, ali, vele, paracadute per farsi trasportare dal vento, uncini per attaccarsi al pelo degli animali, corazze per farsi ingoiare dagli uccelli senza essere distrutti nella digestione. Oggi queste spighe selvatiche hanno trovato un mezzo di trasporto eccezionale: mio nipote Elia! Questione di semina! Elia sorrise timidamente.
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Sentiva ancora un nodo alla gola. – Mi pare però – notò il nonno – che queste spighe siano state conficcate con una certa violenza... con una certa rabbia... è così? – Dai, niente, nonno. – Io ho una mia storia, l’universo ha una sua storia, il mondo ha una sua storia, quest’Orto Botanico ha una sua storia, ogni pianta di quest’Orto Botanico ha una sua storia, queste spighe selvatiche hanno una loro storia, tu hai una tua storia. Inizia tu, Elia. – Dai, non è niente, nonno, lascia stare. L’acqua della fontana continuava a zampillare schietta. Il sole scaldava. Elia stava in silenzio, una manciata di spighe selvatiche in mano. – Vieni, sediamoci su queste antiche panchine di pietra – lo invitò il nonno – antiche quasi come me! Elia accennò un nuovo timido sorriso.
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–A
llora? Racconta! – disse il nonno. – Che cosa? – chiese Elia. – La tua storia. Queste spighe selvatiche conficcate con rabbia sul tuo maglione, tra i tuoi capelli! Racconta queste! Elia guardò le spighe che si era staccato di dosso e che ancora stringeva in mano. – Ah, sì, queste: dai, non è niente, nonno. – D’accordo. Ma racconta lo stesso. Raccontare fa bene. Sempre. – È per via di un ‘no’ che ho detto a un mio compagno di classe. Il nonno lo fissò negli occhi: – Be’, che problema c’è? A volte i ‘no’ sono più importanti dei ‘sì’: ci rendono più liberi. – Il problema è che questo mio compagno è un bullo –
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disse Elia alzando lo sguardo e incrociando così quello del nonno. – È lui che ti ha lanciato queste spighe selvatiche? – Lui, insieme ad altri due della sua banda. Mi hanno inseguito fino all’ingresso dell’Orto lanciandomi queste spighe. Si sono fermati solo al ponte urlandomi dietro ‘secchione’, ‘infame’, ‘traditore’. La voce di Elia tremava. Una lacrima gli solcava il viso. Il nonno gli prese la mano. – Perché? – chiese il nonno stringendola forte. Anche Elia ora stringeva forte. – Ieri abbiamo avuto un compito in classe di matematica. Hai presente cosa succede a casa quando ho un compito in classe di matematica? Papà e la matematica? Il nonno alzò gli occhi al cielo e sospirò: – Ha ripreso a torturarti con quella storia? Elia annuì. – Sei tornato ad essere un figlio invisibile? Elia annuì. Il nonno cominciò ad agitare nervoso le mani mentre parlava: – Lo immagino cosa ti dice. Immagino anche le parole che usa. Che lui è il direttore di un’importante industria chimica. Che se sei bravo in matematica poi puoi studiare all’Università e diventare chimico anche tu e prendere in mano la sua industria, e il lavoro sicuro, e buongiorno direttore, e buonasera direttore, e ossequi direttore, e bla bla bla. In questo, mio figlio, proprio non lo comprendo.
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– Ma lo fa per il mio bene – sussurrò Elia – e poi il fatto che mamma non c’è più, forse papà si sente solo. Forse sente particolarmente la responsabilità del mio futuro… ha così tante responsabilità, papà… – Sì, certo! – continuò il nonno agitando ancora le mani – Certo che è così! Ma tu cosa c’entri? Non c’è nulla di male nel diventare chimico, anzi! Puoi realizzare tante cose importanti con la chimica! Peccato che tuo padre non si ponga neanche lontanamente il dubbio che tu possa essere diverso da lui! Magari il dubbio che tu possa desiderare qualcos’altro per vivere una tua vita! Una tua vita felice, intendo! In fondo, in questo, tuo padre non ti sta rispettando, Elia. In fondo mio figlio non ti sta considerando una persona, una persona come lui, intendo. Con la stessa dignità, intendo. E dunque con una tua identità, una tua strada, magari ancora da scoprire, ma tua: non sua! – Ma lui è mio padre – disse Elia. – Certo, tu sei un ragazzo e lui è un adulto: e allora? Tu sei un figlio e lui è un padre: e allora? Avete la stessa identica dignità: quella di una persona. Una persona che ha diritto ad avere propri desideri e proprie passioni! Non sta dimostrando alcuna empatia, mio figlio: ti impone il suo modo di vedere il mondo senza tenere conto di come ti fa stare. Il volto di Elia lentamente si aprì al sorriso. Il nonno gli strinse la mano ancora più forte. – Grazie nonno! Mi sosterrai se sceglierò una strada diversa da quella che lui vuole per me? – Certo! – rispose il nonno accarezzandogli i capelli.
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– Be’, lo stai già facendo! Una brezza leggera portò il profumo dei fiori di gelsomino. Respirarono profondamente. – Ne parlerò ancora a mio figlio, anche se non so più che tono usare perché comprenda che in questo periodo non vede al di là del suo naso! – disse poi il nonno – Immagino quanto ti senta pressato a dover eccellere in tutto, specie in matematica! – Mi ero preparato bene per quel compito – raccontò Elia – tutta la scorsa settimana! Non solo per papà, sai? Era un compito importante per la media dei voti, in generale. Ci tenevo tanto, insomma. – E cos’è successo? – chiese il nonno. – È successo che mentre stavo per controllare i conti per l’ultima volta, prima di consegnare, dal banco dietro al mio mi è arrivato il sussurro di una voce che conosco bene: ‘Ehi, tu, idiota, mi senti? Sì che mi senti! Passami il tuo compito, idiota, e vedi di sbrigarti.’ Poi mi è arrivato uno schiaffo sulla schiena. – E tu? – chiese il nonno, lo sguardo sorpreso. – Io non ho risposto, e ho continuato a controllare i conti. Lui allora mi ha detto: ‘Dammi il tuo compito, idiota, e tu prendi il mio. Muoviti, idiota, che devo consegnare!’ Avrei potuto dargli il mio compito, ma non mi sembrava giusto. Così gli ho detto quella parola. – Quale parola? – chiese il nonno, lo sguardo allarmato – Cosa gli hai detto? – Gli ho detto ‘no’.
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Il nonno sorrise. Elia invece era serio. – E lui? – Lui era furibondo: ‘Che cosa, idiota? Prova a ripeterlo, idiota!’ ‘Smettetela là in fondo’ ha detto allora l’insegnante, che subito si è avvicinato. ‘Qualcosa non va Elia?’ mi ha chiesto. ‘No, tutto bene: volevo solo consegnare’ e gli ho subito messo in mano il mio compito. ‘Grazie Elia’ mi ha risposto, ed è ritornato alla cattedra. Poi ho sentito sussurrare alle mie spalle: ‘Mi hai detto “no”’: ti rendi conto di cosa hai fatto? Perché te ne pentirai, idiota!’ E oggi all’uscita di scuola è stato un vero inferno: mi aspettavano in tre, mi hanno aggredito, io mi sono divincolato, mi hanno inseguito, trafitto di spighe selvatiche fino al ponte, all’ingresso dell’Orto. E poi mi hanno urlato quelle parole. Elia aveva gli occhi lucidi. Rimase in silenzio per un po’. – Credo ne dovresti parlare con il tuo insegnante – disse allora il nonno. – Poi verrebbero puniti. – Una punizione riabilitativa li aiuterebbe! – Sì, ma io ho paura di loro. E forse non voglio nemmeno creargli difficoltà: voglio solo che la smettano, che mi lascino in pace – disse Elia abbassando lo sguardo. – Ma sono proprio loro che ti stanno mettendo in difficoltà, Elia! – Per questo mi sono rifugiato qui nell’Orto, da te. La brezza leggera gli accarezzò i capelli.
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Il nonno stette in silenzio. – È bello qui, vero? – chiese dopo un po’. Elia allora scattò in piedi: – Posso stare qui oggi pomeriggio? Ti prego, nonno, sto buono, sto su questa panchina, magari a fare i compiti al sole, mentre tu lavori, promesso. Poi torniamo a casa insieme. Il nonno gli accarezzò i capelli: – Certo Elia che puoi rimanere! Respirarono insieme a fondo il profumo del gelsomino che quella brezza continuava a diffondere tutt’intorno. – Seguimi! – disse poi il nonno, e si alzò – La mia pausa pranzo è finita. Il nonno non disse più alcuna parola. Elia lo seguiva in silenzio. Uno dopo l’altro entrarono in un ripostiglio, accanto alle serre, nel grande edificio di mattoni. Lì il nonno afferrò un badile. Poi, sempre in silenzio, prese la direzione della “palma di Goethe”, e con il badile iniziò a togliere le erbe che stavano cominciando a soffocare la base di una pianta che cresceva lì vicino. – Questa è una pianta di gelsomino, Elia. Mi prendo cura di lei ogni giorno. Senti che profumo? È un profumo che a volte si diffonde anche molto lontano dai suoi fiori. – Prima è arrivato fino alla fontana. – Già – disse il nonno. Elia respirò ancora. Profondamente.
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– Sono proprio orgoglioso di te, Elia! – disse allora il nonno – Stai crescendo bene. Proprio come queste piante. – E tu ti stai prendendo cura anche di me – disse Elia.
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