Galileo e la prima guerra stellare

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Progetto grafico: Studio Link L’editore si dichiara disponibile a regolare le eventuali spettanze per quelle immagini di cui non sia stato possibile reperire la fonte. www.editorialescienza.it www.giunti.it © 2001 Luca Novelli/Quipos © 2002, 2019 Editoriale Scienza srl via Bolognese, 165 – 50139 Firenze – Italia via Beccaria, 6 – 34133 Trieste – Italia Prima edizione: gennaio 2002 Nuova edizione: luglio 2019

Stampato presso Lito Terrazzi srl Stabilimento di Iolo


L U C A  N O V E L L I

GALILEO

e la prima guerra stellare


GALILEO GALILEI

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Galileo ha inventato la scienza moderna. Costruì innumerevoli strumenti e fece spettacolo con i suoi esperimenti. Scoprì mille cose: le montagne della Luna, i satelliti di Giove e le macchie solari. In questo libro Galileo in persona racconta la sua vita da ragazzino, da giovanotto e da ostinato vecchietto. Visse nell’Italia a cavallo del ’600, tra guerre, pestilenze e superstizioni. Ebbe amici e nemici potenti. Rischiò di finire sul rogo per difendere le sue idee. La sua fu una vera e propria guerra: dalla parte delle stelle.

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CHE COSA C’È IN QUESTO LIBRO... Ci sono io, Galileo Galilei, voce narrante. C’è la mia infanzia all’ombra della Torre di Pisa.

Ci sono i miei studi, le mie invenzioni, il mio amore per la musica e la buona tavola.

C’è il mio fido cannocchiale.

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Ci sono i miei libri e le mie prese di posizione sulla Terra, sul Sole e sul funzionamento dell’Universo.

C’è la Santa Inquisizione.

C’è il mio spirito, che vi accompagnerà alla conquista dell’Universo.

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LE STELLE DEL ’600 Gli europei sono sbarcati nelle Americhe da alcuni decenni. Il pianeta è stato circumnavigato dai primi avventurosi. La Terra è rotonda, non c’è dubbio. Ma per la gente comune e per gli scienziati del tempo, le stelle e i pianeti non sono gli oggetti che conosciamo. Per esempio la Luna è una sfera perfetta. La Terra – salvo per pochi illuminati – è ferma, immobile, in mezzo all’Universo. Il Sole – è scritto su tutti i libri sacri e profani – le gira attorno. Solo pochi osano dire il contrario. Galileo lo farà.

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Galileo Galilei nasce nel 1564, a Pisa, città del duca di Firenze, Cosimo de’ Medici, in uno dei tanti staterelli in cui era divisa l’Italia di allora. Pisa è una città antica che nel Medioevo fu potenza marinara. Al tempo di Galileo è sede di una prestigiosa università, ha un orto botanico ed è protetta da mura merlate. Sta uscendo da un periodo di decadenza, tormentato da peste e carestie.

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1. Io, Galileo Salve a tutti. Salve a chi mi legge, salve ai coetanei della contrada San Francesco e ai monelli dentro le mura.

Credo di essere l’unico tra i miei compagni di classe che sta imparando a leggere. Sono tutti figli d’artigiani e bottegai. A loro serve solo far di conto.

Il mio papà invece, Vincenzo Galilei, è un musicista. Commercia stoffe e lana solo per portare un po’ di soldi a casa. Suona l’organo e il liuto, ma veste in modo ricercato, da gran signore.

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Papà insegna musica ai figli dei nobili. Frequenta gente colta e altolocata, un po’ nobile, come mia mamma Giulia Ammannati, che a detta di tutti è una vera gentildonna.

Forse per questo ci sgrida sempre. Mi rimprovera perché scappo a giocare per strada, e rimprovera il mio papà perché ci fa vivere in questa casa, in questo quartiere, conducendo una vita un po’ così, non degna di lei e del suo casato. Forse ha ragione. Troppo spesso sono al porto, intorno alle navi che scaricano animali e merci di paesi lontani.


Troppo spesso sono sotto le finestre del carcere, dove si possono sentire i lamenti dei prigionieri e dei torturati.

Talvolta mamma mi trova all’orto botanico, dove crescono piante mai viste provenienti dalle Americhe. Altre volte alla piazza dei Cavalieri, dove si allenano i soldati dell’Ordine di Santo Stefano. Fuori Pisa mi avventuro poco. La pianura è ancora in parte paludosa e malsana. E chi si ammala di febbre muore.

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Quando Galileo è un ragazzino, la matematica è considerata un’arte, come la musica. I nobili più colti le praticano entrambe, come questi due gentiluomini francesi, ambasciatori alla corte d’Inghilterra. Al re che li ospita hanno portato una serie di splendidi doni: strumenti astronomici e un liuto, lo strumento musicale più amato dal padre di Galileo. (Il dipinto è di Holbein il Giovane)

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