Un pittore di nome Leonor

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Capitolo 1

Da Buenos Aires a Trieste

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brigati Maria, la nave sta per attraccare e dobbiamo ancora passare a prendere la bambinaia. – La signora Braun era indaffarata e nervosa e non fece caso all’occhiataccia che la cameriera le rivolse in risposta a quel brusco richiamo: sua figlia e il marito sarebbero arrivati entro poche ore dall’Argentina e, cosa più importante, lei avrebbe finalmente conosciuto Eleonora, la sua prima nipotina. – Per carità, Augusta, non perdere la testa – intervenne Ferdinando Braun, richiudendo il giornale che stava leggendo. Ma la donna non sembrò udire il commento del marito. Si sedette per un attimo, preoccupata, e fissò il pavimento di legno intarsiato del suo appartamento borghese, riccamente arredato con oggetti e mobili a tema floreale tipici di inizio Novecento. Pensava a Malvina, sua figlia, una ragazza intelligente e curiosa, e a quel marito così focoso e irruente che l’aveva sedotta con i suoi modi da conquistatore del Nuovo Mondo. Due caratteri più diversi non avrebbe potuto immaginarli.

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– Speriamo bene – sospirò. Il vociare di un mercante greco la portò alla finestra: seguì con lo sguardo la lingua di mare piena di imbarcazioni dalle vele colorate fino in fondo al canale, dove si stagliava la grande chiesa neoclassica di Sant’Antonio in cui sua figlia si era sposata due anni prima. Da allora Malvina non era più ritornata a Trieste. “Sarà felice di ritrovarsi un po’ qui nella sua città”, pensò Augusta Braun, e si diresse in salotto in cerca della cameriera. Il sole del pomeriggio autunnale allungava le ombre dei palazzi e creava riflessi variopinti sulla superficie del mare, come colori oleosi sulla tela di un pittore. Sulla banchina del porto di Trieste quattro persone aspettavano l’arrivo di Malvina e della sua famiglia: il signore e la signora Braun, il giovane Ernesto, fratello di Malvina, e la bambinaia. Quando la grande nave partita da Buenos Aires scaricò i passeggeri a terra e la coppia apparve tra la folla, Augusta Braun si lanciò felice verso la figlia. Fu subito colpita dalla bimba di un anno che Malvina teneva in braccio: gli occhi di Eleonora erano grandi e profondi, scuri come il cielo notturno. Nel silenzio di quel primo sguardo sembravano già raccontarle mille storie. – Mamma – esclamò Malvina – sono così felice di essere a casa! Augusta Braun percepì subito che nel tono della voce della figlia c’era qualcosa di più di una comprensibile nostalgia. La guardò con attenzione: il viso dalla pelle

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rosa e morbida, incorniciato dai lunghi capelli neri avvolti in una crocchia, rivelava un’ombra nuova. L’inquietudine di una giovane maturata nell’arco di breve tempo. – Buenas tardes, cara signora! – sibilò allora una voce baritonale che quasi spaventò Augusta Braun. Il marito di Malvina, Erminio, capelli impomatati e carnagione scura, si avvicinò con fare cerimonioso per salutarla con il baciamano: la sua bocca, impreziosita da due lunghi baffi arricciati all’insù e altrettanto impomatati che i capelli, sembrò quasi voler risucchiare l’intera suocera. Per fortuna, a togliere tutti dall’impaccio di quella situazione, intervenne la piccola Eleonora, che richiamò l’attenzione generale mettendosi a strillare a squarciagola. – È chiaro che la bambina vuole andare a casa – disse il signor Braun, e tutti seguirono il capofamiglia verso il canale. Appena entrata nel grande appartamento dei nonni, Eleonora smise improvvisamente di agitarsi e frignare. Qualcosa aveva catturato la sua attenzione e ora aveva uno sguardo incantato, come se si fosse trovata davanti a una magia. Un enorme gatto bianco era entrato nel salotto per dare un’occhiata sbadata ai nuovi arrivati. – Cioci, vieni a vedere chi è arrivato – disse con dolcezza Augusta Braun.

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Eleonora si allungò verso di lui, non voleva più stare tra le braccia della bambinaia. La misero sul pavimento e lei, parlottando alcune sillabe incomprensibili per gli adulti ma molto chiare per il gatto, lo chiamò e gli disse: – Come sei bello, Cioci. Che bel pelo lungo e candido che hai. Vorresti diventare il mio compagno di giochi? Il gatto le si avvicinò con eleganza, le leccò un braccio perché la bambina gli piaceva, e divenne il migliore amico di Eleonora: avrebbero giocato e fantasticato insieme per dieci lunghi anni.

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