La sorpresa dei numeri

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CAPITOLO

1

FILO

Filo, cioè Filippo, è il mio fratellino di nove anni. Chi tra i lettori lo conosce, già sa che è un tipetto sveglio mio fratello, allegro, tutto impegnato a crescere e a cercare di capire come gira il mondo. La scuola gli dà una mano, ma da sola non basta. E così, pure noi di famiglia veniamo tartassati da un fuoco incrociato di «perché». È stata proprio questa una delle prime parole che ha pronunciato il nostro Filo: «pecché». Da allora, ci ha inchiodati tutti ai suoi quesiti. «Rispondetegli, per favore! Io sto uscendo!» se la svignava il papà, quando la mattina veniva rincorso fin sull’uscio e interrogato su dove erano finite le stelle della sera prima. Alla mamma, invece, è da sempre riservato il «questionario della buona notte»: così lo chiama lei, quando riemerge dal terzo grado di Filo. Lei gli tiene compagnia mentre lui prepara lo zaino per l’indomani, si mette il pigiama, si infila a letto... e intanto continua a far domande, rinviando all’infinito il momento del sonno. Di solito, l’intera operazione

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FILO

Filo, cioè Filippo, è il mio fratellino di nove anni. Chi tra i lettori lo conosce, già sa che è un tipetto sveglio mio fratello, allegro, tutto impegnato a crescere e a cercare di capire come gira il mondo. La scuola gli dà una mano, ma da sola non basta. E così, pure noi di famiglia veniamo tartassati da un fuoco incrociato di «perché». È stata proprio questa una delle prime parole che ha pronunciato il nostro Filo: «pecché». Da allora, ci ha inchiodati tutti ai suoi quesiti. «Rispondetegli, per favore! Io sto uscendo!» se la svignava il papà, quando la mattina veniva rincorso fin sull’uscio e interrogato su dove erano finite le stelle della sera prima. Alla mamma, invece, è da sempre riservato il «questionario della buona notte»: così lo chiama lei, quando riemerge dal terzo grado di Filo. Lei gli tiene compagnia mentre lui prepara lo zaino per l’indomani, si mette il pigiama, si infila a letto... e intanto continua a far domande, rinviando all’infinito il momento del sonno. Di solito, l’intera operazione

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La sorpresa dei numeri

Cap. 1 FILO

richiede un’oretta buona e, in quanto a temi affrontati, non si può dire che siano di poco conto: la vita su Marte, i misteri della civiltà egizia, il buco dell’ozono... Dopo un lungo periodo di sole domande, venne pure la fase dei ragionamenti e dei giudizi; esemplare fu quello sulla mucca pazza: «In TV hanno detto che sono stati abbattuti mille capi di bestiame... secondo me, abbattono sempre i capi perché così hanno in pugno tutto il branco... vigliacchi!». Insomma, con Filo abbiamo vita dura! Un po’ di tregua però, almeno due o tre volte all’anno, ce la porta il nonno, che trascorre con noi lunghi periodi. Il nonno è stato professore di liceo e, pur avendo insegnato solo matematica per quarant’anni, se la cava splendidamente con tutti i temi filiani; dagli indiani d’America, all’estinzione dei koala. Ne consegue che, quando c’è lui, mio fratello ci ignora. Le sue domande sono dirette solo al nonno, che si spertica in risposte fantasiose, ricche di aneddoti, di passione e, perché no, pure condite con una manciata di matematica, appena può. Perché nostro nonno è in pensione solo dallo stipendio, non dal suo mestiere che continua a esercitare, imperterrito, con chiunque gli presti un minimo di attenzione. Giorni fa, ci è giunta notizia del suo prossimo arrivo e Filo, entusiasta, l’ha divulgata a tutti i condomini che incontrava in ascensore, ai clienti della latteria e, ovvio, all’intera sua classe. Perciò, ora, ad aspettarlo a braccia aperte siamo in molti. Persino Grazia, l’adorata maestra di Filo, è incuriosita dal suo arrivo.

«Guarda qui!» mi ha apostrofata oggi il fratellino, mostrandomi il quaderno di matematica. «Con Grazia abbiamo fatto il conto per capire quando arriverà il nonno. Tu lo sapevi che l’orologio si può usare anche per contare i giorni della settimana, non solo le ore?»

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Il tono di Filo è sempre scettico, quando si rivolge a me; infatti, nella sua graduatoria di attendibilità, io vengo piazzata all’ultimo posto. In cima alla piramide, ci sono il nonno e Grazia a pari merito, e per fortuna sinora mai in conflitto; poi ci sono mamma e papà, segue il testo 1000 risposte a 1000 domande e infine io, il fanalino di coda. Quindi, oggi ho colto al volo l’occasione per sfoggiare un po’ di cultura, frutto di recenti letture sulle civiltà mesopotamiche. «Certo che lo sapevo!» ho esclamato. «Anzi, ti dirò di più: si può usare l’orologio addirittura per contare i giorni dell’anno! Così facevano gli antichi abitanti dell’attuale


La sorpresa dei numeri

Cap. 1 FILO

richiede un’oretta buona e, in quanto a temi affrontati, non si può dire che siano di poco conto: la vita su Marte, i misteri della civiltà egizia, il buco dell’ozono... Dopo un lungo periodo di sole domande, venne pure la fase dei ragionamenti e dei giudizi; esemplare fu quello sulla mucca pazza: «In TV hanno detto che sono stati abbattuti mille capi di bestiame... secondo me, abbattono sempre i capi perché così hanno in pugno tutto il branco... vigliacchi!». Insomma, con Filo abbiamo vita dura! Un po’ di tregua però, almeno due o tre volte all’anno, ce la porta il nonno, che trascorre con noi lunghi periodi. Il nonno è stato professore di liceo e, pur avendo insegnato solo matematica per quarant’anni, se la cava splendidamente con tutti i temi filiani; dagli indiani d’America, all’estinzione dei koala. Ne consegue che, quando c’è lui, mio fratello ci ignora. Le sue domande sono dirette solo al nonno, che si spertica in risposte fantasiose, ricche di aneddoti, di passione e, perché no, pure condite con una manciata di matematica, appena può. Perché nostro nonno è in pensione solo dallo stipendio, non dal suo mestiere che continua a esercitare, imperterrito, con chiunque gli presti un minimo di attenzione. Giorni fa, ci è giunta notizia del suo prossimo arrivo e Filo, entusiasta, l’ha divulgata a tutti i condomini che incontrava in ascensore, ai clienti della latteria e, ovvio, all’intera sua classe. Perciò, ora, ad aspettarlo a braccia aperte siamo in molti. Persino Grazia, l’adorata maestra di Filo, è incuriosita dal suo arrivo.

«Guarda qui!» mi ha apostrofata oggi il fratellino, mostrandomi il quaderno di matematica. «Con Grazia abbiamo fatto il conto per capire quando arriverà il nonno. Tu lo sapevi che l’orologio si può usare anche per contare i giorni della settimana, non solo le ore?»

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Il tono di Filo è sempre scettico, quando si rivolge a me; infatti, nella sua graduatoria di attendibilità, io vengo piazzata all’ultimo posto. In cima alla piramide, ci sono il nonno e Grazia a pari merito, e per fortuna sinora mai in conflitto; poi ci sono mamma e papà, segue il testo 1000 risposte a 1000 domande e infine io, il fanalino di coda. Quindi, oggi ho colto al volo l’occasione per sfoggiare un po’ di cultura, frutto di recenti letture sulle civiltà mesopotamiche. «Certo che lo sapevo!» ho esclamato. «Anzi, ti dirò di più: si può usare l’orologio addirittura per contare i giorni dell’anno! Così facevano gli antichi abitanti dell’attuale


La sorpresa dei numeri

Cap. 1 FILO

Iraq, i Sumeri, e poi i Babilonesi: erano, infatti, grandi astronomi e studiosi del trascorrere del tempo, e usavano l’orologio come calendario, un calendario circolare. Prendevano una circonferenza, la dividevano in 360 parti, e a ogni parte facevano corrispondere un giorno dell’anno. Così, finito un anno, ce n’era subito pronto un altro!» «Aspetta, aspetta... ma i giorni dell’anno non sono 365 e mezzo, o poco più? Così c’è scritto nel mio libro Astronomi in erba!» ha subito puntualizzato Filo che, specialmente se sono io a prender la parola, è sempre sul piede di guerra, pronto alla polemica. «Sì, hai ragione, è vero: i Babilonesi sbagliavano di qualche giorno. Infatti, osservando la volta celeste, a loro risultava che i giorni dell’anno fossero solo 360. Ma ciò accadeva tanti anni fa, quando, in quella terra fra due fiumi, nascevano le prime città della storia! Non a caso, si dice che quel luogo è stato la ‘culla della nostra civiltà’! Allora, la civiltà era ancora bambina, ma prometteva bene!

Sai, l’osservazione del cielo è stata la prima forma di ‘osservazione scientifica’, non te l’ha spiegato il nonno?» «E come no! Il nonno vuole che io diventi uno scienziato, perciò mi spiega proprio tutto!» La difesa del nonno, da parte di Filo, è sempre pronta, totale, assoluta. «Quindi, ti avrà detto che, quando gli uomini, da pastori nomadi sono diventati agricoltori, avevano bisogno di prevedere le stagioni per tutte le operazioni di semina. Così, si sono messi a scrutare il cielo e sono diventati astronomi. In Iraq, ci sono ancora i resti delle famose ziqqurat, le torri a forma di piramide, da cui i Babilonesi facevano le loro osservazioni!» «Questo non me l’ha ancora detto; sicuramente, però, aspetta il momento giusto!... Lui lo dice sempre, che le cose vanno spiegate al momento giusto!» Cosa vi dicevo? La sua fiducia nel nonno è incrollabile! «Comunque», ho proseguito, senza farmi intimidire, «poi, quando si è compreso che i giorni dell’anno sono più di 360, quel tipo di calendario è stato abbandonato, ma la divisione della circonferenza in 360 parti è rimasta. E, così, ancora oggi, per misurare gli angoli, si usa il grado, che è appunto la trecentosessantesima parte dell’angolo giro. Figurati che queste nozioni le ho lette quasi per caso, su una rivista di storia dell’arte... prima, mi ero chiesta mille volte a chi e perché fosse venuto in mente di dividere la circonferenza in 360 parti! Perché non in 100, o in un altro numero qualsiasi? Insomma, solo ora ho scoperto che un nostro grado ha come antenato un giorno dei Babilonesi!

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Iraq, i Sumeri, e poi i Babilonesi: erano, infatti, grandi astronomi e studiosi del trascorrere del tempo, e usavano l’orologio come calendario, un calendario circolare. Prendevano una circonferenza, la dividevano in 360 parti, e a ogni parte facevano corrispondere un giorno dell’anno. Così, finito un anno, ce n’era subito pronto un altro!» «Aspetta, aspetta... ma i giorni dell’anno non sono 365 e mezzo, o poco più? Così c’è scritto nel mio libro Astronomi in erba!» ha subito puntualizzato Filo che, specialmente se sono io a prender la parola, è sempre sul piede di guerra, pronto alla polemica. «Sì, hai ragione, è vero: i Babilonesi sbagliavano di qualche giorno. Infatti, osservando la volta celeste, a loro risultava che i giorni dell’anno fossero solo 360. Ma ciò accadeva tanti anni fa, quando, in quella terra fra due fiumi, nascevano le prime città della storia! Non a caso, si dice che quel luogo è stato la ‘culla della nostra civiltà’! Allora, la civiltà era ancora bambina, ma prometteva bene!

Sai, l’osservazione del cielo è stata la prima forma di ‘osservazione scientifica’, non te l’ha spiegato il nonno?» «E come no! Il nonno vuole che io diventi uno scienziato, perciò mi spiega proprio tutto!» La difesa del nonno, da parte di Filo, è sempre pronta, totale, assoluta. «Quindi, ti avrà detto che, quando gli uomini, da pastori nomadi sono diventati agricoltori, avevano bisogno di prevedere le stagioni per tutte le operazioni di semina. Così, si sono messi a scrutare il cielo e sono diventati astronomi. In Iraq, ci sono ancora i resti delle famose ziqqurat, le torri a forma di piramide, da cui i Babilonesi facevano le loro osservazioni!» «Questo non me l’ha ancora detto; sicuramente, però, aspetta il momento giusto!... Lui lo dice sempre, che le cose vanno spiegate al momento giusto!» Cosa vi dicevo? La sua fiducia nel nonno è incrollabile! «Comunque», ho proseguito, senza farmi intimidire, «poi, quando si è compreso che i giorni dell’anno sono più di 360, quel tipo di calendario è stato abbandonato, ma la divisione della circonferenza in 360 parti è rimasta. E, così, ancora oggi, per misurare gli angoli, si usa il grado, che è appunto la trecentosessantesima parte dell’angolo giro. Figurati che queste nozioni le ho lette quasi per caso, su una rivista di storia dell’arte... prima, mi ero chiesta mille volte a chi e perché fosse venuto in mente di dividere la circonferenza in 360 parti! Perché non in 100, o in un altro numero qualsiasi? Insomma, solo ora ho scoperto che un nostro grado ha come antenato un giorno dei Babilonesi!

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E, così, ho anche capito perché un angolo retto misura 90 gradi; perché essendo la quarta parte dell’angolo giro, risulta che:

360 : 4 = 90 Tutto chiaro?» ho domandato a Filo, mentre lui mi guardava ammirato. Chissà, forse ero risalita di qualche punto nella sua graduatoria di attendibilità! «Sei forte...» mi ha risposto, ancora pensieroso. «Ma ora guarda quello che ci ha fatto disegnare Grazia: noi, l’orologio l’abbiamo diviso in 7 parti, e ci abbiamo scritto su lunedì, martedì, mercoledì... così, possiamo sapere che giorno sarà tra dieci giorni!» Intanto, mi mostrava orgoglioso il suo quaderno.

E dopo un po’, con fare complice, ha aggiunto: «Grazia ci ha detto che con questa aritmetica dell’orologio puoi fare anche un bello scherzetto a qualche amico; gli chiedi: ‘Quanto fa 7 + 10?’ Lui, sicuramente, ti risponderà 17, e invece sbaglia, perché su questo tipo di orologio settimanale fa 3». «Giusto!» ho risposto io, rispolverando i miei ricordi di scuola. «Ogni 7 giorni si fa un giro completo della circonferenza, perciò ci si ritrova al punto in cui si era al principio. Mi pare che il numero 7, in questo caso, si chiami modulo. Sì, sì, è come dire che il nostro tempo è modulato dal ripetersi di settimane, cioè di 7 giorni. E visto che uno spostamento di 7 giorni è irrilevante, tanto vale eliminare il 7 dal conto. Si fa proprio così; si sottrae il 7 finché si può:

17 – 7 = 10 e ancora:

10 – 7 = 3

«Ora ti faccio subito il conto. Ricordi quando il nonno ci ha telefonato? Era domenica, e ci ha detto che sarebbe arrivato dopo 10 giorni. Perciò, se la lancetta parte dal numero 7 e fa 10 passi, si ferma al 3, che è mercoledì, e così io, non andando a scuola al pomeriggio, potrò andare in stazione a prenderlo. Che ne dici?» mi ha mitragliata, tutto d’un fiato.

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Il 3, il numero che resta, cioè mercoledì, è il numero che ci interessa. Ma questo procedimento di sottrarre via via il 7 corrisponde a dividere 17 per 7, tralasciare il risultato e tenere solo il resto, così:

17 : 7 = 2 con il resto di 3 «Sai che sei brava quasi come il nonno?» mi ha lodata Filo, per la prima volta in vita sua.

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E, così, ho anche capito perché un angolo retto misura 90 gradi; perché essendo la quarta parte dell’angolo giro, risulta che:

360 : 4 = 90 Tutto chiaro?» ho domandato a Filo, mentre lui mi guardava ammirato. Chissà, forse ero risalita di qualche punto nella sua graduatoria di attendibilità! «Sei forte...» mi ha risposto, ancora pensieroso. «Ma ora guarda quello che ci ha fatto disegnare Grazia: noi, l’orologio l’abbiamo diviso in 7 parti, e ci abbiamo scritto su lunedì, martedì, mercoledì... così, possiamo sapere che giorno sarà tra dieci giorni!» Intanto, mi mostrava orgoglioso il suo quaderno.

E dopo un po’, con fare complice, ha aggiunto: «Grazia ci ha detto che con questa aritmetica dell’orologio puoi fare anche un bello scherzetto a qualche amico; gli chiedi: ‘Quanto fa 7 + 10?’ Lui, sicuramente, ti risponderà 17, e invece sbaglia, perché su questo tipo di orologio settimanale fa 3». «Giusto!» ho risposto io, rispolverando i miei ricordi di scuola. «Ogni 7 giorni si fa un giro completo della circonferenza, perciò ci si ritrova al punto in cui si era al principio. Mi pare che il numero 7, in questo caso, si chiami modulo. Sì, sì, è come dire che il nostro tempo è modulato dal ripetersi di settimane, cioè di 7 giorni. E visto che uno spostamento di 7 giorni è irrilevante, tanto vale eliminare il 7 dal conto. Si fa proprio così; si sottrae il 7 finché si può:

17 – 7 = 10 e ancora:

10 – 7 = 3

«Ora ti faccio subito il conto. Ricordi quando il nonno ci ha telefonato? Era domenica, e ci ha detto che sarebbe arrivato dopo 10 giorni. Perciò, se la lancetta parte dal numero 7 e fa 10 passi, si ferma al 3, che è mercoledì, e così io, non andando a scuola al pomeriggio, potrò andare in stazione a prenderlo. Che ne dici?» mi ha mitragliata, tutto d’un fiato.

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Il 3, il numero che resta, cioè mercoledì, è il numero che ci interessa. Ma questo procedimento di sottrarre via via il 7 corrisponde a dividere 17 per 7, tralasciare il risultato e tenere solo il resto, così:

17 : 7 = 2 con il resto di 3 «Sai che sei brava quasi come il nonno?» mi ha lodata Filo, per la prima volta in vita sua.

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Non vedi che tutti i numeri che stanno dietro all’1, quando sono divisi per 4 danno resto 1, quelli dietro al 2 danno resto 2, quelli dietro al 3 danno resto 3, e quelli dietro al 4

danno resto 0?» mi ha interrogata, severo, il professor Filo. «Grazia ce l’ha fatto pure scrivere!» «Beh, sì, certo: basta dividere per 4 e guardare il resto. Infatti, in questo caso, il modulo è 4, perché ogni 4 unità si ritorna sulla stessa fila!» ho risposto, fiera. «Allora, con Grazia abbiamo capito questo: se il posto del nonno è un numero che diviso per 4 dà resto 0, il nonno avrà il finestrino a sinistra; se dà resto 1, avrà il finestrino a destra; se, invece, dà resto 2 oppure 3, il nonno non guarderà molto bene il panorama. Peccato! Grazia ci ha pure detto che tutti i numeri di una fila sono come noi studenti, formano una classe... sì, ha detto proprio una classe: la classe di resto 1, quella di resto 2, quella di resto 3 e quella di resto 0. Speriamo che il posto del nonno sia nella classe di resto 0 oppure 1!» «Stai tranquillo Filo... conoscendo il nonno, al momento dell’acquisto del biglietto, senza dubbio farà valere le sue ragioni, in quanto a resti! E non è escluso che provi a spiegare il tutto al bigliettaio...» «Sai cos’ho deciso?» mi ha confidato Filo, che già pensava ad altro. «Chiederò al nonno di dormire nella mia stanza, quando arriva. Tiro fuori il letto che sta sotto al mio e ci metto le lenzuola con disegnato Superman. Quando Toto ci ha dormito, è stato contento di avere quelle lenzuola; l’ha detto persino alla maestra! Così io e il nonno possiamo fare quattro chiacchiere, prima di dormire! E poi, cosa va a fare, solo solo, nella sua stanza? Magari ha anche un po’ paura! Io, di notte, gli posso accarezzare la testa pelata, zitto zitto, piano piano... senza svegliarlo!»

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Allora, confortata, ho proseguito: «È la stessa cosa che si fa con le ore; solo che in quel caso il modulo, cioè il numero da sottrarre, è 12, perché ogni giro completo della circonferenza corrisponde a 12 ore. Per esempio: se sono le 10 e fai un bel viaggio di 6 ore, arriverai alle 4. Infatti: 10 + 6 = 16 e 16 - 12 = 4. Insomma, in questo tipo di aritmetica il numero che conta di più, oltre al modulo, è proprio il resto!» «Eh sì, ce l’ha detto pure Grazia! Ci ha fatto fare anche un bel gioco per scoprire se il nonno viaggerà vicino al finestrino, oppure no. Te lo spiego?» «Sì, sì, certo!» l’ho incoraggiato, onorata di tanta confidenza, riservata di solito solo al nonno. «Guarda questo disegno del treno sul mio quaderno», ha ripreso Filo, «non noti niente di particolare?


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Non vedi che tutti i numeri che stanno dietro all’1, quando sono divisi per 4 danno resto 1, quelli dietro al 2 danno resto 2, quelli dietro al 3 danno resto 3, e quelli dietro al 4

danno resto 0?» mi ha interrogata, severo, il professor Filo. «Grazia ce l’ha fatto pure scrivere!» «Beh, sì, certo: basta dividere per 4 e guardare il resto. Infatti, in questo caso, il modulo è 4, perché ogni 4 unità si ritorna sulla stessa fila!» ho risposto, fiera. «Allora, con Grazia abbiamo capito questo: se il posto del nonno è un numero che diviso per 4 dà resto 0, il nonno avrà il finestrino a sinistra; se dà resto 1, avrà il finestrino a destra; se, invece, dà resto 2 oppure 3, il nonno non guarderà molto bene il panorama. Peccato! Grazia ci ha pure detto che tutti i numeri di una fila sono come noi studenti, formano una classe... sì, ha detto proprio una classe: la classe di resto 1, quella di resto 2, quella di resto 3 e quella di resto 0. Speriamo che il posto del nonno sia nella classe di resto 0 oppure 1!» «Stai tranquillo Filo... conoscendo il nonno, al momento dell’acquisto del biglietto, senza dubbio farà valere le sue ragioni, in quanto a resti! E non è escluso che provi a spiegare il tutto al bigliettaio...» «Sai cos’ho deciso?» mi ha confidato Filo, che già pensava ad altro. «Chiederò al nonno di dormire nella mia stanza, quando arriva. Tiro fuori il letto che sta sotto al mio e ci metto le lenzuola con disegnato Superman. Quando Toto ci ha dormito, è stato contento di avere quelle lenzuola; l’ha detto persino alla maestra! Così io e il nonno possiamo fare quattro chiacchiere, prima di dormire! E poi, cosa va a fare, solo solo, nella sua stanza? Magari ha anche un po’ paura! Io, di notte, gli posso accarezzare la testa pelata, zitto zitto, piano piano... senza svegliarlo!»

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Allora, confortata, ho proseguito: «È la stessa cosa che si fa con le ore; solo che in quel caso il modulo, cioè il numero da sottrarre, è 12, perché ogni giro completo della circonferenza corrisponde a 12 ore. Per esempio: se sono le 10 e fai un bel viaggio di 6 ore, arriverai alle 4. Infatti: 10 + 6 = 16 e 16 - 12 = 4. Insomma, in questo tipo di aritmetica il numero che conta di più, oltre al modulo, è proprio il resto!» «Eh sì, ce l’ha detto pure Grazia! Ci ha fatto fare anche un bel gioco per scoprire se il nonno viaggerà vicino al finestrino, oppure no. Te lo spiego?» «Sì, sì, certo!» l’ho incoraggiato, onorata di tanta confidenza, riservata di solito solo al nonno. «Guarda questo disegno del treno sul mio quaderno», ha ripreso Filo, «non noti niente di particolare?


Indice Cap. 1

Filo...................................................................7 Cap. 2 Il nonno......................................................... 17 Cap. 3 Raddoppiando raddoppiando......................27 Cap. 4 Dimezzando dimezzando..............................37 Cap. 5 Messaggi segreti. . ..........................................45 Cap. 6 Anagrammi con i Peanuts.............................53 Cap. 7 Lotto e pasticcini........................................... 61 Cap. 8 Occhiali a raggi X........................................... 71 Cap. 9 Brindiamo, brindiamo. . .................................79 Cap. 10 Principesse & sillogismi.. ...............................89 Cap. 11 Oggettivo soggettivo....................................97 Cap. 12 Occhio alla pressa........................................ 107 Cap. 13 In autobus con un amico.............................. 117 Cap. 14 Se manca la benzina.................................... 127 Cap. 15 Siamo in tanti.............................................. 135 Cap. 16 Mario, Rocco e Fabio..................................... 145 Cap. 17 Otto cuochi su dieci...................................... 153 Cap. 18 Tutti sotto la stessa campana....................... 161


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