Storie in frigorifero

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introdu�i�e

E

ntra in cucina. Apri il frigorifero e i mobiletti dove tieni le cose da mangiare. Che cosa vedi? Il cibo, vero? Se ne sta lì, buono e zitto, e aspetta solo di essere cucinato e mangiato. Se ti sembra che in cucina non ci sia nulla di divertente, è solo perché non hai in tasca una bacchetta magica. Ora immagina: un tocco di magia ed ecco che pomodori, carote, mele, spaghetti, pesci, uova e pasta all’improvviso cominciano a parlare. Che chiasso! Silenzio! Uno alla volta! Ogni alimento custodisce dentro di sé una storia meravigliosa. Non si tratta di una favola, ma di una storia vera vissuta da persone vere. Sono storie che narrano di guerre, di coraggio, di amore, di magia. Già, perché tanto tempo fa la maggior parte degli alimenti che mangiamo oggi non esisteva… o perlomeno non esisteva nel nostro Paese. E nemmeno c’erano i metodi di cottura moderni: nessuno aveva in casa forno e fornelli. La gente mangiava cibi diversi e in modo completamente diverso… e spesso moriva di fame.

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Per il cibo, gli uomini hanno combattuto guerre, esplorato il mondo, sfidato tempeste e fatto grandi scoperte. Hanno anche creduto a tante sciocchezze, come quando si pensava che si potesse morire assaggiando una patata. Alcune ricette famose sono nate per caso o per sbaglio, altre sono state create nelle cucine dei re, dei papi o dei dottori, altre ancora sono nate dall’incontro tra culture diverse. Ovunque nel mondo gli uomini hanno fatto amicizia a tavola. Mangiando insieme hanno imparato a conoscersi e a capire le abitudini degli altri, a volte con grande stupore, perché spesso quello che è un comportamento educato in un paese, è segno di gran maleducazione in un altro: guai a te se in Cina finisci tutto quello che hai nel piatto o se in Giappone non fai un bel risucchio rumoroso quando bevi il brodo! Come stai per scoprire in queste pagine, il cibo è un linguaggio meraviglioso perché racconta il mondo e la sua storia. Il cibo non nutre solo il corpo, ma anche la nostra anima: condividere gli stessi sapori ci fa sentire più vicini alle persone che amiamo. Di storie sul cibo ce ne sono a centinaia e ogni alimento è lì che non vede l’ora di raccontartele.

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i ‫פ‬sci delle tem‫פ‬ste

in balia delle onde

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essant’anni prima che Cristoforo Colombo, navigando in cerca dell’India, finisse per sbarcare in America, la nave Querina fu colpita da una tremenda burrasca. Era il 1431 e Pietro Querini, un ricco mercante veneziano che veleggiava verso le Fiandre, si ritrovò alla deriva, col timone rotto e senza vele. Trascinata dalle correnti, l’imbarcazione fu spinta per giorni verso nord finché l’equipaggio fu costretto a saltare a bordo delle scialuppe e a dividersi. Di un gruppo non si seppe più nulla ma il secondo approdò in Norvegia, sopra il Circolo polare artico, dove fu soccorso dai pescatori dell’isola di Røst. Nel suo diario il mercante raccontò in latino di essere finito “in culo mundi”.

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Quando finalmente Pietro Querini ripartì, si portò dietro i merluzzi norvegesi essiccati, cioè gli stoccafissi, per farli conoscere a Venezia e sicuramente per avviarne il commercio, che infatti in pochi anni prese piede. In realtà, pare che a Venezia di quei pesci sia arrivato solo il racconto: il mercante li barattò, proprio come aveva visto fare ai pescatori delle isole artiche, in cambio di cibo e cavalli per il lungo viaggio di ritorno.

L’introduzione dello stoccafisso nell’alimentazione italiana fu quasi una rivoluzione: finalmente c’era un alimento buono, nutriente e facile da conservare, che poteva essere consumato anche quando per la religione cattolica, diffusa in tutto il paese, bisognava “mangiare di magro”, cioè il venerdì e durante la Quaresima.

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denaro con le pinne

I pochi sopravvissuti trascorsero sull’isola i mesi invernali, gelidi e bui, aspettando la primavera e la possibilità di ripartire. Nel diario, Querini descrisse il popolo generoso e pacifico che li ospitò e nutrì con merluzzi essiccati quando stavano morendo di fame: “Vivono in una dozzina di case rotonde, con aperture circolari in alto, che copron di pesce... I stocfisi seccano al vento e al sole senza sale, e perché son pesci di poca humidità grassa, diventano duri come legno”.


altro che km zero!

A quei tempi, infatti, non esistevano i frigoriferi e chi viveva lontano dal mare si era sempre dovuto accontentare dei pesci d’acqua dolce o delle anguille, che risalgono i fiumi e sopravvivono a lungo fuori dall’acqua. Adesso, con i merluzzi essiccati, per la prima volta il pesce poteva arrivare anche sulle colline e nelle pianure dell’interno o essere imbarcato sulle navi per sfamare marinai, senza marcire e puzzare.

Oggi mangiamo spesso cibi che vengono da lontano, come la pasta fatta col frumento importato dall’America del Nord, la cioccolata prodotta col cacao del Sud America o i biscotti preparati con l’olio di palma coltivato in Indonesia. Quello che forse non sappiamo è che anche in passato il cibo a volte faceva viaggi lunghissimi per arrivare sulle nostre tavole, come è accaduto appunto con il merluzzo, un pesce che nuota nelle acque fredde dell’oceano Atlantico e del Mare del Nord e che piace tanto ai popoli del Mediterraneo.

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i piacciono i bastoncini di pesce? Se vuoi prepararli tu, taglia il merluzzo ammollato con le forbici, poi passa i pezzi nell’uovo sbattuto e impanali nel pangrattato.

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Modi di dire Forse qualche volta ti sei ritrovato a non sapere come reagire in una situazione e sei rimasto fermo e zitto per lo stupore o l’imbarazzo e qualcuno ti ha detto: «Non star lì come un baccalà», oppure: «Cosa fai? Lo stoccafisso?». Perché si usa dire così a una persona che non reagisce? Perché il merluzzo essiccato o sotto sale è rigidissimo. Per ammorbidirlo, serve un lungo ammollo.

Baccalà o stoccafisso? Lo stoccafisso è il merluzzo essiccato all’aria, mentre il baccalà è quello conservato sotto sale. Ma a volte, anche nelle ricette, si fa confusione. Il famoso “baccalà alla vicentina” non si fa con il merluzzo sotto sale ma con lo stoccafisso.

Venerdì… pesce Si racconta che nel Seicento una trattoria fu denunciata e costretta a chiudere per mesi perché aveva osato servire la carne il venerdì. Un tempo, infatti, nei paesi cattolici di venerdì bisognava astenersi dalla carne in segno di rispetto per il giorno in cui Gesù fu crocefisso. Da qui la tradizione di mangiare il pesce il venerdì.

A tavola con Egizi e Romani Gli antichi Egizi mangiavano molti tipi di pesce e sapevano conservarli tramite essicazione o salagione. Gli antichi Romani, invece, andavano matti per una salsa a base d’interiora di pesce fermentate, che si chiamava garum. Tra i loro pesci preferiti c’era la murena.

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