Forlì In Magazine 05 2017

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F O R L Ì N° 5 DICEMBRE 2017/GENNAIO 2018

GARDINI

Fratelli

CIOCCOLATO D’AUTORE

FAMIGLIA MANUZZI / Sessant’anni di viaggi GIOVANI INIZIATIVE / Qualcosa da dire PALAZZO ROMAGNOLI/ Storia, arte e mistero



EDITORIALE

SOMMARIO

A

Apriamo questo numero natalizio con i fratelli forlivesi Fabio e Manuele Gardini, maestri cioccolatieri dal 1987: assieme a loro ripercorriamo le tappe della loro storia, i premi vinti e la filosofia dietro ogni loro creazione. Un viaggio durato 60 anni, invece, è quello della famiglia Manuzzi, segnalata dal Sole 24 Ore tra le prime cinque agenzie viaggi in Italia. Ci siamo anche chiesti se nel 2017 sia possibile vivere di musica: ci hanno risposto Ilaria Mazzotti, Marco Versari e Cecilia Biondini. Dalla musica passiamo alla moda con i giovani stilisti Federico Cina e Simone Botte. Passiamo poi alla mostra fotografica di Mustafa Sabbagh, presso i musei San Domenico, e all’architettura di Palazzo Romagnoli, Gianni Casadei, le iniziative di Romagna Solidale e tanto altro. Non ci resta che augurarvi buona lettura... e buone feste! Andrea Masotti

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ANNOTARE

Brevi IN

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ESSERE

Fratelli Gardini

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ESSERE

Gruppo Manuzzi

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INTRAPRENDERE

Qualcosa da dire

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La febbre della domenica

Si può vivere di musica?

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VINCERE

CREARE

L’arte di scrivere

Volevo fare lo stilista

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www.inmagazine.it inmagazine@menabo.com

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LEGGERE

In“viaggio”con i libri

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DIRETTORE RESPONSABILE: Andrea Masotti REDAZIONE CENTRALE: Roberta Bezzi, Gianluca Gatta, Giulia Masci Ametta ARTWORK: Lisa Tagliaferri IMPAGINAZIONE: Francesca Fantini UFFICIO COMMERCIALE: Gianluca Braga, Elvis Venturini STAMPA: La Pieve Poligrafica Villa Verucchio (RN) ANNO XIX - N. 5 Chiuso per la stampa il 27/11/2017 Collaboratori: Mariavittoria Andrini, Barbara Baronio, Laura Bertozzi, Dolores Carnemolla, Alice Civeri, Gianluca Gatta, Roberta Invidia, Giulia Masci Ametta, Francesca Miccoli, Rosanna Ricci Fotografi: Giulia Masci Ametta, Giorgio Sabatini, Gianmaria Zanotti

Gianni Casadei

TIFARE

SOGNARE

Redazione e amministrazione: Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì Tel. 0543.798463 / Fax 0543.774044

SCIARE

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EDIZIONI IN MAGAZINE S.R.L.

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DEGUSTARE

Zuppa inglese

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AIUTARE

Una foto per la vi(s)ta

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FOTOGRAFARE

Mustafa Sabbagh

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RIVIVERE

Palazzo Romagnoli

Tutti i diritti sono riservati. Foto e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e citando la fonte.

Edizioni IN Magazine si impegna alla salvaguardia del patrimonio forestale aderendo al circuito di certificazione di FSC-Italia.

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AIUTARE

Missione solidarietà

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ANNOTARE

Botteghe e MESTIERI

Capodanno IN FESTA

CASTEL BOLOGNESE La Cooperativa sociale Botteghe e Mestieri dell’opera Casa Novella di Castel Bolognese porta la propria pasta fresca, a marchio Pasta della Casa, nei punti vendita Cofra, Conad, Clai e in numerose gastronomie delle Province di Ravenna e Bologna. Il nuovo consiglio direttivo ha deciso di dare nuovo impulso alla vendita della tradizionale pasta fresca, prodotta da ormai dodici anni. “La nostra concezione cristiana della vita – spiega Claudio Mita, presidente – ci fa vivere il lavoro come un’opportunità di realizzazione di ogni persona. La sfida è realizzare prodotti di qualità in un luogo di lavoro vivibile per tutti”. L’iniziativa è stata realizzata anche grazie all’agenzia di comunicazione Menabò di Forlì e di Vittorio Ferrari, consulente di marketing, che hanno lavorato pro-bono per questa causa.

CESENA Come ogni anno,

120 anni di CREDITO COOPERATIVO ROMAGNOLO GATTEO Le BCC come fabbriche di fiducia per le persone. Sono intervenuti in tanti all’evento tenutosi lo scorso 17 novembre a Gatteo. Gli interventi del convegno intitolato 120 Anni di Storia Insieme si sono rivelati molto proficui e interessanti e la sala di via Cooperazione, capiente per oltre 120 posti a sedere, era gremita di gente. Il concetto emerso è che le banche di credito cooperativo debbono continuare a tenere ben presenti i propri valori storici, assumendo quel ruolo di supporto alla comunità e allo sviluppo economico-sociale del territorio che esse presidiano. L’anniversario è stato l’occasione per raccontare 120 anni di storia della Cassa Rurale e Artigiana dei Prestiti di Gatteo. Oggi quella banca è diventata CCR, a seguito della fusione tra BCC Gatteo e Banca di Cesena, avvenuta il 1° gennaio 2016. Sono intervenuti come ospiti i due sindaci delle città di Cesena e Gatteo, Paolo Lucchi e Gianluca Vincenzi, lo storico e giornalista Edoardo Maurizio Turci, l’Europarlamentare Damiano Zoffoli, il presidente di Iccrea Holding Giulio Magagni, lo story drawer Alessandro Bonaccorsi e Mario Russomanno nel ruolo di moderatore. Durante la manifestazione sono stati premiati i Soci del Credito Cooperativo Romagnolo con oltre 50 anni di appartenenza alla compagine sociale.

il centro delle nostre città si riempie di persone in attesa di festeggiare l’arrivo del nuovo anno all’insegna della musica e dello spettacolo. Quest’anno si distingue in modo particolare Cesena, che ospita per Impazza la piazza il concerto gratuito dello storico gruppo dei Nomadi che suoneranno – oltre a canzoni storiche del repertorio – anche brani tratti dal nuovo album Nomadi Dentro, uscito il 27 ottobre. Si tratta del 33° album in studio della band e vanta, oltre a 10 nuove canzoni, la collaborazione di Francesco Guccini. La band conta 52 anni di attività, se facciamo cadere l’inizio della loro storia con la pubblicazione del primo 45 giri, intitolato Donna la prima donna, nel 1965 ma è attiva fin dal 1963 (tanto che, dopo i Rolling Stones, sono considerati la band più longeva della storia del pop-rock).

Inaugura “LA FIASCA” FORLÌ L’apertura è avvenuta sabato 11 novembre alle ore 17. Il locale si trova nei giardini Annalena Tonelli, davanti al CUP di via Oberdan. I lavori sono iniziati in estate e hanno l’obiettivo di riqualificare non solo la struttura ma anche l’area verde circostante, che si affianca alla promozione del chiosco come nuovo punto di aggregazione. Nel ricordo della vocazione al sociale e all’aiuto dei disagiati di Annalena Tonelli, l’attività vuole infatti sviluppare iniziative ed eventi rivolti a questo ambito: sono stati realizzati rapporti di stretta collaborazione e partnership esclusiva con le associazioni e le cooperative che operano sul forlivese per il sociale. Si prevedono anche collaborazioni con enti studenteschi. L’attività proporrà almeno 10 eventi annuali tra mercatini, concerti, spettacoli teatrali e presentazioni di libri. Il locale è aperto tutti i giorni, dalle 7 alle 22 e, in estate e nei weekend, fino alle ore 24.

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ANNOTARE

Premi e teatro AI FIORDALISI

Giovani AL TEDX

FORLÌ Nell’ambito del

CESENA Il 2 Dicembre

calendario delle Ladies Golf I Fiordalisi di Forlì, come ogni anno si è svolta, a settembre, la gara dedicata a Menabò Group e Edizioni IN Magazine. A premiare i vincitori, con i libri editati da IN Magazine, è stato Stefano Scozzoli, presidente di Menabò Group, unitamente a Matilde Portolani, presidente delle Ladies. Dopo la premiazione si è svolta l’anteprima della lettura teatrale dedicata a Olindo Guerrini Io e l’altro me con Marcello Ferrara e Andrea Cortesi, su testi di Mariavittoria Andrini.

si è svolta la prima TEDxAdventure interamente dedicata ai giovani tra i 16 e i 25 anni e intitolata Free the Future. I Giovani protagonisti del proprio Futuro. Cinque ragazzi si sono confrontati con trenta coetanei sul mondo giovanile e sui bisogni, richieste e passioni delle nuove generazioni. L’evento fa parte degli speech TEDx organizzati a Cesena per questo inverno. Seguirà il TEDxCesenaSalon dal titolo Porous Borders previsto per il 10 Febbraio 2018 in attesa del dell’evento principale TEDxCesena previsto per Novembre 2018.

Innovazione ALL’IRST MELDOLA Grazie al sostegno dell’Agenzia Moschini Pierotti Pratesi

Assicurazioni, il Gruppo di Patologia Oncoematologia e il Gruppo Oncoematologia Preclinica IRST si dotano di un ROTEM, strumento utile per comprendere i segreti della coagulazione sanguigna e scegliere migliori strategie terapeutiche specie per pazienti affetti da neoplasie mieloproliferative. Questo strumento sarà utile per un’analisi ancor più dettagliata dei campioni ematici, permettendo un’approfondita comprensione dei meccanismi coagulativi che portano a problemi cardiovascolari, quali trombosi o emorragie e, conseguentemente, aiuterà i clinici nella scelta delle terapie e dei dosaggi più efficaci. L’apparecchiatura, del valore complessivo di 25.000 euro è stata illustrata alla presenza dei professionisti che la utilizzeranno, delle Direzioni IRST, e rappresentanti delle istituzioni.

Trattoria anche con consegna a domicilio calore in veranda anche per Natale e Capodanno!

Da martedì a domenica pranzo e cena: 11.00 - 15.00 | 18.00 - 23.00 Viale A. Gramsci, 108 - Forlì | Tel. 0543 401419 | Mob.393 9104088 www.trattoriagramsci108.it


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ANNOTARE

Ecologico DORMIRE

Piccoli ARTISTI AL MAF

FORLÌ Dorelan, azienda da

FORLIMPOPOLI Il Museo Archeologico di Forlimpopoli Tobia Aldini organizza i sabati di dicembre prima di Natale, alle h. 16.30, una serie di laboratori creativi per bambini dai 5 agli 11 anni. In particolare, il 9 dicembre si svolgerà un laboratorio per realizzare decorazioni in argilla per abbellire l’albero di Natale mentre il 16 dicembre i bambini potranno realizzare piccoli mosaici. La quota di partecipazione è di 5 euro (gratuita per i genitori). Il programma è curato dalla sezione didattica di RavennAntica, denominazione con cui è meglio conosciuta la ravennate Fondazione Parco Archeologico di Classe, istituita per la valorizzazione del patrimonio archeologico, architettonico e storicoartistico. Per informazioni e prenotazioni: tel. 0543 748071 oppure didattica@ maforlimpopoli.it.

50 anni specializzata nella produzione di sistemi letto e partner dell’Osservatorio sulla Green Economy dello IEFEUniversità Bocconi di Milano, ha ottenuto la Certificazione Garanzia di Igiene rilasciata dall’ente di competenza Bureau Veritas. Dorelan è la prima azienda italiana del settore bedding – che raccoglie tutte le aziende coinvolte nella realizzazione di prodotti per i nostri letti – a ottenere il prezioso riconoscimento, confermando così il proprio impegno nella sostenibilità e nel benessere, a partire dagli ambienti produttivi, insieme all’attenzione verso le tematiche sociali e ambientali legate al territorio. Bureau Veritas è società leader a livello mondiale nei servizi di controllo, verifica e certificazione per la Qualità, Salute e Sicurezza, Ambiente e Responsabilità Sociale.

Natale IN MONTAGNA BAGNO DI ROMAGNA È un lungo Natale per Bagno di Romagna.

Dal 3 dicembre al 14 gennaio, ce n’è per tutti i gusti per chi vuole trascorrere una giornata di festa in un clima caratteristico: un po’ di freddo, forse anche un po’ di neve, ma tante luci natalizie e iniziative per grandi e piccini. Tra le novità, dedicate soprattutto ai bambini, inaugurate l’8 Dicembre, abbiamo la Loggetta di Babbo Natale, dove si svolgono laboratori creativi con materiali di riciclo, e i Punti Favola, che ospitano rappresentazioni teatrali. Ma c’è molto di più: accanto agli immancabili tradizionali mercatini natalizi, troviamo le letture in biblioteca, la pedalata con i Babbo Natale (il 17 dicembre), le tombole (dal 1 al 4 gennaio), il trenino del Natale (dal 23 dicembre al 7 gennaio), per finire con le Befane in Piazza (il 6 gennaio). E magari ci scappa anche una passeggiata su per il sentiero degli gnomi. Per orari, tutte le date e maggiori informazioni: www. bagnodiromagnaturismo.it


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ESSERE

Cioccolato

D’AUTORE MAESTRI CIOCCOLATIERI DAL 1987, PLURIPREMIATI E FORLIVESI. I FRATELLI FABIO E MANUELE GARDINI SONO DUE VERI ARTISTI NEL CREARE PRODOTTI D’ECCELLENZA CON L’INGREDIENTE PIÙ AMATO DI SEMPRE: IL CIOCCOLATO. di Francesca Miccoli / ph Giorgio Sabatini

P

Profumato e avvolgente, appagante e gioioso, in una parola: irresistibile. Il cioccolato è il più delizioso tra i peccati di gola, una magia capace di rapire i sensi e trasportarli in una dimensione sospesa tra sogno ed estasi. Il rifugio in cui affogare i dolori e celebrare i momenti felici. Protagonista in letteratura, fervida fonte di ispirazione nella cinematografia, il voluttuoso cibo degli dèi non è solo un piacere per il palato ma anche un elisir dalle insospettabili proprietà benefiche. Ricco di antiossidanti, antidepressivo naturale, rappresenta la nuova frontiera della cosmesi e della medicina. Ma a Natale, festa dolce per eccellenza, consacrata agli affetti e alla convivialità, è soprattutto in tavola che il cioccolato risplende di luce propria. Quando pensi alle sopraff ine tavolette, la mente vola in Svizzera, nell’immaginario collettivo l’Olimpo della preziosa leccornia. Ignorando che il cioccolato artigianale migliore del mondo prende vita nel pluripremiato laboratorio nella verde campagna

di Vecchiazzano, a due passi da Forlì. I guru del cioccolato d’autore sono i fratelli Fabio e Manuele Gardini. Due veri artisti, abilissimi a creare un prodotto straordinario e non convenzionale, figlio della ricerca continua e dell’incontro non scontato tra tradizione e innovazione. Tavolette, praline e creme spalmabili con una precisa identità, declinate in sfumature accattivanti ed esclusive. E soprattutto frutto del matrimonio tra eccellenze: la cioccolata dal sapore antico e le primizie enogastronomiche locali. Un connubio esplosivo. E pensare che il cioccolato non sembrava nemmeno scritto nel destino dei due fratelli. “Discendiamo da una famiglia di panificatori – racconta Fabio, il primogenito –. Mentre i nonni sfornavano pane a Cervia, a metà degli anni Sessanta i nostri genitori hanno cominciato a battere il terreno meno esplorato della pasticceria”. Nasce così il mito de La Perla a Lido di Spina, ancor oggi meta dei golosi di tutta l’Emilia


ci hanno consigliato di cambiare. A Forlì fate pure il cioccolato? la stilettata bonaria”. “In effetti solo con il tempo la forlivesità è diventata un valore aggiunto” aggiunge Manuele. La grande popolarità arriva nel 2002 con la linea di cioccolato al sale di Cervia, un unicum a livello mondiale. “Presentammo le nostre tavolette al Merano Wine Festival, una prestigiosa rassegna vinicola, con un interes-

LA LINEA DI CIOCCOLATO AL SALE DI CERVIA È STATO UN UNICUM A LIVELLO MONDIALE. “PRESENTAMMO LE NOSTRE TAVOLETTE AL MERANO WINE FESTIVAL, UNA PRESTIGIOSA RASSEGNA VINICOLA, CON UN INTERESSANTE APPENDICE DEDICATA A CIBO E OLIO.

Romagna. Naturale il passaggio di consegne tra generazioni. “In principio ci occupavamo di pasticcini e solo d’inverno, in maniera marginale, di torrone e cioccolato”. Nel 1987 il cambio di rotta e la scelta di puntare sulle fave di cacao. Nel minuscolo laboratorio del negozio L’Artigiano di viale Italia, la prima produzione a marchio Gardini. Nel frattempo la famiglia ha messo radici a Castrocaro. “Per una quindicina d’anni, l’attività è stata incentrata su uova di Pasqua e sulle classiche tavolette di cioccolato al latte, fondente e bianco - spiega Manuele -. Uniche varianti nocciole, mandorle e qualche spezia. Niente di rivoluzionario, insomma”. La svolta agli esordi del terzo millennio con la partecipazione a Eurochocolate, il primo vero festival Internazionale del cioccolato. “Dal confronto con i nomi altisonanti del settore in quel di Perugia, maturò una consapevolezza: fino a quel momento non avevamo fatto alcunché di inte12

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ressante”. Nel 2001 l’anno zero. “Abbiamo resettato produzione e distribuzione. Ci siamo fermati per studiare le origini del cioccolato, le materie prime, i differenti gusti e aromi delle fave di cacao, e ancora i processi produttivi e di trasformazione. Volevamo individuare la giusta strada da intraprendere”. L’ambizione è uscire dall’anonimato. Una rivoluzione che prelude la nascita di nuovi prodotti. Il cammino tuttavia è ancora in salita. La concorrenza e soprattutto il pregiudizio sono duri a morire. “All’epoca solo cioccolatieri toscani e piemontesi godevano di buona fama. Sembrava che al di fuori di quei confini non fosse possibile fare prodotti di qualità”. Se verso il resto d’Italia si sprecano le preclusioni, nei confronti di Forlì si sconfina addirittura nella presa in giro. “Nella prima linea di packaging il nome della nostra città campeggiava a grandi lettere - racconta divertito Fabio -. Poi alcuni buoni clienti del nord Italia

sante appendice dedicata a cibo e olio. I concorrenti ci accolsero con sorrisini e battutine. Ecco ci mancavano questi romagnoli piadinari, il commento più benevolo”. Apprezzamento che in tanti saranno costretti a rimangiarsi. “Partecipammo a una gara a inviti, in cui la cioccolata viene assaggiata alla cieca, senza alcuna possibilità di individuarne provenienza e produttore. Fu un successone. Ci sembrava di toccare il cielo con un dito. E oggi non c’è chef stellato che non parli di fusion dolce e salato. Siamo stati i primi a crederci”. Fabio non ha mai avuto dubbi sulle potenzialità del cioccolato al sale. “Tutti da piccoli abbiamo mangiato pane e cioccolato. Un’emulsione piacevole, un gusto che abbiamo in memoria e oggi riusciamo a riconoscere. E poi il nostro è un sale unico al mondo”. Grandi quantitativi del nuovo prodotto hanno imboccato a lungo la strada del Nord Europa. Fino a quando in Svezia 4 o 5 aziende hanno deciso di produrre

IN APERTURA, I FRATELLI FABIO E MANUELE GARDINI NEL LORO LABORATORIO FORLIVESE. IN ALTO, A SINISTRA, GOLOSI PEZZI DI CIOCCOLATO GARDINI AL SALE DI CERVIA.


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in casa le esclusive tavolette. “Abbiamo aperto una strada”. L’80 per cento del patrimonio made in Gardini è destinato al mercato italiano “ma abbiamo clienti in tutto il mondo, dagli Emirati Arabi agli USA, dal Giappone a Hong Kong”. Affiancati in azienda dalle rispettive mogli, i fratelli continuano a sperimentare, intraprendendo nuove vie del gusto. Nascono i golosi abbinamenti con sangiovese e albana passito, formaggio di fossa, olio di Brisighella, aceto balsamico di Modena, mostarda di Cesena. “È indispensabile usare il bilancino del farmacista, per la pralina con il formaggio di fossa abbiamo impiegato sei mesi a trovare il giusto equilibrio. Un processo assimilabile a quello del viticoltore che crea un blend: tanto cabernet, tanto sangiovese e così via.” Queste le parole di Fabio. Le sfumature differenti sono legate anche alla provenienza della materia prima: solo cacao pregiato coltivato in 12 zone nella striscia a nord e a

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sud dei tropici. In base all’origine mutano infatti profumo, aroma, persistenza, intensità, morbidezza. La straordinarietà del cioccolato Gardini si misura anche dal ricco palmares. “Quest’anno ci siamo aggiudicati per il sesto anno consecutivo l’International Chocolate Award”. Il riconoscimento più prestigioso, attribuito da una commissione esperti di tutte le nazioni. “Abbiamo fatto una doppietta con primo e secondo posto nella categoria cremini speziati: medaglia d’oro al cremino all’amarena e piazza d’onore a quello bigusto all’uvetta di Corinto”. Rimanere in auge con prodotti sempre nuovi e differenti è davvero impresa ardua. Ma a Vecchiazzano i premi arrivano a pioggia. Tra i più graditi il trofeo dei consumatori, riuniti nell’associazione italiana Compagnia del cioccolato, che all’ultima tornata hanno celebrato il cioccolato al tè verde. Guardando al futuro, in casa Gardini si auspica di “conti-

nuare a crescere, sperando di conservare la stessa spinta creativa e puntando molto sulla città di Forlì”. Non è esclusa l’apertura di un negozio in centro. “Ma le idee sul territorio sono tante. Paradossalmente sono i nostri vicini a conoscerci meno. L’assurdo è che persone residenti lontano di passaggio in autostrada, escono al casello di Forlì solo per fare un salto in negozio”. Quale migliore occasione del Natale per colmare la lacuna?

“DISCENDIAMO DA UNA FAMIGLIA DI PANIFICATORI – RACCONTA FABIO - MENTRE I NONNI SFORNAVANO PANE A CERVIA, A METÀ DEGLI ANNI SESSANTA I NOSTRI GENITORI HANNO COMINCIATO A BATTERE IL TERRENO MENO ESPLORATO DELLA PASTICCERIA.”


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ESSERE

60 anni

DI VIAGGI UN VIAGGIO DURATO 60 ANNI, QUELLO DELLA FAMIGLIA MANUZZI, SEGNALATA DAL SOLE 24 ORE TRA LE PRIME CINQUE AGENZIE VIAGGI IN ITALIA. PASSIONE, IMPEGNO E FIDUCIA LE PAROLE CHIAVE DEL LORO SUCCESSO. di Barbara Baronio / ph Gianmaria Zanotti

Q

Quando li si guarda negli occhi, s’intravede quel guizzo di intraprendenza del padre. Con impegno, tanta fiducia nel futuro e un continuo aggiornamento, nel 2018 festeggeranno i 60 anni di attività di Viaggi Manuzzi, l’Agenzia che è cresciuta con loro. Per Amedeo Manuzzi che con i figli Gianluca e Raffaella condivide questa passione, i viaggi non sono solo turismo, ma un’esperienza unica di cui si fanno portatori. Non amano offrire proposte massificate e non vendono mai nulla che non conoscono. Investono ogni anno in oltre 200 viaggi di formazione. Tutte le settimane almeno uno dei loro collaboratori è in viaggio alla scoperta di una parte di mondo. Viaggi Manuzzi è stata segnalata dal Sole 24 Ore, tra le prime cinque agenzie di viaggi in Italia con una previsione di chiusura del bilancio 2017 di 21 milioni di euro di volume d’affari per circa 30mila passeggeri. Un’eccellenza tutta romagnola nata a Cesena nel 1958 quando Amedeo Manuzzi, che quest’anno ha spento le 80 candeline, ha rilevato un piccolo chiosco alla Barriera. “Sono un uomo fortunato, – spiega il fondatore

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di Viaggi Manuzzi – perché mi occupo di quello che ho desiderato fare sin da quando ero bambino. Ero affascinato dagli aerei e dagli autobus. Da piccino, durante la guerra, avevo sempre lo sguardo rivolto al cielo per osservare gli aerei militari tedeschi che solcavano i cieli della mia Romagna. Poco più che ventenne mi sono indebitato fino all’osso per seguire la mia passione”. Manuzzi che arriva da una formazione tecnica industriale, nel 1958 riesce a farsi assumere come impiegato nell’agenzia del signor Abati Luigi di cui poi ha rilevato la licenza. “Guadagnavo 15 mila lire al mese – racconta –. In questa piccola agenzia rilasciavamo anche i biglietti delle navi con cui gli italiani emigravano in Venezuela e in Argentina. Ricordo che i biglietti aerei erano a organetto e lunghissimi. Li componevamo tutti a mano e quando ci si sbagliava era una seccatura rifare tutto. In quegli anni lavorava con me la signora Anna Fontana che poi ha seguito l’evolversi di Viaggi Manuzzi per tutta la vita aiutando ad avvicinarsi a questo lavoro anche i miei figli Gianluca e Raffaella. L’abbiamo sempre con-

SOPRA, UN RITRATTO DI FAMIGLIA: AMEDEO MANUZZI CON I FIGLI GIANLUCA E RAFFAELLA.


“GUADAGNAVO 15 MILA LIRE AL MESE. RILASCIAVAMO ANCHE I BIGLIETTI DELLE NAVI CON CUI GLI ITALIANI EMIGRAVANO IN VENEZUELA E IN ARGENTINA. RICORDO CHE I BIGLIETTI AEREI ERANO A ORGANETTO E LUNGHISSIMI. LI COMPONEVAMO TUTTI A MANO.”

siderata come un membro della nostra famiglia ed era un personaggio noto a tutti nel mondo del turismo”. L’agenzia grazie alla guida di Amedeo Manuzzi ha uno sviluppo repentino. “Nel 1960 ero a New York, nel ‘62 a Mosca e nel ‘68 a Pechino. Il paese più bello dove sono stato? È quello che devo ancora visitare. Ma tra i ricordi più cari dei miei viaggi ci sarà sempre quello dell’incontro con Madre Teresa di Calcutta con cui ho parlato durante un volo da Fiumicino al Kenia”. Viaggi Manuzzi a metà degli anni ‘60 inizia a occuparsi dei grandi viaggi-premio aziendali (detti an-

che incentive). “Siamo stati tra i primi a offrire questo tipo di servizio. Con un’azienda romagnola nel ‘65 abbiamo organizzato un grande viaggio a Sanremo, poi siamo arrivati in Russia, Cecoslovacchia e Ungheria. Ricordo una delle nostre prime Crociere organizzata, nel’69, per 750 dipendenti di una grande azienda. Tra i viaggi che sono entrati nella storia della nostra agenzia c’è quello che abbiamo organizzato a Venezia per la multinazionale americana Procter & Gamble che ci ha affidato la pianificazione di un evento a livello mondiale. Abbiamo seguito l’accoglienza, l’ospitalità e il trasferimento di oltre IN MAGAZINE

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500 persone, tra cui tantissimi general manager, provenienti da tutto il mondo, per i quali io stesso mi sono occupato di individuare alloggi di grande prestigio nei più bei palazzi storici veneziani”. In sessant’anni Viaggi Manuzzi ha ricevuto richieste di collaborazione e di lavoro da tantissime imprese, semplicemente grazie al passaparola. Non a caso Plasmon ha scelto Viaggi Manuzzi nel 2002 per organizzare il suo centenario. “A oggi sono oltre 300 le aziende che si affidano a noi per l’organizzazione di eventi, gestione di viaggi aziendali e viaggi di affari – spiega Gianluca Manuzzi, AD

“TRA I VIAGGI CHE SONO ENTRATI NELLA STORIA DELLA NOSTRA AGENZIA C’È QUELLO CHE ABBIAMO ORGANIZZATO A VENEZIA PER LA MULTINAZIONALE PROCTER & GAMBLE CHE CI HA AFFIDATO LA PIANIFICAZIONE DI UN EVENTO A LIVELLO MONDIALE.”

di Viaggi Manuzzi –. Il 70 per cento del nostro fatturato deriva dall’attività corporate che comprende meeting, incentive, convention, and event (MICE), business travel e attività di sostegno per chi lavora all’estero. Offriamo supporto tecnico da Shangai a Rio De Janeiro, dal Sud Africa agli States. Da qualche anno siamo partner della Fiera di Cesena, e in occasione di Macfrut, evento fieristico internazionale, ci occupiamo di oltre 7mila persone che giungono in Romagna in quei tre giorni. Solo nel riminese abbiamo un centinaio di hotel contrattualizzati, inoltre essendo noi entrati nel capitale sociale della Fiera seguiamo anche tutto il comparto dell’hospitality per altre fiere internazionali consociate 18

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a Macfrut. Tante soddisfazioni, ma in 60 anni di attività non sono mancati gli imprevisti. “Ricordo riprende Amedeo Manuzzi - che nel 2001 ho organizzato un viaggio per circa 200 persone: una meravigliosa crociera con arrivo nell’isola di Guadalupa. Tutto si era svolto splendidamente: dopo sette giorni di navigazione nei Caraibi, saremmo dovuti rientrare in Italia, ma improvvisamente il nostro volo viene sospeso per problemi tecnici. Ad aggiungersi al disagio anche l’incertezza sul giorno effettivo della partenza. Ecco che allora ho fatto una scelta. Ho chiamato il direttore generale di Lauda Air e gli ho

SOTTO, FOTOGRAFIE STORICHE DELL’AGENZIA MANUZZI NEGLI ANNI ‘60 E DI ALCUNI VIAGGI DA LORO ORGANIZZATI.


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chiesto di venirci a prendere con un volo sostitutivo. Gli ho offerto una cifra irrinunciabile per il noleggio di un nuovo aereo e ho riportato così in Italia tutti i miei clienti. Quando c’è un problema lo risolviamo. Le persone si affidano a noi e il nostro dovere è non deluderle. Non demandiamo la colpa a nessuno, affrontiamo gli imprevisti”. “Quello che i clienti apprezzano di Viaggi Manuzzi - sottolinea Gianluca - è il nostro know how e la nostra conoscenza del mondo. Solo la scorsa settimana mentre io ero in Repubblica Dominicana per un viaggio di lavoro, avevamo una collaboratrice in India, una seconda alle Maldive in una verifica resort e uno dei nostri ragazzi in Marocco per la progettazione di un itinerario. Quello che offriamo non è una semplice prenotazione. Proponiamo le location migliori, le esperienze più belle facendo scoprire città, luoghi e paesi anche attraverso modalità curiose e inconsuete”. Gianluca Manuzzi ha studiato giurisprudenza, ma dopo ogni esame appena poteva passava dagli uffici e cercava di partire con il primo volo disponibile. Se il padre Amedeo e la sorella Raffaella sono affascinati dall’India, Gianluca è amante dei viaggi naturalistici e trova nell’Australia il contatto più vero con la Terra. 20

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“Da questo Paese non si prescinde se si ama la natura – confessa Gianluca Manuzzi – . Per le vacanze al caldo: le Maldive (dove Gianluca è stato più di venti volte, ndr) sono da vivere almeno una volta nella vita. Di recente stiamo proponendo molto le isole Cook della Melanesia, la Polinesia Neozelandese, con spiagge stupende e paesaggi verdissimi, un sogno per tutti gli italiani”. In sessant’anni di storia Viaggi Manuzzi non ha ricevuto scossoni nemmeno con l’avvento di Internet. “Sono in genere un ottimista – confessa Gianluca – . Sin da quando c’è stato lo sviluppo del web, noi abbiamo cercato di governarlo e investire in questo ambito. Siamo stati tra i primi a dotarci di un web specialist ponendo grande attenzione ai social. Il fai da te on line sui viaggi allarga il bacino di persone che amano viaggiare e questo è comunque un vantaggio”. A oggi Viaggi Manuzzi conta al suo interno circa 35 collaboratori. Tutta la parte turistica è seguita da Raffaella, la figlia minore di Amedeo che del padre incarna lo spirito e l’amore per l’Oriente. “Lavorare in famiglia non è facile, ma molto stimolante e con grandi soddisfazioni”. Raffaella dopo gli studi classici ben presto decide di affiancare il padre e il fratello nella gestione dell’agenzia “Sin dalle scuole

“QUELLO CHE I CLIENTI APPREZZANO DI VIAGGI MANUZZI È IL NOSTRO KNOW HOW E LA CONOSCENZA DEL MONDO. NON UNA SEMPLICE PRENOTAZIONE: PROPONIAMO LE LOCATION MIGLIORI, LE ESPERIENZE PIÙ BELLE FACENDO SCOPRIRE CITTÀ, LUOGHI E PAESI.”

elementari disegnavo aeroplani e pullman, a poco più di vent’anni ho iniziato a lavorare nella gestione dell’azienda di famiglia. Non ho ricevuto privilegi di alcun tipo. Ho passato un anno su di uno sgabello a osservare e a imparare come lavorava la signora Anna Fontana”. “Da noi nulla si dà per scontato e le esigenze sono tutte prese in considerazione. Un cliente per un anniversario ha voluto prenotare una suite con una pelle d’orso e il camino – dice Raffaella – e noi lo abbiamo accontentato”. “A me invece è capitato – spiega Gianluca - di dover noleggiare un idrovolante per consentire a un mio cliente su un’isola delle Maldive di potersi spostare in un atollo vicino per giocare a tennis. Per noi ciò che conta è la soddisfazione del cliente e da sessant’anni diamo il massimo in questo”.


Buone Feste www.poderidalnespoli.com shop.poderidalnespoli.com


INTRAPRENDERE

Qualcosa

DA DIRE

SI MOLTIPLICANO LE REALTÀ NEL FORLIVESE E NEL CESENATE GESTITE DA GIOVANI E RIVOLTE A GIOVANI. TRA QUESTE ORTO DEL BROGLIACCIO, SEMI-INTERRATI, VITIGNANOSTOCK ON AIR, FAI GIOVANI, VOCEVERSA E WE READING. di Roberta Invidia

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ph Massimilano Romualdi

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Se pensate che a Forlì, come a Cesena, non ci sia nulla per i giovani, questo articolo è per voi. Perché, mai come in questo periodo, si stanno moltiplicando le realtà fondate e gestite da giovani con un obiettivo comune: sfatare il falso mito che le province siano luoghi senza stimoli e aggregare tutti coloro che hanno qualcosa da dire. E sono tanti. Orto del Brogliaccio e Semi - Interrati, ad esempio, sono due realtà forlivesi nate nel 2017. Hanno scelto nomi che hanno a che fare con la terra, con il crescere e il germogliare e loro, del solito refrain “a Forlì non c’è nulla”, non ne vogliono proprio sapere. “Se dovessi fare tutto quello che offre Forlì non starei in casa una sera – dice Gianfranco Boattini co-fondatore di Orto del Brogliaccio aperto a settembre scorso nell’ex Filanda Maiani di via Orto del Fuoco –. Uno spazio di 400 metri quadri che ospita corsi di musical, canto, recitazione, dizione: una sorta di versione forlivese dell’accademia di Saranno Famosi a cui i tre soci (Boattini, Beatrice Buffadini e Laura Zoli) ammettono inconsciamente di essersi ispirati. L’Orto vuole essere un posto dove seminare competenze attingendo anche ai contatti che i fondatori, tutti tra i 30 e 40 anni con esperienze importanti nei rispettivi settori, possono mettere in campo: Beatrice Buffadini, attrice e cantante, è stata protagonista di musical di successo come La Bella e la Bestia e Mamma mia!; Laura Zoli è attrice e doppiatrice per produzioni di Netflix e Sky mentre Boattini, attore, ha lavorato con Pupi Avati e con il forlivese Antonio Monti, regista della trasmissione Tv Le iene, solo per citarne alcuni. Un orto dove seminare, dunque, ma non un orticello: “La struttura è pensata per essere un punto di riferimento per artisti di vari settori che qui potranno trovare uno spazio dove lavorare fianco a fianco, dividere i costi fissi e, perché no, avviare nuove collaborazioni”.

ph Giulia Masci Ametta

MAI COME IN QUESTO PERIODO, SI STANNO MOLTIPLICANDO LE REALTÀ GESTITE DA GIOVANI CON UN OBIETTIVO COMUNE: SFATARE IL FALSO MITO CHE LE PROVINCE SIANO LUOGHI SENZA STIMOLI E AGGREGARE TUTTI COLORO CHE HANNO QUALCOSA DA DIRE. E SONO TANTI.

Far germogliare talenti è anche l’idea che sta alla base dei SemiInterrati l’associazione culturale nata, quasi per caso, lo scorso aprile dall’iniziativa di alcuni ventenni tra cui Stella Tartagni, l’ideatrice, e Valentina Cavalli. “Nell’associazione siamo già una ottantina di persone – dice Valentina – l’età media è di 25 anni, ognuno fa un pezzo della storia”. Come per Orto del Brogliaccio, anche i SemiInterrati sono partiti dalla voglia di contraddire chi descrive Forlì come una città morta, special-

IN APERTURA, ALCUNE RAGAZZE DI SEMI-INTERRATI DURANTE UNA PERFORMANCE. SOPRA, I FONDATORI DI ORTO DEL BROGLIACCIO.

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mente per i giovani. “Mettiamo insieme arti di talmente tanti tipi che solo a elencarle si può capire quante cose si fanno in città”. Ci sono gli skaters, i brakers, i ballerini di danza classica, contemporanea, hip hip, fotografi, videomaker, quelli che fanno parkour, acrobatica, pittori, writers; le loro performance, spesso in luoghi inusuali come l’ex

FAR GERMOGLIARE TALENTI È L’IDEA ALLA BASE DI QUESTE REALTÀ NATE DALLA VOGLIA DI CONTRADDIRE CHI DESCRIVE FORLÌ COME UNA CITTÀ MORTA, SPECIALMENTE PER I GIOVANI. SOLO ELENCANDOLE SI PUÒ CAPIRE QUANTE COSE SI FANNO IN CITTÀ.

SOPRA, GLI SPEAKERS E IDEATORI DI VITIGNANOSTOCK ON AIR. A FIANCO, I RAGAZZI DEL FAI GIOVANI FORLÌ.

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Eridania o il chiostro di San Mercuriale, sono piene di freschezza e di contaminazioni e sono state protagoniste di diverse iniziative come il Campus Festival e la Settimana del Buon Vivere. “Mescoliamo le tante discipline che ognuno di noi pratica e sperimentiamo il più possibile finendo per appassionarci l’uno all’arte dell’altro”. Da un esperimento è nata anche Vitignanostock On air, la web radio che racconta il noto festival di musica rock giovanile nato nel 2011 nella frazione di Meldola. Da qualche tempo, lo show radiofonico è stabilmente nei palinsesti

di Radio Sound Garage e tra non molto si potrà ascoltare anche in Fm. “Siamo tutti appassionati di musica e, a nostro modo, siamo musicisti anche se quasi nessuno lo fa per professione – dice Damiano Valeriani -. La trasmissione è una sorta di salotto dove si parla di musica e si dà spazio alle band che partecipano al festival ma non solo. Quest’anno, abbiamo deciso di buttarci e avremo anche interviste con i grandi personaggi della musica. In cantiere c’è già quella telefonica con Caparezza”. I sette speaker di Vitignanostock On air, cinque uomini e due donne tutti tra i venti e i trent’anni, stanno anche pensando a una diretta video della trasmissione che negli anni ha visto alcune delle band ospitate spiccare il volo verso mete importanti. Per chi invece ama la cultura e la storia dell’arte, c’è il Fai Giovani

Forlì - Cesena, che fa capo alla delegazione di Forlì ma, come dichiara già nel nome, vuole allargare l’offerta di eventi anche a Cesena e superare così, amichevolmente, le diatribe di campanile tra le due città. “Il Fai Giovani è nato nel 2015 e si occupa della tutela e della valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale del territorio – dice il responsabile Alessandro Gardella Ravaioli, 30 anni, due lauree e una grande passione per l’arte che lo ha spinto a diventare guida museale –. La differenza rispetto alla delegazione Fai, per così dire, tradizionale? Sta nel bacino di utenza che si vuole coinvolgere, i giovani, appunto, per i quali cerchiamo di creare eventi alternativi alle classiche visite guidate; appuntamenti che possano essere più accattivanti per un pubblico qualche volta annoiato e dif-


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I GIOVANI DI VOCEVERSA, METTONO IN CIRCOLO MOMENTI IN CUI LA POESIA SI SVELA IN TUTTE LE SUE SFUMATURE, MOLTO LONTANE DALLA POESIA SOFFERTA CHE CONOSCIAMO DAI LIBRI DI SCUOLA. LA POESIA PUÒ ESSERE IRONICA, ALLEGRA, ADDIRITTURA RAP.

SOPRA, UNA SERATA POETRY SLAM ORGANIZZATA DAI RAGAZZI DI VOCEVERSA. SOTTO, UN LETTORE IN UNA SERATA AL WE READING.

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ficile da motivare”. I ragazzi del Fai stanno già lavorando alle prossime giornate Fai di Primavera con nuovi affascinanti scrigni da aprire appositamente per i più giovani. Per farsi incantare e inebriare dalla bellezza della poesia performativa bisogna invece spostarsi

a Cesena dove i ragazzi di VoceVersa organizzano sessioni di Poetry Slam, occasioni in cui i versi poetici escono dalle pagine scritte per farsi ritmo, spettacolo, voce, emozione. “Ci siamo conosciuti tra Bologna e Rimini agli eventi di poesia orale e abbiamo deciso di portare questo genere anche a Cesena – spiega Alice Casadei, trentenne con la passione per la scrittura –. La poesia recitata è altra cosa rispetto a quella scritta, è più coinvolgente”. I giovani di VoceVersa, quattro donne e tre uomini dai 21 ai 40 anni, mettono in circolo momenti in cui la poesia si svela in tutte le sue sfumature “molto lontane – sempre Alice – dalla poesia sofferta e intimista che siamo abituati a conoscere dai libri di scuola. Invece, la poesia può essere ironica, allegra può anche sconfinare nel rap gio-

cando con i ritmi delle rime”. Il genere appassiona, tanto che ai Poetry Slam, le gare tra poeti a colpi rime, per ora tre e tutte da Zampanò, c’è sempre il pienone. We Reading, infine, nasce nel 2016 a Cesena un po’ per gioco un po’ per necessità. Le serate di lettura, organizzate dai ventenni riuniti nell’associazione Ishmael & the Elephant, hanno una particolarità: “Invitiamo le persone a leggere qualcosa a cui tengono, a cui sono appassionate e lasciamo le performance alla loro creatività con l’unica regola che non sia materiale scritto da loro – racconta Cesare Biguzzi, 29 anni, il più anziano del gruppo –. Il risultato di questi incontri è sempre variabile e desta interesse in chi assiste. C’è chi legge soltanto, chi si fa accompagnare da un musicista, chi mette in piedi una rappresentazione con aspetti teatrali. Nessuno lo fa per professione, è un’altra delle nostre regole, ma proprio per questo il risultato è sempre nuovo e inatteso”. Il format di We Reading è piaciuto a tal punto che l’associazione ha organizzato eventi anche in altre città del Nord Italia, da Bologna a Torino e a Milano all’Università Bocconi. “Riceviamo tante richieste da tante città, per questo abbiamo deciso di far diventare We Reading un format aperto, con un sito e una piattaforma comune in cui chiunque potrà organizzare eventi con le stesse caratteristiche e inserirli nella nostra cornice”. Una bella iniziativa nata per gioco e che promette di andare lontano.


STILE DI VITA

COLLEZIONE AUTUNNO/INVERNO 2017-2018

RAVENNA | FORLÌ | FAENZA www.tagiuri.it


SOGNARE

Si può vivere

DI MUSICA?

FARE DELLA PROPRIA PASSIONE UN MESTIERE È IL SOGNO DI TUTTI, ILARIA MAZZOTTI, MARCO VERSARI E CECILIA BIONDINI POSSONO DIRE DI ESSERCI RIUSCITI, MA NON SENZA QUALCHE DIFFICOLTÀ. di Laura Bertozzi

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Sul fatto che la musica abbia un luogo d’elezione nell’esperienza di vita di ciascuno siamo tutti d’accordo. Ma quando si parla di farne un mestiere, è il caso di dirlo, è tutta un’altra musica. Sono dei sognatori quelli che cercano di farne una professione oggi? E cosa s’intende per vivere di musica? Le risposte a queste domande sono sfaccettate come la musica stessa. Chiunque abbia fatto di quest’arte un lavoro, ha trovato una sua personalissima via per declinare il tema. Ilaria Mazzotti, violinista, co-fondatrice e direttrice didattica di Accademia InArte di Forlì, ha puntato sull’insegnamento: “A livello musicale, ho capito che il mio interesse si muoveva lungo due binari: il processo che porta alla creazione e una didattica incentrata sulla relazione, la comunicazione e il movimento corporeo. Dall’approfondimento del metodo OrffSchulwerk e di quello di Émile Jaques-Dalcroze, ho fatto mio un tipo d’insegnamento della musica che parte all’inverso: prima melodia, ritmo, emozione, corpo e relazione, poi pentagramma e tecnica”. Da quell’intuizione Ilaria ha dato vita, nel 1998, insieme ad Andrea Farì, all’associazione culturale InArte. Nel 2004, è seguita la fondazione della scuola. “L’anno prossimo festeggeremo i vent’anni dell’associazione – continua Ilaria Mazzotti – e posso dire che quello che abbiamo seminato ha dato buoni frutti. In Italia ti fanno credere che non si possa vivere di musica. Ma se hai una motivazione forte e una proposta di qualità, il mercato ti premia”. Nel 2011 Accademia InArte è stata accreditata dal Miur come ente di formazione e aggiornamento del personale docente delle scuole; nel 2015 si è aggiunta la gestione della scuola comunale di musica Glenn Gould di Bellaria, per un totale di circa 520 allievi nelle due strutture. “Quanto al processo creativo, – conclude Ilaria –, gli input lanciati nel 2014 dal seminario di Gianni Errera

Le note che non conosci, hanno consolidato la proposta, rivolta ai nostri studenti, di comporre musiche originali. Coltivare questo filone ha contribuito a farci approdare al format di Teleromagna Degni di nota. Gli AiTia, un gruppo cresciuto all’interno della scuola, è stato selezionato a partecipare al programma con l’inedito Punto a capo, un brano sulla Resistenza”. Questa è solo una delle soluzioni possibili: “Il mio escamotage è stato, più che vivere di musica, vivere di suoni, – racconta Marco Versari, pianista forlivese e titolare dello studio di registrazione che porta il suo nome – perché mantenersi suonando è una strada in salita in Italia. La

“POSSO DIRE CHE QUELLO CHE ABBIAMO SEMINATO CON L’ASSOCIAZIONE HA DATO BUONI FRUTTI. IN ITALIA TI FANNO CREDERE CHE NON SI POSSA VIVERE DI MUSICA. MA SE HAI UNA MOTIVAZIONE FORTE E UNA PROPOSTA DI QUALITÀ, IL MERCATO TI PREMIA”.

versatilità nel praticare generi diversi e l’inclinazione alla composizione mi hanno indirizzato verso il settore nel quale opero oggi: i suoni e le voci legate all’editoria e alla comunicazione”. La Marco Versari Produzioni, un’azienda nata nel 1999, si occupa, infatti, della parte sonora di film, spot pubblicitari, audiolibri, audioguide e video aziendali. Voci, doppiaggio e musiche di sottofondo sono il pane quotidiano di un’attività che è diventata un punto di riferimento su scala nazionale. “Oggi collaboro con editori come Mondadori, Zanichelli, Rizzoli, Salani e Edizioni EL. Ho realizzato fino all’anno scorso

IN APERTURA, ILARIA MAZZOTTI, MUSICISTA, CO-FONDATRICE E DIRETTRICE DIDATTICA DI ACCADEMIA INARTE DI FORLÌ.

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IN ALTO, LA VIOLONCELLISTA CECILIA BIONDINI. A LATO, MARCO VERSARI, PIANISTA E TITOLARE DELLA CASA DI PRODUZIONE CHE PORTA IL SUO NOME.

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il doppiaggio di alcune serie televisive e film di animazione di Netf lix. La colonna sonora che ho composto per lo spot Lavazza NIMS si è aggiudicata, nel 2010, il premio Media Stars nella sezione televisione e cinema. La mia è stata una scelta commerciale che però non toglie nulla alla capacità tecnica del musicista: ho scritto circa 600 brani, dei quali 27 pubblicati da Mondadori nei libri di scuola per bambini. Non componeva forse anche Mozart su commissione?”. Le variabili in gioco però a volte sono tutt’altro che semplici. “Come violoncellista, ho dovuto fare i conti con il peso, anche economico, riservato al mio strumento nelle orchestre – spiega Cecilia Biondini –, così come al fatto che il violoncello era, fino a non troppi anni fa, impiegato solo nella musica classica. Cosa dire poi della sfida di essere mu-

“MANTENERSI SUONANDO È UNA STRADA IN SALITA IN ITALIA. LA VERSATILITÀ NEL PRATICARE GENERI DIVERSI E L’INCLINAZIONE ALLA COMPOSIZIONE MI HANNO INDIRIZZATO VERSO IL SETTORE NEL QUALE OPERO OGGI: I SUONI E LE VOCI LEGATE ALL’EDITORIA E ALLA COMUNICAZIONE.”

sicista e mamma? La chiave per trovare la propria via resta sempre quella di essere se stessi fino in fondo”. Cecilia Biondini, che ha avuto un ruolo di spicco a Sanremo nel 2010 insieme a Povia nella canzone La verità, collabora, fra gli altri, con Emma e Franco Battiato ed è salita sul palco del Teatro Dal Verme di Mi-


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sicisti una condizione del genere equivarrebbe a una sconfitta, per me invece è una scelta d’amore. Quando non avevo una famiglia, ho potuto davvero vivere di musica, ma ora voglio dare una sicurezza in più a mia figlia. Se però mi si chiede che lavoro faccio non ho dubbi: la violoncellista. La musica è un dono poliedrico che si può far fruttare in mille modi”.

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lano con Giovanni Allevi il 15 novembre, per la presentazione del nuovo disco del pianista marchigiano. “Ho osato togliermi dal vincolo dello spartito e usare il violoncello nel pop quando questa scelta era malvista dai puristi del classico. Poi nel 2012 è nata mia figlia e ho deciso di spendere la mia laurea in agraria per diventare insegnante. Per alcuni mu-

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CREARE

Volevo fare

LO STILISTA ENTRAMBI STILISTI, ENTRAMBI GIOVANI, ENTRAMBI PREMIATI PER LE LORO CREAZIONI. FEDERICO CINA E SIMONE BOTTE CI RACCONTANO COME NASCE LA LORO PASSIONE PER LA MODA E COME SONO ARRIVATI A FARE IL LAVORO DEI LORO SOGNI.

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Due giovani cesenati solcano le passerelle europee presentando le loro collezioni, che hanno vestito addirittura i cantanti Semm&Stenn sul palco di Xfactor 2017. Federico Cina ha vinto il primo premio al Fashionclash Festival 2017 di Maastrich e a settembre è stato pubblicato da Vogue Talents. Simone Botte, stilista della linea Simon Cracker è stato selezionato tra i New Talents alla settimana della moda Parigina e presenterà la sua nuova collezione no gender alla Mercedes Benz Fashion Week a Praga, il prossimo Marzo. Da dove parte la tua passione per la moda? Raccontaci in breve il tuo percorso. Federico: “Sono sempre stato, fin da piccolo, un bambino con mille passioni, magari dipingevo un quadro, poi neanche il tempo di finirlo, già stavo pensando a cosa avrei potuto fare di nuovo, non avevo pace, come ad oggi in effetti. Volevo fare mille cose ed ho frequentato il liceo artistico a Forlì. Mentre frequentavo il liceo pensavo di fare l’interior designer, poi il parrucchiere, ma l’ossessione per l’estetica ma soprattutto per la moda divenne sempre più intensa, così decisi di diplomarmi

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di Giulia Masci Ametta


in Fashion Design presso l’Istituto Polimoda di Firenze. Studiando ho realizzato quello che pensavo veramente, questo lavoro è la mia vita e, ora come ora, non potrei fare nient’altro.” Simone: “La mia passione per questo strano e intricato mondo nasce come uno sfogo, l’esigenza di evadere dalla realtà creando una realtà tutta mia attraverso collezioni che presento ogni stagione. A 8 anni durante i preparativi di matrimonio di mia zia, conobbi la sarta del suo abito da sposa. Da quel giorno passai i pomeriggi da lei a osservare come toccava i tessuti e come li trasformava in creazioni perfette sul corpo, sfogliavo le riviste e i suoi cartamodelli mentre nella mia testa stava nascendo una passione. Sono fortunato perché posso dire

di essere arrivato a fare quello che tanti anni fa ingenuamente, credevo possibile guardare solamente attraverso riviste.” Da cosa trai ispirazioni per le nuove collezioni? Quali sono le tue suggestioni? F: “Per creare una collezione, mi lascio ispirare dalla mia vita. Ho bisogno di sentire sulla mia pelle quello che voglio trasmettere, di solito parlo delle mie esperienze, belle o brutte che siano. Credo che questa passione sia scatenata dal desiderio di essere sempre all’altezza di ogni situazione, naturalmente l’immagine esteriore è la prima cosa che ci salta all’occhio, quindi ho sempre osservato le persone, per capire le loro debolezze e il modo in cui nascondono le proprie insicurezze.” S: “Non cerco mai l’ispirazione


ativo c’è un mondo che neanche lui stesso riesce a spiegare, quindi è da capire. Ma ovviamente per entrare nel mondo del business bisogna parlare di numeri, quindi la poesia va piano piano scemando. È per quello che in sfilata vediamo sempre collezioni particolari e importabili, perché è l’unico sfogo che noi stilisti abbiamo veramente.” S: “Per anni mi sono avvolto in queste paranoie, se seguire il mio istinto creativo o vendere... Non è stato facile arrivare alla soluzione, quella più adatta a me ovviamente, perché ognuno deve trovare la propria svolta. Io dopo anni di esagerata stranezza e scomodità dei capi, oppure inversamente collezioni troppo commerciali, sono arrivato al compromesso che per le nuove collezioni, di solito arriva in tempi non sospetti, potrei soffermarmi a guardare degli operai fuori da una fabbrica e costruirci sopra una storia, la palette colori potrebbe venir fuori attraverso una fotografia della mia famiglia, dove mia nonna cuciva abiti della stessa cromia a mia madre e mia zia. Non mi fisso mai su muse classiche, di solito immagino la persona che vorrei vestire, mi piace trasformare le persone che ho intorno, che incontro per strada o semplicemente hanno toccato la mia vita in un qualche modo. Tutti dovrebbero sentirsi speciali e protagonisti.” Cosa consiglieresti ad un giovane stilista che prova a fare questo lavoro? F: “Quello con cui io lotto ogni giorno è la trasparenza e la semplicità nelle persone. Purtroppo questo mondo è pieno di persone negative, sia nel mondo della moda ma anche al di fuori. Mi sono trovato davanti a persone 34

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che hanno cercato e cercano di mettermi i bastoni tra le ruote, non solo a lavoro. La cosa più importante da non dimenticarsi mai è la determinazione. S: “Di momenti dove pensi “non ce la faccio più, lascio perdere tutto” ce ne saranno un sacco, come di persone pungenti attorno a te che cercheranno di farti cadere dalla barca. Il trucco è rimanere concentrati sull’obbiettivo e non mollare mai, anche se ci vorranno 10 o 15 anni, non importa, il tuo momento arriverà. Guarda fuori dagli schemi e non pensare di dover accontentare i gusti di nessuno, se non i tuoi.” Una moda da guardare e da capire o una moda da indossare? F: “Sicuramente entrambe, anche se io amo la moda da guardare e da capire. L’anima di un designer viene a galla quando mette in mano alla gente i propri sentimenti, parla di sé e trasmette le sue emozioni, senza timore. A volte dentro l’anima di un cre-

“L’ANIMA DI UN DESIGNER VIENE A GALLA QUANDO METTE IN MANO ALLA GENTE I PROPRI SENTIMENTI, PARLA DI SÉ E TRASMETTE LE SUE EMOZIONI, SENZA TIMORE. A VOLTE DENTRO L’ANIMA DI UN CREATIVO C’È UN MONDO CHE NEANCHE LUI STESSO RIESCE A SPIEGARE.”

permette a me di non essere troppo spaventato dai tempi economici, senza reprimere la mia creatività. Ora disegno la collezione principale, da sfilata, senza freni, con ancora la voglia di stupire e sbalordire con volumi e materiali, poi in seguito sviluppo una seconda soluzione di pezzi ispirati agli stessi temi, colori e materiali, ma in modelli più leggeri, comodi e quotidiani, da vendita.”

IN APERTURA, DA SINISTRA FEDERICO CINA E SIMONE BOTTE IN PASSERELLA CON DUE LORO CREAZIONI. IN ALTO, UNO SCATTO DAL LOOKBOOK DELLA COLLEZIONE SIMON CRACKER I CUI PANTALONI SONO STATI INDOSSATI DAGLI ARTISI SEM & STENN SUL PALCO DI X FACTOR 2017.


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FOTOGRAFARE

Onore

AL NERO INDAGA SU CIÒ CHE SI NASCONDE NELL’ANIMO UMANO LA MOSTRA FOTOGRAFICA DEL GIORDANO MUSTAFA SABBAGH, ALLESTITA AI MUSEI SAN DOMENICO E ALLA CHIESA DI SAN GIACOMO A FORLÌ.

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di Rosanna Ricci

La mostra fotografica di Mustafa Sabbagh, allestita fino al 14 gennaio 2018 nel complesso dei Musei San Domenico e chiesa di San Giacomo a Forlì, è intitolata XI Comandamento: non dimenticare. Un invito che, attraverso la visione delle opere, è trasmesso immediatamente al visitatore. A fianco di questa rassegna antologica, sono allestiti altri due interventi site-specific dell’artista: uno alla Fondazione Dino Zoli, l’altro alla Galleria Marcolini. Difficile definire la produzione di

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Sabbagh. Si tratta della collettiva di un unico artista, come lui stesso l’ha definita, esposta a Forlì come ‘inedito ciclo pittorico’ dopo la mostra a Palermo attraverso la quale l’artista ha ottenuto il conferimento della cittadinanza onoraria. Occorre poi aggiungere che la mostra ha anche un legame con i duecento anni dell’Ebe del Canova e, non a caso, una sezione della rassegna è allestita nella sala sospesa e in quella adiacente alla scultura canoviana nei musei San Domenico. L’unicità del progetto sta soprattutto nella grande coerenza con cui l’autore presenta le sue opere indagando sempre sui motivi dell’inconscio in cui si trova la parte più oscura di noi. È nato così un allestimento schizofrenico che lascia senza parole. Il primo percorso, quello dentro la chiesa di San Giacomo, comprende un grande muro di legno nero su cui è appeso un ciclo di cinquanta fotografie dell’artista in cui il nero è il colore predominante per tirar fuori tutto ciò che si nasconde nell’animo umano con contraddizioni e inquietudini che invitano a tener presente il laico XI comandamento: non dimenticare. Sempre nello splendido spazio del

A SINISTRA, UN RITRATTO DEL FOTOGRAFO MUSTAFA SABBAGH. IN ALTO, HEBE VS. HEBE, 2017. OPERA IN MOSTRA PRESSO I MUSEI SAN DOMENICO.


OGGI SABBAGH È CONSIDERATO UNO DEI CENTO FOTOGRAFI PIÙ INFLUENTI AL MONDO E UNO DEI QUARANTA RITRATTISTI DI NUDO TRA I PIÙ RILEVANTI A LIVELLO INTERNAZIONALE. CIÒ CHE LO INTERESSA È L’INDAGINE PSICOLOGICA, L’IMPERFEZIONE, LO STUDIO ANTROPOLOGICO.

San Giacomo sono esposte: dodici opere pittoriche appartenenti al ciclo inedito dell’artista, un’installazione site-specific in legno più carbon fossile della serie Onore al Nero, una video installazione formata da sette video e due installazioni multimediali composte da video-art e scultura. Il tutto accompagnato da una sound art che unisce vari suoni in un unico, e fortemente emotivo, viaggio sonoro. La mostra prosegue ai musei del San Domenico dove sono esposte dodici opere fotografiche del ciclo inedito dell’artista, un’opera di videomapping inedita realizzata in collaborazione con la gipsoteca del Canova a Possagno

e un’opera video inedita dedicata all’Ebe del Canova dal titolo Hebe vs. Hebe. Quest’ultima opera non traduce più la splendida dea tutta bianca e ieratica, ma una figura nera, raccolta in se stessa, con increspature della pelle, ossia un’Ebe a misura d’uomo e divenuta libera. “Perché la vera bellezza – spiega Sabbagh – mette a disagio, ferisce. Ciò che invece rassicura è la banalità”. L’opera, donata alla città, rimarrà in esposizione permanente al San Domenico. Mustafa Sabbagh è nato ad Amman in Giordania nel 1961 da madre italiana e padre palestinese. La sua carriera, dopo una brillante esperienza di fotografo di moda, si è concentrata – a partire dal 2012 – sulla ricerca nell’arte contemporanea attraverso la fotografia e la video-arte. Ciò che lo interessa è l’indagine psicologica, l’imperfezione, lo studio antropologico. Oggi Sabbagh è considerato uno dei cento fotografi più influenti al mondo e uno dei quaranta ritrattisti di nudo tra i più rilevanti a livello internazionale. La rassegna è stata promossa dal Comune di Forlì, dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, dalla Fondazione Canova e dall’associazione Amaci. Altre opere di Mustafa Sabbagh sono esposte negli spazi della Fondazione Dino Zoli Arte Contemporanea. Si tratta di due opere installative di trenta tavole: Made in Italy — Handle with care, in cui sono ritratti giovani uomini in riva al mare con indosso pantaloni sgraziati e troppo grandi e Made in Italy — Lost Home, con alcuni pantaloni abbandonati sulle brande. Alla Galleria Marcolini è poi esposto un grande pannello di Sabbagh dipinto a tempera, con sagome che appaiono come ombre e la videoinstallazione Chat Room. IN MAGAZINE

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RIVIVERE

Vite di

PALAZZO STORIA, ARTE E UN PIZZICO DI MISTERO NON BASTANO A SPIEGARE IL FASCINO DI PALAZZO ROMAGNOLI. di Dolores Carnemolla / ph Gianmaria Zanotti

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L’architettura del Palazzo si inserisce nell’ambito di una nuova cultura dell’abitare che nel Settecento si cominciò ad affermare a livello nazionale per poi coinvolgere anche le città di provincia: un gusto estetico in grado di esprimere, sia internamente che esternamente, un cambiamento da un punto di vista architettonico evidente nella ristrutturazione di diversi palazzi, dimore nobiliari capaci di conferire bellezza e prestigio alle vie più importanti. Palazzo Romagnoli, già palazzo Maraldi, si trova in Via Uberti e fu eretto intorno alla metà del XVII. Nel 1711 passò di proprietà alla nobile famiglia del Marchese, e Tesoriere di Romagna, Prospero Romagnoli. Il Marchese ebbe quattro figli maschi ma i suoi eredi furono solo due: Michelangelo

LA PIANTA DELLO STORICO PALAZZO CESENATE È A “U” CON CORPO CENTRALE A TRE PIANI E A FIANCO DUE ALI PIÙ BASSE. ATTRAVERSO UN PROFONDO ANDRONE SI RAGGIUNGONO LE SCALE LATERALI SIMMETRICHE CHE CONDUCONO AI PIANI SUPERIORI.

e Gasparo. Secondo le volontà testamentarie del nobiluomo fu disposto che il palazzo di famiglia spettasse a loro. L’altro figlio maschio Lorenzo morì prima del padre e Antonio Vincenzo, sposando una donna di umili condizioni contro la volontà paterna, ereditò solo la quota legittima. Fu il figlio Michelangelo, tra 1753 e il 1765, a effettuare una prima ristrutturazione della dimora sulla base di progetti elaborati personalmente. Il Palazzo è stato restaurato dagli architetti Sergio Bizzarro e Sanzio Castagnoli. “La difficoltà maggiore del progetto di ristrutturazione è stata quella di con40

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ciliare le preesistenze con il riuso efficace degli ambienti – ci spiega l’architetto Bizzarro –, mentre per la parte nobile è stata rispettata la ricostruzione filologica insieme alle precise indicazioni della Soprintendenza. In particolare mi piace ricordare l’intervento effettuato sulla Sala dell’orologio, la sala più bella, interamente affrescata sia alle pareti che ai soffitti”. La pianta dell’edificio è a U con corpo centrale a tre piani e a fianco due ali più basse. Attraverso un profondo androne si raggiungono le scale laterali simmetriche che conducono ai piani superiori. Il prospetto rivela una integrazione orizzontale e verticale, calcolata

IN QUESTE PAGINE, ALCUNI SCORCI DELLE MERAVIGLIOSE SALE DI PALAZZO ROMAGNOLI.


con una sovrapposizione dei piani; il portone centrale monumentale è inquadrato da colonne in pietra d’Istria. Il Palazzo oggi sembra rivivere una seconda vita ed è ripartito fra tre diversi proprietari. Viene abitato in forma privata ma una volta l’anno, durante le giornate del FAI, è aperto al pubblico e per questo visitabile. Inoltre è possibile potervi organizzare eventi speciali e cerimonie, come ci spiega Alessandra Plachesi, direttrice dall’agenzia di organizzazione eventi That’s Event: “È impossibile non rimanere conquistati dagli affreschi che impreziosiscono il Palazzo – ci rivela –, è

forse l’elemento che più di altri colpisce chiunque acceda alle sue sale. Vi si respira la storia che vi è raffigurata, è ricco di decorazioni di alto livello artistico”. Alle pareti del salone d’onore campeggiano le tele Il passaggio del Rubicone e L’uccisione di Cesare di Giuseppe Milani; del Milani sono pure i grandiosi affreschi del soffitto con l’Apoteosi di Giulio Cesare, mentre della sua scuola sono le decorazioni pittoriche degli ambienti alla destra del salone: nove sale affrescate con scene mitologiche. Le sale a sinistra del salone furono invece abbellite nell’Ottocento con affreschi del cesenate Lucio Rossi, in


OGNI COSA, TRA LE SALE E I GIARDINI DEL PALAZZO È PERMEATA DI STORIA: NON SOLO GLI ARREDI MA ANCHE I LIBRI, I DOCUMENTI E I DIVERSI OGGETTI DI FAMIGLIA, TRA CUI UN MANTELLO COLOR ORO CHE NAPOLEONE INVIÒ, COME DONO DI NOZZE, ALLA NOBILE FAMIGLIA.

SOPRA, LA VEDUTA DI UNA PREZIOSA SALA ALL’INTERNO DEL PALAZZO. A FIANCO, LA FACCIATA ESTERNA.

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stile neorococò. Ancora del Milani sono gli affreschi che ornano il soffitto della galleria dell’Orologio al piano superiore, con i Quattro continenti e l’Allegoria della vita e del giorno. Ma Milani non fu l’unico artista chiamato a decorare il Palazzo: Francesco Callegari con le sue sculture in terracotta impreziosì logge e angoli del salone mentre Giovanni Urbini realizzò porte e superfici lignee intagliate con

gusto rococò. La corte interna di Palazzo Romagnoli, con la chiusura del cortile che sarebbe stata opera dell’architetto Pietro Carlo Borboni, è caratterizzata da una pavimentazione esterna in ciottoli e da un giardino formale centrale, perimetrato da siepi di tasso e rialzato rispetto alla quota della pavimentazione. All’ingresso del giardino formale, un percorso di

lastre in pietra naturale inserite nel prato conduce ad una fontana che costituisce l’elemento centrale del giardino. Piante formali, sedute in legno e sculture piramidali in ferro completano l’ambiente. Ogni cosa, tra le sale e i giardini del Palazzo è permeata di storia: non solo gli arredi ma anche i libri, i documenti e i diversi oggetti di famiglia, tra cui un mantello color oro che Napoleone inviò, come dono di nozze, alla nobile famiglia. E oltre la storia anche un’aura enigmatica ne avvolge i luoghi: secondo una leggenda, si aggirerebbe nel palazzo il fantasma di una nobildonna morta tragicamente. Tra incanto e incantesimi sussurrati le vite e le vicende di Palazzo Romagnoli affiorano fino ai nostri giorni, condotte dalla storia e avvolte da un’eco misteriosa e affascinante.


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Missione

SOLIDARIETA SPESSO SI PARLA DI SOLIDARIETÀ, MENO SPESSO DI RESPONSABILITÀ SOCIALE D’IMPRESA. NE PARLIAMO CON ARTURO ALBERTI, PRESIDENTE DI ROMAGNA SOLIDALE, ONLUS CHE LAVORA CONCRETAMENTE ED ATTIVAMENTE SUL TERRITORIO.

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di Giulia Masci Ametta

Primavera 2010, la responsabilità sociale d’impresa inizia ad essere sempre più viva nella mente e nel cuore degli imprenditori più sensibili, l’idea che ogni impresa dovrebbe avere a cuore, oltre al proprio sviluppo, al benessere dei propri dipendenti, alla tutela dell’ambiente, anche la risposta ai bisogni delle persone che vivono nello stesso territorio in una situa-

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zione di disagio sociale di varia natura. Per questo, in dialogo con questi imprenditori, e in particolare con l’impulso decisivo di Bruno Piraccini di Orogel, nacque l’idea di creare uno strumento che favorisse l’impegno solidale a favore di realtà sociali presenti nel territorio cesenate e in tutta la Romagna. Ha così luce così Romagna Solidale. Presidente, ci racconta gli inizi di questa bella storia? “Quando ci costituimmo come Fondazione tra imprenditori, cominciammo a proporre in alcuni momenti conviviali. La risposta fu buona e si decise di tentare questa avventura umana che ci appassiona da sette anni. Il primo nucleo fu costituito da 35 aziende e ora la Fondazione ha 60 soci e più di 40 progetti sostenuti. Nonostante il rischio di diminuire la propria visibilità come singola azienda gli imprenditori intuirono alcuni vantaggi di questa scelta: sicuramente una maggiore incisività degli interventi a sostegno di progetti di solidarietà, la possibilità di verificare puntualmente l’uso delle donazioni, la possibilità di una valutazione dei risultati ottenuti, l’accompagnamento delle Onlus sostenute, con cui si sareb-

be potuto istaurare un rapporto amichevole e di reciproca fiducia. Immediatamente chiedemmo che la Fondazione fosse riconosciuta come Onlus, ma l’Agenzia delle entrate espresse parere negativo perché la base sociale era formata da aziende. Interpellammo allora il prof. Stefano Zamagni, allora presidente della autority per le Onlus, che inviò una nota interpretativa della legge alla Agenzia delle entrate in cui veniva chiaramente evidenziato che il riconoscimento di Onlus deve dipendere dallo statuto e non dalla composizione della base sociale. L’agenzia delle entrate accettò l’interpretazione del prof. Zamagni e riconobbe lo status di Onlus, importante per noi perché trattasi di una dichiarazione dello Stato che la Fondazione è un Ente di utilità sociale.” Quali sono le peculiarità del nostro territorio? E come mai soprattutto la Romagna risponde in maniera così importante ad iniziative di solidarietà? “La Romagna è una realtà territoriale accogliente, laboriosa e attenta ai bisogni delle persone. Esistono molte migliaia di associazioni di volontariato e


tantissime imprese sociali che si impegnano in settori come la disabilità, la demenza senile, l’educazione, la lotta alla povertà e il sostegno alle famiglie in difficoltà. La lunga e grave crisi economica, non ancora superata, ha aggravato il disagio di tante persone, anche se nel nostro territorio non è stata devastante come in altre zone del nostro Paese. Inoltre le grandi tradizioni del nostro territorio (cattolica, laica e socialista) hanno sempre offerto risposte significative alle persone che si trovavano in condizioni di difficoltà e di bisogno. Per fortuna permane anche oggi, grazie a questa esperienza, una diffusa sensibilità solidaristica.” Quali obiettivi avete per i prossimi anni? “Romagna Solidale si sta muovendo in alcune direzioni per creare le condizioni affinché aumenti il senso di appartenenza alla Fondazione da parte delle imprese. È importante che la Fondazione sia sentita da ognuno come propria, perché non può esserci nulla di comune se non è innanzitutto sentito proprio. Vorremmo poi allargare e valorizzare l’esperienza del dono e della gratuità che ha un effetto positivo nella vita di ciascuno di noi e dona un significato nuovo al lavoro e a tutte le relazioni sociali. Per questo cerchiamo di promuovere molte iniziative, come ad esempio 1 Euro per la vita a favore dell’IRST di Meldola, in cui siano liberamente coinvolti anche i dipendenti delle aziende socie che si sentono compartecipi e diventano co-protagonisti dell’aiuto che si offre. Sviluppare la scelta, fatta dalla Assemblea dei soci, di promuovere l’inserimento lavorativo dei giovani, è un altro punto fermo della nostra filosofia. Una Fondazione tra imprese non può non avere a cuore la promozione del lavoro. C’è già stata l’esperien-

za molto positiva dell’iniziativa denominata Bottega Scuola che ha introdotto giovani diplomati al lavoro attraverso un periodo di apprendistato di 6 mesi. L’iniziativa è stata realizzata attraverso la collaborazione di Confartigianato, Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena, Fondazione L. Almerici della Diocesi di Cesena, centro di solidarietà e, per il 2017, anche di Italia Lavoro. Ora vorremmo allargare l’impegno a tutta la Romagna coordinandoci con iniziative simili già in atto a Ravenna e a Forlì. Ultimo desiderio, ma non in ordine di importanza, è quello di favorire la creazione di reti operative tra le Fondazioni del nostro territorio per evitare duplicazioni e sovrapposizioni di interventi e per sostenere progetti condivisi che abbiano una maggiore possibilità di cambiare la realtà di bisogno che ci interpella.” Un sogno nel cassetto? “Il nostro sogno è di avere le risorse finanziarie necessarie per sostenere le realtà affidabili che si stanno generosamente impegnando per rispondere ai bisogni emergenti. Poter partecipare così allo sviluppo del nostro territorio e all’edificazione del bene comune.”

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Gareggiare

CON PASSIONE GIANNI CASADEI, AMMINISTRATORE DI ROBINSON PET SHOP, È IL FONDATORE DEL ROBINSON SKI TEAM: UNA SQUADRA DI SCI DI FONDO CHE COMPETE CON IL MEGLIO DELLO SCI INTERNAZIONALE.

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di Gianluca Gatta / ph Giorgio Sabatini

Dagli Appennini alle Alpi: non è un racconto apocrifo del libro Cuore, ma una frase che sintetizza un sogno che diventa realtà. Il sogno è quello di Gianni Casadei, grande appassionato di sci e amministratore unico di Robinson

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Pet Shop, catena di negozi dedicati ad alimenti e accessori per animali. La realtà è quella di una squadra, Robinson Ski Team, che ha guadagnato, tra le altre, la sponsorizzazione della Regione Trentino e che vanta una rosa di campioni di primo livello, tutti impegnati nella nuova stagione Ski Classics, che ha avuto il suo inizio – dopo un prologo a Pontresina, in Svizzera – con la Sgambeda di Livigno, il 2 dicembre. E che si spingeranno nei mesi invernali ben oltre le Alpi. Come è nata la passione per gli sci? “Ho cominciato a praticare lo sci di fondo una decina di anni fa. È una disciplina che si collega a quello che facevo da giovane. A sedici anni, praticavo marcia e corse di lunga distanza e di resistenza. Ottenni anche discreti risultati: sono stato per cinque volte campione regionale di marcia, campione provinciale di corsa campestre, ho partecipato a diversi campionati italiani, arrivando terzo a quello di Genova. Molto semplicemente, trovandomi in montagna con mia moglie abbiamo provato lo sci di fondo e, immediatamente, mi è piaciuto perché è una disciplina molto legata

alla natura. Si pratica in luoghi poco affollati, in scenari di una bellezza incomparabile e rappresenta un modo di avvicinarsi alla montagna in modo sano e poco impattante sull’ambiente: non c’è bisogno di sbancare montagne o di tagliare migliaia di alberi per fare spazio alle piste. Penso inoltre che il modo più corretto di approcciarsi alla montagna sia quello di viverla facendo anche un po’ di sana fatica. Lo sci di fondo non prevede impianti, non prevede scale mobili, teleferiche, seggiovie, che in qualche modo deturpano un ambiente spesso incontaminato e che rendono l’esperienza in montagna vicino a una passeggiata in centro città, il sabato pomeriggio.” Come sei entrato in contatto con il mondo dell’agonismo? “Ho cominciato a partecipare alle gran fondo da amatore, come faccio tuttora, anche quelle anche più prestigiose, come la Marcia Longa e la Sgambeda. Tre anni fa decisi di avvicinarmi all’ambiente agonistico come piccolo sponsor di un team già esistente, l’anno scorso la cosa è andata avanti in una maniera un po’ più strutturata e quest’anno ho fondato il mio team specializzato nelle gran fon-


do in stile classico. Partiamo dai 45 chilometri della Sgambeda e arriviamo ai 90 chilometri della Vasaloppet. Partecipiamo poi alla Marcia Longa, che è di quasi 70 chilometri.” Chi sono i componenti della squadra e quali sono gli obiettivi a breve termine? “Ho creato il mio team selezionando i migliori atleti presenti nei due precedenti team italiani e i campioni del settore. Abbiamo Nicolas e Thomas Bormolini, Mauro Brigadoi, Veronika Broll, Lorenzo Cerutti, Bruno De Bertolis, Francesco Ferrari,

Loris Frasnelli, Heli Heiskanen, Justyna Kowalczyk e Matteo Tanel. Per quanto riguarda gli obiettivi, il mio sogno nel cassetto è di portare nel 2020 almeno uno degli atleti del mio team al piazzamento in una delle tre gare storiche dello sci di fondo. È un sogno che ritengo possa realizzarsi, così come si è concretizzato quello di avere come nostro nume tutelare colui per primo, nel 1968, sconfisse gli scandinavi alle olimpiadi. Parlo di Franco Nones, primo olimpionico italiano nello sci di fondo, di cui portiamo il nome sulle magliette.”

Tre nomi per tre GARE STORICHE La Sgambeda è una competizione di sci di fondo nata nel 1990. Si svolge ogni anno a dicembre con partenza e arrivo a Livigno e prevede due gare: una di 42 km in stile libero e una di 22,5 km in stile classico. L’altitudine varia tra 1.800 e 2.200 metri. La Vasaloppet è una maratona sciistica che si svolge in Svezia la prima domenica di marzo. Si tratta della più antica e lunga gara di sci di fondo del mondo. La gara principale, a cui partecipano migliaia di sciatori ogni anno, si svolge su una distanza di 90 chilometri tra le città di Salen e Mora. La Marcia Longa è la più importante competizione italiana di granfondo. Si disputa l’ultima domenica di gennaio e attraversa tutta la Val di Fiemme e di Fassa su un percorso di 69,38 chilometri.

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AL PALACONGRESSI IL BASKET E ALLO STADIO PER IL CALCIO, I TIFOSI SEGUONO CON EMOZIONE LA SQUADRA DEL CUORE. IN QUESTO ARTICOLO ECCO QUELLI FORLIVESI, MENTRE NEL PROSSIMO NUMERO I CESENATI. di Francesca Miccoli / ph Giorgio Sabatini

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Professionisti irreprensibili nella quotidianità, insospettabili ultras la domenica. È la trasformazione sorprendente di tanti notabili forlivesi e cesenati ammalati di tifo. Una vera e propria febbre, come tradisce l’etimologia della parola typhos, che accomuna la passione sportiva alla temibile patologia. Una relazione sentimentale per la vita quella che incatena l’anima alla squadra del cuore, motivo di estasi e sconforto, gioia e frustrazione. Se all’ombra di Saffi il cuore dei più batte per l’Unieuro, al secolo Pallacanestro 2.015, nella città malatestiana l’emozione si strozza in gola per il Cesena calcio. Tra i fedelissimi del Palagalassi di Forlì Andrea Ricci, titolare dell’omonima gioielleria. “Siamo uno dei top sponsor dell’Unieuro e quando la passione sposa l’interesse commerciale, seguire la squadra è ineluttabile”. Ogni domenica Ricci, che vanta buoni trascorsi in canotta e pantaloncini, segue i ragazzi di coach Valli assieme a moglie e figli. “Per scaramanzia ognuno occupa sempre la stessa poltroncina”. Durante il match il gioielliere si sforza, non sempre con successo, di onorare il proverbiale aplomb. Meglio lasciare le intemperanze all’erede diciassettenne, cestista dei Tigers. Un trasporto comprensibile per chi in gioventù è arrivato a percorrere mille chilometri in un sol giorno per stare vicino ai propri beniamini. A tanti anni di militanza sugli spalti, corrispondono miliardi i ricordi. “L’approdo di Bob McAdoo in maglia biancorossa il momento più alto, il fallimento della società la grande delusione. Il ritorno tra i grandi, il sogno”. Per l’Olimpo della pallacanestro sarebbe disposta a sottoscrivere non uno bensì due abbonamenti la tifosissima Roberta Flamigni. “Ho ancora negli occhi le immagini della promozione in A1 ai tempi di Niccolai e Attruia!”, racconta con il palpito dell’emozione ancora in corpo. Fedele alla maglia, la rappresentante delle quote rosa ha cominciato a frequentare il

UN TRASPORTO COMPRENSIBILE PER CHI IN GIOVENTÙ È ARRIVATO A PERCORRERE MILLE CHILOMETRI IN UN SOL GIORNO PER STARE VICINO AI PROPRI BENIAMINI. A TANTI ANNI DI MILITANZA SUGLI SPALTI, CORRISPONDONO MILIARDI I RICORDI.

Villa Romiti negli anni verdi. “Da allora non ho mai marcato visita e macino tanti chilometri per tifare anche lontano dalle mura amiche. Lo scorso anno ho dormito a Montecatini per assistere a due partite in 24 ore”. Al campo si presenta con sciarpa e fischietto, pronta a incitare i suoi idoli e a bastonare gli avversari. Il campione del cuore è “il forlivese Rod!” Il grande Griffin fa inumidire gli occhi a tanti tifosi. Tra questi Gianluca Ramilli, titolare della rinomata agenzia viaggi. “Rod, Rod superstar!”

IN APERTURA, IL PALAZZETTO DI FORLÌ DURANTE UNA PARTITA DI UNIEURO. SOPRA, L’ESULTANZA DI ANDREA RICCI, TITOLARE DELL’OMONIMA GIOIELLERIA.

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“DA ALLORA NON HO MAI MARCATO VISITA E MACINO TANTI CHILOMETRI PER TIFARE ANCHE LONTANO DALLE MURA AMICHE. LO SCORSO ANNO HO DORMITO A MONTECATINI PER ASSISTERE A DUE PARTITE IN 24 ORE”. AL CAMPO SI PRESENTA CON SCIARPA E FISCHIETTO.

è un coro che ancora gli fa sfarfallare lo stomaco. “Ho iniziato a seguire il basket nei primissimi anni Settanta al seguito di mio padre, che organizzava le trasferte dell’allora Jollycolombani. Un amore trasmesso a mio figlio, che ha giocato in serie B prima di percorrere altre strade”. Il passare del tempo ha sfumato solo apparentemente il trasporto di tifoso sfegatato. “Una volta ero più

SOPRA, GIANLUCA RAMILLI DELLA RINOMATA AGENZIA VIAGGI. A FIANCO, ROBERTA FLAMIGNI, TIFOSA STORICA E FEDELE DELLA PALLACANESTRO FORLIVESE.

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agitato, in seguito mi sono dovuto calmare per questioni anagrafiche e professionali”. Per risvegliare il ruggito basta in realtà pronunciare la parola Fortitudo, la squadra dei nemici felsinei. “Una partita vinta contro di loro per ma vale un intero campionato”. Per assicurarsi i due punti in classifica, ogni scaramanzia è lecita. “Parcheggio l’auto sempre nello stesso posto, faccio lo stesso percorso a piedi, mi dedico alle chiacchiere prepartita con i soliti amici. Altri rituali sono irraccontabili”. Due i ricordi che fanno ancora sussultare il cuore. “La promozione in A1 battendo i cugini di Rimini, grandi favoriti, e il rientro dalla trasferta di Fabriano, quando al casello si riversò una marea di tifosi”.


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“DURANTE L’ADOLESCENZA ANDAVO ALLO STADIO IN TRENO E, PURA FOLLIA, MI MESCOLAVO AI TIFOSI AVVERSARI! SPESSO RAGGIUNGEVO CESENA IN SELLA AL MIO CINQUANTINO DI NASCOSTO DAI MIEI GENITORI, A CUI RACCONTAVO BALLE FANTASCIENTIFICHE.”

IN ALTO, L’OROGEL STADIO DINO MANUZZI DI CESENA, DOVE SONO EVIDENTI LE BANDIERE, GLI STRISCIONI E LE SCENOGRAFIE DELLA TIFOSERIA DELLA CURVA.

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Il fuoco sacro del tifo fiammeggia anche nelle vene dell’avvocato Carlo Nannini, icona di stile nelle aule giudiziarie, abbonato alla curva Mare a Cesena. “Mio padre, tifosissimo juventino, mi aveva trasmesso l’amore per la Vecchia Signora ma quando nel 1976 mi portò a vedere l’undici torinese al Manuzzi, sviluppai una simpatia immediata per la nazionale di Romagna. Quando lo racconto scateno l’incredulità: per molti è inconcepibile tifare Cesena, una squadra

per cui si può al massimo simpatizzare”. Con il passare degli anni la passione si è trasformata in vera e propria malattia. “Durante l’adolescenza andavo allo stadio in treno e, pura follia, mi mescolavo ai tifosi avversari! Spesso raggiungevo Cesena in sella al mio cinquantino di nascosto dai miei genitori, a cui raccontavo balle fantascientifiche”. Il tifo rappresenta anche il pretesto per incontrare tanti amici. “Oggi purtroppo i carichi di lavoro mi costringono spesso a disertare ma quando posso, vado in curva”. Il vero unico rifugio per il vero tifoso. “Anni fa un buon cliente mi regalò un abbonamento in tribuna d’onore: poiché mi era impossibile assistere alle partite seduto, rinunciai ai servizi hospitality per tornare nella mia curva Mare”. La gioia più grande in due spareggi vinti. “Nel 1986 quando il Cesena sconfisse il Lecce a San Benedetto del Tronto e nel 2010 a Piacenza”. La ferita mai rimarginata un altro spareggio, perso contro il Padova a Cremona.


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LA DIPENDENZA CHE FA TORNARE BAMBINI VA CONDIVISA CON GLI AMICI, NEL RITUALE PREPARTITA AL COVO DEL TIFO CESENATE, IL CELEBRE BOMBONERA. PIÙ RARAMENTE INVECE CAPITA DI ANDARE DOPO IL MATCH SOPRATTUTTO SE DI CATTIVO UMORE.

“Ero militare al corso ufficiali. Di guardia, mi chiusi in bagno per seguire la partita su una tv por-

tatile acquistata a un prezzo folle. Che delusione! Forse non è un caso che per lavoro abbia scelto di schierarmi dalla parte dei più deboli”. Tanti e gustosi gli aneddoti di Carlo, che potrebbe davvero scrivere un libro sull’amore per la squadra di mister Castori. Ha vissuto un esodo da un colore bianconero all’altro anche Fabio Ravaioli, titolare dei Poderi Dal Nespoli di Cusercoli. “Sono sempre stato juventino ma quando il Cesena ha raggiunto la massima serie, il senso d’appartenenza ha prevalso”. La dipendenza che fa tornare bambini va condivisa con gli

amici, nel rituale prepartita al covo del tifo cesenate, il celebre Bombonera. “Più raramente capita di andare dopo il match, solitamente il cattivo umore non consente di vivere un momento di serena convivialità”. Negli ultimi anni le delusioni sono state tante, la più grande la mala gestio che ancora oggi la società è costretta a scontare. Per fortuna a spegnere la malinconia è un amore che non conosce confini. “La memoria va al 2 a 0 rifilato al Milan e ancora all’amicizia con l’ex calciatore Erjon Bogdani, davvero una cara persona”. Lo sport ha le sue ragioni misteriose che la ragione non conosce.

SOPRA, L’AVVOCATO CARLO NANNINI ACCANTO ALLA SUA COLLEZIONE DI GADGET DEL CESENA CALCIO. A FIANCO, FABIO RAVAIOLI, TITOLARE DEI PODERI DAL NESPOLI, CON LA SCIARPA BIANCO-NERA.

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ROMAGNAUTO PASSIONE QUATTRO RUOTE

DA OLTRE QUARANT’ANNI LEADER NELLA DITRIBUZIONE DELLE QUATTRO RUOTE, ROMAGNAUTO AMPLIA IL PROPRIO SHOWROOM CON GRANDI FESTEGGIAMENTI.

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Negli ultimi anni, il mercato automobilistico più che un’auto sportiva è sembrato un’altalena. Momenti di fiacca si sono succeduti a segnali decisi di ripresa, in concomitanza con il boom di qualche modello che da solo o quasi trainava il mercato. Uno scenario a dir poco complesso su cui piazzare il prodotto. Lo abbiamo visto anche a Forlì, dove rivenditori di lungo corso si sono visti costretti a ridurre spazi o parco macchine, quando non proprio a chiuderei battenti. Per fortuna, un ottimo esempio in controtendenza è costituito da Romagnauto, nome che da solo, per la città e il circondario, è sostanzialmente un brand. Con l’ampliamento del proprio showroom, appena festeggiato, la famiglia Reggiani, da oltre 40 anni operativa nella distribuzione delle quattro ruote, ha pensa-

to di fare le cose in grande. Nei nuovi locali in via Ravegnana, si è infatti svolta l’anteprima assoluta del nuovo modello Jaguar E-Pace, svelata a tutto il mondo pochissime settimane fa, su palcoscenici del calibro della Fiera di Francoforte o della moda milanese lo scorso settembre. Dunque, la riorganizzazione delle aree espositive – dedicate proprio a Jaguar e Land Rover - per la rivendita coincide anche con la presentazione dell’ultima arrivata nella famiglia dei Suv della casa inglese, marchio di punta della storica concessionaria forlivese. Scopo della nuova vettura è quello di dare spettacolo, coinvolgendo il guidatore e i passeggeri in un’esperienza completamene nuova al volante e in viaggio, ma senza dimenticare ciò che ha sempre contraddistinto il “felino”. La “E” iniziale, del re-

IN QUESTE PAGINE IL NUOVO SHOWROOM DI ROMAGNAUTO IN VIA RAVEGNANA. IN ALTO A DESTRA LA FAMIGLIA REGGIANI, DA OLTRE 40 ANNI TITOLARI DELLA CONCESSIONARIA.


ADVERTORIAL

UN FUTURO CHE POGGIA SULLE SOLIDE BASI DEGLI ULTIMI 40 ANNI AL SERVIZIO DEL TERRITORIO, IN CUI QUALITÀ E CONVENIENZA HANNO SEMPRE SEGNATO IL DNA DELLA NOSTRA RIVENDITA. UN FUTURO CHE METTE AL CENTRO SEMPRE PIÙ LE PERSONE IN AUTO, IN TERMINI DI SICUREZZA, DI COMFORT E, SÌ, ANCHE DI DIVERTIMENTO.

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sto, non sta per altro che per “entertainment”, intesa come vera missione del prodotto, che deve essere avvincente in termini di prestazioni, nel design e, ovviamente, nella sempre più centrale tecnologia. Non a caso, infatti, la E-Pace si presenta come un’auto compatta a trazione integrale, spaziosa, pratica e, soprattutto, sempre connessa. Tutta la realizzazione della neonata in casa Jaguar ha seguito questa filosofia, massimizzando lo spazio interno e assicurando solide basi nel telaio per le capacità dinamiche della vettura. Concept dalle caratteristiche uniche, tra cui l’All Surface Progress Control, cruise a bassa velocità in grado di sfruttare la massima aderenza, messo a punto dagli specialisti dei fuoristrada Land Rover. Il modello presentato nei nuovi locali di Romagnauto, insomma, combina l’agilità e il design di un’auto sportiva con la praticità di utilizzo quotidiano di un Suv. A bordo, c’è letteralmente da divertirsi: il sistema di infotainment consente agli utenti di utilizzare le app preferite come Spotify, e l’hotspot 4G-WiFi prevede la connes-

sione simultanea fino a otto dispositivi. E-Pace si presenta in varie versioni con motori Ingenium, diesel o a benzina, da 150 a 300 cavalli. “Per noi – spiegano Stefania e Matteo Reggiani, figli del fondatore della concessionaria Giovanni – poter presentare la E-Pace a Forlì è motivo di grande orgoglio, e rappresenta la porta d’ingresso di Romagnauto nel futuro. Un futuro che poggia sulle solide basi degli ultimi 40 anni al servizio del territorio, in cui qualità e convenienza hanno sempre segnato il dna della nostra rivendita. Un futuro che mette al centro sempre più le persone in auto, in termini di sicurezza, di comfort e, sì, anche di divertimento.” Con l’inaugurazione dei nuovi locali, la famiglia Reggiani festeggia

alla grande il percorso avviato dal patron Giovanni, che da sempre trova nella coesione della famiglia la propria benzina, unita all’apertura verso l’innovazione richiesta dalla clientela e alla naturale predisposizione per gli investimenti. “Gli spazi dedicati a Jaguar e Land Rover – continua Matteo – sono dedicati a un segmento che continua ad andare molto bene e in piena evoluzione, sia nei gusti dell’automobilista che nelle produzioni delle case madri. Per questo, a nuove auto servono spazi adeguati, più larghi e funzionali, che consentano al visitatore di immergersi appieno nell’affidabilità, nel calore e nell’eccellenza di questi prodotti. Ed è per questo che noi non ci fermiamo”.


VINCERE

L’arte di

SCRIVERE SI INTITOLA 14 FEBBRAIO 2005, IL RACCONTO INEDITO SCRITTO DAL FORLIVESE SIMONE LAURENZI, VINCITORE DEL PREMIO IN MAGAZINE NELL’AMBITO DELLA QUATTORDICESIMA EDIZIONE DEL PREMIO LETTERARIO NAZIONALE CITTÀ DI FORLÌ.

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di Giulia Masci Ametta

Classe 1979, prima di fermarsi a Forlì ha trascorso quattro anni a Torino e prima ancora dieci a Bologna. Scrive da sempre ma questo premio “è la prima vera vittoria in campo artistico,” ci racconta. Ora lavora a Forlì, ma non esclude che tra un anno potrà essere da qualche altra parte. “Chi si ferma è perduto,” dice. Qual è stata l’occasione che ti ha portato a scrivere il racconto che ha vinto il concorso?

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“Non c’è stata una vera e propria occasione. Credo che i momenti in cui si possa, senza nemmeno volerlo, capirsi, sentirsi, e anche analizzarsi un minimo siano proprio quelli in cui siamo nel mezzo di un qualcosa di bello e assieme banale, ad esempio stare in coppia. Non lo considero un racconto sull’Amore, tutt’altro. Si tratta più di un racconto in cui ci si nasconde sotto l’amore, si crede di essere in due e ci si dimentica di se stessi. Non vorrei sembrare cinico, ma per me è così. Quando guardo, ad esempio, una coppia di anziani, tutti carini, magari innamorati, e che magari sono assieme da anni, penso sempre di aver dimenticato o di non aver mai saputo qualcosa che tutti sanno. È un mistero, e per questo mi piace scriverne. Una curiosità sul titolo. Non ha nulla a che fare con San Valentino, semplicemente il 14 febbraio 2005 è la data in cui fu caricato il primo video su YouTube. “ Quali libri leggi? “Qualsiasi cosa mi emozioni e mi tenga compagnia. Considero i libri delle persone e leggendo tu li conosci. Se sono interessanti continui, se ti annoiano e ti stancano eviti. Sicuramente i classici, i saggi di cinema, le autobiografie,

monografie musicali. Ma, come tutti, mi piacerebbe leggere di più.” Quali autori costituiscono i tuoi punti di riferimento? “Credendomi uno scrittore, ho la mia Santissima Trinità. Charles Bukowski, la vita. Knut Hamsun, l’anima. August Strindberg, il sangue. Li considero amici e assieme maestri, perché ognuno mi ha insegnato qualcosa sia sulla scrittura, sia sull’esistenza. Scoperti in momenti e in età diverse, rappresentano la perfezione e, soprattutto, un lume alla finestra in un’epoca in cui non vedo proprio traccia di vita, anima e sangue.” Come scrivi i tuoi racconti? “Seduto. No, va bene. Il punto di partenza è sempre una scarica emozionale, bella o brutta che sia, che si traduce in una formula o in un’immagine. Un attimo di consapevolezza, un momento banale, investito però dalla potenza del quotidiano. Sento un tuffo al cuore e allora capisco che se ne può scrivere. Il punto di partenza è sempre una piccola cosa che accade nel quotidiano. Sul lavoro, per strada, da soli, si acciuffa questa emozione e la si protegge cucendole attorno parole e frasi. Di solito funziona.”


RACCONTO VINCITORE DEL PREMIO LETTERARIO NAZIONALE CITTÀ DI FORLÌ, SEZIONE PREMIO IN MAGAZINE PER LA PROSA INEDITA.

14 FEBBRAIO 2015 di Simone Laurenzi

La guardo mentre cerca canzoni su YouTube. Steso sul letto, mi sento cadere come in una febbre piacevole, di calore e stordimento, e dopo il calore, un brivido lento, come quando si è soli in una stazione spelacchiata in attesa del trenino. Mi starà venendo la febbre? Mi sistemo meglio, mentre lei canticchia e sembra far finta che io non sia con lei, e va bene così. Controlla i video consigliati, e fischietta felice. Sembra contenta. Chiudo gli occhi e sento come se i confini del mio corpo si dilatassero di un poco, un perimetro ambiguo, per nulla netto. Penso, ma se mi facessero un ritratto ora, cosa ne verrebbe fuori? No, una foto mi deluderebbe, perché non catturerebbe nulla di questo torpore, di questa febbre che sembra avermi scelto per dimostrarsi molesta. La sento nelle unghie delle dita, eccola, l’unghia cambia, diventa un’altra cosa, come se non mi appartenesse. Sento l’affaticamento prendere possesso di un pelo della barba, e poi di quello vicino. Un fuoco freddo, una pozza calda nel gelo delle due di notte di un Gennaio lontano. Piacevole, ma è già arrivata alla mente e, come una dose di un qualche allucinogeno di radice masticata, avvampa prima dalle estremità per poi bruciare nel dentro, nella nebbia centrale del cervello, scardinando i contorni, facendo saltare e deragliare le comuni certezze. Perché di questo si tratta. Il cuore non c’è più, non c’è mai stato, si tratta solo di un razionale, molto razionale processo di caduta in un qualche stato d’incoscienza. Una febbre, ed è raro per me che sono anni che non prendo nemmeno un raffreddore, che mi sento come immortale, immune alle tempeste, al sentire, ai piedi gelati, quasi congelati come soldati male equipaggiati. Potrei prendere ora una qualsiasi decisione seria, capitale, potrei in queste condizioni arrivare ad una qualche svolta, e sbloccare così un procrastinare infinito di date, voleri, punti fermi e sorrisi rassegnati. Strizzo gli occhi e rimango immobile. Lei canticchia adesso e, ad occhi chiusi, ascolto alcuni deliziosi versetti di giubilo che escono dalle sue labbra. Cosa avrà trovato? Indossa le cuffie, forse perché le ho detto che non mi sento proprio bene. Ha avuto rispetto, e allora mi regala un silenzio in cui mi stringo e che è caldo come la migliore coperta. Ha avuto rispetto, e allora ha indossato le cuffie, ma è vivace, viva, e qualcosa si lascia scappare. Un respiro mozzato, un gorgoglio delicato, una piccola imprecazione per qualcosa che sta ascoltando. E poi sussurra, come fosse sola. Deliziosa. Mi piace sapere, con gli occhi ben chiusi, di non essere solo del tutto. Basta socchiudere una palpebra e trovarmela lì vicino, posso allungare una mano e toccarle una gamba. E penso a quando ho preso freddo, quando il morbo è entrato portandomi a perdere lentamente tutto quello che ho. Sento qualcosa pulsare, mi domando se sia il cuore o il cervello. Può il cervello pulsare? Io lo sento, sono battiti regolari, ovattati, come se bussassero alla parete da un’altra casa. E’ la testa, e sto cercando di ricordarmi

l’ultima volta che ho litigato con qualcuno, quando ho perso davvero le staffe, non ricordo. L’ultima volta che ho fatto piangere qualcuno, non mi ricordo proprio. Forse non è mai successo. Posso quasi sentirla respirare, e non voglio certo farla piangere. Tra quanto mi chiederà come mi sento? Spero tardi, nemmeno sa che mi sta donando un momento straordinario di piena coscienza, anche se forse starò a casa dal lavoro per qualche giorno e dovrò mandare qualcuno dal medico per farmi il certificato. Apro un occhio e sorrido, potrei mandare lei, perché mi farei proprio qualche giorno a casa. Non mi ha visto, sembra davvero interessata a tutti i video consigliati, e chissà come sta lei, cosa pensa, ma non m’interessa ora. Basta solo che rimanga deliziosa così, e muta. E’un bel quadretto, e ci sto in mezzo, al centro o leggermente spostato, come non lo ero da anni. Avrei dovuto vaccinarmi? Nemmeno questo mi frega, non sarà certo una febbre gialla, sopravvivrò a tutto e penserò allora d’essere immortale, e lei con me. Prego solo che non mi chieda adesso, proprio ora, Come stai? Tutto cadrebbe, sarebbe prendermi e tornare al mondo, al quotidiano, e riprenderei a sentire il cuore battere e non il cervello. E poi, cosa potrei rispondere? Nell’attimo in cui il fastidio di tutto tornerebbe, riprendei a sentire i vestiti addosso, la lingua nella bocca, e le unghie non sarebbero più malaticce, e tutto sparirebbe. Ma non potrei mai odiarla per questo, e quindi spero davvero, con spontanea rassegnazione, che anche lei si goda un momento così. Una serata forse anonima, un semplice a day in the life in cui, che scoperta strabiliante, ma quale esploratore nel Congo o sulla Luna, sono approdato a parti sconosciute di me, grazie all’arrivo di una febbre innocua e malsana. Non voglio le decisioni, non voglio le scelte, voglio sparire da questo corpo e diventare acqua. Ecco un bel desiderio per il nuovo anno. Voglio dimenticare il mio stesso nome ed essere solo un video consigliato, ascoltato e dimenticato, così da chiudermi e proteggermi solo dietro tutto, dietro i soli e sotto le coperte. Non cercatemi. Non consigliatemi. Voglio aver tempo solo per rivoltarmi come un guanto e guardarmi. Questa è l’influenza di quest’anno? Come l’avranno chiamata, loro che vogliono dare un nome a tutto? A tempeste, a frutta, a periodi dell’anno, momenti del mese, supermercati, vini e bambini appena nati. Come avranno chiamato questa nuova epidemia? Il guanto rovesciato? Che stupidi pensieri, che stupida stanza, che stupido cervello. E se fosse una forma di demenza? L’inizio di una malattia seria? Non me lo domando più. Sento il cervello pulsare e immagini di un qualcosa che non è mai accaduto sfilare davanti. Non è demenza. La riconosco, è chiudere gli occhi e vedere le cellule, e sentire le cortecce, stare fermi e ricadere in morbidi abbracci. Poi, dal muro sopra di me, mi arriva la musica secca di uno starnuto. Un vicino, e va bene, ma è uno starnuto buffo, direi proprio stupido. Strozzato, trattenuto con tristezza. Forse sapeva che mi trovavo in questo limbo e non voleva risvegliarmi. Lui lo sapeva, o forse è lo starnuto strozzato di una lei. Una starnuta, ecco la forma di demenza. No, una signora che ha starnutito. La vecchia signora, la nipote, quel disoccupato del piano di sotto. Sì, perché dove mi trovo io? E con chi confino veramente ora? Questo torpore è un godimento. Potessi adesso sfiorare la sua pelle ora, ma lei è tanto lontana. A un mezzo braccio da me. “Come stai?”

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LEGGERE

In“viaggio”

CON I LIBRI

MARIAVITTORIA ANDRINI E LORIS CAMPRINI SONO GLI AUTORI DI DUE LIBRI PUBBLICATI DA IN MAGAZINE: DUE ITINERARI, UNO STORICO E L’ALTRO GEOGRAFICO, PER CAPIRE MEGLIO CHI SIAMO.

U

di Gianluca Gatta

Umberto Eco affermava che leggere libri è un modo eccellente per vivere molteplici vite oltre la propria. Edizioni IN Magazine si presenta all’appello natalizio con due novità che riassumono bene questa prospettiva. Parliamo di libri che prendono sottobraccio il lettore e lo accompagnano in percorsi di vita originali e interessanti. Oltre un milione di chilometri in moto è il racconto fotografico dei viaggi che Loris Camprini – Architetto-Designer forlivese –, ha compiuto a cavallo della sua moto in Africa, Stati Uniti, Medio Oriente e, ovviamente, in Italia. Un volume

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completamente a colori, con foto in grande formato e il racconto puntuale degli aneddoti e degli incontri, che si trasformano non di rado in “avventure”, alla ricerca di un confronto con il prossimo e la diversità. “Loris è un buon fotografo e non dimentica mai di affidare alla macchina la testimonianza dei suoi viaggi – scrive Matteo Marzotto nella prefazione –, con divertenti e a volte inaspettati commenti e aneddoti e con qualche racconto nel suo ruolo di Marshall del Bike Tour per la FFC: un ideale giro d’Italia in bicicletta che da sei anni porta la Fondazione in giro per la nostra

generosa e meravigliosa Italia.” Quella di cui parla Marzotto è la Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica Onlus, da lui presieduta, a cui saranno devoluti tutti i proventi della vendita del libro. Dal libro al piatto è il titolo del volume di Mariavittoria Andrini, già autrice di molteplici pubblicazioni di storia della gastronomia, dove l’autrice ripercorre 150 anni di storia culinaria italiana. Esistono alcuni punti di riferimento fondamentali: sono i libri che hanno fatto la storia gastronomica italiana nell’ultimo secolo e mezzo. Testi in cui intellettuali umanisti, come Olindo Guerrini e Pellegrino Artusi, hanno raccolto le ricette della tradizione o dove chef stellati, come Gualtiero Marchesi e Massimo Bottura, hanno evidenziato il proprio genio creativo riconosciuto a livello mondiale. L’autrice ha scelto dunque i 10 libri che, dal 1867 ad oggi, sono stati rappresentativi di altrettante svolte culturali nella storia della cucina italiana e ha ricostruito in questo volume un vivace mosaico storico e sociale, fatto di personaggi, avvenimenti e ricette, in un saggio che “lascia il sapore in bocca”.


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La vasocottura è una tecnica che consente di cuocere gli alimenti direttamente all’interno di vasetti di vetro appositi, utilizzando il forno tradizionale. Dopo la vasocottura il dolce realizzato viene conservato sottovuto mantenendo così i profumi, la fragranza e l’umidità dell’impasto, tipici del prodotto appena sfornato. In abbinamento con dei distillati, la vasocottura, garantisce una prolungata conservazione del prodotto.

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CENTRO DENTALE EMMEDUE LA TECNOLOGIA SPOSA LA CONVENIENZA

IL CENTRO DENTALE EMMEDUE È STUDIO DENTISTICO E LABORATORIO ODONTOTECNICO: UN’ACCOPPIATA VINCENTE.

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Il Centro Dentale EmmeDue è presente a Forlì dal 1989 e in quasi trent’anni si evoluto continuamente investendo molto nella tecnologia e nelle risorse umane. È proprio questo l’elemento che contraddistingue lo staff del Centro, composto da dodici persone, di cui cinque medici ognuno specializzato nel proprio ramo oltre a una segretaria, tre assistenti, due tecnici e un responsabile informatico. La tecnologia ricopre un ruolo di rilievo: grazie alla moderna implantologia, la chirurgia guidata e la TAC 3D digitale, il Centro è in grado di fornire al paziente un servizio di altissima qualità in tempi brevi. Tra i servizi odontoiatrici offerti spiccano per efficienza e avanguardia gli impianti a carico immediato (per sostituire un dente mancante con uno artificiale in un’unica seduta), le faccette (sottilissimi gusci di ceramica che, applicate sulla superficie esterna del dente,

ne mascherano imperfezioni legate a colore, forma o posizione) e invisalign (per allineare i denti avvalendosi di una serie di mascherine quasi invisibili, che sostituiscono i vecchi e scomodi apparecchi ortodontici). Accertamenti ed esami diagnostici con TAC 3D, ortopanoramica ed eventuali preventivi non gravano sulle spese dei pazienti. “La salute è un diritto per tutti – affermano i fondatori Massimiliano Antonini e Mirko Fontana –. La politica del nostro Centro è sempre stata quella di rendere accessibili a tutti le cure odontoiatriche, anche avvalendoci di strumenti finanziari per dilazionare i pagamenti senza interessi e di accordi con varie assicurazioni.” Il Centro, tramite un intermediario, offre infatti ai suoi pazienti la possibilità di usufruire di un finanziamento a tasso zero (ovvero senza nessun

IN QUESTE PAGINE LO STAFF MEDICO DEL CENTRO DENTALE EMMEDUE. A FIANCO, I TITOLARI MASSIMILIANO ANTONINI E MIRKO FONTANA.


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costo aggiuntivo) per il pagamento delle prestazioni. Lo staff dello Studio s’impegna sempre al massimo per raggiungere i migliori risultati e la piena soddisfazione dei propri pazienti. Per questo motivo, nonostante non sia previsto dalla normativa vigente, è in grado di offrire ai pazienti “piani di tutela” a garanzia dei trattamenti. Il “piano di tutela” può durare fino a 10 anni e viene concordato di volta in volta tra medico e paziente sulla base della situazione clinica di partenza e della tipologia d’intervento. A questo si aggiunge la garanzia a vita su alcuni tipi di lavori la cui qualità, così come quel-

la dei prodotti, è certificata. Il contenimento dei prezzi è dovuto anche alla presenza del laboratorio odontotecnico all’interno dello studio: permette di abbattere tempi, costi e ricarichi che hanno altri studi dentistici, che devono avvalersi del lavoro eseguito da laboratori esterni. Per riuscire a soddisfare la domanda sempre crescente – parliamo di 1.000 nuovi pazienti l’anno e 40.000 casi risolti –, lo studio ha recentemente deciso di spostarsi in una nuova struttura di 400 mq in viale Roma, a poca distanza dall’attuale sede. Questo per garantire la presenza del Centro nel panorama forlivese ancora per molto tempo!

LO STAFF MEDICO Dott. FABRIZIO SANTI, medico chirurgo odontoiatra laureato in Odontoiatria e Protesi Dentaria all’Università Statale di Milano nel 1994, specializzato in chirurgia avanzata per riabilitazioni complesse con carico immediato e chirurgia computer guidata. Dott. GIACOMO DEL CORSO, odontoiatra, laureato in Odontoiatria e Protesi Dentaria presso l’Università degli Studi di Bologna nel 2012. È autore di pubblicazioni su riviste internazionali e relatore a congressi nazionali e internazionali.

Dott. GASTONE CESARI, medico chirurgo odontoiatra laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Bologna nel 1986, è specializzato in ortognatodonzia. Dott. STEFANO PANCALDI, medico chirurgo odontoiatra laureato presso l’Università di Bologna nel 1987, è specializzato in chirurgia e parodontologia. Dott.ssa VALENTINA COLELLA è igienista dentale laureata in Igiene Dentale presso l’Università di Bologna nel 2013.

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DEGUSTARE

Il dolce

DELLE FESTE DA SEMPRE SINONIMO DI ROMAGNA, LA STORIA DELLA ZUPPA INGLESE, IL FAMOSISSIMO DOLCE AL CUCCHIAIO, È COSTELLATA DI RIVENDICAZIONI REGIONALI ED ORIGINI MISTERIOSE, A PARTIRE ADDIRITTURA DA UNA LEGGENDA INGLESE.

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La zuppa inglese è sicuramente uno dei dolci romagnoli più conosciuti ed apprezzati. Ma sarà veramente romagnolo? Le sue origini sono dubbie. Lo rivendicano numerose città e regioni. Di certo c’è che si hanno tracce di questo dolce fin dal Settecento e che è più diffuso in Emilia Romagna e, in particolare, nel forlivese. Non ci sono documenti ufficiali e quindi il mistero è molto fitto. Si possono solo azzardare delle ipotesi analizzando le tradizioni delle varie città e i libri di storia, focalizzando l’attenzione sull’aggettivo inglese. Cos’ha di inglese questa meravigliosa zuppa dolce a base di savoiardi o pan di Spagna, crema pasticcera, crema al cioccolato e Alchermes? Qualcuno ritiene che somigli molto al Trif le, dolce inglese a base di pasta morbida lievitata imbevuta nel vino o nel liquore, arricchito di pezzetti di frutta fresca e riccamente ricoperto da crema pasticcera e panna. In effetti, come potremo vedere, la zuppa inglese italiana può veramente assomigliare a questo fratello inglese: il principio è quello degli strati alternati ma gli ingredienti cambiano da regione a regione, da città a città e, quasi,

di Mariavittoria Andrini

da famiglia a famiglia. Una delle leggende più accreditate è quella secondo cui Maria d’Este, figlia di Alfonso IV d’Este, divenuta regina d’Inghilterra dopo le nozze con Giacomo II d’Inghilterra, si sia talmente innamorata del Trifle, da chiedere ai suoi cuochi italiani di riprodurlo. Un’altra vuole invece che sia stato un diplomatico della corte estense, nel pieno degli scambi commerciali e culturali con la potente Inghilterra, a portare a Ferrara la ricetta del Trifle.

Fatto sta che i cuochi rivisitarono la ricetta originale sostituendone alcuni ingredienti. Come base utilizzarono la più comune ciambella ammorbidendola, al posto del vino dolce, con l’alkermes, liquore arabo reso rosso dalla cocciniglia, al-qirmiz in lingua araba e rosolio, ottenuto dall’infusione dei petali di rosa. Sparì quasi completamente la frutta lasciando il posto, solo in alcune zone, alla marmellata. Ma c’è anche una curiosa leggenda riportata nel libro Civiltà della

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ESISTONO MOLTE VARIANTI SUL TEMA, MA IN QUALSIASI MODO LA SI PREPARI, LA ZUPPA INGLESE È E RIMANE UN GOLOSO DOLCE AL CUCCHIAIO PER CONCLUDERE AL MEGLIO, UN PRANZO, UNA MERENDA O UNA CENA TARGATA ROMAGNA.

tavola contadina, secondi cui una cuoca toscana, a servizio da una famiglia inglese, per recuperare quanto non veniva consumato durante le merende, pensò di mescolare gli avanzi di biscotti e creme ottenendo un nuovo dolce. Oppure, altra ipotesi, sempre toscana, che la vuole di origine senese, risalente al 1552, creata in onore del Duca Ippolito da Correggio e chiamata Zuppa del Duca, rinominata poi in Zuppa inglese agli inizi dell’Ottocento. Non mancano le rivendicazioni

La versione del RISTORANTE ANNA La zuppa inglese, dolce tipico italiano, È un dolce a cucchiaio molto antico a base di pan di Spagna Molto diffuso nelle nostre terre, che può variare da Regione a Regione. “Noi, al Ristorante Anna, seguiamo la nostra ricetta, creata dalla fondatrice del nostro locale, Nonché ispiratrice del nome, Anna,” - ci racconta Stefano Ravaglia, titolare dello storico ristorante che festeggerà il cinquantesimo anno di attività nel 2018. Cremoso, dolce, denso, a base di uova, farina e zucchero impreziosita dall’aggiunta di Alchermes, la zuppa inglese è un dessert che non può mai mancare nelle nostre tavole, diventato ormai un best seller della cucina italiana e non solo.

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marchigiane, romane (avallate da Ada Boni nel suo Talismano della Felicità) e anche napoletane: omaggio di Re Ferdinando I agli inglesi. Ma Artusi, che codifica nel suo La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene le ricette italiane, cosa dice? La ricetta 675 colloca la zuppa inglese in Toscana ma sostituisce la tradizionale crema liquida con la crema pasticcera. Poi mette sul fondo dello stampo una conserva di albicocche e alterna strati di crema con strati di savoiardi intinti nel rosolio bianco. In Romagna, invece, la tradizione prevede anche l’uso di una crema al cioccolato. Anche qui ogni famiglia ha la sua ricetta. C’è chi divide la crema pasticcera in due e ad una parte aggiunge cacao amaro. Chi, invece, prepara una salsa con cioccolato fondente. Chi aggiunge rum alla bagna di Alchermes e rosolio oppure la profuma con una tazzina di caffè. Chi, ancora, sostituisce i savoiardi con la più rustica ciambella che può essere sbriciolata oppure a fette sottili.

L’alternativa VEGAN Lo chef vegano Jordy Poggi ci presenta la sua ricetta della zuppa inglese vegan. Per il pan di spagna: 175 g farina 60 g di maizena (amido di mais). 130 ml olio di semi di girasole. 135 g zucchero di canna (preferibilmente grezzo). 150 ml latte di soia, riso o avena. 1 bustina di lievito (o cremor tartaro) ½ baccello di vaniglia. 1 pizzico di sale. Procedimento: In una terrina unire tutti gli ingredienti fino ad ottenere un composto liscio ed omogeneo. Spennellare una tortiera con olio di girasole e foderare il fondo removibile con carta da forno per facilitarne il distacco. Infornare a 180 gradi per 20-30 minuti a seconda della potenza del forno avendolo già preriscaldato. Lasciar raffreddare e intanto procedere con la crema pasticcera vegan. Crema pasticcera vegan: 350 ml latte di soia, riso o avena. 60 g di zucchero di canna (preferibilmente grezzo) 40 g di maizena Succo e scorza di limone non trattato 1 pizzico di curcuma Procedimento: Scaldare il latte in un pentolino a fiamma bassa aggiungendo uno alla volta il pizzico di curcuma, la scorza del limone, lo zucchero di canna e la maizena ben setacciata avvalendosi di un colino mescolando continuamente. Non portare mai il latte a bollore. Dopo qualche minuto noterete che il composto inizierà ad addensarsi e quando avrà raggiunto una consistenza densa spegnete e lasciate raffreddare. Ripetete lo stesso procedimento usando 50 grammi di cacao amaro in polvere per avere una versione al cioccolato della stessa crema.In un bicchiere alternate strati di pan di spagna imbevuti nell’ alchermes con la crema pasticcera neutra e al cioccolato come da foto, magari avvalendovi dell’aiuto di una sac a poche. Decorate con riccioli di cacao oppure avvaletevi della vostra fantasia. Prima di servirla lasciate le coppette in frigo per almeno 1 ora.


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Dall’inaugurazione ufficiale del 2014, la promessa di garantire un’assistenza personalizzata a 360 gradi al Cliente e un entusiasmo che lasciava aperte le porte a futuri ampliamenti hanno trovato la loro realizzazione. Infatti l’Agenzia Italiana Assicurazioni di Forlì “San Vitale”, sita in via Bertini 200, è oggi la sede generale alla quale sono collegati i distaccamenti di Ravenna, Forlimpopoli, Faenza, Alfonsine e Cervia. Alla fonte di una presenza stabile e capillare nel territorio sta l’affiatamento e la competenza del team a capo dell’Agenzia, dai titolari Cristina Guardigli, Antonio Guardigli, Fausto Amati, Massimo Tirelli 2

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SOPRA, IL GRUPPO ITALIANA ASSICURAZIONI AL COMPLETO. A FIANCO, I PREMI VINTI NEL CORSO DEGLI ANNI.


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e Gianfranco Santini al gruppo dei 30 collaboratori specializzati che li affianca. Sono la fiducia e la credibilità conquistate attraverso il rapporto diretto con il Cliente all’origine dei grandi numeri dell’Agenzia: oggi sono oltre 11.000 i Clienti seguiti da Guardigli Mosaico Assicura S.r.l., dei quali 2.600 sono Aziende. Qual è la ricetta di una presenza così consolidata? Un mix di due ingredienti chiave: un’inesauribile passione profusa nel mestiere e un’attenzione costante alla formazione specializzata, che si avvale anche della collaborazione di docenti universitari. L’espe-

rienza maturata negli anni e un aggiornamento continuo permettono all’Agenzia di svolgere analisi puntuali delle esigenze assicurative e finanziarie dei Clienti sia nell’area “retail” che “corporate”. In particolare, per le Aziende, l’Agenzia Italiana Assicurazioni di Forlì “San Vitale” si è saputa specializzare e strutturare in modo da poter far fronte anche al segmento rappresentato da Grandi Gruppi Industriali, Affinity Groups e Collettività, che presenta necessità specifiche. Per i Clienti Azienda, il knowhow dell’Agenzia è in grado di offrire una consulenza completa, che va dall’analisi delle

aree di rischio, all’individuazione delle soluzioni più idonee, alla creazione di un piano personale di copertura assicurativa. Senza tralasciare, naturalmente, polizze assicurative e servizi per i privati. Una delle principali cifre identificative dell’Agenzia risiede però nell’attenzione per il settore del welfare: l’Agenzia di Forlì “San Vitale” si avvale, infatti, di collaboratori specializzati in quest’area, sottoposti a una costante formazione. Gli investimenti nella formazione mirano a consolidare un tipo di expertise destinato ad avere un ruolo importante nel prossimo futuro. In questo modo, sono pronti

a venire incontro a quanti si affidano a Guardigli Mosaico Assicura per previdenza complementare e polizze di assistenza alla persona, esperti qualificati capaci di proporre soluzioni ritagliate su misura. L’ascolto del Cliente e la realizzazione di soluzioni personalizzate che rispondono alle diversificate esigenze di copertura assicurativa, sono l’anima dell’Agenzia Guardigli Mosaico Assicura, che oggi può vantare, fra i suoi successi, quello di aver vinto per ben tre volte in questi anni, la Polizza d’Oro, il premio istituto dalla Compagnia come massimo riconoscimento dei risultati eccellenti conseguiti nell’anno.

Le nostre sedi: Forlì - Via Bertini, 200 - Tel. 0543 404719 | Forlimpopoli - Via Vittorio Veneto, 29 - Tel. 0543 744835 Ravenna - Via G. Galilei, 33/35 - Tel. 0544 407250/407325 | Faenza - Via Proventa, 74 - Tel. 0546 46703 Cervia - Via XX Settembre, 147 - 0544 71336 | Alfonsine - Via X Aprile, 10 - 0544 407250 IN MAGAZINE

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FONDI “ETICI” IL RENDIMENTO CHE NON TI ASPETTI Dott. Gentili abbiamo voluto riservare il suo ultimo intervento di quest’anno ai Fondi Etici: che cosa sono, e come funzionano? “I Fondi Etici, più correttamente denominati con la sigla S.R.I. (con molteplici significati come Socially Responsible Investment o Sustainable Responsible Investment), sono un settore specialistico dei Fondi Comuni di Investimento, con la differenza che vi fanno parte solo aziende che, ad esempio, non danneggiano l’ambiente, non sfruttano la manodopera sottopagandola, non incoraggiano pratiche di corruzione, non producono armamenti, a così via.” È un tema molto attuale… “Per fortuna, il problema delle responsabilità sociali, della crescita sostenibile e del futuro del nostro pianeta è un tema sempre più sentito: pensiamo solo alle trattative sulle emissioni nocive e all’impegno crescente di tantissime multinazionali per diventare più green.” Potrebbe essere una moda, un effetto novità? “In realtà già negli anni ’30, negli Stati Uniti, in pieno proibizionismo, fu creato un fondo che escludeva dal suo paniere le società coinvolte in settori come il tabacco, l’alcol e il gioco d’azzardo. Ancora, nel 1968 (durante la guerra del Vietnam) e negli anni ’70 (in pieno Apartheid nel Sudafrica), ad essere messi al bando da questi fondi furono le società del settore bellico e le aziende che avevano relazioni commerciali con i regimi, per cui si cominciò a parlare addirittura

di “disinvestimento etico”. Il Pax World Fund, nato nel 1971 con 100.000 dollari, può essere considerato il primo fondo etico moderno. Da allora, i Fondi Etici sono presenti in tutto il mondo. Anche i numeri parlano ormai chiaro: si contano masse quasi raddoppiate dal 2012 al 2015 (21.400 miliardi di dollari), pari al 30% del risparmio gestito mondiale.” Ci può fare qualche esempio di settori? “È possibile destinare i nostri investimenti ad aziende che si occupano delle riserve idriche, al miglioramento degli impatti climatici, che promuovono la crescita e il benessere dei loro dipendenti, che hanno nei consigli di amministrazione solo donne, che rispettano i diritti umani e non sfruttano i minori, ecc. Fra l’altro, questo meccanismo di destinazione del risparmio alle società che dichiarano la loro eticità, crea un circolo virtuoso: infatti i loro titoli hanno più richiesta, e questo spinge anche le aziende tradizionali ad una trasformazione per diventare più attrattive.” Ma chi ci assicura che queste aziende sono davvero “pulite”? “È obbligatorio dotarsi di un Comitato Etico, esterno e indipendente, che supervisioni l’attività, generalmente esprimendo la propria opinione su quali titoli possono fare parte dei Fondi e, di conseguenza, sulla composizione delle black list. In questo modo vengono escluse tutte le aziende che non rispettano i requisiti.” Viene da chiedersi se i rendimenti sono comparabili a quelli degli altri fondi.

“Quando parliamo di rendimento, dobbiamo prima di tutto pensare al rischio, e ricordiamoci che investire in fondi etici significa abbassare il rischio complessivo legato all’investimento in singoli titoli e ad aziende che, in caso di uno shock (uno scandalo, un disastro ecologico, un problema di reputazione…) espone il patrimonio a oscillazioni più ampie e a difficoltà di recupero maggiore. Pensiamo ad esempio a cosa può succedere, a un titolo petrolifero, nel caso di un disastro ambientale. Comunque, per rispondere alla domanda, una ricerca di

INVESTIRE NEI FONDI SOCIALMENTE RESPONSABILI CONSENTE DI UNIRE IMPEGNO ETICO E PROFITTO Harvard, del 2011, assegna ai Fondi ad alta sostenibilità, negli ultimi 18 anni, un margine di rendimento del 4,8% rispetto ai fondi tradizionali. Così anche il mito della performance inferiore è sfatato, e investire in fondi etici, oggi, non significa più fare solo beneficenza.”

Questa è una comunicazione stampa, non ha obiettivo di esaustività e non costituisce sollecitazione, offerta, consulenza o raccomandazione all’investimento.

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LA VI(S)TA

FINANZIARE L’ACQUISTO DI UNA RETCAM SHUTTLE PER IL REPARTO DI TERAPIA INTENSIVA DELL’OSPEDALE M.BUFALINI. QUESTO LO SCOPO DEL CALENDARIO BENEFICO CON LE FOTO DI 365 PERSONE PRONTE A SPOSARNE LA CAUSA. UNA PER OGNI GIORNO DELL’ANNO.

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di Alice Civeri / ph Giorgio Sabatini

Massimo Petrini lavora come consulente finanziario, è sposato e già nonno. Da tempo coltiva un sogno, quello di poter aiutare in modo concreto bambini o anziani della città in cui vive. Quest’anno vuole concretizzare questo suo desiderio creando un evento che possa fare da cassa di risonanza per raccogliere fondi per i più deboli. Per questo motivo, si è rivolto ad un’amica, Elisabetta Scozzoli, che attualmente è Presidente di Zona per il Lions Club di Forlì e Cesena, affinchè potesse dargli indicazioni precise sulle eventuali necessità del territorio. Insieme a lei ha individuato un Service, come i Lions denominano le attività di servizio rivolte alla comunità, che consiste nel supportare la raccolta di fondi utili a completare il finanziamento necessario all’acquisto di una RetCam Shuttle. Si tratta di una telecamera digitale molto sofisticata, dal valore di 50.000 euro, che consente di fotografare la retina ed il fondo oculare dei neonati prematuri, per determinare il rischio di cecità o comunque di grave danno della vista in questi piccoli pazienti. L’apparecchiatura verrebbe col-

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locata nel Reparto di Terapia Intensiva neonatale dell’Ospedale M. Bufalini di Cesena. Questo reparto, quale hub per Area Vasta Romagna, ogni anno ha un’utenza di circa 500/600 bambini provenienti da tutta la Romagna che necessitano di una diagnosi tempestiva di retinopatia della prematurità. Petrini ha quindi pensato di realizzare un calendario e, a tal proposito, ha costituito un gruppo di 365 persone, una per ogni giorno dell’anno. Ognuno si im-

pegnerà ad acquistare 10 copie del calendario a 10 euro cad. per poi rivenderlo o regalarlo ad amici, conoscenti, parenti. Con questa modalità auspica di realizzare una raccolta fondi pari a 36.500 euro, che si intendono ulteriormente incrementare coinvolgendo la cittadinanza nell’acquisto di copie del calendario. Questo sarà disponibile dal mese di dicembre, con punti vendita in Piazza Saffi e in altri punti nevralgici come gli atri degli Ospedali Bufalini e Pierantoni.


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