Ravenna IN Magazine 01 2021

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R AV EN N A

GAUDENZI

Andrea

SFIDE VINCENTI

MARIA SILVIA PAZZI / Il lusso sostenibile MICHELE FENATI / Musica in gioco DANTE E RAVENNA / Celebrare il sommo poeta

N° 1 MARZO/APRILE 2021


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Gamma Nuova Defender 90, valori di Emissioni CO2 (g/km): ciclo combinato


EDITORIALE

SOMMARIO

I

Inauguriamo il primo numero dell’anno parlando di sfide vincenti: in copertina, Andrea Gaudenzi, ex-tennista e imprenditore che dal 2020 dirige l’Atp, l’associazione che riunisce i giocatori professionisti di tutto il mondo; Maria Silvia Pazzi, fondatrice del brand sostenibile Regenesi; e Laura Pausini, che dopo la vittoria del Golden Globe riceve la nomination agli Oscar 2021. Incontriamo poi il cantautore Michele Fenati, creatore del gioco Il mondo in tasca, e scopriamo i progetti dell’associazione Sguardi in Camera. In occasione dell’anniversario della morte di Dante, ripercorriamo il legame tra Dante e Ravenna e intervistiamo l’artista Enrico Mazzone sulla sua opera dantesca.Lo scrittore Paolo Casadio ci racconta del successo del suo ultimo libro, e l’artista Fausto Fori del suo nuovo atelier. Infine, un’anticipazione sul festival della filosofia 2021. Buona lettura! Andrea Masotti

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ANNOTARE

Brevi IN

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ESSERE

Andrea Gaudenzi

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IDEARE

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Il lusso sostenibile

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VINCERE

Laura Pausini

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CREARE

Musica in gioco

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EDIZIONI IN MAGAZINE S.R.L. Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì Tel. 0543.798463 / Fax 0543.774044 www.inmagazine.it info@inmagazine.it DIRETTORE RESPONSABILE: Andrea Masotti REDAZIONE CENTRALE: Clarissa Costa COORDINAMENTO DI REDAZIONE: Roberta Bezzi ARTWORK: Lisa Tagliaferri IMPAGINAZIONE: Francesca Fantini UFFICIO COMMERCIALE: Gianluca Braga STAMPA: La Pieve Poligrafica Villa Verucchio (RN) ANNO XX - N. 1 Chiuso per la stampa il 25/03/2021

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SCRIVERE

Paolo Casadio

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DIPINGERE

Fausto Fori

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Collaboratori: Chiara Bissi, Andrea Casadio, Anna De Lutiis, Silvia Manzani, Ella Raggi, Aldo Savini. Fotografi: Lidia Bagnara, EdwrightImages, Massimo Fiorentini.

FILOSOFARE

Festival della filosofia

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RICORDARE

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Film di famiglia

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DISEGNARE

Edizioni IN Magazine si impegna alla salvaguardia del patrimonio forestale aderendo al circuito di certificazione di FSC-Italia.

Tutti i diritti sono riservati. Foto e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e citando la fonte.

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Enrico Mazzone

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CELEBRARE

Dante e Ravenna

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ANNOTARE

Candidatura al David DI DONATELLO RAVENNA È ufficialmente tra

Dante vince CAKE STAR RAVENNA La pasticceria Dante

di Stefano e Marco Parodi si è aggiudicata la puntata ravennate della nota trasmissione televisiva Cake Star, in replica su Real Time (canale 31 del digitale terrestre). Fondamentali gli apprezzamenti dei due conduttori, la comica Katia Follesa e il pasticcere Damiano Carrara, che hanno consentito di battere gli avversari: la Veneziana di via Salara e il Ferrari di via M. Gordini, rappresentati rispettivamente dal pasticcere Ivan Baccarini e dalla titolare Roberta Savigni, classificatisi al secondo e terzo posto. Come pezzo forte, i fratelli Parodi hanno presentato la torta Dante con due gusti: cioccolato e nocciola, declinati in sette modi diversi, così da avere una parte morbida, una croccante e una lucida.

Pedalando da Castrocaro A LIDO DI DANTE RAVENNA Dopo 25 anni di attesa si realizza il sogno di Legambiente Ravenna e Forlì-Cesena: una pista ciclabile di circa 27 km che consente di arrivare a Lido di Dante dalle colline di Castrocaro, correndo lungo la valle del fiume Montone. Inizialmente l’iniziativa era stata battezzata Un fiume per amico, perché aveva l’ambizione di collegare, percorrendo le sue sommità arginali, due parchi della regione: dalle Foreste Casentinesi al Parco del Delta del Po. “Il tracciato in corso di costruzione,” spiega l’assessore regionale all’Ambiente, Irene Priolo, “completa la rete dei percorsi realizzati a partire dal 2008 lungo le difese spondali del Montone a monte e a valle della via Emilia, per una distanza complessiva di circa 55 km, alternando tratti di viabilità minore anche asfaltata, strade bianche e piste in terra battuta. Si tratta di un bell’esempio di come la sicurezza del territorio può coniugarsi in modo intelligente con la valorizzazione dell’ambiente e della sua fruizione. Un’opera indispensabile per un costante controllo del corso d’acqua, oltre che uno strumento di promozione territoriale.” Il cantiere aperto dalla Regione riguarda i 12 km di argine che corrono verso monte, dalla via Emilia a Forlì fino a Castrocaro, e altri 15 km a valle fino al confine con il ponte del Vico lughese, a Prada.

i candidati al David di Donatello 2021 il film Il drago di Romagna del regista Gerardo Lamattina, di origini campane ma ormai ravennate d’adozione. Il suo è un originale docufilm che racconta di come uno dei giochi da tavolo cinesi più antichi del mondo, il mah jong, si sia insinuato in Italia fino a diventare uno dei più giocati nei bar e nei circoli della Romagna. Protagonista è Luisa, interpretata da Dilva Ragazzini, una donna romagnola e appassionata giocatrice che spera un giorno di poter viaggiare fino al paese natìo del suo gioco preferito per scoprirne le antiche origini. Sotto il profilo musicale, il film presenta la canzone originale Da quando mamma gioca a mah jong, composta e musicata da Riccardo Nanni e Giancarlo Di Maria, e una chicca: la versione cinese di Romagna mia, cantata dalla stessa protagonista, che ha avuto il benestare di Casadei.

I 30 anni di LINEA ROSA RAVENNA Era il lontano 1991 quando dalla passione di una trentina

di donne, visionarie e combattive, nasceva ufficialmente Linea Rosa a Ravenna. Per celebrare i primi trent’anni, l’associazione ha in programma un anno fitto di sorprese e iniziative, tutte con il medesimo obiettivo: dare visibilità al Centro antiviolenza e mettere a valore la sua attività al fianco delle donne con momenti di incontro, se possibile, e divertimento, online o in presenza. Il trentennale vedrà la presentazione del nuovo sito web, multilingua e di facile fruibilità, per accogliere donne dai vissuti e culture differenti. Tante le attività sui social: per rendere omaggio alle grandi protagoniste del territorio sono state realizzate due rubriche che ogni mese ricordano donne illustri di oggi e di ieri, oltre a una terza rassegna fotografica che ripercorre i momenti salienti dei trent’anni dell’associazione. 4

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La Bottega D’arte MAESTRI RAVENNA È uscito in questi

La mia BATTAGLIA RAVENNA È uscito nelle librerie

e sulle piattaforme online il libro edito da Einaudi, La mia battaglia, scritto a quattro mani dalla drammaturga ravennate Chiara Lagani e dall’attore e regista Elio Germano, già protagonisti dell’omonimo spettacolo teatrale che ha scosso le coscienze, lanciando un segnale d’allarme sul delicato tema della libertà di ciascuno di pensare con la propria testa. Nasce infatti nel 2017 la collaborazione tra la direttrice artistica della compagnia Fanny & Alexander e il pluripremiato artista romano. Il testo è una sintesi del percorso fatto, in grado di svelare anche il dietro le quinte. Il volume è arricchito da foto di scena e da un’intervista doppia a cura di Rodolfo Sacchettini.

ph Massimo Fiorentini

Passeggiata SUL CANDIANO RAVENNA Buone notizie per la Darsena: la passeggiata sul canale Candiano, già molto apprezzata da ravennati e turisti, sarà presto completata. Il governo ha infatti stanziato ulteriori 3 milioni e 22.000 euro per completarla. In totale, dunque, per il progetto sono stati stanziati quasi 4 milioni, considerando anche i 700.000 già ottenuti tramite Il Bando Periferie. Una cifra che, in pratica, consentirà di quadruplicare il percorso inaugurato nel luglio scorso che è di circa 280 metri, arrivando a quasi 1,2 km. Sotto il profilo estetico, il nuovo tratto di passeggiata sarà una prosecuzione di quella attuale, tenendo però conto dei vari contesti e della necessità di dialogare con le realtà già esistenti, quali il Darsenale e la Pansac. Avrà una vocazione più sportiva, ma non mancheranno ovviamente piante, luci, panchine e punti pensati per il ritrovo delle persone. Anche il nuovo tratto sarà arricchito da leggii che riportano pillole di contenuto narrativo, poesie, storie e personaggi, a conferma della vocazione letteraria. Nelle belle giornate di sole sarà dunque piacevole, in futuro, passeggiare dalla testata del Candiano fino al ponte mobile.

giorni Una storia ravennate. 1965 – 2005. La “Bottega d’Arte” di Angela e Giuseppe Maestri (Longo Editore), volume a cura di Paolo Trioschi. Si racconta la vicenda della Bottega artigiana ravennate che, grazie a un’idea brillante di Alberto Martini, nel 1965 divenne Galleria d’arte, realtà subito capace d’incidere sulla vicenda culturale cittadina del tempo e luogo d’accoglienza di importanti eventi nel campo delle arti visive e letterarie nazionali. La pubblicazione raccogliere anche un’antologia di dipinti e sculture dei protagonisti dell’arte italiana del Novecento che esposero nella galleria, tra cui: Aligi Sassu, Ernesto Treccani, Giuseppe Migneco, Ennio Morlotti, Renato Guttuso, Remo Brindisi, Carlo Carrà, e i locali Gaetano Giangrandi, Giulio Ruffini, Renzo Morandi e Umberto Folli. (A.S.)

Disegni digitali # FINDYOURINSPIRATION RAVENNA I suoi disegni digitali realizzati sulle fotografie di luoghi e

monumenti di Ravenna stanno conquistando tutti. La ventinovenne lughese Elisa Lanconelli ha infatti la capacità di far vedere uno spazio noto e familiare, come può essere piazza del Popolo o la basilica di Sant’Apollinare Nuovo, con occhi diversi e di regalare nuove emozioni. Notata su Instagram dall’assessore comunale al turismo Giacomo Costantini, è stata scelta per prendere parte al progetto #FindYour Inspiration per fare scoprire Ravenna a chi la conosce poco o a chi invece la conosce principalmente per i mosaici. Il percorso iniziato per Natale è terminato ufficialmente il 25 marzo, ossia per il Dantedì. “Sin da piccola disegnavo per passione,” racconta. “Nel tempo, fotografare è stata un’evoluzione naturale. Poi ho cominciato a fantasticare guardando immagini di città su Instagram per poi elaborarle.” 6

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ESSERE

Sfide

VINCENTI ANDREA GAUDENZI, TENNISTA EX NUMERO 18 AL MONDO, ORA DIRIGE L’ATP CHE RIUNISCE I GIOCATORI PROFESSIONISTI DI TUTTO IL MONDO. ED È ANCHE IMPRENDITORE NEL SETTORE DELLE NUOVE TECNOLOGIE. di Silvia Manzani / ph EdwrightImages

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Se Filippo, Pietro ed Enea, tra qualche anno, dovessero dimostrare ambizioni da professionisti, Andrea Gaudenzi di certo non tarperà loro le ali. Ma da qui a indirizzare i suoi figli verso la carriera da tennisti, ce ne passa. Faentino di nascita ma ravennate d’adozione, 47 anni, oggi l’ex tennista che nel 1995 fu diciottesimo al mondo nella classifica Atp in singolare presiede proprio l’associazione che riunisce i giocatori professionisti del tennis maschile di tutto il mondo. “Sono in carica dal primo gennaio 2020,” racconta. “Dunque ho iniziato questa avventura poco prima del Covid-19, vivendone tutte le conseguenze. La pandemia, infatti, ha creato non pochi problemi a livello organizzativo e finanziario ai tornei, scontentando molti atleti sulla questione compensi. Ho comunque cercato da subito di portare avanti il mio piano strategico, redigendo un documento di quasi cento pagine non facile da realizzare in un momento nel quale dovevo gestire un tour del tutto rivisitato. Il tennis, va ricor-

dato, è uno sport globale: il livello di complessità, dunque, è altissimo. Sono comunque contento della strada percorsa fin qui. Se ripenso a che punto eravamo tra marzo e aprile, posso dire che tutto sommato è andata bene: siamo riusciti a organizzare diversi tornei.” Tra gli obiettivi che Gaudenzi si è dato per i suoi quattro anni di mandato c’è quello di riprogettare i prize money (i montepremi), allineando gli interessi di tornei e giocatori, quello di far crescere alcuni grandi eventi e quello di combinare i diritti legati ai media e ai dati. La sua seconda fase, invece, consisterà nel rivedere la governance del tennis per fare in modo che anche i tornei meno considerati lo diventino, a beneficio della forza commerciale e dei guadagni di tutti. “Il nostro,” tiene a precisare, “è tra i primi cinque sport più seguiti al mondo in termini di fan ed è a cavallo dell’intrattenimento. Se riusciremo a lavorare in maniera più unita insieme alle altre istituzioni del tennis, otterremo di certo migliori risultati anche in termini di visibilità.” In questa IN MAGAZINE

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IN QUESTE PAGINE, L’EX TENNISTA ANDREA GAUDENZI CHE ORA DIRIGE L’ATP. DA ANNI VIVE A LONDRA DOVE È DIVENTATO ANCHE UN APPREZZATO IMPRENDITORE NEL SETTORE NUOVE TECNOLOGIE.

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direzione vanno le collaborazioni che Gaudenzi auspica di intraprendere con la Wta (Women’s Tennis Association) che riunisce le giocatrici del mondo e con l’Itf (International Tennis Federation) che organizza, tra le altre cose, la Coppa Davis e i tornei di tennis giovanile. Sfide non semplici che Gaudenzi continuerà a lanciare a se stesso e ai colleghi da Londra, dove vive in pianta stabile dal 2015, con la moglie Giorgia Poggi, cresciuta in Liguria ed ex tennista non professionista, e i loro tre bambini di tredici, undici e nove anni. “Giocano tutti e tre a tennis ed è proprio la mamma a dar loro, spesso, lezione. Qui a Londra non è facile spostarsi né trovare circoli con l’agonistica, ci arrangiamo così,” rivela. Tutto diverso da quando Gaudenzi, insieme al padre Gabriele, ingegnere, ogni giorno in pausa pranzo, fin da piccolissimo, raggiungeva il

TRA I SUOI OBIETTIVI COME PRESIDENTE ATP: RIPROGETTARE I PRIZE MONEY, ALLINEANDO GLI INTERESSI DI TORNEI E GIOCATORI; E RIVEDERE LA GOVERNANCE DEL TENNIS, PER FARE IN MODO CHE ANCHE I TORNEI MENO CONSIDERATI LO DIVENTINO.

Circolo Zavaglia di Ravenna. “La mia è una famiglia di tennisti,” spiega. “Mio nonno Teo, nel 1927, fondò la sezione tennis del Club Atletico Faenza e mio zio Stefano è stato un tennista professionista. Ho sempre respirato quell’aria, anche se a mettermi la racchetta in mano e a insegnarmi a giocare è stato mio padre. Certo non è


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“LA MIA È UNA FAMIGLIA DI TENNISTI. A METTERMI LA RACCHETTA IN MANO E A INSEGNARMI A GIOCARE È STATO MIO PADRE. DA FUORI, IL TENNIS PUÒ SEMBRARE UNO SPORT PATINATO MA NASCONDE SACRIFICI, RINUNCE E ANNI DI ALLENAMENTI MASSACRANTI.”

tutto oro quello che luccica: da fuori il tennis può sembrare uno sport patinato ma nasconde sacrifici, fatiche, rinunce importanti e anni di allenamenti massacranti.” Gaudenzi, che a 13 anni lasciò Ravenna per raggiungere il Centro Federale a Roma, lo sa bene. “Ero giovane e non fu facile staccarmi dalla mia famiglia. Anche se poi, ad attendermi, c’era una carriera bellissima. Sono grato a mia mamma Lella che da piccolo mi accompagnava ai tornei e a inizio carriera mi veniva a trovare, che mi è sempre stata accanto anche se era lontana. Del resto, il sostegno ci vuole. Un tennista professionista è

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una persona in genere molto sola, che vive in albergo 300 giorni l’anno, che non ha una società che lo supporta e che conduce una vita molto dura. Se ripenso ai miei anni migliori mi tornano alla mente le soddisfazioni, le persone incontrate, i Paesi visitati, le lingue imparate. Ma anche la fatica, i fusi orari, gli infortuni. E ancora adesso, quando guardo una partita, sento tutto il rispetto per chi sta giocando: so cosa ci sta dietro.” Per certi versi, però, oggi il tennis è un’altra cosa. “Nelle abitudini degli appassionati, il mondo è del tutto diverso,” spiega. “Ci sono i tablet, gli smartphone e le piattaforme digitali dove vedere anche più partite in contemporanea. Quando ero un tennista io, la programmazione televisiva era un incubo. La finale di Coppa Davis del 1998, al Forum di Assago, durò cinque ore. Ma alle 8 di sera, quando non era ancora finita, c’era il telegiornale. Così la partita da Rai 1 passò a Rai 2.” Partita impressa nella memoria di Gaudenzi che, mentre sfidava lo svedese Magnus Norman, si ruppe il tendine della spalla destra e fu costretto a ritirarsi al

quinto set. “Oggi c’è sicuramente più attenzione alla prevenzione degli infortuni: tennisti come Nadal o Federer, ma non solo, hanno sopra i 35 anni. Senza contare l’impatto della tecnologia sulle racchette, cosa ai miei tempi impensabile.” La paura più grande che Gaudenzi oggi ha rispetto al fatto che i suoi figli decidano di seguire le sue orme, è che dedicandosi troppo al tennis possano perdersi per strada passioni e interessi. “Io, per fortuna, ho portato avanti gli studi, laureandomi in Giurisprudenza a trent’anni e poi prendendo un master in Business Administration a Monaco. Sono appassionato di tecnologie e una volta chiusa la carriera ho lavorato per quindici anni al di fuori del tennis, nei settori del gaming, della musica e dei servizi finanziari. Esperienze che senz’altro mi sono servite anche in vista della mia nomina a presidente di Atp.” Nonostante sia ormai internazionale, solo quando torna in Romagna Gaudenzi si sente, però, a casa: “Mi mancano il cibo, la gente, il calore, l’accoglienza. Mi piacerebbe, un giorno, tornare a vivere in Italia.”


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Maria Silvia Pazzi è una donna bella e dinamica. Non è facile incontrarla perché sempre presa da mille impegni. Come inizia la sua giornata tipo? Dopo aver sistemato la famiglia, quattro figli, inizia subito a occuparsi del lavoro; per sua fortuna ha l’ufficio sotto casa, dal quale, soprattutto in questo periodo di pandemia, tiene i contatti per condurre la sua azienda. È la fondatrice nonché amministratore delegato di Regenesi, realtà nata nel 2008 che, come sottolinea con orgoglio, è considerata la prima realtà di Made in Italy secondo principi di economia circolare e di organizzazione a rete. Un’azienda che realizza una vasta gamma di prodotti partendo da accessori di alta moda e oggetti per la casa, tutti di design molto curati e tutti derivati da materiale riciclato. Maria Silvia Pazzi, dopo la laurea in Economia e Commercio è stata professore incaricato del corso di Organizzazione aziendale all’Università di Bologna e Uninettuno; attualmente insegna nel corso di laurea di Design del prodotto, sempre a Bologna. È membro del consiglio direttivo della Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della piccola e

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media impresa di Ravenna. Porta il suo contributo, quale membro del Comitato di presidenza, alla sua associazione, Fidapa Bpw. È stata anche speaker in occasione del G7Ambiente e premiata dalla Regione Emilia-Romagna come Imprenditore innovatore responsabile. Nel 2019 ha avuto un ulteriore riconoscimento da Confindustria, Enel X e Luiss Business School come Best Performer dell’Economia Circolare, e da ITWIIN – Associazione Donne Inventrici e Innovatrici come Migliore inventore e migliore innovatore d’Italia. Questa ricca premessa lascia immaginare quanta inventiva e quanta capacità di realizzare le sue idee abbia Maria Silvia Pazzi. Come e quando ha avuto l’idea di creare un’azienda che, nel giro di pochi anni, si è fatta conoscere non solo in Italia e in Europa, ma anche in altri continenti? “Regenesi è nata da me, nel senso che rispecchia le mie idee relative all’ambiente. Faccio infatti la raccolta differenziata dal 1996, ossia dal periodo in cui i miei figli, allora bambini nella scuola elementare, portavano avanti progetti relativi alla conservazione


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“SONO PARTITA DALL’IDEA DI UNIRE DUE CONCETTI CHE CONTRADDISTINGUONO IL MADE IN ITALY, CIOÈ LA QUALITÀ DELLA MANIFATTURA E LO STILE, CON IL CONCETTO DI SOSTENIBILITÀ. VOLEVO FARE COSE BELLE CHE NON FACESSERO MALE A NESSUNO.”

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dell’ambiente. Allora le mie idee sul riciclo di materiali apparvero troppo innovatrici e ho dovuto aspettare anni prima di accedere al mercato. Intanto avevo avuto l’occasione di svolgere il compito di consulente di manager, in altre parole insegnavo agli altri quello che avrei voluto fare per me, cosa che in seguito ho realizzato.” Com’è riuscita a concretizzare la sua idea? “In quel periodo conobbi tanti designer dell’associazione Adi –

Associazione designer italiani, che mi aggiornarono sul fatto che le pubbliche amministrazioni erano obbligate ad acquistare il 30% di prodotti sostenibili di cui il mercato, al momento, non disponeva. Da qui parte la corsa alla realizzazione e mesi dopo, nel 2008, nasce Regenesi. Mi sono guardata intorno prendendo in considerazione tanti stimoli di cose già esistenti che poi ho reso in modo innovativo. Inizialmente ci occupavamo solo di materiali da riciclo, non da recupero: la differenza consiste nell’impiego tecnologico che trasforma questi materiali. La mia idea era di unire due concetti che contraddistinguono il Made in Italy, cioè la qualità della manifattura e lo stile, con il concetto di sostenibilità. Volevo fare cose belle che non facessero male a nessuno.” Come si fa, partendo dal nulla, a entrare in un mercato e ad avere successo? “Oltre a due soci fondatori l’azienda ha formato un Advisory Board, un gruppo di persone che hanno messo a disposizione capitali, network, competenze,


sempre nell’ottica progettuale che vede alla base professionalità, trascorsi personali e tecnica. Regenesi investe al 100% nel concetto di riuso e produzione responsabile di accessori, trasformando rifiuti in bellezza grazie alla collaborazione con designer italiani e internazionali. Ho avuto modo di contattare alcuni dei più famosi che, pur consapevoli di parlare con una perfetta sconosciuta, hanno capito che proponevo qualcosa che era nella direzione in cui il mondo stava andando… Gli stilisti sono creativi e riescono a vedere le cose in anticipo.” Quali oggetti vengono prodotti e quali materiali vengono usati? “Anzitutto oggetti di moda: borse, gioielli, piccola pelletteria; poi oggetti per la casa, decorativi, arredo per studio. Per i gioielli si utilizzano vecchie montature di occhiali, i manici delle borse e i catarifrangenti delle biciclette. Poi c’è la pelle rigenerata, le lattine di alluminio e gli scarti di vecchi elettrodomestici, oppure la polvere di gomma raccolta dagli aspiratori. Sono materie di partenza che incutono una certa perplessità che scompare, poi, quando si vedono i risultati: borse elegantissime, accessori unici tutti caratterizzati da una linea molto elegante. La collezione in questi anni ha subito un continuo mutamento e sempre da rifiuti sono nate anche collezioni con brand prestigiosi come Lamborghini e Dainese, riutilizzando scarti delle auto e delle tute dei piloti di MotoGP.” Dove vengono realizzati e venduti i prodotti? “Sono tutti italiani. Le nostre filiere vanno da Pescara a Novara, in provincia di Ravenna, in Veneto, a seconda del prodotto che intendiamo realizzare. In Regenesi c’è anche una filosofia di vita, noi volevamo realizzare oggetti che ci accompagnano durante tutta la giornata. Quindi lavoriamo con tanti laboratori differenti sparsi in diverse città. Lavoriamo in tutto il mondo: Regenesi è sbarcata oltre oceano suscitando interesse

al MoMA di New York, al Pompidou di Parigi, fino in Brasile e a Shangai dove sono stati esposti i nostri prodotti al padiglione italiano all’Expo, curato dalla Triennale di Milano. I nostri clienti sono soprattutto in Italia ma noi spediamo anche in Germania e in Giappone.” C’è grande soddisfazione a essere conosciuti in tutto il mondo, ma quella più recente è l’essere riconosciuti in casa propria. “Sì. Nell’agosto 2020, infatti, ho costituito Regens Tech, una startup innovativa in forma di società benefit per realizzare non solo un materiale innovativo dal riciclo di fibre tessili, pelle e affini, ma anche una linea produttiva basata sulla manifattura additiva,

“PRODUCIAMO OGGETTI DI MODA COME BORSE, GIOIELLI, PICCOLA PELLETTERIA, MA ANCHE OGGETTI PER LA CASA, DECORATIVI E ARREDO PER STUDIO. SEMPRE DA RIFIUTI SONO NATE ANCHE COLLEZIONI CON BRAND PRESTIGIOSI COME LAMBORGHINI E DAINESE.”

stampa 3D, volta a realizzare una produzione flessibile, senza sprechi partendo dagli scarti suddetti. Questa startup ha vinto il Bando indetto dal Comune di Ravenna con il supporto di ENI e della Fondazione E. Fermi.” Questo tipo di lavoro richiede non solo progettualità ma anche un grande intuito, la conoscenza di altri paesi… “Infatti, quando viaggio, per vacanza o per lavoro, mi piace confondermi tra la gente, capire le loro abitudini, curiosare nel loro modo di vivere, insomma portare a casa un bagaglio di impressioni, di scoperte, che poi cerco di utilizzare negli oggetti che produciamo con Regenesi.”

A SINISTRA E NELLA PAGINA PRECEDENTE, L’IMPRENDITRICE RAVENNATE MARIA SILVIA PAZZI, FONDATRICE DI REGENESI, RITRATTA CON DIVERSI MODELLI DELLE SUE BORSE REALIZZATE CON MATERIALI RICICLATI.

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VINCERE

Golden

STAR

LAURA PAUSINI SALE SULL’OLIMPO DELLA MUSICA: FESTEGGIA A SANREMO E LA SUA CANZONE, COLONNA SONORA DEL FILM LA VITA DAVANTI A SÉ CON SOPHIA LOREN, È CANDIDATA AGLI OSCAR 2021.

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Ce l’ha fatta Laura Pausini, la popstar più internazionale che l’Italia abbia mai avuto, a vincere il prestigioso Golden Globe con la canzone originale Io sì (Seen), scritta con la celebre compositrice Diane Warren (11 nomination agli Oscar, un Grammy Award, un Emmy Award, un Golden Globe) per il film La vita davanti a sé di Edoardo Ponti, che segna il ritorno in scena della madre Sophia Loren. Per l’artista originaria di Solarolo è l’ennesimo riconoscimento, probabilmente il più ambito, tra quelli ottenuti in questi 28 anni di carriera, fra cui sei World Music Awards, un Grammy Awards e quattro Latin Grammy Award.

“SONO SENZA PAROLE,” AFFERMA LAURA PAUSINI. ”DEDICO QUESTO PREMIO ALLE MAESTRANZE DEL MONDO DELLO SPETTACOLO, ALL’ITALIA, ALLA MIA FAMIGLIA, A TUTTI QUELLI CHE HANNO SCELTO ME E LA MIA MUSICA, E MI HANNO RESA CIÒ CHE SONO OGGI.”

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di Roberta Bezzi

Fa un certo effetto vedere l’immagine gigante della cantante sui manifesti elettronici di Times Square a New York, che inorgoglisce tutti gli italiani. “Non avrei mai neanche lontanamente sognato di poter vincere un Golden Globe,” rivela Laura, appena ha saputo del premio. “Sono senza parole, ancora

non ci credo. Grazie alla Hollywood Foreign Press Association. Grazie di cuore a Diane Warren: è una sensazione incredibile poter ricevere un tale riconoscimento per la nostra canzone, e il fatto che sia la nostra prima collaborazione rende tutto ancora più speciale. Grazie a Edoardo Ponti, Niccolò Agliardi, Bonnie Gre-


enberg, un team incredibile. Grazie a Netflix e Palomar. E tutta la mia riconoscenza e stima va alla meravigliosa Sophia Loren: è stato un onore regalare la mia voce al suo personaggio, per trasmettere un messaggio così importante, di accoglienza e condivisione.” “Dedico questo premio,” aggiunge l’artista, “a tutti che quelli che desiderano e meritano di essere visti e protetti, in particolar modo alle maestranze del mondo dello spettacolo che sono sempre nei miei pensieri. E lo dedico a quella ragazzina che 28 anni fa, proprio in questi giorni, vinceva Sanremo e mai si sarebbe aspettata di arrivare così lontano. All’Italia, alla mia famiglia, a tutti quelli che hanno scelto me e la mia musica e mi hanno resa ciò che sono oggi. E alla mia bimba che di questo giorno vorrei ricordasse la gioia nei miei occhi, nella speranza che cresca continuando sempre a credere nei suoi sogni.” Pochi giorni dopo la Pausini ha partecipato all’edizione 2021 del Festival di Sanremo, come ospite d’eccezione, concedendosi un simpatico siparietto con i conduttori Amadeus e Fiorello. Quest’ultimo le ricorda i più di 50 premi vinti:

“Ti regalerò una nuova mensola, per contenerli tutti.” Ma lei lo tranquillizza: “Non ne ho bisogno, perché li ritira tutti mio padre.” Poi Amadeus evidenzia un altro record: Laura è la prima artista italiana ad avere un miliardo di streaming su Spotify. Per l’artista è l’occasione di sottolineare l’importanza di scaricare legalmente la musica.

Immancabile, nel finale, la consegna del tradizionale bouquet di fiori e il saluto della Pausini alla sua ‘Solarolo’ in Romagna, paese d’origine che porta sempre nel cuore. E non finisce qui, perché la canzone di Laura ha appena ricevuto la nomination agli Oscar 2021 nella categoria Canzone originale. E, si sa, i Golden Globe sono un ottimo viatico...

SOPRA E A SINISTRA, LAURA PAUSINI CHE STA VIVENDO UN MOMENTO D’ORO. SUBITO DOPO IL GOLDEN GLOBE HA RICEVUTO LA NOMINATION AGLI OSCAR 2021 PER LA MIGLIOR CANZONE.

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CREARE

Musica

IN GIOCO IL CANTAUTORE MICHELE FENATI, IN ATTESA DELL’USCITA DEL NUOVO ALBUM IN AUTUNNO, HA CREATO IL GIOCO IL MONDO IN TASCA. RAVENNA E LE SUE FRAZIONI, DISTRIBUITO NELLE SCUOLE E GIÀ ESAURITO. di Chiara Bissi / ph Lidia Bagnara

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Non ha mai smesso di seguire le proprie passioni Michele Fenati, apprezzato cantautore, interprete della canzone italiana e amante dei giochi da tavolo. Nei lunghi mesi in cui il mondo dello spettacolo dal vivo si è fermato per l’emergenza sanitaria da Covid-19, ha messo mano al proprio repertorio e ha lavorato a nuovi brani per il sesto album che uscirà in autunno. Sempre seguendo il cuore, a fine 2020, Fenati ha dato alle stampe un nuovo gioco da tavolo, confermando il già collaudato format de Il mondo in tasca, dedicato prima alle città d’Italia e poi in una versione successiva a quelle d’Europa. L’ultimo nato Il mondo in tasca. Ravenna e le sue frazioni offre uno sguardo inedito sul vasto territorio comunale, tra i più estesi d’Italia. Fenati, come ha vissuto i lunghi mesi lontano dalle scene? “Sono abituato a trovare soluzioni più che a concentrarmi sui problemi. La musica è sempre stata la mia vita, per anni ho girato l’Italia e l’Europa con il mio progetto dedicato alla canzone d’autore in chiave classica con esecuzioni per pianoforte, violino e chitarra, parallelamente registravo cd con brani inediti e concerti live. Con il primo lockdown quello della musica è diventato il settore più traumatizzato, ho amici musicisti che hanno cambiato lavoro. Io non ceduto allo sconforto anche perché avevo un progetto legato ai giochi da tavolo da completare.” Come ha fatto a portare a compimento il gioco nonostante le restrizioni e i protocolli anti Coronavirus? “La passione per i giochi è legata al negozio Taka Tuka su cui ho investito, con la mia compagna, a Ravenna. Partendo da zero mi è venuta voglia di inventare e produrre piccoli giochi da tavolo. Così nel 2018 è nato Il mondo in tasca città d’Italia, gioco che la società Dante Alighieri – con oltre 400 comitati nel mondo – ha deciso di portare come omaggio all’83° congresso mondiale di Buenos Aires nel 2019. Da lì è ve-

nuta l’edizione per l’Europa. Poi, a gennaio dell’anno scorso, l’idea su Ravenna.” Com’è andata? “Ho pensato che, con 52 frazioni, un bambino di Casalborsetti magari può non saper nulla di San Pietro in Vincoli e viceversa. Così, con l’appoggio del Comune e dell’assessore alle Attività produttive Massimo Cameliani e del Credito Cooperativo Ravennate, Forlivese e Imolese, ho creato 75 carte, ben 35 in più di quelle dedicate alle città italiane che sono 40. Ho deciso di dedicare 30 carte alla città con una sorta di guida ai monumenti Unesco, alle celebrazioni dantesche e poi alla Darsena e alla zona post industriale. Abitanti, superficie, altitudine i dati raccolti per tutte le frazioni

“CON IL PRIMO LOCKDOWN QUELLO DELLA MUSICA È DIVENTATO IL SETTORE PIÙ TRAUMATIZZATO. IO NON HO CEDUTO ALLO SCONFORTO ANCHE PERCHÉ AVEVO UN PROGETTO LEGATO AI GIOCHI DA TAVOLO CHE MI HA REGALATO GRANDI SODDISFAZIONI.”

e poi tanti incontri, tante persone che mi hanno raccontato aspetti meno noti, storie curiose del loro paese. Da Mensa Matelica a Casalborsetti ci sono 50 km e ogni luogo ha una propria identità. Il problema è sorto con le foto. Con il lockdown mi sono fermato.” Poi però non ha mollato e il gioco non solo è in vendita ma è ormai in esaurimento. Ci sarà una ristampa? “Sì, la faremo questa primavera, ne rimangono poche copie. È stato distribuito gratuitamente in 750 esemplari nelle scuole elementari, dalla terza elementare in su e poi fino alla terza media. Per Natale sono venuti in negozio genitori e nonni degli scolari

A SINISTRA, MICHELE FENATI MOSTRA ALCUNE DELLE CARTE DEL SUO GIOCO IL MONDO IN TASCA. RAVENNA E LE SUE FRAZIONI, DAVANTI A UN SIMBOLO DELLA CITTÀ: LA BASILICA DI SAN VITALE.

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per acquistarlo e regalarlo. Altri lo hanno spedito ai figli residenti all’estero, un modo per mantenere forte il legame con le radici. Una casa di riposo di San Pietro in Campiano ha deciso di regalarlo agli ospiti. Si trova in biblioteche, uffici di informazione turistica, librerie. Insomma un successo.” Tornando alla musica: non vi siete persi di vista, è così? “Sono nato a Voltana, ma vivo a Classe dove ho un piccolo studio di registrazione. Non potendo esibirmi ho preso in mano vecchi brani, poi però sono arrivate le nuove canzoni e ho cominciato a registrare. In autunno uscirà l’album distribuito dalla casa discografica francese Believe. Diciamo che non mi sono mai demoralizzato, il mondo della musica è duro e difficile, sono temprato. In estate avevo fatto qualche concerto, a ottobre avevo delle date in Germania e Austria, ad Augsburg e Klagenfurt. All’ultimo secondo tutto annullato, ma dietro a un concerto c’è un’organizzazione

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e tante persone che ci lavorano. Diciamo che il secondo lockdown è stato più duro.” C’è già un titolo? “No, non ancora. Diciamo che ho ripreso le tappe fondamentali della mia carriera trentennale, con brani scritti da me e legati alla mia vita. Mi piacerebbe riprendere a suonare quando sarà possibile, fare un tour musicale in miniatura nel territorio comunale, seguendo le carte da gioco, una sorta di Il mondo in tasca. Ravenna e le sue frazioni. Tour in luoghi poco conosciuti. Penso ad esempio alla chiesa di San Lorenzo senza tetto a Filetto o villa Ramona di Roncalceci.” Le manca il pubblico? “Molti hanno utilizzato le dirette sui social. C’è stata un’impennata di vendita di brani online e di ascolti. Come ha spiegato Enrico Ruggeri, nel lungo periodo non è un bene, è come la pentola piena d’acqua fredda nella quale la rana nuota tranquilla senza accorgersi del fuoco che lentamente aumenta la temperatura. E quando sarà

troppo caldo la rana non avrà la forza di uscire e salvarsi. Non devono cambiare le abitudini del pubblico. Spero che in estate ci sarà la rinascita e ritroveremo il rapporto umano e i concerti dal vivo. I concerti non sono stati luogo di contagio, ma è un settore molto colpito dalle restrizioni sanitarie. Avevamo un’industria musicale conosciuta nel mondo, oggi è in forte crisi. E poi i ragazzi devono potersi ritrovare per suonare come facevano un tempo.”

“IL SECONDO LOCKDOWN È STATO PIÙ DURO. NON POTENDO ESIBIRMI, HO RIPRESO IN MANO VECCHI BRANI. POI SONO ARRIVATE NUOVE CANZONI E HO COMINCIATO A REGISTRARE. NON C’È ANCORA UN TITOLO, MA PRESTO USCIRÀ UN MIO NUOVO DISCO.”


una sicurezza a prova di bacio !

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FONDATA DA CATIA GARZIA E PANFILO SALCICCIA, SAGA È UN’AZIENDA IN CRESCITA CHE GUARDA AL DOMANI. NELL’ULTIMO QUADRIENNIO, LA PRODUZIONE È AUMENTATA DELL’80% E LA FORZA LAVORO È RADDOPPIATA.

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Se quando si prende il treno ci si può rilassare e sentire sicuri, lo si deve anche a Saga, società italiana che dal 2005 opera nel settore della manutenzione ferroviaria e tranviaria. In particolare, l’azienda con base a Ravenna, si è specializzata nella riparazione dei cuori di deviatoi che rappresentano il centro dello scambio. Nel tempo infatti si consumano con il rotolamento del treno ed ecco che è fondamentale eseguire una completa rigenerazione tramite cordoni di saldatura. Dopo oltre dieci anni di studio su materiali, tecniche innovative e investimenti nella formazione del personale, Saga ha rivoluzionato l’uso dell’apporto sui cuori, diventando leader in Italia e punto di riferimento per il settore. La lungimirante gestione dell’attività è nelle mani della famiglia fondatrice, formata

da Catia Garzia, dal marito Panfilo Salciccia e dal figlio Marco, che si sono ripartiti il lavoro in base alle specifiche competenze: la prima si occupa soprattutto della parte amministrativa-finanziaria, il secondo del comparto tecnico e il terzo del settore tecnicocommerciale.

“Mio marito ha sempre lavorato nel mondo ferroviario come dirigente,” racconta Catia Garzia. “Forte della sua crescente esperienza, ha individuato una nicchia di mercato di cui in pratica attualmente ci occupiamo per conto di Rfi – Rete Ferroviaria Italiana. La nostra è stata una piccola ma


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GUARDANDO AL FUTURO, L’OBIETTIVO È INDIVIDUARE NUOVE NICCHIE PER OFFRIRE UN SERVIZIO SEMPRE PIÙ COMPLETO A RFI. INVARIATA LA MISSION CHE CONSISTE NEL GARANTIRE UNA MANUTENZIONE CHE TENDA VERSO TECNOLOGIE SEMPRE PIÙ AVANZATE PER GARANTIRE LA MASSIMA PRECISIONE, RIDUCENDO AL MINIMO L’ERRORE UMANO.

significativa rivoluzione perché abbiamo fatto della riparazione dei cuori dei deviatoi un intervento manutentivo sistematico, e pianificato e non più emergenziale e provvisorio. Tutto è cominciato con una squadra e con attrezzature semiautomatiche per garantire il lavoro fatto in situ, per poi crescere anno dopo anno, senza mai fermarci.” Dopo appena sei anni di attività, nel 2011, nasce l’Unità Locale a Scurcola Marsicana (L’Aquila) in Abruzzo, regione di cui i titolari e fondatori sono originari. Dove in passato si trovava la sede dell’attività del padre di Garzia, sorge oggi un’officina per la manutenzione dei mezzi e un centro per le prime ricerche e sperimentazioni sulla rigenerazione dei cuori. Qui prendono vita i principali progetti di Saga che ha acquisito, progressivamente, un ruolo centrale nel settore consentendo una riduzione dei costi di manutenzione e interventi sempre più tempestivi. Sullo stesso binario della qualità viaggia l’innovazione: nel 2013 viene creato il brevetto RSW System, Rail Switch Welding, ossia un sistema robotizzato per la rigenerazione dei cuori fuori opera, in grado di garantire livelli massimi di precisione. Negli anni successivi continua l’impegno dell’azienda nel mettere in campo tutta la sua esperienza verso nuove prospettive di espansione, tant’è che nel 2018 nasce Pcm, una società dedicata alla ricerca e sviluppo di nuove tecnologie ed efficientamento dei materiali, ma anche alla formazione di personale altamente specializzato. A suggellare la crescita costante della società è anche, nel giugno 2020, l’apertura

della nuova sede in via Salara a Ravenna, in un prestigioso stabile di circa 300 mq che è stato completamente ristrutturato seguendo uno stile pulito, sobrio e moderno. A colpire subito, alla prima visita, sono la cura dei dettagli, la funzionale suddivisione degli spazi, l’utilizzo di materiali naturali quali il vetro e il legno, alcuni pezzi artigianali creati su misura e la grande luminosità. Nel complesso Saga, che ha anche un’officina in zona Bassette sempre a Ravenna, dà lavoro a circa 40 dipendenti, fra cui numerosi operai altamente specializzati e formati per lavorare in squadre per interventi rapidi in differen-

ti contesti operativi. La forza lavoro è in pratica raddoppiata nell’ultimo quadriennio, 2017-2020, quando la società ha fatto registrare un aumento della produzione dell’80%. Quali sono le nuove sfide per il futuro? “Non ci precludiamo nulla,” conclude Catia Garzia. “Ci stiamo guardando attorno e l’obiettivo è di poter presto individuare nuove nicchie per offrire un servizio sempre più completo a Rfi. Invariata la nostra mission che consiste nel garantire una manutenzione che tenda verso tecnologie sempre più avanzate per garantire la massima precisione, riducendo al minimo l’errore umano.”

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RICORDARE

Film di

FAMIGLIA L’ASSOCIAZIONE SGUARDI IN CAMERA È STATA FONDATA NEL 2017 DA SILVIA SAVORELLI E GIUSEPPE PAZZAGLIA, CON L’OBIETTIVO DI CREARE UN ARCHIVIO DELLA MEMORIA DI IMMAGINI DI RAVENNA.

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di Roberta Bezzi / ph Massimo Fiorentini

Creare un archivio della memoria di immagini di Ravenna. Si potrebbe sintetizzare così il lavoro di Sguardi in Camera che, dal 2017, si occupa della raccolta di video familiari e pellicole nei formati amatoriali 8mm, Super8, 16mm, 9,5mm, che altrimenti rischierebbero di rovinarsi e disperdersi. Nata grazie al cofinanziamento del Comune di Ravenna, all’inizio per una campagna di raccolta di materiali vari, l’associazione di promozione sociale è frutto delle idee della documentarista Silvia Savorelli, tra i soci di Home Movies Archivio nazionale dei Film di famiglia con sede a Bologna, e dello storico del cinema Giuseppe Pazzaglia, con la collaborazione della socia Carlotta Manzi che cura la parte comunicativa dei social media. “Tutto è cominciato con il primo bando pubblico di raccolta, per l’appunto intitolato Portaci i tuoi film di famiglia,” spiegano i fondatori. “Prima di allora non era mai stato fatto qualcosa del genere a Ravenna. Il risultato? Ben 69 famiglie ci hanno portato i loro filmini, per 150 ore complessive di materiale filmico raccolto. Un risultato che è stato superiore

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a qualsiasi più rosea aspettativa. La costituzione di questo primo nucleo di fondo filmico ci ha consentito di organizzare numerose iniziative per rendere pubblici e valorizzare i contributi visivi consegnati dalle famiglie ravennati.” Come non ricordare la suggestiva mostra di fotografie e proiezioni Sguardi in camera: la figura femminile nei film di famiglia. Ravenna 1952-1986 che si è tenuta alla biblioteca Classense all’inizio del 2018, degna conclusione del progetto iniziale con circa mille presenze? Il percorso espositivo ha cercato di raccontare un’altra storia della città e dei suoi abitanti, rispondendo a diversi interrogativi: come vivevano le ragazze a Ravenna negli anni Cinquanta? Come trascorrevano il loro tempo libero? Quali erano le principali occupazioni? Dove lavoravano? Come si divertivano? Poi con l’arrivo degli anni Sessanta, del boom economico, come sono cambiate le loro abitudini? La rappresentazione della vita quotidiana è poi mutata con l’entrata negli anni Settanta e Ottanta? “Abbiamo scelto di incentrare la mostra sulla figura femminile,” afferma Savorelli, “semplicemen-


“BEN 69 FAMIGLIE HANNO MANDATO I LORO FILMINI, PER 150 ORE COMPLESSIVE DI MATERIALE FILMICO RACCOLTO,” AFFERMANO I SOCI. I FONDI PIÙ RICCHI SONO QUELLI DI GIUSEPPE BARNABÈ, SERGIO TROMBINI E ADRIANO E PAOLA PANZAVOLTA.

te perché gran parte dei cineoperatori dell’epoca erano uomini. Questo era il pretesto tecnico, ma c’era dell’altro che ha a che fare con il piano emotivo… Riprendere l’amica, la fidanzata, la moglie, la figlia, la madre, era un modo di raccontare i momenti felici della famiglia. La donna è

però complice di questo sguardo nel cinema di famiglia.” E tra un racconto e l’altro di passeggiate in giro per le vie del centro, in pineta e anche lungo il Candiano, dai film amatoriali sono emersi anche tanti eventi inediti. Qualche esempio? L’arrivo a Ravenna dei profughi ungheresi nel 1956, ospitati alla colonia di Marina di Ravenna dalla Croce Rossa, che nessuno aveva mai documentato. Ci sono poi scoperte interessanti, dove la cosiddetta grande Storia entra nella vita delle persone e che il film di famiglia sa documentare con sguardo inedito, intimo. Come il Natale del vigile urbano in piazza del Popolo nel 1957 dove spontaneamente i ravennati si recavano per consegnare i loro regali sotto le colonne di S. Vitale e S. Apollinare. Resta poi storica la ripresa della passeggiata

IN ALTO, DA SINISTRA A DESTRA, GIUSEPPE PAZZAGLIA, SILVIA SAVORELLI E CARLOTTA MANZI DELL’ASSOCIAZIONE SGUARDI IN CAMERA, RITRATTI IN PIAZZA DEL POPOLO A RAVENNA.

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LA SUGGESTIVA MOSTRA DI FOTO E PROIEZIONI SGUARDI IN CAMERA, SVOLTASI ALLA BIBLIOTECA CLASSENSE NEL 2018, È STATA INCENTRATA SULLA FIGURA FEMMINILE, SEMPLICEMENTE PERCHÉ GRAN PARTE DEI CINEOPERATORI DELL’EPOCA ERANO UOMINI.

verso la basilica di San Vitale dell’allora presidente della Repubblica Einaudi, con la moglie, in occasione dell’assegnazione alla città della medaglia d’oro al valore. I fondi familiari più ricchi? Senza dubbio quello di Giuseppe Barnabé per l’ampio arco temporale ricoperto dagli anni Cinquanta in avanti. Piuttosto interessante anche il fondo di Sergio Trombini – che ha raccontato di aver ricevuto la sua 8mm in regalo dall’allora

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ministro della Difesa Giulio Andreotti al termine di una gara di triathlon – sul porto di Ravenna, dove è raccontato come i lavoratori vivevano la Darsena all’inizio degli anni Settanta. Un cenno merita anche il fondo del fondatore del Circolo Velico Adriano Panzavolta e della figlia Paola che riprendevano le regate con la loro 16mm. Da quella prima raccolta il lavoro di Savorelli e Pazzaglia, amici di lunga data nonché colleghi in occasione del film Bulow. Uno stratega della Resistenza dedicato ad Arrigo Boldrini dall’Anpi alla fine degli anni Novanta, non ha mai avuto fine. Nel tempo si sono susseguite proiezioni, visite guidate per scolaresche e laboratori per ragazzi, alcuni dei quali particolarmente originali, in grado di mettere a confronto il moderno selfie con l’autorappresentazione nei film di famiglia. Non sono poi mancate altre mostre, come quella a Palazzo Rasponi, rassegne quali Sottocasa nel 2019 e 2020 che hanno portato il cinema di

IN BASSO, LA DOCUMENTARISTA SILVIA SAVORELLI CHE È ANCHE TRA I SOCI DI HOME MOVIES – ARCHIVIO NAZIONALE DEI FILM DI FAMIGLIA CON SEDE A BOLOGNA.


famiglia nelle zone periferiche e decentrate della città di Ravenna. Sguardi in Camera collabora stabilmente con Home Movies - Archivio nazionale del cinema di famiglia, prima realtà italiana che si occupa a livello nazionale della raccolta, conservazione e salvaguardia di supporti originali del cinema familiare, tramite il trasferimento in digitale e attraverso un accurato lavoro di archiviazione, catalogazione e raccolta delle testimonianze. E ora, cosa bolle in pentola? “Si è chiuso da poco il nuovo bando pubblico Srotola la tua memoria,” racconta Pazzaglia, “voluto per raccogliere pellicole, film familiari e fotografie realizzati nel territorio della Darsena e nel quartiere Lanciani-Gulli, al Porto e all’ex Villaggio Anic quartiere San Giuseppe. Abbiamo raccolto centinaia e centinaia di immagini provenienti da archivi familiari, in un arco di tempo che va dalla fine dell’Ottocento alla metà degli anni Ottanta. Si tratta per lo più di foto tolte da cassetti e scatole dalle famiglie che abitano in Darsena. In termini tecnici si parla di fotografia vernacolare fatta per documentare la vita di famiglia, scegliendo come sfondo il quartiere.” Si va dal classico ritratto in posa dal fotografo fino alla foto della famiglia in gruppo attorno al tavolo, senza

DA POCO SI È CHIUSO IL NUOVO BANDO PUBBLICO SROTOLA LA TUA MEMORIA, NELL’AMBITO DEL PROGETTO EUROPEO DARE, PER RACCOGLIERE PELLICOLE, FILM DI FAMIGLIA E FOTOGRAFIE REALIZZATI IN DARSENA E NEI QUARTIERI LANCIANI-GULLI E S. GIUSEPPE.

tralasciare ricorrenze particolari, come il primo giorno di scuola, anniversari, compleanni, ma ci sono anche fotografie di lavoro, in ambito portuale e commerciale. A cosa servirà il materiale raccolto? A costituire un archivio visivo della Darsena, a disposizione di piattaforme online e alla realizzazione di pannelli espositivi sul genere di quelli già espositi in testata di Candiano. L’iniziativa Srotola la tua memoria si colloca nell’ambito di Dare, progetto europeo triennale, inserito nel programma Uia (Urban Innovative Actions) che punta a contribuire alla rigenerazione del quartiere Darsena, iniziata da diversi anni grazie a numerosi interventi promossi e sostenuti dal Comune di Ravenna, in collaborazione con 11 partner e una ventina di soggetti vari. IN MAGAZINE

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DR. ARNALDO PAGANELLI CHIRURGO PLASTICO ED ESTETICO

SPECIALIZZATO IN CHIRURGIA DEL VISO, DEL SENO E DEL CORPO, E DALLA GRANDE ESPERIENZA INTERNAZIONALE, IL DOTTOR PAGANELLI SI PRENDE CURA DEI PROPRI PAZIENTI LAVORANDO CON EMPATIA E IN ESTREMA SICUREZZA.

“Il miglior modo di fare il proprio lavoro è amarlo,” scrive il dottor Arnaldo Paganelli nel suo profilo Facebook, a corredo di un’immagine che lo vede in sala operatoria alle prese con una paziente. Raggiunti i 20 anni di attività e gli oltre 5.000 interventi, Paganelli guarda alla propria pro1

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fessione di chirurgo plastico con l’entusiasmo di sempre. Dopo una brillante formazione universitaria acquisita a Bologna prima in medicina e poi in chirurgia d’urgenza, nel 1998 sceglie la via dell’esperienza internazionale. Al rientro in Italia porta con sé una solida preparazione, ma-

turata studiando e operando nelle più rinomate e prestigiose cliniche del Brasile, alla scuola di chirurgia del maestro Ivo Pitanguy (1998 – 2001) e in seguito della Gran Bretagna (2001 – 2016), come chirurgo plastico estetico, specializzato in mastoplastica, liposcultura e rinoplastica. Viso, seno, corpo sono i campi di azione, dalla mastoplastica additiva o riduttiva alla ginecomastia per l’uomo; dal lifting viso, braccia, cosce, glutei alla richiestissima addominoplastica per le donne in post gravidanza o dopo un importante calo di peso; e ancora naso, occhi con la chirurgia della palbebra o blefaroplastica; rino e otoplastiche, riduzione del mento e poi lipofilling seno e glutei. Sono solo alcuni degli interventi praticati dal dottor Paganelli che dal proprio ambulatorio di Ravenna in via Vulcano descrive la chirurgia plastica come: “Qualcosa di magico. Ho coltivato questa idea come un sogno da gio-


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VISO, SENO, CORPO SONO I CAMPI DI AZIONE: DALLA MASTOPLASTICA ADDITIVA O RIDUTTIVA ALLA GINECOMASTIA PER L’UOMO; DAL LIFTING VISO, BRACCIA, COSCE, GLUTEI ALLA RICHIESTISSIMA ADDOMINOPLASTICA; E ANCORA NASO, OCCHI CON LA CHIRURGIA DELLA PALBEBRA O BLEFAROPLASTICA.

vane studente, poi ho potuto apprendere le migliori tecniche nel miglior posto al mondo, dove stavo tutto il giorno in sala operatoria e alla sera seguivo le lezioni. Questo apprendimento mi ha dato motivazione e il sogno si è avverato. Ho deciso di fare una chirurgia che definirei vera lavorando in estrema sicurezza, richiedendo preventivamente ai pazienti più esami di quanto previsto dall’Ausl e seguendo i protocolli delle società scientifiche più prestigiose. Insomma non mi risparmio, anche perché la medicina estetica diciamo che si è imbastardita, ed oggi è praticata anche da non laureati, figure eticamente deboli. Per questo ho deciso di avviare un percorso educativo pubblicando una collana di volumi per i pazienti. Il primo non a caso tratta il tema del seno. Voglio che chi decide di rivolgersi a me sappia quello che faccio. Inoltre, grazie ai social pubblichiamo video e immagini che raccontano anche il dietro le quinte. Mi rivolgo così a pazienti motivati che vogliono realmente risolvere un problema.” Così tecniche innovative, protesi di ultima generazione, alta professionalità, sala operatoria nel polo sanitario Medicina 33 con standard di sicurezza Iso 5, e profonda empatia sono i requisiti necessari per il lavoro del dottor Paganelli. “Propongo ai pazienti una chirurgia d’eccellenza al prezzo giusto con un’assistenza adeguata in fase post operatoria e a oltranza. Abbiamo persone che vengono anche da fuori regione perché conoscono il nostro lavoro e durante la visita mi posso permettere di entrare in contatto con loro e instaurare un rapporto di fiducia. Il paziente va ascoltato,

ci sono infatti poche cose che il chirurgo deve consigliare. La prima visita dura un’ora per sviscerare motivazione, desideri e sogni – opero infatti anche cicatrici e traumi. Pensiamo all’addominoplastica: c’è una grande richiesta, si tratta di un intervento durante il quale prendo in consegna il corpo della donna, alterato a causa della gravidanza, che è un evento importante. Ripristiniamo le condizioni pre-gravidanza perché oggi ogni donna con una vita piena di impegni può tornare a sentirsi bella.” Un percorso, quello offerto dal dottor Paganelli, che contempla anche eventuali dilazioni nei pagamenti, formule assicurative e la possibilità per chi si muove da lontano di avere un appartamento in città nei giorni precedenti e successivi l’intervento. Sono previste fatture detraibili per naso, ad-

dome e seno in seguito a cali importanti di peso. “Mettiamo il paziente in condizione di finanziare il proprio intervento, seguendolo passo a passo, offrendo il meglio della tecnologia sul mercato. Ho investito 30.000 euro di materiale e in tecnologia solo per migliorare liposcultura e lipofiller. Stiamo lavorando molto nell’ambito del contorno corporale, mentre nel settore dell’aumento di seno abbiamo la concorrenza del low cost . Ma io offro ciò che c’è di meglio al mondo con convinzione anche se significa affrontare dei costi. Per questo sto cercando di creare un gruppo di lavoro efficace, con i miei collaboratori e un giovane chirurgo al quale cerco di insegnare un approccio di eccellenza al nostro ambito, considerato a torto in Italia la cenerentola della chirurgia.”

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DISEGNARE

Impresa

TITANICA L’ARTISTA TORINESE ENRICO MAZZONE HA SCELTO RAVENNA E LE CELEBRAZIONI DEL SETTIMO CENTENARIO DELLA MORTE DI ALIGHIERI PER COMPLETARE LA SUA DIVINA COMMEDIA DA RECORD. di Chiara Bissi / ph Massimo Fiorentini

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Sulle orme di Dante Alighieri, l’artista Enrico Mazzone ha terminato a Ravenna la sua imponente opera, ovvero disegnare a matita la Divina Commedia su un rotolo di carta da 97 metri, alto 4, seguendo da sdraiato la tecnica della puntinatura per avvicinare quanto più possibile l’effetto dell’incisione. Torinese, classe 1982, Mazzone dopo gli studi all’Accademia Albertina di Belle Arti, con una laurea in Scenografia, ha trovato l’ultimo rifugio in città dopo cinque anni di lavoro grazie all’ospitalità di Beatrice Bassi e Leonardo Spadoni. Per disegnare, ha avuto a disposizione per lo spazio soppalcato del Mercato Coperto, chiuso al pubblico a causa dell’emergenza sanitaria. Da luglio 2020 a gennaio 2021, l’artista ha portato a termine il Paradiso; negli ultimi metri di carta l’andamento del segno si è fatto sempre più rarefatto e ha lasciato il posto a un componimento in quartine dello stesso Mazzone, in una sorta di dissolvenza per non chiudere con un finale netto e lasciare il senso di incompiuto. La Divina Commedia disegnata, di certo la più grande del mondo, vede la luce in tempo per le celebrazioni del settimo centenario della morte del Sommo Poeta e come lui avrà un destino errante. “La mia resistenza ed energia,” racconta Mazzone, “hanno combaciato con il tempo necessario per realizzare l’opera. Il percorso è cominciato in Finlandia. Durante gli studi e dopo la laurea ho sentito il richiamo dei paesi del Nord. Dal 2008 sono stato prima in Norvegia poi in Svezia, in Finlandia, e poi in Islanda, Groenlandia e ancora in Finlandia dal 2015. Nella cittadina di Rauma, sulla costa sud-occidentale del paese, nel corso di una residenza d’artista ho lavorato con le scuole e come decoratore. In quel periodo ho visitato una grande cartiera, un mondo magico per me, ricevendo in dono un rotolo per la cartiera non utilizzabile: per me, invece,

L’OPERA UNICA AL MONDO È REALIZZATA SU UN ROTOLO DI CARTA DA 97 METRI, ALTO 4. INCORAGGIATO DA VITTORIO SGARBI E DAI DUE MECENATI RAVENNATI, BASSI E SPADONI, HA POI PROSEGUITO CON LA DIGITALIZZAZIONE, UN DOCUMENTARIO E UN LIBRO.

un’incredibile opportunità.” Con il grande supporto cartaceo a disposizione è arrivata l’ispirazione, un giorno correndo nel bosco. “In quel momento,” ricorda, “mentre facevo un’attività quotidiana per me, è arrivata la visione: nella foresta intricata ho pensato al XIII canto dell’Inferno, alla selva dei suicidi, trasformati in alberi per espiare la propria violenza e il castigo divino. La carta in fondo viene dagli alberi e ne trattiene

L’ARTISTA TORINESE ENRICO MAZZONE AL LAVORO, NELLO SPAZIO SOPPALCATO DEL MERCATO COPERTO DI RAVENNA, DOVE HA TERMINATO LA SUA DIVINA COMMEDIA.

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una memoria emotiva. Così ho accettato gli eventi e ho deciso di lavorare sulla Divina Commedia in un percorso in solitaria che mi ha permesso di mettermi nella condizione necessaria per realizzare l’opera, per essere autentico e superare i limiti di metraggio e tecnica. Ho capito subito che sarebbe stato un racconto continuo senza divisione della carta, una sorta di percorso di vita, una specie di diario.” Presa la decisione, Mazzone contatta e aggiorna Vittorio Sgarbi, conosciuto in Italia nel 2011 quando già si era cimentato

“NON CI SARÀ BISOGNO DEL LIBRO SOTTO MANO O DI ESSERE UN DANTISTA PER GUARDARE L’OPERA, POICHÉ SI TRATTA DI UN’INTERPRETAZIONE A LIVELLO METALETTERARIO E CIASCUNO SAPRÀ RICONOSCERE LA COMMEDIA GRAZIE ALLA COMPRENSIONE EMOTIVA.”

con il disegno su foglio di grandi dimensioni, e ottiene l’incoraggiamento a proseguire, fino all’ultima visita del critico d’arte a lavoro di fatto terminato in dicembre. La rappresentazione grafica di un’opera celeberrima, riprodotta da grandi artisti come Gustave Doré, pone non pochi interrogativi a Mazzone. “Non ci sarà bisogno,” precisa, “del libro sotto mano o di essere un dantista per guardare l’opera, che non nasce come illustrazione delle tre cantiche ma si tratta di un’interpretazione a livello metaletterario; ciascuno saprà riconoscere la Commedia grazie alla comprensione emotiva. Questo periodo storico contiene di per sé le tre cantiche. Quanto alla tecnica, ho sempre amato l’incisione e l’opera di Dürer con 34

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lo scandaglio di esseri che poi prendono forma. Così ho cominciato a disegnare su fogli A2 per poi riportare, sdraiato, le immagini puntinate per dare fra luci e ombre la dinamicità dei corpi dinoccolati. Con questa tecnica era necessaria una postura orizzontale: il ciclo della narrazione sconvolge la geografia dantesca con un unico piano sequenza, dovevo trovare una strada parallela nell’intravedere il viaggio di Dante con una rappresentazione che scavalca il tempo.” Nella prima fase il paesaggio finlandese, l’orizzonte vuoto che

L’OPERA DA RECORD DI MAZZONE È DISEGNATA SU UN ROTOLO DI CARTA DA 97 METRI, ALTO 4, SEGUENDO DA SDRAIATO LA TECNICA DELLA PUNTINATURA. HA UTILIZZATO OLTRE 6.000 MATITE.


si riempie di laghi e foreste, ha permesso a Mazzone di trovare la propria chiave di accesso, evitando di immedesimarsi con la

figura del poeta. “Mi ha aiutato la desolazione del paesaggio finlandese che permette di trascendere l’esperienza in immagini e pensieri. La Divina Commedia viene studiata come esperienza testuale e perde la connotazione viscerale. Leggerla o viverla sono percorsi paralleli. L’ho vissuto come un libro delle istruzioni su come affrontare un percorso di vita e di ricerca. Ermetico, sibillino, il significato tellurico delle parole incide sulla crescita simbolica della vita.” Dopo aver utilizzato 6.000 matite in Finlandia e più di 100 a Ravenna è arrivata la digitalizzazione, il documentario e il libro che testimoniano il lavoro di anni. Il disegno verrà montato per l’esposizione su una struttura portante verticale in bamboo, disegnata dall’architetto italo colombiano Mauricio Cardenas Laverde, secondo un formato che Mazzone vorrebbe simile a un ciclorama circolare aperto perché lo spettatore possa essere immerso nella visione dei complessi cicli narrativi. “Qui a Ravenna,” conclude, “ho trovato in Leonardo Spadoni e Beatrice Bassi due vere figure di mecenati, un incontro inaspettato ed entusiasmante. Poi, quando l’emergenza Covid lo permetterà, l’opera andrà a Torino al Lingotto per la Fiera del Libro. Si lavora a delle ipotesi su Ravenna grazie al Comune e sul palazzo del Podestà a Faenza per poi proseguire con altre tappe italiane. Nel 2022 arriverà in Finlandia e a San Pietroburgo.”

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MARIS SERVIZI IMMOBILIARI 50 ANNI DI CORTESIA E QUALITÀ, GUARDANDO AL FUTURO

UN’AGENZIA IMMOBILIARE STORICA E DALLA TRADIZIONE FAMIGLIARE, CHE AFFIANCA I PROPRI CLIENTI OFFRENDO SERVIZI A 360° SEMPRE PIÙ INNOVATIVI, DALLA COMPRAVENDITA ALL’HOME STAGING.

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Maris Servizi Immobiliari festeggia i cinquant’anni di attività, grazie all’intuizione proprio di Maris, il fondatore, che vide in quel paesino con sole tre case una possibilità di crescita economica. Maris arriva a Lido Adriano a metà degli anni Sessanta. Studiando la sera prese il patentino da mediatore e nel 1971 aprì l’agenzia immobiliare Maris. Si associò alla FIAIP fin da subito (Federazione Italiana Agenti Immobiliari Professionali), e iniziò il lavoro vendendo le case in costruzione nel pieno boom edilizio. Fin da subito il suo braccio destro fu la figlia Silveria, che inizialmente aveva preso in carico tutta la parte relativa agli affitti turistici fino a toccare punte di 100 appartamenti a stagione. Nel 1973 il sig. Maris ricevette il premio qualità e cortesia (nella foto a lato), punti cardini del

modus operandi della famiglia. Silveria ha egregiamente guidato l’agenzia fino al passaggio attuale di consegne alla figlia Deborah, alla quale ha trasmesso la passione per il proprio lavoro e l’importanza della continua formazione e innovazione. Deborah ha capito nella sua ventennale esperienza che l’agenzia è un organo vivo e che non si può rimanere fermi. Le sue competenze sono a 360° e il cliente che si affida per la vendita o l’acquisto viene seguito in tutti gli aspetti relativi alla compravendita. Maris Servizi Immobiliari è specializzata nella presentazione delle case che vanno studiate, preparate, pulite e riordinate, allestite con arredo temporaneo ove fosse necessario. “Negli ultimi tre anni mi sono dedicata alla crescita professionale con l’obiettivo di dare

sempre di più al mio cliente, di valorizzare le case al meglio per la vendita e di differenziarmi nei servizi rendendoli unici. Per fare questo ho seguito dei corsi di alta formazione in Home Staging, Marketing Immobiliare, Negoziazione, Comunicazione, PNL (Programmazione Neurolinguistica), Social Network, Fotografia di interni e video. Quando rendo completamente diversa una casa con il mio servizio di home staging o allestimento temporaneo è come trasformare il brutto anatroccolo in cigno. Dove possibile applico quotidianamente questa nuova strategia all’interno della mia agenzia, ed è un servizio a disposizione del cliente. Questo lavoro consiste nel pulire, riordinare e togliere l’eccesso (decluttering), disporre in maniera funzionale i mobili e allestire la casa preparandola al servizio fotografico professionale e video. Tutto questo perché i clienti che cercano casa oggi lo fanno tramite smartphone. Abbiamo puntato sul digitale e sui social per stare al passo con i tempi e vicino ai nostri clienti soprattutto ora. Grazie al nostro sito internet chi cerca casa può comodamente visionare gli annunci da smartphone, e seguendo il nostro blog leggere articoli informativi sulle tendenze di settore. Da tempo ho deciso di pubblicare annunci studiati e ben editati, differenti dalle altre proposte


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HOME STAGING, MARKETING IMMOBILIARE, NEGOZIAZIONE E COMUNICAZIONE, SOCIAL NETWORK, FOTOGRAFIA DI INTERNI E VIDEO: “L’OBIETTIVO È DI DARE SEMPRE DI PIÙ AL MIO CLIENTE E DI VALORIZZARE LE CASE AL MEGLIO PER LA VENDITA,” AFFERMA DEBORAH. “MI PIACE TROVARE SOLUZIONI GIUSTE TRAMITE SERVIZI PERSONALIZZATI.”

che si trovano sui relativi giornali di pubblicità immobiliare. Mi piace rendere unico ogni immobile che mi viene affidato. Ho creato anche un vademecum di come presentare le case per la visita. Mi avvalgo quotidianamente del servizio di professionisti quali architetti, fotografo di interni, interior designer per ottenere la massima qualità. Tutto il lavoro di valorizzazione non è efficace se non viene fatta una valutazione professionale dell’immobile. Per questo eseguiamo un report personalizzato di valutazione della casa nel mercato di zona, andando a individuare il prezzo ideale per una vendita di successo. Sono

servizi esclusivi e personalizzati sulla casa che viene affidata per la vendita. Inoltre, sto sviluppando un sistema unico studiato ad hoc per gli investitori immobiliari che comprano, ristrutturano e rivendono le case. Questo processo innovativo è l’arredo con i mobili di cartone: si tratta di arredare completamente la casa con complementi di arredo in cartone e allestire in maniera tale per cui il cliente acquirente

possa capire gli spazi utili degli ambienti. Per il cliente che cerca casa il mio ruolo diventa Property Finder: mi racconta il suo sogno e la casa che vorrebbe e io eseguo per lui una ricerca mirata, così da fargli risparmiare tempo e fatica. Si troverà davanti solo soluzioni ottimali da scegliere e in breve tempo potrà realizzare il suo desiderio. Amo il mio lavoro e la soddisfazione dei clienti è il mio successo.”

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CELEBRARE

Dante e

RAVENNA IL 2021 È L’ANNO DEL SETTIMO CENTENARIO DANTESCO. A RAVENNA, IL SOMMO POETA HA TROVATO LA QUIETE NECESSARIA PER PORTARE A TERMINE IL PARADISO E, QUINDI, LA SUA DIVINA COMMEDIA.

E

di Andrea Casadio / ph Massimo Fiorentini

E così, il 2021 del settimo centenario dantesco è finalmente arrivato. Purtroppo, le vicissitudini dell’attualità rischiano di rendere quest’anno tanto atteso molto diverso da come lo si era immaginato. Tempi e modi delle celebrazioni, nei prossimi mesi, dovranno forse essere rivisti, in parte ridimensionati. Quello che però la pandemia non potrà sottrarre alla città è la vicenda che sta alla base di tutto: sette secoli fa il più grande personaggio della storia letteraria italiana venne proprio qui a chiudere la sua avventurosa esistenza, facendo di Ravenna, oltre che la città dei mosaici e degli ultimi imperatori, anche la città di Dante. I motivi che portarono il poeta a trasferirsi nel suo ultimo rifugio – così lo definì Corrado Ricci in quello che è forse il suo libro più famoso – restano in gran parte oscuri, così come è incerta la data in cui questo avvenne. Se una tradizione consolidata la poneva al 1313, oggi si tende a posticiparla al 1318, limitando la residenza ravennate di Dante a pochi ma importantissimi anni, dal momento che furono quelli in cui stese gli ultimi tredici

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canti del Paradiso. Anche i motivi che lo indussero a lasciare la Verona di Cangrande della Scala, un’altra significativa tappa del suo esilio, sono ignoti. Tuttavia è probabile che in tal caso non sia in errore la tradizione che vuole un Dante ormai stanco della vita forse stimolante ma convulsa della corte scaligera, e desideroso di ritirarsi nella quiete necessaria per giungere al risultato che davvero, a quel punto della propria esistenza, gli stava a cuore, e cioè il compimento della Divina Commedia. A tal fine Ravenna era indubbiamente uno dei luoghi più adatti. All’inizio del Trecento la città non era che l’ombra della grande capitale che era stata nei secoli ormai lontani della sua stagione più gloriosa. La Ravenna di Dante era una città forse non depressa ma indubbiamente in ripiegamento, dove le basiliche del passato spiccavano su un tessuto urbano ormai complessivamente modesto. Tuttavia era anche la città di una personalità di grande statura intellettuale come l’arcivescovo Rinaldo da Concorezzo, e di un signore illuminato come Guido Novello da Polenta. Questi, nipote di quella Francesca da Rimini (in realtà, per l’appunto, da Ravenna) la cui memoria Dante aveva reso immortale nel poema, aveva assunto la signoria dal 1316, donando alla città il periodo più fecondo di quell’epoca tanto contrastata. Egli stesso verseggiatore dilettante, Guido fece della sua corte un piccolo cenacolo intellettuale, che ovviamente trovò in Dante il suo fulcro più carismatico e prestigioso. Se è probabilmente infondata la tradizione che vuole il poeta impegnato anche nell’insegnamento nello Studio giuridico locale, e se si eccettuano gli estemporanei servigi con cui egli mise a disposizione dell’azione politica del mecenate il valore aggiunto della propria immagine, è dunque da ritenere che Dante avesse proprio nell’attività letteraria l’occupazione principale della sua residenza ravenna-

te. Attorno al cenacolo polentano egli trovò dunque l’oasi di pace necessaria per l’agognata tregua esistenziale e l’anelata gratificazione artistica. Fra l’altro vi ricompose in parte l’unità familiare, dal momento che gli furono accanto i figli Pietro e Iacopo, esiliati da Firenze nel 1315, e la figlia Antonia, monaca con il nome di suor Beatrice nel monastero di S. Stefano degli Ulivi. Purtroppo, a parte quest’ultimo, che sorgeva nel sito oggi occupato dalla sede della polizia municipale, non sappiamo nulla dei luoghi legati alla presenza di Dante in città. Ci è del tutto ignoto, ad esempio, dove si trovasse la sua casa (nonostante la leggenda infondata che si trattasse di casa Scarabigoli,

GUIDO NOVELLO FECE DI DANTE IL FULCRO PIÙ CARISMATICO E PRESTIGIOSO DELLA SUA CORTE, TRASFORMATA IN PICCOLO CENACOLO INTELLETTUALE. L’AMBIENTE RAVENNATE FU TUTT’ALTRO CHE ININFLUENTE PER LA SUA ISPIRAZIONE POETICA.

proprio di fronte alla tomba), così come non sappiamo quale fosse in quegli anni la residenza principale dei Polentani. Ad ogni modo, l’ambiente ravennate fu tutt’altro che ininf luente per la sua ispirazione poetica, nell’incontro con l’afflato mistico dei mosaici e con le suggestioni di ambienti del tutto speciali come la pineta di Classe, esplicitamente citata nella descrizione del Paradiso terrestre. In alcuni casi, come le teorie delle vergini e dei santi in S. Apollinare Nuovo con la processione dello stesso Paradiso terrestre, o come la croce di S. Apollinare in Classe con quella lampeggiante del cielo di Mar-

IN QUESTE PAGINE, LA TOMBA DI DANTE PRESSO LA BASILICA DI SAN FRANCESCO A RAVENNA.

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Il sepolcro e le ossa DI DANTE Dopo la morte, il corpo di Dante venne inumato in un’arca marmorea a pochi passi dalla tomba attuale, nella cappella di Braccioforte. Nel XV secolo il pretore veneto Bartolomeo Bembo fece ricostruire il sacello, ornandolo con un rilievo scolpito da Pietro Lombardo. Questo fu poi trasferito nel 1780 nella tomba attuale, fatta edificare in stile neoclassico dal legato pontificio Valenti Gonzaga. Tuttavia, per lungo tempo il sepolcro non fu il luogo in cui i resti del poeta furono effettivamente conservati. All’inizio del Cinquecento, infatti, i francescani dell’attiguo convento trafugarono le ossa per prevenire le mire dei fiorentini, che da lungo tempo ne chiedevano la consegna e sembravano sul punto di ottenerla grazie all’ascesa al soglio pontificio di Leone X de’ Medici. Dopo altre peripezie, con la soppressione napoleonica degli ordini religiosi nel 1810 le ossa furono ancora occultate dai frati nel muro di cinta di Braccioforte, per essere casualmente ritrovate nel 1865 durante i restauri per il sesto centenario della nascita di Dante.

DANTE MORÌ FRA IL 13 E IL 14 SETTEMBRE 1321, A CAUSA DI FEBBRI MALARICHE CONTRATTE NEL VIAGGIO DI RITORNO DA VENEZIA. LA CITTÀ GLI RISERVÒ SOLENNI ONORANZE PUBBLICHE, LA SEPOLTURA AVVENNE IN S. PIER MAGGIORE (L’ATTUALE S. FRANCESCO).

te, la relazione fra l’iconografia ravennate e le immagini evocate nel poema appare diretta. Come è noto, Dante morì fra il 13 e il 14 settembre 1321, a causa di febbri malariche contratte fra le paludi del Delta nel viaggio di ritorno da un’am40

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basceria a Venezia per conto di Guido. La città gli riservò solenni onoranze pubbliche, in cui il signore, il clero e il popolo resero omaggio alla salma, secondo il ravignano costume, nella casa dove il defunto aveva abitato. La sepoltura avvenne in S. Pier Maggiore (l’attuale S. Francesco), la chiesa ufficiale dei Polentani, mentre si apriva la gara letteraria per l’epitaffio latino da incidere sulla tomba. Seguì la divulgazione degli ultimi canti del Paradiso, avvenuta, secondo una delle tante leggende che nacquero attorno alla residenza ravennate di Dante, grazie a un ritrovamento miracoloso da parte dei figli, ai quali il padre sarebbe apparso in sogno indicando il luogo segreto in cui erano conservati. L’ambiente umano e intellettuale che aveva accompagnato gli

ultimi anni di vita del poeta era però destinato a dissolversi ben presto. Appena un mese prima, il 18 agosto, era infatti morto anche l’arcivescovo Rinaldo. Un anno dopo, Guido Novello fu vittima di una congiura del cugino Ostasio e dovette abbandonare Ravenna, per morire a sua volta in esilio a Bologna nel 1330. Anche Pietro e Iacopo lasciarono la città; solo Beatrice, che nel 1350 era ancora monaca in S. Stefano degli Ulivi, vi rimase per sempre. La memoria della presenza di Dante, però, non scomparve. Anzi, già da quel 1321 divenne un vero e proprio culto. Su di essa, e sulla custodia dei resti mortali del poeta, sarebbe nato un mito destinato a diventare una parte fondamentale dell’identità culturale della città.



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SCRIVERE

Il piacere

DELLA STORIA PAOLO CASADIO STA CONQUISTANDO IL MERCATO LETTERARIO INTERNAZIONALE CON IL ROMANZO IL BAMBINO DEL TRENO. DOPO L’USCITA ESPLOSIVA IN ARGENTINA, ORA È SBARCATO IN GERMANIA E PRESTO IN ROMANIA.

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di Roberta Bezzi / ph Lidia Bagnara

Dopo aver conquistato il mercato letterario argentino, non si ferma il successo del romanzo Il bambino del treno che è appena sbarcato in Germania, in attesa di varcare il confine anche della Romania. A scriverlo è stato il ravennate Paolo Casadio, geometra, la cui carriera è esplosa in questi ultimi anni prendendo ora una direzione sempre più internazionale, a dimostrazione di quanto le parole e le storie possano avere una valenza universale se in grado di arrivare dritte al cuore. Tutto inizia nel 2012 quando, insieme a Luca Ciarabelli, pubblica Alan Sagrot per la casa editrice Il Maestrale, frutto di ricerche storiche sui giornali d’epoca: a colpirlo è la consapevolezza del distacco, se non collisione, tra la vita quotidiana e la Storia con la esse maiuscola delle prime pagine. Tre anni dopo esce il suo primo romanzo come autore singolo: La quarta estate, edito da Piemme, ambientato nell’estate del 1943 nel sanatorio per orfani affetti da scrofolosi di Marina di Ravenna. Per l’appunto è la quarta estate di guerra. Il libro ha riscosso un grande successo di critica ed è stato insignito di numerosi premi: Ravenna e le sue pagine 2015, Il Delfino - Marina di Pisa IN MAGAZINE

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2015, Montefiore 2015, premio speciale opera prima Cinque Terre-Golfo dei Poeti 2016, premio della giuria al concorso internazionale Città di Pontremoli 2016, premio speciale Cattolica 2016, premio letterario Massarosa per opera prima, Contropremio Carver 2017, Premio Francesco Serantini 2017. Nel 2018 esce Il bambino del treno, i cui diritti di traduzione sono stati venduti in Spagna e Latinoamerica, in Germania e Romania. Casadio, lei sta vivendo un periodo positivo malgrado la pandemia da Covid-19 abbia in pratica fermato anche il mondo letterario. Come si spiega questo grande successo all’estero? “In tutti i paesi latinoamericani, in particolare in Argentina, l’80% della popolazione ha origini italiane e quindi c’è una componente emotiva forte e un grande senso della famiglia che è sempre presente nei miei romanzi. Ne Il bambino del treno, i protagonisti sono proprio un padre e un figlio, impegnati in una lotta contro il tempo per salvare chi si ama. La sfida ora è aperta con la Germania che vanta il mercato letterario più importante d’Europa. L’aggancio in tal caso, come ci si può immaginare, è legato alle vicende narrate inerenti la seconda guerra mondiale.” Come ha maturato l’idea del romanzo che racconta la storia del casellante Giovanni Tini, sposato con Lucia e padre di Romeo, tra il giugno 1935 e il dicembre 1943? “Il libro ha avuto una lunga gestazione. Va detto anzitutto che, diciassette anni fa camminando nel nostro Appennino, sono rimasto folgorato dal pensiero di poter raccontare le storie di comunità dimenticate. Il clic è poi scattato quando, per caso, sulle pagine di un sito web dedicato ai ferrovieri, mi sono imbattuto nella storia di Marcello Peranizzi, nato a Fornello nel 1949 e tuttora vivente, 44

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che ho avuto modo di conoscere. Mi ha raccontato la sua storia con toni così pieni e carichi di nostalgia che mi sono incuriosito.” In Germania, il suo romanzo è stato tradotto dalla nota Annette Koperzki, la stessa che si è occupata di Camilleri… “Per me è stato un grande onore. Prima è uscito l’e-book e poi la versione tradizionale cartacea per la casa editrice Hoffman und Campe Verlag di Amburgo. Il titolo è stato leggermente modificato in Der Junge, der an das Glück glaubte che significa Il bambino che voleva credere alla felicità.” Spera nello stesso successo ottenuto in Argentina dove il libro, edito da Edhasa con il titolo El niño del tren e la traduzione di Mónica Herrero, si è collocato al primo posto di vendita? “L’affaccio sul mercato tedesco è molto importante perché è trainante in Europa, insieme a quello francese e inglese, grazie alla più folta schiera di lettori. Ogni giorno do un’occhiata sul web per vedere se ci sono recensioni. La prima pubblicata su Amazon Germania è incoraggiante: ‘Per descrivere questo libro ci vorrebbero 200 pagine’. Questo denota un lettore molto attento. Dentro i miei lavori, faccio sempre lezione di storia perché non manca mai un’ossatura che rappresenta l’esatta scansione degli eventi che indirettamente ricadono sui protagonisti.” Quando ha iniziato ad appassionarsi di storia e che valore ha oggi? “Tardi, grazie alle mie ricerche. A scuola non riuscivo a studiarla, non capivo le connessioni, tutto mi sembrava troppo nozionistico. La storia è una grande maestra e ha determinato la realtà odierna. Purtroppo però non trova allievi perché l’uomo tende a ripetere gli errori.” Lei ha già pronto un nuovo romanzo, con il nuovo editore Manni, che ancora una

volta conterrà una forte presenza tedesca… “Sì, uscirà a fine novembre e diventerà il libro della Giornata della Memoria 2022 per la casa editrice. La storia parte da Auschwitz, poi si svolge in parte in Svizzera e in parte in Italia, seguendo il rientro nei propri paesi di origine dei profughi che furono milioni. Il protagonista è un artigiano di Lugo che torna e non trova più nessuno. Durante le ricerche, ho scoperto che a Rimini

CASADIO STA SCRIVENDO IL SEGUITO DEL SUO PRIMO ROMANZO, LA QUARTA ESTATE, AMBIENTATO A MARINA DI RAVENNA NEL 1943, CON CUI HA AVUTO UN GRANDE SUCCESSO DI CRITICA ED È STATO INSIGNITO DI NUMEROSI PREMI TRA CUI IL CARVER E IL SERANTINI 2017.

c’era il più grande campo di concentramento riservato ai militari tedeschi fatti prigionieri in Italia. Da qui sono transitati personaggi del calibro di Herbert Kappler ed Erich Priebke.” Lei crede sia giusto giudicare oggi la storia di un tempo? “No, è sbagliato. Con gli occhi di oggi, tutti sono stati delinquenti. Bisogna vivere il momento, con le dinamiche in costante mutamento.” Com’è cambiata la sua vita durante la pandemia? “Non molto perché la vita di uno scrittore è già solitaria. Quando si scrive, si è sempre soli con se stessi davanti a una pagina vuota. Considerando che scrivere è la mia grande passione, ne ho approfittato per essere ancora più produttivo. Tant’è che sto già lavorando al seguito de La quarta estate, ambientato a Salò, località vicina a Gardone, considerata la piccola Berlino.”

IN APERTURA, LO SCRITTORE RAVENNATE PAOLO CASADIO CON IN MANO LA COPIA TEDESCA DEL SUO ROMANZO IL BAMBINO DEL TRENO, TRADOTTO IN DER JUNGE, DER AN DAS GLÜCK GLAUBTE.


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DIPINGERE

Affabulatore

CREATIVO

FAUSTO FORI DIVENTA PITTORE PER CASO, QUANDO ABBANDONA L’ABITAZIONE DOVE ERA VISSUTO. NASCE COME POETA E POI DIVENTA REGISTA, PER IL DESIDERIO DI RACCONTARE STORIE.

I

di Aldo Savini / ph Lidia Bagnara

Il nuovo studio-atelier di Fausto Fori in via Tombesi dall’Ova ricavato da un garage, all’altezza della settecentesca chiesa di San Carlino, non ha le stesse dimensioni di quello di via Alberoni che si apriva su un ampio giardino, luogo d’incontro ed eventi musicali e artistici. Tuttavia, conserva lo stesso fascino misterioso. Nella facciata, l’insegna in alto con la scritta La Compagnia degli Innocenti, rievocante i cartigli di opere di soggetto sacro, sovrasta una cornice-finestra senza vetro che mette in comunicazione l’interno con l’esterno, dilatando le dimensioni dell’ambiente tanto che la strada è parte costitutiva dell’atelier. Allo stesso tempo è un quadro enigmatico. Infatti, soffermandosi lungo la via si può ammirare una scena d’interno come certe opere fiamminghe, se non proprio un ritratto vivente dell’artista che dall’altra parte guarda fuori, col desiderio d’incontri e conoscenze che gli forniscano elementi per la pittura. L’arredo ne rivela la personalità, non tanto il gusto quanto la proiezione esteriore di un sentire che racchiude una storia personale, come un diario dove le parole sono so-

stituite da quadri di un lungo percorso creativo accatastati in modo apparentemente casuale, fogli abbandonati a caso, drappi come velari, lanterne, strumenti musicali, una poltrona, una specchiera, ritratti recenti su lucido, un manichino e tanto altro. Un vecchio soprabito utilizzato per il film La leggenda del muto organetto, con la camicia rosa appartenuta a Michelangelo Antonioni donatagli dalla moglie del regista Enrica Fico, per Fori è il cimelio più importante: lo considera un portafortuna per realizzare il sogno della sua vita, un film che lo dovrebbe ricondurre alla terra dei Padri, dove risiedono le sue origini. Nato nel 1950 nell’entroterra pesarese, arriva a Ravenna al seguito del fratello Pasquino assunto come pompiere all’Anic, frequenta il Ginanni e poi lavora in banca per una trentina d’anni. Per caso scopre la pittura quando deve abbandonare l’abitazione dove era vissuto: con un atto di ribellione deturpa le pareti e rimane sorpreso dall’effetto visivo delle immagini che resteranno una costante della sua vicenda artistica, riconducibili a un espressionismo corrosivo che prescinde da IN MAGAZINE

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IN QUESTE PAGINE, L’ARTISTA FAUSTO FORI NEL SUO NUOVO STUDIO-ATELIER IN VIA TOMBESI DALL’OVA.

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un’idea di bellezza, anzi tende a scardinarla per attestare l’esigenza di comunicare quella forza interiore che molto spesso nella vita ordinaria viene impedita e sacrificata. Fin dalle prime opere su legno non gli interessa fare delle belle forme o stendere sulla tela dei bei colori quanto indagare la realtà che tende a emergere spontaneamente per riproporre un passato che è già accaduto, che non c’è più eppure resta attuale, dai contorni indefiniti, fragili, incompleti e spesso dissonanti, ma sempre aggraziati per l’ossessiva ricerca dell’equilibrio e della compostezza che, comunque, non tradiscano il disordine delle emozioni. La tensione introspettiva nelle opere più recenti si sposta dall’io all’altrove. I ritratti, a volte catturati casualmente, di chi si è fermato a guardare, su supporti occasionali contorti, prevalentemente lucidi, hanno un tratto che definisce il contorno del volto, ma sono le labbra e gli occhi che spingono lo sguardo oltre

FIN DALLE PRIME OPERE SU LEGNO NON GLI INTERESSA FARE DELLE BELLE FORME O STENDERE SULLA TELA DEI BEI COLORI, QUANTO INDAGARE LA REALTÀ CHE TENDE A EMERGERE PER RIPROPORRE UN PASSATO CHE È GIÀ ACCADUTO EPPURE RESTA ATTUALE.

e lasciano intravedere quello che non c’è, cosicché il senso autentico dell’opera è l’assenza o, forse, l’invisibile. Fori non è solo pittore, nasce come poeta e la poesia continua ad accompagnarlo come condizione interiore, poi diventa regista, scrive piccoli soggetti per cortometraggi cinematografici, si dedica alla recitazione e, soprattutto, non desiste dal raccontare storie da grande affabulatore.


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FILOSOFARE

Oltre i

CONFINI IL FESTIVAL DELLA FILOSOFIA, ORGANIZZATO DALL’ASSOCIAZIONE AGENDA FILOSOFICA, ANIMERÀ L’ESTATE 2021 CON UN NUOVO PROGRAMMA E INCONTRI DEDICATI AL TEMA DEI CONFINI.

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Filosofia sotto le stelle tornerà anche quest’anno ad animare l’estate della riviera con i suoi incontri filosofici a cielo aperto: quattro giornate di lectio magistralis insieme ai più grandi filosofi del panorama italiano, nell’area dello stadio dei Pini a Milano Marittima. Un festival della filosofia, organizzato dall’associazione Agenda Filosofica con il patrocinio del Comune di Cervia, che negli anni ha raggiunto un grandissimo successo di pubblico grazie ai suoi relatori d’eccezione e, soprattutto, al modo di divulgare i concetti utilizzando un linguaggio comprensibile e pop. Dopo l’edizione post-lockdown del 2020, La filosofia come rimedio: le parole della cura, il tema di questa 17° edizione ci invita a un’ulteriore riflessione sul presente, a rivolgerci alla filosofia come chiave interpretativa della contemporaneità. “Il tema di quest’anno sarà Confini,” spiega Alberto Donati, presidente dell’associazione. “Viviamo appunto nel tempo dei confini dove tutto è diventato labile, liquido, incerto. Rappresenta bene il concetto e il contesto in cui sperimentiamo il nostro presente: è un tema molto ampio e nel corso delle lezioni tratteremo di verità

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di Ella Raggi

vs post-verità, scienza vs fiction, esperienza del reale vs vita virtuale, politica vs manipolazione, trascendenza vs immanenza.” L’appuntamento sarà come sempre tra fine luglio e inizio agosto e, in attesa della programmazione completa, Alberto Donati ci concede un’altra piccola anticipazione: “La novità, rispetto all’anno scorso, è il ritorno dei Cafè Philò, ovvero 4 incontri presso la piazzetta Pisacane a Cervia in cui due filosofi relatori interverranno e si confronteranno su vari argomenti tipici della filosofia pratica, su declinazioni del tema. Il tutto è organizzato, naturalmente, nel rispetto delle normative anti-covid.” Fin dalle prime edizioni, il festival ha re-

gistrando una forte partecipazione e interesse, arricchendo l’offerta culturale e turistica della città tanto che l’associazione, oggi, lavora insieme all’assessorato alla cultura gestendo un ramo delle politiche culturali del Comune. “Riconosciamo il valore dell’iniziativa,” conferma l’assessore Cesare Zavatta. “È un evento che fornisce al territorio, alla città e ai cittadini un’iniziativa ben organizzata e di alto livello, che coinvolge persone di età e fasce sociali diverse. Un festival in linea con le volontà dell’organizzazione comunale: slow, sostenibile e di altro profilo culturale, che innalza l’offerta della città promuovendo il territorio e la cultura turistica di qualità.”


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