ISBN 978-88-6332-
ia vera
Valter Giraudo
L’araba fenice Rinata dalle ceneri della mia malattia! Cronaca di una storia vera Illustrazioni di Laura Montanari
Edizioni Miele
Il romanzo è ispirato ad una storia vera. Qualsiasi riferimento a persone esistenti (autorizzazioni escluse) è puramente casuale.
La riproduzione, modifica, vendita o altra distribuzione, con qualunque mezzo, anche digitale, non previamente concordata con l’autore, è vietata e sarà perseguita per violazione dei diritti di copyright secondo le norme vigenti in Italia e a livello internazionale.
Dedicato a tutti coloro che lottano ogni giorno per guadagnare secondi preziosi di vita. Dedicato a Annalisa Deserti, grande esempio di vita, che ha vissuto in prima persona questa storia, a suo marito Claudio e a suo padre Luciano, che hanno avuto la forza ed il coraggio di raccontarmela. Un sentito grazie anche a tutti i medici qui citati col loro vero nome e all’associazione Alcli: tutti loro hanno contribuito ad impreziosire questo libro. Un ringraziamento speciale a mia moglie Laura, eterna musa ispiratrice e importante sostegno.
Dedica speciale ai miei figli Giorgia e Nicolò, ai miei genitori, a Andy, Stefy, Alex, e Sergio, al mio maestro Daisaku Ikeda e ai miei amici Tony, Mauro e Adriano.
Grazie anche a Barbara Miele, per aver creduto in me e per avermi sempre incoraggiato e sostenuto.
L’Araba fenice I miei occhi spenti guardano altrove, oltre i soliti luoghi: ma vedo sempre e soltanto luce che muore. Non è il fuori, ad esser cambiato: è qualcosa che parte da dentro, d’amaro velato. Tu sii maledetta, oscura forza che cerchi di logorarmi e di spegnere la vita mia. Scopro solo ora brandelli di me che somigliano a relitti marci. Ora più che mai è il caso di creder a chi dice che dalle ceneri si può rifiorire come nel mito dell’araba fenice.
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Capitolo 1
“La vita è fatta di rarissimi momenti di grande intensità e di innumerevoli intervalli.
La maggior parte degli uomini però, non conoscendo i momenti magici, finisce col vivere solo gli intervalli.” Friedrich Nietzsche Stasera mi sono fermata a pensare, complice la pioggia e un mezzo pomeriggio di pigrizia, di voglia di solitudine e di casa. Ed eccomi qua, con mille pensieri e una piccola e sostanziale riflessione: far memoria ogni giorno delle cose vissute. Sono passati sei anni da quel fatidico giorno e anche se non è facile ripercorrere le tappe di un vero e proprio incubo, tutto è rimasto nitido nella mia mente. Prima di allora la vita per me era stata tutta “rose e fiori” come in una bella favola e non so ancora se per me sia giunta l’ora del lieto fine. Una cosa è certa: porterò con me profonde cicatrici che mi segneranno per sempre il corpo e l’anima perché un’esperienza come quella che ho vissuto ti segna e ti cambia nel profondo. Nulla sarà più come prima. Ho deciso di raccontare la mia storia perché sentivo di dover far conoscere a tutti i veri aspetti di questo incidente di percorso, non soltanto quelli negativi. Spero che molte persone leggendo questo libro possano vedere gli occhi di una donna felice che ora, 9
dopo tante sofferenze, sta finalmente riassaporando la vita. Voglio incoraggiare proprio te, mio caro lettore: non smettere mai di lottare perché è proprio nei momenti più bui che bisogna reagire, per poter far si che tutto ciò che ci sembra impossibile si riesca a superare e tu possa un giorno sentir nascere dentro di te la forza, l’invulnerabilità per affrontare qualsiasi ostacolo. Non perdere mai la speranza e la fiducia, non perdere tempo a maledire la vita o lamentarti, lotta finché è nelle tue possibilità, senza mollare mai. Solo così, quando vedrai rischiarire il tuo cielo, potrai dire “ce l’ho fatta” e tornerai di nuovo a sorridere al tuo mondo che per adesso sembra oscurarsi. A volte, ascoltando una canzone, ti ritornano in mente degli episodi della vita che ti lasciano un sorriso sulle labbra, perché sai di aver sconfitto un diavoletto cattivo che voleva distruggerti, che cercava di annientarti in un attimo con un semplice schiocco delle dita... ma non ci è riuscito perché chi è forte e ama la vita è indistruttibile. La vita... Com’è imprevedibile la vita... Forse è bella per quello: perché non conosci cosa ti riserva il domani. Così ogni istante è sempre una sorpresa e, se goduta appieno, è sicuramente il più bel regalo che un Essere Umano possa ricevere. I nostri sogni nascono e si infrangono in continuazione e le nostre vite, come le nostre priorità, cambiano ogni istante. Non c’è niente di certo nella vita. È come giocare alla roulette: non sai mai dove 10
andrà a finire la pallina. Questa irresolutezza per molti è disarmante... solo per pochi è fonte di gioia... L’incertezza del domani ci sovrasta a piene mani. Ci attende un futuro sereno e piacevole o sarà come un killer in agguato? E il nostro domani? Come sarà mai il nostro domani? Io so per certo che il mio “domani” sarà come una nuvola: sempre in mutamento, si distruggerà e si rinnoverà senza schemi, senza preavvisi. È proprio il “viaggio nell’ignoto” che sempre di più ci colpisce e che tante volte ci lascia increduli e senza parole. Non comprendiamo, di conseguenza non accettiamo. Ci disperiamo nel profondo del cuore e ci aggrappiamo a questa terra che pare l’unica certezza. Eppure, se guardiamo il cielo, se osserviamo un fiore, se ascoltiamo la voce cristallina dell’acqua, se impariamo a percepire il rumore del silenzio o se lasciamo scivolare il nostro sguardo oltre il confine del cuore, possiamo percepire nitidamente il respiro della nostra vita immortale. Il corpo che abbiamo è la “macchina” che ci permette di viaggiare su questo pianeta, ma la nostra vera vita, la nostra essenza divina, passa oltre quel granello, quel puntino nello spazio che è chiamato Terra. Noi lo sappiamo, lo sentiamo. Ma sovente il dolore ci rinchiude nel “granello” e la paura ci blocca oscurando la vista interiore. Bisogna imparare a “respirare l’infinito” per diventare consapevoli della “realtà luminosa” che è già parte della nostra piccola vita in questo luogo dell’universo. Bisogna andare oltre la mente per conoscere ed accettare la saggezza del “divenire”, l’essere 11
ciò che siamo, la consapevolezza di essere “frammenti immortali” e indistruttibili dell’universo. Le risonanze dell’immenso universo che ci circonda e nel quale siamo immersi come una goccia nell’oceano, sono dentro di noi, in ogni nostro respiro, in ogni battito del nostro cuore. Gli impulsi d’amore che ne scaturiscono sono come finestre che si aprono verso il cielo, respiri cosmici dell’anima.
Questa è la vita... un bene prezioso, insostituibile... Eppure... noi la diamo per scontata. Si apprezza così poco la vita, anzi tanto spesso la si disprezza, perché la si osserva solamente dal punto di vista del proprio egoismo. Si guarda solo alla vita presente ed alla propria sete di piacere e di potere. Sovente l’oscurità che ci avvolge ci impedisce di giungere a manifestare la nostra vera personalità e limita la nostra vita impedendoci di manifestarne tutta la sua estensione. Tutto questo succede finché non arriviamo al punto in cui rischiamo di perderla... allora, solo allora, capiamo l’importanza e la preziosità della nostra vita. Eh... che stupidi siamo a volte: non solo non apprezziamo la vita, ma crediamo che la felicità dipenda solo dal possedere beni materiali. Ci disperiamo se non abbiamo l’auto nuova o il cellulare all’ultima moda. Ci sveniamo per essere sempre in sintonia col consumismo che ci divora e ci standardizza. Così la felicità diventa come l’orizzonte: non si raggiunge mai. Questa è l’opinione comune, e in effetti vedo tanta gente che si affatica per raggiungere uno stato di benessere e di felicità che sembra non arrivare mai, 12
finché si conclude con amarezza che la felicità non fa parte di questo mondo. Forse esisterà in quello dell’al di là… se mai c’è un “al di là”. Tanti, invece, si disprezzano. È sorprendente pensare che l’uomo sia l’unico “animale” della terra capace di disprezzare se stesso, di svalutare la propria presenza nell’universo. Mi viene difficile immaginare un leone insoddisfatto della propria forma psicofisica o capace di colpevolizzare la propria aggressività. Noi esseri “evoluti” lo facciamo praticamente tutti i giorni, ignorando che dentro di noi c’è qualcosa di molto più prezioso e fantastico che un’infinita gamma di possibilità: dentro di noi c’è la vita universale. Che cos’è il disprezzo di se stessi? È un sentimento di auto commiserazione e svalutazione di se stessi. È sentirsi indegni o troppo inferiori rispetto agli altri o all’opera da compiere. Quando l’apprezzamento di se stessi è basso o negativo, giungiamo a credere che non c’è nessun potenziale in noi e che mai otterremo qualcosa di importante nella nostra vita. Ci vediamo insignificanti, tanto inutili che smettiamo di fare qualcosa. Ci convinciamo che la nostra vita non ha un senso e che non importa in realtà la nostra opinione o la nostra partecipazione. Questo disprezzo di sé stessi, ci obbliga a restare fermi e, di conseguenza, perdiamo grandi opportunità. Come tutti, anch’io sono partita di corsa alla ricerca di questa felicità, e come tutti pensavo di raggiungerla migliorando le mie condizioni economiche, nel possedere una bella casa, ecc. E, sicuramente, non sempre esaltavo le mie capacità, a volte anche 13
io mi sottovalutavo. Prima di conoscere la mia malattia, pensavo che una volta ottenuto il benessere economico sarei stata felice. Anzi, pensavo addirittura che certe cose non mi potessero mai toccare. Si, la malattia è sempre esistita, ma riguardando esclusivamente “altri” all’esterno della mia famiglia, per me era come se fosse “inesistente”… E così fanno molti, finché non vengono toccati direttamente, finché non si rendono conto che “gli altri siamo noi”, come dice Umberto Tozzi in una sua canzone “Noi che stiamo in comodi deserti di appartamenti e di tranquillità lontani dagli altri ma tanto prima o poi gli altri siamo noi. oh oh oh... in questo mondo piccolo oramai gli altri siamo noi.”
Quindi il mio concetto di felicità, come per tanti altri, veniva sempre dopo qualcos’altro: dopo il denaro, dopo la salute, dopo la serenità, dopo aver risolto i miei problemi, dopo… dopo… dopo… e così mi passava davanti la vita. Il rischio? Che un bel giorno ti accorgi di essere diventato vecchio, ma la felicità non è arrivata, hai solo sistemato alcune cose della tua esistenza, hai una pensione, forse una casa, e dei figli che si prendono cura di te. Ben poco rispetto a quello che ti aspettavi, anzi, facendo un consuntivo ti accorgi che i momenti felici sono stati ben pochi rispetto ai momenti di dolore, preoccupazione, rabbia. 14
“È davvero così triste la mia situazione?”, mi chiedevo sovente. Mi sono messa a pensare, e dopo attente riflessioni sono giunta a delle conclusioni molto incoraggianti di cui voglio farti partecipe. La felicità esiste ma è sbagliato il modo con cui la cerchiamo. Esplorando il mondo invisibile, ho trovato fiumi di felicità e di gioia di cui non percepiamo la presenza, perché i nostri sensi sottili sono atrofizzati, i nostri canali energetici sono ostruiti, e siamo pieni di blocchi a livello interiore. La vera felicità viene dall’interno, dal nostro essere profondo. La felicità non dipende da fattori esterni, da ricchezza o altro, e non costa niente. Ci sono persone che nella vita hanno tutto e sono infelici, perché pretendono di ricevere la felicità dalle cose materiali e dall’esterno. C’è tanta gente che nonostante sia ricchissima, soffre di depressione, mentre c’è gente poverissima ma dal cuore contento. Con ciò non voglio dire che bisogna essere poveri per essere felici, ma non bisogna illudersi che i beni materiali possano renderci felici. La felicità è una scelta di vita, sembra strano ma è così. Noi nella vita facciamo delle scelte, alcune consapevoli, la maggior parte inconsapevoli. Paradossalmente mettiamo sempre la felicità come punto d’arrivo di un percorso lunghissimo, che non raggiungeremo mai. Proviamo allora a cambiare prospettiva e metterla al primo posto, come punto di partenza e ad adeguare tutto il resto alla nostra felicità. Io ci sono arrivata dopo questa mia esperienza di malattia. Spero che tu possa arrivarci prima... 15
L’unica cosa che ancora una volta mi viene da sottolineare è che “la nostra vita è breve, precaria, e imprevedibile” e quindi è nostro dovere vivere ogni cosa e ogni giorno nel modo migliore, senza rimandare a domani ciò che può essere fatto oggi, senza interrogarsi troppo su quanto sia giusto o no. Vivere, assaporare ogni cosa che ci sfiora, senza rinunciare alle emozioni, senza rinunciare a comportarsi come si vorrebbe perché siamo qui a farci solo delle grandi seghe mentali. Certo, non che con questo possiamo avere l’alibi di calpestare il mondo, ma sicuramente abbiamo il diritto di sentirci liberi di essere… essere veramente “se stessi”, non solo di apparire. Quante volte ho rinunciato a essere me stessa perché era sconveniente, perché forse avevo paura, perché a volte rinunciare alle cose è più semplice che provarci. Quante volte… Oggigiorno se mi guardo intorno, e anche indietro, sono ogni volta più convinta che vale sempre la pena andare avanti, buttarsi e provare, vivere appieno la vita, sentire scorrere l’adrenalina nelle vene… e se poi si cade, si sbaglia, si cambia... beh... ci si rialza. In fondo, l’importante non è “non cadere mai”, ma “sapersi sempre rialzare dopo una caduta”. Credo che nulla succeda per caso in questo universo, dobbiamo solo imparare a capire cosa quell’episodio ci vuol veramente insegnare... Non solo: ho compreso con la mia esperienza che ciò che era accaduto era proprio quello che in quel momento valeva la pena per me vivere…. C’è anche chi non ha potuto scegliere, o meglio avrebbe scelto ma la sua scelta non è stata rispettata... 16
Beh l’esperienza insegna, l’importante è non dimenticare la lezione velocemente… e allora amiamo se vogliamo amare, sorridiamo se vogliamo sorridere, piangiamo se ne sentiamo l’esigenza, rinchiudiamoci in casa se ci va di farlo e mescoliamoci alla gente quando il senso di solitudine ci prende alla gola. Siamo Esseri Umani, non possiamo controllare tutto: se mi va di arrabbiarmi mi arrabbierò, se mi va di cantare lo farò a squarciagola, se ne avrò voglia mi vestirò di nero anche se fuori ci sono 40 gradi e di bianco anche mentre diluvia, senza rimandare a domani nemmeno la scelta del colore… vivendo, assaporando, gustando ogni gesto e ogni piccola sensazione…. Ringraziando ogni episodio che la vita mi riserva, ringraziando di cuore tutti coloro che camminano al mio fianco e anche tutti coloro che non ci sono più ma che hanno lasciato una traccia nel mio cuore… A tal proposito mi viene in mente il dolce ricordo di mia nonna: una grande donna che sapeva godersi la vita, che ha saputo cogliere ogni attimo finché l’alzheimer non se l’è portata via. Lei, maestra di gioia e di vita.
Ricordo in particolare un episodio avvenuto durante una gita in montagna. Lei camminava in quel prato pieno di fiori e sapeva dove stava andando. L’ombrello che portava le serviva per ripararsi sia dal sole, sia da un’improvvisa pioggia. Previdente, ma sicura. Era pronta per ogni evenienza: non le serviva altro. In quel frangente ho preferito rimanere in silenzio e soffermarmi a guardarla. Avevo la 17
sensazione che possedesse un’arte: quella di non avere un orologio in testa, di non porsi tanti perché, né affannarsi a fare domande a cui non avrebbe saputo dare risposte. Avevo l’impressione però che sapesse qualcosa di essenziale: vi sono cose che scompaiono e cose che restano. Cose che vale la pena vivere e altre che non valgono un minuto della nostra vita. Che basta fermarsi e guardare per capire dove e verso cosa andare. Che è sufficiente attardarsi un attimo per comprendere dove ti porta ogni strada e scegliere quella che senti di più tua. Lei aveva scelto il prato, non il sentiero. Perché? Semplice. Il prato brulicava di vita ed a lei piaceva starci in mezzo, come una dei tanti esseri che lo abitavano. Cercava la strada in cui meglio poteva assaporare il senso della vita. Dove la vita muore e rinasce in un circolo eterno a cui essa stessa apparteneva. E io? E noi? Siamo artefici del nostro destino o in balìa degli eventi? Siamo in grado di creare il mondo attorno a noi, di influenzare il corso degli eventi, di determinare la nostra salute e il nostro lavoro, o siamo come marionette alla mercé della vita? Ci sentiamo stanchi e afflitti quando un amico si rivela poi il nostro più grande nemico, quando scopriamo che le nostre convinzioni sulla onestà e integrità degli altri vanno in frantumi, quando demoliamo le nostre illusioni positive su chi ci circonda, quando eravamo aggrappati ad esse come uno scalatore è aggrappato alla roccia. Pensiamo di conoscere gli altri tanto da poterne prevedere i comportamenti e ci stupiamo se scopriamo che il 18
nostro parrucchiere di fiducia si brucia vivo, se un nostro parente si comporta da marito e da amante, se un professore da noi stimato si rivela un pervertito! Perché ci stupiamo? Perché non osiamo pensare che la vita è imprevedibile e che gli altri sono per noi imprevedibili? Forse perché altrimenti vivremmo in uno stato di insicurezza continua che porterebbe un continuo stato di disagio, perché nessuno avrebbe più fiducia nel vicino di casa che chiede di entrare perché gli serve il sale, perché nessuno si sposerebbe più, perché la paura dominerebbe su qualunque altra emozione. E se la vita è imprevedibile per gli altri, se tutti gli altri sono al contempo imprevedibili, noi come possiamo pensare di essere esenti a questa legge? La vita, così com’è, è un enigma per me. Io non ordino tutto quello che la vita mi porta, eppure non sempre posso respingere la merce. Può sembrare che la vita causi distruzione, ma poi tuttavia penso che a causare distruzione potrei essere io...
Dalla mia esperienza ti suggerisco di non vedere la vita come un campo di battaglia, ma piuttosto come un terreno d’incontro. C’è in atto una conferenza con migliaia di partecipanti. Non sei l’unica mela nel mucchio. Ci sono da considerare le vite di altri e i loro interessi. Allo stesso tempo, non c’è nulla da considerare, se non andare avanti partendo da dove ti trovi per poi scoprire dove atterri successivamente. Forse hai appena avuto una spinta.
Tu sei una persona tutta tua, e ciascun altro è una 19
persona tutta sua, ed a volte le due non s’incontrano e a volte sì, e qualche volta le cose cambiano. Puoi essere certo che la vita nel mondo è piena di cambiamenti. Il suo tema è il continuo cambiamento. Come diceva il Budda Shakyamuni “l’unica cosa certa è il cambiamento”. Il mondo non è il “vecchio affidabile” a cui aggrapparsi. Ma puoi fare affidamento su te stesso. Attraverso la buona e la cattiva sorte, puoi essere presente su questo palcoscenico chiamato “vita” e uscirne integro. Può darsi che la vita non sia tutta rose e fiori, eppure sei incoraggiato ad avanzare su questo sentiero imprevedibile con una compassione maggiore nel tuo cuore e verso una comprensione maggiore nella tua mente. La vita sa come prenderti e ti fa andare avanti. Tanto vale che la segui almeno saltellando...
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Epilogo a cura della protagonista Se la mia mano giungesse fino al Quaderno del Fato, tutto lo riscriverei secondo il mio desiderio; e toglierei dal mondo d’un subito tutto il Dolore, e lieto il capo ergerei fino a vette di cielo. Omar Khayyam
Mi piacerebbe che questa storia fosse un messaggio di speranza per tante persone che vivono questa malattia ma anche per le loro famiglie: vorrei dire loro che non si può solo sopravvivere, ma si può tornare a vivere. Quando ci siamo trasferiti a Rieti, tutti i reatini di adozione romana ci etichettarono come dei matti. “Rieti è una città chiusa e la gente è ottusa.” erano le frasi ricorrenti. Non ti dico poi quando raccontavo che mi stavo curando proprio a Rieti: gli stessi reatini mi dicevano che sbagliavo tutto, che qui non erano assolutamente competenti. In questa mia esperienza ho veramente capito che mai come in questa circostanza è vero il detto che l’erba del vicino è sempre più verde. Voglio confutare queste dicerie testimoniando che proprio a Rieti ho conosciuto persone meravigliose. Vorrei inoltre ringraziare un piccolo ospedale di provincia dove con solerzia, ma soprattutto con grande umanità (dai portantini ai medici, nessuno escluso) mi hanno accolta, curata, rassicurata e fortunatamente guarita. Un ambiente dove sono 172
ancora vivi concetti fondamentali quali “umanità” e “rispetto”, dove non mi sono sentita un numero o un cognome, ma una persona con la propria dignità. Ancora oggi, quando incontro il personale con cui sono venuta a contatto, non manca mai un abbraccio ed un sorriso.
Un ringraziamento particolare è d’uopo ai dottori: Barberani Fausto, Capparella Vincenzo, Lugini Antonio, Rossi Valter e a tutto il personale dei reparti di oncologia e di chirurgia dell’ospedale S. Camillo de Lellis di Rieti. Un grazie particolare anche alla mia amica Sandra e alla sua famiglia: con loro mi sento sempre a casa. Grazie anche a Simona per aver voluto condividere con me la sua esperienza. Un ringraziamento speciale va a Santina Proietti e a tutti i suoi volontari dell’associazione ALCLI per l’immenso lavoro che fanno quotidianamente per questa comunità. Soprattutto vorrei ringraziare la mia famiglia che mi ha sempre amata e sostenuta: senza di loro non sarei nulla! Annalisa
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Conclusioni a cura dell’autore In questa vita tutti soffrono, prima o poi; solo che magari lo fanno in silenzio. Ecco, la diversità dello scrittore consiste nel suo desiderio di comunicare il dolore dell’umanità attraverso i lamenti delle proprie pagine esistenziali. Carl William Brown
Questa è stata la mia prima esperienza di “narrazione” di una storia vera. Sicuramente non è stato facile diventare “la protagonista”, indossare i panni di “Annalisa” e immaginarmi le sue sofferenze, i suoi stati d’animo, la sua lotta e i suoi sogni. Credo che aver seguito l’esperienza di una malattia simile di mio padre (tumore allo stomaco) mi abbia permesso di sperimentare personalmente alcuni stati d’animo qui descritti e di scontrarmi con la vita e la sua cruda realtà: l’impermanenza di tutti i fenomeni, esistenza compresa.
È stata la vitalità e la forza di Annalisa e della sua famiglia, la loro unione straordinaria, la loro “voglia di vita” ad incoraggiarmi e convincermi a provare questa nuova e straordinaria esperienza come scrittore. Per questo li ringrazio vivamente: mi hanno permesso di fare un salto di qualità e di crescere non solo come scrittore ma, soprattutto, come essere umano. A loro tutti va il mio più sincero “grazie”! Valter
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UN LIBRO PER CREARE VALORE
Ebbene sì: la cultura può, anzi dovrebbe creare valore, e questo è uno degli obiettivi di quest’opera letteraria. Ecco perché l’Autore e l’Editore hanno deciso di devolvere parte dei proventi derivanti dalla vendita di questo libro all’Associazione “ALCLI – Giorgio e Silvia”, affinché la “fiaba” della vita acquisti un valore vero e affinché la dignità della vita diventi un diritto di tutti.
Parte dei proventi ricavati dalla vendita di questo libro saranno devoluti all’Associazione ALCLI “Giorgio e Silvia”. Per ogni copia venduta verrà infatti devoluto 1 Euro all’Associazione.
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Presentazione dell’Associazione Onlus ALCLI “Giorgio e Silvia” www.alcli.it
L’Associazione Onlus ALCLI “Giorgio e Silvia” è un’associazione senza fini di lucro che opera con le sole forze del volontariato raccogliendo fondi per la ricerca e la cura delle leucemie e delle neoplasie ematologiche e solide dell’infanzia e dell’adulto. Ispirata ai principi della solidarietà umana ed al rispetto del valore della dignità insiti in ogni singola persona, l’Associazione agisce prevalentemente in funzione dei malati e delle loro famiglie. L’ALCLI nasce il 14 maggio 1987, fondata dai genitori dei bambini di cui porta il nome e dai Professori, Medici ed Infermieri della Clinica Pediatrica dell’Università “La Sapienza” di Roma. Sorta, inizialmente, per rispondere alle esigenze di un centro di terapia poco assistito dalla Sanità pubblica ed affollato da piccoli pazienti che affluivano da buona parte dell’Italia Centro-Meridionale, ha, nel tempo, ampliato la propria attività offrendo un’importante supporto alla ricerca scientifica ed allo studio nel campo delle leucemie del bambino. Poiché lo statuto prevedeva di estendere la propria azione su tutto il territorio della Regione Lazio, nel 1993 è stata aperta la Sezione di Rieti, di cui fanno parte anche i medici del nostro Ospedale Generale Provinciale di Rieti, che, in conformità alle nuove disposizioni legislative e ad una revisione statutaria, nel 1998 è stata ricostituita come 176
nuova sede legale. Dal novembre 2000, l’Associazione è ufficialmente iscritta al numero 239 del registro regionale delle Organizzazioni di Volontariato operanti nel settore sanitario. Nel corso di questi 25 anni l’Associazione è cresciuta non solo al suo interno ma, soprattutto, nel territorio, perseguendo con coerenza e caparbietà le finalità espresse dall’art. 4 dello Statuto che si è dato nel momento della propria fondazione e di cui riportiamo di seguito i punti principali: - sostenere nelle cure sanitarie e nell’assistenza sociale i bambini e gli adulti affetti da leucemie e neoplasie ematologiche e solide promuovere l’assistenza socio economica delle famiglie in casi di particolare difficoltà - operare nei centri onco-ematoligici (degenza ordinaria, day hospital, ambulatori), al fine di ottimizzare l’opera professionale del personale medico ed infermieristico, facendosi carico di alcune attività di volontariato non strettamente di carattere medico sanitario, ma fondamentali per un ottimale iter clinico - favorire la ricerca clinica nel campo delle leucemie e neoplasie ematoligiche e solide dei bambini e dell’adulto, mediante contributi per rimborsi spese, corsi di aggiornamento al personale medico e/o borse di studio o altri tipi di incentivazione - favorire la donazione di attrezzature ai centri preposti a questo tipo di patologia - promuovere corsi di formazione per gruppi di volontari che operino presso centri onco-ematologici e sul territorio per il conseguimento delle finalità delle associazioni 177
- favorire contatti con analoghe associazioni italiane ed estere, allo scopo di coordinare azioni di interesse comune - sensibilizzare la donazione del midollo osseo e di altri tessuti omopoietici - promuovere iniziative di carattere culturale, sportive, documentaristiche e realizzare la raccolta di fondi, risorse, mezzi necessari per il conseguimento dei suddetti obiettivi, affinchÊ attraverso il solidale contributo di tutti si possa parlare piÚ concretamente di malati in grado di inserirsi nuovamente nella vita normale di tutti i giorni. Sempre in questi anni, attraverso il contributo solidale di tutti e la promozione di molteplici iniziative, è stato raggiunto un grande obiettivo sognato e perseguito per lungo tempo: la costruzione e messa in funzione (24 settembre 2011) di una Casa di Accoglienza messa gratuitamente a disposizione dei malati e loro familiari che devono recarsi a Rieti per lunghi periodi di cure. Tutti gli strumenti ed i servizi forniti sono a totale carico dell’Associazione e pertanto a completo titolo gratuito per i beneficiari.
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INDICE
Capitolo 1................................................................9 Capitolo 2..............................................................21 Capitolo 3..............................................................35 Capitolo 4..............................................................43 Capitolo 5..............................................................53 Capitolo 6..............................................................65 Capitolo 7..............................................................79 Capitolo 8..............................................................89 Capitolo 9............................................................103 Capitolo 10..........................................................117
Capitolo 11..........................................................129
Capitolo 12..........................................................157 Capitolo 13..........................................................163
Epilogo a cura della protagonista........................172 Conclusioni a cura dell’autore.............................174
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