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storie di ecomafia
Eraldo Baldini Melma © 2007 by Eraldo Baldini published by arrangement with Agenzia Letteraria Roberto Santachiara © 2007, Edizioni Ambiente S.r.l., via Natale Battaglia 10, 20127 Milano www.edizioniambiente.it; tel. 02 45487277 Immagine di copertina: © Ivo Saglietti/prospekt Ufficio stampa: ufficiostampa@reteambiente.it; tel. 02 7490794 Distribuzione: PDE, commerciale@pde.it; tel. 055 301371
Tutte le edizioni e ristampe di questo libro sono stampate su carta riciclata 100%
Finito di stampare nel mese di giugno 2007 presso Arti Grafiche del Liri – Isola del Liri (Fr)
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eraldo baldini melma
l’antefatto
Tra il 2028 e il 2033 l’ESPI (Eliminazione Strutture Paesi Industrializzati) ha colpito duramente in varie parti del mondo con una serie di attentati di stampo ecoambientalista, finalizzati alla distruzione dei più importanti e inquinanti insediamenti produttivi. La sigla ESPI è apparsa per la prima volta il 16 giugno 2028 insieme ad alcune righe di videoscrittura nelle quali Vincent Laroche, 46 anni, ingegnere con funzioni di controllo alla centrale atomica di Grenoble, spiegava i motivi che avevano indotto lui e i suoi complici a provocare una catastrofe ambientale di proporzioni superiori a quella di Chernobyl. 5
Ad appena tre mesi di distanza dal disastro di Grenoble, l’esplosione del più grande complesso chimico della Louisiana mette il mondo di fronte a una innegabile realtà: l’ESPI fa sul serio. E lo fa ovunque, in barba alle misure di sicurezza dei governi e delle istituzioni globali. Nel giro di un quinquennio gli attentati sconvolgono il continente europeo, l’est asiatico, il nord America, spostando di fatto gli equilibri internazionali verso nuove zone del pianeta. Un pianeta, del resto, già profondamente mutato da sconvolgimenti climatici sempre più rapidi, tanto imponenti da avere completamente desertificato, privato dell’acqua e messo in ginocchio enormi aree, con conseguenti migrazioni e guerre di confine. Un pianeta, infine, che ha visto trascinarsi tra il 2016 e il 2021 il conflitto tra l’Occidente e vari paesi mediorientali, le devastanti epidemie che hanno colpito soprattutto la Cina e il sud-est asiatico, l’assottigliamento delle risorse energetiche tradizionali. Quello al Petrolchimico dell’Alto Adriatico (Italia) è stato un attentato tra i tanti. Devastante come tutti gli altri: i milioni di metri cubi di idrocarburi e di sostanze chimiche che sono finiti di colpo 6
nelle acque marine, nei terreni e nell’aria hanno messo a rischio un’estensione enorme. Un’area, del resto, già da tempo fortemente compromessa proprio dalle attività industriali e dal “Grande Caldo”. Nel 2050, quando le azioni terroristiche dell’ESPI sono cessate da ormai diciassette anni, l’economia e gli equilibri mondiali si stanno lentamente riassestando. Mario Meier è a capo del maggiore colosso multinazionale della rinascente petrolchimica, nonché della World Water e di altri cartelli industriali, ed è anche il principale finanziatore del Progetto RPC (Risanamento Posti Caldi), finalizzato al recupero ambientale delle aree compromesse dai disastri più devastanti. Tutte le sue attività fanno capo a un ente potentissimo chiamato semplicemente “il Dipartimento”, che ha in larga parte sostituito, quanto a importanza, gli organismi internazionali operativi prima del “lustro nero”.
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dicembre 2050
La figlia di Mario Meier è stata presa in ostaggio dalla gente che vive tra i resti del Petrolchimico dell’Alto Adriatico. Se la giovane donna non verrà liberata, Meier ritirerà i fondi, mettendo fine al Progetto Recupero Posti Caldi. Padre Cattelan, esponente di un nuovo, importante ordine religioso, ha svolto attività di consulente per quel progetto in qualità di storico di Catastrofi Ambientali in Era Post-Atomica. E i rapitori vogliono trattare con lui, solo con lui, che gode di stima generale e che è nato nei luoghi in cui sorgeva il colosso chimico, ora devastati e abitati da un’umanità disperata. 9
i nessuna obiezione
Avevo cominciato a interrogarmi sul Progetto RPC (Risanamento Posti Caldi) alcuni anni fa, mentre veniva concepito e mi coinvolgeva; ma solo dopo l’avvio delle attività mi resi conto di come, nonostante ci avessi lavorato come consulente, lo conoscessi solo in modo superficiale. Se mi erano venuti dei dubbi su quale fosse il gioco a cui si stava giocando, li avevo sempre ricacciati indietro. Almeno fino a quando Guglielmo Vassura, l’alto funzionario del Dipartimento che era stato mio referente, arrivò a cercarmi nella biblioteca universitaria dell’Ordine, a Nuova Assisi. 11
Asia, la mia assistente ed ex moglie, si affacciò alla porta e diede uno sguardo ai documenti che si trovavano sulla scrivania, per valutarne l’importanza e decidere se poteva disturbarmi. «Cosa c’è?» le chiesi. «Quel tizio del Dipartimento, Vassura. È di là, vuole parlarti.» Non avevo più niente a che fare con Vassura, e Mario Meier lo sentivo solo sporadicamente. «Dammi un minuto, poi fallo entrare.» C’era qualcosa di sbagliato in quella mia disponibilità, ma non ci pensai troppo. Il guaio è che cerco sempre di essere accessibile, e la gente finisce con l’approfittarsene. Vassura entrò, portandosi appresso i suoi centotrenta chili di lardo, visibilmente nervoso e sudato. «Buongiorno, Padre Cattelan.» Scorsi nel vano della porta le sue guardie del corpo disporsi a protezione della stanza. Si mise a sedere nella poltrona degli ospiti e guardò eloquentemente la cimice disattivata e smontata che avevo posato sulla scrivania. Era evidente che sapeva tutto di quegli aggeggi. «Possiamo parlare in qualche altro posto?» chiese. 12
Nemmeno io amo certe apparecchiature, soprattutto quando mandano a spasso la nostra voce chissà dove per l’etere. Chissà dove, perché ignoravo chi si fosse preso la briga di mettere sotto controllo il mio studio, e da quanto tempo andasse avanti la cosa. Forse neppure Vassura ne era al corrente. «Si rilassi», gli dissi. «Ho fatto ripulire la stanza.» «Non posso rilassarmi... devo dirle una cosa importante.» Mi strinsi nelle spalle. «Prego, l’ascolto.» Era davvero molto nervoso; me ne accorsi dal modo in cui teneva le braccia, incrociate sul petto con le mani sotto le ascelle. Disse: «Abbiamo un grosso problema che riguarda Meier e il Recupero Posti Caldi.» Mario Meier era la persona che aveva creato e in gran parte finanziato il Progetto RPC. Viveva e lavorava di solito tra il settantanovesimo e l’ottantaquattresimo piano di una delle Piramidi Gemelle di Stoccolma. Era anche l’azionista di maggioranza della New Global Oil, il colosso della rinascente petrolchimica, della World Water, la società che controllava e gestiva risorse idriche 13
in ogni angolo del globo, della Hydrogen Generating Company e di varie altre aziende. Dopo l’era degli attentati dell’ESPI era diventato uno degli uomini più potenti del mondo, politicamente e finanziariamente. «Che succede?» chiesi sorridendo. «Il vecchio squalo bianco intende ritirare i fondi?» Era solo una battuta, così rimasi di sasso e il sorriso mi sparì dalle labbra quando Vassura rispose: «No, ma lo farà. A meno che...» «A meno che?» «Non gli venga riportata subito sua figlia.» Sparita. Rapita. Qualcuno aveva preso Anna Meier. Perché? Per chiedere un riscatto? Per condizionare l’attività del suo potente padre? «Sospettiamo che si trovi qui, nel nostro Paese», disse Vassura. «Qui? In Italia?» «Sì. Abbiamo certe informazioni.» Si fermò. Sapevo che non diceva mai tutto sino in fondo, che avrei dovuto estrargli le parole dalla bocca. «Non l’aiuterà rimanere seduto lì a fissarmi», dissi. 14
«Va bene. Abbiamo avuto dei contatti attraverso un corriere. Ci hanno recapitato un messaggio audiovideo.» «Può mostrarmelo?» Scosse la testa. «Non adesso e non qui», rispose. La cimice era disattivata, ma lui non intendeva farmelo vedere. Vassura mi stava coinvolgendo chissà perché nella faccenda. «Avete informato la polizia?» chiesi. «No. E non lo faremo.» «Perché?» «Area 11. È là che dovrebbe trovarsi Anna Meier.» Mi sfuggì un’imprecazione. Area 11. Ossia un Posto Caldo. Anzi, uno dei peggiori: quello del Petrolchimico dell’Alto Adriatico. Circa 450 chilometri quadrati di paludi e acquitrini contaminati da sostanze altamente nocive. Qualcuno dopo il disastro vi aveva fatto ritorno, poveri cristi che per lo più si guadagnavano da vivere smantellando e rivendendo pezzi del gigantesco complesso in stato di abbandono. «Lei conosce la situazione che c’è laggiù. Se mandiamo la polizia, l’ostaggio è morto.» 15
«Sì, è probabile», convenni. Vassura si tamponò l’abbondante grondare della fronte con una manica della camicia. Era uno di quegli uomini capaci di sudare in qualsiasi stagione. «Andiamo a fare un giro nel parco», mi disse. «A quest’ora il parco è pieno di studenti, e non mi va di passeggiare con lei e i suoi armati in mezzo ai ragazzi.» Annuì. «Va bene», disse, «voglio fidarmi della bonifica della stanza e venire al dunque. Lo so che è un grosso favore, quello che le chiedo...» «Ancora non mi ha chiesto nulla.» «Vogliono trattare il rilascio con lei, e solo con lei.» «Come?» «Ha capito bene, ma non me ne chieda il motivo. Non saprei cosa risponderle.» Cercai una traccia di menzogna nel suo sguardo. Sembrava sincero. Dalla scrivania presi una bottiglia di grappa arricchita con dopamina. Bevvi un sorso. Poi un secondo. Era un vizio recente, la grappa farmacologica. Vassura non fece commenti. Attese fin quando non ebbi riavvitato il tappo e riposto la bot16
tiglia nel cassetto. «Sappia, nel caso decidesse di accettare l’incarico, che il Dipartimento è pronto a fare una generosa offerta al suo Ordine.» Non mi importava molto di quell’aspetto, ma sapevo che sarebbe interessato a qualcuno più in alto di me. «Quanto generosa?» chiesi. «Abbastanza da permettere a questo Istituto qualche anno di vacche grasse», rispose Vassura ritrovando il proprio mestiere. «Dovevo immaginarlo. Avete già parlato con Monsignor Altieri?» «Sì: nessuna obiezione.» Cinque anni prima avevo accettato di svolgere consulenze per il Dipartimento in cambio di denaro per l’Ordine. Ogni membro della confraternita, oltre a diffondere la parola di Dio, è tenuto, nel rispetto dei fondamenti religiosi, a provvedere al sostentamento dell’Ordine stesso. Nessuna obiezione. Non ci voleva molto per interpretare il volere del mio superiore. «E così sia», mormorai, cercando dentro di me la forza che occorreva per affrontare quella prova. 17