Acquisti sostenibili

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imprese e amministrazioni pubbliche per un’economia piÚ verde e responsabile

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SILVANO FALOCCO

SIMONE RICOTTA

acquisti sostenibili IMPRESE E AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE PER UN’ECONOMIA PIÙ VERDE E RESPONSABILE

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Silvano Falocco, Simone Ricotta acquisti sostenibili imprese e amministrazioni pubbliche per un’economia più verde e responsabile realizzazione editoriale

Edizioni Ambiente srl www.edizioniambiente.it

coordinamento redazionale:  Diego Tavazzi progetto grafico:  GrafCo3 Milano impaginazione:  Roberto Gurdo immagine di copertina:  Iwona Grodzka/shutterstock

© 2012, Edizioni Ambiente via Natale Battaglia 10, 20127 Milano tel. 02.45487277, fax 02.45487333 Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, comprese fotocopie, registrazioni o qualsiasi supporto senza il permesso scritto dell’editore ISBN 978-88-6627-083-6 Finito di stampare nel mese di dicembre 2012 presso Global Print – Gorgonzola (Milano) Stampato in Italia – Printed in Italy Questo libro è stampato su carta riciclata 100%

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sommario

introduzione

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1.  saper cogliere le opportunità della crisi

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di Gustavo Piga e Andrea Appolloni

1.1. gli acquisti sostenibili per migliorare la gestione dei rischi 1.2 il green public procurement per il cambiamento climatico 1.3 sustainable procurement: un’occasione per i diritti umani e il “lavoro dignitoso” nelle filiere globali 1.4 riqualificare in senso ambientale e sociale la spesa di beni, servizi e lavori

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2.  gli acquisti sostenibili e le iniziative per la sostenibilità

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2.1 gli acquisti sostenibili del quadro di riferimento internazionale 2.2 gli acquisti sostenibili nel quadro di riferimento europeo 2.3 gli acquisti sostenibili nel quadro di riferimento italiano

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3.  la cassetta degli attrezzi

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3.1 l’approccio di “ciclo di vita” e i suoi strumenti operativi 3.2 i sistemi di etichettatura ambientale di prodotto 3.3 nuove metodologie di valutazione e strumenti di comunicazione ambientale 3.4 le convenzioni dell’organizzazione internazionale del lavoro (ilo) 3.5 social e sustainability labels 3.6 la gestione ambientale e della responsabilità sociale delle organizzazioni 3.7 la trasparenza e la tracciabilità delle catene di fornitura

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4.  gli acquisti sostenibili nella pubblica amministrazione

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4.1 acquisti verdi e sostenibili: una definizione 4.2 la sostenibilità nelle direttive europee degli appalti pubblici 4.3 il processo per gli acquisti sostenibili 4.4 le politiche, gli indirizzi e gli obiettivi generali 4.5 la strategia di gestione del processo di acquisto (piano d’azione) 4.6 adozione dei criteri di sostenibilità negli appalti pubblici 4.7 criteri ambientali e sociali 4.8 gestione sostenibile dei beni, dei servizi e delle opere 4.9 attività di networking 4.10 promozione degli acquisti sostenibili 4.11 monitoraggio degli acquisti sostenibili 4.12 esperienze e casi di studio 4.13 una check list per monitorare il processo di gestione degli acquisti sostenibili

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5.  gli acquisti sostenibili nelle imprese

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5.1 il capitale reputazionale 5.2 la creazione di “valore condiviso” con i fornitori 5.3 gli acquisti sostenibili nel supply chain management 5.4 sistemi per il vendor rating sostenibile 5.5 casi studio di sustainable procurement

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A cura di Livia Mazzà e Sabina Nicolella

documenti normativi e di indirizzo generale

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introduzione

di Gustavo Piga e Andrea Appolloni

La domanda pubblica di lavori, beni e servizi, come componente indipendente della domanda aggregata, assume un ruolo importante come strumento di politica fiscale per la stabilizzazione del ciclo economico, ruolo tanto maggiore in un periodo negativo come quello che l’economia italiana sta vivendo negli ultimi anni. In realtà, nell’attuale fase storica, l’utilizzo della domanda pubblica è fortemente frenato dalla necessità di rispettare i vincoli di bilancio necessari per rendere sostenibile l’enorme debito pubblico italiano e per rispettare gli obblighi derivanti dalla partecipazione all’Unione monetaria. Durante periodi di significativi tagli alla spesa pubblica, l’efficienza nella spesa in appalti pubblici è divenuta un’importante priorità. Il dibattito di politica economica assegna agli appalti pubblici un ruolo fondamentale per lo sviluppo sostenibile, attraverso stimoli concreti all’innovazione. L’attenzione all’utilizzo delle politiche di stimolo all’innovazione e alla crescita sostenibile che agiscono sul lato della domanda, come gli appalti pubblici, è tornata a crescere in Europa negli ultimi anni, in parallelo all’incremento del gap economico con gli Stati Uniti e con le nuove economie emergenti. È riconosciuto, infatti, che questo approccio svolge un ruolo essenziale nell’innalzare la capacità di innovazione del sistema paese, come dimostrano i risultati ottenuti negli Stati Uniti, ove da decenni gli appalti pubblici sono utilizzati a sostegno dello sviluppo economico. In ogni modo è chiaro che il perseguimento di interessi pubblici attraverso lo strumento degli appalti pubblici appare quanto mai opportuno, se non necessario, trattandosi di uno strumento che si pone come motore propulsore dalle ricadute notevoli, specie in momenti di profonda crisi come quello presente. La situazione attuale richiede una ridefinizione innovativa del modello sostenibile degli appalti pubblici, includendo nel concetto di sostenibilità non solo il fattore di economicità ma, nel senso più ampio di possibile, anche le dimensioni ambientali e sociali. Infatti, le difficoltà della crisi economica vanno

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di pari passo con tipologie di problematiche ambientali e sociali, che riguardano da un lato l’efficienza energetica, la riduzione delle emissioni locali e globali, e dall’altro aspetti relativi alle condizioni di lavoro, alla corruzione, alla disuguaglianza ecc. Negli ultimi anni, il tema del Procurement sostenibile, nella politica per l’innovazione e lo sviluppo, è stato molto discusso e supportato a livello europeo. Sostenere una forma concreta di appalti pubblici responsabili a livello ambientale e sociale consentirebbe di creare un modello efficiente di spesa e di influire positivamente sui mercati, dal lato della domanda e dell’offerta. Con particolare riferimento alla salvaguardia dell’ambiente, il GPP (Green Public Procurement) rappresenta oggi uno degli strumenti operativi più innovativi nell’ambito delle politiche verdi “di seconda generazione”, che hanno ormai superato l’impostazione prevalentemente settoriale e normativa delle precedenti strategie, abbracciando un approccio più ampio, trasversale e volto a coinvolgere tutti i soggetti operanti all’interno del sistema di produzione e consumo. Nel 2011, in Italia gli appalti affidati nel rispetto dei parametri del GPP sono stati oltre 3.500, a fronte di quelli rilevati nel 2010 che ammontavano a circa 250 (Relazione annuale Avcp, 2011). L’integrazione degli aspetti ambientali nei processi di acquisto attraverso la visione d’insieme di tutto il “ciclo di vita” (produzione, utilizzo, smaltimento) di un bene e servizio, permette di tenere in considerazione non solo i costi di produzione, ma anche i costi effettivi per la collettività. In tal modo il GPP, oltre a essere uno strumento di contenimento della spesa pubblica (per i risparmi economici che genera proprio in termini di minori “costi sociali”), propone un modello culturale di contenimento dei consumi e di “dematerializzazione” delle risorse (un esempio concreto è la dematerializzazione derivante dall’utilizzo di strumenti di acquisto on line messi a disposizione delle pubbliche amministrazioni). Oltre a rappresentare un mezzo per attuare politiche ambientali, il GPP è in grado anche di influenzare le dinamiche di mercato, sostenendo l’innovazione tecnologica e gli investimenti delle imprese per rendere disponibili prodotti e servizi a basso impatto ambientale. Dato il peso rilevante degli acquisti pubblici sull’intero sistema economico dei paesi europei (si ricorda che, in base alle stime della Commissione europea, la spesa pubblica nei paesi membri per l’acquisto di beni, servizi e lavori ammonta annualmente a circa il 15% del relativo Pil), è evidente l’efficacia che possono avere gli acquisti sostenibili nel promuovere le condizioni ambientali e sociali, per favorire la diffusione di un modello di produzione e consumo sempre più responsabile. Possono, pertanto, fare leva sul proprio potere di acquisto per scegliere merci e servizi che hanno un impatto sociale e ambientale positivo e apportare in tal modo un contributo di primaria importanza allo sviluppo sostenibile.

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Da un punto di vista più globale, la massiccia diffusione delle politiche di esternalizzazione e global sourcing nei paesi dell’Est Europa e del Far East ha stimolato crescenti preoccupazioni circa i risvolti etici, sociali e ambientali delle relazioni internazionali di fornitura, e di conseguenza ha incoraggiato un rinnovato interesse per i temi della responsabilità sociale e ambientale anche nei processi di approvvigionamento internazionali. Il rapporto positivo tra l’efficienza negli appalti pubblici e una dimensione rivolta alla sostenibilità potrebbe giocare un ruolo importante per la competitività di un paese. In sintesi, le organizzazioni che adottano politiche sostenibili potrebbero migliorare sia le condizioni sociali e ambientali in cui operano sia il modello di razionalizzazione della spesa pubblica in termini economici. L’inserimento del criterio dello sviluppo sostenibile e degli strumenti che ne permettono una effettiva ed efficace realizzazione nelle normative interne sia di attuazione della disciplina comunitaria sia di produzione nazionale, appare essere una strada privilegiata e di immediata percorribilità da parte di tutte le amministrazioni pubbliche. Attraverso gli appalti pubblici responsabili, le autorità pubbliche possono da un lato offrire alle aziende incentivi reali per lo sviluppo di una gestione socialmente responsabile, promuovendo opportunità di occupazione, lavoro dignitoso, inclusione sociale, accessibilità, progettazione per tutti, commercio etico e puntando a una conformità più estesa con gli standard sociali, e dall’altro incoraggiando la diffusione di tecnologie ambientali e lo sviluppo di prodotti validi sotto il profilo ambientale, attraverso la ricerca e la scelta dei risultati e delle soluzioni che hanno il minore impatto possibile sull’ambiente lungo l’intero ciclo di vita. Le nuove direttive sugli appalti pubblici, in discussione al Parlamento europeo, rappresentano una delle occasioni irrinunciabili per iniziare (o continuare) un percorso di sviluppo sostenibile e per far disegnare all’Unione europea un futuro di crescita inclusiva e di economia sociale di mercato altamente competitivo. Il processo di realizzazione di un modello di approvvigionamento pubblico e privato, sempre più efficiente basato sugli acquisti sostenibili, rappresenta oggi il tema centrale della competitività di un paese.

Gustavo Piga è ordinario presso il dipartimento di studi di impresa governo filosofia dell’Università di Roma Tor Vergata, e direttore del Master in procurement management, approvvigionamenti e appalti. Andrea Appolloni è ricercatore presso il dipartimento di studi di impresa governo filosofia dell’Università di Roma Tor Vergata.

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1. saper cogliere le opportunità della crisi

È possibile e ragionevole proporsi di affrontare una crisi, che non è solo economica ma anche ecologica e sociale, cambiando le modalità di acquisto dei beni e servizi da parte delle organizzazioni pubbliche e delle imprese? Potrebbe infatti apparire paradossale suggerire che tali organizzazioni – proprio quando le pubbliche amministrazioni si presentano in forte difficoltà finanziaria e le imprese restringono l’orizzonte temporale delle loro decisioni e al massimo riescono a salvaguardare gli attuali livelli di produzione e occupazione – scelgano invece di acquistare beni e servizi tenendo conto non solo del prezzo d’acquisto ma anche della loro qualità ecologica e sociale. Tali questioni sembrano sfidare il senso comune, eppure è proprio da qui che occorre partire per introdurre lo strumento degli acquisti sostenibili e per comprendere appieno le potenziali opportunità che da esso si generano e presentarne le modalità attuative. L’acquisto sostenibile (generalmente si fa riferimento agli acronimi SPP – Sustainable Public Procurement, estensione del più conosciuto GPP – Green Public Procurement, che, con la dicitura public, mantiene ancora il riferimento agli acquisti pubblici dato che tale strumento è nato proprio con riferimento alla pubblica amministrazione) è un processo attraverso cui le organizzazioni, pubbliche o private, soddisfano le loro necessità di acquisire beni, servizi e opere tenendo conto non solo degli aspetti economici, che peraltro andrebbero valutati senza limitarsi al solo costo d’acquisto, ma anche degli impatti ambientali e dei diritti sociali e individuali a essi collegati lungo l’intero ciclo di vita. È uno strumento nato nell’ambito di organismi internazionali – risale al febbraio 1997 la Conferenza internazionale prodotti verdi sugli acquisti pubblici ecologici, tenutasi nella cittadina svizzera di Bienne, da parte del gruppo di lavoro dell’Ocse sulla prevenzione e il controllo dell’inquinamento – per “raggiungere un duplice obiettivo: migliorare l’ambiente dei loro cittadini e dare al mercato un’indicazione chiara di ciò che i consumatori e i produttori possono aspettarsi”. Il ragionamento che veniva proposto nei primi lavori dell’Ocse, delle Nazioni unite e dell’Unione europea, era semplice e inattaccabile: dato che l’acquisto di beni, servizi e lavori da parte della pubblica amministrazione ammonta, per

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esempio in Europa (Public Procurement Indicators 2010), nel 2010, a 2.406 miliardi di euro, pari al 19,7% del Pil (in Italia tale percentuale è del 16,3% per circa 252 miliardi di euro), una politica di orientamento degli appalti pubblici in una direzione che viene ritenuta strategica, così come definito da Europa 2020 (prodotti innovativi, a basso impatto ambientale, di elevata qualità sociale ecc.), produce, inevitabilmente, un forte impatto sul sistema d’impresa, sui suoi prodotti e i suoi processi, e sull’economia europea, sulla sua qualità e sul suo grado di innovazione. La domanda pubblica di lavori, beni e servizi, in qualità di componente autonoma della domanda aggregata, costituisce uno strumento di politica economica per perseguire gli obiettivi di sviluppo del paese. Ricopre altresì un ruolo importante come strumento di politica fiscale per la stabilizzazione del ciclo economico, anche se, attualmente, viene parzialmente depotenziato dalla necessità di rispettare gli stringenti vincoli di bilancio imposti dall’Unione monetaria. Sotto questo profilo, assumono grande rilevanza la composizione qualitativa della domanda pubblica e la sua efficacia nel determinare gli investimenti funzionali all’espansione del capitale umano e di infrastrutture del nostro sistema. Nell’Unione europea il potenziale del GPP è stato messo in rilievo, per la prima volta con grande enfasi, nella comunicazione sulla politica integrata dei prodotti adottata dalla Commissione nel 2003, in cui si raccomandava agli stati membri di adottare piani di azione nazionali per diffondere l’uso degli “appalti verdi” entro la fine del 2006. Queste argomentazioni hanno generato, in tutto il primo decennio degli anni duemila, documenti di indirizzo, comunicazioni della Commissione, direttive, regolamenti, normative nazionali, sentenze della Corte di Giustizia, piani d’azione e bandi pubblici sostenibili. Il nuovo quadro giuridico europeo per gli appalti pubblici, approvato nel 2004 e oggi in corso di revisione, ha successivamente chiarito le modalità con cui i committenti pubblici avrebbero potuto, e dovuto, inserire considerazioni di tipo ambientale e sociale nelle proprie procedure di appalto. È solo a partire dall’estate del 2007, con il comparire della crisi finanziaria internazionale poi tramutatasi in crisi dell’economia reale, che tale strumento, invece di essere accantonato a causa della mutata congiuntura economica, è stato addirittura rilanciato, assurgendo a un ruolo strategico in tutti i documenti economici dell’Unione europea (vedi su tutti Europa 2020. Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva del marzo 2010). Risale infatti al 2008 il documento Comunicazione della Commissione sul piano d’azione “Produzione e consumo sostenibili” e “Politica industriale sostenibile” COM(2008) 397 def., che integra pienamente gli strumenti normativi e quelli non vincolanti attraverso le seguenti iniziative: • diffondere l’adozione degli acquisti sostenibili in tutti i paesi europei; • impiegare l’efficienza energetica e i criteri ambientali per stabilire una base armonizzata per gli appalti pubblici e gli incentivi forniti a livello europeo;

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• ampliare il campo d’applicazione della direttiva sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti che consumano energia al fine di poterla applicare a tutti i prodotti connessi all’energia, attraverso prescrizioni minime per quei beni con impatti ambientali significativi; • elaborare l’etichettatura dei prodotti nell’ambito della direttiva sull’etichettatura energetica e del regolamento sul marchio di qualità ecologica, completandola con una direttiva sull’etichettatura relativa alla progettazione ecocompatibile, affinché i consumatori siano informati della resa energetica e/o ambientale dei prodotti; • avviare iniziative per arrivare a consumi più intelligenti, con particolare attenzione ai dettaglianti e fabbricanti al fine di rendere le loro attività e le loro catene di rifornimento più ecologiche, e ai consumatori in generale, per potenziare il loro ruolo proattivo. Adottare criteri di sostenibilità negli acquisti significa promuovere nuove tecnologie ambientali, processi produttivi che riducono l’uso delle materie prime non rinnovabili e le emissioni di gas a effetto serra, filiere produttive “a ciclo chiuso” che minimizzano la produzione di scarti, trasporti più brevi e meno inquinanti, imballaggi più leggeri e riciclabili, beni e servizi che impiegano materie provenienti da attività di recupero e riciclo, prodotti trasformati in servizi che garantiscono meglio la responsabilità estesa del fornitore, imprese che rispettino il lavoro e tutelino i diritti umani e sociali in tutta la catena di fornitura. Gli acquisti sostenibili si presentano quindi, nell’Unione europea, così come nei documenti delle Nazioni unite, come uno strumento particolarmente efficace nell’attività di conversione ecologica e sociale dell’economia, visto che le scelte di conversione non possono essere lasciate solamente al mercato, ritenuto inadatto a cogliere e rispondere correttamente a tutti i segnali che provengono dalla complessità del contesto ambientale, da cui nessuno può più prescindere. Gli acquisti sostenibili si presentano oggi come uno strumento di regolazione ambientale particolarmente efficace, a metà strada tra il normativo – come le politiche command and control (norme, standard ecc.), perché intervengono su contratti di prestazione di valore prescrittivo esattamente come le norme – e l’economico – perché utilizzano i segnali di mercato, come l’assegnazione di un determinato appalto e il loro enorme potenziale, e incidono sulla formazione dei prezzi. Gli appalti pubblici possono determinare le tendenze della produzione e del consumo e, grazie a una domanda sostenuta di beni “più ecologici” da parte delle pubbliche amministrazioni, possono creare o ampliare i mercati di prodotti e servizi meno nocivi per l’ambiente, oltre a incentivare le imprese a sviluppare tecnologie ambientali. In fondo gli acquisti sostenibili spingono le imprese a percorrere più veloce-

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mente i sentieri di innovazione proprio nella direzione in cui qualcuna di esse si sta già affacciando, ovvero verso una maggiore qualità ambientale e sociale, e dove, nel futuro, queste troveranno maggiori opportunità, anche migliorando la gestione del rischio (che sta diventando sempre più problematica). Ed è proprio in un momento di crisi come questo, dove la politica per l’innovazione, anche connotandola in diversi modi (tecnologica, ambientale, organizzativa, sociale), rischia di subire rallentamenti per evitare di sommare incertezza a incertezza – dato che le crisi rappresentano momenti di forte incertezza e redistribuzione repentina dei costi e dei benefici – che bisogna avere la lucidità e la lungimiranza di utilizzare in pieno tutti gli strumenti di promozione dell’innovazione, come gli acquisti sostenibili. Questi infatti contribuiscono a ridurre le incertezze di chi produce innovazioni orientate in senso ambientale e sociale, in quanto rafforzano la domanda di quei beni e servizi, soprattutto nella fase di start-up, e contribuiscono alla loro rapida diffusione nelle istituzioni e nel mercato. Tra le politiche per l’innovazione, proprio la strada di utilizzare in modo sistematico il ruolo della domanda, in particolare pubblica, per orientare le scelte tecnologiche e produttive e di valorizzare maggiormente l’interazione tra produttori e utilizzatori, soprattutto in settori dove il cambiamento tecnologico è più rapido e nei campi energetici, ambientali, sanitari e sociali, rappresenta un fattore chiave (M. Pianta in C. Amendola, C. Antonelli e C. Trigilia, 2005) per definire nuovi prodotti e mercati e migliorare la produttività complessiva del sistema: il Rapporto annuale sull’innovazione 2011 del Cotec – Fondazione per l’innovazione tecnologica, affermando che “nelle principali economie industrializzate si rivela sempre più centrale il ruolo della domanda pubblica (public procurement) nella crescita dei settori ad alto contenuto tecnologico, specie in relazione alle principali necessità sociali e ambientali” sembra andare esattamente nella direzione sopra accennata. Peraltro, la necessità di adottare politiche pubbliche per l’innovazione sostenibile, attraverso lo strumento degli acquisti, risulta essere decisiva ancora di più in Italia, vista l’influenza dei ritardi nell’accumulazione di capitale innovativo (G. Ciccarone, M. Franzini, E. Saltari, 2010) e della caduta del progresso tecnologico (E. Saltari, G. Travaglini, 2006) sull’attuale fase di declino economico. 1.1 gli acquisti sostenibili per migliorare la gestione dei rischi Da più parti si invoca la necessità di “cogliere le opportunità della crisi” ma forse è il caso di esaminare cosa sottintende questa affermazione, altrimenti eccessivamente generica. Per comprendere bene il suo significato si può partire dall’esame di una legge che regola la crescita potenziale in un ecosistema, cono-

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sciuta come Legge del minimo di Liebig, in apparenza distante dalle leggi che regolano l’economia e invece totalmente pertinente a esse. Justus Von Liebig, chimico tedesco famoso per aver dato nome a un celebre dado da brodo, fu colpito, nello studio delle applicazioni dei fertilizzanti chimici inorganici in agricoltura, dal constatare che, spesso, il raccolto veniva limitato dalla carenza di un fattore essenziale, indipendentemente dal fatto che la quantità totale richiesta fosse grande o piccola. Espresse così questa legge, affermando che “la crescita di una pianta dipende dalla risorsa presente in quantità minima”, generalizzando tale legge del fattore limitante, che riguarda le sostanze presenti in quantità troppo ridotte, al caso di sostanze presenti in modo sovrabbondante. Il concetto di fattore limitante è rilevante poiché procura una chiave d’accesso allo studio degli ecosistemi – naturali, economici e sociali – complessi. Quando si analizzano i fattori strutturali di un sistema socio-economico è necessario individuare i probabili anelli deboli, che hanno un ristretto intervallo di tolleranza, e riporre l’attenzione su quelle condizioni che sono critiche o limitanti. Per esempio se la costruzione dei moduli fotovoltaici, nella fase iniziale del ciclo di vita del prodotto, si avvalesse solo del silicio (monocristallino, policristallino, ribbon, amorfo), è evidente che questo elemento chimico rappresenterebbe – per la sua disponibilità nella crosta terrestre, il costo e la sua concreta accessibilità – il classico fattore limitante della crescita del settore: ed è proprio ad “allentare” tale capacità limitante che dovrebbe servire l’innovazione ambientale di prodotto e l’impiego di materiali alternativi (nel caso specifico, l’arseniuro di gallio o il telloruro di cadmio). Se un’impresa del settore scegliesse un comportamento inerziale, la conseguenza diretta sarebbe la sua scomparsa dal mercato; la scelta tra lo stare fermi e l’innovazione ambientale potrebbe significare la salvezza o la rovina dell’impresa in questione. L’emergere del concetto di fattore limitante è andato di pari passo con l’evoluzione del concetto di limite allo sviluppo, ossia con la nozione secondo la quale le risorse naturali disponibili sono, appunto, limitate. Per risorse non si intendono solo le materie che possono essere estratte o prodotte dalla terra e dagli oceani (per esempio, materie prime come minerali e petrolio, o prodotti agricoli e ittici per l’alimentazione) ma anche l’insieme dei “servizi” naturali che comprendono la depurazione delle acque, la purificazione dell’aria, la rigenerazione dei terreni ecc. In altre parole, l’insieme delle operazioni che garantiscono il funzionamento degli ecosistemi e quindi dell’ecologia del nostro pianeta. Non è tra i nostri scopi ripercorrere nel dettaglio i progressi fatti nella comprensione del mondo che ci circonda – rimandiamo a tal fine all’ampia letteratura segnalata in bibliografia – quanto sottolineare come la maggiore attenzione data alle questioni ambientali deriva proprio dalla percezione che molte cose non funzionano come dovrebbero. Per esempio, la qualità dell’aria di al-

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cune città rappresenta un pericolo per le persone anziane e per i neonati provocando seri problemi di respirazione. In altri casi, rappresentano una minaccia di cui fatichiamo a immaginare la misura: la crisi delle risorse ittiche implica che ben presto potremmo non avere più pesce, il riscaldamento globale sta già provocando una serie di disastri “naturali”, di cui, soprattutto ma non solo, le compagnie di assicurazioni, capiscono costi e cause, che vengono generalmente ignorate da chi consuma e negate pervicacemente da chi produce petrolio o altre energie fossili. Ma in questo scenario che potrebbe incutere scoramento emergono segnali positivi: pressati dai propri cittadini, alcune nazioni stanno progressivamente adottando politiche che mirano alla gestione dei limiti e dei fattori limitanti. In alcuni casi vengono posti vincoli rigidi, come per il trattamento dei rifiuti pericolosi, in altri vengono promosse misure incentivanti che permettono alle aziende e ai cittadini di far meglio. Infatti, cambiare tutto subito è impossibile anche se molti si chiedono se le cose stiano cambiando in modo sufficientemente veloce. Questa è la sfida che oggi è raccolta dagli imprenditori che guardano avanti e che desiderano contribuire alla definizione di un futuro sostenibile. Ma cosa è un futuro sostenibile? Anche qui il nostro intento vuole e può solo essere modesto e quindi circoscritto. Non ci addentreremo nella descrizione di tutti gli aspetti della sostenibilità, un’impresa che può solo essere collettiva. Ci concentreremo su alcuni aspetti problematici, che rappresentano dei veri e propri rischi per il regolare svolgimento dell’attività economica, da gestire, affrontare e parzialmente risolvere attraverso lo strumento degli acquisti sostenibili. Anche gli acquisti sostenibili permettono infatti di ridurre i rischi collegati a criticità quali: • il sistema energetico e il caos climatico; • le terre agricole, l’agricoltura e il cibo; • i materiali da estrazione; • uso delle risorse e la produzione di rifiuti; • la scarsa tutela dei diritti umani, sociali e del lavoro. 1.1.1 il sistema energetico e il caos climatico In campo energetico è facile identificare quali siano i fattori che debbono essere gestiti per minimizzare i rischi derivanti: • dal consumo dei combustibili fossili, che produce eccessiva dipendenza (da un numero ristretto di economie ad alto “rischio paese”) e instabilità, dovuta alla volatilità dei prezzi; • dall’elevato consumo energetico, che si riflette negativamente sul costo complessivo dei prodotti; • dalle emissioni di gas climalteranti, ormai soggette a limitazioni internazionali (Europa 2020, burden sharing) e alla loro possibile tassazione (carbon tax).

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